FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in Fisioterapia

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in Fisioterapia Sede di Arezzo Il trattamento riabilitativo dell instabilità cronica di caviglia: il ruolo del taping Relatore: Dott.ssa Patrizia De Palma Candidata: Elena Mazzieri Anno Accademico 2009/2010 1

2 ..La Medicina è un arte che esercitiamo in attesa di scoprirla.. Émile Deschamps 2

3 INDICE PREMESSA 5 INTRODUZIONE... 5 BACKGROUND.6 CAPITOLO I CONTESTO ANATOMO FUNZIONALE DELLA CAVIGLIA 1.1.OSTEO-ARTROLOGIA DELLA CAVIGLIA MUSCOLI DELLA CAVIGLIA VASCOLARIZZAZIONE DELLA CAVIGLIA INNERVAZIONE DELLA CAVIGLIA STATICA DEL PIEDE BIOMECCANICA DELLA CAVIGLIA.16 CAPITOLO II LE DISTORSIONI DI CAVIGLIA 2.1 MECCANISMI TRAUMATICI CLASSIFICAZIONE DELLE DISTORSIONI EZIOPATOGENESI FATTORI DI RISCHIO EPIDEMIOLOGIA SEGNI E SINTOMI.29 CAPITOLO III QUADRO CLINICO E VALUTAZIONE 3.1 ESAME SOGGETTIVO ESAME OGGETTIVO (FISICO) TEST DI STABILITÀ SUPPORTI DIAGNOSTICI STRUMENTALI...39 CAPITOLO IV TRATTAMENTO 4.1 OBIETTIVI GENERALI DELLA RIABILITAZIONE..40 3

4 4.2 OBIETTIVI SPECIFICI E STRATEGIE TERAPEUTICHE PRIMO INTERVENTO FASI DI TRATTAMENTO NEI VARI GRADI DI LESIONE STRATEGIE DI TRATTAMENTO FISIOTERAPICO.45 CAPITOLO V IL BENDAGGIO 5.1 PERCHÉ NASCE IL BENDAGGIO EVOLUZIONE DEL BENDAGGIO BENDAGGIO FUNZIONALE...51 CAPITOLO VI L EVIDENCE 6.1 L IMPORTANZA DI BASARE LA PRATICA CLINICA SULL EVIDENCE CLASSIFICAZIONE DELLE EVIDENCE METODOLOGIA DI RICERCA IN LETTERATURA CRITERI DI INCLUSIONE E RICERCA BIBLIOGRAFICA...74 RISULTATI. 75 DISCUSSIONE DEI RISULTATI...80 CONCLUSIONI...85 BIBLIOGRAFIA..86 ALLEGATI..92 RINGRAZIAMENTI.125 4

5 PREMESSA Sono circa dieci anni che gioco a pallavolo e una tra le cose che purtroppo capita più spesso è quella di vedere una giocatrice che subisce un trauma. Nella pallavolo il trauma più frequente è la distorsione di caviglia. È capitato anche a me e ad alcune delle mie compagne di squadra, durante gli anni di gioco, di andare incontro a lesioni recidive. Dato che frequento il Corso di Laurea in Fisioterapia, alcune di loro mi chiedono spesso di applicare un bendaggio funzionale all articolazione prima di un allenamento o di una partita. Proprio per questo motivo ho deciso di approfondire l argomento, di verificare l efficacia del bendaggio sperando inoltre di poter essere d aiuto alle mie compagne, ed è così che questa idea si è poi trasformata nella scelta della mia tesi. INTRODUZIONE Il proposito di questa tesi, è definire, attraverso una revisione degli studi recenti, l efficacia del taping nell instabilità cronica della caviglia. La tecnica del bendaggio ha riscosso, infatti, interesse e consensi sempre maggiori nel mondo della fisioterapia. Tecniche, materiali e metodi si sono sempre più evoluti nel corso degli anni, grazie soprattutto all uso che nello sport si è sempre più fatto di tale 5

6 metodica, allo scopo di incrementare e supportare al massimo la performance degli atleti, riducendo i tempi di recupero e cercando di accelerare il ritorno all attività dopo un infortunio. BACKGROUND La distorsione della caviglia rappresenta il trauma sportivo più diffuso (circa il 25% di tutti gli infortuni da sport) e colpisce soprattutto coloro che praticano attività di salto. Le discipline più a rischio sono: pallacanestro, calcio, pallavolo, atletica leggera, ginnastica. Le ricadute dall'alto (soprattutto quando c'è contatto con l'avversario), gli arresti improvvisi su terreni veloci (come i campi sintetici del calcetto) e l'appoggio a terra scorretto (nelle corse campestri) rappresentano situazioni a forte rischio. Esistono poi dei fattori predisponenti, cioè ci sono sportivi che più facilmente vanno incontro a questo tipo di trauma a causa di disturbi nell'appoggio del piede a terra (come avviene nel piede piatto o nel piede cavo) o di distorsioni precedenti mal curate. (1) 6

7 CAPITOLO PRIMO CONTESTO ANATOMO-FUNZIONALE DELLA CAVIGLIA 1.1. OSTEO-ARTROLOGIA DELLA CAVIGLIA L articolazione della caviglia è una troclea a ginglimo angolare composta dall estremità distale della tibia e del perone e dall astragalo. Sul versante della gamba, la tibia e il perone (fibula) formano un mortaio, con i rispettivi malleoli che ne costituiscono le pareti laterali. Il mortaio tibiofibulare si articola con l astragalo, che presenta una troclea convessa dall avanti all indietro, più larga di 5mm anteriormente. (1) Quest articolazione è dotata di un solo tipo di movimento sul piano sagittale: la flesso-estensione; anche se, in realtà, l articolazione tibiotarsica e il complesso angolare del retro piede (soprattutto l articolazione sottoastragalica tra astragalo e calcagno) permettono di orientare la volta plantare in tutte le direzioni in modo da adattarla a tutti i tipi di terreno su cui deve appoggiare (2). La flessione della caviglia si definisce come il movimento che ravvicina il dorso del piede alla faccia anteriore della gamba; inversamente, l estensione della tibiotarsica allontana il dorso del piede dalla faccia anteriore della gamba, mentre il piede tende a disporsi nel prolungamento della gamba. 7

8 L articolazione tibiotarsica oltre che alla presenza di una capsula articolare di rivestimento presenta un apparato legamentoso esterno composto da tre legamenti (che in alcuni casi vengono considerati fasci di un unico legamento più strutturato che prende il nome di legamento collaterale esterno): Peroneo-astragalico anteriore, fissato al margine anteriore del malleolo peroneale, si dirige obliquamente in basso e in avanti per fissarsi sull astragalo fra la fascia esterna e l apertura del seno del tarso; 8

9 Peroneo-calcaneare, partendo presso l apice del malleolo e dirigendosi in basso ed in dietro si fissa sulla faccia esterna del calcagno; Peroneo-astragalico posteriore, prende origine dalla faccia interna del malleolo dietro la faccetta articolare, si dirige orizzontalmente e leggermente in dietro per fissarsi sul tubercolo posteriore esterno dell astragalo. L apparato legamentoso interno è composto dal legamento collaterale interno che si divide in due fasci: profondo, suddiviso a sua volta nel tirante tibioastragalico anteriore e in quello posteriore; superficiale, espanso a forma triangolare che forma il legamento deltoideo. La dinamica articolare del passo prevede che nelle fasi di appoggio il compartimento legamentoso laterale sia maggiormente sollecitato (soprattutto in trazione) rispetto al compartimento mediale e quindi più a rischio per eventuali fenomeni distorsivi-distrattivi. Esistono poi il legamento anteriore e il legamento posteriore che, pur rappresentando ispessimenti capsulari, sul piano articolare sagittale non hanno una funzione stabilizzatrice così rilevante come i legamenti dei comparti mediale e laterale. (2) 9

10 1.2. MUSCOLI DELLA CAVIGLIA I muscoli che determinano i movimenti della caviglia originano nella gamba e sono divisi in tre logge: Loggia anteriore: tibiale anteriore (TA), dorsiflessore della caviglia e inversore del piede. Loggia posteriore: tricipite surale (gastrocnemio e soleo), flessore plantare della caviglia; tibiale posteriore (TP), inversore del piede. Loggia laterale: peroniero lungo (PL), eversore del piede e flessore plantare della caviglia; peroniero breve (PB), eversore del piede. Inoltre, la caviglia, non offrendo inserzioni tendinee muscolari, risente passivamente dell azione dei muscoli, sfruttandone la loro presenza per la propria stabilità: così i muscoli flessori delle dita, che decorrono dietro l astragalo, evitano le lussazioni posteriori della caviglia e lo stesso avviene con il tendine di Achille attraverso il suo decorso. (3) 1.3. VASCOLARIZZAZIONE DELLA CAVIGLIA L arteria poplitea dà origine all arteria tibiale anteriore inferiormente al ginocchio e poi si continua come arteria tibiale posteriore. L arteria tibiale anteriore diviene l arteria dorsale del piede. L arteria 10

11 tibiale posteriore dà origine all arteria fibulare, o peroniera, e, poi, alle arterie plantare mediale e laterale, che a loro volta, danno origine ai rami digitali per le dita del piede. (3) 1.4. INNERVAZIONE DELLA CAVIGLIA Nervi Periferici Il nervo peroniero profondo decorre lateralmente al muscolo TA. Il nervo peroniero superficiale decorre lateralmente al muscolo estensore breve delle dita e va ad innervare la cute dorsale del piede. Il nervo tibiale scende nella doccia mediale del calcagno, dietro ai tendini del TP e del flessore lungo delle dita e medialmente al tendine flessore lungo dell alluce e ramifica dietro al malleolo tibiale come ramo calcaneare mediale. (3) Innervazione Radicolare I dermatomeri sono territori cutanei innervati dalle fibre sensitive di singole radici midollari; in particolare S1 innerva quasi tutto il tallone e il margine laterale del piede; L5 solo in minima parte il tallone nel margine mediale, poi la volta plantare; L4 innerva il margine mediale della gamba. 11

12 I miotomi sono i muscoli innervati dalle fibre motorie di singole radici midollari. I singoli muscoli sono sempre innervati da più radici, si identificano dei gruppi muscolari di riferimento, i dorsi-flessori del piede per L4, gli eversori del piede per S1. I riflessi tendinei profondi verificano l integrità dell arco riflesso spinale, e verificano le singole radici nervose; alla radice S1 corrisponde il riflesso del tendine di Achille STATICA DEL PIEDE Archi Plantari L architettura della pianta del piede si può definire come una volta sostenuta da tre archi, con tre pilastri o punti di appoggio al suolo, corrispondenti alle teste di 1 e 5 metatarso ed alle tuberosità posteriori del calcagno. Ogni punto d appoggio è comune a due archi contigui. Archi longitudinali: interno ed esterno Arco interno o mediale (calcagno mediale scafoide - 1 cuneiforme - 1 metatarso) 12

13 È più lungo e più alto, e il più importante sia sul piano statico che dinamico. Poggia sulla testa del 1 metatarso e sulla tuberosità mediale del calcagno. Viene stabilizzato dai legamenti calcaneo-scafoideo plantare e astragalo-calcaneare. È tenuto in tensione dai muscoli tibiale posteriore, peroneo lungo, flessore lungo dell alluce e adduttore dell alluce. Arco esterno o laterale (calcagno laterale cuboide - 5 metatarso) Di lunghezza e altezza intermedi, poggia sul processo laterale del calcagno e le teste di 4 e 5 metatarso. Viene stabilizzato dal legamento calcaneo-cuboideo plantare. È tenuto in tensione dai muscoli peronei e abduttori del 5 dito. Arco trasversale o anteriore È il più corto e basso degli archi, disposto su due file di ossa. La lieve concavità permette all arco, mantenuto in tensione dal muscolo abduttore dell alluce, di appoggiare al suolo attraverso i tessuti molli. Arco trasversale, avampiede (teste dei cinque metatarsi) I pilastri sono il 1 e 5 metatarso con i relativi cuscinetti adiposi, mentre il 2 è più distante dal suolo. È sostenuto dai legamenti intermetatarsali e dal muscolo abduttore dell alluce. Arco trasversale, mediopiede ( cuneiforme cuboide) Tocca a terra solo lateralmente, tramite cuboide e tessuti molli sottostanti. È sostenuto dal tendine del muscolo peroneo lungo. 13

14 Coppia scafoide-cuboide posteriormente, il cuboide è l unico scarico a terra. Sostenuta dalle espansioni plantari del muscolo tibiale posteriore. Statica del piede Diagramma dei carichi: ripartizione del peso corporeo misurata con una piattaforma munita di sensori; normalmente è il 60% sul tallone, l 8% sul mediopiede e il 32% sull avampiede. A livello di distribuzione dei carichi della volta, l astragalo per ogni 6 kg di peso ne scarica 1 sulla testa del 5 metatarso, 2 sula testa del 1 e 3 sul calcagno. Podogramma: rappresentazione grafica del carico, l intensità del colore è proporzionale al carico applicato; si confrontano la larghezza dell impronta del tallone, dell istmo (punto di carico più esiguo) e dell avampiede. Proiezione del baricentro: in posizione eretta, cade in mezzo ai due piedi, 1-2 cm davanti all osso navicolare; le oscillazioni avvengono in tutte le direzioni nell ambito di 4 mm intorno. La sua posizione influenza l attività muscolare di equilibrio. 14

15 Funzione degli archi plantari nel cammino Gli archi con la loro struttura elastica e resistente consentono di assorbire e dissipare lo stress del carico e aumentano velocità e agilità nel cammino. Durante il carico, le forze si trasmettono attraverso il talo alla regione mediale del piede e alla talo-navicolare nell articolazione trasversa tarsale, provocando la pronazione del retropiede. Il peso del corpo spinge in basso la testa del talo, questa forza è contrastata dallo spring legament (calcaneo-navicolare), il calcagno va in eversione sottoastragalica e lo scafoide si abbassa leggermente. Il contatto al suolo della parte laterale dell arco mediale, offre un supporto addizionale al piede oltre all assorbimento delle forze sulle teste dei metatarsi. Nel piede propriamente allineato, l asse del calcagno è perpendicolare al piano delle teste dei metatarsi a contatto col suolo, ed è la fascia plantare che mantiene le posizioni relative di calcagno e il profilo dell arco, assorbendo circa il 60% delle forze d impatto. Durante la fase di propulsione o push-off, le dita si estendono e l aumento di tensione nella fascia innalza l arco mediale facilitando la supinazione (meccanismo o effetto argano). La pronazione immediata alla ripresa del carico appiattisce l arco mediale e favorisce l assorbimento dello shock. 15

16 1.6. BIOMECCANICA DELLA CAVIGLIA Il complesso articolare del retro piede, coadiuvato dalla rotazione assiale del ginocchio, realizza l equivalente di una sola articolazione con tre gradi di libertà che permette di orientare la volta plantare in tutte le direzioni. I tre assi principali di questo complesso articolare si incontrano approssimativamente a livello del retro piede. Quando il piede è in posizione di riferimento (quando il piano della pianta del piede è perpendicolare all asse della gamba) i tre assi sono perpendicolari fra loro. L asse trasversale passa per i due malleoli e corrisponde all asse della tibio-tarsica. E compreso nel piano frontale e condiziona i movimenti di flesso-estensione del piede che si effettuano nel piano sagittale. L asse longitudinale della gamba è verticale e condiziona i movimenti di adduzione-abduzione del piede, che si effettuano nel piano trasversale. Questi movimenti sono possibili grazie alla rotazione assiale del ginocchio flesso. In piccola misura questi movimenti di adduzione-abduzione rilevano articolazioni della parte posteriore del tarso. L asse longitudinale del piede è orizzontale e contenuto in un piano sagittale. Condiziona l orientamento della pianta del piede permettendole di guardare sia direttamente in basso, sia 16

17 in fuori, sia in dentro. Questi movimenti vengono rispettivamente chiamati di pronazione e supinazione. (4) I movimenti di flessione e di estensione La posizione di riferimento per la flesso - estensione del piede, come già detto, si realizza quando il piano plantare è perpendicolare all'asse longitudinale della gamba. Partendo da questa posizione, la flessione del piede (che può essere attribuita alla caviglia), è il movimento che avvicina il dorso del piede alla faccia anteriore della gamba, mentre l'estensione del piede allontana il dorso dello stesso dalla faccia anteriore della gamba e lo porta a disporsi sul prolungamento della stessa. L'angolo di flesso-estensione del piede viene misurato come l'angolo che la pianta del piede forma con l'asse verticale della gamba. In flessione questo angolo ha valori massimi tipici che variano da 20 a 30, mentre in estensione la sua ampiezza varia da 30 a 50. I movimenti di abduzione-adduzione La posizione di riferimento è con il piede sul piano orizzontale, in queste condizioni si ha un movimento di abduzione quando la punta del piede si porta in dentro, verso il piano di simmetria del corpo, mentre si ha un movimento di adduzione quando la punta del piede gira all'esterno e sì allontana dal piano di simmetria. L'ampiezza dei movimenti di adduzione-abduzione eseguiti unicamente nel piede 17

18 varia dai 35 ai 45. Va tenuto presente che il movimento del piede sul piano orizzontale può essere aumentato grazie alla somma delle rotazioni esterne - interne del ginocchio e dell'anca che possono portare il piede ad abduzioni di 90. I movimenti di rotazione interna-esterna La posizione di riferimento è quella definita per il movimento di flesso - estensione. La rotazione interna è il movimento che orienta la pianta del piede verso l'interno, questo movimento viene indicato come supinazione. L'ampiezza di questo movimento è di circa 50. La rotazione esterna è il movimento che orienta la pianta del piede verso l'esterno, viene indicato come movimento di pronazione. L'ampiezza di questo movimento è circa la metà di quello di supinazione e varia dai 20 ai 25. Le superfici della tibio-tarsica La tibio-tarsica, paragonata ad un modello meccanico può essere descritta così: Una parte inferiore, l astragalo, a superficie cilindrica a grande asse trasversale; Una parte superiore, l estremità inferiore della tibia e del perone, che formano un blocco, la cui faccia inferiore è scavata da un segmento di cilindro complementare al precedente. 18

19 Il cilindro pieno (puleggia astragalica), incastrato nel segmento di cilindro cavo, mantenuto lateralmente fra i due fianchi della parte superiore, può effettuare dei movimenti di flessione ed estensione attorno all asse trasversale. La puleggia astragalica è costituita da tre parti: una faccia superiore e due laterali. La faccia superiore, convessa dall avanti all indietro, è solcata longitudinalmente da una depressione assiale, verso la quale convergono il versante interno ed esterno della troclea. La faccia interna è piana e sagittale, entra in contatto con la faccetta articolare della faccia esterna del malleolo interno, ricoperta dalla cartilagine che continua quella della faccia inferiore del mortaio tibiale. La faccia esterna, è fortemente inclinata in fuori, concava dall alto in basso ed anche dall avanti in dietro; entra in contatto con la faccetta articolare della faccia interna del malleolo peroneale. (4) 19

20 CAPITOLO SECONDO LE DISTORSIONI DI CAVIGLIA Con il termine distorsione si indica il complesso delle lesioni causate da un trauma che sollecita un articolazione al di là dei gradi fisiologici del movimento. (2) Le distorsioni di caviglia rappresentano le lesioni più frequenti in traumatologia dello sport. L articolazione tibio-tarsica e il piede rappresentano le strutture che ricevono il carico di tutto il corpo in posizione antigravitaria sia statica che dinamica e posseggono una conformazione anatomica ben adeguata a questa funzione. Lo spesso cuscinetto calcaneare e del polpastrello delle dita ha la funzione di assorbire l urto nelle varie fasi del cammino e della corsa e le articolazioni sono capaci degli adattamenti necessari al miglior equilibrio su una grande varietà di terreni. A causa di queste concentrazioni di forze, il piede e la tibiotarsica sono frequentemente interessati da deformità e insulti che di solito non colpiscono altri segmenti del corpo. Poiché l articolazione tibiotarsica è sottoposta al carico ed è importante per la deambulazione, essa deve essere sia stabile che mobile. (5) La stabilità di un articolazione dipende dai vincoli intrinseci costituiti dalla configurazione ossea e dal contenimento attivo e passivo dei tessuti molli. La caviglia, in posizione neutra, è un articolazione 20

21 abbastanza stabile perché la porzione anteriore della troclea dell astragalo, che è più ampia, è stretta nel mortaio tibioperoneale. Durante la flessione plantare, nella cavità articolare tibioperoneale viene a trovarsi la parte posteriore della troclea dell astragalo, che essendo più stretta ha maggiore spazio a disposizione; ciò consente movimenti di lateralità e in particolare di supinazione. Il contenimento attivo dei tessuti molli dipende dall unità muscolo-tendinea coinvolta nel movimento e nel sostegno dell articolazione. Tuttavia, l astragalo, non avendo inserzioni tendinee, deve far affidamento, in modo indiretto, sull azione muscolare che agisce sulle ossa adiacenti. Il sostegno passivo è garantito dai legamenti mediale, laterale e posteriore e della sindesmosi. Il complesso legamentoso laterale è la struttura maggiormente coinvolta nelle distorsioni di caviglia. (6) Traumi in inversione o in eversione possono stirare o lacerare i legamenti di supporto dell articolazione e creare un instabilità. 21

22 2.1. MECCANISMI TRAUMATICI I meccanismi traumatici della distorsione sono principalmente due, in inversione e in eversione. Distorsione in inversione: prevalentemente in associazione a flessione plantare genera uno stress laterale con interessamento del legamento peroneo-astragalico anteriore (PAA) e comparsa del cassetto anteriore. Se la distorsione è grave può interessare anche il peroneo-calcaneare e in rare circostanze anche il legamento peroneo-astragalico posteriore (PAP). Se associata invece alla dorsi-flessione può ledere dapprima il legamento peroneo-calcaneare (PC) e poi il peroneo-astragalico anteriore. Distorsione in eversione: è interessato il legamento deltoideo. (2) 22

23 2.2. CLASSIFICAZIONE DELLE DISTORSIONI Esistono due diverse classificazioni delle distorsioni. La prima divide la gravità della distorsione in tre gradi, mentre la seconda le classifica in quattro gradi. Secondo la prima classificazione la distorsione della caviglia può essere di 1º, 2º, o 3º grado secondo la gravità della lesione: Grado 1º: stiramento del legamento senza lacerazione microscopica, lieve gonfiore e dolore alla palpazione sulle strutture interessate, piccola perdita di funzionalità, assenza di instabilità articolare. 23

24 Grado 2º: microscopica lacerazione parziale del legamento con moderato dolore spontaneo, gonfiore e dolore alla palpazione sulle strutture interessate, piccola perdita di funzionalità e un instabilità articolare da lieve a moderata. Grado 3º: rottura completa del legamento con accentuato gonfiore, versamento ematico e dolore alla palpazione. Sono presenti perdita funzionale e una grave instabilità articolare. I pazienti non riescono a caricare il peso corporeo sull articolazione. (2) 24

25 La seconda classificazione prevede quattro gradi diversi: Grado 0º : non vi è rottura dei legamenti, presente modesta tumefazione, talvolta piccolo ematoma laterale, dolenzia premalleolare laterale. Grado 1º : rottura isolata del peroneo-astragalico anteriore, tumefazione laterale crepitante con ematoma, dolore all angolo peroneo-tibiale, carico con dolore. Grado 2º : rottura del peroneo-astragalico anteriore, del peroneo-calcaneare e dell astragalo-calcaneare. É presente ematoma laterale-mediale, dolore sotto e premalleolare esterno, aumento della mobilità laterale e zoppia. Grado 3º : rottura del peroneo-astragalico anteriore, del peroneo-calcaneare, dell astragalo-calcaneare e dell interosseo. Nell angolo tibio-peroneale anteriore è presente edema ed ematoma. Il test del cassetto risulta positivo; i pazienti non riescono a caricare sull arto. 25

26 2.3. EZIOPATOGENESI Il meccanismo eziopatogenetico è estremamente importante, perché permette di capire quali strutture anatomiche siano interessate dalla distorsione di caviglia. Il trauma è quasi sempre indiretto, è può avvenire in uno dei seguenti modi: con l arto in appoggio, un trauma in inversione della caviglia, interessa la capsula laterale, i legamenti peroneo-astragalico anteriore, peroneo-calcaneare o peroneo-astragalico posteriore, 26

27 la sindesmosi tibio-peroneale e i legamenti del compartimento mediale. con arto in appoggio, un trauma in eversione della caviglia, interessa la capsula mediale, il legamento deltoideo, la sindesmosi tibio-peroneale, e i legamenti del compartimento laterale. (7) 2.4. FATTORI DI RISCHIO Fattoti anatomici: piede cavo; piede piatto dismetria degli arti inferiori difetti di assialità sovrappeso Fattori funzionali: squilibri muscolari Errori di allenamento: gesto atletico non fisiologico allenamento non corretto Biomeccanica della corsa: appoggio con pronazione o supinazione accentuata Tipi di scarpa: calzature inadatte, scarpe usurate Terreni di allenamento: irregolari, superfici dure 27

28 2.5. EPIDEMIOLOGIA Nel mondo dello sport, tutti gli atleti, almeno una volta, hanno avuto un problema alla caviglia. Grande o piccolo che sia, il trauma alla caviglia lascia sempre qualche strascico come dolore, gonfiore o incapacità di ripetere i gesti atletici in modo corretto. Nell esame della letteratura recente troviamo studi epidemiologici che hanno preso in considerazione sport con cambi di direzione (pivoting) e di lateralità (cutting) in cui sono in gioco intense forze rotatorie e traslatorie a carico dell arto inferiore. E emerso che durante l attività in catena cinetica chiusa i traumi distorsivi dell articolazione tibio-tarsica rappresentano l evento traumatologico principale (40% nel volley, 13,6% nel calcio, 50% nella pallacanestro e 22% nel football) e che il meccanismo di lesione è ricollegabile per il 90% a traumi in inversione, ovvero: flessione plantare della tibiotarsica, varismo sottoastragalico, flessione interna mediotarsica. Purtroppo le lesioni distorsive di caviglia sono solite e recidive se non vengono trattate correttamente. Anche dopo che il trauma è stato curato si ha una percentuale variabile di pazienti, che va dal 10% al 30%, che lamentano una sintomatologia cronica caratterizzata da sinoviti, tendinopatie, rigidità, aumento di volume, dolore ed insufficienza muscolare, associati o meno ad instabilità del collo del piede con difficoltà a deambulare su terreni irregolari o episodi distorsivi recidivanti, a prescindere dal trattamento dell'episodio acuto. Anche nella popolazione non sportiva, la distorsione della tibiotarsica costituisce un evento abbastanza frequente, correlato spesso a percorsi su terreni sconnessi, ostacoli e l utilizzo di calzature non idonee. Per 28

29 quanto riguarda la terapia, le lesioni di 1º e 2º grado richiedono un trattamento conservativo, mentre le lesioni di 3º grado, cioè le più gravi, qualche volta richiedono un trattamento chirurgico. (2) 2.6. SEGNI E SINTOMI Da un punto di vista obiettivo, si può osservare, in fase acuta, la presenza di una tumefazione anteperimalleolare, frequente e caratteristica, perché alla distorsione si associa anche la rottura di un piccolo vaso arterioso presente lungo il decorso del legamento peroneo-astragalico anteriore. È presente dolorabilità alla palpazione dei legamenti nelle sedi interessate e durante le mobilizzazioni dei legamenti lesionati lungo i piani articolari di competenza. (1) Ispezione Obiettivamente, la caviglia appare ecchimotica e tumefatta, nella regione maggiormente interessata dal trauma: lateralmente nei traumi in inversione, medialmente nei traumi in eversione, bilateralmente nei traumi di media entità o gravi. (7) Palpazione Alla palpazione, devono essere palpati i malleoli ed i legamenti del compartimento laterale, mediale e la sindesmosi tibio-peroneale. È 29

30 importante ricercare i punti dolenti lungo il percorso dei legamenti peroneo-astragalico anteriore, peroneo-calcaneare, peroneo-astragalico posteriore, sindesmosi tibio-peroneale e deltoideo. In questo modo è possibile rendersi conto se si tratta di una distorsione lieve, ad interessamento prevalentemente monocompartimentale, media, per l interessamento di più legamenti o grave, per la rottura di vari legamenti. È importante nei traumi in inversione palpare anche il 5º metatarsale, in quanto si associa spesso la frattura della base del 5º metatarsale, per trauma diretto. (7) Dolore Il dolore si avverte nella zona superiore esterna del piede ed eventualmente nella regione interna, coincide infatti con i legamenti lesionati. Insufficienza Funzionale Il paziente non riesce a caricare il peso del corpo sull arto colpito. 30

31 CAPITOLO TERZO QUADRO CLINICO E VALUTAZIONE In letteratura si trovano numerosi casi relativamente alla Distorsione di Caviglia, ma non esiste un percorso valutativo standard univocamente riconosciuto e applicato in ambito clinico. Ciò nonostante esistono aspetti della patologia che vengono comunemente ricercati da tutti, seppur con modalità diverse. Secondo tutti gli autori presi in considerazione la diagnosi della Distorsione di Caviglia si raggiunge principalmente con un esame clinico anche se, in alcuni casi, trovano indicazioni la RMN per indagare lo stato dei tessuti molli e la radiografia per escludere la presenza di eventuali fratture. Spesso però la preoccupazione di ricorrere a mezzi diagnostici strumentali per dimostare la causa di un dolore e la disabitudine alla diagnosi clinica fanno trascurare la reale causa dei sintomi. Questo comporta uno spreco enorme di risorse economiche e di tempo così che, per indagini diagnostiche inutili e trattamenti riabilitativi inconcludenti, la distorsione può diventare così invalidante da impedire lo svolgimento dei compiti lavorativi e sportivi e, nei casi più gravi, limitare le normali attività della vita quotidiana. 31

32 3.1. ESAME SOGGETTIVO Durante l esame soggettivo vengono ricavate dal colloquio con il paziente e dalle indagini mediche numerose informazioni per poter identificare e inquadrare meglio il problema. Si registra la localizzazione dei sintomi (area dei sintomi correnti) che il paziente riferisce su un grafico del corpo; occorre essere precisi poiché non sempre l area dei sintomi corrisponde poi alla struttura responsabile (dolore proiettato). Le aree asintomatiche ma pertinenti vanno comunque spuntate sul grafico, per essere sicuri di avere interrogato il paziente anche su queste. L esame continua indagando le caratteristiche del dolore: la qualità (sordo, lancinante, bruciante, superficiale, profondo o altro); l intensità, utilizzando ad esempio la scala analogico-visiva o VAS che permette di quantificare il dolore e di seguirne l andamento nel tempo; la relazione tra i sintomi. È necessario capire se ci sono fattori aggravanti, movimenti o posizioni che intensificano i sintomi, e indagare sulle abitudini di vita e sulle attività lavorative e sportive del paziente, per identificare eventuali condizioni sfavorevoli. Altrettanto importanti sono eventuali fattori allevianti, sapere cosa fa il paziente per diminuire la sintomatologia e i movimenti o posizioni di maggior comfort. 32

33 L andamento dei sintomi nell arco delle 24 ore ci dà informazioni importanti sul sintomo per comprenderne la gravità (grado di limitazione del movimento/funzione), irritabilità (se e quanto aumenta su provocazione, e quanto tempo impiega a scomparire) e la natura. Va indagata la sintomatologia notturna (difficoltà ad addormentarsi o risveglio a causa del dolore) e modifiche che possono aver influito sulla sintomatologia. La sintomatologia al mattino è altrettanto importante, il dolore prolungato e la rigidità che si allevia col movimento suggerisce una natura infiammatoria, mentre una forte rigidità mattutina associata o meno a minimo dolore indirizza verso la natura degenerativa. Concludendo nel colloquio facciamo riferimento alla condizione presente (storia delle aree sintomatiche, come e quando è iniziato il sintomo, come si è modificato), alla storia medica passata per avere dettagli su qualunque precedente attinente al problema (episodi trascorsi trattamenti in passato) e a domande speciali per determinare la salute generale del paziente e la natura della sue condizioni (se prende dei farmaci, ecc) e individuare precauzioni e controindicazioni al trattamento. 33

34 3.2. ESAME OGGETTIVO (FISICO) Durante l esame fisico lo scopo del clinico è quello di osservare e di trovare test fisici che possano riprodurre il sintomo. Ogni test è usato per valutare l efficacia del trattamento, sia nella sessione che tra una seduta e l altra. La prima parte dell esame si basa esclusivamente sull osservazione. In un primo momento l osservazione è informale, mentre il paziente è in situazioni statiche e dinamiche, si notano la qualità dei movimenti, le caratteristiche posturali e l espressione della faccia, e proseguirà fino alla fine dell esame fisico. Si passa all osservazione formale, più dettagliata, dove il terapista controlla la postura del paziente a livello della colonna vertebrale e degli arti inferiori, nel profilo anteriore, laterale e posteriore mentre sta in piedi, notando la posizione assunta nei piani frontale, sagittale, e orizzontale. Il clinico deve correggere passivamente qualunque asimmetria. L esame continua osservando la massa e il tono muscolare, confrontando i due lati, ponendo attenzione anche sulla qualità e il colore della pelle e la presenza di gonfiori o cicatrici. La palpazione della parte ci può dare informazioni utili sulla temperatura, il gonfiore, la presenza di edemi e versamenti, la dolorabilità dei tessuti superficiali e le alterazioni della sensibilità. In ultima istanza il clinico valuta l andatura, da davanti, dietro e di lato, guardando bacino, anche, ginocchia, caviglia e piedi. 34

35 Durante l esame è sempre necessario osservare l atteggiamento del paziente (età, sesso, etnia, ambiente sociale, ecc.) in modo da rapportarsi in maniera adeguata e costruire una relazione di fiducia per accrescere la disponibilità verso il trattamento. La seconda parte dell esame clinico si basa sulla valutazione dei movimenti fisiologici attivi (effettuati dal paziente) e passivi (effettuati dal terapista) in modo da verificare la qualità del movimento, la portata, la presenza di resistenze e l andamento del dolore (locale e proiettato). Successivamente si valuta anche la forza muscolare. L operatore pone resistenza manuale durante lo svolgimento da parte del paziente di un determinato movimento (flessione, estensione, adduzione, abduzione, pronazione e supinazione) in modo da valutare la forza del muscolo singolo o del gruppo muscolare. Si nota anche la capacità di carico sul piede, da senza a carico completo. Infine vengono applicati al paziente dei test, speciali e differenziali, che saranno di notevole aiuto per meglio identificare la zona di origine dei sintomi. I test speciali sono altamente significativi e vengono applicati per confermare il pensiero che la sintomatologia possa essere determinata da una certa struttura. Quelli differenziali servono invece per escludere altre zone come possibili cause del dolore. Durante la stazione eretta possiamo anche osservare alcune alterazioni posturali. Si osserva la morfologia del piede e l allineamento della gamba con il piede su tutti i piani. 35

36 Si ispezionano entrambe le scarpe per avere indicazioni sulla distribuzione dei carichi e sul tipo di appoggio abituale del paziente durante il cammino, notando le zone di differente consunzione ed eventuali asimmetrie tra destra e sinistra. 36

37 3.3. TEST DI STABILITÀ Per effettuare un esame fisico accurato è sempre necessario valutare, oltre la zona ipotizzata come centrale del dolore, anche altre strutture che possono essere identificate come la causa della sintomatologia avvertita dal paziente. Per individuare segni di instabilità articolare vengono di solito utilizzati il test del cassetto anteriore e il test di inclinazione dell astragalo. Test del cassetto anteriore Viene effettuato stabilizzando con una mano anteriormente la parte distale della tibia e tirando in avanti con l altra mano, posta dietro il tallone, il piede in leggera flessione plantare. Un risultato positivo, >5 mm di traslazione anteriore, indica una rottura del PAA. 37

38 Test di inclinazione dell astragalo Viene eseguito stabilizzando con una mano la porzione distale della tibia e supinando contemporaneamente astragalo e calcagno con l altra mano. Un risultato positivo, >5 mm con un limite finale elastico, indica una lesione combinata del PAA e del PC. È importante confrontare sempre la caviglia affetta con quella controlaterale perché alcuni pazienti sono per natura più flessibili (lassità legamentosa generalizzata) e questo potrebbe portare a un test falso positivo. (6) 38

39 3.4. SUPPORTI DIAGNOSTICI STRUMENTALI Anche se la diagnosi di distorsione di caviglia si può raggiungere attraverso l esame clinico, in alcuni casi trovano indicazione l utilizzo degli esami strumentali. La valutazione radiografica è utile per evidenziare o escludere eventuali lesioni ossee come le fratture malleolari e della base del 5 metatarso. Esami più specifici come la RMN o la TAC mettono in luce alterazioni dei tessuti molli oltre che l ispessimento e la presenza di edema. 39

40 CAPITOLO QUARTO TRATTAMENTO 4.1. OBIETTIVI GENERALI DELLA RIABILITAZIONE Recupero del ROM Recupero della forza muscolare Recupero di propriocettività e stabilità articolare Recupero della funzionalità all interno del proprio stile di vita 4.2. OBIETTIVI SPECIFICI E STRATEGIE TERAPEUTICHE Controllo delle turbe trofiche: benda elestica, FANS, crioterapia, massaggio di drenaggio, bagni alternati (ginnastica vascolare) Controllo del dolore: correnti antalgiche (TENS), ultrasuoni, MTP, infiltrazione di anestetici locali Recupero articolare selettivo attraverso una mobilizzazione inizialmente passiva, poi attiva e resistita con esercizi eseguiti fuori carico (flessione, estensione, inversione, eversione), posture, manipolazioni 40

41 Recupero stabilità attraverso utilizzo di tavolette propriocettive instabili per recuperare la capacità di reazione della caviglia alle destabilizzazioni Recupero forza muscolare: rinforzo dei muscoli peronieri, tibiali, tricipite, estensore lungo dell alluce ed estensore lungo delle dita, prima contro resistenza manuale poi con bande elastiche; rinforzo dei muscoli flessori delle dita Esercizi in carico eseguiti in punta di piedi in appoggio bipodalico, aumento progressivo dell intensità degli esercizi e del carico con abbandono progressivo delle canadesi Esercizi in CCA Esercizi in CCC che reintegrano il piede nella funzione dell arto inferiore Rinforzo isocinetico per riequilibrare la coppia inversori/eversori Riprogrammazione neuromotoria (propriocettiva) Recupero del gesto funzionale: inserimento di eserizi specifici che richiamino il gesto atletico proprio dello sport praticato PRIMO INTERVENTO Nelle distorsioni è importantissimo il primo intervento cioè quello in campo. Nel caso non fosse presente un medico al momento del trauma, l atleta dovrebbe essere in grado di adottare i comportamenti più appropriati. 41

42 Il trattamento di una distorsione richiede per prima cosa l applicazione di ghiaccio e l elevazione dell arto. Dopo aver tolto calza e scarpa, la caviglia deve essere fasciata con un bendaggio compressivo e non bisogna caricare il peso corporeo sull arto. Dopo circa cinque minuti il dolore in genere diminuisce, la fasciatura viene rimossa e la caviglia può essere esaminata accuratamente. In questa fase è importante che la caviglia venga valutata da personale medico che eseguendo test specifici effettuerà la diagnosi del grado di lesione, per la scelta del trattamento più appropriato. Se si sospetta una distorsione grave (2 o 3 grado) si deve applicare una fasciatura semirigida mantenendo l arto in scarico fino all effettuazione di un esame radiografico, che escluda la presenza di una frattura. Tuttavia dovrebbe essere applicato un taping di protezione per evitare ulteriori stress alle strutture interessate dal trauma. La caviglia andrà nuovamente controllata per essere trattata secondo le necessità. 42

43 4.4. FASI DI TRATTAMENTO NEI VARI GRADI DI LESIONE La letteratura attuale sostiene come metodo preferito di trattamento per le distorsioni della caviglia la riabilitazione funzionale, che permette, rispetto all immobilizzazione con gesso, un più precoce ritorno al lavoro e all attività fisica senza determinare un tasso più alto di sintomi tardivi (instabilità di caviglia, dolore, rigidità e ipostenia muscolare). (6) Immediatamente dopo la lesione nella fase acuta ( -Lesioneprevalgono la sintomatologia algica, i segni infiammatori e l insufficienza funzionale) viene seguito il principio RICE (Rest, Ice, Compression, Elevation) Rest (riposo): può essere un immobilizzazione totale nei casi più gravi, oppure un immobilizzazione funzionale nei casi di minore gravità. Spesso si utilizzano antibrachiali per qualche giorno. Ice (ghiaccio): fondamentale agente fisico con importante azione antalgica e di arresto dell emorragia tissutale, contrasta la formazione di ematomi che possano poi interferire con il processo di riparazione tissutale. Compression (compressione): attraverso una benda elastica si effettua un bendaggio compressivo con lo scopo di contrastare ancora il travaso ematico e la conseguente formazione di ematoma e stasi periferica. 43

44 Elevation (elevazione): l arto deve essere posto in elevazione per ridurre la pressione di scarico dei capillari e contrastare ancora una volta il travaso ematico post-traumatico. L obiettivo è ridurre l eventuale ematoma, la tumefazione, l infiammazione e il dolore. In funzione della gravità della lesione si consiglia un periodo di immobilizzazione. Negli stiramenti di grado 1 e 2, come immobilizzazione viene utilizzato un tutore per la caviglia. Negli stiramenti di grado 3 uno stivale gessato amovibile offre maggiore stabilità e protezione e permette un carico precoce meno doloroso. L immobilizzazione continua per qualche giorno negli stiramenti lievi e fino a 3 settimane negli stiramenti di 3 grado. Quando gli stiramenti di 3 grado migliorano, lo stivale gessato viene sostituito con un tutore di caviglia. (6) Nella fase subacuta (-Riparazione-Guarigione- diminuzione della sintomatologia algica, dei segni infiammatori e inizio del ripristino funzionale), gli obiettivi includono una riduzione continua della tumefazione, dell infiammazione e del dolore mentre si dà inizio ad alcuni movimenti, esercizi di rinforzo e appropriati esercizi di carico. In questo periodo vi è la proliferazione delle fibre collagene e stress eccessivi sui legamenti possono indebolire i tessuti. (6) L ultima fase (-Rimodellamento- scomparsa dell infiammazione, controllo completo del dolore e ripresa funzionale sempre maggiore) si concentra sull aumento della forza, della resistenza, dell equilibrio e della propriocezione in carico. Durante questa fase di maturazione 44

45 della cicatrizzazione del legamento, circa 3 settimane dopo la lesione, uno stretching controllato dei muscoli e dei movimenti dell articolazione favorisce un orientamento più normale delle fibre collagene, parallelo alle linee di tensione. È stato provato che esercizi ripetuti durante questa fase aumentano la forza meccanica e strutturale del legamento. (6) 4.5. STRATEGIE DI TRATTAMENTO FISIOTERAPICO 1. Strategie per il recupero del ROM Al fine di ristabilire la normale meccanica e cinematica articolare il lavoro di articolarità deve essere iniziato il più precocemente possibile, compatibilmente con le indicazioni mediche, e a seconda dello scopo prefissato possono essere utilizzate varie tecniche di mobilizzazione. Si inizia con dei movimenti passivi, per poi passare a quelli attivi, aumentando i gradi di articolarità progressivamente. Dorsiflessione Supinazione Circonduzione del piede Flessione plantare Pronazione 45

46 2. Strategie per il recupero della forza muscolare Isometria nel raggio indolore Flessione ed estensione le dita Afferramento di oggetti con le dita Esercizi con Theraband e cavigliere con pesi (eccentrici/concentrici e isotonici) Esercizi in carico a) Sollevare i talloni b) Sollevare le punte c) Mettere un piede su un gradino d) Accovacciarsi (6) 3. Riabilitazione propriocettiva Metodica riabilitativa di riattivazione dei riflessi propriocettivi (articolari e muscolari) ponendo l arto inferiore in condizioni di equilibrio precario in modo che il paziente comprenda l instabilità conseguente all evento distorsivo, la controlli e la elimini attraverso un perfetto coordinamento neuromuscolare. Il soggetto progressivamente impara a resistere a situazioni d instabilità sempre crescenti creandodei riflessi condizionati che sostituiscono quelli perduti con il trauma e contemporaneamente potenzia i muscoli stabilizzatori del complesso articolare leso. (2) a) Criteri Iniziare la rieducazione il più precocemente possibile (anche nella fase di non carico) con movimenti non dolenti 46

47 (prevalentemente flesso-estensione) per poi proseguirla e intensificarla (in carico parziale e poi totale in appoggio monopodalico) con i movimenti maggiormente difficili da controllare (prono-supinazione, eversione-inversione) Necessaria la piena partecipazione attiva del paziente che deve essere dapprima concentrato sull esecuzione dei movimenti da compiere per poi riuscire ad attivare il controllo neuromotorio di stabilizzazione anche di fronte a stimolazioni esterne di disturbo b) Tecniche Tavolette (possibilmente di Freeman a uno o due punti di appoggio) con superficie d appoggio zigrinata per attivare i recettori della pianta del piede e della sensibilità tattile superficiale Piede assolutamente nudo, ben fisso e grippante sulla tavoletta Durante il movimento i bordi anteriore e posteriore della tavola non devono mai toccare il pavimento, ma solo sfiorarlo Eseguire gli esercizi per almeno 20 minuti tutti i giorni fino alla totale ripresa funzionale del complesso articolare e poi proseguirli 2-3 volte alla settimana come mezzo di prevenzione di recidive. (2) 47

48 CAPITOLO QUINTO IL BENDAGGIO La tecnica del bendaggio ha riscosso interesse e consenso sempre più crescenti nel mondo della fisioterapia. Tecniche, materiali e metodi si sono sempre più evoluti nel corso degli anni, grazie soprattutto all uso che nello sport si è sempre più fatto di tale metodica, allo scopo di incrementare a supportare al massimo la performance degli atleti, riducendo i tempi di recupero e cercando di accelerare il ritorno all attività dopo un infortunio. (20) 5.1. PERCHÉ NASCE IL BENDAGGIO La tecnica del bendaggio nasce dalla volontà di trattare una parte del corpo danneggiata, soprattutto in corrispondenza di parti molli, mediante un immobilizzazione parziale e una detensione del tessuto leso, possibilmente mantenendo la funzione dell apparato di sostegno e quello motorio, evitando così i danni conseguenti all immobilizzazione dovuta alle fasciature rigide. Con la completa immobilizzazione, la capsula articolare si retrae molto velocemente, la secrezione del liquido sinoviale diminuisce e, quindi, la cartilagine articolare risulta mal nutrita. (20) Per di più, la muscolatura si atrofizza, aumenta il rischio di retrazioni muscolo-tendinee e infine il deflusso venoso è disturbato; con l atrofia muscolare crescente si giunge all insufficienza della valvola venosa con conseguente comparsa di stasi. Questa, a sua volta, provoca, oltre 48

49 la tanto incresciosa predisposizione all edema, una rapida atrofia da inattività ed una decalcificazione dell osso. (20) Se durante la guarigione il tessuto viene tenuto assolutamente immobile, la riparazione fibrosa risultante è debole. Quando non ci sono forze che agiscono sul tessuto in via di guarigione il collagene viene strutturato a caso.(21) Può essere abbondante ma è scarsamente strutturato. La guarigione fibrosa è più forte se vengono incoraggiati movimenti naturali, che forniscano ai fibroblasti le corrette indicazioni per le direzioni in cui stendere le loro fibre di collagene. Movimenti normali e cauti forniscono una naturale tensione nel tessuto in via di guarigione e la guarigione risultante è molto più forte. (21) 5.2. EVOLUZIONE DEL BENDAGGIO Già nel XIX secolo incontriamo, come testimoniano alcune tavole illustrate, i primi tentativi di codifica delle tecniche di bendaggio specifiche per diversi distretti anatomici con utilizzo di bende in tessuto associate a materiali rigidi (prime forme di tutore rigido o gesso) mentre nella prima metà del novecento si confezionavano, nelle semplici realtà rurali, dei bendaggi con tessuto (sostituiva le moderne bende), albume d uovo (rapprendendosi l albume conferiva al bendaggio maggiore consistenza e stabilità) e una moneta da una lira 49

50 ( la lira era costituita in gran parte da zinco che ossidandosi produceva l ossido di zinco le cui proprietà antiedemigene sono ben note). (28) Negli anni 50 negli USA i trainers americani utilizzavano delle bende adesive anelastiche, prodotte dalla tecnologia del dopoguerra per conferire una maggiore stabilità meccanica soprattutto ad alcune articolazioni come caviglia, ginocchio, dita e polsi: questo tipo di materiale viene utilizzato anche oggi con il nome di tape, mentre la tecnica che lo vede protagonista è definita taping. Il tape presenta fin da subito assieme alla sua vasta diffusione sul mercato anche i suoi limiti: infatti, essendo costituito da materiale anelastico, risulta poco adattabile alle svariate forme del nostro corpo e crea facilmente delle lesioni cutanee in assenza di materiali interposti tra la benda adesiva e la cute. Per risolvere questi problemi negli ultimi anni la ricerca scientifica ha messo a disposizione una grande varietà di bende e di nuovi materiali che hanno permesso di creare un innovativa e più efficace tecnica di bendaggio chiamata bendaggio funzionale. La grande innovazione del bendaggio funzionale consiste nell utilizzo associato del vecchio tape con le più moderne bende elastiche adesive o coesive che permette una maggior compliance da parte del paziente ed una maggiore efficacia del bendaggio che risulta così in grado di proteggere l articolazione o l unità muscolare lesionata salvaguardando la libertà funzionale dei distretti anatomici vicini. Il bendaggio funzionale permette di adattarci alla fisiologia delle strutture anatomiche da bendare in relazione alla diagnosi medica. Come dall evoluzione del concetto di taping (bendaggio realizzato con materiale anelastico adesivo) si è passati a quello di bendaggio funzionale (tecnica mista che prevede l utilizzo di materiale anelastico 50

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