adms 2. Conoscere il significato della diagnosi di ipoglicemia e la sintomatologia correlata ad essa

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1 Lezione 11 Obiettivi da raggiungere alla fine della lezione Cosa sapere: 1. Conoscere la definizione e i limiti dell ipoglicemia 2. Conoscere il significato della diagnosi di ipoglicemia e la sintomatologia correlata ad essa 3. Conoscere la frequenza dell evento 4. Conoscere i valori di controllo in grado di ridurre la frequenza dell evento 5. Conoscere i principali pericoli dell ipoglicemia notturna e/o inavvertita 6. Conoscere le principali nozioni sulle modalità di regolazione della glicemia (sistema di contro-regolazione glicemica) 7. Conoscere quali sono le riserve di glucosio e il ruolo degli FFA (acidi grassi liberi) 8. Conoscere le cause principali di ipoglicemia 9. Conoscere i sintomi e la loro progressiva comparsa 10.Conoscere le azioni del glucagone iniettabile Cosa saper fare: 1. Usare correttamente le tecniche di autocontrollo ed ev. autogestione 2. Registrare gli effetti che si verificano sul livello glicemico per eventuali variazioni di dosaggio di insulina per effetto di particolari situazioni, di particolari momenti, ecc 3. Usare correttamente gli alimenti come farmaci dell ipoglicemia 4. Prendere provvedimenti immediatamente dopo aver registrato il dato 5. Istruire i compagni o amici o famigliari sulle prime cure da apportare Come dover essere: 1. Convinto che un controllo metabolico ottimale non necessiti di ipoglicemie frequenti 2. Educato sulla possibilità che le complicanze a lungo termine possono essere prevenute senza dover subire insulti ipoglicemici frequenti 3. Convinto della possibilità di prevenire le complicanze acute nel 90% dei casi con un attenta gestione della propria terapia 4. Convinto delle proprie capacità di intervento sulla malattia 5. Consapevole della possibilità di non ottenere subito e facilmente i risultati che si vorrebbero e che costano sforzi maggiori 6. Consapevole che per migliorare il proprio grado di controllo non basti attuare un controllo anche se tecnicamente valido e frequente ma si debba attuare un analisi dei risultati (con il diabetologo) 7. Fiducioso nella possibilità di miglioramento delle tecnologie in grado di facilitare la compliance alla terapia in genere 8. Fiducioso nella possibilità di miglioramento delle conoscenze e delle tecnologie al fine di rendere sempre più favorevole il rapporto controllo ottimale/rischio di ipoglicemia 9. Convinto dell importanza di un controllo ottimale o con valori il più possibile vicino ad esso (considerando, sempre, comunque il soggetto e quindi la possibilità di poterci o meno avvicinare a valori normali )Introduzione È sicuramente la più frequente emergenza metabolica riscontrabile nei pazienti con diabete mellito ed è certamente il più difficile ostacolo da superare nel tentativo di ottenere un controllo glicemico ottimale. Si definisce ipoglicemia la riduzione dei livelli glicemici al di sotto di un valore prestabilito (68-65 mg/dl). Questa definizione ha il pregio di precisare il punto in cui si può parlare di ipoglicemia. Noi sappiamo bene che spesso in soggetti diversi abbiamo una sintomatologia ipoglicemica (presenza di sintomi) pur in presenza di valori diversi e comunque maggiori di quelli sopra riportati tuttavia tale fenomeno non deve e non può essere confuso con

2 l ipoglicemia. In altri soggetti, al contrario è possibile che una vera e propria ipoglicemia anche marcata (glicemia < 40 mg/dl) non si accompagni ad una sintomatologia; in questi casi si parlerà di ipoglicemia inavvertita. Per tale motivo, al fine di facilitare la comprensione di quest emergenza si può definire ipoglicemia: quella situazione clinica che si associa alla riduzione dei livelli glicemici al di sotto di livelli che l organismo sente come normali. Questa situazione clinica è caratterizzata da: sudorazione palpitazioni tremori paura visione offuscata con successiva comparsa di: disorientamento, confusione, comportamento non razionale sino alle convulsioni ed al coma. In genere la sintomatologia tende a regredire con l assunzione di sostanze zuccherate o di cibo ricco di carboidrati tale da aumentare nuovamente i livelli glicemici. Ipoglicemia nel diabete mellito tipo 1Il fenomeno ha una frequenza molto variabile; tuttavia si ritiene che un paziente in media possa avere circa due episodi ipoglicemici gravi all anno (sia in terapia insulinica tradizionale che in terapia intensiva). La frequenza, invece di episodi ipoglicemici moderati (che possono anche essere ben gestiti dal paziente stesso) è nettamente più elevata e si possono registrare sino a uno o due episodi ipoglicemici alla settimana (cinquanta, cento episodi all anno). A tale proposito gioverà ricordare che esistono, tuttavia episodi ipoglicemici asintomatici (rilevabili solo con la determinazione della glicemia). Questi si possono avere in due occasioni: nel sonno da svegli (ipoglicemia inavvertita) In queste due situazioni la mancanza di sintomi può essere la causa di danni gravi e per tale motivo il grado di controllo notturno deve essere sempre ben valutato e altrettanto ben valutato deve essere il grado di controllo da attuare nei soggetti affetti da ipoglicemia inavvertita. Ipoglicemia nel diabete mellito tipo 2Anche nel diabete tipo 2 si possono avere episodi ipoglicemici. Si stima che in media in corso di terapia con ipoglicemizzanti orali si possa registrare un episodio di coma all anno ogni pazienti. Tuttavia se consideriamo che prima del coma esistono forme ipoglicemiche gravi e che nei soggetti anziani queste forme possono essere subdole (scarsamente riconoscibili), avere durata maggiore e portare a danni più gravi (nell anziano il sistema nervoso centrale cioè il cervello è più vulnerabile) anche frequenze relativamente inferiori rispetto a quanto registrabile nei soggetti trattati con insulina devono essere considerate con molta attenzione. Anche se nel diabete mellito di tipo 2 generalmente non si esegue terapia con insulina, tuttavia l uso degli ipoglicemizzanti orali può indurre ipoglicemia. Tali sostanze (vedi Lez.: 7) abbassano la glicemia proprio stimolando l immissione di insulina in circolo da parte delle cellule beta delle isole di Langerhans. Spesso questa attività risulta superiore al necessario e, soprattutto, risulta mantenuta per un periodo di tempo eccessivo. Una compressa è in grado di mantenere la propria attività per molte ore (soprattutto nell anziano) per cui è possibile che molte ore dopo la sua assunzione (ad esempio lontano dal pasto come ad esempio alle ore 18,30-19) si possa verificare un ipoglicemia. Quest evenienza, nell esempio sopra riportato è relativamente frequente in quanto, oltre a quanto accennato, nel tardo pomeriggio si assiste, nella quasi totalità dei soggetti, ad un momento di massima sensibilità all insulina (in pratica nel tardo pomeriggio l insulina funziona meglio). A rendere particolarmente a rischio questo momento della giornata può partecipare un attività fisica pomeridiana non ordinaria. Qualche cenno di biochimica e biofisica (cenni sui principali fenomeni che vengono a crearsi in corso di ipoglicemia) Vediamo ora qualche notizia sui sistemi che sono in grado di regolare i livelli glicemici. Nei soggetti normali la glicemia a digiuno è mantenuta tra i 70 e i 90 mg/dl mentre dopo un ora da un pasto tende ad elevarsi verso il valore di 130 mg/dl; dopo due giorni di digiuno la glicemia non scende al di sotto di mg/dl quindi mg/dl in meno rispetto ad una condizione di normale alimentazione (questi valori registrabili dopo prolungato digiuno sono lievemente inferiori nel sesso femminile per motivi che vedremo fra poco; infatti in questi casi raggiungono i mg/dl). Dunque emerge immediatamente che pur in assenza di un qualsiasi apporto energetico il glucosio tende a ridursi (cioè

3 ad essere consumato) apparentemente per una quantità valutabile intorno a 9 g. Non è possibile pensare che un organismo possa consumare solo 9 g di zucchero in 2 giorni (il solo cervello consuma circa 130 g di glucosio in 24 ore) per cui bisognerà pensare che la quasi totalità del glucosio sia riversata nel circolo sanguigno - e quindi attraverso questa via arrivi ai vari organi - da una riserva in grado di immagazzinarlo e rilasciarlo a seconda delle richieste. Per capire meglio questo concetto basti pensare che con 9 grammi di zucchero un uomo riuscirebbe a sopravvivere al massimo per circa 5-10 minuti. La principale riserva di glucosio e fonte di glucosio stesso è il fegato; infatti il muscolo è in grado di accumulare il glucosio ma lo può consumare solo lui e non è capace di immetterlo in circolo. La forma sotto la quale il glucosio è immagazzinato nel fegato e nel muscolo è il glicogeno rispettivamente epatico e muscolare: durante il digiuno il glicogeno viene scisso e libera glucosio che passa in circolo; questo processo è presente solo nel fegato e viene definito glicogenolisi (lisi = scissione) epatica. Tuttavia il fenomeno biochimico più importante è la neoglucogenesi (letteralmente: neo = nuova - gluco = zuccheri o glucosio - genesi = nascita: formazione di nuovo zucchero) epatica che è la capacità di produrre glucosio a partire dai prodotti o substrati non glucidici come ad esempio le proteine, In pratica la necessità di poter disporre in qualsiasi momento di glucosio è tale e tanta che si può ottenere glucosio da riserve dello stesso (glicogeno) oppure trasformando in glucosio altre fonti (neoglucogenesi). Una ridotta capacità di produrre zucchero e di immetterlo in circolo da parte del fegato che si può registrare nel sesso femminile è la causa del fenomeno descritto prima di un minor livello glicemico che ritroviamo nel sesso femminile dopo un digiuno prolungato (questo fenomeno spiega la maggior necessità di alimenti dolci o ricchi in carboidrati che si può osservare al mattino nel sesso femminile). Questa capacità di mantenere costanti o quasi i livelli glicemici in condizioni di digiuno è legata ad ormoni (sostanze prodotte dall organismo e circolanti nel sangue) che intervengono nel prevenire ed eventualmente correggere l ipoglicemia; per tale motivo, proprio per la loro capacità di contrastare o controbilanciare l azione dell insulina, l unico ormone che abbassa i livelli glicemici questi ormoni costituiscono il sistema della contro - regolazione glicemica. Bisogna ricordare che fanno parte di questo complesso sistema contro-regolazione glicemica i seguenti ormoni e le seguenti sostanze: Glucagone: ormone pancreatico in grado di aumentare la glicemia attraverso l attivazione della glicogenolisi (vedi sopra) e della neoglucogenesi (vedi sopra) In pratica questa sostanza forma glucosio sia staccando le molecole di zucchero dalla riserva (glicogeno epatico) sia partendo da altre sostanze come gli aminoacidi delle proteine ecc La sua azione è potente ma transitoria Adrenalina: ormone della midollare surrenalica in grado di aumentare la glicemia attraverso gli stessi meccanismi con cui agisce il glucagone (aumento della glicogenolisi e neoglucogenesi) a cui aggiunge l inibizione (riduzione) della secrezione di insulina e l attivazione (aumento) della secrezione di glucagone (vedi sopra). In pratica la sua azione è quadrupla: 2 azioni sono dirette sul metabolismo del glucosio (aumento della glicogenolisi e aumento della neoglucogenesi: questa sostanza stacca le molecole di zucchero dalla riserva del glicogeno epatico e forma glucosio a partire da altre sostanze come gli aminoacidi delle proteine ecc ) e 2 azioni sono indirette: aumento del glucagone (che di per sé aumenta la glicemia) e riduzione dell insulina (che ha, come sappiamo una potente attività di riduzione dei livelli glicemici). Cortisolo e GH (ormone della crescita): la loro azione è meno pronta e si esplica sui tessuti che sono bersaglio dell azione dell insulina. In pratica l azione di questi ormoni è quello di contrastare quella dell insulina. Nor - adrenalina: sostanza liberata da alcune terminazioni nervose ha un attività più simile all attività del cortisolo e GH che all attività dell adrenalina. Acidi grassi liberi (NEFA o FFA): competono con il glucosio in molti tessuti (muscolare, ecc ) che li utilizzano al posto dello stesso glucosio a scopi energetici: la loro azione finale è quella di contrastare l utilizzazione del glucosio e quindi il suo consumo Tutti questi cinque fattori di contro - regolazione insulinica entrano in gioco in maniera e con tempi differenti. La loro azione diviene sensibile già per una riduzione della glicemia di circa 15 mg/dl; inizialmente l azione più importante è sostenuta da glucagone e adrenalina. Successivamente entrano in gioco gli altri fattori (dopo 2-3 ore) mentre un aumentata produzione di FFA in grado di essere utilizzati al posto del glucosio è presente solo dopo almeno cinque ore. Nel caso in cui tutti questi fattori non dovessero funzionare è comunque sempre possibile che si attivi un rimedio, per glicemie che scendano sui livelli di 40 mg/dl, che viene definito sistema di autoregolazione del fegato del tutto indipendente dal sistema di contro-regolazione, in grado di aumentare la produzione di glucosio e la sua immissione in circolo.

4 Possibili cause di ipoglicemia (vedi Lez.: 8) Troppa insulina somministrata (tipo 1) oppure troppe compresse ipoglicemizzanti (tipo 2) Esagerata attività fisica non prevista (vedi Lez.: 9) Pasto non adeguato (ridotto rispetto al normale soprattutto per quanto riguarda il contenuto in carboidrati) Pasto troppo ritardato o non consumato dopo aver eseguito la terapia insulinica o assunto la compressa Più di uno dei fattori sopra riportati Giova qui ricordare che un ipoglicemia è pur sempre la conseguenza di un momento di mancato equilibrio tra l insulina iniettata o, meno frequentemente, quella stimolata dagli agenti ipoglicemizzanti orali come le sulfoniluree (vedi Lez.: 7), l assunzione alimentare ritardata o inadeguata o un improvvisa o non prevista attività fisica. A queste cause facilmente intuibili bisogna aggiungere altre cause come: Ridotta attività o funzionalità del sistema di contro-regolazione Epatopatie (malattie del fegato) in cui il fegato, appunto, non è in grado di partecipare attivamente alla risposta del sistema di contro-regolazione glicemica Abuso di alcolici Altre malattie riguardanti il sistema di contro - regolazione insulinica (insufficiente produzione di glucagone, cortisolo, GH, ecc ) Bisogna sempre ricordare, inoltre, che una stessa dose di insulina iniettata nella stessa persona, nella medesima sede e nelle medesime condizioni può variare nel suo assorbimento e quindi in alcuni giorni essere appena sufficiente, quando del tutto insufficiente, ed in altri giorni risultare eccessiva. L ipoglicemia, proprio per la sua gravità e per le conseguenze che può avere come: accidenti vascolari cerebrali legati ad improvvisi aumenti di pressione arteriosa, infarto miocardico acuto (IMA), peggioramento della retinopatia diabetica (RD), ecc (vedi Lez.: 13) deve essere riconosciuta con certezza e, soprattutto con celerità. Sintomatologia Sintomi quali: 1. Pallore 2. Tachicardia (aumento della frequenza cardiaca) 3. Sudorazione 4. Tremori 5. Fame (soprattutto smodata voglia di carboidrati) 6. Ansia e irritabilità e comportamento strano 7. Fatica 8. Cefalea 9. Sonnolenza 10.Deficit maggiori neurologici (sino al completo disorientamento e alla completa perdita delle capacità di riconoscere) 11.Convulsioni 12.Coma (perdita completa della coscienza) sono in parte già stati elencati. I primi sei sintomi sono legati e determinati dall attivazione della risposta all ipoglicemia da parte del sistema nervoso autonomo simpatico mentre gli ultimi sei sono in pratica i sintomi legati alla riduzione dello zucchero che si crea nel cervello. Va ricordato che spesso questi sintomi, soprattutto i primi (legati all attivazione del sistema di contro - regolazione) qualche volta mancano del tutto (ipoglicemia inavvertita). Infatti con l aumentare dell età, con l aumentare degli anni di malattia, con la possibile presenza di ipoglicemie ripetute cronicamente, vi può essere una ridotta capacità di riconoscimento (e di risposta) all ipoglicemia. Ipoglicemie ripetute e poco avvertite (e quindi perduranti nel tempo) sono causa, inoltre, di danni cerebrali gravi e permanenti (decadimento cerebrale sino a veri e propri stati psicotici).

5 È per questo (vedi prima) che spesso non si presentano, in persone diverse gli stessi sintomi per livelli glicemici simili. Pazienti abituati a livelli glicemici elevati tendono ad avere una sintomatologia tipica dell ipoglicemia pur in presenza di glicemie normali o anche relativamente alte; pazienti sottoposti a controlli molto spinti tendono a non manifestare l ipoglicemia se non per livelli molto bassi quando a non manifestarla affatto. Prevenzione Queste ultime considerazioni devono farci riflettere su alcuni punti i quali interessano sia gli operatori che i pazienti: Non bisogna mai cercare un controllo eccessivamente spinto in soggetti in cui è conosciuta una situazione di ipoglicemia inavvertita o in cui tale situazione è probabile (anziani, soggetti con ipoglicemie ripetute, soggetti non collaboranti, malattia diabetica già complicata e/o di lunga durata) Non bisogna mai ricercare un controllo eccessivamente spinto in soggetti che hanno un sistema di contro - regolazione deficitaria In tutti i casi di terapia intensiva insulinica pur in assenza di sintomi dichiarati è utile un autocontrollo più rigoroso e frequente Non fidarsi mai dell assenza di sintomatologia per scartare l eventualità della ipoglicemia La prevenzione dell ipoglicemia viene attuata praticamente con l istruzione e l educazione del paziente stesso. Molte delle lezioni precedenti hanno insegnato, anche se indirettamente, a prevenire l ipoglicemia: l uso degli spuntini, dell autocontrollo ed eventualmente dell autogestione, la corretta terapia insulinica o con ipoglicemizzanti orali, ecc Un attenta educazione del paziente è in grado di prevenire la stragrande maggioranza degli episodi ipoglicemici ove, già all inizio, il medico abbia selezionato il paziente su cui attuare un intervento intensivo o meno (vedi sopra). Trattamento Il trattamento dell ipoglicemia è diverso a seconda che ci si trovi di fronte a riduzione o perdita di coscienza o solamente di fronte ad una sintomatologia iniziale. Nel primo caso è necessaria l infusione eventualmente di soluzioni glucosate al 50% o al 33% (50-70 ml) seguita da infusioni di soluzioni glucosate meno concentrate e per periodi più lunghi; sempre possibile è l uso contemporaneo di glucagone endovena o, nell impossibilità di somministrazione endovena anche intramuscolo o sottocute (ad es. paziente incosciente in sede domiciliare in attesa di soccorso). Il glucagone dovrebbe essere presente in tutti i frigoriferi delle famiglie dove è presente un diabetico insulino - trattato (controllare sempre la sua presenza e la data di scadenza). La sua azione si manifesta in e può rendere possibile l assunzione di sostanze zuccherine per bocca che non potevano essere assunte per il precedente stato d'incoscienza. Queste sostanze devono essere assunte anche se la sintomatologia apparentemente regredisce poiché l azione del glucagone è piuttosto fugace. Fare attenzione alla nausea che spesso si manifesta in queste occasioni. Nel caso in cui, invece, si sia di fronte ad una sintomatologia iniziale (sudorazione, tremori, fame, ecc ) allora è buona norma assumere bevande zuccherate (1 cucchiaio di zucchero pari a circa 20 g generalmente basta) cui è bene far seguire dopo 15 minuti dei carboidrati a più lento assorbimento come fette biscottate o, in mancanza di queste, del pane o altro cibo simile. Non bisogna continuare a ingurgitare cibo sino alla scomparsa dei sintomi poiché si rischierebbe di superare di gran lunga il fabbisogno e di ritrovarsi con valori glicemici estremamente elevati (ricordarsi che pur sempre il sistema di contro - regolazione glicemica è stato attivato). Non somministrare mai bevande o cibo in corso di alterazioni dello stato di coscienza (possibili polmoniti ab ingestis per passaggio di tali sostanze nelle vie aeree).

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