LA RISERVA NATURALE STATALE DI ACQUERINO. Aspetti amministrativi

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1 LA RISERVA NATURALE STATALE DI ACQUERINO. Aspetti amministrativi La Riserva Naturale Biogenetica (R.N.B.) Acquerino si estende per circa 243 ettari nel Comune di Sambuca Pistoiese (angolo Sud-Est), a confine con i Comuni di Pistoia a Sud e di Cantagallo (Prato) ad Est. Ha una forma di triangolo irregolare, ed è situata tra 800 e 1200 m sul livello del mare. Di proprietà statale, è stata istituita come Riserva Naturale Biogenetica con D.M in quanto i soprassuoli presenti erano iscritti nella scheda n. 117 del Libro Nazionale dei Boschi da Seme per la raccolta del seme di Pseudotsuga menziesii Franco. I territori costituenti la Riserva Naturale Biogenetica Acquerino sono stati acquistati dallo Stato italiano a partire dal 1932 da vari proprietari privati. Tale azione di ricomposizione fondiaria, peraltro trai compiti principali della Azienda di Stato per le Foreste Demaniali che ha amministrato per circa cinquanta anni il demanio forestale statale, è durata fino al 1975, anno in cui la foresta di Acquerino ha raggiunto la superficie massima di ettari. Successivamente, in base all art. 83 del D.P.R. 616/77 che prevedeva il passaggio di gran parte delle proprietà statali alle Regioni, una superficie complessiva di ettari della foresta è stata trasferita alla Regione Toscana. Gli attuali 243 ettari costituenti la Riserva sono quindi confinanti, per la quasi totalità, con boschi appartenenti al Demanio Regionale.

2 Morfologia e idrografia La Riserva Naturale Biogenetica Acquerino è collocata nell alto bacino del fiume Limentra orientale (detto anche impropriamente Limentra di Treppio) che è un affluente di destra del fiume Reno e si trova nel versante adriatico dell Appennino Tosco-Emiliano. Il Limentra orientale nasce sulla pendice Sud-Est del maggior rilievo della zona, il Monte La Croce (1312 m s.l.m.) sulla cui cima è ubicato un radiofaro dell aeronautica Militare. Si origina dall unione del Fosso dei Balzini e del Fosso dei Trogoli che scendono con direzione Nord-Sud dal Monte La Croce per circa 2 km. Il torrente piega poi verso Est e, all altezza di Ponte a Rigoli, volge verso Nord-Est proseguendo con pendenza uniforme fino alla confluenza col Limentrella per entrare poco più avanti in territorio emiliano dove alimenta il lago artificiale di Suviana. Da qui, in larghe anse raggiunge Riola di Vergato dove confluisce nel Reno. Gli affluenti più lunghi e più importanti del Limentra Orientale sono situati tutti all esterno della Riserva: si citano il Torrente Limentrino, il Fosso di Culipiano, il Fosso di Lavacchio in destra idrografica e il Fosso della Burraia e il Rio delle Valli in sinistra. All interno della Riserva sono comunque numerosi i piccoli fossi che confluiscono nel Limentra Orientale. La portata è abbastanza costante nel corso dell anno, con presenza di acqua anche nelle estati meno piovose. Il torrente oggi ha perso il regime di forte torrenzialità che lo caratterizzava all inizio del

3 ventesimo secolo grazie sia ai numerosi rimboschimenti e all elevata copertura arborea presente nel bacino, sia grazie alle numerosissime sistemazioni idrauliche realizzate e mantenute nel tempo dall Amministrazione Forestale. La portata può aumentare in concomitanza con la forte piovosità autunnale ed invernale, tuttavia i fenomeni erosivi sono rari e si riscontra, solo eventualmente, qualche piccola frana di scalzamento. A questo riguardo è bene sottolineare che la necessità storica dei rimboschimenti è derivata sia dalle mutate condizioni socio-economiche della zona si è assistito ad un massiccio abbandono delle zone rurali e montane e, di conseguenza delle pratiche di sistemazione agricola e pastorale mantenute da secoli - ma anche dall acclività dei versanti che, unita alla forte piovosità e all intenso sfruttamento dei terreni della Riserva avvenuto nei secoli precedenti, aveva reso superficiale e roccioso il terreno e conferito al Limentra ed ai fossi che lo alimentavano un regime di torrenzialità molto accentuato. I fossi minori presentano una portata più irregolare e sono comunque numerosi nell'area della foresta sia per le elevate precipitazioni che per il litotipo caratterizzato da rocce facilmente penetrabili per fessurazione con alternanza di permeabilità: numerose sono infatti le sorgenti. Emergenze storico - ambientali Tra le emergenze più significative, oltre a quelle floristiche e faunistiche, all interno della Riserva Naturale Biogenetica Acquerino è presente un sito altomedievale ubicato all interno della particella forestale 43 (foglio catastale 77, particella 9) lungo la strada che costeggia il Limentra Orientale che anticamente era una importante via diretta all abbazia di S. Salvatore di Fontana Taona fondata intorno al mille. L esistenza di un abitato medievale, poco distante da Ponte dei Rigoli, peraltro già studiato e documentato storicamente, ha trovato conferma grazie ad un progetto di valorizzazione in cui le esigenze di approfondimento scientifico si sono coniugate con quelle della tutela e della fruibilità da parte del pubblico. Tale progetto è stato realizzato, tra il 2002 e il 2004, dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, dalla Provincia di Pistoia e dal Corpo Forestale dello Stato, con il finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e il sostegno della Società Pistoiese di Storia Patria. La ricerca, che non può considerarsi conclusa ma potrebbe essere ampliata ed approfondita nei prossimi anni, ha interessato un area di circa 1600 mq. La ripulitura delle strutture emergenti ha consentito di mettere in luce un ampio complesso murario organizzato su pianta grosso modo rettangolare e posizionato su uno sperone roccioso dominante la sponda sinistra del Limentra Orientale.

4 L orografia del luogo è stata però fortemente modificata nel secondo dopoguerra in seguito alla costruzione della strada che oggi rasenta a nord l area archeologica: probabilmente esisteva una piccola depressione anche sul fianco settentrionale dell insediamento laddove attualmente, presso l angolo nord orientale del complesso archeologico, scorre un ruscello. Pur essendo ancora sepolta la gran parte del contesto archeologico per consentire una migliore conservazione delle strutture e in attesa di nuovi fondi per proseguire le ricerche, sono state portate alla vista alcune unità stratigrafiche murarie che disegnano uno schema di strutture perpendicolari fra loro e perimetrali ad alcuni vani di dimensioni variabili. Le strutture murarie sono tutte a secco, realizzate cioè senza l utilizzo di legante (malta, calce) e costruite con la stessa tecnica edilizia del muro a sacco. L operazione di ripulitura, finalizzata all individuazione delle creste murarie emergenti nonché delle superfici superiori dei crolli, ha di fatto consentito di rilevare la vastità dell impianto edilizio. Uno dei saggi esplorativi ha riportato alla luce una pavimentazione realizzata in grandi lastre quadrangolari di arenaria: i reperti ceramici rinvenuti sono riferibili a testi e a olle databili tra X e XI secolo. Non mancano tuttavia elementi ceramici precedenti al X secolo. Il complesso ha conservato ancora ben visibili i resti di una piccola chiesa monoabsidata (11,25 x 7,20 m), orientata Ovest-Nord Ovest/Est-Sud Est e legata a due lunghe murature ortogonali fra loro che sembrano recintare l intero impianto. La pavimentazione dell area absidale è realizzata in grandi lastre di arenaria, messe in opera a formare un cerchio la cui circonferenza coincide con il paramento interno dell abside. L emiciclo è limitato verso ovest da una struttura in bozze che realizza uno scalino divisorio tra l aula e l abside. Seppur piccolo, questo edificio di culto rappresenta una rarità nel panorama dell architettura religiosa medioevale italiana. Nel corso dei lavori sono stati rinvenuti anche due elementi architettonici in pietra arenaria:due monofore cioè strette finestre solitamente riferibili all ambito ecclesiastico medievale:le monofore, insieme alla pavimentazione dell abside, documentano l alta qualità edilizia del complesso altomedievale dell Acquerino. L insediamento, prima delle ricerche archeologiche, veniva identificato con il villaggio di Glozano, prediale riferito al territorio della vicina Abbazia di S. Salvatore di Fontana Taona, citato in alcuni documenti del monastero databili al XII secolo. I dati archeologici emersi in seguito agli scavi consiglierebbero di interpretare il sito come un complesso monastico ben organizzato esistito

5 durante l Alto Medioevo e scomparso poco dopo la fondazione dell Abbazia di Fontana Taona (inizi del XI sec.) come attestano i reperti ceramici databili fra il IX e il XII secolo. L area interessata dal complesso, inaugurata come sito archeologico l 8 luglio 2005, è stata interamente recintata per custodire la sua integrità e sono stati posizionati dei pannelli illustrativi che rientrano nell Itinerario della pietra dell Ecomuseo della Montagna pistoiese. Un altra struttura da segnalare, sebbene di minore valore storico rispetto al sito archeologico, è la capanna dei Chiusoli: situata lungo il sentiero C.A.I. n. 11 (al confine tra le particelle forestali 2 e 6). Si tratta di un piccolo ma caratteristico ricovero per pastori, costruito sfruttando uno sperone di roccia sporgente sul quale sono state sistemate travi coperte con lastre di arenaria. Tra i manufatti presenti all Acquerino che testimoniano la storia più recente ci sono quelli costituenti il sistema di produzione di energia elettrica che è stato attivo fino al Fino agli anni 50 la caserma forestale di Acquerino era sprovvista di energia elettrica e l illuminazione veniva realizzata con candele o con carburo di acetilene. Per sopperire a tale mancanza fu pertanto montato un alternatore mosso da turbina idraulica. Le acque di alcuni fossi e sorgenti presenti nei dintorni del fabbricato principale venivano convogliate con un ingegnoso sistema di tubazioni ed accumulate in un laghetto artificiale in località Burraia.

6 Le condotte afferivano anche ad un altro piccolo bacino situato ai margini del prato di Pian della Cecca e di cui ormai si è perso le tracce. A sera veniva azionata la turbina ubicata in una piccola struttura in muratura posta sul torrente Limentra, circa 200 m a valle di Ponte dei Rigoli. Dopo l allacciamento con la linea elettrica avvenuto appunto nel 1966 l impianto è stato abbandonato e purtroppo ha subìto danni irreparabili.: resta, a testimonianza, soltanto l invaso di raccolta delle acque. 2.1 Evoluzione storica-economica Tutta la zona interessata dalla Riserva e le aree limitrofe erano popolate già nel primo medioevo: ne sono testimoni antichi insediamenti e numerosi ruderi e nuclei di case tuttora esistenti oltre a segnalazioni relative a diversi poderi coltivati. Lo stesso paese di Spedaletto Pistoiese, in antichità chiamato Pratum Episcopi, proprietà feudale del Vescovo di Pistoia fin dal 1086, prende il nome dall antico Ospedale di San Bartolomeo delle Alpi ivi localizzato e retto da monaci agostiniani. Da tale insediamento, situato lungo la Via Francesca (l attuale S.S. 64 Porrettana), si dipartiva un itinerario che raggiungeva due importantissime abbazie del tempo: Badia a Taona e San Salvatore in Agna, costituendo di fatto una scorciatoia fra il territorio bolognese e quello fiorentino. Altro punto di sosta su questo percorso era l Hospitium De Cavinis, situato presso l attuale Cascina di Spedaletto, che serviva da asilo e protezione, anche armata, per i viandanti, per difenderli dai predoni che si aggiravano numerosi in quelle zone di valico.

7 Risale al 1932 la composizione del primo nucleo della foresta attualmente costituente la Riserva Biogenetica di Acquerino, allorché l Azienda di Stato delle Foreste acquistò dalla famiglia D Ancona una grossa proprietà composta da vari comprensori (per un totale di 915 ettari). Si trattava dei comprensori di: Montelungo La Faggiola Monte La Croce Acquerino Le Valli Alberaccio Martellano Sassi Bianchi Acquifreddula Questi terreni appartenevano in precedenza alla aristocratica famiglia fiorentina Pazzi e costituivano parte di una vastissima tenuta che agli inizi del 900 fu divisa fra diversi proprietari ed in seguito fu oggetto di intense utilizzazioni. Nel 1924 il D Ancona acquistò molti di questi terreni riunendo così diversi fondi nei due comprensori di Montelungo e Acquerino. È interessante notare che alcuni fondi, compresi fra il Fosso Martellano e la Limentra di Sambuca, furono poi acquistati dall Azienda limitatamente al suolo e soprassuolo, in quanto il sottosuolo, già apparteneva alla Società delle Mineraria Toscana per lo sfruttamento delle miniere di ematite, manganese e pirite precedentemente scoperte in quella zona. A questo primo nucleo di Foresta Demaniale si sono aggiunti col tempo vari altri terreni, in genere di modesta estensione, se si eccettua un comprensorio di 400 ettari circa, acquistato nel 1949, e comprendente la zona a destra della Limentra orientale (Uccelliera, Cascina di Spedaletto, Culipiano, Bucciana, Vallone, Le Cave) già appartenente alla Fattoria di Luogomano, dei Conti Guicciardini.

8 Le condizioni di questi terreni al momento della vendita all Azienda erano buone per quanto riguardava la fertilità dei seminativi e dei pascoli mentre i boschi, nonostante fossero già iniziati i lavori di miglioramento, apparivano notevolmente degradati. Proprio la necessità di limitare il dissesto idrogeologico che ne conseguiva fu la principale ragione sia dell acquisto del nucleo originario della foresta sia degli interventi di ricostituzione boschiva che prevedevano, fra l altro, l allontanamento delle capre dall intera zona. Proprio in quell anno iniziò da parte delle ferrovie dello Stato, la costruzione della diga di Suviana il cui invaso presentò fin dal principio gravi problemi di interramento a causa dell erosione dei versanti del bacino. L acquisizione di tali proprietà ebbe anche lo scopo di costituire un esempio di razionale selvicoltura affinché le attività connesse alla forte pressione demografica (intenso sfruttamento di tutte le risorse dei boschi, dei pascoli, e dei seminativi) non finissero per provocare il lento ma inesorabile sorrenamento del nuovo lago artificiale.

9 L azione dello Stato non si limitò all acquisto di questi comprensori, ma le acquisizioni proseguirono fino agli anni 70. Contemporaneamente furono realizzate una serie di opere di sistemazione idraulico forestale che interessarono tutti i bacini posti a valle del Lago di Suviana e ricadenti nelle province di Pistoia, Bologna e Firenze. L area delle due Limentre all atto dei primi acquisti demaniali era, come detto, divisa in varie proprietà di piccole e medie dimensioni. Si trattava di terreni destinati a seminativo, pascolo e boschi cedui di faggio più o meno degradati. L attività umana sul territorio in quell epoca era particolarmente intensa, anche in considerazione dell esplosione demografica che si ebbe nel Comune di Sambuca nel secolo scorso. Il numero degli abitanti raddoppiò dal 1810 al 1837, prima del periodo dello sviluppo industriale, passando da 2534 a (BANDETTINI, 1961). La popolazione era dedita alla pastorizia e ad una agricoltura molto povera, al punto che le coltivazioni, oltre che in prossimità delle abitazioni, venivano spinte anche nelle radure dei cedui; talora si assisteva anche al dissodamento di tratti di bosco, onde ricavare altre superfici da destinare al pascolo o al seminativo.

10 Il pascolo, prevalentemente di ovini e caprini, veniva esercitato anche all interno delle aree boscate e nei castagneti da frutto, e si spingeva fino alle aree che occupavano le pendici più ripide e meridionali. Le uniche zone che hanno mantenuto nel tempo la loro vocazione boschiva e sono state meno soggette a trasformazioni erano quelle più distanti dagli abitati, meno accessibili all uomo ed agli animali domestici. Il pascolo veniva esercitato nella zona appenninica durante l estate mentre in inverno i greggi transumavano in Maremma. La maggior parte dei boschi presenti erano costituiti da cedui di faggio. Questi venivano trattati a sterzo, di solito con turno di anni e periodo di curazione di 6-9. La maggior parte dei prodotti ottenuti veniva utilizzata per la produzione di carbone cannello che, essendo di ottima qualità, era molto richiesto sui mercati della pianura toscana ed emiliana. Lo sterzo è una forma di trattamento caratteristica dell Appennino toscano: questa permetteva, ad intervalli molto brevi, la produzione di assortimenti di piccole dimensioni, adatti soprattutto alla preparazione del carbone cannello, ad intervalli piuttosto brevi. il ceduo viene percorso ogni 6-8 anni tagliando tutti i polloni più vecchi (di anni) e diradando i polloni di età intermedia (di anni) e quelli più giovani. La mancanza di matricine, ed il fatto che i polloni raggiungevano tutti modeste dimensioni dovendo crescere nei primi anni sotto l aduggiamento di quelli più adulti, rendeva minime le possibilità di rinnovazione delle ceppaie per seme. Per questi motivi il taglio veniva effettuato: con particolari accorgimenti per mantenere le ceppaie in vita più a lungo possibile (lasciando sempre almeno un pollone su ciascuna di esse)

11 favorendo la propagazione vegetativa (propagginatura) incoraggiando l emissione di polloni radicali con il taglio profondo dei polloni maturi (anche scalzandoli con una zappa e estirpandoli con parte delle radici attaccate al piede dopo averlo inciso profondamente con la scure). Complessivamente la situazione originaria dei soprassuoli al momento dell acquisizione da parte dello Stato doveva essere più o meno questa: 1. vicino alle abitazioni, dove la morfologia del terreno era meno accidentata, e in prossimità delle vie di facile accesso (cioè nei fondovalle, sui crinali meno accentuati, nelle pendici moderate, come per esempio, sul crinale di Monte Cornato) si trovavano campi coltivati, prati, boschi cedui a terreno fertile e profondo con ampie radure dovute alle colture agrarie interposte. 2. non lontano dalle zone abitate ma nelle pendici più scoscese (es. riva destra del Fosso delle Valli, versante settentrionale di Monte Cornato e di Monte La Faggiola) si trovavano boschi cedui a sterzo di faggio resi radi dal pascolo troppo intenso, dai tagli troppo frequenti o male eseguiti. L erosione aveva reso superficiali e rocciosi questi terreni. 3. infine; nelle contrade più lontane e meno accessibili restavano, come restano tuttora, i cedui migliori e più rigogliosi, protetti dalla loro stessa posizione geografica dal pascolo troppo intenso e dai tagli troppo frequenti (es. pendice settentrionale di Monte Poggio La Croce, versante settentrionale di Montelungo, riva sinistra del Fosso di Lavacchio). La situazione economica e sociale cominciò ad evolversi verso l inizio di questo secolo quando l incipiente industrializzazione del Paese cominciò a fare allentare la pressione demografica sulla montagna. Nel frattempo, sia a causa dell intensificarsi delle attività degli organismi forestali, sia a causa dell esigenza di regimare i bacini dei Torrenti Limentra che dovevano alimentare alcuni impianti idroelettrici, sia infine, per il diffondersi dell interesse per le attività forestali presso i proprietari terrieri, si cominciarono le prime opere di rimboschimento e di miglioramento forestale. Risale al 1928 l introduzione della Pseudotsuga menziesii var. viridis in alcune particelle presso la Casa Forestale dell Acquerino. La proprietà D Ancona iniziò anche un opera di ricomposizione fondiaria, restaurò i fabbricati e eseguì dei lavori di miglioramento in prati e pascoli che però, dopo l acquisto della tenuta da parte dello Stato, furono rimboschiti con conifere (PANATTONI, 1929; D ANCONA, 1928). La maggior parte delle opere di miglioramento fu compiuta dall Ispettorato ripartimentale forestale di Pistoia fra il 1932 ed il 1942 e quindi furono riprese intensamente nel dopoguerra prima dall Ispettorato, poi dall Amministrazione delle Foreste Demaniali Statali Pistoiesi a cui nel frattempo la Foresta era stata affidata. Gli indirizzi seguiti dagli enti citati possono essere così riassunti:

12 1. rimboschimento con conifere (abete e douglasia) dei prati e dei coltivi abbandonati. 2. rinfoltimento dei cedui radi con conifere e con faggio (quest ultimo per impianto e per propaggine). 3. rimboschimento delle pendici degradate con faggio, pino e specie pioniere (robinia, sorbo, ontano, carpino, ecc.). 4. avviamento dei cedui a sterzo di faggio all alto fusto, puro o misto di conifere. 5. miglioramento dei cedui degradati mediante abbassamento delle ceppaie e propagginatura (queste opere furono eseguite in seguito alla compilazione di un accurato piano di assestamento dei cedui, a cura dell Ispettore dott. MANNOZZI TORINI nell anno 1949). 6. miglioramento dei prati e dei coltivi dei tre poderi rimasti a coltura agraria (Acquerino, Cascina e Monachino) concessi in affitto a basso canone. 7. miglioramento delle rete stradale Nel decennio si è registrata un ulteriore evoluzione della situazione locale. Lo spopolamento è stato particolarmente accentuato a causa della mancanza di attività redditizie locali (come quelle connesse col turismo e la villeggiatura), del disagio dovuto alla lontananza dai centri abitati più importanti e della mancanza di elementari comodità (quali, per esempio la luce elettrica), ed infine, per il richiamo crescente esercitato dalle industrie di Prato e Pistoia. La sopravvenuta scarsità e l eccessivo costo per la manodopera è divenuta da allora il principale freno all esecuzione dei lavori di miglioramento forestale. Si potrebbe ricordare, ad esempio, che il grado di ruralità della popolazione del limitrofo Comune di Cantagallo si è ridotto dal 1951 al 1961, da 30,3 a 21,4 (BARUCCI, 1964). Ovviamente tale situazione ha influito fortemente anche sull economia forestale della zona: la crisi dei prodotti del ceduo è stata qui ancora più accentuata che altrove. Infatti la produzione del carbone di legna (a cui il ceduo a sterzo specialmente si presta e che costituiva la principale attività forestale) è progressivamente cessata. La legna da ardere che derivava dal ceduo a sterzo, tutta composta da pezzi di piccole dimensioni, è diventata col tempo poco pregiata e segnata da un costante abbassamento del prezzo di mercato. In quel periodo la posizione economica delle giovani fustaie create in seguito a rimboschimenti era senz altro di maggior valore Lo spopolamento della zona proseguì in tali anni a ritmo costante fino a far avere nelle frazioni di Monachino, Acqua, Lentula, Torri, Fossato e Treppio una popolazione costituita essenzialmente da pochi anziani. Ciò permise all Amministrazione forestale di realizzare acquisizioni di terreni a macchia d olio e attendere quindi ad una intensa opera ricomposizione fondiaria culminata nel 1975, anno in cui la foresta di Acquerino ha raggiunto la superficie massima di ha.

13 Negli anni successivi, a seguito della legge sul decentramento regionale, una ingente porzione di foresta, complessivamente ettari, è stata trasferita dallo Stato alla Regione Toscana. Allo Stato in base all art. 83 del D.P.R. 616/77 rimase una superficie di 242,54 ha in Comune di Sambuca Pistoiese che con D.M. in data 13/07/1977 era stata classificata R.N.B. per la produzione di seme di Pseudotsuga menziesii. L attività selvicolturale dell Amministrazione è stata intensa fino agli anni 90: nel decennio 1970/1980 fu caratterizzata dalla realizzazione di molti tagli anticipati su giovani boschi di conifere (abeti bianco soprattutto) e, nel periodo che va dal 1980 ad oggi, dalla prevalenza di tagli fitosanitari - in concomitanza con estesi danni da ungulati - e tagli di avviamento per i cedui puri o a prevalenza di faggio. Contemporaneamente è stato realizzato il miglioramento della viabilità interna della foresta e la ristrutturazione di tutte le abitazioni per il personale forestale ed i magazzini connessi. Il fabbricato del podere di Acquerino, dopo l abbandono da parte della famiglia di agricoltori che lo abitava da decenni, dopo il recupero fu dato in concessione al C.A.I. col preciso scopo di dare al personale forestale e agli operai la possibilità di disporre di una mensa simile a quelle aziendali. Su precisa richiesta della Regione Toscana, questo fabbricato e le immediate adiacenze furono poi trasferite a questo Ente. Lo svolgimento di tali attività forestali ha avuto l effetto di ritardare per diversi anni il totale abbandono di questa area montana, ma nell ultimo decennio la difficoltà di reperimento di manodopera in loco, la mancanza di qualsivoglia servizio in zona, la scarsità di personale CFS in servizio, hanno condotto anche alla chiusura del Posto Fisso CFS di Acquerino avvenuta nell anno Oggi la programmazione e la realizzazione degli interventi all interno della R.N.B. di Acquerino sono direttamente seguiti dall U.T.B. di Pistoia con l ausilio di operai a tempo determinato.

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