PRRS fatti vs speculazioni Parma, ottobre 2005 PREFAZIONE

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1 PREFAZIONE La realizzazione di questo simposio nasce dalla consapevolezza condivisa sia da coloro che si occupano di ricerca che dai medici veterinari chiamati a trasferire le evidenze sperimentali all ambito pratico applicativo che le problematiche connesse all infezione da virus della Porcine Reproductive and Respiratory Syndrome continuano a stimolare domande spesso senza risposte definitive e, quando disponibili, esse appaiono complesse e di difficile applicazione nelle condizioni di campo, soprattutto con riscontri costantemente positivi. La carenza di conoscenze complete circa alcuni aspetti fondamentali della patogenesi e dell interazione tra ospite e virus, dell epidemiologia e delle modalità di trasmissione nonché sulle correlazioni che intercorrono tra caratteristiche dell allevamento ed espressione clinica della sindrome fa sì che il controllo, la prevenzione della PRRS e l eliminazione del virus siano ancora oggetto di discussione e di interesse da parte dei medici veterinari che operano nel campo della pratica clinica oltre che dei ricercatori. Per quanto precede, è apparso opportuno, nel contesto delle attività di formazione permanente che competono all Università, organizzare questo Simposio finalizzato a tracciare una linea di demarcazione tra i fatti, le conoscenze consolidate, scientificamente validate e le speculazioni, delineando lo stato dell arte della sindrome. A nome dei Colleghi del Dipartimento di Salute Animale e dell intera Università di Parma porgo un sentito ringraziamento a tutti i partecipanti ed a coloro che, anche attraverso la lettura dei contenuti del presente volume di atti, potranno apprezzare la valenza di questo evento, auspicando che si possano realizzare quelle finalità maieutiche proprie del confronto scientifico, imprescindibile atto propedeutico al trasferimento delle conoscenze nell ambito pratico-applicativo. Un sentito ringraziamento al Magnifico Rettore dell Università degli Studi di Parma, Prof. Gino Ferretti, al Preside della Facoltà di Medicina Veterinaria ed ai Colleghi del Dipartimento di Salute Animale che hanno collaborato alla realizzazione di questo Simposio. I ringraziamenti vengono estesi alla Fondazione Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza che ha supportato questa iniziativa ritenendola momento non solo di aggiornamento scientifico qualificato ma anche di sostegno delle realtà produttive territoriali ed alle Industrie Salute Animale che con il loro contributo hanno concretato l apprezzamento per l aggiornamento scientifico proposto. Ai relatori giunga il grazie più sentito per aver accettato di partecipare raccogliendo la sfida di confrontarsi con un uditorio interessato e competente su un argomento di difficile trattazione. Lo spessore culturale dei relatori, la loro competenza scientifica e l esperienza maturata in decenni di attività di ricerca finalizzata alla individuazione di soluzioni a problemi concreti, si propone come elemento determinante il successo del simposio. Credo di esprimere i sentimenti di tutti i partecipanti nel rivolgere loro un apprezzamento particolare. Si ringrazia l American Association of Swine Veterinarians per aver concesso la traduzione in italiano e la trascrizione del testo inglese di lavori pubblicati sul Journal of Swine Health and Production ( Con l auspicio che questo simposio contribuisca a migliorare le conoscenze da trasferire nell ambito pratico, giunga a tutti l augurio di un proficuo lavoro. Parma, 27 ottobre 2005 Paolo Martelli 3

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3 EDITORIAL PREFACE Since the initial recognition of PRRS in the United States in the late 1980 s the disease has emerged worldwide to become one of the most economically important problems faced by the swine industry. Moreover, despite well over a decade of intensive research on PRRS and its causative agent, namely, PRRS virus, both are still an enigma in many respects. In particular the host/virus interaction is complex and as yet poorly understood. As a consequence, the development of strategies for the prevention and control of the disease has been a continuous and often frustrating challenge for both swine producers and veterinarians. Because a thorough understanding of the immunology and epidemiology of PRRS is essential if we are to better control the disease and perhaps eventually eradicate it from the world s swine population the Symposium focuses primarily on these two topics. In regard to immunology, lectures and discussions range from the fundamental aspects of the pig s immune response to foreign proteins, such as the viral antigens, to the perceived efficacy (both in the field and under controlled experimental conditions) of our current PRRS vaccines. In addition, the likelihood of future development of even more efficacious vaccines and vaccination strategies will be addressed. In regard to epidemiology, the information now available as to how PRRS virus spreads from pig to pig and from farm to farm will be reviewed and discussed with emphasis on what is known and what is, at the present time, simply speculation. Our goal in organizing and sponsoring this Symposium is to provide the attendants and the readers of these proceedings with the opportunity to obtain a better insight as to some of what has been learned thus far about PRRS and PRRS virus. As a result we expect that you will be able to more effectively bridge the sometimes intellectual gap between fundamental and applied experimental studies and their potential impact on PRRS control in the field both today and in the future. Special thanks are due to the the Invited Speakers for their contributions, to the Rector of the University of Parma, to the Dean of the Faculty of Veterinary Medicine, to the Foundation Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza for the finantial support, to Industrial Partners sponsoring the symposium, and to the Colleagues of the Department of Animal Health of the University of Parma for the cooperation. Thanks are needed to the American Association of Swine Veterinarians for the permission to copy and translate articles printed in the Journal of Swine Health and Production ( Parma, October 27th, 2005 Paolo Martelli 5

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5 INDICE CONTENTS IMMUNITA CELLULO-MEDIATA E INFEZIONE VIRALE NEL SUINO Paolo Borghetti CELL - MEDIATED IMMUNITY AND VIRAL INFECTION IN PIG Paolo Borghetti 9 29 EPIDEMIOLOGIA DELLA PRRS: fatti contro speculazioni William L. Mengeling EPIDEMIOLOGY OF PRRS: fact vs speculation William L. Mengeling INTERAZIONE TRA PRRSV E SISTEMA IMMUNITARIO DEL SUINO Michael Murtaugh PRRSV/HOST INTERACTION Michael Murtaugh IL SEQUENZIAMENTO ORF E LE IMPLICAZIONI PER L IMMUNITA ETEROLOGA Michael Murtaugh ORF SEQUENCING AND APPLICATIONS FOR HETEROLOGOUS IMMUNITY Michael Murtaugh IMMUNITA E DIAGNOSI DI PRRS NELLE INFEZIONI OMOLOGHE ED ETEROLOGHE Michael Murtaugh IMMUNITY AND DIAGNOSIS OF PRRS IN HOMOLOGOUS AND HETEROLOGOUS INFECTION Michael Murtaugh VACCINOLOGIA E PRRS: PASSATO, PRESENTE E FUTURO William L. Mengeling PRRS VACCINOLOGY: PAST, PRESENT AND FUTURE William L. Mengeling

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7 IMMUNITA CELLULO-MEDIATA E INFEZIONE VIRALE NEL SUINO Paolo Borghetti Dipartimento di Salute Animale Università degli Studi di Parma - Italia 1. Introduzione Nella presente relazione, saranno analizzate le interazioni cellulari ed i meccanismi di attivazione che caratterizzano la risposta immunitaria innata e specifica in corso di infezione virale, con particolare riferimento all immunità cellulo-mediata la cui efficienza funzionale svolge un ruolo fondamentale nella protezione e nella clearance verso i virus. Saranno prese in rassegna le diverse fasi che compongono strutturalmente e funzionalmente tale risposta, dal riconoscimento antigenico naturale e specifico alla connessione tra immunità innata e acquisita, a ai fini di un efficiente e finalizzato reclutamento ed attivazione dei linfociti specifici. Particolare attenzione sarà posta sulla cooperazione tra le cellule della risposta infiammatoria/innata (macrofagi, cellule dendritiche e cellule NK), sulle funzioni delle cellule regolatrici (Linfociti Thelper, Linfociti Th doppi positivi) ed effettrici (Linfociti T citotossici), sull influenza dell equilibrio linfociti Th1/linfociti Th2 in termini di finalizzazione ed efficienza della risposta immunitaria cellulo-mediata anti-virale, e sul ruolo delle principali citochine coinvolte nell innesco, sostegno, attivazione e controllo della risposta immunitaria cellulo-mediata (IL1, TNF- IFNα/β, IFNγ, IL-12, IL-10 e IL-4). Saranno inoltre descritte le principali caratteristiche e peculiarità fenotipiche e funzionali delle cellule del sistema immunitario del suino. Alcune nozioni recenti riguardanti soprattutto i recettori dell immunità innata e la comunicazione tra cellule dendritiche e cellule NK sono estrapolate da studi condotti nel topo e nell uomo ma potranno avere importanti sviluppi interpretativi anche nella specie suina. 2. L immunità contro i virus: una visione integrata. Il sistema immunitario è continuamente impegnato nel limitare e contenere l attacco di agenti patogeni infettivi che è in grado di distruggere ed eliminare dai tessuti conferendo completa protezione all organismo animale. Classicamente, l immunità èsuddivisa in immunità innata o naturale (immunità non adattativa) ed in immunità acquisita o specifica (immunità adattativa di tipo cellulo-mediato e anticorpale), ma i due tipi di risposta sono ormai ritenute in stretta relazione tra loro grazie alla cooperazione tra i loro componenti cellulari (Fig.1). La risposta immunitaria va quindi vista come una complessa rete di interazioni fisiche e di segnali umorali che interconnettono le cellule infiammatorie, immunitarie innate e specifiche, ne determinano l attivazione, la proliferazione ed il differenziamento al fine ultimo di attuare un efficace difesa contro gli agenti patogeni. Alcune condizioni appaiono fondamentali per un idoneo svolgimento e successo dell immunità verso i virus e in generale verso i patogeni: 1. perché si attivi la risposta acquisita adattativa è necessaria un efficiente immunità innata e infiammatoria con precoce attivazione cellulare e produzione di citochine ( danger signals ); questo permette il reclutamento e l attivazione dei leucociti periferici e delle cellule dell immunità innata nelle sedi di infezione; 2. un ruolo fondamentale nella connessione tra immunità innata e acquisita è svolto dal riconoscimento del patogeno mediato dai recettori naturali TLR, dalla produzione di citochine infiammatorie, dal reclutamento leucocitario mediato da chemochine e dalla reciproca attivazione delle cellule NK e DC; 3. le citochine (TNF-α, IFN α/β, IL-12, IL-15, IL- 18) prodotte dalle cellule infettate e dalle cellule dell immunità innata (macrofagi, NK e linfociti T γ/δ) nelle prime fasi dell infezione influenzano la maturazione delle cellule dendritiche (DCs) e delle cellule Natural Killer (NK) modulando quindi anche il differenziamento funzionale delle cellule regolatrici (linfociti Thelper) e l indirizzo della risposta immunitaria acquisita; 4. una risposta acquisita adattativa ha inizio quando le cellule T e B circolanti incontrano il loro antigene specifico negli organi linfoidi secondari dove è trasportato come tale o da cellule dendritiche mature; l attivazione endoteliale e la comparsa di molecole di adesione nelle venule ad endotelio dei linfonodi indotte dalle citochine infiammatorie facilitano il reclutamento nei tessuti linfoidi secondari dei linfociti naive e delle cellule dendritiche determinato dalla produzione di chemochine; 5. sottotipi diversi di linfociti Thelper CD4+ (Th1,Th2, Th3, Tr) possono regolare la proliferazione e le funzioni effettrici di altre cellule T attraverso la secrezione di citochine antagoniste; il tipo di cellula dendritica, la 9

8 natura e quantità di antigene hanno un ruolo importante nel differenziamento dei CD4; Ca ratte ristiche VIRUS 6. le cellule T effettrici attivate vengono guidate nel sito di infezione da chemochine e da molecole di adesione; Componenti Si instaura rapidamente (minuti-ore) Risposta costante non modulabile Recettori naturali: - limitata specificità - numero limitato - più tipi su più cellule Invariabile Non ha memoria IM M UNIT A IN N AT A Cellule: Granulociti Neutrofili, Monociti/macrofagi, Cellule Natural Killer (NKs) Cellule Dendritiche (DCs) Mastociti (MCs) Componenti umorali - Complemento (via alternativa) - Proteina C Reattiva (CRP), - Proteina legante il Mannosio (MBP) - Defensine - C itochine: Interferoni α e β, IL-1, TNF-α, IL-6, IL-12, IL-8 IL-18, IL-15 1) Attivazione e maturazione de lle Ce llule D e ndritic he (D Cs) Connessione 2) Cooperazione NK - DCs (TLR mediata ) 3) Citochine regolatrici 4) R ecluta mento linfocita rio (molecole di adesione e chemochine) Lenta (da giorni a setttimane) Recettori di riconoscimento - elevata specificità e affinità - elevatissimo numero (vastissimo repertorio linfocitario e anticorpale) - distribuzione clonale (un linfocita-un recettore con una specificità) Variabile Si modula e si perfeziona durante la risposta Dotata di memoria immunologica IMMUNITA SPECIFICA IMMUNITA UMORALE Linfociti B e Plasmacellule (PRODUZIONE di ANTICORPI) - Neutralizzazione - Opsonizzazione - ADCC IM M UNITA CELLULO- MEDIATA -Linfociti Th (produzione di citochine regolatrici ed attivatrici delle NK e dei macrofagi, - Linfociti T citotossici (CITOTOSSICITA E FAGOCITOSI) Fig.1. Risposte immunitarie innate ed adattative contro i virus: caratteristiche strutturali e funzionali. 7. le risposte anticorpali avvengono e si affinano quantitativamente e qualitativamente nei tessuti linfoidi sotto il controllo dei linfociti T helper attivati; le risposte immunitarie umorali agli antigeni proteici possono avvenire solo dopo che si sia generata una risposta T helper specifica; 8. la guarigione da una infezione si accompagna alla morte della maggior parte delle cellule effettrici ed alla comparsa e sopravvivenza a lungo termine di linfociti B e T memoria; 10

9 9. sia l espansione sia il differenziamento clonale contribuiscono allo stabilirsi di una memoria immunitaria nelle cellule B; immunizzazioni ripetute portano ad una maggiore affinità degli anticorpi; 10. le cellule T memoria sono presenti in quantità maggiore ed hanno meccanismi di attivazione e proteine di superficie diverse dalle cellule T effettrici; 11. nei soggetti immunizzati la risposta secondaria e quelle successive sono mediate solamente dai linfociti T memoria e non dai linfociti T naive. 3. Caratterizzazione fenotipica delle cellule del sistema immunitario nel suino. La disponibilità di anticorpi monoclonali per molecole, recettori di membrana e citochine e di sonde molecolari specifiche per la specie suina, ha consentito di applicare diverse tecniche (Citometria a flusso, ELISA, ELISpot, Real Time PCR, immunoistochimica) per lo studio qualitativo e quantitativo delle caratteristiche fenotipiche delle cellule infiammatorie e immunitarie e per l analisi della loro attivazione. L analisi delle modificazioni delle popolazioni linfocitarie nel sangue o a livello tissutale in associazione all analisi qualitativa e/o quantitativa delle citochine regolatrici ed effettrici, rappresentano a tutt oggi, insieme alla determinazione dei livelli anticorpali, le metodiche fondamentali per la valutazione funzionale della risposta immunitaria innata e acquisita dopo esposizione a patogeni o antigeni vaccinali. Nel suino, come nelle altre specie, le popolazioni di linfociti T con diversa funzionalità (cellule regolatrici, cellule effettrici e cellule memoria), si distinguono in base all espressione o meno di alcuni marcatori di superficie indicati con la sigla CD ( cluster di differenziazione ). Accanto ai fenotipi classici dell immunità specifica cioè i Linfociti B (CD21+) e Linfociti Thelper (CD4 + )elinfociti T citotossici (CD8 + )atcr α/β, il suino presenta alcune peculiarità qualitative e quantitative rispetto ad altri mammiferi, compreso l uomo. Come nei ruminanti, linfociti T a TCR γ/δ sono presenti in elevate percentuali nel sangue (fino al 30-40%) ma si possono riscontrare anche a livello della cute, degli epiteli intestinali, dell esofago, della trachea, della vescica e della ghiandola mammaria; soprattutto nei suinetti gran parte dei linfociti intraepiteliali (IELs) presenti a livello intestinale e dei linfociti T cutanei sono linfociti T γ/δ (90% di cui 77% sono CD8+). Nel suino in base all espressione del CD8 (CD4 - CD8 + ), e secondo l espressione del CD6, si possono identificare due diverse frazioni: 1. la frazione con fenotipo CD3-CD2+CD5 - CD6 - CD4 - CD8 + contiene cellule con bassa espressione dell antigene CD8 (CD8 low )con attività citolitica non MHC ristretta che si caratterizzano per cellule natural killer (NK) esprimenti i marcatori CD56 e CD16; 2. la frazione definita dal fenotipo CD3+CD2+CD5+CD6-CD4 - CD8 +, con elevata espressione dell antigene CD8 (CD8 high ), rappresenta la popolazione dei linfociti T citotossici (CTL) ad attività citolitica MHC ristretta. Nel sangue periferico di suino si osserva inoltre l esistenza di una sottopopolazione di linfociti T CD4 + CD8 + (doppia positiva) non rilevabile in nessun altra specie, la cui percentuale incrementa con l età e l esperienza antigenica; da percentuali molto basse (inferiore al 2%) in suinetti di pochi giorni di vita, queste cellule aumentano gradatamente fino al compimento dell'anno di età (circa il 15%) per poi arrivare a circa il 60% nell'età adulta. Il ruolo di questi linfociti è legato a quella di linfociti memoria e comunque, in senso più generale, all attivazione immunitaria secondaria Sono cellule mature poiché mancano del CD1, hanno bassa espressione dell'antigene CD8 (CD4 + CD8 low ) e sono localizzati in gran numero nelle tonsille (50%) e nei linfonodi /30%). A differenza dell uomo e di altre specie animali, nella specie suina vi è un inversione del rapporto CD4/CD8 delle sottopopolazioni linfocitarie T; il suino presenta normalmente un rapporto CD4/CD8 pari a 0,6-0,7 di molto inferiore a quello descritto nella specie umana (1,5-2). 11

10 Tab.1. Markers fenotipici dei leucociti suini nel sangue periferico. Linfociti Fenotipo Funzioni Percentuale T helper CD3 + CD4 + CD8 - CD2 + CD5 + CD6 + CD1 - Produzione di citochine regolatrici ed effettrici - Help ai linfociti B Suinetto Suino adulto Linfociti T Citotossici CD3 + CD4 - CD8 +high CD2 + Citotossicità MHC ristretta CD5 + CD6 + CD1 - Linfociti Thelper doppi positivi CD3 + CD4 + CD8 +low CD2 + CD5 + CD6 + CD1 Regolazione della riposte secondaria Linfociti Th memoria Natural killer CD3 - CD4 - CD8 +low CD6 - CD2 + CD56 + CD16 + Linfociti T γ/δ Linfociti B Cellule Dendritiche (mdc) Cellule Dendritiche (NIPC) Monociti/ macrofagi - Citotossicità naturale - Produzione di IFN-γ - Cooperazione con le DCs ed i macrofagi - Citotossicità - Attività regolatrice? - Produzione di IFN-γ TCRγδ γδcd3 - CD4 - CD8 +low CD TCRγδ γδcd3 + CD4 - CD8 - CD2 - -TCRγδ γδcd3 - CD4 - CD8-CD2 + CD2 - CD3 - CD4 - CD8- Immunità umorale CD21 + MHC + CD14 -, CD80/CD86, MHCII, APC professioniste (mdc) CD1 +, CD16 -/+ nd CD4+,MHCII low, CD80/86low, CD14 -CD16 low,cd1- CD14 + CD11b + MHCII +/- CD14 + CD11b + MHCII + CD16 + Cellule produttrici di interferoni di I tipo (NIPC) nd dopo stimolazione virale Scarsa attività APC (pdc) Infiammazione fagocitosi Presentazione antigenica La prima linea di difesa contro i virus: la risposta immunitaria innata Le vie più comuni di interazione tra virus e tessuti animali sono gli epiteli (soprattutto le mucose respiratorie, intestinali, uro-genitali) che rappresentano anche la prima barriera fisica e funzionale in grado di interferire con la penetrazione dei virus; inoltre, le cellule epiteliali sono in grado di produrre sostanze ad azione anti-virale e che stimolano le cellule della risposta infiammatoria e innata. Se i virus riescono a superare la barriera epiteliale ed ad infettare le cellule, si attivano i componenti dell immunità innata che rappresenta la prima linea di difesa attiva, strettamente connessa alla risposta infiammatoria ed indispensabile per un efficace difesa dell ospite. L immunità innata è fondamentale per la sopravvivenza ed infatti le sue alterazioni o deficienze possono essere critiche per l entità del danno tissutale e per lo sviluppo di infezioni secondarie soprattutto da batteri Riconoscimento naturale dei patogeni Le cellule dell immunità innata sono in grado di riconoscere i patogeni mediante recettori che fungono da sensori del pericolo e del danno tissutale ( danger signals ); ciò permette di attivare una risposta rapida e costante che appare in grado di controllare e contenere l infezione virale nei primi giorni successivi al contagio e, soprattutto, produce citochine che stimolano e regolano l avvio di un efficiente risposta immunitaria specifica. I sistemi di riconoscimento dell immunità innata si attuano mediante il legame di recettori di membrana, solubili o citoplasmatici PRRs ( Pattern Recognition Receptors ) in grado di legarsi a strutture complementari (PAMPs: pathogen- 12

11 associated molecular pattern ) presenti solo sul patogeno (lipopolisaccaridi, peptidoglicani, RNA, DNA ecc.) o mediante il mancato riconoscimento del self (attivazione delle cellule NK). La scoperta di recettori di superficie TLRs ( Tolllike Receptors ) sulle cellule della risposta innata e infiammatoria in grado di riconoscere un ampia gamma di molecole di origine batterica e virale, hanno confermato l importante ruolo dell immunità innata nel segnalamento del patogeno e nell attivazione della risposta infiammatoria con innesco e finalizzazione della risposta acquisita. Alcuni di questi TLRs risultano specifici per prodotti virali e possono essere attivati in corso di infezione virale (TLR3, TLR7, TLR8 e TLR9). RNA a doppia catena (dsrna) prodotto durante la replicazione virale lega il TLR3, il TLR9 riconosce elementi CpG del DNA virale mentre il TLR7 ed il TLR8 possono legare RNA a singola catena (ssrna). Tutti i TLRs specializzati nel riconoscimento virale sono localizzati nei compartimenti endocellulari e riconoscono gli acidi nucleici negli endosomi dove normalmente non accedono gli acidi nucleici dell ospite. L attivazione cellulare PAMP-TLR mediata dalla trasduzione del segnale mediante dominio citoplasmatico TIR (Toll/IL-1 receptor domain ) e dalla traslocazione nucleare del fattore trascrizionale NFkB, determina l induzione di molti geni necessari allo sviluppo dell infiammazione tra cui la produzione di citochine (IFN α/β, TNFα ecc.) e di chemochine per il richiamo e l attivazione delle cellule fagocitarie ed immunitarie. Pertanto, l azione concertata di diverse cellule che esprimono TLRs, epiteliali, endoteliali, NK e cellule dendritiche costituiscono la prima barriera fisica e funzionale che siopponeaivirusnellesedidi infezione Sistemi effettori della risposta innata (Fig. 2) Sono rappresentati da componenti umorali (difensine, proteine di fase acuta, interferoni di primo tipo, complemento) e da componenti cellulari (fagociti, cellule NK e linfociti T γ/δ), Le cellule epiteliali, i neutrofili e i macrofagi di fronte all attacco del patogeno producono difensine peptidi con capacità microbicida diretta ma anche in grado di promuovere la fagocitosi, l incremento della produzione di citochine proinfiammatorie ed il reclutamento delle cellule effettrici quali i linfociti T helper CD4+ e CD8+ (sia vergini che memoria), cellule dendritiche e monociti. Anche i surfactanti AeD, prodotti a livello respiratorio, sono in grado di aumentare l attività microbicida dei fagociti favorendo la fagocitosi. Durante le prime fasi dell infezione, diverse proteine aumentano drasticamente nel sangue e nei liquidi biologici in quanto prodotte dal fegato sotto lo stimolo di citochine proinfiammatorie (IL- 1, IL-6, IL-11): la Proteina C Reattiva (CRP) (si lega a fosfolipidi batterici e attiva la via classica del complemento) e la Proteina legante il Mannosio (MBP) si legano a glicoproteine virali, bloccano l interazione del virus con la superficie delle cellule o innescano l attivazione lectina dipendente del complemento. L attivazione del complemento (C) è un effettore fondamentale dell immunità innata; l attivazione alternativa del complemento si innesca per legame del C3 o delle proteine suddette alla superficie del virus, favorisce l opsonizzazione e la fagocitosi del virus o la formazione del complesso litico con virolisi. Più tardivamente saranno gli anticorpi ad interagire con l antigene ed ad attivare la via classica del complemento. Le cellule infettate dal virus o diversi tipi cellulari dopo stimolazione da TLRs producono IFN α e IFN β (Interferoni di I tipo). L efficiente produzione degli interferoni di I tipo risulta fondamentale per l ottimizzazione della risposta innata e per la connessione con l immunità adattativa in quanto. 1) hanno attività antivirale diretta (sintesi di P1 chinasi che impediscono la sintesi di proteine virali e di enzimi che polimerizzano in maniera anomala l ATP per cui l oligoadenilato prodotto stimola l attività di una endoribonucleasi che degrada l RNA virale); 2) attivano le cellule dell immunità innata (incremento della proliferazione e tossicità delle cellule NK verso le cellule infettate); 3) determinano la maturazione e la finalizzazione della risposta immunitaria cellulo-mediata antivirale (incremento di espressione di MHC di classe I e dell assemblaggio degli antigeni virali a tali molecole; differenziazione finalizzata delle DCs con produzione di IL-12; promozione della proliferazione di linfociti T memoria ed espansione, sopravvivenza e produzione di IFN-γ dei linfociti T CD8+). La produzione e l azione di IFN α/β e di citochine proinfiammatorie (TNF-α, IL-1, IL-8) rappresentano, insieme alla stimolazione TLR mediata, i segnali di pericolo che innescano la biunivoca attivazione delle cellule dell immunità innata, macrofagi infiammatori e cellule Natural Killer (Fig. 2). Le cellule Natural Killer (NK) presenti nel sangue e nei tessuti linfoidi (linfonodi, polmone, mucosa intestinale ed in particolare nella milza) sono richiamate nei tessuti sede di infezione, dove sono attivate da citochine infiammatorie. 13

12 All attivazione delle cellule NK mature partecipano l IL-12 ed il TNF-α prodotte dai macrofagi attivati (Fig.2), l IL-2 dei linfociti nonché l interferoni α- e β secreti dalle cellule infettate da virus. In particolare, l IL-2 e l IL-15 prodotta dalle cellule dendritiche attivate rappresentano fattori di sopravvivenza e di proliferazione delle cellule NK immature mentre l IL-12 è la principale citochina per il loro differenziamento terminale e le induce a produrre IFN-γ. Le cellule NK sono in grado di uccidere le cellule infettate da virus, sono le maggiori fonti di IFN- nelle fasi iniziali dell infezione virale ed in tal modo stimolano i macrofagi e le cellule dendritiche a secernere altre citochine (IL-12) che attivano la risposta successiva dei linfociti T. Le cellule NK riconoscono le cellule bersaglio in maniera non specifica e non dipendente dall MHC; tale riconoscimento avviene tramite il recettore per l Fc delle IgG legate alla cellule bersaglio (reazioni ADCC: Antibodies Dependent Cellular Citotoxicity ) oppure tramite il recettore KIR (recettore inibente la citossicità) che riconosce la presenza o l assenza delle molecole MHC self e, in base a ciò, rispettivamente inibisce o permette l attività citotossica. Sono inoltre in grado di riconoscere proteine dette MICA che non sono presenti sulle cellule normali e sane del tessuto ma che si esprimono sulle cellule infettate da virus.. La citotossicità delle NK si esplica attraverso meccanismi Ca ++ -dipendenti (produzione di perforine ed introduzione nella cellula bersaglio di granzimi che inducono morte cellulare) e meccanismi Ca ++ indipendenti legati all azione del FasL che provoca apoptosi ed alla produzione di citochine citotossiche (TNF-α, TNF-β) e citostatiche (IFN-γ). Reclutamento leucocitario Secrezione di citochine echemochine Complemento Secrazione chemochine lisis Opsonizzazione e Fagocitosi DC dsrna TLR3 VIRUS MBP C3b CRP TNF-α C1qR CR1 TLR3 TNF-α Macrofago attivato Apoptosi dsrna TLR3 Cellula infettata Citotossicità IFN-α IFN-β KIR high IL-12 NK attivata TLR3 attivazione IFN-γ Il-15R Attivazione CD16 low CD56 Fig. 2. Cooperazione tra NK, Macrofagi e cellule dendritiche: meccanismi cellulari e umorali effettori nella difesa contro i virus. I macrofagi attivati oltre ad agire come fagociti professionisti, producono citochine e fattori di crescita che regolano e modulano i meccanismi immunitari innati, fungono da cellule presentanti l antigene nei tessuti infiammati, e da cellule effettrici dell immunità cellulo-mediata. Anche i linfociti T γ/δ rappresentano una prima ed importante linea di difesa contro gli agenti patogeni, e risultano di estrema importanza nelle fasi precoci della risposta cellulo-mediata. Tali linfociti sono in grado di agire come APC, di riconoscere diversi tipi di antigeni e di presentarli in associazione all MHC di classe II, e sono inoltre in grado di esplicare attività citotossica verso diverse cellule bersaglio, di secernere IFN-γ e regolare la risposta IgA. 14

13 5. La risposta immunitaria acquisita contro i virus. Se l immunità innata non riesce ad eliminare completamente il patogeno, ma solo a limitare l infezione, interviene l immunità acquisita con una risposta specifica e più efficace sia a livello sistemico che periferico (superfici cutanee e mucosali) ed in grado di eliminare il virus (clearance) dai tessuti. Mentre le cellule dell immunità innata riconoscono componenti molecolari dei virus, l immunità acquisita dispone di recettori per antigeni virali a singola specificità, è in grado di creare una memoria immunologica e si continua a perfezionare con le successive esposizione allo stesso antigene. Una delle questioni fondamentali dell immunità acquisita è come i linfociti siano in grado di riconoscere non solo l enorme varietà di preesistenti agenti infettivi ma, anche, potenzialmente, quanti di antigenicamente nuovi se ne possono generare. Tale capacità di rispondere a un enorme numero di antigeni non self èacquisita durante lo sviluppo dei linfociti negli organi primari (il midollo osseo per i linfociti B ed il timo per i linfociti T) mediante processi di riarrangiamento e di ricombinazione genica che determinano la produzione di miliardi di varianti geniche codificanti per molecole recettoriali per l antigene e, di conseguenza, di un enorme repertorio di differenti linfociti B e T ciascuno con un unica specificità recettoriale. La risposta immunitaria acquisita si innesca quando i linfociti B e T vergini incontrano l antigene virale nei tessuti linfoidi secondari. I linfociti vergini circolano costantemente tra i tessuti linfoidi ed il sangue e se non incontrano l antigene lasciano l organo linfoide attraverso i vasi linfatici. Nel suino, la via di ricircolo è particolare perché i linfociti entrano negli organi linfatici dai vasi linfatici ma ne escono direttamente nel sangue. Il riconoscimento determina l attivazione del clone linfocitario B e T specifico (selezione clonale) e l avvio della risposta immunitaria effettrice (attivazione e risposta primaria), con produzione di anticorpi e citotossicità e fagocitosi delle cellule infettate La risposta difensiva contro i virus è mediata dai linfociti T helper (LTh) (cellule che attivano, regolano ed indirizzano la risposta tramite la secrezione di citochine) e dai linfociti T citotossici (CTL) in cooperazione con macrofagi e cellule NK (risposta immunitaria cellulo-mediata), e dagli anticorpi (Ig) prodotte dai linfociti B attivati, proliferati e trasformati in plasmacellule (risposta immunitaria umorale). In ogni caso, l attivazione delle cellule effettrici sia B che citotossiche CTLs richiede la cooperazione e l help del linfocita Th specifico. La risposta immunitaria cellulo-mediata è considerata il meccanismo fondamentale di protezione e clearance nei confronti di molte infezioni virali; questa risposta utilizza diversi meccanismi effettori della riposta immunitaria innata, ma è in grado di indirizzarli ed attivarli contro il bersaglio in maniera molto più precisa ed efficace; le cellule T specifiche, tramite la secrezione di citochine, attivano ulteriormente l attività di killing dei macrofagi e delle NKs verso le cellule infettate da virus, mentre gli anticorpi specifici attivano il complemento per la via classica e fungono da opsonine per le reazioni ADCC ( Antibody Dependent Cellular Cytotoxicity ) La presentazione antigenica del virus ai linfociti specifici Il riconoscimento antigenico specifico avviene nei tessuti e organi linfoidi secondari in due modi diversi: 1. l antigene naturale pervenuto per via linfatica o sanguigna è riconosciuto dai linfociti B; 2. le cellule APC (Antigen Presenting Cells) captano l antigene a livello tissutale, lo processano, lo trasportano in tale sede e lo presentano ai linfociti T helper e citotossici specifici. I linfociti B riconoscono i determinanti antigenici virali nella loro configurazione nativa, mentre i linfociti T riconoscono i peptidi virali derivati dalla processazione del virus da parte delle APC e presentati in associazione alle molecole del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC: Major Histocompatibility Complex; SLA Swine Leucocyte Antigen ) sulla loro superficie. Le immunoglobuline (Ig) di superficie dei linfociti B (BCR B Cell Receptor ) e i recettori dei linfociti T (TCR T Cell Receptor) sono le molecole altamente variabili deputate al riconoscimento specifico dell antigene (Ag); tale caratteristica è acquisita prima dell incontro con l antigene durante il processo di maturazione dei linfociti Riconoscimento antigenico ed attivazione dei linfociti B I linfociti B vergini esprimono sulla loro superficie, come BCR, immunoglobuline di tipo IgM. La diversità geneticamente determinata a livello della regione variabile delle catene pesanti e 15

14 leggere permette il riconoscimento di diversi antigeni da parte dei linfociti B specifici. Le IgM sono gli anticorpi prodotti per primi ma, in stretta dipendenza dalla stimolazione, dalla cooperazione ed help dei linfociti Th (Th1 versus Th2) e dalle citochine presenti nel microambiente, si verifica il cambio di classe isotipica con produzione di IgG, IgA o IgE. Il BCR subisce ulteriori modificazioni in seguito all esposizione all antigene. Un incremento di mutazioni puntiformi (ipermutazioni somatiche) a livello dei geni che codificano per la regione combinatoria determina una maggiore capacità di legame del BCR a livello di linfociti B che sono selezionati a maturare in plasmacellule ad alta affinità per l antigene specifico (maturazione dell affinità anticorpale). Quindi, dopo la prima stimolazione, la risposta anticorpale si migliora con il cambiamento di classe dell anticorpo e con una maggiore capacità di legare l antigene; ciò incrementa le capacità degli anticorpi, durante e di neutralizzare e distruggere il patogeno (Fig. 3). Gli anticorpi riconoscono epitopi naturali (non processati) di tipo conformazionale e discontinuo in relazione all assemblaggio proteico o di tipo lineare se consistono di un unico segmento di polipeptide. In genere, in risposta alla stimolazione da parte dell antigene, possono essere prodotti anticorpi con specificità per i diversi epitopi. Durante l infezione virale gli anticorpi sono prodotti verso epitopi presenti su tutte le proteine presenti sia all interno che sulla superficie del virione ma soprattutto verso proteine del capside e dell envelope. Anticorpi sono prodotti anche contro proteine virali espresse sulla superficie delle cellule infettate. Cambiamento di classe anticorpale Cooperazione B e T affinità concentratione IgG IgM Maturazione affinità anticorpale Weeks Immunizations Th1 LB Linfocita B attivato CD40-CD40L IL-2, IL-6 IFN-g IgG2a, IgM Th IL-2 TGF-b IFN-g P IL-4, IL-5 IL-13 IgG IgG - P Th2 IgE - IgA IgM Fig. 3. Cooperazione tra linfociti T e B nella risposta anticorpale: cambiamneto di classe e maturazione dell affinità anticorpale Riconoscimento antigenico, attivazione ed espansione clonale dei linfociti T specifici Le molecole SLA di classe I (MHC I) si associano nel reticolo endoplasmatico con peptidi derivati da proteine virali degradate nel citosol all interno di complessi proteolitici dette proteasomi; l insieme peptide antigenico/mhc I viene portato sulla superficie cellulare e presentato ai linfociti T a TCR specifico. 16

15 Cellule infettate da virus presentano sulla loro superficie antigeni virali associati a molecole SLA di classe I che innescano il riconoscimento da parte dei linfociti citotossici CD8+ (CTLs), che ne determinano l uccisione. Ciò permette una continua immunosorveglianza e controllo su patogeni intracellulari come i virus che possono infettare, a seconda del loro tropismo, diversi tipi di cellule. Le molecole SLA di classe II presentano peptidi antigenici che derivano da antigeni esogeni assunti dalla cellula APC per fagocitosi o endocitosi e processati (clivaggio proteolitico) all interno di endosomi o dei lisosomi; i peptidi così ottenuti si associano alle molecole SLA di tipo II (MHC II) sintetizzate nel RER e tale complesso si porta sulla superficie dove viene riconosciuto dal TCR del linfocita T helper CD4+ (Fig. 5). Il legame tra MHC-antigene e TCR è sottoposto ad un controllo di restrizione genica cioè un linfocita Tverrà attivato solo se il suo TCR, riconoscerà e reagirà con l antigene virale verso cui è specifico. Le principali APC sono le cellule dendritiche (DCs, Dendritic Cells ), i macrofagi infiammatori attivati e i linfociti B. Le cellule dendritiche (DCs) sono le cellule professionali più efficaci nella presentazione dell antigene e sono fondamentali nell attivazione della risposta immunitaria primaria. Nei tessuti infiammati sede di infezione le DCs sono reclutate da chemochine infiammatorie (MIP- 1α, RANTES, MIP-3α) e sono attivate dai segnali di pericolo quali la stessa infezione della cellula dendritica, la morte virus-indotta di cellule tissutali, l interazione tra componenti virali e TLRs presenti sulle DCs o citochine prodotte (TNF-α, IFN α/β) dai macrofagi attivati o dalle cellule infettate. Le DCs immature captano l agente virale e migrano verso il linfonodo tributario dove acquisiscono la maturità funzionale per la presentazione antigenica ai linfociti Thelper (LTh) tramite l aumento dell espressione di MHC II, di molecole di adesione costimolatrici (B7) e la produzione di citochine e chemochine che agiscono sui LTh. Il ruolo fondamentale delle cellule dendritiche consiste nella tipica presentazione ai linfociti T helper di peptidi derivati da patogeni extracellulari ingeriti ed associati a molecole MHC II ma sono coinvolte anche nelle presentazione di peptidi virali attraverso molecole MHC di classe I. Il legame del complesso antigene/mhc con il TCR, l interazione del CD4 e del CD8 rispettivamente con l MHC II e con l MHC I e l attivazione del CD3 rappresentano il primo segnale che viene transdotto nel processo di attivazione del linfocita T. Il secondo segnale è rappresentato dal legame di molecole di adesione presenti sulla superficie del linfocita con proteine complementari presenti sulla superficie della cellula APC. Tralepiù importanti proteine coinvolte in tale funzione (molecole co-stimolatrici) vi sono le proteine B7-1 (CD80) e B7-2 (CD86) presenti sull APC che reagiscono con molecole appartenenti alla famiglia del CD28 sul linfocita T. La molecola CD28 rappresenta il principale segnale di costimolazione per l attivazione della cellula T vergine. Il segnale indotto dal legame del CD28 aumenta la magnitudine e la durata della risposta del linfocita T, induce l espressione del gene anti-apoptotico bclxl, aumenta la secrezione di citochine, in particolar modo di IL-2, aumenta l adesione cellulare e previene l induzione dell anergia. Molecole inibitorie appartenenti alla famiglia del CD28, tra cui il CTLA4 e il PD1 compaiono più tardivamente e servono a limitare e spegnere l attivazione clonale al fine di evitare risposte iperergiche e autoimmuni. Dopo l interazione tra TCR e MHC e tra molecole costimolatrici, il terzo segnale di attivazione è rappresentato dal tipo di citochine prodotte nel microambiente in cui avviene l attivazione del linfocita T (Fig. 4). 17

16 dsrna VIRUS mdc TLR3 IL-12 Presentazione antigenica mdc IL-15, IL-18 KIR high dsrna TLR3 IFN-γ NK attivata Il-15R LTh IL-12 LTh0 IFN-γ Citotossiciticà delle cellule infettate Segnali inibitori Attivazione Attivazione LTh1 IL-2 IFN-γ CTL Fig. 4. Maturazione della Cellula Dendritica (DC), cooperazione con la cellula NK, presentazione antigenica al linfocita T vergine (LTh0) e polarizzazione della risposta Th1 durante l infezione virale. In corso di infezione virale le cellule dendritiche mature secernono elevati quantitativi di IL-12 che insieme all IFN-γ prodotto dalle cellule NK attivate ed alla costimolazione B7-1-CD28 indirizza l attivazione del linfocita T helper verso il sottotipo linfocitario Th1. Le cellule CD8+ naive richiedono una maggiore attività costimolatrice e possono essere attivate in cellule citotossiche (CTL) con meccanismi che coinvolgono o meno i linfociti T helper. Se la cellula dendritica che presenta l antigene (es. cellula dendritica infettata da virus) possiede elevata espressione superficiale di B7 la cellula CD8+ naive riceve un segnale sufficiente per la sua attivazione e per la sintesi di IL-2 ad azione autocrina. In caso contrario, cioè se la cellula dendritica non fornisce sufficienti livelli di molecole costimolatrici, è richiesta la cooperazione del linfocita T helper specifico per lo stesso antigene. Il linfocita Th si lega alla stessa cellula dendritica, la stimola a produrre molecole B7 ed al tempo stesso secerne IL-2; in tal modo il linfocita T CD8+ riceve i due segnali necessari (interazione B7/CD28 e IL- 2/IL-2R) alla sua attivazione L azione effettrice contro i virus Dopo il riconoscimento dell antigene specifico e in seguito ai processi di costimolazione, le cellule T si attivano, proliferano clonalmente e si differenziano in cellule effettrici. I linfociti T CD8+ si differenziano in linfociti T citotossici (CTL) attivati, mentre i linfociti T helper CD4+, sotto l influenza di citochine diverse, si differenziano in LT helper 1 (LTh1) o in LT helper 2 (LTh2) I linfociti T citotossici ed i linfociti Th1 lasciano i tessuti linfoidi secondari e migrano nei siti d infezione. Nei siti d infezione, l azione effettrice dei linfociti T citotossici è soprattutto rivolta all induzione della morte per apoptosi delle cellule infettate da virus, mentre i Th1 attivano i macrofagi e le cellule NK allo scopo di farli diventare più competenti nel distruggere i patogeni intracellulari. I linfociti Th2 rimangono nei tessuti linfoidi secondari dove attivano i linfociti B vergini specifici per il loro stesso antigene tramite un riconoscimento congiunto in cui lo stesso linfocita B, che ha legato l antigene con il suo BCR, funge da cellula APC per il linfocita Th (Fig.3). A differenza dei linfociti T vergini, nelle cellule T effettrici la necessità di una specifica costimolazione B7/CD28 è ridotta e questo offre indubbi vantaggi funzionali, perché permette sia alle cellule CD4+ sia CD8+ di riconoscere e attivarsi contro antigeni presenti su cellule di diverso tipo e non necessariamente solo su cellule APC. 18

17 Ciò consente ai linfociti T citotossici di essere comunque particolarmente efficaci contro cellule infettate che possono esprimere anche bassi livelli di molecole costimolatrici ed ai linfociti T helper di aumentare le possibilità di interagire coi linfociti B nei tessuti linfoidi e coi macrofagi attivati nei siti di infiammazione, pur in presenza di livelli variabili di attività costimolatrice. Nell attivazione del linfocita T helper effettore svolge un ruolo fondamentale la glicoproteina di superficie CD40 espressa costitutivamente sui linfociti B e sui macrofagi attivati; essa si lega al CD40Ligando (CD40L) che si esprime sulla superficie del linfocita T helper attivato dopo il legame TCR/antigene-MHC. Questo legame è inoltre un importante segnale di soppravvivenza della cellula dendritica, di attivazione dei macrofagi e che permette ai linfociti B di rispondere all antigene. Altre molecole di costimolazione, come OX40, 41- BB e ICOS, appaiono più tardivamente e si ritiene siano implicate maggiormente come segnali necessari per il mantenimento dell attivazione e la sopravvivenza a della cellula T; tali molecole non sono presenti sul linfocita T vergine ma compaiono entro 24 ore dall attivazione. La molecola costimolatrice 41-BB sembra avere un ruolo importante nella risposta tardiva e secondaria dei linfociti CD8+ in corso di infezione virale. L azione effettrice contro i virus risultainultima analisi realizzata da (Fig. 5): 1. linfociti T citotossici (CTL) (immunità cellulomediata) che uccidono le cellule infette operando la clearance del virus nella risposta primaria, che instaurano una memoria specifica e permettono l eradicazione dell infezione. L azione citotossica dei CTL si esplica attraverso l induzione di apoptosi nella cellula bersaglio attraverso due meccanismi: a) secrezione di proteine dette perforine che polimerizzano a formare dei pori a livello della membrana cellulare che consentono l entrata nella cellula bersaglio dei granzimi, proteine che inducono morte cellulare programmata attraverso l attivazione delle caspasi; b) espressione del ligando Fas (FasL) che si lega alle molecole Fas presenti sulla superficie della cellula bersaglio e che induce segnali di morte all interno della cellula stessa. In alcune circostanze un importante azione antivirale è mediata dall IFN-γ e dal TNF α secrete dalle cellule T citotossiche; 2. cellule ad attività fagocitaria o citolitica (macrofagi e cellule NK); le NKs attivate da citochine (TNF-α, IFN-γ) liberate dai LTh e dai CTL, svolgono attività citotossica verso le cellule infettate da virus sia direttamente che mediante il legame di anticorpi (reazioni ADCC). Le cellule NK hanno un meccanismo di citotossicità che è complementare a quello dei Linfociti T citotossici: la loro azione è inibita dal legame con le molecole MHC I presenti in elevata quantità sulle cellule sane, mentre esplicano citotossicità verso le cellule che esprimono una ridotta od assente espressione di MHC di classe I condizione che si può verificare sulle cellule infettate perché ciò è un meccanismo con cui i virus cercano di eludere l azione dei CTLs (Figg. 4-5). 3. gli anticorpi (immunità umorale) che sono deputati al blocco dell interazione del virus con la cellula bersaglio e della sua penetrazione, all attivazione del complemento con lisi del virus od opsonizzazione e fagocitosi da parte dei macrofagi, ed all uccisione delle cellule infettate per citotossicità mediata dal complemento o per reazioni di citotossicità cellulare anticorpo mediata (ADCC). Gli anticorpi neutralizzanti comprendono IgM e IgG nel siero e IgA nelle secrezioni. Sebbene gli anticorpi possono neutralizzare i virioni in fase extracellulare e uccidere le cellule infettate, è l immunità cellulo-mediata che ha il ruolo più importante nel controllo delle infezioni virali e la citotossicità mediata dai linfociti T ne è il meccanismo principale. 19

18 Immunità acquisita Complemento IL-2, IL-6 LB Neutralizzazione lisi C3b VIRUS Opsonizzazione e fagocitosi LTh1 attivato IFN-γ IL-12 TLR3 IFN-γ, IL-2 CTL - MHC I Citotossicità MHC II LTh1 Cellula infettata ADCC Citotossicità IFN-α IFN-β Attivaziione IL-12 Macrofago attivato attivazione NK attivata IFN-γ TLR3 Immunità innata Fig. 5. Connessione tra immunità innata e adattativa effettrice contro i virus: interazioni cellulari e meccanismi molecolari. La risposta immunitaria acquisita è più efficiente della risposta innata e si migliora qualitativamente e quantitativamente nel tempo (switch isotipico ed aumento dell affinità anticorpali, attivazione cellulare e produzione di citochine) con le successive esposizioni ad antigene omologo Controllo, silencing e passaggio alla memoria immunologica A differenza della risposta anticorpali che dura nel tempo in quanto sostenuta da plasmacellule (PC) a lunga sopravvivenza e dall attivazione di cellule B memoria in grado di differenziarsi in PC, la fase cellulare T effettrice è relativamente breve; tutto ciò appare necessario per evitare che una persistente citotossicità e la sovrapproduzione di citochine determini un danno tissutale. Diversi meccanismi di controllo sono attivati per limitare l espansione e l attivazione clonale delle cellule T effettrici. Tra questi vi sono sottopolazioni linfocitarie che fungono da linfociti T regolatori (Tr) CD4+CD25+ o CD8+ e che risultano in grado di controllare una inappropriata attivazione di T effettori tramite la secrezione di IL-10 o TGF-β. Svolge un ruolo in tal senso, anche l equilibrio tra linfociti Th1 e Th2 che secernono citochine ad azione antagonista (Fig. 8). Inoltre, dopo la clearance virale al momento del picco della risposta immunitaria, segue una fase di silencing della risposta che corrisponde a perdita di linfociti T effettori e la conversione da una fase acuta effettrice ad uno stato di memoria immunologica. La diminuzione dei linfociti T effettori è dovuta ad apoptosi ed alla loro migrazione dalla milza e linfonodi ai tessuti periferici. Se lo stimolo antigenico o di sopravvivenza (IL-2, IL-4, IL-7 or IL-15) ed i segnali di costimolazione vengono persi, le cellule T attivate diventano più sensibili all apoptosi indotta dalla stimolazione Fas- FasL (CD95/CD95L). Il processo apoptotico che si verifica alla fine dell infezione rappresenta un punto cruciale di transizione tra la risposta acuta e l instaurarsi della memoria immunologia che, dopo la risoluzione dell infezione, assicura all animale la capacità di rispondere più efficacemente (risposta secondaria) e di controllare una successiva infezione con un virus omologo La memoria immunitaria è mantenuta da linfociti sia B che T. 20

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