Doppia frattura vertebrale da schiacciamento

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1 Doppia frattura vertebrale da schiacciamento 1

2 ANAMNESI E STORIA CLINICA M.N. è un ragazzo di 25 anni che un paio di anni fa in un incidente stradale come tanti altri ha riportato una frattura da schiacciamento di due vertebre lombari, L1 e L3. E' sempre difficile dirlo, ma si può considerare fortunato nella sventura perché traumi alla colonna come il suo, spesso comportano delle complicazioni neurologiche gravi e permanenti per il coinvolgimento del midollo spinale e delle radici nervose che da esso prendono origine. 2 1 L 2 L 3 L 4 L 5 L 1 Alle radiografie di profilo risaltano chiaramente le deformazioni a cuneo di L3 e soprattutto L1 con notevole riduzione dello spazio discale intersomatico tra D12 e L1. L'irregolarità delle superfici predispone all'artrosi concentrando le pressioni di carico in punti determinati e non distribuendole uniformemente. La freccia 1indica il punto di maggior schiacciamento e deformazione della prima vertebra lombare. La freccia 2 indica il punto di deformazione della terza vertebra lombare. In questo caso la deformazione è meno evidente ma comunque in grado di alterare le superfici di contatto tra le vertebre. 2

3 Era stato trattato con appositi corsetti gessati per quasi quattro mesi quindi per alcune settimane aveva osservato un periodo di recupero del tono-trofismo muscolare distrettuale rimanendo sdraiato a letto, sempre sotto il controllo dello specialista ortopedico e del fisioterapista. Verificato il consolidamento dell'osso e avviata la ripresa funzionale, gli era stato infine concesso il carico in stazione eretta. Adesso, superata la fase acuta post-traumatica, si è ripreso bene ma continua ad avere dolori alla colonna per i quali lo specialista gli ha consigliato di proseguire nel recupero-potenziamento della muscolatura di sostegno al rachide. Giunge quindi in palestra su indicazione medica e la nostra attenzione deve essere rivolta ad aiutarlo e soprattutto a non danneggiarlo ulteriormente. Anche alle radiografie di fronte si può osservare lo schiacciamento dei corpi vertebrali e la riduzione degli spazi intersomatici suddetti. 3

4 DESCRIZIONE DELLA PATOLOGIA Le fratture vertebrali vengono definite secondo diversi criteri. Il più importante è quello della compromissione delle strutture nervose che le divide in mieliche ed amieliche, rispettivamente con e senza coinvolgimento del midollo spinale. Si possono avere fratture del corpo vertebrale, che svolge un ruolo di sostegno strutturale, o dell'arco posteriore, sede delle articolazioni che presiedono alla mobilità della colonna. Con il soggetto in piedi di profilo si possono notare la quasi scomparsa della lordosi lombare e un atteggiamento astenico generalizzato con al contrario un'accentuazione della cifosi dorsale. La cifosi dorsale sembra proseguire a livello del tratto cervicale riducendo così l estensione del tratto cervicale alle sole prime vertebre cervicali. La scapola appare obliqua in avanti e il braccio risulta intraruotato. L effetto di questa doppia frattura coinvolge quindi tutto l assetto posturale del tronco e del cingolo scapolare. 4

5 Viene poi indicata la sede, se a livello delle vertebre lombari, dorsali eccetera.infine si può indicare il meccanismo traumatico, al quale possono corrispondere particolari quadri di lesione. Nel nostro caso la frattura era come detto amielica, doppia, da schiacciamento e coinvolgeva i corpi della prima e terza vertebra lombare. La cerniera dorso-lombare rappresenta un punto critico, frequente sede di esiti traumatici, perché proprio le vertebre da D10 a L2 costituiscono il punto di inversione tra le due curve fisiologiche di cifosi dorsale e lordosi lombare. A questo livello il meccanismo in schiacciamento, accanto a quello in iperflessione, è il più comune e provoca una cuneizzazione del corpo vertebrale dall'indietro in avanti con un deficit residuo in altezza del margine vertebrale anteriore che può arrivare anche al 70%. Inoltre si possono avere, sempre per lo schiacciamento, delle introflessioni del disco intervertebrale nella superficie del corpo. Sempre di profilo si noti il deficit in flessione, obiettivabile misurando la distanza tra suolo e dita delle mani, e la rigidità del tratto lombare con angolo di curvatura netto al tratto dorsale. La flessione si realizza soprattutto a livello della cerniera dorso lombare. Questa situazione in parte presente prima della frattura si è poi accentuata con la deformazione a cuneo di L1. Al contrario l'anca ha un range di flessione estremamente ridotto rispetto alla normalità. 5

6 Queste introflessioni comunque non aggravano il quadro sintomatologico. M.N. è stato trattato correttamente e il primo obiettivo in questi casi è quello di consentire ai corpi vertebrali il riconsolidamento osseo. Purtroppo una storia di lombalgie con accelerazione dei processi degenerativi artrosici è frequente a distanza di tempo. Le cause sono diverse: lesioni a carico del disco, delle strutture capsulo-legamentose delle articolazioni posteriori e ipotrofie della muscolatura paravertebrale.inoltre le alterazioni di forma delle vertebre alterano la distribuzione del carico con aumento delle pressioni in alcuni punti. Questo meccanismo usurante favorisce fenomeni degenerativi cronici. Tale quadro clinico configura la sindrome di Kummel- Verneuil in cui a mesi dal trauma, dopo un periodo libero dal dolore, si assiste ad una ripresa della lombalgia e alla progressiva cifotizzazione della colonna, soprattutto in presenza di fratture secondarie misconosciute. I concetti chiave riferiti al caso E' fondamentale considerare il meccanismo traumatico. Questo ragazzo si è presentato riferendo di aver subito una frattura da compressione. Una norma da rispettare assolutamente in questo caso è quella di non sottoporre la colonna a stress in carico ad esempio con pesi di alcun genere sulle spalle, come presse, bilancieri o quant'altro. Lo scopo è di preservarla non solo verso incidenti improvvisi ma anche nei confronti del tempo, dato l'elevato rischio artrosico dovuto alla perdita dei normali rapporti anatomici. La frattura ha condizionato una modificazione delle vertebre nella loro forma, con gli esiti in cuneizzazione visibili. A livello funzionale ciò si traduce in una alterazione delle normali linee di curvatura fisiologiche che, nel soggetto sano, presiedono all'ammortizzazione assiale, alla stabilità e alla mobilità articolare del rachide in questo caso compromesse. Inoltre il lungo periodo di inabilità ha condizionato una ipotrofia della muscolatura addominale e più diffusamente del tronco con una perdita di preziosa stabilizzazione attiva della colonna cui dobbiamo cercare di porre rimedio. 6

7 Informazioni necessarie per trattare il caso E' importante sapere se siano avvenute dislocazioni temporanee o permanenti dei normali rapporti spaziali tra vertebre adiacenti (distorsioni, lussazioni) che, se occorse, impongono particolare cautela sempre per il rischio neurologico. Bisogna sapere quali esercizi abbia compiuto con l'ausilio del fisioterapista e soprattutto valutare i risultati ottenuti. Si osserverà il soggetto in piedi davanti a noi, di schiena e quindi di profilo per rilevare eventuali alterazioni delle curve fisiologiche del rachide. Si valuterà visivamente e palpatoriamente il tono-trofismo della muscolatura paravertebrale, addominale e dei muscoli obliqui. Un sistema semplice per verificare il tono-trofismo degli addominali consiste nel saggiare la capacità del soggetto sdraiato supino di sollevare i talloni a ginocchia estese. Con la flessione del tronco noteremo poi eventuali rigidità segmentarie della colonna, osservando se il soggetto è in grado di toccare il suolo con le mani a ginocchia estese e valutando in caso contrario la distanza tra le dita ed il suolo. Infine l'esame della mobilità del rachide verrà completato sui rimanenti piani e assi di rotazione per meglio definire le strategie di allenamento. OBIETTIVI Molte informazioni necessarie ci vengono riferite direttamente da M.N. che arriva in palestra con una precisa indicazione dell'ortopedico: recupero e potenziamento della muscolatura paravertebrale e addominale per restituire un buon grado di stabilità attiva alla colonna. Il tentativo è quello di contrastare così i paramorfismi e i processi degenerativi ai quali si deve la sua attuale sintomatologia. Bisogna inoltre contrastare la rigidità dovuta alle alterazioni morfologiche con un programma di mobilizzazione e stretching. 7

8 Esercizi consigliati Tutte le tecniche di stretching finalizzate al miglioramento della mobilità soprattutto in flessione a livello del tratto lombare della colonna e dell'anca, la cui mobilità in flessione risulta ridotta come evidenziato dalle immagini. La mobilità deve essere valutata anche a livello della rotazione del tronco. Occorre escludere la presenza di eventuali asimmetrie in rotazione destra o sinistra indotte dalla deformazione vertebrale.si procederà quindi con degli esercizi di stretching e mobilità in rotazione. Sono indicati esercizi per addominali e paravertebrali, glutei e ischiocrurali con risparmio della muscolatura iperlordizzante come ad esempio l'ileopsoas. Lo psoas origina dai processi trasversi proprio delle vertebre lombari: in un soggetto astenico un allenamento poco razionale degli addominali potrebbe sovraccaricare questo muscolo con esiti dolorosi. Dovremo perciò escluderlo, almeno in un primo tempo, per non suscitare una causa di lombalgia aggiuntiva, frequente già nei soggetti sani. Ciò si può ottenere con dei crunch ad anca e ginocchia in flessione oppure con il nostro aiuto costringendo il bacino di M.N. alla base di appoggio, suolo o panca, mediante una compressione con le mani anteriormente sulle sue ali iliache durante l'esecuzione degli addominali. In questo caso anche il cingolo scapolare deve essere trattato con cura. In particolare sono indicati degli esercizi per la parte centrale del trapezio al fine di correggere per quanto possibile la caduta e la intrarotazione delle scapole. 8

9 Esercizi sconsigliati Tutti gli esercizi di carico sulla colonna sia diretto che indiretto. Per esercizi di carico diretto si intende l'applicazione dei pesi, ad esempio di bilancieri, direttamente sulle spalle. Il carico indiretto è quello sospeso alle braccia che, in stazione eretta, non può che gravare a sua volta sull'asse vertebrale. Si dovranno quindi realizzare, esercizio per esercizio, delle varianti che non vadano a comprimere la colonna. Attenzione anche agli esercizi che impongono una rotazione del tronco non ben dosabile come la twist machine. Controllo degli obiettivi Oltre al recupero del trofismo muscolare dei distretti appena descritti, si potranno valutare i miglioramenti nella flessibilità dovuti ad un programma di mobilizzazione con stretching. Ciò si può ottenere facilmente misurando la distanza tra dita e suolo in flessione a ginocchia estese al momento del primo incontro ed a distanza di tempo. Tale recupero della mobilità potrà essere analogamente controllato anche sugli altri piani. In particolare insistiamo sul controllo della rotazione del tronco. Si controllerà poi la postura del cingolo scapolare con particolare riferimento alla posizione delle scapole. Deve essere verificato il miglioramento progressivo del tono e del trofismo della muscolatura addominale, obliqua e paravertebrale. 9

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