LA FISCALITA' DIRETTA DEL TRUST a cura di Ennio Vial e Vita Pozzi

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1 LA FISCALITA' DIRETTA DEL TRUST a cura di Ennio Vial e Vita Pozzi Premessa Il trust è uno strumento che consente di segregare e di gestire in maniera efficiente il proprio patrimonio attribuendo lo stesso ai beneficiari in linea con le loro aspirazioni ed attitudini. Il trust è, quindi, sia un valido strumento per proteggere il proprio patrimonio di fronte ad aggressioni di terzi sia uno strumento per garantire il passaggio generazionale ordinato dei beni ai propri discendenti. Infatti, chiunque può essere soggetto a possibili azioni di responsabilità. Senza ricordare i casi classici dei professionisti e degli imprenditori, pensiamo alla disciplina sulla responsabilità degli amministratori di società che risulta profondamente aumentata dalla riforma del Le notevoli opportunità dell istituto si affiancano ad una tassazione in moti casi modesta. Vedremo, infatti, come la disposizione in trust di una partecipazione e la successiva distribuzione di dividendi (che ovviamente arrivano in capo al trust) presenta profili di sicuro interesse. Nel presente intervento analizzeremo la tassazione diretta ed indiretta durante le varie fasi di vita di un trust ossia l istituzione, la dotazione di beni, l attività durante la vita del trust ed infine la cessazione. I lineamenti dell istituto Il Trust è un istituto di matrice anglosassone di lunga tradizione, sviluppatosi nei paesi di common law che ha fatto il suo ingresso in Italia con la ratifica della Convenzione dell Aja ad opera della legge 9 ottobre 1989, n La sua struttura essenziale vede la presenza di tre soggetti, non necessariamente persone diverse tra loro, ovvero il disponente (o settlor ), il trustee ed il beneficiario o i beneficiari. Si veda la successiva Figura n.1. Il disponente trasferisce quindi alcuni beni al trustee, il quale ne diventa proprietario ed amministratore, con il vincolo di gestirli nell interesse dei beneficiari, ovvero in funzione di uno scopo. Il disponente si spossessa di tutti i beni disposti in trust che diventano di proprietà del trustee 1. Il compito del trustee è la gestione e l amministrazione dei beni in trust; gli stessi sono intestati al trustee o ad un altro soggetto 1 Si evidenzia come il primo scoglio da far superare, all imprenditore o al professionista che si accinge a disporre i suoi beni in trust, riguarda soprattutto il problema dello spossessamento.

2 per conto del trustee, e costituiscono una massa distinta e non facente parte del patrimonio personale di quest ultimo. Generalmente, nell atto di trust, viene inserita anche la figura del guardiano che ha il compito di controllare e nel contempo assistere il trustee nella gestione del patrimonio. La nomina del guardiano risponde quindi all esigenza di sorvegliare il trustee e, al tempo stesso, di aiutarlo nelle scelte operative. Figura n.1: la struttura del trust GUARDIANO DISPONENTE TRUSTEE BENEFICIARI BENI IN TRUST Si ribadisce come l effetto principale del trust sia quello di segregare un dato patrimonio sicché lo stesso non potrà essere aggredito da terzi creditori, siano essi del disponente, del trustee o del/i beneficiario/i, salva la sussistenza di situazioni patologiche (ad esempio, sottrazione da parte del disponente di massa patrimoniale ai propri creditori). Il trust può dirsi interno quando tutti gli elementi costitutivi (disponente, trustee, beni e beneficiari) sono italiani, e l unico elemento esogeno è la legge regolatrice. Si evidenzia, infine, come i trust possano essere: trust con beneficiari, i quali sono costituiti nell interesse di un beneficiario ; nella prassi, i trust sono quasi sempre istituiti a favore di determinati beneficiari essendo l istituito in esame utilizzato principalmente con finalità donatorie e nell ottica del passaggio generazionale dei beni; trust di scopo, i quali sono costituiti per un fine determinato. Imposizione diretta Il regime fiscale dei trust deve essere analizzato sia sotto il profilo delle imposte dirette che indirette. Muovendo la nostra analisi dalla fiscalità diretta, evidenziamo come il legislatore abbia inserito il trust tra gli enti commerciali e non commerciali nell ambito dei soggetti che scontano l Ires di cui all art. 73 D.P.R. 917/1986; generalmente, i trust sono assimilati agli enti non commerciali e sono quindi tassati come tali soggetti. L art. 19 della Convenzione de L Aja lasciava impregiudicata l autonomia di ciascun Paese per la disciplina degli aspetti fiscali ed il legislatore italiano, prima della L. n. 296/2006, non ha mai emanato alcuna disposizione sul tema. Successivamente, attraverso una apposita integrazione all art. 73 comma 1 del T.U.I.R., l art. 1 comma 74 della Legge n. 296/2006 ha

3 espressamente annoverato i trust tra i soggetti passivi IRES. Più precisamente, distinguendo a seconda della tipologia di attività esercitata e della residenza fiscale, il trust è assimilato: agli enti commerciali residenti (art. 73, comma 1, lett. b, del T.U.I.R.), se ha per oggetto esclusivo o principale l esercizio di attività commerciali; agli enti non commerciali residenti (art. 73, comma 1, lett. c, del T.U.I.R.), se non ha per oggetto esclusivo o principale l esercizio di attività commerciali; agli enti non residenti, se ha residenza fiscale all estero. Il successivo comma 2, anch esso modificato dalla Legge n. 296/2006, prevede però che qualora siano individuati i beneficiari, ad essi sono imputati i redditi conseguiti dal trust medesimo. I trust, infatti, dal punto di vista fiscale possono essere trasparenti od opachi. Un trust è opaco nel caso in cui i beneficiari del reddito non risultino identificati. Chiarimenti importanti sono stati forniti dalla R.M. 425 del 5 novembre 2008 che precisa cosa si intenda per beneficiario individuato. La citata risoluzione afferma che per beneficiario individuato è da intendersi il beneficiario di reddito individuato, vale a dire il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva attuale. È necessario, quindi, che il beneficiario non solo sia puntualmente individuato, ma che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza. La tassazione per trasparenza di un trust presuppone che il reddito sia immediatamente e originariamente riferibile ai beneficiari. La riferibilità immediata dei redditi ai beneficiari, quale presupposto della tassazione per trasparenza, esclude che vi sia discrezionalità alcuna in capo al trustee in ordine sia alla individuazione dei beneficiari sia alla eventuale imputazione del reddito ai beneficiari stessi. In sostanza, il diritto all assegnazione del reddito deve nascere ab origine a favore di determinati beneficiari e l individuazione richiesta dalla norma deve essere intesa come nomina personale e precisa di un soggetto in capo al quale si crei un inequivoco diritto alla percezione dei redditi conseguiti dal trust. Diversamente, se il trustee ha il potere di scegliere se, quando, in che misura o a chi attribuire il reddito del trust, tale discrezionalità fa venir meno l automatismo che è il presupposto della imputazione per trasparenza, indipendentemente dalla effettiva percezione, in capo al beneficiario. Conseguentemente quel reddito è imputato al trust e non al beneficiario.

4 La R.M. 425/2008 precisa inoltre che se i beneficiari sono predeterminati in conseguenza della volontà del disponente espressa nell atto istitutivo del trust o in atti successivi - il reddito è a titolo originario dei beneficiari. Di conseguenza, secondo la citata risoluzione, è possibile un espressione di volontà successiva all atto istitutivo del trust (che individui puntualmente i beneficiari) che consenta di ottenere la trasparenza ai fini fiscali in un momento successivo all istituzione del trust. In sintesi, la tassazione per trasparenza di un trust presuppone che i beneficiari del reddito siano puntualmente individuati dal disponente o successivamente dal trustee; inoltre, tale reddito deve essere immediatamente e originariamente riferibile ai beneficiari stessi. Se ciò non si verifica il trust è opaco. Si precisa come il legislatore abbia previsto, quale regola generale, che i redditi del trust siano tassati in capo al trust personificato (trust opaco) che, a seconda dei casi, verrà qualificato come ente commerciale o ente non commerciale. Il caso più frequente è quello del trust non commerciale privo di una partita iva 2. Un trust opaco paga l IRES al 27,5% in qualità di ente non commerciale mentre, nei trust 2 Analogamente agli enti non commerciali, risulterà quindi tassato sulle varie categorie di reddito come una persona fisica. trasparenti, il reddito viene imputato direttamente ai beneficiari e sconta, quindi, le aliquote IRPEF progressive. Si precisa infine che la C.M. 48/2007 ha ammesso la possibilità che un trust sia al contempo opaco e trasparente (trust misto). Ciò può avvenire, ad esempio, quando l atto istitutivo preveda che parte del reddito di un trust sia accantonata a capitale e parte sia invece attribuita ai beneficiari. In questo caso, il reddito accantonato sarà tassato in capo al trust mentre il reddito attribuito ai beneficiari, qualora ne ricorrano i presupposti, sarà imputato per trasparenza a questi ultimi. La tassazione in capo ai beneficiari individuati Si è appena esaminato quando un trust è considerato trasparente dall Amministrazione finanziaria; si è detto che, in tal caso, il reddito è imputato per trasparenza ai beneficiari del reddito. L art. 1, comma 75 della Legge Finanziaria ha stabilito quale sia il regime fiscale dei redditi imputati per trasparenza ai soci, aggiungendo la lettera g-sexies) all art. 44, comma 1, del D.P.R. 917/1986 relativo ai redditi da capitale. Il citato articolo prevede che sono redditi di capitale i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell articolo 73, comma 2, anche se non residenti.

5 Quindi, il trust imputa per trasparenza i propri redditi sia ai beneficiari residenti sia ai beneficiari non residenti. Si precisa che l attribuzione dei redditi ai beneficiari individuati avviene, a norma dell art. 73, in ogni caso. Tale dizione, secondo quanto chiarito dall Agenzia delle Entrate nella circ. n. 48/E del 2007, indica che i redditi del trust devono essere imputati ai beneficiari anche ove non siano stati da essi effettivamente percepiti. Per quanto attiene alle modalità di tassazione dei redditi imputati ai beneficiari l art. 45 non prevede una disposizione specifica per cui dovrebbe trovare applicazione il primo periodo del primo comma secondo cui il reddito di capitale è costituito dall ammontare degli interessi, utili o altri proventi percepiti nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione. La fattispecie, peraltro, dovrebbe rientrare nell alveo dei redditi di capitale corrisposti dai soggetti di cui all art. 23 D.P.R. 600/73 disciplinati dall art. 26 comma 5 del D.P.R. 600/73. In questo caso è prevista, in linea generale, l applicazione di una ritenuta alla fonte del 12,5% che è a titolo di acconto anche nei confronti delle persone fisiche. La tassazione dei frutti in capo al Trust Esaminiamo ora la tassazione dei frutti in capo al trust. Come detto i trust sono assimilati, da un punto di vista fiscale, ad enti non commerciali e sono tassati sulle varie categorie di reddito. Un tema di particolare interesse, in considerazione del vantaggio fiscale che si può ottenere, è la tassazione dei dividendi in capo al trust. Distinguiamo la tassazione dei dividendi in capo ad un trust opaco o trasparente. La tassazione dei dividendi in capo ad un trust opaco Si premette come, precisi chiarimenti su tema, siano contenuti nel punto 3.7 della C.M. 26/2004. In base alla citata circolare gli enti non commerciali sono stati provvisoriamente annoverati tra i soggetti cui si applica l IRES, sia pure con criteri di determinazione della base imponibile differenti. Per gli enti non commerciali, infatti, continuano a concorrere alla formazione della base imponibile i redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, secondo le regole di determinazione contenute nel Titolo I del T.U.I.R. (v. artt. 143 e seguenti del T.U.I.R.). Ciò nonostante, a norma dell articolo 4, comma 1, lettera q), del decreto legislativo n. 344 del 2003, recante disposizioni di carattere transitorio, fino a quando non verrà attuato il principio della legge delega che prevede la loro inclusione tra i soggetti passivi

6 dell imposta sul reddito (IRE), gli utili percepiti dagli enti non commerciali nel limite del 95 per cento del relativo ammontare, non concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile; gli stessi sono esclusi anche se conseguiti nell esercizio di impresa. La stessa norma stabilisce, inoltre, che sul 5 per cento dell ammontare degli utili, in qualunque forma corrisposti nel primo periodo d imposta che inizia a decorrere dal 1 gennaio 2004, si applica una ritenuta alla fonte a titolo di acconto del 12,50 per cento. Il descritto trattamento fiscale si applica agli utili derivanti sia da partecipazioni non qualificate che da partecipazioni qualificate e visto il generico riferimento agli utili percepiti dagli enti non commerciali contenuto nel citato articolo 4 del decreto legislativo n. 344 del 2003, sui proventi degli strumenti finanziari partecipativi e sugli utili derivanti dai contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza con apporto di capitale o misto, indipendentemente dall entità dell apporto. La C.M. 26/2004 prosegue precisando che dalla formulazione generica della norma si ritiene che la ritenuta a titolo d acconto del 12,50 per cento sugli utili e proventi assimilati ridotti del 95 per cento, sia applicabile anche nei casi di utili di fonte estera. In tale ipotesi la ritenuta sulla parte imponibile degli utili si applica, secondo i principi contenuti nell articolo 27, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, al netto delle eventuali imposte applicate dallo Stato estero. Si fa presente, inoltre, coerentemente con i principi generali enunciati nell articolo 47 del testo unico, che, nel caso in cui i dividendi provengano da una società o ente residente in un Paese a fiscalità privilegiata, la ritenuta a titolo d acconto si applica sull intero imponibile senza alcuna riduzione, salva la possibilità di dimostrare, in seguito all esercizio del diritto di interpello, che dalla partecipazione in dette società non si consegua l effetto di localizzare i relativi redditi nel predetto Paese di residenza. Quindi, in sintesi, i dividendi percepiti da un trust opaco, sia in caso di partecipazioni qualificate sia in ipotesi di partecipazioni non qualificate, sono esenti per il 95% del loro ammontare e la tassazione a cui sono soggetti é il 27,5% del 5% quindi l 1,375%. I dividendi subiranno, preliminarmente, una ritenuta alla fonte a titolo di acconto del 12,5%. Si veda la seguente tabella di sintesi. Tabella n. 1 la tassazione dei dividendi distribuiti da una società italiana e percepiti da un trust non commerciale Base imponibile 5% Imposta (IRES) 27,5%

7 Ritenuta a titolo di acconto 12,5% Ritenuta a titolo di imposta NO La tassazione dei dividendi in capo ad un trust trasparente Un trust è trasparente quando i beneficiari del reddito sono individuati; l ultimo periodo inserito nell art. 73 comma 2 stabilisce che i redditi conseguiti dal trust sono imputati, in ogni caso, a questi ultimi in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell atto di costituzione o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali. La base imponibile dei dividendi, in presenza di trust trasparente o opaco, è la medesima. Anche in ipotesi di trust trasparente sono tassati infatti sul 5% del loro ammontare; in questo caso, però, la base imponibile sconterà la tassazione progressiva Irpef di ciascuno dei beneficiari. In sostanza, sia per il trust trasparente sia per il trust opaco la tassazione dei dividenti è sul 5% del loro ammontare. Se il trust è opaco, tale base imponibile sconta l IRES del 27,5% mentre, se imputata ai beneficiari, la medesima base imponibile sconterà la tassazione progressiva Irpef di ciascuno di essi. Proponiamo ora un esempio di tassazione di dividendi percepiti da un trust trasparente. Esempio n.1: un soggetto ha disposto in trust le quote di maggioranza di una S.r.l.; la società decide di distribuire euro di dividendi. I beneficiari del reddito individuati sono il disponente e i suoi due figli. Calcoliamo quindi l importo netto che verrà percepito dai beneficiari: Ammontare dei dividendi tassato per trasparenza: euro; Quota imponibile: 5% = euro; Ritenuta d acconto: 12,5%*1.500 = 187,5; Aliquota progressiva IRPEF: 43% 3 ; Imposta lorda: 43%*1.500 = 645; Per completezza si propone anche il calcolo delle imposte nell ipotesi in cui il trust fosse opaco. Ammontare dei dividendi in capo al trust: euro; Quota imponibile: 5% = euro; Ritenuta d acconto: 12,5%*1.500 = 187,5; Imposta lorda: 27,5%*1.500 = 413; La tassazione delle cessioni durante la vita del Trust Analizziamo innanzitutto il trattamento fiscale della cessione dei beni durante la vita del trust. 3 Si ipotizza che l aliquota applicabile sia quella marginale più elevata.

8 Il trattamento fiscale della cessione dei beni durante la vita del trust non presenta particolari problemi operativi, in quanto desumibile dalle ordinarie disposizioni che, ai fini delle imposte sui redditi, disciplinano detta operazione. In particolare, quando le cessioni siano poste in essere nell esercizio di impresa, la relativa disciplina fiscale varia in funzione della categoria di appartenenza del bene ceduto. Diversamente, nel caso di cessioni non effettuate nell esercizio dell impresa potranno realizzarsi, ricorrendone i presupposti, le fattispecie reddituali previste dall art. 67 del T.U.I.R. Per la determinazione delle plusvalenze dovrà farsi riferimento ai valori fiscalmente riconosciuti in capo al disponente, fermo restando che il trasferimento dei beni dal disponente al trustee non interrompe il decorso del quinquennio di cui all art. 67, mentre nel caso di cessioni di beni acquistati dal trust si farà riferimento al prezzo pagato. Di conseguenza, in ipotesi di cessione di una partecipazione qualificata o non qualificata, la plusvalenza in capo al trust è tassata come se lo stesso fosse una persona fisica. In ipotesi di cessione di una partecipazione qualificata, la plusvalenza sarà tassata sul 49,72% dell ammontare; diversamente, in ipotesi di cessione di una partecipazione non qualificata la plusvalenza sarà soggetta ad un imposta sostitutiva del 12,5%. Il passaggio dei frutti ai beneficiari La C.M. n. 48/2007 ha chiarito che se il trust è opaco i frutti risultano tassati esclusivamente in capo ad esso e non anche nei confronti dei beneficiari degli stessi. Di conseguenza, i frutti sono tassati in capo al trust (si pensi ai dividendi che scontano una tassazione dell 1,375%) e quando, successivamente, vengono distribuiti ai beneficiari non scontano alcuna imposizione La disposizione di beni in trust La circolare 48/E/2007 ha affrontato al punto 3.3 il regime ai fini delle imposte dirette del trasferimento dei beni al trust. Le conclusioni non si discostano da quanto sostenuto dalla migliore dottrina. Se il trasferimento riguarda beni relativi all impresa, gli stessi saranno considerati destinati a finalità estranee all esercizio dell impresa e quindi tassati ai sensi dell art. 85, comma 2 del T.U.I.R., se si tratta di beni che possono generare ricavi, oppure ai sensi degli articoli 58, 86 e 87 del T.U.I.R. se si tratta di beni che generano plusvalenze. In entrambi i casi, il valore da prendere a riferimento per il calcolo del ricavo o della plusvalenza è il valore normale di cui all articolo 9, comma 3. L estromissione comporta inoltre l assoggettamento ad IVA ai sensi dell art. 2, comma 2 n. 5 del D.P.R. n. 633/1972.

9 E invece confermata l irrilevanza reddituale delle disposizioni in trust effettuate da persone fisiche non operanti in regime di impresa.

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