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3 dell osservatorio sociale Collana coordinata da Michele Parpajola Il tessuto sociale ed economico del territorio pratese sta attraversando rapide quanto profonde trasformazioni ma al tempo stesso si caratterizza per i forti elementi di continuità con la storia e la tradizione locale. Il passaggio da un modello di stato sociale tradizionale ad uno di welfare mix, dove accanto al servizio pubblico assumono sempre più rilevanza la progettualità e il lavoro delle organizzazioni del terzo settore, la sperimentazione a livello regionale - avviata anche nell area pratese - di nuove forme per la programmazione e gestione dei servizi socio-sanitari: la Società della Salute, laddove per salute si intende - nel senso più ampio del termine - il benessere sociale del cittadino, sono fenomeni che richiedono un forte ripensamento delle politiche sociali integrate. Il processo di ridimensionamento delle famiglie, l emergere di nuove tipologie familiari ed il mutato ruolo delle donne all interno della famiglia e nel mercato lavorativo con la conseguente necessità di conciliazione dei tempi di cura e lavoro, nonché la complessità delle dinamiche migratorie con la progressiva stabilizzazione delle comunità migranti determinano una costante evoluzione della struttura demografica dell area provinciale e producono nuove forme di bisogno e domande inedite di servizi. Sono questi alcuni dei cambiamenti significativi che pongono con forza una duplice esigenza: da un lato sviluppare attività di analisi e ricerca finalizzate alla costruzione di scenari, di sintesi interpretative utili alla programmazione e alla governance locale, dall altro promuovere una costante azione di diffusione sul territorio delle conoscenze acquisite per discutere, riflettere sui risultati degli studi realizzati. È dal desiderio di rispondere, almeno in parte, a questa necessità che nasce la collana editoriale le tele dell osservatorio sociale promossa e realizzata dalla Provincia di Prato in collaborazione con Asel srl - Agenzia di Servizi per le Economie Locali. La collana si articola in pubblicazioni monografiche su rilevanti tematiche sociali individuate e scelte sulla base delle molteplici attività di ricerca svolte in questi anni dall Osservatorio Sociale Provinciale unitamente alle indicazioni e agli orientamenti espressi dagli attori locali del pubblico e del privato sociale attivi sul territorio. Le tele dell osservatorio sociale intendono rappresentare un utile strumento di divulgazione dedicato ad amministratori locali, operatori dei servizi pubblici e privati, studiosi, a tutti i cittadini che abbiano interesse a conoscere ed approfondire teorie, buone prassi, esperienze e metodologie d intervento utili per comprendere la complessità e l evoluzione delle dinamiche sociali in atto e contribuire così alla ridefinizione e alla crescita del sistema di welfare locale.

4 Comitato scientifico della collana GUIDO FERRARI Università degli Studi di Firenze MAURIZIO BAUSSOLA Università Cattolica del Sacro Cuore BRUNO DE LEO Ministero dell Economia e delle Finanze GABI DEI OTATI Università degli Studi di Firenze FRANCESCO GIUNTA Università degli Studi di Firenze LAURA LEONARDI Università degli Studi di Firenze FABIO SFORZI Università degli Studi di Parma Via Ricasoli, 25 - Prato - Tel. 0574/ mparpajola@provincia.prato.it sito web:

5 Provincia di Prato con le mie forze Uno studio sulle madri sole nella provincia di Prato di SIMONA BALDANZI Prato marzo 2006

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7 Prefazione Madri sole, un microcosmo che contempla aspetti diversi: la scelta di avere un figlio nonostante l assenza di un padre, un matrimonio finito oppure un compagno che viene a mancare. Per ognuno di questi casi un unico comun divisore, la mancata condivisione delle responsabilità quotidiane nella crescita di un figlio con problematiche che sono di ordine economico e sociale, ma anche psicologico. La vita della madre sola è spesso una silenziosa corsa a ostacoli, oltre alla polverizzazione del proprio tempo e il senso di responsabilità, spesso la donna è costretta a fare i conti anche con un mondo del lavoro ostile nei confronti dell occupazione femminile. In aggiunta, la mancanza di una rete di assistenza e protezione, di un welfare poco presente sui temi delle politiche familiari, contribuisce ad aggravare una situazione di gestione già complicata e che di riflesso comporta difficoltà anche di tipo psicologico. Un figlio è infatti ancora un qualcosa che la nostra società addebita completamente alla madre e in questo senso purtroppo a volte può diventare un peso; il ruolo di madre non è solo una ricchezza, spesso è anche una grossa fatica. Esiste ancora una diversa attribuzione dei ruoli, a un padre non è chiesto di rinunciare al suo tempo o alle sue ambizioni professionali e personali per accudire un figlio, non ha la responsabilità di supportarlo, educarlo. In caso di separazione spesso il suo ruolo si limita al fattore economico (a volte neppure a quello), mentre alla madre è affidata una diversa e complessa responsabilità che può lasciare un forte senso di solitudine e abbandono. Il quadro del sistema italiano in questa materia è esplicito, la nostra è una fra le nazioni con il più basso tasso di natalità, un sistema nel quale è esclusivamente delegata alla famiglia la protezione sociale. Non è un caso infatti che non esista ancora, fra le poche leggi a sostegno della genitorialità e dell infanzia, la categoria madri sole, non essendone riconosciuto lo status non esistono di conseguenza politiche di sostegno. Se questi sono gli elementi che descrivono la nostra società e i cui aspetti si ritrovano nel lavoro condotto dalla ricercatrice è anche vero che nella donna sono insite le peculiarità di coraggio e forza che aprono a sviluppi in positivo. Nonostante le molteplici difficoltà molte donne dimostrano di riuscire a farcela, affermano la loro abilità e volontà di andare avanti districandosi fra disagi e paure per affermare il loro desiderio di essere donne e madri IRENE GORELLI Assessore alle Politiche Sociali Provincia di Prato

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9 INDICE Introduzione pag Uno sguardo alla storia e ai concetti 1.1. Dalle ragazze madri alle madri sole pag Maternità e solitudine pag Una fotografia quantitativa delle madri sole Premessa pag Caratteristiche socio-demografiche delle madri sole pag Madri sole e terzo settore. Due casi a confronto: La Nara e Centro Aiuto alla Vita Premessa pag. 27 Schede LA Nara e Centro Aiuto alla Vita pag Le caratteristiche delle madri sole pag I problemi riscontrati, le richieste e le risposte pag Figure di madri sole nella Provincia di Prato 4.1. Come e chi abbiamo intervistato pag I gradini della vita: momenti di svolta, difficoltà e consapevolezza pag Le persone più importanti della vita: reti di relazione e di protezione pag L organizzazione del quotidiano: il patchwork dei tempi di vita pag Le varie sfumature della solitudine pag Luoghi del benessere e del disagio pag Politiche di sostegno e di intervento sociale pag Prospettive per il futuro pag Suggerimenti e considerazioni finali pag. 96 Riferimenti bibliografici pag. 105 Interventi a Convegni pag. 106 Sitografia pag. 107 Allegato 1 pag. 109 Allegato 2 pag. 111

10 Nonostante la disperazione ho la forza di continuare perché mi sento. Se tutto cambia, se tutto mi fa soffrire, rimango sola con me. Per smarrire me stessa, avrei dovuto essere sicura di non avere più bisogno di me. MARCELLE SAUVAGEOT Lasciami sola Alle donne intervistate

11 Introduzione INTRODUZIONE Sino agli inizi degli anni 90 le madri sole costituivano un tema non esplorato nell analisi sociologica: restano ancora oggi un problema indifferente al dibattito politico e un soggetto tacitato e invisibile nelle misure di politica sociale. Semmai, nel corso della storia si è parlato di ragazze madri, vedove, separate e divorziate, quindi mettendo in evidenza il loro stato civile e quindi il loro rapporto o meno con la famiglia concepita tradizionalmente e mai la caratteristica che le accomuna: sono donne e madri che crescono i loro figli da sole. La sociologia contemporanea ha etichettato la famiglia italiana, secondo le seguenti tipologie: a) famiglia unipersonale (single); b) mogenitoriale; c) famiglia lunga (anziani e figli adulti coabitanti); d) famiglia ricostruita (o ricomposte); e) famiglie di fatto (o matrimoni informali) (P.Donati, P. Di Nicola, 2002, p.63). Queste forme esistevano già in passato, ma oggi si presentano con elementi nuovi: sono in continuo aumento le famiglie composte da separati e divorziati; i figli tendono a rimanere per più tempo in seno alla famiglia o per la mancanza di un lavoro stabile o per una migliore capitalizzazione dello stipendio; aumentano i matrimoni misti; inoltre sempre più spesso assistiamo a convivenze tra individui che non presentano tra loro legami di parentela o sentimentali. Chiaramente tutte le espressioni che si possono utilizzare per definire la famiglia contemporanea, non sono esaustive a descrivere convivenze sempre più articolate. Ma certi concetti vengono istituzionalizzati in determinati periodi, di solito in ritardo rispetto al manifestarsi del fenomeno. Infatti è di recente che l ISTAT introduce il concetto di famiglia monogenitore: sono state rilevate in Italia solo a partire dal 1983, anno in cui, per la prima volta, questo aggregato è stato distinto da quello delle famiglie con figli a carico (A.L. Zanatta, 1996). Ma anche questa definizione nasconde il fatto che il fenomeno è strettamente femminile: anche nei paesi in cui l affidamento congiunto è ormai una pratica consolidata e prevalente, la modalità giuridica di affidamento dei figli non sposta la prevalenza della loro convivenza con le madri, attestata a più dell 85% dell universo monogenitore (F. Bimbi, 2005, p. 18). I figli, dunque, vivono con la madre. È lei la caregiver. Questo dimostra che ci sono leggi culturali che sono ancora più forti di quelle scritte: congiunto non significa dividersi ogni tipo di responsabilità, ma sembra esserci un contratto di genere firmato da secoli per cui la madre cura i figli, il padre (e non sempre questo avviene) ci mette i soldi. Tutto questo mette in luce anche lo squilibrio tra i tempi femminili e maschili nella cura, la doppia presenza 1 delle donne, la forte dipendenza economica delle donne dai loro partner, discriminazioni nei differenziali salariali e del non riconoscimento economico del lavoro familiare, crescita dell istruzione delle donne non accompagnata da una parallela valorizzazione delle loro qualità, il lavoro precario come fenomeno generalmente più femminile che maschile, una certa resistenza del pregiudizio morale sulle capacità genitoriali autonome delle donne e in Italia una cultura politica ideologicamente familista e un sistema di welfare assolutamente poco presente sul versante delle politiche familiari. 1 Per la prima apparizione del termine cfr. L. Balbo (1978), La doppia presenza, Inchiesta

12 Introduzione Talvolta la madre sola viene idealizzata a prototipo della modernizzazione dei rapporti di genere: l icona della donna indipendente che cresce i figli da sola. Occorre fare attenzione: ancora il fenomeno è legato a donne particolarmente esposte ai processi di impoverimento o al limite della marginalizzazione. Inoltre in Italia, la bocciatura del referendum sulla procreazione assistita 2 nel giugno 2005 ha ribadito che non vi è la possibilità di essere madre fuori dalla coppia (eterologa), al di là di qualsiasi giudizio morale. Un freno al considerare la donna capace di volere, concepire, nascere e crescere un figlio da sola. Il tema delle madri sole è una questione sociale che si inserisce in un contesto di trasformazione delle identità e dei diritti femminili, delle relazioni familiari, dei diritti dei giovani e dei bambini. È necessario considerare la voice delle madri sole e la loro esperienza della famiglia come un input per le politiche di cui esse erano state per secoli prevalentemente un oggetto gravato di stigma. Per questo motivo lo spazio più ampio dato in questo studio è proprio alle testimonianze delle dirette interessate, attraverso 25 interviste a madri sole del territorio pratese che qui ringrazio per la loro disponibilità e sensibilità ad affrontare tematiche spesso delicate. Per arrivare a questo, prima cercheremo di ricostruire i concetti e i passaggi storici che ruotano attorno alla maternità e a queste donne che crescono i figli da sole, poi vedremo una fotografia quantitativa attraverso i dati ISTAT, focalizzando l attenzione sui numeri della provincia di Prato e un caso di studio sulle madri sole che per diversi motivi si sono rivolte a due centri pratesi: La Nara e Centro Aiuto alla Vita. 2 Il referendum del giugno 2005 prevedeva quattro quesiti parzialmente abrogativi della legge 40 del 19 febbraio 2004 sulla procreazione assistita. I quesiti riguardavano: 1. l utilizzo di embrioni per la cura di nuove malattie; Procreazione medicalmente assistita - limite alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni. 2. l utilizzo di più embrioni nella procreazione assistita; Procreazione medicalmente assistita - norme sui limiti all accesso. 3. la sfera dei diritti della donna nella procreazione assistita; Procreazione medicalmente assistita - norme sulle finalita, sui diritti dei soggetti coinvolti e sui limiti all accesso. 4. la fecondazione eterologa; Procreazione medicalmente assistita - divieto di fecondazione eterologa. È fallito per mancanza del quorum. 12

13 Uno sguardo alla storia e ai concetti 1. Uno sguardo alla storia e ai concetti 1.1. Dalle ragazze madri alle madri sole Il termine madre sola (lone mother) è stato importato dall Europa. Come ha sottolineato Rosanna Trifiletti 3, questa terminologia ci consente di mettere a fuoco un oggetto di tutela in precedenza opaco, non preso in dovuta considerazione e ci permette di imparare a vedere qualcosa nello specifico. È una rappresentazione di un gruppo sociale che tenta di unire più donne accomunate dall esperienza di trovarsi per un periodo più o meno lungo a crescere dei figli da sole e non un concetto stigmatizzante come altri che storicamente sono stati usati. Anche in questo studio lo vorremmo usare in questo senso: come strumento di analisi e non come definizione chiusa. Ma come siamo arrivate a parlare di madri sole? Storicamente, prima dell avvento del divorzio nel nostro Paese, le madri sole erano le vedove e le cosiddette ragazze madri. Le vedove, in quanto madri sole naturali, sono state da sempre accettate e protette dal punto di vista giuridico istituzionale. Le vedove lavoratrici possono cumulare i benefici di tre sistemi: la protezione derivante dal matrimonio, attraverso la pensione di reversibilità, le coperture sociali derivanti dalla propria occupazione e se occorre, le previdenze dell assistenza sociale. C è da dire, però, che spesso sono state tutelate in quanto soggetto debole e non capace, da solo, di essere genitore, e questo lo si poteva vedere confrontando il differente giudizio morale intorno ad un vedovo o ad una vedova. Spesso alla vedova non era consentito rifarsi una vita con un altro uomo, mentre al vedovo questa scelta era non solo accettata, ma sostenuta. La ragazza madre ha una storia travagliata. È una definizione interessante poiché venivano chiamate ragazze, anche chi non aveva più l età per essere chiusa in questa etichetta. Ha un significato simbolico: il fatto di avere figli senza essere sposata costituisce una sorta di limbo alle soglie del divenire donna, in attesa di divenire adulta. È una terminologia che evoca disonore, vergogna, colpevolezza e debolezza in quanto sinonimo di giovane donna nubile sedotta e caduta in tentazione e ricorda istituzioni più attente a controllare e a punire rispetto che a tutelare e assistere (F. Bimbi, 2000) 4. Infatti, per buona parte dell ottocento, nei paesi cattolici, la nubile sola non poteva essere considerata madre: l abbandono dell illegittimo era una scelta obbligata. Alle madri che avevano il denaro per pagare, la levatrice garantiva il segreto; invece, se la madre non poteva permettersi la retta per il brefotrofio, era dovere della levatrice condurre la donna in istituto per un anno di servizio obbligatorio come nutrice, denunciandola alle autorità in caso di rifiuto (F.Bimbi, 2000, p.77). Così la donna che si trovava in istituto, allontanata dal proprio figlio si trovava lì come balia e quindi costretta ad allattare più di un bambino e non come madre. Avvengono dei cambiamenti a fine ottocento che spingono le madri nubili ad allevare i propri figli: 3 Cfr. Trifiletti R., Processi identitari e costruzione delle politiche per le madri sole. Storie di vita a Firenze in Bimbi F., a cura di, (2000), Madri sole. Metafore della famiglia ed esclusione sociale, Carocci, Roma. 4 Cfr. anche Stendardo V. (2003), Disagio e welfare State: la questione delle giovani madri sole. 13

14 Uno sguardo alla storia e ai concetti le ruote chiudono per motivi economici, vi era una elevata mortalità infantile negli istituti che erano diventati veicolo di contagio di malattie quali la sifilide. La soluzione era che la madre allattasse il suo bambino per proteggerlo dai contagi e in alcuni istituti veniva loro offerta una ricompensa come per le balie: all obbligo della negazione della maternità si sostituisce quello di una maternità per forza, controllata, istituzionalizzata (F. Bimbi, 2000, p.75). Nel 1927 vengono fondati gli asili materni destinati al ricovero delle gestanti nubili e delle madri nubili che allattano il bambino ricoverato in brefotrofio con lo scopo di persuaderle a tenere il bambino, allattarlo, e rieducarle moralmente per il compito che l aspetta 5. Il fascismo mette in risalto l ideale materno che diventa un vero oggetto della simbologia di regime. Avere figli diventa uno strumento di riproduzione demografica, sociale e culturale come cinghia di trasmissione dell ideologia fascista. Le ragazze madri diventano figure da rieducare e laddove la famiglia non riesca, ci sono altre strutture che l affiancano o la sostituiscono. Tra il 1923 e il1934 vennero approvate una serie di leggi per cui la Provincia diventò (e ancora oggi ne ricopre il ruolo) l unico Ente espressamente titolare di alcune competenze in materia di madri sole, essendo tenuta a garantire, direttamente o indirettamente, interventi rivolti a illeggittimi ed esposti, maternità ed infanzia bisognose, abbandonate o a rischio di abbandono (E. Ruspini, 2002, p.59). È nel 1925, infatti che nasce l ONMI (Opera nazionale maternità e infanzia), l ente incaricato al controllo sanitario e morale della maternità, organizzata territorialmente in federazioni provinciali e in comitati di patronato comunali. L art. 4 affermava: L Opera Nazionale provvede alla protezione e assistenza delle gestanti e delle madri bisognose o abbandonate, dei bambini lattanti e divezzi fino al 5 anno di età appartenenti a famiglie che non possono prestare loro tutte le necessarie cure per un razionale allevamento, dei fanciulli di qualsiasi età appartenenti a famiglie bisognose e di minorenni fisicamente o moralmente anormali, traviati e delinquenti, fino al compimento all età di 18 ani compiuti ( ) favorisce la diffusione delle norme e dei metodi scientifici di igiene prenatale e infantile nelle famiglie e negli istituti (attraverso ambulatori specializzati, scuole di puericultura, corsi popolari di igiene materna e infantile) ( ) organizza (in concorso con gli altri enti interessati) l opera di profilassi antitubercolare nell infanzia e la lotta contro le malattie infettive (E. Ruspini, 2002). E sempre l art.4 fa riferimento esplicito alla sola madre e al bambino nato da un unione illegittima: Erano ammessi all assistenza ( ) ogni bambino nato da un unione illegittima, riconosciuto dalla sola madre, quando questa potesse dimostrare di trovarsi in stato di povertà e provvedesse direttamente all allattamento o all allevamento del proprio figlio. L ONMI aveva il compito di vigilare e controllare tutte le istituzioni pubbliche e private di assistenza alle madri e fanciulli (art.5), inoltre (art.6) nelle esplicazioni dei suoi compiti integrativi, l Opera Nazionale ha la facoltà di fondare istituzioni di assistenza materna, casse di maternità, opere ausiliarie dei befrotrofi ( ) la dove l assistenza risulti deficiente ( ) e di provvedere al coordinamento di tutte le istituzioni (coinvolte) indirizzandone le attività secondo i più urgenti bisogni di popolazione locale. Le opere più importanti sulla cui applicazione l ONMI doveva vigilare erano quelle relative l assistenza e la tutela degli illegittimi abbandonati, RDl n.798 del , RD n Cfr. r.d. 8 maggio 1927, n 798 e F. Bimbi, 2000, p

15 Uno sguardo alla storia e ai concetti del ; la mutualità scolastica Legge n.17 del ; la tutela della maternità delle lavoratrici, RDl n.654 del ; e la tutela del lavoro della donna e del fanciullo, Legge n.653 del ( V. Stendardo, 2003). Venivano erogati premi di natalità 6 al capofamiglia (solo ai padri) o alla madre, se nubile, in quanto mancante di un uomo che potesse riceverli al posto loro. Venivano fornite doti alle ragazze madri che fossero riuscite a persuadere il padre del loro figlio (o un qualsiasi altro uomo) a sposarle. Si trattava della tradizione in politica pubblica di un usanza antica: le istituzioni caritative avevano una lunga tradizione nell aiutare sia le ragazze orfane, sia le nubili povere, a trovare un marito attraverso l elargizione di doti. Le donne in stato di gravidanza potevano ricevere assistenza sanitaria gratuita in ospedale e le madri che allattavano avevano diritto a pasti che dovevano consumare in mense al fine di evitare che li dividessero con altri figli e/o col marito. Veniva riconosciuto questo sostegno solo alle madri però, che erano disposte a svolgere il proprio ruolo riproduttivo in modo appropriato: le donne che si rifiutavano di allattare senza un valido motivo sanitario non avevano diritto né al cibo per se stesse né al latte in polvere per il bambino, anche quando vi erano drammatiche ragioni sociali per non allattare come lavorare per mantenere gli altri figli (C. Saraceno, 1996). La politica fascista opta per un forte intervento pubblico sulla procreazione, sull accentuazione del ruolo materno e sulla definizione del matrimonio e della procreazione come beni pubblici. Dopo la caduta del regime, comunque, la gestione dell assistenza alle madri nubili è incerta e frammentata: si accavallano enti, consultori, servizi sociali. Ogni ente locale cerca la propria strada poiché manca un quadro normativo a livello nazionale. La tutela della madre in quanto tale sembrava solo un idea propagandista da togliere e da rifiutare, così anche la figura della madre nubile scompare come soggetto e rientra più in generale nelle forme di supporto accordate alle famiglie (F. Bimbi, 2000). Il contesto culturale era quello regolamentato dal codice civile del 1942 per il quale l aborto e la contraccezione risultavano reati contro la stirpe, mentre la violenza sessuale configurata come reato contro la morale pubblica e il buon costume. Nel 1948 vi è una proposta di legge (da deputate socialiste e comuniste) per la tutela delle madri: si parla anche di madri sole, ma poi nella legge il riferimento non ci sarà più. Abbandonata l idea di tutela universalistica delle madri, si inseriranno tutele per le madri in quanto lavoratrici, soprattutto per quelle impiegate nel settore pubblico 7, in un processo che va dagli anni 60 alla fine del secolo e che possiamo vedere nelle seguenti tappe legislative. Alcune leggi che modificano servizi, ne introducono di nuovi, con gli enti responsabili di tali servizi e alcuni cambiamenti sociali importanti che incideranno sui rapporti di coppia, sulla gravidanza e sulla maternità: 6 Con la legge n.812 del , riguardante agevolazioni fiscali per le famiglie numerose, si concedevano premi di natalità e nuzialità ai dipendenti pubblici; si estendevano gli assegni familiari (erogati dall INFPS) ai dipendenti di aziende private e il primo luglio del 1937 alle Province veniva assegnato il compito di erogare prestiti per nuzialità e natalità. L ammontare del prestito poteva variare da lit.1000 a lit , per coniugi di età non superiore ai 26 anni. La restituzione iniziava dopo il primo anno di matrimonio; la nascita del primo figlio comportava un abbuono del 10% e successivamente per gli altri figli si poteva arrivare fino al 40%. (Stendardo V., 2003) 7 Per le lavoratrici del pubblico impiego un figlio figurava anche ai fini dell anzianità contributiva: un anno di contributi per ciascun figlio. La riforma del sistema pensionistico del 1995 ha provveduto ad estenderla a tutte le donne lavoratrici, indipendentemente dal settore d impiego. 15

16 Uno sguardo alla storia e ai concetti Nel 1955 e nel 1961 assegni familiari al capofamiglia (che successivamente verranno versati al genitore che convive con i figli nel caso dei separati o divorziati) Legge 18 marzo 1968 n.444, scuola materna statale per bambini dai 3 ai 6 anni. Legge sul divorzio del Legge 6 dicembre 1971 n (legge di iniziativa popolare), asili nido pubblici. La responsabilità, l organizzazione e il finanziamento degli asili nido, che in passato erano finanziati dalle imprese con più di 40 lavoratrici, spetta oggi allo stato e alle amministrazioni locali. Legge 30 dicembre 1971 n.1204 si perfeziona la tutela delle lavoratrici madri con la quale si garantiscono alla madre lavoratrice mesi di congedo per la maternità e la garanzia del versamento dello stipendio pari all 80%. DPR 616/1977 abolisce l ONIMI. Tra il 1970 e il 1977 regioni e comuni diventano, quindi, i responsabili principali della gestione della maggior parte delle politiche assistenziali (un welfare su base contributivo-assicurativa, orientato in senso corporativo e strettamente categoriale nelle prestazioni assistenziali tipico del cosiddetto familismo italiano che dal sistema contributivo si trasmette a quello assistenziale). Avviene così un decentramento amministrativo delle funzioni dello stato, previsto già dalla costituzione e realizzato a partire dal DPR 616/1977, che ha valorizzato e potenziato le autonomie locali. Ogni comunità locale può così individuare aree di bisogno, risorse da impegnare e modalità con cui intervenire. Nel 1977 per il padre lavoratore dipendente si crea la possibilità di assentarsi dal lavoro per malattia del figlio. L. 22 maggio 1978, n. 194, Norme per la tutela sociale della maternità e sull interruzione volontaria della gravidanza l ISTAT inserisce fra la tipologia di famiglie quella monogenitore Legge 29 dicembre 1987 n. 546 indennità di maternità per lavoratrici autonome. Nel 1987 si riduce il periodo di separazione legale da 5 anni a 3. Legge 22 novembre 1990 n. 2486, 2521 regola la maternità per le libere professioniste. Legge 8 giugno 1990 n. 142 ordinamento delle autonomie locali il ruolo in materia socioassistenziale viene fortemente ridimensionato, delegando molto ai comuni. Legge 67/1993, conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 18 gennaio 1993, n.9, recante disposizioni urgenti in materia sanitaria e socioassistenziale: di nuovo alle province ciò che la precedente legge aveva collocato all interno dei comuni. Dl n 124 del che valuta in base alla situazione economica del nucleo familiare l esenzione o meno, parziale o totale, dal costo delle prestazioni sanitarie Legge 8 marzo n 53 del 2000 Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città. Il periodo di astensione dal lavoro si fa più flessibile: le donne addette a funzioni non particolarmente gravose possono lavorare fino al termine dell ottavo mese di gravidanza. Questa legge intro duce anche i congedi parentali per i padri. Sicuramente ci sono stati dei cambiamenti importanti nella definizione dei rapporti di coppia con l introduzione del divorzio che ha visto una nuova figura di madre sola: la separata o la divorziata. 16

17 Uno sguardo alla storia e ai concetti Non è più l abbandonata, ma una donna che può scegliere di stare sola e può anche scegliere di diventare o non diventare madre con la 194 e l interruzione volontaria della gravidanza. Tappe importanti che hanno modificato l idea della famiglia tradizionale e hanno riconosciuto un ruolo importante alla donna in quanto decisore principale del divenire madre. Ma oltre a questo? Intanto una grande confusione di competente legislative sulle tutele sociali con continui passaggi di funzioni dalle province ai comuni. E poi un sistema di welfare non su base universalistica (dove c era, è stato via, via rimosso, come per il Sistema Nazionale della Sanità), ma su categorie espressamente legate alla posizione lavorativa che cancella ogni riferimento alle madri sole. Ad oggi il caso italiano disegna questo quadro: un tasso di fecondità fra i più bassi al mondo, un livello dei divorzi più basso dell Unione Europea, poche madri sole con scarsa numerosità di figli concepiti fuori dal matrimonio, e con figli in età avanzata in quanto i giovani permangono in famiglia più che altrove, lo Stato delega alla famiglia la protezione sociale. Paradossalmente nel paese delle mamme e dei bambini, le madri sole, occupate o casalinghe, finiscono per essere madri-ombra (F. Bimbi, 2000, p.106). Così le poche leggi a sostegno della famiglia e della genitorialità o ancora dell infanzia, non fanno esplicito riferimento alla categoria madri sole. Abbiamo infatti una serie di leggi che tutelano la madre lavoratrice, la madre in stato di bisogno, la madre a rischio di esclusione sociale, ma da nessuna parte una normativa che tuteli e aiuti la donna in quanto madre sola. Madri sole invisibili, quindi. Ma perché? Come sottolinea Knibiehler la madre sola è una figura temibile e sospetta che mette in crisi la logica del sistema patriarcale. Accordare un posto nel discorso e nelle società alle madri senza marito, è ammettere, consapevolmente o inconsapevolmente, che le donne possano rispondere da sole dei propri figli (F. Bimbi, 2000, p.76). Una figura di rottura, un po scomoda nel dibattito politico, perché impone tutta una serie di riflessioni, sull indipendenza e sulle scelte della donna, sui diversi modelli di fare famiglia, sulla doppia presenza della donna che la vuole contemporaneamente ottima lavoratrice e buona madre. E anche sulla maternità, appunto: sembra che nel corso degli ultimi anni si sia parlato di tutto tranne che di madri e lo dimostra lo spostamento di interesse, dalla madre al bambino (miglior interesse del bambino), dalla madre alla lavoratrice madre (le tutele corporative di chi lavora), dalla madre ai genitori e alla rete familiare (tutele per la famiglia) (F. Bimbi, 2000, p. 117). E in questo contesto come si sono imposte le madri sole al dibattito attuale? Almeno quello di studio? Per i loro problemi e quelli dei loro figli: povertà, disagio, marginalità. Di nuovo come soggetti da tutelare. Ma rispetto al passato, si sono inseriti, almeno nelle parole del dibattito, concetti quali identità, diritto e parità. Anche perché in Italia si parla di madri sole per forza e non ancora di madri sole per scelta. Basti pensare ad un solo aspetto per cui è vietato per legge concepire al di fuori della coppia eterosessuale, senza padre, con la fecondazione assistita. Se si dovesse iniziare a tutelare la figura della madre sola ci dovremmo rifare all art.3 della Costituzione, al principio di promozione di pari opportunità e di rimozione delle condizioni di discriminazione più che al riferimento della famiglia legittima previsto dall art.29. Anche perché a queste madri è richiesta una solidarietà obbligata nei confronti della famiglia (i figli e le altre persone che necessitano di cura), ma non viene loro concessa la stessa solidarietà attraverso un attenzione alla molteplicità delle forme familiari e all autonomia morale della donna. Quale definizione giuridica di fami- 17

18 Uno sguardo alla storia e ai concetti glia deve essere posta alla base delle politiche sociali? Quale autonomia morale e giuridica è riconoscibile alla donna negli ambiti della procreazione e della maternità? Dalla risposta a queste domande dipende, anche per le madri sole la possibilità o meno di divenire un soggetto attivo nel discorso politico e nelle pratiche di welfare, oltre che un oggetto di studio sociale Maternità e solitudine Nel paragrafo precedente abbiamo scritto che si usa, anche in questo studio, il termine madre sola come strumento di analisi per imparare a vedere qualcosa che in precedenza era opaco e non messo a fuoco, più che come definizione chiusa. Questo termine composto, infatti, rimanda a due esperienze soggettive impregnate di significati: la maternità e la solitudine. Se dovessimo dare un giudizio a caldo su queste due esperienze, verrebbero estremamente positivi per la maternità e non altrettanto per la solitudine. Ma se ci pensiamo bene si può anche ribaltare tale giudizio, solo che non risulta così immediato in quanto la stessa società in cui viviamo ci ha spinto a inquadrare questa visione: la maternità ci indica l aspetto bello delle madri sole, la solitudine ci sottolinea i suoi problemi, il fatto che da sola ha più difficoltà. Questo viene in mente. Se pensiamo con più attenzione alla solitudine ci possono venire in mente aspetti positivi: un percorso di identità fatto da sola, l orgoglio di crescere dei figli senza l aiuto di nessuno, il senso di responsabilità e di maturità acquisito. Anche alle 25 donne che abbiamo intervistato abbiamo chiesto se si sentono sole, se si definirebbero tali e vedremo quante sfumature ha questa parola. E sulla maternità? Non abbiamo inserito una domanda specifica, ma moltissime di loro ne hanno parlato come tappa importante della loro vita e tutte come una esperienza bella, gratificante, emozionante e che le faceva dimenticare anche le difficoltà. Sembra quindi che la maternità abbia solo una faccia, quella positiva dell amore e del sentimento. La tradizione mediterranea da una parte e la cultura cattolica dall altra hanno concorso a legittimare una visione quasi mitica della maternità (P. Romito, 1996). La maternità appare naturale, desiderabile e inevitabile. Il femminismo ha operato una rottura epistemologica e le modifiche del diritto di famiglia e l accessibilità alla contraccezione a all aborto hanno reso la maternità non più inevitabile, indispensabile e non necessariamente un esperienza positiva per tutte le donne. Non si vuole qui aprire un dibattito sulla maternità, ma ne vogliamo cogliere gli aspetti nel suo complesso anche perché considerare la maternità solo come un fenomeno naturale e normale banalizza certe considerazioni e non ne coglie le implicazioni sociali. È proprio perché la maternità viene spesso considerata in questi termini che è socialmente accettato che la donna se ne debba fare carico, è normale appunto che lei si addossi certi lavori di cura e certe responsabilità. Alcune studiose 8 sottolineano come parlare dei costi della maternità, infatti, faccia tutt oggi scandalo, poiché fare un figlio è soprattutto un atto gratuito d amore: chiedere alle donne di valutare i costi della maternità è problematico. Farlo significa per una madre rompere le regole sociali della maternità, che impongono felicità, soddisfazione e capacità di far fronte ai problemi col sorriso sulle labbra; significa negare una parte importante di sé e della propria vita; e come tradire il proprio bambino (P.Romito, 1996, p.9). Dalle interviste vedremo che alcuni costi della maternità vengono fuori 8 Cfr. Romito.P., (1996), Saraceno C. (1996). 18

19 Uno sguardo alla storia e ai concetti dalle parole delle intervistate, ben oltre dalla semplice constatazione che i figli costano. Alcuni studi dimostrano che la maternità comporta diversi costi (lasciando fare quelli economici più conosciuti anche se spesso non riconosciuti) su svariati campi: C è un deterioramento dei rapporti di coppia dopo la nascita del bambino. Si abbassa la qualità del rapporto di coppia, la soddisfazione coniugale, l intimità psicologica e sessuale. Le aspettative delle madri sono contraddette dai fatti: spesso è proprio la mancanza di divisione del lavoro di cura con il partner che delude e provoca risentimento e conflitti. Le neo-mamme hanno numerosi problemi di salute. La gravidanza, il parto e gli interventi ostetrici connessi, l allattamento implicano modifiche del corpo della madre che possono essere profonde, durature e a volte drammatiche. Dopo il parto sono subito a casa attive e si fanno carico del neonato e dei lavori domestici. Fatica, ma anche ansia di onnipotenza che toglie tempo anche al sonno, consuma ogni energia, non lascia risorse neppure per pensarsi come protagoniste di questo straordinario cambiamento, che cambia la vita e il significato dell esistenza (B.Mapelli, 2005, p.2). Non è un caso che la depressione post partum 9 sia stata studiata solo negli ultimi venti anni e che spesso ancora le madri si vergognano a parlarne. Sui fattori che causano la depressione da vari studi si è riscontrato: una relazione di coppia difficile, scarsa partecipazione del partner al lavoro domestico e di cura, insoddisfazione rispetto alle cure mediche ricevute, insoddisfazione rispetto al proprio status professionale (lavoratrice o casalinga), problemi economici e di alloggio, l essere disoccupate o immigrate. Concettualizzare queste variabili in termini di fattori di rischio sarebbe inappropriato. Si tratta invero delle condizioni che fanno normalmente da sfondo alla maternità in una società caratterizzata da disuguaglianze di genere, di classe e di razza (P. Romito, 1996, p.5). La traiettoria professionale per le donne con la nascita di un bambino decresce. Costrette tra un lavoro sotto-pagato e un organizzazione del lavoro rigida, mariti inetti, servizi di cure all infanzia insufficienti, e un ideologia che le fa sentire uniche responsabili del benessere dei bambini e della famiglia, le madri scelgono così di investire meno nell attività professionale. ( ) Avere un attività professionale rappresenta una condizione necessaria se non sufficiente di autonomia e di maggior benessere economico. Interromperla o limitarla non può che rappresentare una perdita oggettiva in questi due campi (P.Romito 1996, p.6). Si trovano ad aver a che fare con una schizofrenia da ruoli: cattiva madre se si occupano troppo del lavoro, cattive lavoratrici se si occupano troppo dei figli. Ecco che essere madre appare meno naturale di quanto si pensi, ma è anch esso un fenomeno calato in un contesto sociale, che ha conseguenze sociali sulla collettività certo (basti pensare al calo demografico che mette in crisi un sistema di welfare), ma anche sulla personalità e sulla vita della donna. Ed è il contesto sociale che rimanda alla madre una immagine ed è proprio lì che la madre si trova da sola: a specchiarsi in quella figura che le viene assegnata e se non corrisponde la assalgono ansie e timori. Viene da riflettere sul momento in cui una madre si sente sola davvero, se questa soli- 9 Cfr. Romito P., (1992), La depressione dopo il parto. Nascita di un figlio e disagio delle madri. Il Mulino, Bologna. 19

20 Uno sguardo alla storia e ai concetti tudine non arrivi ancor prima che si sfaldi la coppia. Silvia Vegetti Finzi scrive che la maternità è un grande rimosso della contemporaneità, intorno al quale permane un nodo irrisolto di pensieri ed emozioni. E questo rimosso, aggiungiamo, fa male, ancor più nel caso delle madri sole. Interessanti le conclusioni di Barbara Mapelli nel suo articolo Materna e colpevole, lo schema dell immaginario : Molte lo intuiscono e se ne dispiacciono, ma proseguono - non possono diversamente - a intrecciare le trame delle proprie e delle altrui incombenze quotidiane intorno al figlio o alla figlia. Chi riesce a fare dell ironia in fondo sta abbastanza bene, in fondo è sola, e soprattutto, stanca. Ma c è chi non riesce a orientarsi nei diversi messaggi che l immaginario sociale getta addosso a una donna come una rete, chi non riesce a comporre o a convivere con le diverse immagini di sé, con desideri contrastanti, con dover essere opposti che si scontrano. Sono quelle che non ce la fanno come l ultima, più recente, giovanissima donna, accusata di aver ucciso il figlio. Se la generazione di donne a cui appartengo - ora siamo le nonne, vere o virtuali - ha fatto la scoperta della doppia presenza, ormai questo modello spiega solo in parte la vita delle nuove donne, impegnate non solo in una composizione continua di tempi e compiti, ma anche di riferimenti simbolici, profondamente contradditori, che non trovano se non sintesi temporanee e inadeguate, sempre da rivedere, sempre insoddisfacenti. Se le più fortunate riescono a sopravvivere, grazie a condizioni particolarmente favorevoli, alla virtù dell ironia - virtù generazionale e femminile - e all esercizio quotidiano di un altra virtù, l ambivalenza, che consente il mantenimento di desideri, attese di sè legate a immagini profondamente diverse, talvolta laceranti dell essere e divenire donne, ci sono, comunque, e sono troppe, quelle che non ce la fanno. Non sempre sono assassine, naturalmente, molte si limitano a star male, a perdersi di vista, a non capire più cosa vogliono, o a mettere da parte, per lungo tempo, questo pensiero. Sole, davanti a un rimosso sociale e culturale che le nega per quello che veramente sono, o potrebbero. Dolenti, nella loro ricerca vana e sofferente di un onnipotenza che sembra realizzare e comprendere in una figura diversa dell essere donna. Ma non c è per il momento, a differenza forse del passato, un momento di condivisione, una riflessione collettiva, che inizi a denunciare, e colmare, questo rimosso. Che inizi a ricostruire nuove figure dell immaginario soggettivo e sociale in cui trovino luogo per sé queste nuove donne e madri e gli uomini a loro vicini, possibili buoni padri. (B.Mapelli, 2005, p.3) Il contributo delle madri sole intervistate dovrebbe servire anche a questo: a smontare vecchie e inutili figure e a costruirne di nuove attraverso le loro stesse parole e non di altri. 20

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