RISCHIO BIOLOGICO PER I LAVORATORI DELLA SANITA : LINEE GUIDA PER LA SORVEGLIANZA SANITARIA

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1 LINEE GUIDA PER LA FORMAZIONE CONTINUA E L ACCREDITAMENTO DEL MEDICO DEL LAVORO SOCIETA ITALIANA di MEDICINA DEL LAVORO ed IGIENE INDUSTRIALE RISCHIO BIOLOGICO PER I LAVORATORI DELLA SANITA : LINEE GUIDA PER LA SORVEGLIANZA SANITARIA

2 GRUPPO DI LAVORO Prof. Alessio L. Cattedra di Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Brescia Coordinatore del Gruppo di Lavoro Prof. Aparo U.L. Istituto Dermopatico dell Immacolata, IRCCS, Roma Prof. Bassetti D. Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi di Genova Dott. Beltrame A. Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi di Genova Prof. Buzzi F. Dipartimento di Medicina Legale, Università degli Studi di Pavia Dott. Cipolloni L. ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma Prof. Germano T. Cattedra di Diritto del Lavoro, Università degli Studi di Bari Dott. Lombardi R. ISPESL, Dipartimento di Igiene del Lavoro, Roma Dott. Longo F. SPESAL, ASL di Bari 5 Dr. ssa Palmi S. ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma Dott. Papaleo B. ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma Dott. Patacchia L. Direzione Generale della Prevenzione, Ministero della Salute, Roma Dr. ssa Pera A. ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma Dr. ssa Persechino B. ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma 2

3 Dr. ssa Placidi D. Servizio di Medicina del Lavoro, Spedali Civili di Brescia Dott. Polato R. Servizio di Prevenzione Protezione, Azienda Ospedaliera di Padova Coordinatore del sottogruppo sulla Valutazione del Rischio Prof. Porru S. Cattedra di Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Brescia Coordinatore del sottogruppo sulla Sorveglianza Sanitaria - Giudizio di Idoneità Dott. Puro V. INMI Spallanzani, IRCCS, Roma Prof. Saia B. Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Padova Dott. Signorini S. ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma Dott. Sossai D. Servizio di Prevenzione e Protezione, Azienda Ospedaliera San Martino di Genova Dr. ssa Tomao P. ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma Prof. ssa Verani P. Istituto Superiore della Sanità, Laboratorio di Virologia, Roma Dr. ssa Vonesch N. ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma Dr. ssa Zanetti C. Servizio di Medicina Preventiva dei Lavoratori Ospedalieri, Azienda Ospedaliera di Padova PAROLE CHIAVE Rischio biologico, valutazione del rischio, sorveglianza sanitaria, ipersuscettibilità, vaccinazioni, giudizio di idoneità, informazione-formazione, HBV, HCV, HIV, precauzioni standard, dispositivi di protezione individuale, operatori della sanità 3

4 ACRONIMI AB Agenti biologici ACIP Advisory Committee on Immunization Practices BCG Bacillo di Calmette-Guérin CDC Centers for Disease Control and Prevention CIO Comitato per il controllo delle Infezioni Ospedaliere DPI Dispositivi di protezione individuale EIA Enzyme Immuno Assay EPP Exposure Prone Procedures HBV Hepatitis B Virus HCV Hepatitis C Virus HIV Human Immunodeficiency Virus ICOH International Commission on Occupational Health ILO International Labour Office IRB Infortuni a rischio biologico LG Linee Guida MC Medico del Lavoro-Competente OS Operatori della sanità PPD Purified Protein Derivative PPE Profilassi post-esposizione RB Rischio Biologico RIBA Recombinant Immuno Blot Assay RLS Rappresentanti dei lavoratori per la Sicurezza RSPP Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione SIROH Studio Italiano Rischio Occupazionale da HIV/HBV/HCV SS Sorveglianza Sanitaria TB Tubercolosi VdR Valutazione del rischio VZV Varicella-zoster virus 4

5 GLOSSARIO Agente infettante: microrganismo in grado di penetrare in un organismo ospite provocandovi un infezione o una malattia infettiva. Carica infettante: quantità minima di agente biologico che penetra nell organismo, in grado di innescare il processo patogeno; è variabile sia in funzione delle caratteristiche di patogenicità dell agente infettante, sia in funzione della capacità di difesa immunitaria dell organismo ospite. Contaminazione: presenza di un agente infettivo su una superficie corporea, su indumenti, effetti letterecci, strumenti ed altri oggetti inanimati, oppure su sostanze alimentari. Counselling: attività di consulenza offerta dal MC, eventualmente in collaborazione con un infettivologo ed uno psicologo, al lavoratore portatore di infezione da virus emotrasmessi, riguardo principalmente al significato del giudizio d idoneità ed ad aspetti quali i rischi per i familiari, la comunità, gli accertamenti post-esposizione, i comportamenti igienico-sanitari. Cuticonversione: sviluppo di una risposta anticorpale nei confronti di un agente biologico o di un vaccino, evidenziabile con prove cutanee Disinfezione: distruzione di germi patogeni, ad esclusione delle spore batteriche, presenti in un determinato ambiente o substrato o in un distretto dell organismo. Dispositivi sicuri: presidi medici e chirurgici dotati di sistemi di sicurezza intrinseci Dispositivi di Protezione Individuale: qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciare la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo, rispondenti alle norme tecniche EN. Epidemia: manifestazione a carattere episodico di una malattia che si diffonde con frequenza elevata (aumento dell incidenza rispetto ai casi attesi) in vasti strati di una popolazione di una definita area, in un periodo di tempo limitato. HBV-DNA: genoma del Virus dell epatite B, costituito da acido desossiribonucleico, ricercato in diagnostica quale marcatore diretto di infezione. HCV-RNA: genoma del Virus dell epatite C, costituito da acido ribonucleico, ricercato in diagnostica quale marcatore diretto di infezione. Immunoprofilassi attiva e passiva: misure preventive e protettive che comportano il potenziamento delle difese organiche, ovvero l immunizzazione nei confronti di una determinata patologia infettiva ottenuta attraverso la somministrazione di vaccini e immunoglobuline. Infettività: capacità di un microrganismo di penetrare e moltiplicarsi nell ospite. 5

6 Infezione: penetrazione, moltiplicazione e diffusione di un microrganismo in un ospite (uomo o animale), seguita da una sintomatologia clinica, da uno stato di infezione asintomatico o da uno stato di infezione inapparente. Operatore Sanitario: soggetto la cui attività comporta il contatto con i pazienti, o con il loro sangue o altri liquidi organici, all interno delle strutture sanitarie e anche al di fuori di esse. Patogenicità: capacità di produrre malattia a seguito di infezione Profilassi: insieme delle misure preventive idonee a limitare o eradicare le malattie, in particolare quelle infettive. Profilassi diretta: l insieme dei provvedimenti che si adottano in caso di malattia infettiva, al fine di evitarne la propagazione. Profilassi indiretta: la modifica di condizioni ambientali che favoriscono la diffusione dei microrganismi patogeni (igiene del suolo e dell abitato, dell alimentazione, approvvigionamento idrico, dello smaltimento dei rifiuti). Profilassi post-esposizione: insieme dei provvedimenti adottati per ridurre il rischio di trasmissione dopo esposizione occupazionale ad agenti biologici. Sieroconversione: sviluppo di una risposta anticorpale nei confronti di una malattia o di un vaccino evidenziabile con test sierologici. Sieropositività: indica positività ai test sierologici. Sterilizzazione: processo di distruzione completa di tutti i microrganismi, comprese le spore batteriche, mediante esposizione ad agenti fisici e chimici. Trasmissibilità: possibilità di trasmissione dell agente biologico da soggetto infetto a soggetto suscettibile. Sinonimo di infettività e contagiosità Trasmissione degli agenti infettivi: modalità attraverso la quale avviene il contagio, distinta in: trasmissione da operatore infetto a paziente trasmissione nosocomiale: da paziente infetto a paziente, trasmissione occupazionale: da paziente infetto a operatore Vaccinazione: inoculazione di vaccini, in modo da indurre una risposta immunitaria attiva analoga a quella che si verifica nell infezione naturale, ma senza esporre l organismo ai pericoli di quest ultima. 6

7 INDICE 1. RAZIONALE 2. VALUTAZIONE DEL RISCHIO 2.1 INTRODUZIONE 2.2 STIMA DEL RISCHIO DI INFEZIONE DA VIRUS TRASMESSI PER VIA EMATOGENA PREVALENZA DI SIEROPOSITIVITÀ PER HBV, HCV, HIV IN ITALIA INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO - TASSI DI ESPOSIZIONE SOTTOSTIMA DELLA NOTIFICA DI INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO STIMA DEL RISCHIO DI CONTAGIO DA PAZIENTE AD OPERATORE SANITARIO STIMA DEL RISCHIO DI CONTAGIO DA OPERATORE SANITARIO A PAZIENTE 2.3 METODOLOGIA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO ATTIVITÀ CHE COMPORTANO ASSISTENZA DIRETTA A PAZIENTI ATTIVITÀ A MAGGIOR RISCHIO DI INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO PROCEDURE INVASIVE A RISCHIO DI ESPOSIZIONE FATTORI CHE POSSONO CONDIZIONARE IL RISCHIO DI INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO Fattori di tipo edilizio / ambientale Fattori di tipo organizzativo/amministrativo Fattori legati a procedure di lavoro Fattori legati all uso di Dispositivi di protezione individuale e collettiva Fattori legati all uso di dispositivi sicuri Fattori legati alla informazione/formazione INCIDENZA DEGLI INFORTUNI 2.4 MALATTIE TRASMESSE PER VIA AEREA 2.5 RUOLO DEL MEDICO COMPETENTE NELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO 3. SORVEGLIANZA SANITARIA NEGLI OPERATORI SANITARI ESPOSTI A RISCHIO BIOLOGICO 3.1 INTRODUZIONE 3.2 ACCERTAMENTI SANITARI PREVENTIVI VISITA MEDICA Anamnesi Esame obiettivo ESAMI DI LABORATORIO 7

8 Epatite A Epatite B Epatite C Epatite D HIV Morbillo, Parotite, Varicella, Rosolia ESAMI STRUMENTALI 3.3 ACCERTAMENTI SANITARI PERIODICI 3.4 ACCERTAMENTI SANITARI STRAORDINARI 3.5 PROFILASSI POST-ESPOSIZIONE PROFILASSI POST-ESPOSIZIONE (PPE) PER HBV PROFILASSI POST-ESPOSIZIONE PER HCV PROFILASSI POST-ESPOSIZIONE PER HIV 3.6 TUBERCOLOSI Proble matiche organizzative 3.7 SORVEGLIANZA SANITARIA DEL PERSONALE IN FORMAZIONE SCOPO DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA PER IL PERSONALE IN FORMAZIONE ESPOSTO A RISCHIO BIOLOGICO Accertamenti Sanitari 4. LE VACCINAZIONI PER GLI OPERATORI SANITARI 4.1 PREMESSA 4.2 LE VACCINAZIONI PER GLI OPERATORI SANITA RI LINEE GUIDA NAZIONALI ED INTERNAZIONALI Vaccinazione antihav Vaccinazione antihbv Vaccinazione antivaricella Vaccinazione antirosolia, parotite, morbillo Vaccinazione antiinfluenza Vaccinazione antitubercolosi Vaccinazione antitifo Vaccinazione antitetanica INDICAZIONI OPERATIVE PER LA VACCINAZIONE DEGLI OPERATORI SANITARI Programmi vaccinali Effettuazione delle vaccinazioni Adempimenti preliminari e successivi alla vaccinazione Soggetti non responder nei confronti della vaccinazione anti-hbv 8

9 4.3 SINOPSI CONCLUSIVA Rifiuto di sottoporsi a vaccinazione Controindicazioni alle vaccinazione e reazioni avverse 5. IL GIUDIZIO DI IDONEITÀ ALLA MANSIONE SPECIFICA 5.1 PREMESSA 5.2 LA FORMULAZIONE DEL GIUDIZIO DI IDONEITÀ OPERATORI SANITARI CON INFEZIONE DA HBV, HCV, HIV 5.3 GIUDIZIO DI IDONEITÀ PER ALTRE MALATTIE O INFEZIONI 5.4 PROPOSTA DI MODALITÀ DI FORMULAZIONE DEL GIUDIZIO DI IDONEITÀ 5.5 LA GESTIONE DEL GIUDIZIO DI IDONEITÀ 5.6 CONSENSO INFORMATO. FLUSSI INFORMATIVI 6. L INFORMAZIONE E LA FORMAZIONE SUL RISCHIO BIOLOGICO 6.1 PREMESSA 6.2 L INFORMAZIONE E LA FORMAZIONE L INFORMAZIONE LA FORMAZIONE Analisi del contesto Progettazione dell intervento Definizione degli obiettivi Definizione dei contenuti Definizione della metodologia didattica 6.3 VALUTAZIONE E VERIFICA D EFFICACIA 6.4 ESEMPIO DI CORSO FORMAZIONE PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO 7. PRECAUZIONI STANDARD BIBLIOGRAFIA TABELLE FIGURE ALLEGATI 9

10 1. RAZIONALE La tematica del Rischio biologico (RB) negli ambienti di lavoro è oggi di notevole attualità, per varie ragioni, tra cui principalmente: - il miglioramento delle conoscenze in campo microbiologico, immunologico ed infettivologico - la promulgazione, in Italia, dal 1994, di Decreti legislativi ad hoc, nonché l emanazione nel 2000 di una specifica Direttiva dell Unione Europea - la maggiore consapevolezza circa il RB da parte delle varie figure professionali preposte alle attività di prevenzione nei luoghi di lavoro - la maggiore percezione del RB da parte dei lavoratori e, più in generale, degli utenti dei servizi sanitari - l elevato numero di lavoratori potenzialmente esposti al RB in varie attività lavorative, quali il settore sanitario e le biotecnologie, le attività agricole e forestali, i settori zootecnico, alimentare, veterinario, il trattamento e smaltimento di rifiuti, nonché gli studenti di alcuni corsi di laurea e di specializzazione, in particolare delle Facoltà mediche e veterinarie, gli addetti al primo soccorso ed alle emergenze negli ambienti di lavoro, nuove figure identificate dal D.Lgs 626/94. È generalmente noto che la prevalenza e/o l incidenza di alcune malattie infettive o la dimostrazione di una avvenuta infezione (sieroconversioni o cuticonversioni), per alcuni agenti biologici (AB), possono essere più elevate in alcune categorie di lavoratori rispetto alla popolazione generale, quali i lavoratori della sanità (OS), gli addetti ai laboratori biomedici, il personale addetto al trattamento di acque reflue o in genere di rifiuti. Tuttavia, le valutazioni cliniche ed epidemiologiche oggi disponibili, nonché l esperienza comune, nel complesso, consentono di affermare che il SETTORE SANITARIO presenta le maggiori problematiche in tema di prevenzione del RB. In particolare, sono di rilevante importanza: - le tematiche della valutazione del rischio (VdR), con la identificazione del ruolo del Medico del Lavoro-Competente (MC); - le modalità di effettuazione ed i contenuti della sorveglianza sanitaria (SS); - il tema delle vaccinazioni obbligatorie e di quelle consigliate o opportune; 10

11 - le problematiche relative al personale sanitario in formazione; - la formulazione del giudizio di idoneità, con riferimento sia alla protezione della salute del lavoratore, sia alla prevenzione dei rischi per i pazienti assistiti derivanti dal lavoratore affetto da infezioni e malattie trasmissibili, in particolare quelle per via ematogena; - le modalità di raccolta di dati ai fini epidemiologici; - il rispetto della riservatezza dei dati sanitari; - la gestione del RB nell ambiente di lavoro sanitario, con l identificazione dei ruoli di altre figure, ad esempio della Direzione Sanitaria. Di rilievo significativo è inoltre il tema degli infortuni a RB ed il conseguente rischio di infezione, per le problematiche relative al follow-up, per i rilevanti costi complessivi, sanitari e non sanitari, derivanti dalla gestione dell infortunio. Per tali ragioni, le presenti Linee Guida (LG) si riferiscono all ambiente di lavoro sanitario ed in particolare sia ai lavoratori (dipendenti, liberi professionisti) che agli studenti in formazione; inoltre, per le tematiche della VdR, ci si riferisce in particolare agli agenti trasmissibili per via ematogena, per i quali oggi è maggiore l esigenza di risolvere alcune problematiche sia di tipo clinico che di formulazione e di gestione del giudizio di idoneità. Aggiornamenti successivi di tale documento potranno in futuro considerare più approfonditamente altre tematiche, quali quella del RB per via aerogena, nonché le problematiche relative agli altri ambienti di lavoro non sanitari dove è presente un RB. OBIETTIVO delle LG è trattare gli aspetti relativi alla valutazione e gestione del RB nonché della SS per i lavoratori che operano in ambienti sanitari e di fornire indicazioni operative in particolare per il MC - alla luce delle più recenti evidenze scientifiche, delle indicazioni normative e dei principi di etica e deontologia medica, nonché dell esperienza dei componenti del gruppo di lavoro, con l intento fondamentale da un lato di evitare un eccessiva medicalizzazione della gestione del RB, dall altro di non sottostimare il rischio, di non effettuare accertamenti sanitari aspecifici, non mirati alla problematica, di formulare giudizi di idoneità che non tengano in debito conto della situazione di rischio e dello stato di salute del lavoratore. Questo documento è stato redatto da un gruppo di lavoro multidisciplinare, che include Medici del Lavoro, Responsabili di Servizi di Prevenzione e Protezione, Medici Legali, Giuristi, Direttori Sanitari, Infettivologi, Virologi, Biologi, di varia estrazione e provenienza. Esso è indirizzato prevalentemente ai Medici Competenti, ma verrà fatto riferimento, laddove ritenuto appropriato, al ruolo ed alle prerogative, nell ambito delle rispettive competenze, del Servizio di Prevenzione e Protezione, della Direzione Sanitaria, del Datore di lavoro, dei Lavoratori e dei loro Rappresentanti, o - di volta in volta di eventuali altre figure professionali. 11

12 2. VALUTAZIONE DEL RISCHIO 2.1 INTRODUZIONE Per le attività di Medicina del Lavoro finalizzate alla prevenzione, sorveglianza, controllo dei rischi per la salute degli OS che svolgono attività di assistenza, è di primaria importanza l attività di VdR, che consiste nell esame del luogo di lavoro, nell identificazione dei fattori di rischio e nella stima del rischio occupazionale associato all esposizione agli AB, considerando circostanze, eventi, procedure (Health Canada, 2002). I dati rilevati sull incidenza di infortuni a rischio biologico (IRB) in relazione al numero di addetti, evidenziano che il rischio di IRB è sostanzialmente diffuso, documentato per tutte le figure professionali maggiormente presenti nelle attività di assistenza e identificato nei reparti più rappresentati (Puro e coll., 2001). Pertanto, sulla base delle considerazioni su espresse, non appare rilevante il fattore aree a maggior rischio ai fini della VdR, ma è più utile indirizzare l attenzione sul fatto che vengano eseguite o meno le procedure a maggior rischio di esposizione, quali le exposure prone procedures (EPP) (Commissione Nazionale per la Lotta contro l AIDS, 1995; Coggiola e Meliga, 2000; UK Department of Health, 2002c). Le fasi della VdR prevedono: 1) l identificazione dei fattori di rischio presenti all interno della realtà lavorativa, in relazione ai quali si può ipotizzare la comparsa di eventi indesiderati; 2) la determinazione dell entità dell esposizione, in funzione della quale può variare l entità del rischio. In tal senso, è da ricordare che nell ambito del RB non esistono limiti di esposizione utilizzabili come valori soglia, soprattuto in quanto molteplici sono i fattori che inducono l instaurarsi di un processo infettivo. VALUTAZIONE DEL RISCHIO 12

13 2.2 STIMA DEL RISCHIO DI INFEZIONE DA VIRUS TRASMESSI PER VIA EMATOGENA In ambiente sanitario tre sono le modalità attraverso le quali tali AB possono trasmettersi: nosocomiale (da paziente infetto a paziente, da ambiente a paziente) occupazionale (da paziente infetto ad operatore) da operatore infetto a paziente. L osservanza delle precauzioni standard limita il contatto col sangue e con altri liquidi biologici; inoltre, anche l utilizzo di strumenti più sicuri e l adozione di particolari procedure lavorative (ad esempio tecniche che riducano la diretta manipolazione e l uso di taglienti o strumenti dotati di punta) possono ridurre il numero di ferite percutanee, che rappresentano l infortunio più frequente. La stima del rischio di infezione è determinata dal prodotto fra: o prevalenza di sieropositività per una data infezione fra i pazienti o probabilità di trasmissione (tasso di sieroconversione) o frequenza di Infortuni a Rischio Biologico. Essa inoltre dipende anche da: stato di immunizzazione della popolazione esposta esistenza ed efficacia di misure di profilassi postesposizione. Infatti, eventuali misure di profilassi post-esposizione possono ridurre la probabilità di infezione, mentre il rischio individuale dipende anche dallo stato di immunità del soggetto esposto (Pietrabissa e coll., 97; Health Canada, 1997, 1998) PREVALENZA DI SIEROPOSITIVITA PER HBV, HCV, HIV IN ITALIA In Italia, la prevalenza di HBV, HCV e HIV nella popolazione generale varia in base all area geografica, alle diverse fasce di età, alle condizioni socioeconomiche ed alla presenza o meno di specifici fattori di rischio. Nella revisione dei dati effettuata in occasione di una Conferenza di Consenso organizzata da Istituto Superiore di Sanità, Istituto Nazionale per le Malattie Infettive L. Spallanzani di Roma ed Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (Consensus Conference, 2000), sono state presentate alcune stime di prevalenza nella popolazione generale: 1% per HBsAg, 3% per HCV e 0,1% per HIV. La prevalenza di anti-hcv è compresa tra l 1% nei giovani (0,5% nelle reclute) ed il 40% negli anziani (>60 anni). Studi condotti su donatori di sangue hanno evidenziato tassi di prevalenza di HCV di circa l 1% (0,7% al Nord e 1,4% al Sud). I risultati del progetto Dionysos dimostrano una prevalenza dell 1.3% per HBsAg, del 3,2% per anti-hcv e del 2.3% per HCV RNA in un campione di circa 7000 soggetti adulti arruolati nel 1994 nel Nord Italia (Bellentani e coll., 1999). VALUTAZIONE DEL RISCHIO 13

14 Per l anti-hcv, stime sovrapponibili (3.3%) sono state documentate nel Nord-Est Italia nel 2002 su 2154 soggetti adulti, il 2.4% dei quali era positivo per HCV RNA (Campello e coll., 2002). La prevalenza per anti-hcv era del 2.4% in un campione di 3884 soggetti adulti osservati nel 2002 nell Italia Centrale; prevalenze prossime al 15% sono state riportate nel Sud del Paese (Guadagnino e coll., 1997). Recentemente, uno studio condotto nel Nord Est su 4820 lavoratori di una società di telecomunicazioni, apparentemente sani, ha evidenziato una prevalenza media per anti-hcv pari al 2,4% (1,8% per HCV RNA), in particolare 0,7% nella fascia di età anni, 1,4% tra 31 e 45 anni di età e 2,4 tra 46 e 60 (Alberti e coll., 2002). Tassi di prevalenza di HBV, HCV e HIV sensibilmente maggiori sono stati osservati nella popolazione dedita all uso di sostanze stupefacenti per via venosa. All inizio degli anni 90, su un campione di 1142 donne in gravidanza osservate in un ospedale romano, la prevalenza di HBsAg e di anti-hcv era rispettivamente pari a 1,6% e 0,9% (Puro e coll., 1992). Su oltre 2000 donne gravide osservate nella Regione Veneto nel 1996, l 1,9% risultava anti-hcv positiva, 1% HBsAg positiva e 0,3% anti-hiv positiva (Baldo e coll., 2000); la prevalenza di anti-hiv era 0,6% nella sola Padova, su gravide osservate nel (Menegon e coll., 2000). Nel 2000, su un totale di oltre gravide, a Milano, il 2,4% risultava anti-hcv positiva e tra queste, il 72% risultava HCV RNA positiva (Conte e coll., 2000). Globalmente, la prevalenza dell infezione da HIV nelle gravide ( , oltre 1 milione di test distribuiti su tutto il territorio nazionale, con randomizzazione) è di poco inferiore all 1% (Girardi e coll., 2001). In generale, la prevalenza di infezioni da HBV, HCV e HIV nella popolazione afferente alle strutture sanitarie è stimata, in media, rispettivamente del 2%, 4% e 1%. Anche in questo caso, le stime variano a seconda delle aree geografiche e, soprattutto, della tipologia di pazienti afferenti alle strutture sanitarie (Polito e coll., 2000). Ad esempio, la prevalenza di infezione da HIV è di circa il 30% (con punte del 70%) nei reparti di malattie infettive, mentre quella di HBsAg e HCV sono in media rispettivamente del 5-10% e del 25-40%, con punte del 60% nei reparti di emodialisi (Petrosillo e coll., 2001). Una prevalenza di HBsAg e HCV, rispettivamente pari a 1% e 4%, è stata osservata in 911 pazienti ricoverati nei reparti ortopedici e traumatologici dell Università di Roma nel (Villani e coll., 2001); le prevalenze erano 0,8 e 2,4 in 677 pazienti dermatologici in Sicilia (Bongiorno e coll., 2002). Pazienti portatori di una o più di queste infezioni possono essere ricoverati in qualsiasi reparto ed appartengono a tutte le fasce di età, come dimostrato in uno studio condotto nel 1991 che ha evidenziato una prevalenza media di 1,2% di anticorpi anti-hiv su sieri di pazienti afferenti a laboratori d analisi di 18 ospedali Italiani (Puro e coll., 1994). Numerosi studi di prevalenza di HBV e HCV e, in minor misura, di HIV, sono stati condotti tra il personale sanitario. In generale, la prevalenza di infezione è stimata in media, rispettivamente del 2% per HBsAg e HCV e inferiore allo 0,1% per l HIV (Ippolito, 1996, 1999). Per quanto riguarda l HBV, i tassi variano in base alla diffusione geografica dell infezione, ma risultano comunque più elevati rispetto alla popolazione generale, suggerendo un associazione tra fattore di rischio occupazionale ed infezione da HBV. Tale associazione era particolarmente evidente in era pre-vaccinale. In uno studio di sieroprevalenza condotto su 5813 operatori sanitari di 5 ospedali del Lazio nel 1985, il tasso di prevalenza di HBV (HBsAg e HBsAb) è risultato pari al 23,3% (19,3% nei chirurghi). Nella stessa popolazione, la prevalenza di HCV era pari al 2% (1,3% nei chirurghi) e quella da HIV allo 0,07% e non risultavano associate con i fattori di rischio occupazionale considerati (Petrosillo e coll., 1995). A conferma della minore diffusione occupazionale di HCV e HIV rispetto ad HBV, altri studi di sieroprevalenza tra il personale sanitario hanno mostrato tassi variabili dall 1% al 2%, per HCV e dello 0,1% per HIV, praticamente sovrapponibili a quelli della popolazione generale. In uno studio condotto nel 1992 su 3073 OS di 16 ospedali, il tasso di prevalenza di epatite C è VALUTAZIONE DEL RISCHIO 14

15 risultato pari al 2,2% (2,6% in area chirurgica, 2,1% in ostetricia e 0,9% nei medici chirurghi) e non risultava associato con i fattori di rischio occupazionale considerati (Puro e coll., 1995) INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO TASSI DI ESPOSIZIONE Nella tabella 1 sono riportati i tassi di esposizione (calcolati per 100 anni-lavoro-persona, cioè 100 individui in un anno), specifici per categoria professionale e area di lavoro, valutati nel periodo in 18 ospedali partecipanti allo Studio Italiano sul Rischio Occupazionale da HIV/HCV/HBV, denominato SIROH (Puro e coll., 2001). Lo studio SIROH ha raccolto le segnalazioni relative a circa esposizioni a rischio in operatori sanitari di circa 100 ospedali, relativamente agli anni Circa 1/3 di tutte le esposizioni riguardavano una fonte di infezione nota. In totale, sono state osservate: - 3 sieroconversioni per HIV (0.14%), 14 per HCV (0,45%; 10 delle quali hanno avuto come seguito una epatite C acuta clinicamente manifesta), dopo esposizione percutanea; - 2 sieroconversioni per HIV (0.43%) e 2 per HCV (0.36%), per contaminazione congiuntivale con sangue. E stata osservata 1 sieroconversione per l'hbv (0.55%, l OS non era vaccinato; il tasso e calcolato su OS non vaccinati e non immuni), dopo esposizione percutanea (SIROH, 2003). Dati storici hanno dimostrato che il tasso di trasmissione per HBV a seguito di una singola esposizione occupazionale, in assenza di interventi di profilassi post-esposizione, varia tra il 5 e il 40%, dipendendo dalla modalità di esposizione e dalla viremia della fonte; i tassi maggiori si osservavano in caso di fonte HBeAg positiva. Attualmente, l uso del vaccino associato o meno alle immunoglobuline specifiche nei soggetti non protetti che dovessero avere un IRB, ha drasticamente ridotto tale tasso. La stima media che deriva dalla somma dei risultati dei principali studi di incidenza dell infezione occupazionale da HIV è di 0,3% per le esposizioni percutanee e 0,1% per le mucose. Il tasso di trasmissione è stimato mediamente pari a 0,5-1,8% per HCV; non sono stati osservati casi di contaminazione cutanea SOTTOSTIMA DELLA NOTIFICA DI INFORTUNI RISCHIO BIOLOGICO Gli IRB segnalati dagli OS rappresentano notoriamente solo una parte di quelli effettivamente verificatisi, configurandosi quindi una sottonotifica (underreporting). Ad esempio, negli Stati Uniti, un tasso di sottonotifica del 75% delle punture accidentali fu documentato in un ospedale universitario nel 1983 e confermato, per i medici, in un altro ospedale universitario circa 10 anni dopo. In uno studio più recente in un dipartimento d emergenza, il tasso di sottonotifica era dell 87% tra i medici e del 33% tra il resto del personale (Health Canada, 2002). I dati disponibili, per quanto scarsi e talora contrastanti, dimostrerebbero che in Italia il tasso di sottonotifica è minore di quello osservato in altri Paesi (Consensus Conference, 2000). Il tasso di notifica, dichiarato in questionari anonimi e individuali somministrati agli OS era del 35% in 68 ospedali del Lazio nel , aumentando al 50% per il personale dei reparti di malattie infettive della stessa Regione nel 1992 (Alberoni e coll., 1992). Il tasso risultava del 40% in un campione di infermieri professionali di un ospedale universitario (Consensus Conference, 2000). L indagine più estesa è stata effettuata nel 1993 tra gli infermieri di 82 VALUTAZIONE DEL RISCHIO 15

16 ospedali distribuiti sul territorio nazionale che hanno dichiarato un tasso di notifica del 70% (Puro e coll., 1995). Probabilmente, le disposizioni di legge che rendono obbligatoria la segnalazione, garantiscono la riservatezza, il mantenimento del posto di lavoro e la compensazione per chi contrae un infezione, possono giustificare il minore tasso di sottonotifica rispetto ad altri paesi, quali ad esempio gli Stati Uniti. Non è stato ancora valutato se l impulso derivante dal D.Lgs 626/94 sui servizi di prevenzione e sorveglianza degli incidenti abbia contribuito a migliorare ulteriormente la frequenza di segnalazioni degli IRB. Tuttavia, deve essere sottolineato il dato che emerge da uno studio basato su questionari somministrati ad un campione, peraltro selezionato, di circa 2200 operatori degli ospedali partecipanti al SIROH: non appare notificato circa il 56% delle punture, l 85% dei tagli, il 78% dei contatti mucosi, l 88% dei contatti con cute lesa (SIROH, 2003) STIMA DEL RISCHIO DI CONTAGIO DA PAZIENTE AD OPERATORE SANITARIO La stima del rischio di contagio da parte di paziente infetto ad OS recettivo viene calcolata sulla base di un modello matematico (Pietrabissa e coll., 1997; Yazdanpanah e coll., 1999; Ross e coll., 2000b) che prevede la conoscenza dei seguenti fattori: P1: Prevalenza di sieropositività fra i pazienti P2: Tasso di sieroconversione P3p: Incidenza di infortuni per intervento/per EPP P3a: Incidenza di IRB per anno Exp: Anni di attività per incidenza di infortuni/epp per anno Utilizzando la formula seguente: 1-[1-(P1 x P2 x P3)] (exp) Se ad esempio un chirurgo esegue 250 interventi chirurgici all anno per 30 anni: 1-[1-(P1 x P2 x P3p)] (250 x 30) Invece nel caso di OS in cui si calcoli l incidenza di IRB per anno: 1-[1-(P1 x P2 x P3a)] (30) Il modello dovrebbe inoltre essere corretto per i seguenti fattori di correzione: nel caso dei chirurghi, l infortunio avviene nella maggior parte dei casi usando aghi da sutura; l effetto pulizia che l ago da sutura subisce passando attraverso i guanti, se adoperati, riduce la quantità di inoculo e quindi la possibilità di determinare sieroconversione; tale effetto è in grado di ridurre il rischio di un fattore da 6 a 10 a seconda degli autori (Yazdanpanah e coll.,1999; UK Department of Health, 1998; Mast e coll., 1993). E da rilevare che secondo la review di letteratura Cochrane (Tanner e Parkinson, 2003) sono necessari studi randomizzati e con metodologia specifica per verificare se, ed in quale misura, l uso del guanto di spessore variabile o del doppio guanto, riduca la possibilità di sieroconversione (sia da pazienti a chirurghi che da chirurghi a pazienti). nel caso degli infermieri, il dato di incidenza di IRB viene corretto per il tasso di sottonotifica, che è del 72%. Inoltre, esistono alcuni limiti quali: o non considerare il contatto mucoso o cute non integra o non considerare con sufficiente dettaglio l attività in reparti in cui la prevalenza di pazienti sieropositivi sia significativamente elevata (malattie infettive, emodialisi, trapianti di fegato, etc.) VALUTAZIONE DEL RISCHIO 16

17 o non considerare la concentrazione dei virus nel fluido contaminante, la loro eventuale variazione di infettività nel trasferimento dell inoculo o non considerare la maggiore o minore esperienza e capacità dell operatore come fattore influente sulla probabilità di infortunio. Secondo questo modello, tra i circa Chirurghi Italiani (fonte Società Italiana di Chirurgia), ci si può attendere che un numero di Chirurghi compreso fra 3 e 9 acquisisca, in un anno, un infezione occupazionale da HCV (tabella 2). Analogamente, secondo questo modello, tra i circa Infermieri Professionali Italiani (fonte Associazione Infermieri Professionali Assistenti Sanitari Vigilatrici d Infanzia), ci si può attendere che un numero di Infermieri Professionali compreso fra 28 e 131 acquisisca, in 1 anno, una infezione occupazionale da HCV (tabella 3). Va sottolineato che per gli infermieri non si applica il fattore di correzione per guanti, in quanto essi utilizzano aghi cavi. Con la stessa metodologia, a partire dai dati italiani così come riportati nei paragrafi e è stata costruita la tabella 4 relativa alla stima del rischio di acquisire una delle malattie elencate, dopo 30 anni di attività lavorativa. Va sottolineato che per l HBV il rischio è attribuibile solo ad OS eventualmente non immuni e non sottoposti a misure di profilassi post-esposizione. Per l HIV, la problematica appare in ridimensionamento, sia perché le stime non tengono conto della profilassi post-esposizione, sia perché si sta osservando una riduzione dell incidenza di IRB con pazienti HIV-infetti, verosimilmente dovuta al fatto che i pazienti HIV trattati con le attuali efficaci terapie antiretrovirali necessitano di minori interventi sanitari che espongono a rischio di IRB STIMA DEL RISCHIO DI CONTAGIO DA OPERATORE SANITARIO A PAZIENTE La revisione dei casi di trasmissione di HIV, HBV e HCV da OS a paziente segnalati in letteratura evidenzia che dal 1972 sono stati riportati 50 casi di trasmissione di HBV da parte di OS infetti (la maggior parte chirurghi), che hanno trasmesso l'infezione a circa 500 pazienti. Ad oggi, sono stati segnalati tre casi di lavoratori che hanno trasmesso l HIV (8 pazienti infettati) e otto casi di HCV (18 pazienti infettati). L'analisi dei casi ha mostrato in generale che il rischio di trasmissione di HIV, HBV e HCV da OS a paziente è soprattutto associato con alcuni tipi di procedure chirurgiche (cardiochirurgia, chirurgia ginecologica/ostetrica, ortopedica ed addominale), durante le quali il paziente può essere esposto al sangue dell'os. Le difficoltà di definire, attraverso studi epidemiologici di coorte, stime precise di rischio di trasmissione da operatore a paziente, hanno indotto i ricercatori a sviluppare modelli matematici di stima di rischio basati sui seguenti parametri: 1. probabilità che il chirurgo riporti un esposizione percutanea nel corso di una procedura; 2. probabilità che il paziente sia esposto al sangue dell operatore dopo l infortunio; 3. probabilità di trasmissione dei virus per singolo incidente (efficacia di trasmissione). Le probabilità 1 e 2 sono state calcolate usando i dati di uno studio prospettico condotto negli Stati Uniti dai Centres for Disease Control di Atlanta (CDC) nel 1992, attraverso l osservazione di 1382 interventi di 5 specializzazioni chirurgiche (Tokars e coll., 1992). Per la probabilità 3 è stato utilizzato il tasso di trasmissione occupazionale negli OS in caso di esposizione percutanea (Ippolito e coll., 1993). In considerazione del fatto che gli aghi solidi che attraversano un guanto, a confronto di quelli cavi che feriscono direttamente la cute, potrebbero trasferire una minore quantità di sangue, tale valore è stato anche ridotto di dieci volte. VALUTAZIONE DEL RISCHIO 17

18 Moltiplicando le tre probabilità, il rischio sarebbe compreso tra 0,024% e 0,24% per HBV e tra 0,00024 e 0,0024 per HIV. Applicando la stessa metodologia all HCV, il rischio sarebbe compreso tra 0,00036 a 0,0036% basandosi su un tasso di trasmissione per singolo incidente occupazionale dello 0,5% (stima dei dati cumulativi derivanti dagli studi pubblicati) e tra 0,0144 a 0,144% se si considera un tasso di trasmissione dell 1,8% per singolo incidente occupazionale, secondo la stima dei CDC (Birrel e Cooke, 1998; Health Canada, 1998; CDC, 1998a). Tali calcoli non tengono però conto del fatto che la probabilità di trasmissione può essere fortemente influenzata da altre variabili, quali ad esempio la contagiosità dell OS, la gravità della ferita che precede il contatto, la prolungata o ripetuta esposizione del paziente al sangue dell OS o ad uno strumento da questo contaminato, la diversa permeabilità delle mucose viscerali rispetto alla cute, etc. Tra i fattori che influenzano maggiormente la trasmissibilità di HBV, ad esempio, sono compresi il tipo di procedure eseguite, le tecniche chirurgiche, le misure di controllo di infezione adottate, lo stato clinico-sierologico e viremia dell OS infetto, nonché la suscettibilità del paziente all infezione. Considerando come denominatore le EPP, secondo Health Canada (1998) vengono fatte le seguenti stime: ogni di procedure a maggior rischio di IRB eseguite da un OS infetto, si stimano o trasmissioni di HBV ai pazienti o trasmissioni di HCV ai pazienti o 2,4 24 trasmissioni di HIV ai pazienti (considerato rischio trascurabile). Ross e coll.(2000b), relativamente al HCV, considerando gli stessi fattori e la stessa metodologia di calcolo di cui al punto precedente, aggiungendo come fattore moltiplicativo la probabilità che oggetti taglienti contaminati dal sangue del chirurgo contaminino il paziente (probabilità compresa fra 1 e 9,2%) costruisce le seguenti probabilità di contagio sia nel caso che non si conosca la sieropositività del chirurgo che nel caso il chirurgo sia HCVRNA positivo: ogni di procedure a maggior rischio di IRB eseguite da un chirurgo si stimano: o 1,8 trasmissioni di HCV (se il chirurgo non conosce il proprio stato HCV) a pazienti; o 140 trasmissioni di HCV (se il chirurgo è HCVRNA positivo) a pazienti. Quest ultima probabilità è riferita dagli autori essere comparabile a quella di acquisire una infezione da HCV per trasfusione di sangue da donatore alla prima donazione negativo per anti HCV (50/10 6 in Germania)ed a quella della mortalità associata ad anestesia (100/10 6 ). Considerando procedure a maggior rischio di IRB in 30 anni di attività lavorativa (250 interventi anno per 30 anni come nel caso simulato nel precedente paragrafo), un chirurgo HCVRNA positivo per tutti i 30 anni ha una probabilità pari al 61% di infettare almeno un paziente nel corso di tali procedure. Bell e coll. (1995), relativamente all HBV ed HIV formulano le seguenti stime: ogni di procedure a maggior rischio di IRB eseguite da un chirurgo sieropositivo (valore medio): o 2400 possibili trasmissioni di HBV a pazienti; o 24 possibili trasmissioni di HIV a pazienti. VALUTAZIONE DEL RISCHIO 18

19 2.3 METODOLOGIA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO Pur essendo stata presa in considerazione la problematica, non sono noti dati di letteratura che giustifichino l esecuzione della misura quantitativa/qualitativa degli agenti considerati in aria o su superfici di lavoro (Alessio e Porru, 1999; Grignano e coll., 2000; Beltrami e coll., 2000). A nostra conoscenza non sono disponibili dati di letteratura che indichino per gli agenti considerati, dosi soglia o relazioni dose/effetto. Come riportato nei precedenti paragrafi, la stima del rischio di infezione relativo agli AB considerati è determinata dal prodotto fra prevalenza di sieropositività per una data infezione fra i pazienti, il tasso di sieroconversione, la frequenza di IRB; essa dipende anche dallo stato di immunità della popolazione esposta e dall efficacia delle misure di profilassi postesposizione (Papacchino e coll., 1999). Poichè né la prevalenza di sieropositività nei pazienti, né il tasso di sieroconversione sono modificabili nell ambito delle attività di assistenza a pazienti nelle strutture sanitarie pubbliche e private, ne consegue che il rischio di infezione è determinato principalmente dai fattori che condizionano il rischio di IRB (Pietrabissa e coll., 1997). Questi ultimi sono fattori modificabili in ambito lavorativo e condizionano il rischio per ogni qualif ica ed area di lavoro. Nel caso del rischio di infezione da OS a paziente un ulteriore fattore, modificabile, è costituito dalla probabilità che uno strumento contaminato dal sangue dell OS sia riutilizzato, con successivo contatto parenterale per il paziente. La VdR potrà quindi essere effettuata considerando l insieme di tali fattori ricavabili dalla seguente griglia di valutazione: A. svolgimento di attività che comportino assistenza diretta a pazienti, con possibilità di entrare in contatto con sangue o altri fluidi corporei a rischio di trasmissione degli AB considerati. I dati di letteratura indicano che in tali attività il rischio di esposizione agli AB considerati si identifica nell incidente occupazionale con rischio di infezione percutaneo e/o mucoso (IRB) (vedi paragrafi 2.3.1, 2.3.2). B. svolgimento di Procedure Invasive a Rischio di Esposizione (EPP) (vedi paragrafo 2.3.3). C. possibilita o meno di adottare soluzioni atte a limitare fattori condizionanti sfavorevolmente lo svolgimento delle attività lavorative, in quanto possono incidere sul rischio da IRB. Per tali fattori possono essere individuate misure di prevenzione. Una volta che il maggior numero possibile di misure di prevenzione efficaci nel contrastare i fattori di rischio noti è stato adottato, residua un rischio. Questo rischio è proprio di ogni struttura e per ognuna va valutato (vedi paragrafo 2.3.4). D. incidenza di infortuni (vedi paragrafo 2.3.5). La tabella 5 suggerisce alcune semplici linee operative per delineare una VdR di carattere semiquantitativo, da utilizzare anche tenendo conto delle indicazioni riportate nei paragrafi successivi e del contributo del MC (paragrafo 2.5). VALUTAZIONE DEL RISCHIO 19

20 2.3.1 ATTIVITÀ CHE COMPORTANO ASSISTENZA DIRETTA A PAZIENTI Tali attività includono, in sostanza, quelle che comportano contatto con pazienti, con conseguente possibilità di esposizione a sangue o altri fluidi corporei. Non vanno considerate: attività amministrativa forniture alberghiere pulizie ambienti trasporto alimenti (Bolyard, 1998; Beltrami e coll., 2000; Update U.S., 2001) ATTIVITÀ A MAGGIOR RISCHIO DI INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO Il Decreto del Ministero della Sanità del , relativo all offerta gratuita della vaccinazione per epatite B, elencava alcune aree a maggior rischio di contagio: o Sale operatorie o Sale parto o Reparti di chirurgia, ostetricia, ginecologia o Rianimazioni o Ambulatori odontoiatrici o Emodialisi o Ematologia o Immunoematologia e Centro trasfusionale o Pronto soccorso o Oncologia o Medicina Legale e sale autoptiche o Malattie infettive o Laboratori di analisi. Sulla base di quanto riportato in letteratura, le aree di lavoro che comportano un rischio maggiore di IRB sono le degenze mediche, le sale operatorie (in particolare ginecologia, ortopedia e chirurgia toracica) e le degenze chirurgiche. Tuttavia, dai dati dell incidenza di IRB sul numero di addetti per area, si evidenzia che il rischio da IRB è sostanzialmente un rischio diffuso. Su questa base, ai fini della VdR, si ritiene non rilevante il fattore aree a maggior rischio (Puro e coll., 2001; Health Canada, 2002; Denis e coll., 2003) PROCEDURE INVASIVE A RISCHIO DI ESPOSIZIONE La Commissione Nazionale per la Lotta contro l AIDS (1995) considera procedure invasive le seguenti: penetrazione chirurgica in tessuti, cavità, organi o la sutura di ferite traumatiche maggiori effettuate in sala operatoria o sala parto, pronto soccorso o ambulatorio sia medico che chirurgico VALUTAZIONE DEL RISCHIO 20

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