LA POLITICA DELL UNIONE EUROPEA

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE Corso di Laurea Specialistica in Relazioni Internazionali CATTEDRA DI STORIA DEL MEDIO ED ESTREMO ORIENTE LA POLITICA DELL UNIONE EUROPEA PER I DIRITTI UMANI IN CINA Relatore PROF. SSA ANNAMARIA BALDUSSI Tesi di Laurea di FRANCESCA URAS Anno Accademico 2005/2006

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3 INDICE Prefazione 5 Introduzione: La questione dei diritti umani in Cina 9 Capitolo primo LA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI IN CINA Le riforme del sistema legale Restrizioni alla libertà di espressione I diritti dei lavoratori Libertà di credenza e professione religiosa La situazione delle minoranze: lo Xinjiang uiguro La situazione delle minoranze: il Tibet Repressione nei confronti dei difensori dei diritti umani Violenza nei confronti delle donne 35 Capitolo secondo IL TRAGUARDO DEI GIOCHI OLIMPICI 37 Capitolo terzo I DIRITTI UMANI IN CINA: LA PROSPETTIVA DEL GOVERNO, DEL MONDO ACCADEMICO E DELLA SOCIETÀ CIVILE La concezione dei diritti umani del governo cinese Il ruolo del mondo accademico Il ruolo della società civile 46 1

4 Capitolo quarto I DIRITTI UMANI NELLA POLITICA DELL UE Tappe fondamentali nell integrazione dei diritti umani nelle relazioni esterne dell UE Gli strumenti e le politiche dell UE per la promozione e la difesa dei diritti umani e il problema della coerenza dell azione dell UE I principali attori coinvolti nella politica dei diritti umani dell UE 59 - Il ruolo del Parlamento Europeo 59 - Il ruolo del Consiglio Europeo 61 - Il ruolo delle ONG 64 - La PESC e la politica di cooperazione allo sviluppo Il ruolo della Commissione Europea nella politica dei diritti umani dell UE 66 Capitolo quinto LA STRATEGIA DELL UE NEI CONFRONTI DELLA CINA La strategia dell UE nei confronti della Cina La Comunicazione della Commissione del 24 ottobre Le conclusioni del Consiglio 75 Capitolo sesto I DIRITTI UMANI NELLE RELAZIONI TRA UNIONE EUROPEA E CINA: IL DIALOGO SUI DIRITTI UMANI Le linee guida dell Unione Europea per i dialoghi sui diritti umani Il dialogo sui diritti umani con la Cina Il dialogo sui diritti umani: relazioni annuali dell UE sui diritti umani e conclusioni del Consiglio Relazione annuale Relazione annuale Relazione annuale Relazione annuale Conclusioni del Consiglio Affari Generali dell ottobre Relazione annuale Relazione annuale Efficacia e debolezze del dialogo sui diritti umani 99 2

5 Capitolo settimo I PROGRAMMI DI COOPERAZIONE UE-CINA VOLTI ALLA PROMOZIONE DELLA DEMOCRAZIA E DEI DIRITTI UMANI La politica di cooperazione dell UE nei confronti della Cina: democrazia e diritti umani I Programmi Indicativi Nazionali I programmi di cooperazione in materia di diritti umani Programmi regionali UE-Asia di cooperazione Progetti completati recentemente L Iniziativa Europea per la Democrazia e i Diritti Umani (EIDHR) Il nuovo Strumento per la Democrazia e i Diritti Umani 119 Capitolo ottavo L EFFICACIA DELLA POLITICA DELL UE RISPETTO ALLA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI IN CINA 121 Conclusioni 129 Bibliografia 131 Sitografia 133 3

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7 PREFAZIONE La scelta dell argomento di questa tesi è dovuta a un personale interesse per il tema dei diritti umani e la sfida della democratizzazione, con particolare attenzione ai meccanismi di cooperazione internazionale posti in atto per promuoverne l attuazione. La scelta di concentrare l attenzione sulla Cina è dovuta a un particolare interesse da me coltivato negli anni per l area asiatica e al desiderio di realizzare una ricerca che mi consentisse di coniugare in questa prova finale le diverse conoscenze acquisite durante il corso di studi, spaziando da quelli sulla cultura e le istituzioni dell Asia, e della Cina nello specifico, al campo delle relazioni e della cooperazione internazionali. L indagine bibliografica è stata basata sulla consultazione di testi monografici, articoli tratti dalle riviste specializzate e soprattutto sulla documentazione ufficiale dell Unione Europea. Grazie alla borsa di studio erogata dall ERSU a favore degli studenti che svolgono tesi sulla cooperazione allo sviluppo e la collaborazione internazionale, è stato possibile eseguire un accurato lavoro di ricerca presso la Biblioteca della Facoltà di Scienze Politiche de l Université Libre de Bruxelles e presso la Biblioteca della Commissione Europea, sempre a Bruxelles. Nel corso del periodo di ricerca trascorso nel cuore dell Europa, ho inoltre avuto modo di consultare la Biblioteca del Centro Regionale d Informazione delle Nazioni Unite a Bruxelles (UNRIC) e avere un incontro con Paul Hardy, funzionario della Commissione Europea, membro dell Unità Diritti Umani della Direzione Generale per le Relazioni Esterne della Commissione, incontro rivelatosi altamente positivo e utile ai fini di acquisire una visione più completa della problematica trattata nella tesi. In occasione del periodo trascorso a Bruxelles per portare avanti la mia ricerca, ho inoltre avuto l opportunità di effettuare uno stage presso il sopra citato Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite (UNRIC), esperienza molto stimolante sotto entrambi gli aspetti professionale e personale, e che ha ulteriormente accresciuto le motivazioni e il significato del mio lavoro di tesi. 5

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9 Agli insegnanti che hanno illuminato il mio percorso di studi e di vita, a uno dei mestieri più entusiasmanti e a una categoria professionale alla quale dovremmo tutti un maggiore riconoscimento: Secondo Nikos Kazantzakis, gli insegnanti ideali sono quelli che si offrono come ponti verso la conoscenza e invitano i loro studenti a servirsi di loro per compiere la traversata; poi, a traversata compiuta, si ritirano soddisfatti, incoraggiandoli a fabbricarsi da soli ponti nuovi Leo Buscaglia 7

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11 INTRODUZIONE LA QUESTIONE DEI DIRITTI UMANI IN CINA 1 La Cina si appresta a ospitare i prossimi Giochi Olimpici del 2008, una delle manifestazioni mondiali di maggiore importanza e portata etica, un avvenimento che simboleggia il rinnovato ruolo del Paese asiatico sulla scena mondiale e si inserisce nel processo di apertura nei confronti del mondo esterno intrapreso dalla Cina ormai più di un decennio fa, e allo stesso tempo un evento che catalizzerà l attenzione della comunità internazionale sulla situazione dei diritti umani in Cina, ancora fonte di preoccupazione e sdegno mondiale. I Giochi contribuiranno ad accelerare il percorso della Cina verso la democratizzazione e il rispetto dei diritti umani? Il cambiamento politico in Cina si farà forse più vicino? La Cina rappresenta senz altro un caso particolare: la cultura cinese, sin dai tempi di Confucio, ha sempre contenuto elementi liberali, e nel secolo appena concluso la democrazia rientrava fra le principali aspirazioni dell intellighenzia cinese, parte della quale ritenne di poterla realizzare attraverso il comunismo. Ancora fino al 1949 la Cina era politicamente molto più liberale di oggi. Sebbene governata in maniera autocratica, infatti, le idee potevano essere discusse e pubblicate senza timore di ritorsioni da parte del potere. Si può quindi dire che la politica della Cina odierna sia piuttosto anomala e lungi dall essere una conseguenza naturale della tradizione e del carattere nazionale cinesi. La leadership cinese discute da tempo di riforme politiche, ma finora i progressi compiuti in questa direzione sono stati relativamente limitati. Tuttavia il problema è sempre più sentito in Cina e il Partito Comunista Cinese è costretto a prenderlo in considerazione in maniera sempre più urgente. Con tutta probabilità ciò condurrà nel tempo a esperimenti più numerosi di limitata apertura democratica e questi a loro volta potranno a- prire la strada a evoluzioni ancora più consistenti di quelle che gli stessi autori delle riforme prevedono. Il Partito Comunista e la leadership cinese, infatti, si trovano oggi costretti ad affrontare una crescente pressione popolare e hanno la consapevolezza che il potere potrà essere mantenuto soltanto a patto di sapere incanalare in istituzioni e pratiche democratiche le aspirazioni e il malcontento della popolazione. Pochi paesi come la Cina si trovano oggi ad affrontare critiche continue sulla situazione interna dei diritti umani. Stati Uniti e Europa guidano la fila degli Stati che esercitano una pressione politica sulla Cina perché migliori i propri standard in materia di diritti umani. Dovendo far fronte a tali attacchi, il governo cinese ha negli anni sviluppato una strategia sempre più abile per rispondere alle critiche. Un aspetto delle critiche provenienti dall esterno è divenuto forse l arma preferita dalle autorità cinesi presso i forum internazionali dei diritti umani: la presunta universalità di questi ultimi. Il principale argomento utilizzato dai detentori del potere in Cina è che la situazione dei diritti umani di un dato paese possa essere considerata soltanto tenendo debitamente conto delle peculiari condizioni storiche e nazionali del paese dato, e non possa invece essere valutata secondo modelli preconcetti e standard appartenenti ad altri paesi o altre culture, con e- vidente riferimento al predominio dei valori occidentali nell attuale regime internazionale dei diritti umani. La rivendicazione del concetto di relatività dei diritti umani è di- 1 Panoramica generale condotta sulla base dell articolo Human rights in China: tradition, politics and change, Stijn Deklerck. 9

12 ventato la chiave del cambiamento dell atteggiamento internazionale della Cina in materia di diritti umani, permettendole di passare da una posizione di resistenza passiva a una di coinvolgimento attivo. Quando la Cina fece proprio l argomento della relatività dei diritti umani presso il foro internazionale dei diritti umani, apparve inoltre chiaro che molti paesi si trovavano d accordo con tale istanza. La Dichiarazione di Bangkok, redatta a conclusione della sessione preparatoria della Conferenza delle Nazioni Unite sui Diritti Umani di Vienna del 1993, riflette in maniera chiara le critiche al concetto di universalità dei diritti umani, tanto è vero che la stessa Conferenza di Vienna fu dominata dal dibattito sulla relatività/universalità dei diritti umani. Tale dibattito è ancora in corso, e sebbene non sia approdato a nessuna conclusione definitiva, ha sicuramente contribuito a suscitare una maggiore consapevolezza dell importanza delle differenze culturali nella valutazione delle pratiche dei diritti umani nel mondo. Relativamente alla Cina, questa nuova consapevolezza è risultata, negli ultimi dieci anni, nel cambiamento dell atteggiamento di molti stati, Unione Europea compresa, nei confronti del paese asiatico. L affermazione del relativismo dei diritti umani è servita a ricordare che il concetto di diritti umani è storicamente emerso in Occidente, ed è stato da sempre permeato dai valori occidentali, i quali potrebbero non sempre essere accettati in maniera scontata anche dai paesi nonoccidentali. Probabilmente la Cina va oltre la semplice rivendicazione del relativismo dei diritti u- mani, perseguendo la volontà di creare un concetto di diritti umani con caratteristiche cinesi. Ma la necessità di considerare in maniera più approfondita le condizioni storiche e nazionali di un dato paese al momento della valutazione delle sue pratiche in materia di diritti umani non va comunque ignorata in toto. Il concetto dei diritti umani nella tradizione legale cinese. La questione della compatibilità della tradizione legale cinese con il concetto di diritti umani si segnalò all attenzione del mondo accademico internazionale in seguito alla Conferenza mondiale di Vienna sui Diritti Umani sopra citata, nell ambito di un dibattito incentrato appunto sui Valori asiatici e Diritti Umani. Molti dei lavori condotti nell ambito di tale dibattito si concentravano sul ruolo del Confucianesimo come la maggiore componente culturale della società cinese, sia in epoca imperiale che in quella successiva. In effetti, se si esamina la tradizione confuciana cinese, appare evidente che il concetto di diritti umani è ad essa fondamentalmente alieno. Il Confucianesimo, infatti, prescriveva una società ordinata in maniera gerarchica, nella quale il ruolo di ogni individuo deve rispondere ai Li (norme etiche e legali che regolano il funzionamento della società). L ineguaglianza dei diritti, in tale concezione, è naturalmente data: il Confucianesimo pone l enfasi sull osservanza dei doveri piuttosto che sulla rivendicazione dei diritti individuali. La legge, nel sistema confuciano di pensiero, rappresenta uno strumento secondario di controllo e amministrazione della società, difettoso per costituzione perché atto a sopperire al mancato rispetto dei principi etici e morali che dovrebbero naturalmente governare e guidare la vita sociale. Infine, l uso della legge per fini privati e individuali così come l affermazione di rivendicazioni personali innanzi a un tribunale venivano considerati con un certo disprezzo. Alcuni autori, sulla base dei suddetti elementi della tradizione culturale cinese, hanno affermato di riscontrare una incompatibilità della tradizione legale cinese con i diritti umani di stampo occidentale, spesso arrivando a formulare severe critiche nei confronti dei modelli occidentali, troppo incentrati sul ruolo dell individuo. Altri autori hanno cercato piuttosto di conciliare la tradizione confuciana con la concezione dei diritti u- mani accettata a livello internazionale. Come suggerito da altri autori, tuttavia, l obiettivo non dovrebbe essere quello di ritrovare nel Confucianesimo i diritti umani del nostro secolo ma quello di riconoscervi co- 10

13 munque la presenza di valori umani fondamentali. Il Confucianesimo, infatti, contiene numerosi elementi assimilabili ai concetti chiave della concezione dei diritti umani accettata a livello internazionale, come il valore del rispetto e della compassione. Forse quindi, come suggerito da più parti, la strada da percorrere dovrebbe essere l adozione di un quadro in cui possa efficacemente svilupparsi un dialogo interculturale sui diritti umani, nel contesto del quale i valori confuciani possano essere adottati per integrare la concezione occidentale dei diritti umani. A questo proposito Eva Brems ha parlato di universalismo inclusivo, per riferirsi a un metodo che consenta di includere in maniera appropriata le specificità delle diverse tradizioni culturali al momento dell attuazione dei diritti umani. Pur essendo difficile stabilire chi per primo, in Cina, introdusse il tema dei diritti umani, è possibile dire che nel Paese i diritti umani divennero un tema di discussione non prima del 1898, e che non prima del 1900 cominciarono a comparire le prime pubblicazioni in materia. La prima espressione equivalente a quella occidentale di diritti umani è apparsa in Asia nel 1864: essa è renquan, ancora oggi ampiamente utilizzata per riferirsi al concetto dei diritti umani. L attenzione per i diritti umani emerse in un periodo di cambiamenti epocali, sia all interno che all esterno dei confini nazionali cinesi. Alla fine del 1800 i valori e il sistema culturale tradizionale cinesi venivano posti pesantemente sotto pressione. In un ennesimo sforzo volto a riguadagnare almeno parte del prestigio e della autorevolezza perduti nel corso del XIX secolo, il governo centrale della dinastia Qing (l ultima dinastia cinese, ) decise di intraprendere un percorso di riforma del sistema legale cinese, basandosi sui modelli legali occidentali. Tale attenzione per i sistemi legali stranieri permase nel corso degli ultimi anni della dinastia e nel successivo periodo in cui la Cina venne governata dal Guonmindang ( ). Essa si collocava sullo sfondo della ricerca di strumenti adatti ad arrestare il processo di decadenza della Cina e di un più generale interesse riservato, all epoca, alle idee occidentali. In quel periodo si fece strada, tra gli studiosi cinesi, la convinzione che il modello di pensiero tradizionale cinese non fosse adatto a rispondere alle sfide che la Cina si trovava ad affrontare e che fosse necessario esplorare e attingere da altri sistemi di pensiero, nella fattispecie quello occidentale, all epoca sicuramente vincente. Cominciarono quindi ad essere esplorati e approfonditi concetti occidentali come quelli di diritti e libertà, principi dai quali il paese avrebbe potuto trarre vantaggio e beneficio. Si riteneva infatti che essi avrebbero consentito di emancipare l elemento individuale della società, consentendo di utilizzarne le forze per ricostruire l identità nazionale e il prestigio della Cina, allora fortemente in crisi. Il concetto dell emancipazione dell individuo, associato al concetto di diritti e alla convinzione che esso avrebbe potuto finalmente contribuire al progresso sociale e alla modernizzazione della Cina, continuò a essere approfondito in maniera costante per tutta la prima metà del In questo periodo, il concetto di diritti umani venne anche u- tilizzato in diverse occasioni per denunciare l oppressione da parte dei detentori del potere di turno. E importante, quando si parla di tale epoca, ricordare che la Cina fu uno dei paesi più attivi nel processo che condusse alla fondazione dell Organizzazione delle Nazioni Unite. Nel 1949, tuttavia, ci fu la svolta, rappresentata dalla presa del potere da parte dei Comunisti e dalla instaurazione della Repubblica Popolare Cinese. In seguito a questo avvenimento la Cina si eclissò dalla scena internazionale, e in concomitanza vennero meno anche le discussioni e i dibattiti pubblici sul tema dei diritti umani. Il Partito Comunista Cinese si vantava infatti del fatto che, con la propria presenza al potere, i diritti umani dei cittadini cinesi fossero pienamente salvaguardati per definizione. Più in generale, i diritti umani venivano considerati, dal comunismo cinese, alla stregua di uno slogan borghese, proprio delle società occidentali e capitaliste ma alieno a una società 11

14 socialista come veniva a definirsi quella cinese in quegli anni. In questa fase anche la legge veniva considerata un elemento borghese, qualcosa di negativo e comunque non necessario alla società cinese, fondata sul comunismo, tanto che furono compiuti pochissimi sforzi atti a dar vita, in Cina, a un sistema legale vero e proprio. Molte facoltà di legge chiusero e gli studiosi di legge vennero avviati a un percorso di rieducazione. La storia recente dei diritti umani in Cina. Nel 1971 la Repubblica Popolare Cinese è entrata a far parte delle Nazioni Unite, sostituendo Taiwan che l aveva rappresentata fino a quell anno presso il foro ONU. Questo fu forse il primo passo decisivo del Paese verso l uscita dall isolamento internazionale autoimpostosi a partire dal Ci sarebbero voluti, tuttavia, alcuni anni ancora perché la Cina intraprendesse cambiamenti più consistenti verso l apertura al mondo esterno. Dal 1971 al 1979, infatti, il Paese non divenne parte di nessuna convenzione internazionale riguardante i diritti umani e, ancora impegnato nella Rivoluzione Culturale, evitò di prendere parte alle attività internazionali in materia di diritti umani. Del resto la comunità internazionale non esercitò in quegli anni particolari pressioni sulla Cina perché osservasse gli obblighi contratti in materia di diritti umani, in ragione del fatto che, in quel periodo, la priorità era ancora quella di favorire l ingresso della Cina nel sistema internazionale. Per questo motivo, le questioni dei diritti umani vennero posticipate a una fase successiva. Alla fine degli anni 70 molte cose cambiarono in Cina: dopo la morte di Mao, nel 1976, e la fine della rivoluzione culturale, il Paese era finalmente pronto a intraprendere un processo di riforme e di modernizzazione. Esso venne avviato alla fine del 1978, sotto la leadership di Deng Xiao Ping: alla terza Sessione Plenaria dell undicesimo Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese vennero annunciate nuove misure finalizzate a dare una svolta allo sviluppo del Paese. L enfasi venne posta specialmente sulle note quattro modernizzazioni 2, e sull apertura all Occidente. Lo sviluppo dell economia e del sistema legale erano considerati come fattori fondamentali di tale percorso di modernizzazione, e un certo grado di democrazia era addirittura visto come essenziale alla buona riuscita delle riforme. In questo periodo, quindi, il governo cinese cominciò a prestare maggiore attenzione al tema dei diritti umani, che iniziò a venire discusso anche a livello ufficiale, segnando una vera e propria svolta rispetto all epoca di Mao. La Costituzione approvata nel 1982 illustra questa nuova attenzione: nel secondo capitolo essa forniva un elenco dei diritti fondamentali, formulati in maniera simile a quella delle costituzioni occidentali e, sebbene fosse lungi dal salvaguardare effettivamente la protezione dei diritti umani, tuttavia essa segnava una svolta rispetto alla fase precedente della storia cinese. Anche a livello internazionale, in questi anni, la Cina si impegnò in maniera più attiva in materia di diritti umani. Nel 1982 divenne membro della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani e, tra 1980 e 1989, firmò e/o ratificò sette trattati sui diritti u- mani, tre dei quali fondamentali 3. Tale atteggiamento, maggiormente attivo anche presso il foro internazionale dei diritti umani, ovviamente pose la Cina in una posizione più vulnerabile: il Paese accettava, in un certo modo, di sottoporsi ai meccanismi di control- 2 Le quattro modernizzazioni (sige xiandaihua) consistevano nello sviluppo dell agricoltura, dell industria, del sistema di difesa nazionale, e della scienza e tecnologia. L apertura all Occidente veniva considerata come un fattore essenziale al conseguimento di tali modernizzazioni. 3 La Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (ratificata nel 1988); la Convenzione sull eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (ratificata nel 1980) e la Convenzione Internazionale sull eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (firmata nel 1981). 12

15 lo dei tre trattati fondamentali adottati, e si esponeva a indagini e critiche in merito alla situazione dei diritti umani all interno dei propri confini nazionali. Inoltre, le riforme economiche avviate portavano la Cina ad aprirsi maggiormente al mondo esterno. Ciò comportava anche un maggiore coinvolgimento del Paese nel sistema di comunicazione globale che, a sua volta, faceva sì che le violazioni dei diritti umani in Cina divenissero più facilmente note all estero. La Cina cominciò a essere sempre più apertamente criticata per le proprie pratiche in materia di diritti umani, specialmente dagli Stati Uniti. Tali voci rimarranno moderate nei primi tempi, per scatenarsi poi con più forza all indomani degli eventi del 1989, anno del noto massacro di Piazza Tienanmen: l iniziale protesta di un gruppo di studenti contro la corruzione dilagante al potere si trasformò in una rivendicazione di massa, condotta in nome di una maggiore partecipazione politica, maggiori diritti e maggiore democrazia. In tutta risposta, il 4 giugno 1989, il governo cinese represse il movimento nel sangue, suscitando la riprovazione e lo choc della comunità internazionale. La soppressione del movimento per la democrazia ebbe importanti conseguenze sulle relazioni della Cina con il resto della comunità internazionale e con il regime internazionale dei diritti umani. Per la prima volta il governo cinese venne posto apertamente sotto accusa e sotto pressione da più parti. L Unione Europea reagì imponendo una serie di sanzioni, tra i quali il posticipo di alcuni programmi di cooperazione, la sospensione dei contatti ministeriali di alto livello e l interruzione della cooperazione in campo militare. Gli Stati Uniti reagirono in maniera simile e iniziarono a vincolare lo status di nazione più favorita al rispetto dei diritti umani e della democrazia. Gli USA misero particolare enfasi sull embargo di armi alla Cina e, nel periodo immediatamente successivo, ogni anno lo status di nazione più favorita venne riesaminato alla luce dei progressi compiuti dalla Cina nel rispetto dei diritti umani. La reazione della Cina alle critiche internazionali fu inizialmente di rifiuto e di ritiro in un nuovo isolamento. Le autorità cinesi denunciarono il diritto della comunità internazionale di interferire negli affari interni cinesi. Quello fu un momento molto delicato per le autorità cinesi, in quanto si trovarono a far fronte alle critiche per il massacro di Piazza Tienanmen e allo stesso tempo ad affrontare gli imponenti cambiamenti degli equilibri di potere nel sistema internazionale: quello stesso anno cadevano infatti i regimi comunisti dell Europa orientale e la scena politica mondiale mutava profondamente. Negli anni immediatamente successivi alla repressione di Piazza Tienanmen, la comunità internazionale mantenne la pressione sulla Cina. Presso la Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, sia i paesi europei che gli Stati Uniti appoggiarono risoluzioni critiche nei confronti della Cina, e sfruttarono al massimo le misure economiche a disposizione per migliorare la situazione dei diritti umani nel Paese asiatico. Dopo il primo periodo di insicurezza e isolamento, il governo cinese iniziò a riorganizzarsi e raccogliere la sfida del confronto con gli stati che criticavano la sua condotta in materia di diritti umani. Tale atteggiamento emerse chiaramente a partire dal settembre 1990 e il risultato fu il rilancio delle attività e delle iniziative in materia di diritti umani: la Cina assunse una posizione più attiva presso il foro internazionale dei diritti umani, il governo adottò un certo numero di leggi riguardanti i diritti umani e gli studiosi di legge cinesi vennero incoraggiati a portare avanti ricerche in materia. Il governo cinese iniziò, inoltre, a pubblicare relazioni periodiche sui diritti umani in Cina, note con il nome di white papers. Il primo di questi paper venne pubblicato nell ottobre 1991 e conteneva la versione ufficiale del governo cinese sulla situazione dei diritti umani in Cina. Esso era infatti caratterizzato da una sfumatura molto relativistica e sottolineava la necessità di considerare le caratteristiche storiche e nazionali di un paese nel momento in cui venisse compiuta una valutazione della situazione dei diritti umani dello stesso, e l impossibilità di procedere a tale valutazione sulla base di standard e valori preconcetti o appartenenti a altre regioni o paesi. Il governo lo diffuse pro- 13

16 prio per difendere i propri standard dei diritti umani di fronte alla comunità internazionale e alla stessa popolazione cinese. Con esso il governo cinese intendeva inoltre dare un segnale al mondo accademico cinese, indicando su quali temi esso dovesse concentrarsi. Da questo momento, quindi, la Cina iniziò a sviluppare la propria concezione dei diritti umani, più avanti definita diritti umani con caratteristiche cinesi. Sia alla Conferenza preparatoria di Bangkok che alla Conferenza di Vienna del 1993, peraltro, come visto in precedenza, la Cina guadagnò ampio supporto alla sua teoria. A livello interno, il governo cinese continuò a pubblicare negli anni successivi i white papers sulla situazione dei diritti umani nella società cinese, istituendo, inoltre, numerosi centri di ricerca sui diritti umani. Le pubblicazioni accademiche in materia si moltiplicarono. A partire dal 1993, le critiche internazionali sulla situazione dei diritti umani in Cina si ridussero notevolmente. Sempre più paesi in via di sviluppo appoggiavano le posizioni della Cina e la teoria che le caratteristiche storiche e culturali specifiche di un paese dovessero essere considerate al momento della valutazione degli standard dei diritti umani di un paese. Molti Stati giunsero oltre, sostenendo l argomento che, nei paesi in via di sviluppo, le preoccupazioni economiche e di sviluppo dovessero necessariamente avere la precedenza su quelle della realizzazione effettiva dei diritti civili e politici. Il successo economico che la Cina iniziava a conoscere in quel periodo esercitava una grande attrazione e influenza sui paesi in via di sviluppo: la Cina si presentava come un modello per gli altri paesi che cercavano di intraprendere un simile percorso. Il crescente potere economico della Cina, del resto, fece sentire la propria influenza anche sui paesi occidentali: il mantenimento di un atteggiamento di confronto aperto e di antagonismo con la Cina non venne più visto come opportuno e vantaggioso. Gli Stati Uniti fornirono la prima dimostrazione di tale consapevolezza: nel 1994 il Presidente Bill Clinton dichiarò la necessità di separare le considerazioni sulla situazione dei diritti umani in Cina dalla clausola della nazione più favorita. Tuttavia gli Stati Uniti continuarono, negli anni successivi, ad appoggiare risoluzioni contro la Cina presso la Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani. Gli argomenti relativistici e il crescente peso economico della Cina esercitarono una grande influenza anche sull Unione Europea: sia a causa della crescente influenza economica del Paese asiatico, sia forse per una maggiore attenzione nei confronti del ruolo giocato dalle peculiari caratteristiche nazionali nella definizione degli standard dei diritti umani, la politica dell Unione iniziò a concentrarsi principalmente sul dialogo e sulla cooperazione, ponendo in secondo piano il confronto diretto e aperto. Nel 1994 venne avviato un dialogo politico formale con la Cina, destinato a divenire il principale foro di discussione tra le parti. Tale dialogo, del quale i diritti umani costituiscono uno dei temi principali, si è nel tempo maggiormente strutturato e rimane tuttora la forma preferita di scambio politico tra Cina e UE. Un dialogo specifico sui diritti umani è stato avviato invece nel gennaio 1996: come vedremo più avanti, ogni anno vengono portate avanti due sessioni del dialogo. In aggiunta a tale dialogo sui diritti umani, l UE ha inoltre avviato un programma di cooperazione con la Cina e finanzia regolarmente diversi progetti portati avanti da elementi della società cinese. Dal 1997 sono stati portati avanti diversi progetti di cooperazione. In diverse occasioni l UE ha chiarito la propria intenzione di far sì che il dialogo si traduca in miglioramenti concreti sul terreno, e i progetti di cooperazione finanziati in Cina vanno proprio nella direzione di produrre cambiamenti tangibili sul campo. La Commissione Europea, che partecipa al dialogo sui diritti umani in quanto parte della Troika dell UE, è l istituzione principalmente impegnata nella gestione dei programmi di cooperazione e nella promozione dei diritti umani in Cina. Uno dei programmi più importanti finora finanziati è stato il Programma di Cooperazione Legale e Giudiziaria, il più importante programma di assistenza esterna mai porta- 14

17 to avanti in Cina, volto a sostenere il rafforzamento dello stato di diritto. Fra le altre iniziative, volte a rafforzare i diritti civili dei cittadini e la società locale, si possono citare anche il Programma per la Governance del Villaggio e altri progetti volti a promuovere i diritti sociali ed economici, come quelli realizzati nella provincia dello Yunnan. Dal 2002 è stato avviato inoltre il Programma dell UE per progetti di piccola scala sui diritti umani, volto a offrire assistenza per la definizione di progetti innovativi nel campo dei diritti umani 4. Sia per quanto riguarda il dialogo sui diritti umani che per quanto riguarda il programma di cooperazione UE-Cina, l attenzione è posta principalmente sulla promozione dello stato di diritto, vista come condizione necessaria perché si producano miglioramenti concreti anche nella sfera più specifica dei diritti umani. L UE, negli anni, ha sempre tenuto a sottolineare che l esistenza del dialogo sui diritti umani con la Cina non le impedisce di esprimere pubblicamente i propri timori circa le violazioni dei diritti umani in Cina. Negli anni è parsa tuttavia sempre più evidente la mancanza di consenso tra gli Stati membri circa la pubblica espressione delle preoccupazioni sui diritti umani in Cina. Gli interessi economici sembrano tuttora impedire all UE di assumere una presa di posizione più unitaria e critica. Anche presso il foro delle Nazioni Unite sono più volte emerse divisioni nell approccio degli Stati membri dell UE alla questione dei diritti umani in Cina, come accaduto nel 1997: quell anno Francia, Germania, Italia e Spagna ritirarono il proprio sostegno alla risoluzione presentata contro la Cina, e la Danimarca, con l appoggio di nove Stati membri, sostenne da sola la risoluzione. In tutta risposta, peraltro, la Cina decise di interrompere il dialogo sui diritti umani con l UE. Nel 1998 gli Stati membri misero fine alle discussioni decidendo di non appoggiare risoluzioni sulla Cina nella successiva sessione della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani. Anche le discussioni sull eliminazione dell embargo sulla vendita di armi imposto alla Cina in seguito al massacro di Piazza Tienanmen riflettono le divisioni tra gli Stati membri emerse presso la Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani: i paesi più forti, come Francia, Germania e Gran Bretagna, sembrano infatti più favorevoli all eliminazione dell embargo, e maggiormente preoccupati del rafforzamento delle relazioni di cooperazione economica tra UE e Cina. Diverse volte la decisione di eliminare l embargo è fallita solo grazie all opposizione dei Paesi scandinavi. Durante gli anni 90 la Cina ha dato avvio a un periodo di accresciuta collaborazione con la comunità internazionale nel campo dei diritti umani: ha accettato le visite da parte di vari organismi delle Nazioni Unite all interno dei propri confini nazionali, aprendosi al controllo esterno sulla situazione interna dei diritti umani 5 ; nel 1995 ha ospitato la Conferenza delle Nazioni Unite sulle Donne; ha avviato dei dialoghi sui diritti umani con diversi paesi; ha liberato, in diverse occasioni, dissidenti politici. Ha cercato, in sostanza, di provare alla comunità internazionale la propria volontà di collaborazione nel campo dei diritti umani. Un momento saliente di tale percorso è stato certamente rappresentato dalla firma del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici nell ottobre 1997, e la firma e la ratifica del Patto Internazionale sui diritti sociali, economici e culturali, rispettivamente nell ottobre 1997 e nel marzo 2001). Altrettanto consistenti si sono fatti gli sforzi diplomatici compiuti dalla Cina alla vigilia delle sessioni della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani. Dal 1990 in avanti, quasi ogni anno è stata presentata una risoluzione contro la Cina, ma la Cina o- 4 Un quadro più esaustivo dei progetti di cooperazione portati avanti dall Unione verrà fornito nel capitolo settimo. 5 Invito all Incaricato Speciale sull Intolleranza Religiosa nel 1994; invito al Gruppo di Lavoro sulla Detenzione Arbitraria nel 1996; invito all Alto Commissario per i Diritti Umani nel 1998, e altri. 15

18 gni volta è riuscita a impedirne l approvazione, sia sollecitando l appoggio dei paesi in via di sviluppo, sia sfruttando il proprio crescente peso politico ed economico. La Cina è riuscita inoltre a portare alcuni dei suoi maggiori oppositori su posizioni più concilianti, ribadendo l argomento dell importanza delle condizioni nazionali nella considerazione degli standard dei diritti umani e ponendo l enfasi sulla cooperazione e il dialogo. Volendo tirare le somme, il quadro attuale è quello di una Cina sempre più sicura di sé in campo internazionale, in un contesto mondiale in cui gli equilibri di potere sono in mutamento. L appoggio di cui la Cina gode da parte dei paesi in via di sviluppo, il suo crescente potere economico e l altrettanto crescente peso politico, le permettono di gestire e affrontare in maniera sempre più efficace le critiche internazionali alla situazione interna dei diritti umani. Gli anni recenti hanno anche mostrato l emergere di una nuova sensibilità tra gli Stati occidentali per la particolarità della situazione della Cina. Motivazioni economiche, politiche e filosofiche sembrano sempre più prevenire l adozione di un approccio apertamente critico e ostile, a favore di un atteggiamento fondato sulla cooperazione e il dialogo. Nel momento in cui la Cina si è impegnata a rafforzare il sistema dello stato di diritto e si è resa maggiormente attiva all interno del foro internazionale dei diritti umani, incoraggiando i propri accademici a portare avanti ricerche in materia di diritti umani e offrendo relativamente un maggior spazio alla società civile, si stanno certamente moltiplicando gli strumenti e le opportunità di apprendimento e di discussione sulla questione dei diritti umani. La sfida principale sta forse nel preservare e rafforzare ulteriormente l utilità e l efficacia di tali scambi. Ciò comporta un maggiore coinvolgimento dell Occidente, un rinnovato sforzo volto a comprendere cosa realmente ci sia di specifico e peculiare nella concezione cinese dei diritti umani e a capire come i concetti di stato di diritto e di società civile possano trovare applicazione in Cina. Soprattutto è necessario maggiore coraggio, per criticare apertamente il governo cinese quando esso tenti di utilizzare la teoria dei diritti umani con caratteristiche cinesi solo per evitare e rifiutare le critiche ai propri standard dei diritti umani. Il mio lavoro di tesi prende in esame solo una parte degli aspetti toccati in questa panoramica introduttiva. Esso inizia con una rassegna della situazione attuale dei diritti umani in Cina, realizzata soprattutto sulla base delle relazioni annuali sui diritti umani pubblicate dalle principali organizzazioni non governative impegnate nel monitoraggio dei diritti umani nel mondo. Un capitolo è dedicato quindi alle problematiche dei diritti u- mani alla luce del traguardo dei futuri Giochi Olimpici che avranno luogo a Pechino nel Segue una panoramica della concezione dei diritti umani propria delle autortità politiche cinesi, del mondo accademico e della società civile cinesi. Sarebbe stato oltremodo interessante, a questo punto, portare avanti un lavoro che mettesse in evidenza le differenze negli approcci dei principali attori internazionali alla situazione dei diritti umani in Cina. Dati tuttavia i limiti di spazio e di tempo, e data l opportunità avuta di recarmi a Bruxelles, sede della Commissione Europea, per effettuare ricerche per la tesi, ho scelto di concentrarmi sull azione e le politiche che l Unione Europea porta avanti nei confronti della Cina in ordine al problema dei diritti umani. Dopo una panoramica dei principali attori e strumenti coinvolti nella politica dei diritti umani dell UE, ho focalizzato l attenzione sulle iniziative portate avanti nei confronti della Cina, nella fattispecie il dialogo sui diritti umani e il programma di cooperazione. Quanto al primo ho cercato soprattutto di metterne in evidenza i principali punti di debolezza. Ne è emerso un quadro sicuramente interessante e ricco di potenzialità, ma anche permeato da mancanze e limiti, suscettibile di un notevole miglioramento. 16

19 CAPITOLO 1 LA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI IN CINA Secondo le maggiori organizzazioni non-governative impegnate nel monitoraggio costante del rispetto dei diritti umani nel mondo 6, in Cina, negli ultimi anni, la situazione dei diritti umani non ha conosciuto miglioramenti sostanziali ed è anzi talvolta peggiorata in maniera significativa. Le autorità, di fronte al malcontento sociale dovuto a una crescita economica sempre più squilibrata, hanno risposto imponendo controlli più severi alla stampa, a internet, al mondo accademico, agli avvocati e alle organizzazioni non governative, dissipando la speranza che era stata riposta per qualche tempo nella figura del Presidente Hu Jintao, in cui si sperava di trovare un riformatore progressista, e lanciando un avvertimento a individui e associazioni che si battono per un maggiore rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini cinesi. Il governo cinese persiste nell utilizzo di un vasto apparato di polizia e di sicurezza, allo scopo di mantenere il controllo su oppositori, dimostranti e attivisti della società civile. Queste forme di controllo rendono meno necessari gli arresti fisici dei soggetti interessati (arresti che attirano sulla Cina una quanto mai sgradita attenzione internazionale). Il sofisticato sistema di controlli include pressioni a livello amministrativo e professionale, restrizioni agli spostamenti nel territorio nazionale e all estero, intercettazioni private e pubbliche, sorveglianza delle comunicazioni telefoniche e telematiche, perquisizioni della polizia, stretta sorveglianza da parte di poliziotti in borghese, arresti domiciliari non ufficiali, e fermo in custodia presso le stazioni di polizia. Molti cittadini sono accusati di crimini la cui definizione è estremamente vaga, come nel caso dell accusa per interruzione dell ordine pubblico o per rivelazione di segreti di stato o incitamento alla sovversione. Secondo il Rapporto di Human Rights Watch relativo all anno 2006, circa cento fra attivisti, avvocati, scrittori, accademici, sostenitori delle campagne contro l AIDS e difensori dei dritti umani sono stati vittime della repressione del regime cinese. Ci si chiede se il rigido sistema di controlli tenuto in piedi dal regime cinese e la repressione della libertà di espressione conosceranno un allentamento in vista degli ormai prossimi Giochi Olimpici che si terranno a Pechino nel 2008, sebbene siano in molti a ritenere, specie all interno dei confini nazionali cinesi, che queste limitazioni verranno mantenute fino all estate 2008, periodo in cui si svolgeranno i Giochi. 1. LE RIFORME DEL SISTEMA LEGALE 7 Da quando i principi dello Stato di diritto sono stati inseriti in linea di principio nella carta costituzionale nel , il sistema giudiziario cinese ha conosciuto qualche progresso in termini di trasparenza. Eppure, nonostante ci si attendesse in questi ultimi an- 6 Human Rights Watch, Amnesty International, Human Rights Without Frontiers, e altre. 7 Analisi compiuta sulla base dei rapporti di Human Rights Watch, Amnesty International, Human Rights Without Frontiers. 8 Federico Rampini, La Repubblica. 17

20 ni la realizzazione di altre importanti iniziative legislative da parte delle autorità cinesi, le riforme del sistema legale sono rimaste pressoché in stallo. A differenza di quanto più volte preannunciato, il Codice di Procedura Penale non è stato ancora emendato. E stata archiviata anche la prevista adozione di una nuova legge finalizzata a sancire il diritto alla proprietà privata e rafforzare quindi le garanzie a favore dei comuni cittadini. La pena di morte continua a essere comminata in Cina in maniera arbitraria e diffusa. Si viene condannati a morte anche per crimini non violenti come frode e malversazione fiscale, così come per crimini di droga e crimini violenti. 9 Sono numerosi inoltre i casi in cui la pena di morte viene decretata in base a errori giudiziari, fenomeno che ha cominciato a suscitare una crescente reazione popolare e una domanda di riforma del sistema. Il governo ha compiuto qualche passo avanti verso la realizzazione di una riforma sulla pena capitale, istituendo all interno della Corte Suprema del Popolo una sezione specificamente incaricata della revisione di tutte le sentenze di condanna, provvedimento, questo, che dovrebbe consentire di diminuire le circa esecuzioni vengono portate a termine ogni anno in Cina. 10 Il compito era in precedenza delegato ai tribunali minori, e ciò riduceva notevolmente la protezione dei cittadini rispetto alle procedure giudiziarie ingiuste. I funzionari della corte hanno anticipato che la riforma condurrà a una diminuzione del 30% delle condanne a morte. Tuttavia, dal momento che le statistiche nazionali sul numero delle esecuzioni rimangono segreto di stato, risulta molto problematico effettuare un analisi e un controllo precisi dei progressi conseguiti. Inoltre, nonostante le richieste sempre più numerose di giustizia e la rivendicazione frequente dei propri diritti costituzionali da parte dei privati cittadini, il sistema ancora non prevede indennità appropriate per le vittime di errori giudiziari. Tortura e maltrattamenti nei confronti dei detenuti continuano a essere praticati con straordinaria frequenza. I metodi più utilizzati sono i calci, l elettroshock, la sospensione per le braccia, la privazione del cibo e del sonno. L accesso al mondo esterno molto limitato per i detenuti e l impossibilità a stabilire meccanismi efficaci di protesta e investigazione fanno sì che il fenomeno continui a prosperare. Una notizia positiva risale al maggio 2005, quando le autorità hanno annunciato il lancio, in tre regioni, di un progetto pilota comportante l obbligo, per la polizia, di interrogare i sospetti criminali solo in presenza di una videocamera e di avvocati. Nel luglio 2005 le autorità hanno inoltre annunciato di stare accelerando la campagna per perseguire i funzionari di polizia colpevoli di aver estorto confessioni con la tortura, aggiungendo che funzionari di polizia erano già stati perseguiti dall inizio della campagna. Un esempio del diffuso uso della tortura nelle carceri cinesi è quello riportato nel Rapporto 2005 da Amnesty International, avente come protagonista Gao Rongrong, seguace del gruppo del Falun Gong, un gruppo spirituale cinese della cui repressione parlerò più avanti. Gao morì nel giugno del 2005 mentre era tenuta in custodia dalla polizia in un campo di rieducazione attraverso il lavoro (parlerò più avanti anche di tale forma di detenzione) a Shenyang, nella provincia del Liaoning. Secondo i resoconti, dopo essere stata trovata a leggere materiale sul Falun Gong all interno del centro di detenzione, Gao sarebbe stata ripetutamente picchiata sul volto e sul collo con bastoni elettroshock che le avrebbero provocato gravi ferite e problemi alla vista. 9 Nel 2005, secondo il rapporto di Amnesty International, è stata eseguita la condanna capitale di almeno 1770 persone e altre 3900 sono state condannate a morte nel corso dello stesso anno, sebbene si presuma che le cifre reali siano ben più consistenti. 10 Le nuove regole introdotte in materia di trapianto di organi nell agosto 2006 non hanno invece preso in considerazione il fatto che le esecuzioni capitali sono in Cina la fonte principale di organi per trapianti in Cina. 18

21 In generale, comunque, benché sia stato dato avvio a una campagna mirata a migliorare la condotta della polizia ed eliminare la pratica della tortura, sono stati fatti finora ben pochi sforzi per introdurre le riforme legali e istituzionali necessarie a prevenire questo genere di pratiche. Come se non bastasse, alle persone accusate di crimini penali o politici continua a essere negato il diritto a un processo 11. La possibilità di incontrare avvocati e parenti continua a essere fortemente limitata e i processi, quando concessi, non rispettano quasi mai gli standard internazionali fissati. Gli individui accusati di crimini legati a segreti di stato o terrorismo vedono i propri diritti legali ulteriormente limitati e in genere vengono processati a porte chiuse 12. Risale al marzo 2007 la notizia che l Assemblea Nazionale del Popolo intende prendere in considerazione la riforma del sistema di rieducazione attraverso il lavoro, una forma di detenzione amministrativa nota come Loajiao, introdotta nel 1957 da Mao Tse Tung 13, usata per detenere centinaia di migliaia di persone fino a quattro anni, senza accuse né processo. Essa fa parte di un sistema di punizione e di detenzione dedicato a coloro che commettono offese minori e che quindi non sono considerati propriamente dei criminali 14. In realtà i campi sono uno strumento attraverso il quale il regime cinese, da cinquanta anni, mette a tacere dissidenti e religiosi, senza passare per processi giudiziari o atti formali. Nati per soffocare l opposizione anti-maoista, essi oggi vengono soprattutto utilizzati per detenere i membri del gruppo religioso del Falun Gong 15. Le pene vengono inflitte senza processo da comitati popolari composti da poliziotti e funzionari di partito 16. Gli accusati sono spesso anche semplici sospetti, drogati, prostitute. Secondo Amnesty International, attualmente nei circa 310 campi di rieducazione cinesi presenti in tutto il paese sarebbero tenute prigioniere quattrocentomila persone 17. Il quotidiano in lingua cinese China Daily ha parlato con grande enfasi della prossima abolizione dei campi, affermando che essa costituirebbe un passo concreto per proteggere i diritti umani, come previsto dalla Costituzione. Teng Biao, avvocato dissidente, fra i promotori del movimento per i diritti civili 18, ha affermato che se i campi di rieduca- 11 Secondo l organizzazione Information Center for Human Rights and Democracy, basata a Hong Kong, durante la repressione scatenata nel giugno 1989 contro il movimento di Piazza Tienanmen persone furono arrestate e condannate a morte o a lunghi periodi di carcere. Almeno duecento rimangono tuttora in prigione. 12 Nel dicembre 2006, ad esempio, le autorità cinesi hanno eseguito in segreto la condanna a morte di un uomo arrestato durante le manifestazioni di protesta contro la costruzione di una diga nel Si chiamava Chen Tao e assieme a decine di migliaia di altre persone aveva partecipato alla mobilitazione contro la costruzione dell impianto idroelettrico di Pubugou nella provincia dello Sichuan. La costruzione della diga comporta l allagamento e la scomparsa di villaggi abitati da persone. Contro i manifestanti intervennero reparti di polizia antisommossa e un poliziotto rimase ucciso negli scontri. Chen Tao assieme ad altri tre manifestanti fu accusato della morte del poliziotto. Il suo legale, Ran Tong, ha dichiarato di non essere stato neanche ammesso a prendere parte al processo di appello. L avvocato ha detto di avere appreso dell esecuzione del proprio cliente quando si è recato in tribunale per avere notizie sul processo. (Federico Rampini, La Repubblica.it). 13 Alberto Mattone, La Repubblica, venerdì 2 marzo Il Ministero cinese della Pubblica Sicurezza definisce la rieducazione attraverso il lavoro come una misura amministrativa per trasformare i soggetti antisociali. 15 Vedi paragrafo più avanti. 16 I condannati alla rieducazione non hanno diritto a ricevere assistenza legale e a vedere il proprio caso discusso in tribunale. 17 Secondo i dati ufficiali del governo cinese, nel 2005 le persone detenute nei campi di rieducazione erano , più del doppio invece per le organizzazioni umanitarie. 18 Vedi più avanti. 19

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