Dailogo; qui sono impegnati a leggere e comprendere un trattato sul moto scritto da
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- Guglielmo Carraro
- 7 anni fa
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1 LA DEFINIZIONE DI MOTO UNIFORMEMENTE ACCELERATO Sono ancora protagonisti i tre personaggi che abbiamo imparato a conoscere nel Dailogo; qui sono impegnati a leggere e comprendere un trattato sul moto scritto da un Autore (questo è l appellativo con cui lo indicano) in cui noi riconosciamo Galileo. Il testo attribuito all Autore è stato letto, ovviamente, nella traduzione dal latino. Per prima cosa si è considerata la definizione di moto uniforme: DEL MOTO EQUABILE Circa il moto equabile o uniforme, ci occorre una sola definizione, che formulo così: DEFINIZIONE Moto eguale o uniforme intendo quello in cui gli spazi percorsi da un mobile in tempi eguali, comunque presi, risultano tra di loro eguali. AVVERTENZA Ci è parso opportuno aggiungere alla vecchia definizione (che semplicemente parla di moto equabile, allorché in tempi eguali vengono percorsi spazi eguali) l'espressione comunque presi, cioè per tutti i tempi che siano eguali: infatti, può accadere che in determinati tempi eguali un mobile percorra spazi eguali, mentre spazi, percorsi in frazioni di tempo minori, sebbene eguali, non siano eguali. Ci siamo soffermati anche sull avvertenza dell autore per capire da subito quanto il rigore nel definire e nell argomentare siano alla base di tutta la trattazione di Galileo del moto dei corpi. Alla definizione e al suo commento è seguita l introduzione di termini e definizioni per la descrizione del movimento: sistema di riferimento, posizione e spostamento, istante e intervallo di tempo, rappresentazione grafica, velocità, velocità in un istante, velocità relativa, legge oraria del moto, uso di diverse unità di misura, etc ; a questa attività, come si può capire, sono state dedicate diverse ore di lezione e molte esercitazioni a casa.
2 Proseguendo nella lettura della Giornata terza siamo passati a considerare il moto accelerato; e, come dice Galileo, non l abbiamo analizzato in astratto ma ci siamo interessati al moto di cui si serve la natura: DEL MOTO NATURALMENTE ACCELERATO Le proprietà del moto equabile sono state considerate nel libro precedente: ora dobbiamo trattare del moto accelerato. E in primo luogo conviene investigare e spiegare la definizione che corrisponde esattamente al moto accelerato di cui si serve la natura. Infatti, sebbene sia lecito immaginare arbitrariamente qualche forma di moto e contemplare le proprietà che ne conseguono (così, infatti, coloro che si immaginarono linee spirali o concoidi, originate da certi movimenti, ne hanno lodevolmente dimostrate le proprietà argomentando ex suppositione, anche se di tali movimenti non usi la natura), tuttavia, dal momento che la natura si serve di una certa forma di accelerazione nei gravi discendenti, abbiamo stabilito di studiarne le proprietà, posto che la definizione che daremo del nostro moto accelerato abbia a corrispondere con l'essenza del moto naturalmente accelerato. Questa coincidenza crediamo di averla raggiunta finalmente, dopo lunghe riflessioni; soprattutto per il fatto che le proprietà, da noi successivamente dimostrate [dalla nostra definizione], sembrano esattamente corrispondere e coincidere con ciò che gli esperimenti naturali presentano ai sensi. Infine a studiare il moto naturalmente accelerato siamo stati condotti quasi per mano dall'osservazione della consuetudine e della regola seguite dalla natura medesima in tutte le altre sue opere, nella cui attuazione suole far uso dei mezzi più immediati, più semplici, più facili. Ritengo infatti che non vi sia nessuno, il quale creda che si possa praticare il nuoto o il volo in una maniera più semplice e più facile di quella usata, per istinto naturale, dai pesci e dagli uccelli. Del brano precedente si è messa in risalto la fiducia nella semplicità della natura, facendo osservare che questo punto di vista è presente anche negli scienziati moderni. Vediamo dunque a quale ipotesi conduce questa fiducia: Quando, dunque, osservo che una pietra, che discende dall'alto a partire dalla quiete, acquista via via nuovi incrementi di velocità, perché non dovrei credere che tali aumenti avvengano secondo la più semplice e più ovvia proporzione? Ora, se consideriamo attentamente la cosa, non troveremo nessun aumento o incremento più semplice di quello che aumenta sempre nel medesimo modo. Il che facilmente intenderemo considerando la stretta connessione tra tempo e moto: come infatti la equabilità e uniformità del moto si definisce e si concepisce sulla base della eguaglianza dei tempi
3 e degli spazi (infatti chiamiamo equabile il moto, allorché in tempi eguali vengono percorsi spazi eguali), così, mediante una medesima suddivisione uniforme del tempo, possiamo concepire che gli incrementi di velocità avvengano con [altrettanta] semplicità; [lo possiamo] in quanto stabiliamo in astratto che risulti uniformemente e, nel medesimo modo, continuamente accelerato, quel moto che in tempi eguali, comunque presi, acquista eguali aumenti di velocità. [ ] Possiamo quindi ammettere la seguente definizione del moto di cui tratteremo: Moto equabilmente, ossia uniformemente accelerato, dico quello che, a partire dalla quiete, in tempi eguali acquista eguali momenti di velocità. Si è commentata la definizione di moto uniformemente accelerato, avendo chiarito che momenti qui significa incrementi, e si sono ascoltati i dubbi espressi da Sagredo: questi non ha nulla da obiettare a questa definizione, ma si chiede se essa si adatti, convenga e si verifichi quando i corpi cadono verso il basso.. A partire dalla definizione appena data, ammettendo che i gravi cadano proprio così, si dovrebbe anche ammettere che un grave cadendo dalla quiete passi attraverso tutti i gradi di tardità. Si spiega così Sagredo: Mentre io mi vo figurando, un mobile grave descendente partirsi dalla quiete, cioè dalla privazione di ogni velocità, ed entrare nel moto, ed in quello andarsi velocitando secondo la proporzione che cresce 'l tempo dal primo instante del moto, ad avere, v. g., in otto battute di polso acquistato otto gradi di velocità, della quale nella quarta battuta ne aveva guadagnati quattro, nella seconda due, nella prima uno, essendo il tempo subdivisibile in infinito, ne séguita che, diminuendosi sempre con tal ragione l'antecedente velocità, grado alcuno non sia di velocità così piccolo, o vogliamo dir di tardità così grande, nel quale non si sia trovato costituito l'istesso mobile dopo la partita dall'infinita tardità, cioè dalla quiete: tal che, se quel grado di velocità ch'egli ebbe alle quattro battute di tempo, era tale che, mantenendola equabile, arebbe corso due miglia in un'ora, e co 'l grado di velocità ch'ebbe nella seconda battuta arebbe fatto un miglio per ora, convien dire che ne gl'instanti del tempo più e più vicini al primo della sua mossa dalla quiete si trovasse così tardo, che non arebbe (seguitando di muoversi con tal tardità) passato un miglio in un'ora, né in un giorno, né in un anno, né in mille, né passato anco un sol palmo in tempo maggiore; accidente al quale pare che assai mal agevolmente s'accomodi l'immaginazione, mentre che il senso ci mostra, un grave cadente venir subito con gran velocità.
4 Gli studenti hanno compreso e condiviso la difficoltà espressa da Sagredo: sembra impossibile che nella caduta ci sia una fase in cui l oggetto si muove lentamente. L insegnante ha precisato che lo stesso Galileo non l ha sempre pensata così: in gioventù, circa 50 anni prima dell epoca in cui sono stati scritti i Discorsi, ha immaginato la caduta in modo diverso da come ce la descrive qui. Nel brano letto sono espressi concetti matematici, come quello della suddivisibilità all infinito del tempo e quello ad esso legato della velocità in un istante, che avevamo già incontrato quando si era introdotta la descrizione matematica del movimento. Da un punto di vista metodologico è importante sottolineare che, se da una parte si chiede agli studenti di operare un astrazione, si forniscono per questo anche contesti concreti da cui partire (la tardità è tale che non basterebbero mille anni per percorrere un sol palmo). A questo proposito si consideri la discussione, registrata sul quaderno di un alunna, della possibilità di determinare la velocità in un istante:
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6 E anche la risposta di Salviati fa uso di esempi concreti: Posate un grave sopra una materia cedente, lasciandovelo sin che prema quanto egli può con la sua semplice gravità: è manifesto che, alzandolo un braccio o due, lasciandolo poi cadere sopra la medesima materia, farà con la percossa nuova pressione, e maggiore che la fatta prima co 'l solo peso; e l'effetto sarà cagionato dal mobile cadente congiunto con la velocità guadagnata nella caduta, il quale effetto sarà più e più grande, secondo che da maggior altezza verrà la percossa, cioè secondo che la velocità del percuziente sarà maggiore. Quanta dunque sia la velocità d'un grave cadente, lo potremo noi senza errore conietturare dalla qualità e quantità della percossa Salviati descrive dunque l esperienza che convince ma dice anche: senza ridursi a tale esperienza (che senza dubbio è concludentissima), mi pare che non sia difficile co 'l semplice discorso penetrare una tal verità. Gli studenti hanno imparato ormai che discorso per Galileo è ragionamento e infatti così ragiona e ci convince Salviati: Sentite, in grazia. Io non credo che voi fuste renitenti a concedermi che l'acquisto de i gradi di velocità del sasso cadente dallo stato di quiete possa farsi co 'l medesimo ordine che la diminuzione e perdita de i medesimi gradi, mentre da virtù impellente fusse ricacciato in su alla medesima altezza; ma quando ciò sia, non veggo che si possa dubitare che nel diminuirsi la velocità del sasso ascendente, consumandola tutta, possa pervenire allo stato di quiete prima che passar per tutti i gradi di tardità.
Questo simbolo significa che è disponibile una scheda preparata per presentare l esperimento
L accelerazione Questo simbolo significa che l esperimento si può realizzare con materiali o strumenti presenti nel nostro laboratorio Questo simbolo significa che l esperimento si può realizzare anche
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