INTRODUZIONE. La comunicazione verbale nella sua complessa stratificazione ed attuazione, costituisce

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1 II INTRODUZIONE La prassi linguistica come punto di riferimento necessario all'autocomprensione umana. M. Sbisà La comunicazione verbale nella sua complessa stratificazione ed attuazione, costituisce una forma fondamentale di comportamento umano e diviene base del vivere sociale. Nel nostro linguaggio, infatti, si riflette tutta la complessità della vita umana, si esprimono intenzioni, giudizi, stati d'animo, esperienze, si entra in "cooperazione" con gli altri individui. La parola è l'elemento più semplice della comunicazione verbale dotato di significato, considerato l'utensile più antico e prezioso in possesso dell'uomo che, consapevole di questo grande valore e della sua esclusività, ne fa il suo veicolo comunicativo per eccellenza. Il linguaggio, per questa sua unicità è stato oggetto di riflessione di numerosi filosofi, e in particolare gli studi sul linguaggio hanno dato vita a due diverse correnti, una interessata al linguaggio formale, l'altra all'analisi del linguaggio ordinario. E' proprio il linguaggio ordinario, fonte inesauribile di procedimenti analitici, che diventa oggetto di studio dei filosofi del linguaggio che si radunano intorno al movimento analitico di Oxford, interessati al modo in cui usiamo il linguaggio e al suo costituirsi in azione. Il linguaggio ordinario come azione è infatti il nucleo fondamentale di questo nostro lavoro espresso e sviluppato attraverso le teorie di due maggiori filosofi di pragmatica linguistica, Austin e Grice. La pragmatica linguistica studia la lingua, dal punto di vista della sua funzione, in riferimento a elementi linguistici e contestuali GE II

2 " E' l'uso ordinario del linguaggio ad essere il punto di riferimento per tutta una serie di questioni d'interesse filosofico riguardanti la soggettività umana, la comunicazione, la comprensione, il coordinarsi dei singoli in relazioni sociali più o meno conflittuali o cooperative" 1 Come opera il linguaggio? In che modo si può dire che il dire è un fare? Rispondere a queste domande costituisce il fulcro della nostra Tesi, che si snoda attraverso la teoria degli atti linguistici di Austin e la teoria conversazionale di Grice, in un percorso di ricerca volto ad analizzare le diverse funzioni del linguaggio verbale. Il lavoro di Austin trova il suo punto di partenza dalla nozione di enunciato performativo, il cui proferimento costituisce l'esecuzione diretta di un'azione. Egli, inoltre, è consapevole dell'esistenza di una molteplicità di sensi in cui il dire è un fare, per cui il parlare è compiere una serie di atti linguistici che definisce: atto locutorio, l'atto di dire qualcosa; l'atto illocutorio, l'atto nel dire qualcosa; l'atto perlocutorio, l'atto col dire qualcosa. L'attenzione dell'autore, come anche la nostra, si concentrerà sull'atto illocutorio, in cui si sviluppano e si esaminano tutta una serie di azioni linguistiche, dal promettere al giudicare, dal ringraziare all'ordinare, in riferimento ad alcuni elementi convenzionali e al contesto di una relazione interpersonale. La riflessione sugli atti linguistici chiarisce la loro caratteristica di azione all'interno di un confronto intersoggettivo tra parlante e ricevente. E' da questa consapevolezza di un linguaggio che vede parimenti partecipi i soggetti dell'interazione, parlante e ricevente, che si sviluppa l'analisi della linguaggio di Grice. Da qui le risposte alle domande iniziali divengono sempre più chiare ed esaustive. Grice, infatti, intende per comunicazione la produzione intenzionale da parte del parlante-emittente di credenze o azioni su un destinatario-ricevente. 1 Sbisà Marina,1989,. pag

3 Introduzione III In tale situazione comunicativa, egli definisce il Principio di Cooperazione e le massime conversazionali, che danno un quadro completo di come i parlanti "collaborano alla costruzione di un significato" che va da ciò che è detto esplicitamente a ciò che è inteso. Questa caratteristica del linguaggio umano di insinuare implicitamente, di fare intendere, diventa elemento distintivo rispetto ad altri linguaggi convenzionali e naturali, tanto che gli si attribuisce la precisa funzione di " comportamento comunicativo razionale". La teoria degli atti linguistici di Austin e la teoria delle implicature conversazionali di Grice hanno permesso lo sviluppo di diverse aree di ricerca, in cui il linguaggio assume la veste di fecondo terreno d'indagine e di riflessione. La nostra Tesi, intitolata La pragmatica linguistica. Austin e Grice, analizza la dinamicità del linguaggio ordinario e si articola in due sezioni. Una prima sezione di lavoro include la teoria degli atti linguistici di Austin, suddivisa in due capitoli, in cui si analizza l'atto performativo, come azione del linguaggio, e in particolare l'atto illocutivo e le sua articolazioni. La seconda parte si interessa della filosofia del linguaggio di Grice, dalla sua definizione di significato naturale e non naturale sino agli sviluppi delle implicature conversazionali, in cui si cerca di cogliere sfumature e caratteristiche di un linguaggio che si definisce cooperativo. L'elaborazione della Tesi ha visto la preziosa collaborazione della Prof. Marina Sbisà dell'università di Trieste, che con gentile disponibilità ha fornito consigli e suggerimenti di imprenscindibile interesse. GE II

4 1 CAPITOLO. I L AZIONE DEL LINGUAGGIO dire è cominciare a fare: il performativo del dire è l inizio dell esecuzione del fare. Paul, Ricoeur I.1 L enunciato performativo :un azione linguistica Il linguaggio è l espressione potenzialmente più alta dell essere umano. Le parole sono un'esclusiva proprietà dell uomo, sono atti vivi capaci di tradurre pensieri e sentimenti, e di essere l espressione più propria dell Io. La parola, dunque, è l utensile più antico e prezioso dell uomo, e rimane il veicolo comunicativo per eccellenza. Ma, nonostante tutto, il servirsi del linguaggio verbale sembra così naturale all uomo, come respirare, mangiare, dormire, o qualsiasi altra funzione biologica, che spesso ha trascurato di chiedersi quale sia la sua essenza e la sua funzione. Per comprendere la straordinarietà del linguaggio, e come le parole appartengano all universo dell uomo e del suo vivere, bisogna entrare nel vivo della comunicazione verbale e conoscere per gradi che cosa significhi per l uomo usare il linguaggio. Ogni individuo, quotidianamente e nei suoi rapporti interpersonali, usa le parole della sua lingua per comunicare idee, intenzioni, emozioni, immagini, in un unica definizione

5 I.L'azione del linguaggio 2 per trasmettere messaggi, ma parlando, compie anche una serie di azioni, ormai consuetudinarie, come informare, esortare, insegnare, confortare, promettere, accusare, giurare e tutto quant altro è possibile fare con l uso del linguaggio. Se così è, si potrebbe anche contestare la vecchia credenza di un abisso tra il dire e il fare, poi comunemente assunta come differenza tra teoria e prassi, e affermare, con tutta evidenza, che il parlare non è soltanto un dire ma anche un fare, è esercitare atti linguistici. La teoria degli atti linguistici studia ciò che facciamo parlando. Distinguiamo diversi tipi di atti linguistici : gli atti locutivi, e cioè l emettere suoni (atto fonetico), il pronunciare frasi (atto fàtico) e il proferire enunciati (atto retico o proposizionale, atto quest ultimo che comprende a sua volta due atti, quello di far riferimento a qualcosa e quello di predicare qualcosa di ciò di cui si fa riferimento) ; gli atti illocutivi, come l affermare, il giudicare, il consigliare, ecc. ; gli atti perlocutivi, come il convincere, lo spaventare, ecc., quando questi sono effetti di quanto qualcuno ha detto. 2 Figura di primo piano, per lo sviluppo della teoria degli atti linguistici, è indubbiamente il filosofo John L. Austin, che insieme all insegnamento del secondo Wittgenstein, è considerato il maggiore esponente della filosofia analitica contemporanea, che va sotto il nome di Oxford-Cambridge Philosophy. Quando si cita Austin, infatti, si parla in realtà di un metodo che trova il suo culmine nell opera Come fare cose con le parole, che raccoglie il testo di William James Lectures, le lezioni tenute all università di Harvard nel 1955, e pubblicate postume alla sua morte, nel L opera austiniana ci riporta nel vivo del nostro problema, vale a dire l analisi degli atti che si compiono nel parlare e con il parlare un determinato linguaggio, e può anzi assumere, inizialmente, la veste di guida del nostro percorso. 2 Leonardi, Paolo, 1992, pag.139

6 I.L'azione del linguaggio 3 Per giungere alla definizione che il dire è anche un fare, in tutti i suoi molteplici aspetti, Austin, passa attraverso la nozione di enunciato performativo. Il nome Performativo, deriva dall inglese perform (eseguire, compiere...), e indica l esecuzione dell azione attraverso il proferimento di un enunciato. Il concetto di enunciato performativo, usato da Austin, sembra derivare da una problematica dibattuta ad Oxford da H. A. Prichard, che occupandosi di filosofia morale e politica, riconosceva nella formazione di obblighi e diritti, che una promessa non è soltanto un affermazione ma è soprattutto un azione. Austin, distaccandosi poi dalla tesi prichardiana, sostenne che una promessa, come molti altri enunciati esposti in seguito, eseguita secondo procedure convenzionalmente accettate, costituisce essa stessa l atto di assumersi un impegno, dunque di compiere un azione. In realtà il nostro autore non considerò il performativo come un fenomeno isolato e anomalo, ma come un aspetto coesistente al linguaggio, che in ogni modo volle distinguere dagli altri atti. Austin definì i diversi usi del linguaggio, considerandolo dal punto di vista pragmatico, per cui analizzò gli enunciati prodotti dal parlante come atti di dire, ma in vari casi anche, di fare qualcosa. Per chiarire questo, infatti, già dalla prima lezione del suo trattato, espone una differenza tra enunciati performativi e constatativi, che sta alla base della sua fenomenologia linguistica. L enunciato constatativo, chiamato anche da molti filosofi asserzione, ha il compito di descrivere un fatto, di esporre un evento, di dire qualcosa che può essere verificabile secondo i criteri di verità o falsità ; mentre l enunciato performativo serve di per sé a compiere l azione stessa, senza descriverla o esporla, ma eseguendola hic et nunc. C è una chiara asimmetria tra il dire ÇMario ha promesso di portarmi al cinema.è e ÇIo ti

7 I.L'azione del linguaggio 4 prometto di...è ; nel primo caso abbiamo la semplice descrizione di un azione, quella del promettere, che può essere vera o falsa, nel secondo si ha l esecuzione dell azione stessa del promettere. L opposizione semplice tra constatativo e performativo, (...) fornisce una dicotomia soddisfacente per la riflessione: un kantiano vi ritrova facilmente la distinzione tra il teorico e il pratico che ispira le due Critiche. Questa dualità, che si esprime in differenti maniere (teoria e prassi, considerazione e azione, vedere, fare, ecc.), qui è fondata su una serie di criteri omogenei che abbiamo già menzionato : _ il constatativo può essere vero o falso ; il performativo va incontro ad infelicità o disgrazia a seconda che siano rispettate o no le regole convenzionali che ne costituiscono lo spazio di gioco ; _ nel constatativo il senso della proposizione non cambia con le persone (io, tu, egli mangia, corre, ecc.) ; nel performativo invece solo la prima persona del singolare dà al verbo la sua forza di performativo. La simmetria è dunque caratteristica del constatativo ; _ nel constatativo il dire è distinto dal fare e non cambia il suo oggetto ; nel performativo il dire è fare. 3 Abbiamo illustrato in modo molto sintetico i principi che stanno alla base di questa differenza esposta da Austin, ma ne chiariremo più dettagliatamente ogni singolo elemento, in modo da evidenziare le particolari funzioni del performativo. Prima condizione per la buona riuscita dell atto linguistico performativo, è che siano rispettate determinate convenzioni, senza le quali si potrebbe affermare che sia infelice. G J.Warnock, in un testo recente del 1973, riprende con chiarezza la formula performativa, affermando che Dove esista una convenzione per cui fare (nel nostro 3 Ricoeur Paul.,1977, pag

8 I.L'azione del linguaggio 5 caso : dire) x equivalga a fare y, y verrà effettivamente fatto solo se x viene fatto (nel nostro caso : detto) dalla persona giusta, a tempo e luogo dovuti, nel modo appropriato, e così via. 4 Potremmo chiarire questa caratteristica di convenzionalità del performativo, riprendendo alcuni esempi citati da Austin stesso. Innanzitutto, egli indica alcuni casi in cui l enunciare la frase costituisce l esecuzione di un azione, dunque di un atto linguistico performativo, e tra questi cita come esempi il Si, prendo questa donna come mia legittima sposa. ; Battezzo questa nave Queen Elizabeth ; Lascio in eredità il mio orologio ; Scommetto uno scellino e molti altri enunciati, che sono tratti dai nostri modi di dire comuni. Ciò che rende particolari queste parole, conferendo anche una certa validità, è il rispetto delle regole che ne rendono idonea l esecuzione. Cercheremo dunque di analizzare, in modo particolare, alcuni singoli esempi rilevando ciò che per convenzione rende l enunciato potremmo dire operativo. Prendiamo l esempio del Si del matrimonio, esso è innanzitutto valido se espresso dalla persona giusta, per cui l uomo o la donna che lo pronunciano non dovrebbero essere già sposati con qualcun altro, altrimenti l atto sarebbe nullo ; avremo commesso, in modo estremamente interessante l atto di bigamia - ma non avremo compiuto l atto preteso, vale a dire sposarsi. 5 L atto non sarebbe neanche valido se i soggetti in questione non sono adatti alla situazione, si prenda il caso paradossale, di un uomo che pronunci il suo Si, ma ha a fianco un cane; potrebbe essere una sorta di finzione scenica, ma non la reale esecuzione di un atto. 4 Warnock, Geoffrey J, 1973, pag Austin, John L., 1962a, pag.18

9 I.L'azione del linguaggio 6 Anche le circostanze devono essere idonee, per cui a celebrare la cerimonia del matrimonio dovrebbe essere un sacerdote, se ci troviamo nell ambito di una chiesa, o un capitano se si svolge su una nave, infatti, anche in questo caso, se l enunciato fosse emesso da qualsiasi persona in circostanze anomale, allora non avrebbe alcuno effetto. Bisogna, inoltre, che entrambi pronuncino la formula del rito matrimoniale per intero, e che rispondono Si al momento opportuno. La seconda condizione di base del performativo è che deve essere espresso con il verbo alla prima persona singolare del presente indicativo attivo, che serve a rendere esplicita l intenzione comunicativa che il parlante ha quando parla. L intenzione infatti (...) prende il suo vero senso soltanto in una dichiarazione d intenzione del tipo Çio ho l intenzione di...è, la quale presenta alcuni dei tratti del performativo, soprattutto quello di avere il suo senso di dichiarazione d intenzione solo alla prima persona. 6 La caratteristica dei performativi, cosiddetti espliciti, è che vi sia una parola indicante ciò che il parlante sta facendo, nell atto stesso in cui parla. L importanza indicata dalla prima persona, per il caso dell enunciato performativo, chiarisce, ancora una volta, la differenza tra la formula Çio prometto È, con cui lo stesso soggetto compie l azione, e la formula Çegli prometteèche descrive un azione ; questa differenza non si rileva in altri verbi, come ad esempio Çio mangioè o Çegli mangiaè poiché in entrambi si descrive l atto del mangiare. Mentre nel promettere, tipico enunciato performativo esplicito, colui che enuncia deve essere l esecutore dell atto. Nel caso della promessa, e in genere negli atti performativi, entrano anche in gioco gli stati emotivi e intenzionali del soggetto in questione, perché il performativo possa funzionare bene e portare a termine l azione. 6 Ricoeur Paul, 1977, pag.40-41

10 I.L'azione del linguaggio 7 Il promettere, infatti, presuppone l obbligo di un certo comportamento successivo che ne riveli l intenzione. Il dire ÇPrometto di comprarti un orologioè, deve necessariamente essere seguito da un comportamento consecutivo, che permetta la riuscita del performativo ; allora questo non è solo un enunciazione esteriore ma anche descrizione di un atto interiore, espresso con sincerità. L interesse per la citata ricerca ai fini di una teoria degli enunciati appare più grande ancora se si considera che la distinzione tra performativo e constatativo è subordinata ad un altra distinzione che attraversa tutti gli enunciati, (...) e cioè la distinzione tra il senso che una proposizione assume ad opera dell atto locutorio e la differente forza che questa proposizione ha, a seconda che il medesimo senso (...) sia quello di una constatazione o di un ordine o di una preghiera, ecc. Questa seconda dimensione, che si deve all atto illocutorio, è la chiave del problema posto alla filosofia dell azione dalla teoria dello<<speech act>>. 7 7 Ricoeur Paul, 1977, pag. 41

11 I.L'azione del linguaggio 8 I.2 Origini della teoria austiniana. Nel precedente paragrafo abbiamo cercato di dare un quadro, per lo più sintetico, di enunciato performativo, cercando di illustrarne le condizioni di base, ma sarebbe limitativo soffermarci soltanto ad un analisi di superficie quando si tratta di analizzare un aspetto del linguaggio così particolare e complesso. E, innanzitutto, interessante ricordare come la problematica del cosiddetto performativo, e in genere della teoria degli atti linguistici, rientra a pieno titolo nella disputa di filosofia analitica del linguaggio, che vede contendersi le due più importanti roccaforti della filosofia anglosassone, Cambridge e Oxford. A Cambridge, all inizio degli anni 20, Ogden e Richard nella loro celebre opera Meaning of Meaning (1923) indagarono sul significato delle parole del linguaggio. Il loro proposito fu quello di praticare una sorta di debabelizzaaione del linguaggio, per cui l operazione consisteva nel definire con esattezza il significato di ogni parola, eliminando tutti gli altri superflui e incomprensibili. Questa soluzione se da un lato avrebbe permesso di eliminare possibili malintesi, dall altro avrebbe comunque evidenziato la molteplicità delle funzioni del linguaggio. Da qui le tradizionali divisioni schematiche del linguaggio puramente descrittivo o referenziale, da cui ebbe origine la cosiddetta fallacia descrittiva. Durante gli anni trenta del novecento, si sviluppò uno dei più importanti indirizzi di pensiero, il positivismo logico. accomunato da concezione della filosofia come lavoro di chiarificazione concettuale. Il comune indirizzo di ricerca su cui vertono i filosofi appartenenti a questa dottrina, alla cui diffusione contribuì decisamente la lettura,da parte dei membri del circolo di Vienna, del Tractatus logico-filosoficus di Wittgenstein, è una concezione scientifica del

12 I.L'azione del linguaggio 9 mondo, che applicato al caso del linguaggio, significa una perfetta verificabilità degli enunciati linguistici. La tesi fondamentale, dunque, di questa dottrina era basata sul cosiddetto criterio di verificazione secondo cui una frase che non può essere,in linea di principio, verificata è priva di significato. L empirismo radicale dei neo positivisti, che implica l adozione di metodi di verifica degli enunciati, ha una sua fondamentale importanza in uno studio del linguaggio, poiché ci chiarifica, sotto alcuni punti di vista, lo sviluppo delle diverse correnti di linguistica. Le polemiche che presto si levarono contro le tesi del positivismo logico furono numerose, e se da un lato portarono allo sfaldamento del movimento, dall altro diedero vita alla più generale corrente di filosofia analitica. E interessante anche citare, in questo contesto, la posizione assunta da Husserl, che pone le distanze tra un'espressione puramente teorica e verbale, e il vivere quella stessa espressione. Viene, dunque, superata la superficialità di Ogden e Richard, che riducono il significato ad un problema linguistico lessicale, e con la tesi husserliana il problema del significato è innanzitutto un problema di fenomenologia vissuta, che si traduce in espressione verbale. Ed è proprio l espressione di fenomenologia del linguaggio che caratterizza l analisi linguistica di Husserl, e il problema del vissuto riesce a trascinare il significato di una parola in un ambito più concreto, nell ambito del linguaggio ordinario. In questo clima, tra gli anni 40/ 50, si maturò ad Oxford la reazione contro il significato generale delle parole, e l interesse degli analisti inglesi si spostò sull analisi del linguaggio ordinario e sul modo improprio con cui i filosofi hanno usato le parole comuni.

13 I.L'azione del linguaggio 10 La tesi centrale dei filosofi di Oxford è espressa dallo slogan Meaning is Use ( il senso è l uso ): descrivere il senso di una parola consiste nel precisare il suo modo di impiego, e nell indicare quali sono gli atti di linguaggio che permette di compiere 8 Caposcuola della filosofia analitica dell università di Oxford, fu notoriamente Austin,che nel suo libro Come fare cose con le parole considera il termine uso ambiguo e vasto, e allo stesso modo nega che il significato di una espressione sia la cosa più importante, e si mostra avverso alle questioni più generali, mentre tende a ricondurre tutto a problemi singoli e specifici. Si potrebbe cioè dire che per lui (N.d.T. Austin) l ancoraggio ai significati concreti delle parole specifiche esercita la stessa funzione che ha la forza di gravità nell impedire che chi si trova sulla crosta terrestre possa sfuggire nello spazio. Quell ancoraggio linguistico concreto impedisce cioè che i discorsi si perdano nel vuoto di entità fittizie come concetti, universali, immagini. Invece per Austin l ubi consistam del significato, che lo preserva da dibattiti inconcludenti e insensati, è dato sempre dalla sua connessione con parole particolari. 9 La svolta linguistica della filosofia analitica inglese, del secondo dopo guerra, fa parte di un processo più vasto che, da un analisi degli usi cognitivi del linguaggio, si sposta ad un analisi pragmatica, e pone le basi per il problema delle funzioni. La distinzione di base che si sviluppa, non è più tra usi cognitivi ed usi pratici del linguaggio, ma tra i diversi tipi di attività e di azioni per cui si può affermare che parlare è agire,,ed è esercitare attività linguistiche, ed è questa la tesi principale di Austin. " Lo scopo dell'analisi austiniana era quello di affinare i nostri strumenti linguistici per arrivare ad una migliore comprensione del mondo cui il linguaggio si riferisce: Il suo 8 Ducrot,Oswald e Todorov,Tzvetan, 1972, pag. 108

14 I.L'azione del linguaggio 11 lavoro avrebbe dovuto condurre ad una new science of language, la quale avrebbe dovuto incorporare le fatiche dei filosofi, dei grammatici e dei linguisti. La sua battaglia è stata una battaglia contro la fretta, l'illusione riduttivistica e le supersemplificazioni dei filosofi." 10 In questo contesto di analisi pragmatica rientra il concetto di enunciato performativo di Austin, parte integrante del percorso di scoperta della teoria degli atti linguistici. 9 Emanuele Pietro, 1993, pag Antiseri, Dario e Baldini, 1989, pag.103

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