ASVI in Fundraising Management, Comunicazione e Campaigning, e Vicepresidente dell Associazione culturale Tesori del Lazio.
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- Mario Rizzo
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1 CANVAS FUNDRAISING : un nuovo modello per co-progettare efficacemente il Fundraising. ASVI Social Change, a cura di Massimo Pesci 1 e Marco Crescenzi 2, con il supporto di Stefano Supino 3-16 Ottobre Introduzione. Il Business Model Canvas è il modello emergente per la descrizione, visualizzazione, formulazione e valutazione dei modelli di business. Fig 1. Nella definizione di Osterwalder e Pigneur: Un modello di business descrive la logica attraverso la quale un organizzazione crea, distribuisce e cattura valore economico e/o sociale 1. Il modello è molto apprezzato dagli start upper per le sue caratteristiche Visual e per le potenzialità di co-progettazione e co-design. Si articola su nove blocchi visivi, ognuno corredato da items a cui rispondere (Figura 2.) L ingrandimento e messa a parete del Canvas permette di avere un framework condiviso e comunicabile di co-design e coprogettazione di business, imprese, programmi e progetti sociali (e non). Fig 2. Descritto per la prima volta nel volume Business Model Generation (fig. 1) scritto da Alexander Osterwalder e Yves Pigneur e pubblicato nel 2010, è stato co-creato in modalità crowd con 470 professionisti di 45 paesi diversi. 1 Massimo è Direttore Marketing e Fundraising di AGIRE, il Network delle ONG Internazionali per l emergenza, Direttore del Master ASVI in Fundraising Management, Comunicazione e Campaigning, e Vicepresidente dell Associazione culturale Tesori del Lazio. 2 Marco è presidente di ASVI Social Change e dirige il Social Innovation Lab. Tratta correntemente i temi del management non profit dal 1997 e della Social Innovation dal 2009, sui Blog ASVI e de Il Fatto Quotidiano. Recentemente ha pubblicato Social Innovation e Social Business. Nuove Relazioni per co-progettare il cambiamento ed uscire dalla crisi, Stefano è docente all Università di Cassino e del Lazio Meridionale, docente ASVI su Business Model e Pianificazione Strategica, specializzato in Economia e gestione dell'innovazione e dell'imprenditorialità tecnologica, Progettazione e innovazione dei modelli di business, Metodologia Lean per le Startup.
2 Fig. 4. Il Business Model Canvas di MYC4, a cura di Stefano Supino La figura 3 presenta un caso di applicazione (MYC4 è un un esempio di social entrepreneurship nel microcredito) del template predisposto da Osterwalder opportunamente modificato, per includere il dominio dell impatto sociale e/o ambientale 1, attraverso l aggiunta delle due sezioni più in basso relative ai COSTI e ai BENEFICI SOCIALI e AMBIENTALI. Questa modifica ci ha convinto ad adottarlo e a diffonderne l utilizzo nel non profit. Un ampia trattazione dell uso della versione Social è contenuta nel volume Social Innovation e Social Business-Nuovi modelli e relazioni per uscire dalla crisi 1 (M.Crescenzi, 2012) ed oggetto di didattica nei workshop Start up e Project Financing dei Master ASVI dal Impresa sociale Fig.5. Relazioni strutturali social, a cura di Massimo Pesci. Partner Attività Proposta di valore Relazioni con la clientela Segmenti di clientela Nel Canvas Social è importante notare come la proposta di valore è in forte connessione con il nuovo quadrante Benefici sociali ed ambientali e come l altro nuovo quadrante Costi Sociali ed Ambientali debba essere considerato nella Struttura dei Costi. Struttura dei costi Risorse Costi sociali e ambientali Canali di distribuzione Flussi dei ricavi Benefici sociali e ambientali Text Master Internazionali- Copyright ASVI Vietata la riproduzione anche parziale in assenza di autorizzazione Proseguendo su questa strada, con Massimo Pesci abbiamo deciso sperimentare il Canvas nel Master ASVI in Fundraising, Comunicazione e Campaigning (diretto da Massimo), sostituendolo a precedenti piani :
3 Ciclo del Fundraising di Rosso, Fundraising Plan di Kathy Roddy 4, Marketing Grid di ASVI, ed altri), in modo da avere un frame di pianificazione comune a più ambiti ma ampiamente splittabile e declinabile nelle varie specificità (Marketing, Social Business, Start up, Progettazione, Fundraising) e riconosciuto come standard internazionale. Massimo ha quindi ideato e sviluppato ulteriormente il modello, fino a predisporre un nuovo template che abbiamo denominato Canvas Fundraising che tara, con opportune integrazioni, la metodica introdotta da Osterwalder sull organizzazione dell attività di Fundraising. Dopo una serie di test preliminari sull efficacia di questo nuovo strumento, abbiamo ritenuto opportuno offrirlo al pubblico per aprirci ad un confronto con gli operatori del settore. Dalla ricerca preliminare su casi applicativi e dall analisi della letteratura sul Canvas Fundraising, come lo abbiamo chiamato, non sono ad oggi emerse significative applicazioni del template di Osterwalder al fundraising né in Italia né all estero. Massimo utilizza il modello sia nella sua pratica quotidiana di fundraiser, e nei workshop ASVI, con ottimi risultati, dai primi mesi del ASVI è pertanto lieta di offrire al lettore italiano 5 questa piccola anteprima, sperando sia utile a sollecitare un confronto, in particolare con i colleghi fundraisers e gli operatori non profit alla ricerca di validi modelli operativi al contempo efficaci e partecipativi. Grazie per l attenzione. Marco Crescenzi CANVAS FUNDRAISING, primi spunti per il confronto. Di Massimo Pesci Se seguissimo il famoso incipit di Henry Rosso che definisce il fundraising come la nobile arte di insegnare alle persone la gioia di donare dovremmo immaginare probabilmente un mondo migliore e più ricettivo rispetto ai contenuti che una campagna sociale porta con sè. Se trasmettere la gioia della donazione fosse sufficiente saremmo, noi fundraiser, probabilmente molto più occupati in attività come il marketing diretto piuttosto che invece in altre come il corporate fundraising. Molto più concentrati sul comunicare bene la missione, piuttosto che nell arricchirla con altri valori (a volte commerciali, a volte generati dalla forza del brand di un partner o magari veicolati nel social di tendenza). D altra parte lo stesso Rosso, come qualsiasi altro fundraiser professionista, non si sognerebbe mai di affidare solo alla labilità della gioia del donare una attività da cui dipende la sostenibilità di una organizzazione, e da questa la soddisfazione dei bisogni dei beneficiari che è la nostra promessa verso donatori e stakeholders. Quel che facciamo è quindi trattare il fundraising come trattiamo ogni altra attività complessa che debba muoversi in un contesto caratterizzato non solo da forte competizione, ma anche da continua evoluzione (basti pensare che oggi il donatore è sempre di più un investitore sociale consapevole piuttosto che un donatore che affida il suo denaro ad un intermediario tra causa e sostenitore), cioè gli applichiamo tutte quelle buone e strutturate prassi che ne fanno un processo produttivo piuttosto che una estemporanea e disordinata attività di reperimento di favore e di denaro. 4 Kathy is ASVI s lecturer in London on Strategic Fundraising and holds the Institute of Fundraising s Certificate in Fundraising Management also being a qualified assessor for this qualification. 5 La prossima settimana pubblicheremo questo stesso articolo per Inghilterra e Germania.
4 Queste buone prassi sono l applicazione del Ciclo del fundraising di H.Rosso (che dall Avvio -definizione di Vision e Mission- sino alla Valutazione dei Risultati, passando per Identificazione degli obiettivi strategici e operativi, Analisi dei Mercati e dei target, Scelta degli strumenti di comunicazione e fundrasing e Operatività, consente di definire in maniera sequenziale le fasi di una attività di fundraising), la stesura di un Documento di Buona Causa, la rilevazione dei bisogni e la gestione degli oneri economici attraverso sistemi di budgetting più o meno sofisticati, lo sviluppo di indicatori di Controllo di Gestione attraverso cui monitorare -e poi comunicare- la efficienza del fundrasing ma anche della intera organizzazione. Tale modello è molto generale: come amalgamare tutto ciò in una buona campagna di raccolta fondi è compito del fundraiser, che in ogni fase e per ogni strumento è chiamato a prevedere quali saranno i fattori che porteranno un donatore a scegliere proprio noi per investire la sua donazione. Mettere il donatore al centro di questo processo, e concentrarsi sul valore che gli offriamo in cambio della sua donazione, e sui modi con i quali glielo proponiamo la prima volta e sperabilmente per molto tempo nel futuro della sua vita di sostenitore, è quindi un imperativo sempre più pressante sia per il giovane crowdfunder che per l esperto responsabile di area. Utilizzare il Business Model Canvas (BMC) sviluppato sul fundraising (CANVAS FUNDRAISING) offre la opportunità di ragionare sempre meglio dalla parte del donatore per creare questo amalgama. E ormai un modello di lavoro ben consolidato, e pur essendo nato per i contesti di business di tipo profit si è ben presto rivelato un nuovo e potente ausilio nelle fasi iniziale della progettazione anche modelli di business sociale. La sua applicazione al fundraising è invece agli inizi, esiste una sporadica casistica di esempi concreti, e non esistono ad oggi esperienze di corsi di formazione strutturati per la sua introduzione nella filiera del fundrasing. Se da un parte concetti come target e valori non sono certo nuovi per chi opera nel fundraising, l utilizzo del BMC apre un nuovo modo di valutarli all interno del processo di raccolta fondi. I cardini dell efficienza del Canvas Fundraising sono: 1) Permettere di comporre il giusto mix di leve efficaci che stimolano un soggetto a donare: marketing e contenuti sociali ed etici vanno finalmente d accordo in una unica proposta di valore. 2) Evidenziare se abbiamo altri punti di forza rispetto alla nostra capacità di ottenere una donazione che non siano solo nella bontà della missione o nella bontà del messaggio (punto 1) 3) Far diventare il processo di creazione o di revisione di una campagna di fundraising un processo partecipato della organizzazione: non è solo il fundraiser che deve mettere insieme i vari pezzi ma sono tutte le funzioni che contemporaneamente dicono la loro lavorando in team su un unico strumento. 4) Fa tutto questo in un tempo breve, cosa che permette di lavorare su molte ipotesi di lavoro e diverse proposte: ci si può permettere di essere creativi senza che pesare sui tempi. 5) Evidenzia i punti deboli di un progetto, o quelli strutturali della organizzazione, che potrebbero ostacolare l efficacia di una campagna di raccolta fondi. Il BMC applicato al fundraising permette in sostanza a nostro modesto avviso di simulare tutti gli aspetti essenziali di una campagna (che sia di direct marketing o di volontariato, corporate o community, non importa). Si crea cioè un modello della nostra campagna in cui emergono i punti, quelli che contano per il nostro donatore e per la macchina di raccolta fondi. Laddove spesso, nelle dinamiche dei cicli canonici, delle buone prassi ed in quelle determinate dalle organizzazioni, questi punti tendono a perdersi.
5 Target Fig. 6. Customer Segment, di M.Pesci Partner Attività Risorse Proposta di valore Benefici per il donatore Relazioni con lprospect/donatori Canali di distribuzione Segmenti di prospect/donatori Nel CANVAS FUNDRAISING si parte dalla analisi dei CUSTOMER SEGMENTS e dei Target giusti. Qui troviamo la prima sostanziale differenza del modello di business non profit. Struttura dei costi di fundraising Impatto sociale Flussi delle donazioni Per chi stiamo creando valore? A chi stiamo chiedendo risorse per crearlo? Master Internazionali- Copyright ASVI Vietata la riproduzione anche parziale in assenza di autorizzazione 55 In una normale attività a scopo di lucro, e nella maggior parte delle imprese sociali, la persona che paga è anche la persona che riceve il prodotto o il servizio (beneficiario o cliente che sia). Nel non-profit il nostro target è diviso: il donatore e il beneficiario. Uno mette a disposizione le sue risorse (denaro, tempo) e l'altro riceve il prodotto o servizio. In particolare il fundraiser vede solo il primo target, e deve bilanciare nella sua proposta di donazione quelli che sono i messaggi sui vantaggi per i beneficiari (il bene per cui si chiede la donazione) con quelli che sono i benefici per il donatore (appagamento personale per un individuo piuttosto che beneficio di immagine per una azienda). Figura 7. Value Proposition per i Donatori, M.Pesci. Produco valori? Si tratta quindi di comunicare (a volte di creare ) la VALUE PROPOSITION, il valore per il donatore, e non solo per i beneficiari. A meno che il donatore non ci abbia già scelto (è vicino alla causa per sue ragioni), è in questa Proposta di Valore che risiede il motivo per il quale deciderà di instaurare una relazione con la nostra organizzazione e deciderà di investire il suo di valore nella nostra causa. Partner Struttura dei costi Attività Risorse Costi sociali e ambientali Proposta di valore Benefici per il donatore Impatto sociale Relazioni con la clientela Canali di distribuzione Flussi dei ricavi Benefici sociali e ambientali Text Master Internazionali- Copyright ASVI Vietata la riproduzione anche parziale in assenza di autorizzazione Segmenti di clientela Se siamo riusciti ad attirare la sua Attenzione ed il suo Interesse, sarà solo con una adeguata proposta di valore che otterremo Desiderio di partecipare e don-azione. Ma da solo il Valore può non bastare.
6 Dovremo analizzare il tipo di CUSTOMER RELATIONSHIP, la RELAZIONE che dovremo sviluppare con lui per ottenerne il sostegno, per mantenerlo e magari incrementarlo in futuro. Che ruolo giocherà in futuro la nostra organizzazione per lui, magari immaginando che sarà proprio il tipo di relazione ad essere il punto di forza della campagna (il successo delle campagne di relazione social ne è un esempio evidente). E poi attraverso quali CANALI potrò non solo arrivare a lui ma mantenerlo vicino alla nostra organizzazione nel tempo. Non parliamo della scelta dei canali di comunicazione solo come suggerisce il Ciclo del fundrasing ma piuttosto della loro coerenza col profilo complessivo Target-Valore-Relazione. PARTNER CHIAVE sono quelli senza i quali non potremmo operare nella campagna. Sono quei partner che ci danno sostegno interno, ma che potrebbero costituire una parte importante del Valore che proponiamo al donatore (si pensi alle campagne di CRM). ATTIVITÀ CHIAVE sono quelle in cui non potremo fallire se vorremo portare a casa quello che ci aspettiamo in termini di raccolta fondi, comunicazione o magari incremento del nostro database. Il fundraiser è chiamato ad essere anche manager di risorse, interne ed esterne, che devono garantire l attuazione delle azioni indispensabili. Il peso delle Attività può essere ben compreso sin dall inizio solo se valutate all interno di un modello complessivo. Infine una analisi della COST STRUCTURE, il FLUSSO DEGLI ONERI e della REVENUE STREAM, il FLUSSO DELLE ENTRATE, per capire quanto posso investire, quanto posso attendere le donazioni, che tempi e strumenti ho per ri-fasare la campagna, quanto la campagna sarà efficace nel garantire la sostenibilità attesa dalla organizzazione. Un buona campagna di fundraising è fatta dalla qualità di tutti questi elementi, somma di diverse expertise e dalla loro migliore sinergia, determinata da una corretta impostazione del lavoro e da una visione complessiva del concetto di campagna di raccolta fondi. Di questa impostazione e visione è responsabile il fundraiser, che sempre di più è e sarà una figura manageriale e consulenziale, sia che si muova in autonomia sia che operi all interno di un contesto organizzativo strutturato e complesso. Il CANVAS FUNDRAISING aiuta a passare dalla semplice somma dei tecnicismi (progettuali, di marketing, di comunicazione, di controllo di gestione) applicati magari alla perfezione, alla loro effettiva integrazione in una unica azione che esprimerà così il massimo potenziale di fundraising di una organizzazione o di un progetto. E lo fa in maniera: Semplice: si basa tutto su uno schema grafico da riempire con un lavoro di gruppo. Rapido: a volteci vuole meno di un ora per capire se la nostra campagna partirà col piede giusto. Consequenziale, perché attribuisce a tutte le componenti che creano una campagna vincente le sue responsabilità, solo se ogni ingranaggio gira bene girerà anche la macchina del fundrasing. Obiettivo, perché lascia che sia il modello a giudicare la bontà di una idea di una proposta, di una attività. Partecipato, perché può (e deve) nascere dal lavoro di gruppo in cui ogni figura o area organizzativa coinvolta è chiamata a esprimere il suo know how e a dare il suo contributo e quello della sua funzione.
7 In conclusione, se il modello non si rivelerà in grado di generare previsioni soddisfacenti per la nostra attività di fundrasing, può darsi che uno o più dei suoi elementi sia errato, ma sarà più facile in questa modellazione individuarlo, isolarlo e se possibile risolverlo. In ogni caso sarà possibile analizzare periodicamente i modelli già approvati, sottoporli a verifiche e post-valutazioni, attraverso l utilizzo di Indicatori di efficienza del modello di fundraising che permetteranno di rappresentare l andamento nel tempo della bontà del nostro modello, affiancandosi agli indici di performance già noti ed ampiamente usati nella raccolta fondi ( ROI, Costo contatto, ecc). Invitiamo il lettore a manifestare il proprio interesse per altri approfondimenti via mail in copia a massimo_pesci@yahoo.it e m.crescenzi@asvi.it con oggetto: Canvas Fundraising 2013.
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