Numero 34 /2015 I rischi nella attività di autista del TPL: rassegna degli studi

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1 Numero 34 /2015 I rischi nella attività di autista del TPL: rassegna degli studi I veicoli aeronautici, terrestri e marini, così come le attrezzature industriali ed agricole, espongono l uomo a vibrazioni meccaniche che possono compromettere il suo confort, la sua capacità di lavoro e, in certe circostanze, la sua salute e la sua sicurezza. Così inizia la fondamentale normativa internazionale ISO per la Stima dell esposizione degli individui alle vibrazioni globali del corpo ; tra i veicoli terrestri, di notevole importanza nella trasmissione delle vibrazioni sono quelli automobilistici, che determinano vibrazioni situate nella banda da 2 a 20 Hz, frequenze alle quali entrano in risonanza parti del corpo umano. Le vibrazioni vengono prodotte sia dall impatto ruota-strada, che dal motore, alle cui vibrazioni entrano in risonanza parti della carrozzeria del mezzo. Oltre alle vibrazioni occorre tener presente che il guidatore è esposto a veri e propri traumi ripetuti nel passaggio su buche e asperità del terreno. Altro fattore di rischio che occorre tenere in considerazione è quella derivante dal mantenimento protratta di una postura fissa, la postura fissa protratta contribuisce, infatti, alla degenerazione del disco intervertrebrale con un meccanismo di pressione continua sul materiale ad alto contenuto idrico contenuto nel disco stesso; in tal modo i liquidi tendono ad abbandonare il disco e non vi rientrano, come avviene di norma, quando diminuisce la pressione durante i cambiamenti di postura del corpo. Questa azione sul meccanismo nutritizio del disco è anche responsabile dell accumulo di metaboliti all interno del disco, metaboliti che agiscono con meccanismo tossico a determinare un ulteriore danno all anello fibroso. Le vibrazioni possono agire lungo differenti assi anatomici del corpo umano: verticale (asse Z), sagittale (aase X), latero-laterale (asse Y). L organismo, nei riguardi delle vibrazioni, non si comporta come una semplice massa ma come un insieme di elementi diversi collegati tra di loro da strutture viscoelastiche.

2 Il tronco, come è noto, può essere considerato come un sottosistema autonomo che è supportato dalla colonna vertebrale (Coerman, 1960). Tale sottosistema presenta un picco di risonanza in grado di amplificare l effetto delle vibrazioni a cui è sottoposto per frequenze che vanno, secondo i dati forniti dalla letteratura, dai 5 ai 10 Hz (Gobbato 1976; Capozzo 1977 et al). Va considerato il ruolo che su tale sistema assumono elementi quali la pressione addominale e la funzione dinamica del tono muscolare. La colonna è sottoposta ad una forza in compressione di base. Secondo Kazarian (1972) le vibrazioni produrrebbero un aumento della deformazione del disco attraverso un effetto di risonanza che, come appena detto, varia in funzione della frequenza delle vibrazioni stesse. Di questo fenomeno non è noto esattamente la natura; ma si può supporre che a determinate frequenze insorgano delle gradulai modificazioni del potenziale elettrico cellulare e che queste determini dei cambiamenti a livello del turnover del collageno. La deformità indotta dal fenomeno vibratorio sulla colonna sarebbe differente a seconda del segmento vertebrale preso in esame. Il disco intervertebrale e secondariamente le strutture capsulo-legamentose sono oggetto dell azione delle vibrazioni e degli eventuali effetti patologici sulla colonna. Le affezioni della colonna rappresentano infatti una delle patologie più frequenti in tutti i settori produttivi (Klein et al già nel 1984) e riconoscono nella loro patogenesi molti fattori (condizioni ergonomiche e posturali sfavorevoli, abnormi sollecitazioni da carico, etc) tra i quali sicuramente preponderante è l esposizione a WBV (vibrazioni trasmesse a tutto il corpo). Di fatto il tasso di prevalenza di spondiloartrosi è molto elevato nei conduttori di diversi mezzi di trasporto (Chiron 1983). Numerosi dati clinici e sperimentali sono disponibili sugli effetti delle vibrazioni di frequenza principale compresa tra 2 e 20 Hz. I segni patologici più importanti sono le anomalie radiologiche del rachide lombare e toracico. Spesso le vibrazioni aggravano una patologia vertebrale preesistente oppure accelerano la sua comparsa. Si osservano frequentemente delle sindromi lombo-sciatalgiche. (A.Berthoz: Effetti delle vibrazioni sull uomo in J. Scherrer e coll.: Manuale di fisiologia del lavoro, Masson). Fattori di rischio individuali Età Fattori di rischio per i CTD

3 Secondo Krause et al. gli autisti di autobus con una età superiore ai 50 anni hanno un rischio significativamente minore per patologie lombari dei soggetti di età inferiore (<40 anni). Il rischio diminuisce del 25% per blocchi di 10 anni di età. Tuttavia le patologie sono meno severe negli autisti più giovani di quanto non si evidenzi in quelli più anziani. Bovenzi, viceversa, constata nel suo studio un aumento della prevalenza di lombalgie con l aumentare dell età sia fra gli autisti di autobus che fra i controlli. Mentre il fattore età, secondo Krause, non costituisce un fattore di rischio per le cervicodorsalgie. Morfotipo Magnusson e Bovenzi si sono interessati alla relazione fra lombalgie ed obesità non trovando associazione significativa. Le relazioni fra morfotipo ed un aumento di rischio per cervico-dorsalgie sono state oggetto di studio e Krause e coll. riportano un rischio due volte minore fra gli autisti di basso peso (<64 kg o < 10 percentile) di quello rilevato negli altri autisti (OR = 0,5: IC 95: 0,29-0,8). Mentre gli autisti di autobus con peso elevato )>103 kg o >90 percentile) hanno la tendenza ad avere un rischio per cervicodorsalgie inferiore. Mentre nello studio di Krause gli autisti di autobus di bassa statura (<1.58 m o <10 percentile) presentando un rischio di cervico-dorsalgie due volte più elevato degli altri autisti ma il piccolo numero del campione non attribuisce significatività al dato (OR = 1.82; IC 95%: 0, ). Inoltre gli autisti di corporatura robusta (>90 percentile) hanno un rischio leggermente aumentato di cervico-dorsalgie (OR = 1,25; IC 95%: 0,85-1,85). Questi risultati non sono significativi malgrado il numero significativo di autisti arruolati in questa categoria (10% degli autisti). L insieme di questi risultati suggerisce una relazione in forma di U fra cervico-dorsalgie e corporatura., con un rischio aumentato ulteriormente per le corporature estreme. Mentre la relazione è il forma di U rovesciata fra cervico-dorsalgie e peso, con un rischio minore per i pesi estremi. Krause e coll. indagano la relazione fra indice di massa corporea e rischio di cervico-dorsalgie e riportano un rischio due volte minore per gli autisti che presentano un basso IMC (<10 percentile) in confronto a tutte le altre categorie di autisti (OR = 0,54, IC 95% 0,30-0,98), mentre gli autisti con elevato IMC (>90 percentile) non presentano differenze rispetto agli altri autisti. Genere

4 Secondo Krause et al. le donne soffrono con frequenza due volte maggiore di cervicodorsalgie rispetto ai loro colleghi maschi (OR=2,14, IC 95: 1,33-1,44). Esse presentano del pari un rischio maggiore degli uomini di patologie a carico del rachide lombare. Le relazioni tra genere e CTD negli autisti di autobus non è stato indagati negli altri studi oggetto dell analisi dell INRS ma il genere è spesso considerato nei modelli statistici come un fattore di aggiustamento. Studi epidemiologici inerenti l'esposizione a WBV negli autisti di autobus \Indagini epidemiologiche su autisti di autobus urbani (Alfredsson et al 1993; Evans 1994; Gustavsson et al 1996; Kompier e Di Martino 1995; Netterstrom e Suadicani 1993; Rosengren et al 1991; Winkleby et al 1988) hanno rilevato alti livelli di incidenza di patologie morbose (anche molto gravi) legate sia all apparato cardiovascolare che a quelli gastrointestinali e muscoloscheletrico. In ogni caso, anche se i meccanismi che legano i fattori psicosociali di stress lavorativo con il benessere e la salute del lavoratore non sono ancora stati pienamente compresi, l azione prolungata di catecolamine e cortisolo sembra incidere sull eziopatogenesi di molti disturbi cardiovascolari (Cohen, Kessler e Gordon 1995; Schneidermann e McCabe 1989; Sterling e Eyer 1988). Ad esempio, innalzamenti improvvisi e temporanei della pressione arteriosa ematica, dovuti all esposizione a fonti di stress, sono stati considerati importanti nella spiegazione della arterosclerosi (Bishop 1994). Kerr nel 1998 ha, poi, analizzato le ricerche che hanno riguardato i fattori psicosociali correlati con i disturbi muscoloscheletrici. Questi diversi studi hanno mostrato che lo stress ed altre variabili psicosociali quali lavoro monotono, supporto sociale, controllo sul lavoro e domanda lavorativa (soft) vanno ad integrare la causalità legata a variabili hard come posture incongrue, sforzi fisici, ripetitività dei movimenti ecc. Gli autisti di autobus urbani guidano il loro mezzo all interno di centri abitati sul tragitto di una linea prefissata con fermate definite e con rotazione ed orario fissati in precedenza, mentre l attività di autista di autobus extraurbani si differenzia nettamente in quanto, oltre alla concezione differente del mezzo, comporta compiti più variati quali, ad esempio, percorsi più lunghi e meno sistematizzati. Lo studio realizzato dall INRS non è una metanalisi in senso stretto, ma piuttosto una valutazione qualitativa formale dei dati epidemiologici contenuti negli studi oggetto di valutazione e suo scopo finale era quello di rispondere a 3 domande:

5 1) il mestiere di autista di autobus determina un aumento del rischio di CTD? 2) quali sono i fattori di rischio professionale evidenziati? 3) I dati sono sufficientemente consolidati da poter permettere delle conclusioni definitive? Si diceva che sono stati arruolati nella valutazione 14 studi di cui 12 pubblicati su riviste scientifiche in lingua inglese e 2 in riviste francesi. Di questi 14 studi, 6 sono stati pubblicati dallo stesso gruppo di autori ed avevano ad oggetto lo stesso campione di 1500 autisti di autobus urbani della città di San Francisco seguiti nel periodo Fra i 14 studi ben dieci stabiliscono un rapporto fra lombalgie ed attività di autista di autobus. Lo studio prospettico condotto da Krause ed altri quantifica in 501 i casi di patologie lombari manifestatesi nel corso dei 7 anni e ½ in cui è stata seguita una popolazione composta da 1233 autisti, con una incidenza annuale di 8.33/100 autisti. Il periodo medio di comparsa dei primi sintomi è stato valutato in 905 giorni, cioè circa 2 anni e ½. Lo studio di Bovenzi condotto su 234 autisti di autobus urbani, confrontati con un gruppo di controllo costituito da 125 addetti alla manutenzione della stessa società, ha valutato, attraverso un questionario, la prevalenza di lombalgie nel corso dell intera vita, degli ultimi 12 mesi e dell ultima settimana. Dopo aggiustamento per età, indice di massa corporea, livello di istruzione, attività sportiva, tabagismo, stato civile, precedenti traumatismi lombari, carico posturale ed attività professionali antecedenti parimenti a rischio per il tratto lombare, tutti gli OR (odds ratios) relativi alle lombalgie negli autisti di autobus in rapporto al gruppo di controllo sono significamene superiore ad uno. Per gli autisti di autobus, la prevalenza delle lombalgie durante l intera vita è di 83,8% con un OR aggiustato di 3,12 (IC5%: 1,82-5,34), la prevalenza delle lombalgie nell ultimo anno era di 82,9% con un OR aggiustato di 2,99 (IC 95%: ). Infine la prevalenza delle lombalgie nel corso dell ultima settimana è di 62,4% con OR aggiustato di 2.35 (IC 95%: ). Magnusson et al. riportano che circa il 50% degli autisti di autobus oggetto del loro studio, condotto nel 1998, accusavano lombalgie. Nello studio di Okunribido et al, il 59% degli autisti di bus hanno avuto episodi lombalgici nei 12 mesi precedenti l indagine e, fra essi, la metà ha avuto lombalgie nel corso dell ultima settimana.

6 Cervicalgie, dorsalgie ed altre patologie muscolo-scheletriche sono descritti in sette delle pubblicazioni oggetto dell indagine, ed interessano diverse professioni del trasporto: bus, taxi, trasporto merci. Magnusson et al. valutando queste patologie somministrando il questionario Nordique, ad un gruppo di lavoratori degli USA e ad un altro della Svezia, divide la popolazione in studio in tre gruppi: autisti di autobus, autisti su strada e lavoratori sedentari. Questi Autori rilevano una prevalenza di cervicalgie pari al 53% fra gli autisti degli autobus statunitensi, significativamente più elevata che fra gli autisti su strada ed i lavoratori sedentari. Questa differenza fra i tre gruppi non è stata registrata fra i lavoratori svedesi. Inoltre, gli autisti degli autobus statunitensi soffrono di problemi a carico dell articolazione scapolomerale, con frequenza significativamente superiore a quella degli altri gruppi professionali, mentre in Svezia sono gli autisti su strada che denunciano maggiormente questa patologia. Tuttavia, nei due paesi, gli autisti (autista su strada ed autista di autobus) soffrono di patologia scapolomerale con frequenza maggiore dei lavoratori sedentari. Nello studio trasversale di Krause et al. la prevalenza, valutata con questionario autosomministrato, delle cervico-dorsalgie in atto al momento dell indagine va dal 10 al 14% ed aumenta al 20-28% se vengono conteggiate le cervico-dorsalgie insorte nei 12 mesi precedenti l indagine. Questa prevalenza sembra debole se confrontata con quella ottenuta in altri studi ma dalla popolazione oggetto di studio erano esclusi i lavoratori in malattia o che seguivano percorsi di riconversione professionale, il che, secondo gli Autori, può comportare un bias di selezione sullo stato di salute della popolazione interrogata. Nello studio basato su questionario di Dartopis et al realizzato nel 2002 e con arruolamento di 320 autisti di autobus extraurbani, la frequenza di patologie cervicali è del 12%, quella delle patologie lombari del 27% (in diminuzione in rapporto ad una indagine condotta nel 1985 in cui essa raggiungeva il 38%) e quella delle patologie a carico delle spalle è del 5%. Infine nello studio di Magnusson et al, patologie scapomerali e cervicalgie sono correlate alle lombalgie (p<0,0001). Per quanto concerne l assenteismo, gli autisti di autobus dello studio di Magnusson hanno periodi di fermo superiori (18 giorni) a quelli degli autisti su strada (4 giorni) e dei lavoratori sedentari (5 giorni), con differenze fra i due paesi, infatti se non vi sono grandi

7 differenze fra i due paesi (USA e Svezia) se si considera l intera popolazione lavorativa nel caso degli autisti la durata di assenza dal lavoro per lombalgie degli autisti di autobus statunitensi è di 38 giorni in media mentre essa di 12 giorni per quelli svedesi. Questa differenza si spiega, sondo gli Autori, con le differenze nel regime di sicurezza sociale dei due paesi. D altronde gli autisti di autobus statunitensi hanno dei periodi di assenza dal lavoro significativamente più lunghi di quelli degli autisti su strada e dei lavoratori sedentari a causa di lombalgie (p<0,0002), di cervicalgie (p<0,02) e di patologie scapolomerali (p<0,02), tali differenze fra gruppi non si rilevano invece nella popolazione svedese. Nello studio di Bovenzi gli autisti di autobus urbani hanno una prevalenza di assenza per malattia di durata superiore ai 30 giorni per lombalgie significativamente superiore a quella del gruppo di controllo nel corso dei 12 mesi precedenti lo studio (rispettivamente 7,3% e 3,2%). Mentre la prevalenza per assenze per malattia di durata minore di 30 giorni, non è significativamente diversa fra gli autisti di bus urbani ed il gruppo di controllo. Infine Krause et al. ritengono che, per gli autisti di bus, la lombalgia costituisca la principale causa di assenza dal lavoro e di malattia professionale meritevole di indennizzo, ma anche causa essenziale del cambio di mansione o di lavoro. Abbiamo poi uno studio di coorte che raffronta una popolazione di autisti di bus degli USA con quella svedese, il che permette di dimostrare il ruolo del contesto nazionale nell incidenza del rischio di CTD. Un studio di Bovenzi ha indagato le lombalgie e l esposizione a vibrazioni fra gli autisti di autobus extraurbani in Italia, mentre i due studi francesi concernono gli autisti di bus urbani della regione parigina e di Besancon. Nell indagine è stato incluso anche un lavoro di laboratorio sul disconfort legato alla guida prolungata. Un gruppo di ricerca italiano ha messo in evidenza nella popolazione in studio, 490 autisti di camion con età media di 42.5 anni ed anzianità lavorativa media di 26.1 anni, una prevalenza di patologie a carico della colonna attribuibili ad esposizione a fattori di rischio specifici in ambito professionale dell 1,3% (Riva et al 2012). Nelle Linee Guida della SIMLII a cura di un gruppo di esperti coordinati dal professor Cristaudo si legge: Dall analisi della letteratura emerge che i conducenti professionisti hanno un aumentato rischio di sintomatologia dolorosa a carico del rachide lombare (LBP) (Magnusson et al. 1996). Il 34% dei conducenti professionisti riferisce

8 LBP contro il 26,6% della popolazione generale (Langauer et al. 1996), con frequenze pari al 50-80% negli autisti di autobus, il 50% nei camionisti e nei tassisti (Boshuizen et al. 1998, Bovenzi e Zadini 1992, Burdorf et al 1993, Bovenzi 1996, Krause et al 1997, Funakoshi et al 2004, Chen et al 2005).I conducenti sono inoltre a maggior rischio di recidiva della sintomatologia al rachide (40% contro il 20% della popolazione generale) (Brendstrup e Biering-Sorensen 1987, Netterstrom e Juel 1989). L aumento del rischio di LBP è correlabile all esposizione a differenti fattori di rischio: le vibrazioni ed il dover mantenere a lungo la posizione seduta, la posizione scomoda, lo sforzo muscolare dovuto al sollevamento ed al trasporto di carichi per i conducenti che devono anche adempiere alle esigenze di carico e scarico merci (tassisti, camionisti, corrieri, mulettisti), i movimenti di piegamento e torsione, le abitudini di vita (vita sedentaria, fumo ecc.). La guida di veicoli è associata ad assenze dal lavoro per dolori al rachide (Pope et al 2001), la frequenza dei problemi al rachide aumenta con l accrescersi dei chilometri percorsi (Pope et al.2002, He et al 2004) ed è sovente causa di prepensionamento (Boshuizen et al 1992). Aumentate prevalenze di disturbi muscolo-scheletrici agli arti superiori ed inferiori sono state associate con l attività di guida ed i disturbi più comuni erano quelli localizzati a livello di anca-coscia (22,2%) e ginocchia (29,3%) per gli arti inferiori ed a livello di gomito (10,8%) e braccia (17,5%) per gli arti superiori.la maggioranza degli autisti che lamentavano tali disturbi li associava alla tipologia di guida e alle caratteristiche ergonomiche della postazione di lavoro (Ronchese e Bovenzi 2012). Infine il Manuale Europeo curato da OSHA sul settore dei trasporti affronta il tema delle vibrazioni e in esso si legge che: Diversi studi dimostrano le conseguenze negative determinate dal mantenere una costante posizione seduta e dall essere esposti a vibrazioni a tutto il corpo: la esposizione a vibrazioni può comportare disturbi. Indagini nazionali Belgio: secondo la WBM nel 2004, quasi un lavoratore dei trasporti su quattro (25%) risultava essere esposto sul lavoro ad utensili o macchine producenti vibrazioni, contro il 7,3% della media della popolazione attiva fiamminga. Spagna: secondo la ricerca spagnola Encuesta Nacional de Condiciones de Trabajo i lavoratori dei trasporti hanno un più alto livello di esposizione a vibrazioni rispetto al resto dei lavoratori attestandosi al 10,4% contro il 5,6% per le vibrazioni mano-braccio ed al 8,1% contro il 2,6% nelle altre parti del corpo.

9 Grecia: secondo una indagine nel settore dei trasporti dell Istituto Ellenico per la Salute e la Sicurezza (ELNYAE) circa il 76,6% di questi lavoratori sono esposti a vibrazioni occasionalmente o costantemente durante il lavoro, il 31,3% spesso ed il 45,3% sempre. Secondo i risultati di una serie di questionari svolti all interno del progetto TRIA circa il 56% di lavoratori del settore dei trasporti greci sono esposti a vibrazioni da macchinari o strumenti durante il lavoro. Danimarca: sulla base dei risultati della ricerca DMECS svolta nel 2005 si è constatato che gli autisti di taxi, bus e camion sono esposti a vibrazioni: il 25% dei conducenti di autobus, il 20% dei tassisti ed il 27% degli autisti di camion sono esposti a vibrazioni al corpo intero. Questo dato è significativamente superiore alla media di tutte le occupazioni (4%). Allo stesso modo, rispettivamente il 39%, il 13% ed il 11% degli autisti di autobus, taxi e camion hanno esposizione a vibrazioni mano-braccio, percentuali significativamente superiori alla media di tutte le altre occupazioni (5%). Finlandia: secondo l indagine Lavoro e Salute del 2006, il 36% dei lavoratori nel settore dei trasporti riferisce di essere esposto a vibrazioni durante il lavoro. Germania: l esposizione a vibrazioni è un rischio più elevato per i lavoratori dei trasporti che per i lavoratori di altri settori. Secondo i risultati del sondaggio BIBB/BAuA svolto nel 2005/2006, il 30,3% degli intervistati nel settore dei trasporti sono stati spesso o qualche volta esposti a vibrazioni rispetto al 9,2% degli altri settori. I sondaggi evidenziamo che i lavoratori dei trasporti sono più esposti a posizioni faticose(ad esempio nel sostenere a lungo una posizione seduta) rispetto alla media della popolazione lavorativa. Secondo i risultati dell indagine europea sulle condizioni di lavoro del 2005 i lavoratori europei del settore dei trasporti via terra sembrano essere più esposti durante il proprio orario di lavoro di quanto non lo sia la popolazione lavorativa nel complesso, circa il 10,9% dei lavoratori del settore dei trasporti via terra ha dichiarato che il proprio lavoro comporta posture faticose per tutto il tempo di lavoro contro l 8,9% della media della popolazione lavorativa. Un numero minore di lavoratori (28,7% contro il 33,3% della media degli altri lavoratori) ha dichiarato che la propria attività non comporta posture dolorose o stancanti. Studi e ricerche nazionali Belgio: secondo la WBW 2004, quasi un lavoratore su dieci n(8,5%) riferisce di essere sempre esposto a posizioni di lavoro scomode o con i muscoli in tensione rispetto al 4,3% della media della popolazione lavorativa fiamminga. Un numero di lavoratori dei

10 trasporti inferiore alla media fiamminga (40,8% contro il 44,9%) dichiara di non lavorare mai in posizioni faticose sul posto di lavoro. Spagna: secondo una ricerca del 2003, i lavoratori dei trasporti sono soggetti a posture faticose durante l orario di lavoro più spesso della popolazione media, il 10,8% dei lavoratori dei trasporti è esposto a questo rischio per oltre la metà della giornata lavorativa contro il 9,8% della media. Secondo l indagine sui trasporti ISCII le cifre sono più alte; il 34% denunciava di operare in posizioni incongrue per più della metà della giornata lavorativa. Grecia: secondo il progetto TRIA, circa il 9,9% degli intervistati dichiara di mantenere troppo a lungo una posizione faticosa durante l attività lavorativa. Danimarca: sulla base dei risultati dello studio DWECS del 2005, i lavoratori dei trasporti non sono esposti a posizioni di lavoro faticose durante l orario di lavoro più di quanto non lo sia la popolazione media, questo per tutte le posture faticose di lavoro, inclusi piegamento di polso e mano, collo e schiena piegati, attività svolte in ginocchio o con le braccia alzate sopra il capo. Tuttavia, i lavoratori dei trasporti trascorrono gran parte della loro giornata di lavoro seduti, si è riscontrato, infatti, che per i conducenti di taxi e camion il 94% e il 73% rispettivamente, il lavoro prevede una posizione seduta per più di tre quarti della giornata lavorativa, un tempo significativamente maggiore rispetto alla media della popolazione attiva (37%). Finlandia: i lavoratori dei trasporti su strada denuncia una serie di problemi riferiti allo stress di carattere fisico, In Finlandia la continua posizione seduta è stata indicata come la più rilevante, il dovere stare seduti per lunghi periodi alla guida su un sedile non ergonomico e senza avere la possibilità di regolarlo, ha aumentato il rischio di infortunio sul lavoro. Germania: tra le diverse posizioni faticose lo stare seduti per lungo tempo è la condizione più denunciata. Oltre l 86% dei lavoratori dei trasporti lavora in posizione seduta. E evidente che questa percentuale sia riferita agli autisti di professione. Olanda: nel 2006 quasi il 40% di tutti i lavoratori segnalavano regolarmente o molto spesso di lavorare nella stessa posizione per un periodo di tempo prolungato, Nel settore dei trasporti le percentuali erano più alte. All interno di esso, la quota più alta è stata rilevata nel trasporto su strada con il 61%. Nel settore dei trasporti su acqua l esposizione è invece diminuita in modo sostanziale passando dal 49,4% del 2005 al 38,4% nel Nel settore del trasporto aereo vi è stato, invece, un incremento notevole passando dal 37,7% al 44,4% nello stesso periodo di tempo

11 Fattori di rischio professionali I fattori di rischio professionali sono numerosi e di natura diversa: Le patologie muscoloscheletriche sono conseguenza di fattori di rischio di tipo; biomeccanico (sforzi, posture mantenute a lungo, posture disergonomiche o estreme, ripetitività dei gesti), fisico (vibrazioni, freddo) con un legame fra questi e la organizzazione del lavoro. La storia personale ed il contesto psicosociale della persona svolgono anche essi un ruolo ed è necessario evidenziare questi fattori di rischio fra gli autisti di autobus per potere pervenire ad attribuire alle loro condizioni di lavoro la comparsa di patologie muscoloscheletriche tipiche di questa attività e del suo contesto. Infine, il fatto di evidenziare gli stessi fattori di rischio conferma la validità dei dati epidemiologici settoriali in riferimento al corpo delle conoscenze sulle patologie da traumi ripetuti. Per quanto concerne i fattori di rischio individuale Bovenzi e Magnusson non riscontrano alcun legame fra peso e rischio di lombalgie. Mentre un legame viene messo in evidenza fra corporatura ed età e rischio di patologie muscoloscheletriche. Si tratta di relazioni assai complesse ma quello che occorre mettere sotto accusa è essenzialmente la inadeguatezza del posto di lavoro rispetto alla corporatura, così le corporature estreme (<10 del percentile e >90 del percentile) sarebbero penalizzate da questa mancata adattabilità del posto di guida. Lo studio di Krause dimostra che le modificazioni delle caratteristiche staturo-ponderali dei nuovi assunti (maggior numero di donne e/o di soggetti di corporatura minuta) dovrebbero portare a rivedere la concezione ergonomica dei posti di guida. L età è una variabile che presenta una relazione complessa con la lombalgia. L effetto lavoratore sano secondo cui solo i senior in buona salute continuano a lavorare mentre quelli con problemi di salute hanno abbandonato il lavoro influenza i dati disponibili. Questo processo che porta alla esclusione dei vecchi lombalalgici è descritto e deve essere preso in considerazione nella valutazione degli studi sulle patologie muscoloscheletriche. Ma la relazione fra lombalgie e l età appare complessa in quanto si tratta fondamentalmente di convivere con il dolore piuttosto che con l impotenza funzionale di tipo fisico (in effetti è il dolore che porta alla esclusione), conseguentemente coloro che restano al lavoro sono coloro che imparano o che possono convivere con il dolore. Gli studi dell equipe di Krause lo dimostrano. Così i senior (>50 anni) che restano

12 al lavoro sono spesso coloro che imparano a convivere con i dolori lombari e che sono capaci di gestire, sulla base della loro esperienza, le situazioni di rischio. Si è osservato, infine, che alcuni senior hanno maggiore possibilità di scegliere posti di lavoro e turni orari e questo permette loro di andare ad occupare i posti di lavoro meno gravosi. I fattori di rischio professionale sono concordi con l atteso per i rischi muscoloscheletrici. Le vibrazioni, gli sforzi, le posture protratte nel tempo, la durata di guida, il tipo di veicolo sono infatti indicati fra i fattori di rischio per lombalgia. Numerosi studi hanno indagato la dimensione psicosociale ed hanno dimostrato che l insoddisfazione professionale, le elevate esigenze psicologiche, il debole sostegno sociale sono fattori di rischio per le lombalgie. La durata settimanale del lavoro sembra, del pari, svolgere un ruolo importante nella comparsa di disturbi muscoloscheletrici fra gli autisti di autobus. Così il gruppo di Krause rileva una relazione dose-risposta fra durata settimanale del lavoro e rischio per cervico-dorsalgie o per lombalgie. Ulteriori studi sono, però, necessari per confermare queste conclusioni. Questo risultato giustifica, tuttavia, una vigilanza sulla durata settimanale del lavoro degli autisti in quanto, allo stato delle conoscenze, una gestione adeguata della durata settimanale di guida è una modalità efficace di riduzione del rischio per patologie del rachide. Infine, i problemi ergonomici sia quelli indicati da Krause sia altri (insicurezza, compiti connessi) hanno un impatto sul rischio di CTD e devono essere presi in considerazione nell ambito delle attività di prevenzione. La molteplicità dei fattori di rischio per patologie muscoloscheletriche ai quali sono esposti gli autisti di autobus ed il numero infinito di possibili combinazione di questi fattori, combinazioni che possono anche variare nel tempo e nell ambito dello stesso posto di lavoro, in ragione di un contesto di lavoro assolutamente singolare è un elemento comune a numerose situazioni di lavoro. Proprio per questo ruolo essenziale che gioca il contesto lavorativo è necessario, nell ambito di una valutazione del rischio, descrivere in maniera rigorosa gli elementi che caratterizzano tale contesto e che intervengono a determinare il rischio. Lo studio comparativo di Magnusson lo dimostra. La sola indicazione della mansione e cioè autista di autobus non è sufficiente a rappresentare i fattori di rischio per patologie muscoloscheletriche. In effetti tutte le variabili di contesto (organizzazione del lavoro, qualità delle relazioni sociali, regime di protezione sociale, caratteristiche della strada, dell attività, del materiale, della formazione, ecc.) interferiscono con questi fattori pervenendo così a determinare ilo rischio per patologie muscoloscheletriche. Questa

13 asserzione si inserisce nella valutazione dei dati sperimentali, ad esempio è dimostrato che le vibrazioni al corpo intero sono un fattore di rischio accertato di lombalgie e che questo rischio è frequente nel settore del trasporto su strada. Numerosi lavori sono stati condotti a questo riguardo e sedie antivibranti sono oggi disponibili e di provata efficacia. Ma questa efficacia è legata al rispetto delle condizioni di installazione e di utilizzo in particolare di regolazione. Molto variabili sono però i contesti di utilizzo di questi sedili e, dunque, è necessario ribadire che un sedile efficace contro le vibrazioni è una condizione necessaria ma non sufficiente per prevenire le lombalgie degli autisti in quanto questo mestiere non espone solo a vibrazioni ma bensì ad un complesso di fattori di rischio in cui rientrano, anche, le vibrazioni. Lo studio di El Falou e coll. dimostra quanta precauzione è necessaria nel trasferire i dati sperimentali di laboratorio alle situazioni di lavoro in particolare a quelle di natura composita. Krause e coll. formulano delle spiegazioni che possono arricchire il modello di comprensione delle patologie muscoloscheletriche e che sostengono le osservazioni precedentemente descritte. In effetti questi autori considerano che le patologie muscoloscheletriche del rachide fra gli autisti di autobus derivino da una esposizione combinata a fattori di rischio cronici ed a fattori di rischio acuto. Questa ipotesi relativa alla combinazione di fattori di rischio di natura diversa nel tempo e nello spazio apre prospettive interessanti di ricerca sul meccanismo fisiopatologico all origine del danno rachideo. Questi meccanismo potrebbero spiegare i dati epidemiologici ottenuti in situazioni in cui, talora, un singolo fattore di rischio assunto isolatamente (in particolare le vibrazioni) non è in grado di dare ragione del fenomeno di interessamento rachideo. Uno studio ha, poi, indagato l incidenza delle condizioni di lavoro e dei danni alla salute sul funzionamento del servizio di trasporto. Secondo gli autori di questo studio i problemi sanitari degli autisti hanno un impatto sul sistema dei trasporti sia in termini di performance che di presenza al lavoro che, infine, di spese sanitarie. Tutto questo viene amplificato dalle richieste economiche, dalle pressioni dei committenti che spesso supera le possibilità di un servizio di trasporto urbano in cui le condizioni di guida sono difficili a causa della congestione della rete stradale. Questi autori ritengono che si venga a creare un circolo vizioso che associa alle cattive condizioni di lavoro, il degrado dello stato di salute degli autisti, la riduzione dell efficacia del servizio di trasporto e l aumento delle spese. Essi considerano che lo stato di salute del servizio di trasporto ed il benessere dei lavoratori non siano la stessa cosa ma che interagiscano l un l altro. Essi affermano che: un sistema di trasporto che reca in se uno squilibrio fra le attese e le risorse e che una

14 gran parte della popolazione valuta come inoperante ed inefficace, induce delle condizioni di lavoro che incidono sfavorevolmente sulla salute ed il benessere dei lavoratori. Il mettere in relazione gli effetti sulla salute degli autisti e i macrodeterminanti economici e sociali giustifica una presa in conto globale delle cause ed una visione ampia delle possibili soluzioni. In termini di prevenzione, la valutazione delle conseguenze della combinazione dei rischi come pure il miglioramento e l adattamento del posto di guida alle differenti caratteristiche fisiche dei conducenti di autobus e dunque una sua appropriatezza sono gli elementi essenziali per la prevenzione come dimostra lo studio di Krause e questo a prescindere dal peso che possono giocare gli altri fattori di rischio. Vibrazioni Magnusson et al hanno valutato l esposizione alle vibrazioni a corpo intero, in conformità con la norma ISO 2631, in un campione di autisti stradali e di autisti di autobus in condizioni di lavoro normali. I risultati hanno dimostrato che negli USA, l esposizione quotidiana alle vibrazioni è significativamente superiore nel gruppo degli autisti su strada in rapporto al gruppo degli autisti di autobus. Al contrario in Svezia sono, invece, gli autisti di autobus ad essere maggiormente esposti. Ma se l indagine considera il lungo periodo sono gli autisti su strada ad avere una maggiore esposizione a vibrazioni. In questo studio l esposizione quotidiana alle vibrazioni non è associata a lombalgie, cervicalgie e dolori scapolo-omerali. Ma i soggetti lombalalgici hanno una dose espositiva a lungo termine alle vibrazioni più elevata dei non-lombalalgici. Inoltre l esposizione a lungo termine alle vibrazioni è il fattore maggiormente predittivo della durata delle assenze per malattia dovute a lombalgie. La differenza di esposizione fra i due diversi paesi si spiega con le differenti modalità di conduzione dei bus: gli autisti di autobus svedesi lavorano nell ambito urbano dove guidano su strade asfaltate e sono maggiormente esposti alle accelerazioni e decelerazioni di quanto non lo siano i loro colleghi statunitensi che guidano autobus su lunghe tratte extraurbane. Nello studio di Okunribido il 69% degli autisti di autobus riferiscono disturbi durante la guida legati alle vibrazioni. La qualità della pavimentazione stradale è indicato, in questo studio, come una delle fonti di traumi da contraccolpo e di aumento del livello vibratorio. Bovenzi dimostra che le vibrazioni, misurate in accordo con la norma ISO 2631, in un campione di 11 autisti di autobus nelle normali condizioni di lavoro, sono significativamente associate alle lombalgie.

15 In particolare per una esposizione alle vibrazioni a lungo termine (>4,5 anni m2s2) l eccesso di rischio per ernia discale è di oltre due volte superiore a quello del gruppo di controllo, anche dopo aggiustamento per gli altri fattori di rischio (OR=2,61; IC 95% ). nel suo studio Bovenzi insiste sull insufficiente ammortizzamento delle vibrazioni strasmesse dal sedile (anche quello di tipo sospeso), come pure sul ruolo predittivo delle vibrazioni nella comparsa di lombalgie, precisando che la fisiopatologia non è completamente nota. Jensen e coll. indicano, egualmente, il ruolo delle vibrazioni, associato alle rotazioni del collo, ai colpi ed alle accelerazioni-decelerazioni, nell insorgenza delle cervicalgie fra i professionisti del trasporto. Infine, la complessità delle relazioni fra vibrazioni di un sedile di guida e sue conseguenze sia sulla performance che sulla valutazione del confort/disconfort è stata osservata in laboratorio da Falou et coll in uno studio del Gli autori osservano che una esposizione protratta (150 min) con il lavoratore seduto su un sedile di veicolo comporta la percezione di un disconfort che aumenta con l aumento del livello di vibrazioni trasmesse dal sedile ed è in relazione anche con la non adattabilità o con il non adattamento del sedile. Ciò comporta una riduzione della performance, riduzione che è massima quando alle condizioni di vibrazione si associa l uso di un sedile non confortevole. Tuttavia, questi effetti sulla performance non si accompagnano a segni di affaticamento muscolare a carico dei muscoli posturali valutati. Secondo gli autori, non si deve escludere che il metodo scelto per valutare la fatica (mediana delle frequenza spettrale delle EMG studiate con una grande varianza dei dati interindividuali ) spieghi tale assenza ma essi ritengono anche che sia possibile che i muscoli non registrino segni di fatica muscolare. Tipo di veicolo Il tipo di veicolo utilizzato è citato tra i fattori di rischio per CTD. Così Krause studia i conducenti dei tramways di San Francisco e rileva che questi operatori presentano un rischio per cervico-dorsalgie inferiore di due volte a quello degli altri autisti studiati e questo in quanto il lavoro si svolge in piedi e non vi sono vibrazioni emesse dal motore. Questi autisti hanno, però, un rischio per lesioni acute del rachide di tre volte superiore a causa dell uso di leve di comando meccaniche, della manovra compiuta facendo ruotare a mano su stesso il mezzo con l utilizzo di pedana ruotante in legno. Gli stessi autori citano un minor rischio di lombalgie nella guida del tram in

16 confronto alla guida di autobus. Con l esclusione di questi due esempi estremamente specifici il materiale rotabile urbano oggetto di valutazione nei diversi studi è comparabile con scarse differenze fra i diversi paesi. Krause e coll. rilevano che gli autisti che dichiarano di avere problemi nella regolazione del sedile e nella tenuta del volante hanno un maggiore rischio di cervico-dorsalgie rispetto a coloro che dichiarano di non avere tali problemi (OR= 3.86: IC 95% ed OR= 3.93: IC 95% : rispettivamente). I risultati dettagliati suggeriscono una relazione dose-risposta. Gli altri fattori ergonomici, anche se con minore significatività, sono: i problemi percepiti durante l utilizzo dei comandi, quelli legati alla sospensione del sedile ed ai freni, quelli in relazione con la visibilità esterna che comporta la regolazione del retrovisore. L analisi multivariata dell impatto relativo di questi fattori di rischio biomeccanico per cervico-dorsalgie mostra che sono proprio i fattori ergonomici ad avere un maggiore impatto sulla prevalenza di cervico-dorsalgie seguiti dalla movimentazione di carichi. In questo modello la corporatura, il peso ed il genere come pure il tipo di veicolo hanno un impatto minore dei fattori ergonomica anche se essi sono significativamente associati al rischio di cervico-dorsalgie. Per ciò che concerne le lombalgie, gli autori rilevano egualmente una relazione dose-risposta fra lo score ergonomica (elaborato a partire dalle risposte ai questionari inerenti i problemi ergonomica percepiti dagli autisti) ed il rischio per patologie lombari. Nel modello scelto dagli autori, l aumento di 10 punti dello score ergonomica è associato ad un aumento del 21% del rischio per patologie lombari, sapendo che un aumento dello score ergonomica corrisponde ad una accresciuta gravità dei problemi ergonomici percepiti. Infine, lo studio di Krause e coll. nel 2005 mette in evidenza che una riduzione dei problemi ergonomici, riferiti da un quarto degli autisti, al più basso livello possibile comporta una riduzione prevedibile delle lombalgie di minore gravità pari al 28% e di quelle di maggiore gravità pari al 19%. Krause e coll. mettono in evidenza una relazione dose-risposta fra il tempo settimanale di guida e le cervico-dorsalgie (per periodi di 20 ore: OR = 1.96; IC 95%: 1,06-3,63). Inoltre essi rilevano che la frequenza delle cervico-dorsalgie aumenta in maniera significativa, dopo aggiustamento per età, genere, tipo di veicolo e durata settimanale di tempo di guida, con il numero di anni di guida professionale (per 10 anni =R = 3.43; IC 95%: 1,5-7,81). Questa associazione segue una relazione dose-risposta significativa (p=0.003). Mentre il numero di ore di straordinario effettuate nel corso dell anno precedente l inchiesta è legato in maniera inversa al rischio di cervico-dorsalgie. Ma questa associazione non risulta

17 significativa. Questo dato, a priori paradossale, potrebbe spiegarsi secondo gli autori con l effetto lavoratore sano. Infatti la realizzazione di straordinari avviene per scelta volontaria e, dunque, vi accederebbero, piuttosto, soggetti indenni da patologie muscoloscheletriche. Krause e coll. nei loro diversi studi definiscono così una relazione dose-risposta esponenziale fra tempo settimanale di guida e rischio di patologie lombari: nel modello statistico ottenuto dopo aggiustamento per tutti i fattori possibili di confondimento (età, genere, corporatura, peso, tipo di veicolo, problemi ergonomici, anzianità di guida professionale e fattori psicosociali), il tasso di patologie lombari aumenta del 12% ogni 10 ore di guida settimanale. Inoltre, in questo studio, la frazione di rischio attribuibile per una attività di guida di più di 50 ore settimanali in confronto con una attività a tempo parziale (20-30 ore settimanali) è del 38% per le patologie lombari di minore gravità e dell 82% per le patologie lombari di maggiore gravità. Questo vuol dire che secondo questo modello si può affermare che il 38% delle patologie lombari meno gravi e l 82% delle patologie lombari di maggiore gravi che insorgono fra gli autisti che guidano per più di 50m ore settimanali, potrebbero essere evitate se si riducesse il tempo di guida a ore settimanali. Inoltre, la frazione di rischio attribuibile all attività di guida di più di 30 ore settimanali è del 29% per le patologie lombari meno gravi e del 61% per le patologie lombari più gravi in raffronto con una attività di guida inferiore alle 30 ore settimanali. Mentre per ciò che concerne l anzianità lavorativa di autista, Krause e coll. evidenziano che una anzianità inferiore ai 5 anni è associata ad un aumentato rischio per patologie lombari in raffronto al gruppo con anzianità lavorativa compresa fra 6 e 15 anni, dopo aggiustamento per tutti i possibili fattori di confondimento. Ma il fatto di guidare da meno di 5 anni è predittivo di patologie lombari meno gravi. Gli Autori formulano numerose ipotesi per spiegare questi risultati. Da una parte ipotizzano che gli autisti che presentano problemi di salute cambiano precocemente attività lavorativa con, dunque, un effetto lavoratore sano. Dall altra parte, gli autisti più anziani presenterebbero una maggiore tolleranza nei confronti delle patologie lombari meno gravi con conseguentemente una tendenza ad una loro sotto-dichiarazione. Questa ultima ipotesi è confortata proprio dal fatto che nello studio, le patologie lombari meno gravi sono state riscontrate fra la popolazione lavorativa degli autisti con una anzianità lavorativa inferiore.

18 Fattori psico-sociali Krause e coll. hanno valutato l influenza dei fattori psicosociali e dell organizzazione del lavoro sul rischio di cervico-dorsalgie fra gli autisti di autobus. L organizzazione del lavoro è caratterizzata nello studio da una ripartizione delle ore di guida e di riposo che avviene sulla base del numero di ore di guida settimanale (<40 ore, 40 ore, >40 ore), della durata delle pause (0, minuti, >60 minuti) e sulle fasce orarie in cui si svolge il lavoro. I fattori presi in considerazione hanno riguardato la dimensione decisionale, le esigenze psicologiche ed il sostegno sociale indagati mediante il Job Content Questionnaire di Karasek. Per quanto concerne l organizzazione del lavoro, nessuna delle variabili prese in considerazione è associata in maniera significativa al rischio di cervico-dorsalgie, ma questo rischio mostra una tendenza all aumento quando l orario di guida settimanale supera le 40 ore (OR aggiustato 1.32; IC 95%: ) e quando non vengono effettuate pause (OR aggiustato: 1.29; IC 95%: ). Per quanto concerne i fattori psico-sociali, le elevate esigenze psicologiche, l insoddisfazione sul lavoro, il debole sostegno della gerarchia sono associate in maniera significativa alle cervico-dorsalgie (rispettivamente OR=1.87; IC 95%: ; OR=1.62; IC 95%: ; OR=1.67; IC 95%: ). Mentre non sono associati in maniera significativa alla comparsa di cervico-dorsalgie il debole spazio decisionale o la mancanza di sostegno da parte dei compagni di lavoro. Magnusson e coll. hanno valutato i fattori psico-sociali sulla base delle 5 domande del modello di Bigos e concludono che nei due paesi (Stati Uniti e Svezia), fra gli autisti di autobus vi è un apprezzamento dei propri superiori inferiore a quello che si registra fra gli autisti su strada fra i lavoratori sedentari. Inoltre gli autisti di autobus svedesi sono meno soddisfatti dei loro colleghi, dei loro superiori gerarchici e dei loro compiti di lavoro in raffronto con gli altri gruppi svedesi, mentre tali differenze non sono presenti fra i lavoratori statunitensi. Infine, in questo studio la variabile stress è l unica ad essere significativamente associata alle assenze per malattia (p<0.05). Questo studio non ha però indagato l associazione fra fattori psico-sociali e patologie muscolo-scheletriche. In uno studio pubblicato nel 2005 Rugulies e coll. dimostrano, dopo aggiustamento rispetto ai possibili fattori di confondimento che includevano le caratteristiche individuali, la condizione dolorosa iniziale e l esposizione ai fattori fisici, che il debole sostegno sociale da parte della gerarchia e il ristretto margine decisionale sono predittivi della comparsa di cervicalgie e delle lombalgie, anche se quest ultime con un minore grado.

19 Gli scorse del sostegno sociale (sostegno da parte del superiore gerarchico, sostegno da parte dei colleghi, e sostegno totale) seguono una relazione dose-risposta significativa con le cervicalgie, con una riduzione del rischio di cervicalgie rispettivamente pari al 7%, 6% e 5% all aumentare di un punto dello score di sostegno sociale (l aumento dello score corrisponde ad un maggiore sostegno sociale). Inoltre, le costrizioni psico-sociali che associano ristretti margini decisionali e forti esigenze psicologiche sono associate in maniera significativa al rischio di cervicalgie e seguono una relazione dose-risposta con un aumento del rischio di cervicalgie dell 8% per un aumento di un punto dello score delle costrizioni psico-sociali. A completamento della valutazione dei fattori psico-sociali Krause e coll. hanno anche valutato, attraverso uno specifico questionario composto da 19 domande, la frequenza di problemi professionali fra gli autisti di autobus. Gli autori hanno calcolato degli OR che permettono di confrontare le risposte alle domande fornite dagli autisti affetti da cervicodorsalgie e da quelli che non presentano detta patologia. I risultati rilevano una associazione significativa fra le cervico-dorsalgie e 14 dei 19 problemi professionali indagati con un aumento del rischio di cervico-dorsalgie all aumentare della frequenza dei problemi. Fra questi problemi figurano quelli legati alle dotazioni del veicolo, al numero eccessivo di passeggeri, al difficile traffico stradale, alle aggressioni rivolte agli autisti o ai passeggeri. B. Chaudron e coll. insistono nel loro lavoro sul carico mentale degli autisti ed in particolare sui comportamenti aggressivi ed imprevedibili degli utenti che vengono considerati come la principale fonte di stress, senza valutare, però, il legame fra queste e i problemi rachidei. Obblighi relazionali, stress e senso di insicurezza sono egualmente ipotizzati al pari dei fattori ambientali ed organizzativi nello studio di Dartois e coll. che concludono per una origine multifattoriale delle patologie muscolo-scheletriche insorte fra la popolazione oggetto dello studio. La valutazione del rischio per patologie muscolo-scheletriche dipende dal numero dei dati epidemiologici disponibili e dalla loro qualità. Applicata ad un settore professionale specifico, questa evidenza si confronta con un numero di studi epidemiologici che non può che essere ridotto. Ma secondo i ricercatori dell INRS i dati disponibili sugli autisti di autobus sono numericamente sufficienti e di adeguata qualità per pervenire a delle informazioni probanti per questo settore professionale.

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