MINISTERO DELL INTERNO

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1 MINISTERO DELL INTERNO Scuola Superiore dell Amministrazione dell Interno XXVI Corso di formazione dirigenziale per l accesso alla qualifica di viceprefetto LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE COME STRUMENTO DI OTTIMIZZAZIONE DEL CICLO DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO STRATEGICO Flavia Ananìa Enrico Avizzano Simona Calcagnini Vittorio De Cristofaro Fabio Giombini Lucia Raffaela Palma Giuseppe Piacentino Relatore: Dott. Antonio Polimene 1

2 S O M M A R I O CAPITOLO I. LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: EVOLUZIONE STORICA E NORMATIVA Definizione del quadro e avvio del processo di riforma Consolidamento dei principi e coordinamento degli strumenti Apertura al territorio e prime esperienze a regime Compimento del disegno organizzativo e ridefinizione del ruolo dirigenziale... 9 CAPITOLO II. IL PROCESSO DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA Significato e obiettivi della pianificazione Il processo di pianificazione strategica: caratteristiche SALIENTI I contenuti essenziali di un processo di pianificazione strategica Le fasi del processo CAPITOLO III. IL CICLO DELLA PERFORMANCE: DEFINIZIONE, NATURA, SOGGETTI Alcuni concetti chiave La predisposizione e l assegnazione degli obiettivi Piano della performance e relazione sulla performance Nuovi soggetti nel decreto legislativo n. 150/ Ruolo dei soggetti nell ambito della misurazione e valutazione I soggetti del Ministero dell'interno nel ciclo di gestione della performance CAPITOLO IV. MISURAZIONE E VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE:... OBIETTIVI ED INDICATORI Gli obiettivi Gli indicatori Conclusioni CAPITOLO V. GLI ELEMENTI DI CRITICITÀ La stabilità organizzativa Il rapporto tra politica e amministrazione Le incoerenze nella misurazione e valutazione della performance La scelta degli indicatori Le trappole relative alla struttura del sistema Gli ambiti in cui si svolge la misurazione e la valutazione L informatizzazione e la trasparenza Il monitoraggio della performance La valutazione individuale CAPITOLO VI. I VANTAGGI DELLA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE Incremento della produttività e responsabilizzazione sui risultati Meritocrazia e valorizzazione del capitale umano Trasparenza ed accountability dell azione amministrativa Flessibilità, sussidiarietà ed innovazione

3 6.5. Orientamento al servizio e miglioramento continuo della qualità Perché valutare? Conclusioni CAPITOLO VII. L'ATTUAZIONE DELLA RIFORMA DEL 2009: CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Alcune puntualizzazioni Stato di attuazione della riforma I risultati e lo scenario possibile BIBLIOGRAFIA

4 CAPITOLO I LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: EVOLUZIONE STORICA E NORMATIVA Il tema della performance delle amministrazioni pubbliche e dei sistemi da adottare per la loro misurazione e valutazione è argomento al centro del dibattito politico e istituzionale, sia nel nostro Paese che all estero. Politici, cittadini, ricercatori e le stesse amministrazioni pubbliche, si sono posti il quesito di come possa essere efficacemente misurata la capacità del soggetto pubblico di creare valore per il cittadino con le risorse rese disponibili dalla comunità, ossia di come misurare i risultati perseguiti mediante l azione pubblica. Contestualmente, da molti viene sottolineata la necessità di attingere dalla disciplina del management gli strumenti utili ad incrementare la produttività delle pubbliche amministrazioni. In particolare, le stesse norme prescrivono oggi alle amministrazioni pubbliche: di implementare i propri livelli di efficienza mediante la costruzione di un sistema di obiettivi strategici e operativi e l adozione di criteri per la misurazione del loro grado di attuazione. Contestualmente, inoltre, particolare rilievo è stato attribuito all esigenza di assicurare e sviluppare il collegamento tra detti obiettivi e l allocazione delle risorse finanziarie, nell ottica di una progressiva integrazione tra il processo di formazione del bilancio e quello di pianificazione strategica nelle Amministrazioni dello Stato, volta a consentire il razionale orientamento delle scelte politiche afferenti al programma di governo. La Pubblica amministrazione, negli ultimi 20 anni, è stata al centro di una vasta azione di cambiamento che ha generato una complessa riforma dell organizzazione dei pubblici poteri, sia sul piano ordinamentale, sia su quello procedimentale e operativo. L inizio di tale modernizzazione risale ai primi anni 90 del secolo scorso e ha visto 4

5 impegnati tutti i governi che si sono succeduti. Anche prima degli anni 90 furono fatti alcuni tentativi di riforma. In particolare Massimo Severo Giannini, cercò di evidenziare in un Rapporto del 1979, i principali problemi dell amministrazione dello Stato e di avanzare proposte di una sua più efficace e moderna gestione. I tempi,tuttavia, non erano ancora maturi perché il processo di modernizzazione potesse effettivamente avviarsi: mancava non solo una necessaria, generale propensione culturale e politica al cambiamento, ma anche, una vera e propria intelaiatura normativa che lo favorisse. A muovere il successivo processo di modernizzazione è stata, infatti, una concezione nuova dell amministrazione, non più basata solo sul rispetto formale - procedurale delle norme, bensì orientata a valori di efficienza, efficacia, economicità (le famose tre E, quattro con l equità) nella gestione delle risorse, di trasparenza, di responsabilizzazione dei dirigenti pubblici e di controllo sui risultati della gestione. Si affaccia, negli anni 90, una nuova cultura ed un diverso sistema di valori, in cui ciò che conta è la qualità dei risultati. Occorre, pertanto, rimodulare l assetto organizzativo dell amministrazione pubblica in vista del raggiungimento di obiettivi prefissati (risultati) e in presenza di chiare attribuzioni di responsabilità. Diventa, quindi, indispensabile anche modificare cultura e comportamenti degli apparati burocratici, sulla base di principi di coerenza tra risultati ed obiettivi. Tutto ciò si identifica, in buona sostanza, con il disegno proprio della pianificazione strategica, il cui proprium consiste nel collegare la fase di pianificazione/programmazione alla fase del controllo e della valutazione (verifica dell attuazione dei programmi generali), mediante la predisposizione di un sistema di indicatori adeguati per ciascun obiettivo individuato. Una programmazione non solo dall alto ma anche dal basso (da parte dei responsabili), ispirata a modelli aziendalistici. La determinazione dei traguardi da raggiungere costituisce dunque un esplicitazione ex ante dei risultati attesi dall applicazione del programma. Qualsiasi scostamento rappresenta l occasione e l impulso per rivedere la coerenza e la compatibilità dei piani nel tempo e per migliorare la definizione dei traguardi stessi. 5

6 Si definisce così, dopo più di un secolo di vita dello stato unitario, un modo del tutto nuovo di fare amministrazione, diverso da concezioni e pratiche preesistenti. Proprio per questo, oltre che per l ampiezza e l ambizione del disegno, nonostante siano passati più anni dai primi riferimenti normativi (risale infatti al 1999 l emanazione del d.lgs. 286/99 recante disposizioni in ordine al riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59) il cambio di passo non può dirsi ancora del tutto compiuto. Come è noto, infatti, il cambiamento non può prodursi solo come effetto di innovazione normativa ma anche e necessariamente culturale. Per un proficuo innesto delle nuove pratiche di gestione sono necessari due elementi: la piena padronanza organizzativa, tecnologica, contabile dei modelli da implementare e la loro contestualizzazione, nel caso specifico, in ogni pubblica amministrazione. Per tale ragione, un ruolo cruciale è svolto in proposito dagli apporti di conoscenza ed esperienza provenienti dal mondo accademico e d impresa, dal settore delle professioni, e dalla formazione del personale pubblico. Vari fattori hanno determinato e favorito il diffondersi del processo di modernizzazione e segnatamente delle tematiche della pianificazione strategica. Un primo fattore è dato dall Unione Europea, che ha esposto la pubblica amministrazione ad un costante confronto, sia con gli attori e le esigenze del mercato globale, sia con i sondaggi di opinione dei cittadini/elettori, facendo con ciò emergere, da un lato, i limiti storici ed ordinamentali del settore pubblico, e stimolando allo stesso tempo l avvio dell innovazione. Determinante si è rivelata, in proposito, la logica del confronto tra pubblica amministrazione e cittadini, più decisiva per le amministrazioni locali e per le articolazioni periferiche dell amministrazione centrale. Gli enti locali, in particolare, forniscono un servizio misurabile in termini di qualità, 6

7 efficienza, tempestività, mentre a livello centrale il confronto ha per oggetto soprattutto le politiche, le scelte e le soluzioni organizzative di ciascuna amministrazione. Ci sono infatti amministrazioni la cui azione trova impulso diretto dal momento elettorale (ad esempio gli enti locali, le aziende sanitarie locali, le università); altre, come i ministeri, dedicate a svolgere e garantire in permanenza specifiche missioni. In questo contesto la riforma del sistema elettorale ha contribuito a stimolare il confronto a livello locale: la possibilità di elezione diretta del sindaco, ad esempio, fa sì che il confronto non si giochi solo sui programmi generali e ideologicamente orientati, bensì sulle azioni e i risultati conseguiti. La mancata realizzazione o la cattiva gestione costituisce un dato importante e facilmente verificabile a disposizione dell elettore, e la rielezione dipenderà più direttamente dalle performance che l amministrazione è riuscita a realizzare durante il suo mandato. A livello periferico quindi la riforma elettorale ha avvicinato sempre più l amministrazione al cittadino, con una particolare esaltazione delle caratteristiche manageriali ed umane a scapito dell appartenenza politica, nonchè le capacità di dare risposta ai problemi locali. A livello centrale, venendo meno il contatto diretto, il processo di cambiamento appare invece più lento, e il superamento della cultura dell autoreferenzialità trova più ostacoli. Per meglio cogliere gli sviluppi normativi nella dinamica storica, l esposizione non può che suddividersi in quattro fasi DEFINIZIONE DEL QUADRO E AVVIO DEL PROCESSO DI RIFORMA. I principi introdotti dalle leggi n. 142 e n. 241 del 1990 (la prima ha avuto il merito di porre l accento sui risultati, la seconda di avere dato sostanza ai principi di trasparenza), hanno avuto come sviluppi chiave la legge delega n. 421/93 e il d.lgs. n.29/93. Sono infatti questi due provvedimenti che hanno dato corpo alla possibilità di passare da un amministrazione più incentrata sulla forma ad un amministrazione orientata ai 7

8 risultati. Il tutto supportato da un profondo mutamento dell organizzazione che ha nella privatizzazione del rapporto di impiego pubblico e nella distinzione dei compiti tra politica e amministrazione i propri capisaldi. In verità questi due provvedimenti hanno un precedente importante risalente ai primi anni 70 (d.p.r. n. 748/72), che rispondeva ad esigenze di buon andamento dell azione amministrativa, delineando un nuovo tipo di responsabilità dirigenziale. E stato proprio questo decreto a riconoscere infatti autonomia ai dirigenti nello svolgimento dei propri compiti e a introdurre lo sganciamento della valutazione dell operato dirigenziale dall ingessatura formale dei canoni di legittimità, a favore della logica di risultato. Sono quindi la legge delega n. 421 e il decreto delegato n. 29 a dare slancio e nuova forza propulsiva al ruolo chiave della valutazione della dirigenza nella difficile transizione da un amministrazione incentrata sugli atti ad un amministrazione attenta ai risultati a alla soddisfazione del cittadino utente. E infatti con queste leggi che si avvia il processo di privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico e si promuovono i nuclei di valutazione come organismi qualificati per il controllo di merito da effettuare tramite monitoraggio costante dello stato di attuazione di progetti, piani e programmi, a supporto delle scelte strategiche del politico e delle iniziative gestionali del dirigente CONSOLIDAMENTO DEI PRINCIPI E COORDINAMENTO DEGLI STRUMENTI La seconda fase si apre con la legge n. 59/1997, che all articolo 11 prevede la delega per operare ulteriori modifiche alla disciplina del lavoro pubblico, accelerando in tal modo il processo di privatizzazione. Due sono i decreti legislativi più importanti che derivano da questa legge: il d.lgs. n. 80/98 ed il d.lgs. n. 387/98 che focalizzano entrambi ulteriormente il tema della responsabilità e della valutazione della dirigenza pubblica. L effettività dell istituto della responsabilità dirigenziale rimane legata alla tecnica della valutazione, che è risultata oggetto di intervento da parte del legislatore delegato nel 8

9 d.lgs. n. 286 del La norma prevede, infatti, un sistema di controlli riguardanti la valutazione strategica, la regolarità amministrativa e contabile, il controllo di gestione e la valutazione della dirigenza. In questo quadro normativo,tuttavia, solo i Ministeri sono obbligati a orchestrare i controlli senza possibilità di variazioni rispetto alle soluzioni organizzative e procedurali indicate nel d.lgs. n. 286, mentre gli enti territoriali sono tenuti solamente al rispetto del principio di separazione tra indirizzo politico-amministrativo e atti gestionali. Merito di questa fase, oltre ad aver compiuto un passo avanti nel percorso di privatizzazione del rapporto di lavoro, è stato in particolare di aver delineato un sistema coerente di controlli togliendo la valutazione della dirigenza da un isolamento che la rendeva di fatto non incisiva APERTURA AL TERRITORIO E PRIME ESPERIENZE A REGIME La terza fase è fondamentale per gli enti locali che, per la prima volta, vedono precisate le proprie responsabilità rispetto alla valutazione dei risultati e all attenzione al cittadino utente. L art. 4 del Testo Unico delle leggi sull ordinamento degli enti locali prevede che ogni Pubblica amministrazione si doti di unità operative responsabili del controllo di gestione: prevede quindi un unità organizzativa interna, alle dirette dipendenze dei vertici gestionali, che supporti i dirigenti nella loro attività. Ne deriva che gli enti locali possono organizzare il sistema dei controlli interni come meglio ritengono e che l unico principio inderogabile a cui non ci si può sottrarre è la distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione COMPIMENTO DEL DISEGNO ORGANIZZATIVO E RIDEFINIZIONE DEL RUOLO DIRIGENZIALE La quarta fase fondamentale del processo riformatore prende avvio con il decreto legislativo n. 165/2001 che disciplina due aspetti rilevanti: il rapporto di lavoro pubblico, da un lato, e l organizzazione degli uffici, dall altro. Più in particolare gli 9

10 obiettivi perseguiti dal decreto sono essenzialmente tre: accrescere l efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi dell Unione Europea; razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica; realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato. I principi generali indicati sono applicabili direttamente alle amministrazioni statali e adattabili a tutte le altre amministrazioni( regioni, enti locali e altri enti pubblici) Un anno dopo l approvazione del d.lgs. n. 165, è stata approvata la legge 145/2002 che rappresenta la normativa più rilevante intervenuta a modifica del d.lgs. n. 165 dedicato alla dirigenza. Le modifiche più significative introdotte dalla legge sono state l istituzione della vice dirigenza, l eliminazione del ruolo unico della dirigenza statale, la sostituzione dell atto unilaterale di conferimento di incarico dirigenziale all atto contrattuale prima previsto. Quest ultimo punto assume di fatto un rilievo del tutto particolare nella valutazione delle posizioni apicali della dirigenza, in quanto enfatizza il significato del rapporto fiduciario tra la politica e la stessa dirigenza. In tale evoluzione, particolare rilievo assume oggi la normativa comunemente conosciuta come riforma Brunetta. Il 15 novembre 2009 è infatti entrato in vigore il d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, che dà attuazione alla delega contenuta nella Legge 4 marzo 2009, n. 15 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Il d.lgs. n. 150/2009 si configura come intervento normativo volto a imprimere un ulteriore, forte impulso al processo di riforma della Pubblica amministrazione sviluppato negli anni precedenti, riaffermando, in coerenza con i principi già posti dal 10

11 d.lgs. n. 29/93 e dal d.lgs. n. 286/99, la centrale valenza della cultura della valutazione per la realizzazione di un concreto miglioramento della performance delle pubbliche amministrazioni. In tal senso, nelle disposizioni generali di cui al Titolo II concernente la misurazione e valutazione della performance, il d.lgs. n. 150/2009 sancisce il principio che al fine di assicurare elevati standard qualitativi ed economici del servizio pubblico tramite la valorizzazione dei risultati e della performance organizzativa e individuale ciascuna amministrazione è tenuta ad attuare la misurazione e valutazione della performance con riferimento all'amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o alle aree di responsabilità in cui è articolata, nonché ai singoli dipendenti (artt. 2 e 3, comma 2). È appena il caso di evidenziare - attesa la diretta attinenza con l argomento oggetto del presente elaborato - che il d.lgs. n. 150/2009 opera una profonda revisione di molteplici aspetti della disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, di cui all art. 2 comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001 n.165, intervenendo in particolare in materia di contrattazione collettiva, di valutazione delle strutture e del personale delle pubbliche amministrazioni, di valorizzazione del merito, di promozione delle pari opportunità, di dirigenza pubblica e di responsabilità disciplinare. Elemento qualificante della riforma è appunto l attribuzione selettiva degli incentivi economici e di carriera per il riconoscimento delle capacità dimostrate dai più meritevoli, mediante un rafforzato collegamento tra retribuzione e performance; si intende favorire in tal modo l incentivazione della qualità della prestazione lavorativa ed il superamento della tendenza verso la generalizzata ed uniformante distribuzione dei benefici al personale dipendente. Resta esplicitamente escluso dalla riforma del rapporto di lavoro il personale in regime di diritto pubblico, tra cui quello della carriera prefettizia, per il quale sono comunque contemplate norme di raccordo per armonizzare con la nuova disciplina i procedimenti negoziali, di contrattazione e di concertazione. Altro principio cardine assunto ad oggetto del d.lgs. n. 150/2009 (art. 1; art.3, comma 3; 11

12 art. 4, comma 2, lett. F; art. 11) è quello della trasparenza ed accessibilità delle informazioni concernenti i vari aspetti organizzativo-gestionali delle amministrazioni pubbliche, tra cui anche il ciclo di gestione della performance nelle sue varie fasi; il principio di accessibilità, oltre ad assolvere alla funzione di tutela della legalità dell azione amministrativa, viene posto in peculiare rilievo quale leva per concretizzare il compiuto passaggio dalla cultura dei mezzi (input) a quella dei risultati (output e outcome) e viene, in tal senso, configurato come livello essenziale delle prestazioni erogate all utenza dalle amministrazioni, ai sensi dell art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione. Su tale punto qualificante si denota l intento di realizzare un avanzamento del quadro normativo rispetto alle disposizioni dell art. 11, commi 1 e 2 d.lgs. n. 286/1999, prevedendo mirati strumenti e adempimenti di comunicazione istituzionale in materia di qualità dei servizi pubblici e di partecipazione degli utenti, anche nelle forme associative, alle procedure inerenti alla valutazione e definizione degli standard qualitativi dei servizi erogati. Con specifico riferimento al sistema dei controlli, il d.lgs. n. 150/2009 si rifà ai principi, vincolanti per tutti i Ministeri, su cui si fondano le funzioni di controllo strategico e controllo di gestione, come delineate dal d.lgs. n.286/99. Con le norme transitorie di cui all art.30, vengono indicate, al comma 4, talune disposizioni del d.lgs. n. 286/99 espressamente abrogate con decorrenza dal 30 aprile 2010, tra le quali quelle relative all organizzazione dei SECIN (art. 6, comma 3) sostituiti dai nuovi Organismi Indipendenti di Valutazione della performance (O.I.V.). Agli O.I.V. previsti dall art. 14 sono affidate le funzioni di controllo già esercitate dai SECIN, nonché nuovi, complessi compiti di monitoraggio, verifica e garanzia in tema di misurazione e valutazione della performance. All esercizio delle funzioni demandate agli O.I.V. sovrintende, con compiti di indirizzo e coordinamento, la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), prevista dagli artt. 12 e 13 quale organismo di 12

13 livello centrale, che interviene nel processo di misurazione e valutazione della performance svolto, nei rispettivi ambiti di competenza e responsabilità, dagli O.I.V., dall organo di indirizzo politico di ciascuna amministrazione e dai dirigenti. Con il d.lgs. n. 150/2009 viene in proposito delineato un preciso ambito di intervento dell'organo di indirizzo politico di ciascuna amministrazione nel ciclo di gestione della performance, individuandosi nel contempo, all'art. 15, il quadro dei compiti afferenti alla responsabilità del Ministro per la definizione e la verifica degli indirizzi strategici assunti nelle direttive generali da esso emanate, così come per l implementazione dei livelli di performance,di trasparenza ed integrità. 13

14 CAPITOLO II IL PROCESSO DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA 2.1. SIGNIFICATO E OBIETTIVI DELLA PIANIFICAZIONE La pianificazione strategica può essere definita come il processo di pianificazione con il quale si fissano gli obiettivi di un sistema (statale aziendale territoriale) e si indicano i mezzi, gli strumenti e le azioni per raggiungerli in una prospettiva temporale. Per la Pubblica amministrazione non costituisce quindi una speciale tecnica di gestione delle proprie attività ma un nuovo modo di concepire la gestione stessa, che si concretizza nella introduzione di una programmazione (o pianificazione) strategica fondata sulla strutturazione di qualsiasi intervento secondo programma. In poche parole, la pianificazione strategica determina cosa vuol fare una organizzazione nel giro di un anno (anche di 3-5 anni) e come intende farlo. Per caratterizzare, poi, il processo di pianificazione strategica nel contesto pubblico è utile partire da alcune riflessioni generali sullo Stato e il suo modello organizzativo, riferendosi alle proposte di trasformazione recenti, a partire dal decreto legislativo n.29 del 1993 fino alla legge n. 15 del L Amministrazione pubblica, a differenza di ogni altra organizzazione privata, ha il proprio carattere distintivo nella natura della proprietà: lo Stato appartiene all intera comunità del Paese, riferisce le proprie funzioni, i propri prodotti/servizi agli interessi generali di questa comunità, a tutti i segmenti sociali che la compongono, in particolare a quelli più fragili. A ciò è necessario il contributo e la integrazione di due logiche: a) quella della regolazione, che si fonda su regole che guidano e vincolano i comportamenti organizzativi di persone e uffici per condurle verso un risultato, con il quale si vuole tutelare e/o perseguire un interesse collettivo. Le regole possono riguardare sia i comportamenti interni ad una Amministrazione sia esterni ad 14

15 essa, cioè del contesto. Questa logica promuove un modello organizzativo con strutture e processi che definiscono le regole, le applicano, verificano la correttezza dei comportamenti e intervengono per rimuovere le incongruenze. La responsabilità di persone e uffici riguarda sostanzialmente il rispetto delle regole. b) quella economica o del risultato/obiettivo, che si basa sui risultati che debbono essere raggiunti. Questa logica promuove un modello organizzativo con strutture e processi che esplicitano risultati di diverso livello di importanza e generalità (strategici e operativi), verifica risultati e risorse necessarie in corso d opera, adegua i comportamenti, gli obiettivi, le risorse alle indicazioni che vengono dall interno e dal contesto. Ogni organizzazione reale, privata e pubblica che sia, a ben guardare si fonda su ambedue le logiche, cioè su un progetto burocratico ed un progetto economico che debbono essere composti e integrati, anche se l esperienza dimostra che le due logiche possono avere effetti distruttivi l una sull altra e che una loro composizione incontra forti resistenze. Infatti, gli eccessi della regolazione (dalla numerosità e contraddittorietà delle regole alle strutture che le implementano e le controllano) impediscono di fatto il buon risultato e la gestione orientata ad obiettivi economici. D altra parte, gli eccessi della gestione economica possono introdurre quelle iniquità, quegli squilibri sociali che la burocrazia vuole contenere. Il problema organizzativo di base nelle Amministrazioni pubbliche è quindi quello di integrare e armonizzare le due logiche e specificatamente costruire un modello organizzativo che sia da una parte garantista, cioè definisca buone regole e le faccia rispettare, e d altra sia efficace ed efficiente, cioè persegua il buon risultato economico. Sia in Italia, che in ogni altro paese del mondo, nel corso dell ultimo decennio si è intensificata la ricerca di nuovi equilibri tra gestione burocratica e risultato economico. In particolare si assiste ad una trasformazione organizzativa dello Stato 15

16 ispirata alla logica della buona gestione economica, ai modelli manageriali, al contenimento della spesa pubblica e alla soddisfazione della domanda di servizi dei cittadini IL PROCESSO DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA: CARATTERISTICHE SALIENTI Il processo di pianificazione, come disciplina rivolta all azione, alla decisione e al saper fare, presuppone una tensione verso il futuro e che - per quanto differenti ed anche opposti - ogni rappresentazione di aspirazioni, di desideri, di bisogni, di finalità, di obiettivi, per i relativi aspiranti, e/o decisori (per conto degli aspiranti) sia basata su alcuni giudizi di valore. Si tratta, pertanto, sempre e comunque di giudizi di valore su possibili e desiderati stati futuri che sono sottoposti perennemente all usura del tempo, alla contraddizione, allo scontro reciproco e fra portatori diversi di diversi giudizi di valore. Ecco perché, qualsiasi sia il processo, esso dovrà farsi carico di alcune condizioni essenziali che lo caratterizzano: l incertezza, la flessibilità, l iterazione. L incertezza nel processo di pianificazione Superando le questioni dottrinali sul tema, occorre premettere che l incertezza riguardo al futuro è una condizione inerente a qualsiasi tipo di pianificazione (come peraltro a qualsiasi situazione esistenziale). Non c è nessun aspetto, nessun momento, nessun tipo di pianificazione che non sia soggetto all incertezza del futuro. Se il futuro può considerarsi una sequenza di eventi e quello della pianificazione una sequenza di azioni programmate atte a determinare una sequenza di eventi desiderati, si può indubbiamente anche affermare che una parte di quegli eventi, programmati o no, costituiranno una sorpresa. Se l esperienza avesse mostrato che il futuro consiste solo di eventi a sorpresa, la pianificazione sarebbe un esercizio disperato. Ma l esperienza dice che il futuro è un mix di eventi a sorpresa e prevedibili, di eventi che possono essere disposti su un 16

17 continuum di probabilità, da quelli relativamente certi fino a quelli il cui accadimento è completamente inatteso. Una aspirazione della pianificazione può essere appunto quella di affinare le percezioni di probabili eventi futuri, ciascuno in connessione agli altri, e di concepire quelli che possono essere controllati anche senza effettive esplorazioni del futuro. In diversi modi ci si può atteggiare rispetto al futuro. Uno è quello di ignorarlo, oppure, in caso contrario, è opportuno tentare di prospettarlo per tempo. In tale ipotesi la previsione troverà conferma solo se le condizioni di successo siano state preliminarmente definite con cura. Aspettarsi però in toto una sequenza di eventi futuri solo positivi significa cercare il fallimento, mentre progettare e lavorare intorno ad una loro desiderata sequenza, cioè impegnarsi attivamente a creare il futuro desiderato, può certamente avere in parte successo, come molti sforzi umani indicano. Le case e le strade sono costruite, i matrimoni hanno luogo e le lauree sono conseguite ma d altra parte vi sono anche i terremoti, le inondazioni e le guerre, i divorzi, i concorrenti che hanno la meglio su di noi. Non di rado, inoltre, uno dei principali problemi della individuato nell acquisizione di dati adeguati. pianificazione viene Al riguardo è opportuno evidenziare che non è infrequente il caso di organizzazioni concorrenti che, pur avendo accesso agli stessi dati, registrano tuttavia risultati totalmente differenti. Questo fa pensare che il ruolo dei dati nella pianificazione sia probabilmente meno importante del modo in cui gli stessi vengono usati, cioè della competenza dei decisori (dirigenti e manager) ad interpretare ed usare i dati in funzione degli eventi desiderati. Queste sono le ragioni per cui il processo di pianificazione non dovrebbe mai essere indebitamente screditato, solo perché in essa è presente l incertezza. Apprendere dalle informazioni disponibili è di somma importanza, così come, l identificazione di una informazione necessaria ma indisponibile può essere 17

18 considerato come un utile risultato della pianificazione, in quanto può suggerire azioni mirate a migliorare il flusso di informazioni future per, o in seno a, qualsiasi soggetto, o unità, interessato a pianificare. La flessibilità nel processo di pianificazione La domanda più frequente in merito alla pianificazione riguarda certamente la possibilità o meno di progettare un piano sufficientemente generico da poter essere applicato simultaneamente a diversi soggetti o unità di pianificazione ed in eguale misura flessibile da essere adattabile ai particolari bisogni di ogni singola unità di pianificazione La risposta non potrebbe che essere negativa se si considera che la pianificazione dovrebbe avere un proposito primario ben identificato (poiché il successo nella pianificazione è fortemente legato alla definizione e al compimento del proposito) ed aver individuato le precise risorse necessarie alla sua realizzazione. Ciò soprattutto se si tiene conto che le risorse assegnate sono rapidamente dissipate quando troppi propositi sono pensati con troppo poche risorse. Ma questo non esclude la possibilità che la definizione del proposito primario possa essere affidata, almeno in parte, alle situazioni emergenti in corso d opera e sia il processo di pianificazione che il piano stesso prevedano biforcazioni, soggette a scelta in appropriati momenti. In tal caso, il decisore politico o amministrativo dovrebbe essere pesantemente coinvolto sia nel processo di pianificazione che nella presa delle decisioni man mano che il processo evolve e dovrebbe governare il processo e il piano, piuttosto che essere governato da entrambi. Una delle prime biforcazioni nei processi di pianificazione è di determinare il proposito principale della pianificazione per l unità di pianificazione, come questo influenzerà ciò che si fa e che cosa si sviluppa dalla sua conduzione. 18

19 L interazione nel processo di pianificazione E ormai generalmente acquisito che i piani richiedano una revisione e che ogni processo di pianificazione è ciclico, anche se è altrettanto pacifico che i piani non dovrebbero richiedere una revisione troppo frequente, a meno che non si siano fatti errori nella pianificazione. A tal proposito, giacché gli errori generalmente vengono considerati come un fattore di inefficienza, finché sono considerati solo come qualcosa da rimproverare la conseguenza sarà una palese riluttanza a discutere l incerto. E per questo che sarebbe opportuno includere nei processi di pianificazione la regola dell accettazione degli errori; in qualsiasi modo sia fatto il piano, pensare l impensabile dovrebbe essere l appropriato, accettabile, incoraggiabile modo di operare della pianificazione. Ciò non significa che un obiettivo deliberato della pianificazione debba essere quello di costruire un piano pieno di errori altamente desiderabili. Ma poiché le idee stimolano le idee, l esplorazione apre i processi mentali, lo strano e il non consueto producono nuove idee, un ambiente creativo e aperto agli errori è appropriato agli aspetti esplorativi della pianificazione. I soggetti e le fasi dedicati alla generazione di idee dovrebbero rimanere distinti da quelli preposti alla loro valutazione, così molte di tali idee potranno più facilmente valutarsi non funzionali ed essere escluse nel piano finale. Ma a meno che queste idee non abbiano alcuna possibilità di esistere e di svilupparsi, permane il rischio che le idee realmente creative, suscettibili di svolgere un loro ruolo positivo nella pianificazione, non arrivino mai alla superficie. Così l apertura agli errori non significa deliberata accettazione degli stessi, piuttosto vuol dire sospensione del discredito fino a che un congruo insieme di idee non sia stato sviluppato ed esplorato sufficientemente, in modo da distillarne un certo numero da inserire con profitto nel piano. Senza nuove idee la pianificazione può difficilmente avere la funzione di rinnovare la capacità direzionale, né può avere una elevata probabilità di conseguire altre forme di successo. 19

20 2.3. I CONTENUTI ESSENZIALI DI UN PROCESSO DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA In considerazione di quanto sopra, si può procedere a delineare l architettura fondamentale di un processo di pianificazione che può essere strutturato in sei fasi fondamentali: I.L identificazione della unità di pianificazione, cioè del soggetto del mandato o missione e dei destinatari e degli interessati del processo di pianificazione e di gestione. II La strutturazione del programma e l identificazione degli indicatori di programma. III. La temporalizzazione del processo, ovvero fissazione dei traguardi (targets) del piano, dei criteri di valutazione e degli indicatori di conseguimento. IV. La specificazione dei progetti e delle operazioni ( ingegnerizzazione reingegnerizzazione dei programmi, progetti ed azioni e della loro gestione). e V. Analisi e contabilizzazione dei costi operativi e studio del loro finanziamento; costruzione di un bilancio di programma. VI. Il monitoraggio dei programmi e dei loro risultati, il loro controllo, la loro revisione e le valutazioni di aggiustamento del processo. Ovviamente, tali fasi sono successive, l una all altra, nel senso che le valutazioni e le decisioni che possono essere ipotizzate in ciascuna di esse è arduo portarle avanti e attuarle se prima non si è in qualche modo espletata la fase precedente. Il processo è infatti ciclico in quanto le sei fasi citate si pongono in una sequenza di tipo circolare che riconduce al punto di partenza. E per questo che la elencazione delle sei fasi si può configurare anche come un cerchio. (v. fig.1) 2.4. LE FASI DEL PROCESSO 4.1 L identificazione del soggetto della missione o mandato, dei destinatari e degli interessati. La parte centrale di questa fase è rappresentata, innanzitutto, dalla identificazione della 20

21 Unità di pianificazione (Udp) di riferimento, dalla formulazione dei suoi mandati e della sua missione, nonché delle fonti del proprio mandato fondamentale che possono essere legislative, politiche o autonome. L Udp è il soggetto (pubblico) della pianificazione strategica in qualsiasi ambito esso operi e qualsiasi scala e dimensione esso assuma. Tra i tipi di Udp vi sono certamente le imprese, le Amministrazioni pubbliche, le organizzazioni pubbliche o private a finalità sociale. Ogni particolare Udp identifica un suo tipico ambiente, quel complesso di elementi esterni alla unità di pianificazione con i quali essa interagisce nel corso delle sue attività. Per una particolare Udp è possibile usualmente identificare le persone che in essa ricoprono una considerevole responsabilità e che hanno l autorità di prendere decisioni riguardanti le sue operazioni. Queste persone collettivamente sono chiamate management o dirigenza dell Udp e singolarmente sono identificate come managers o dirigenti dell Udp. 4.2 La strutturazione di programma e l elaborazione connessa degli indicatori di programma L aspetto preminente di questa fase è rappresentato dalla costruzione di una struttura di programma per l Unità di programmazione in questione e dalla analisi delle sue operazioni connesse, in diverse scale e dimensioni. La strutturazione di programma comporta la creazione di una rete di interdipendenze gerarchicamente ordinate, che consenta di fare ordine fra obiettivi da conseguire e mezzi per conseguirli. Questo presuppone che il soggetto istituzionale per cui viene predisposto il programma strategico abbia una visione chiara di quali siano i problemi strategici con i quali ha a che fare. L identificazione dei problemi strategici è infatti il cuore del processo della pianificazione strategica. Questa individuazione rappresenta uno dei passaggi della pianificazione in cui è richiesta 21

22 ai partecipanti la massima concentrazione. Praticamente ogni problema strategico implica conflitti: che cosa, perché, come, quando, dove e chi lo farà, chi se ne avvantaggerà e chi ne sarà sfavorito. Tale passaggio deve produrre un ordine del giorno strategico, che sarà il prodotto di due risultati intermedi: - una lista dei problemi strategici che l organizzazione deve fronteggiare; - una disposizione dei problemi della lista in base alla priorità, alla logica, alla cronologia. 4.3 La temporalizzazione e la valutazione nel processo di pianificazione strategica La terza fase riguarda, una volta costruita la struttura di programma delle Unità di programmazione in questione, la distribuzione dei programmi e delle operazioni nel tempo. Il nucleo centrale di studio e progettazione riguarda perciò la temporalizzazione degli obiettivi e la fissazione di target nel tempo, con relativi indicatori di prestazione per ciascuno di essi. Gli obiettivi e le azioni di cui si compone ogni struttura di programma devono essere innanzitutto oggetto di misurazione, per ottenere una loro efficacia operativa. E per essere misurati, tali obiettivi e azioni si traducono in prestazioni di obiettivo (se considerati nella concatenazione obiettivi/mezzi come obiettivi) oppure in prestazioni di mezzo (se visti come strumenti o mezzi). La misurazione presuppone, quindi, la definizione degli obiettivi della prestazione e il suo collocamento in un processo rappresentato dalla strutturazione del programma. Se si vuole ricorrere, a titolo semplificativo, ad una metafora anatomica: la strutturazione di programma è l organismo biologico complessivo e le prestazioni sono i vari tipi di organi e parti che lo compongono. Di ogni organo si può misurare la prestazione non per sé stessa ma in funzione della sua collocazione nell organismo, che diviene così prestazione della sua funzione strutturale. 22

23 4.4 L ingegnerizzazione dei programmi, la specificazione delle azioni e la gestione dei progetti Con il termine ingegnerizzazione si indica una fase intermedia, necessaria a portare correzioni al progetto iniziale con l intento di migliorarne le caratteristiche e di agevolarne l eventuale manutenzione. Questa quarta fase separa, in certo modo, la programmazione strategica (che arriva alla fissazione temporale di traguardi operativi) e la gestione corrente (management), ma finalizzata sempre alla programmazione strategica o gestione per obiettivi (management by objectives) elaborata fino a questa fase del ciclo. Il problema è quello di come ristrutturare le operazioni e azioni correnti per adeguarle e plasmarle al nuovo sistema di obiettivi, generato dal processo di programmazione strategica portato avanti nelle fasi precedenti. Si tratta in sintesi di specificare sia i progetti che le operazioni implicate dai traguardi fissati e di organizzarne l avvio e messa in opera, date le risorse a disposizione. La predisposizione del programma di azioni può essere schematizzata in una serie di passi quali: costituzione di un gruppo di progettazione; individuazione dei progetti componenti il programma di azioni; individuazione delle alternative; scelta della tecnica di valutazione; sviluppo delle alternative; progetto esecutivo; confronto tra i vari progetti; stesura del preventivo di spesa. 4.5 L analisi del costi e il bilancio di programma Insieme alla ingegnerizzazione delle azioni ed operazioni, nel quadro della struttura di programma, dei suoi obiettivi più strumentali e della programmazione operativa generata, nasce il nuovo modo di costruire il bilancio dell Udp, costruito in funzione delle operazioni di programma da conseguire (bilancio preventivo nuovo) e del controllo su quelle conseguite (bilancio consuntivo nuovo). Questo tipo di nuovo bilancio articolato per programmi e per risultati conseguiti in ragione dei programmi, si chiama bilancio di programma. In effetti dopo l ingegnerizzazione delle operazioni collegate 23

24 all attuazione del programma e degli obiettivi che esso persegue, il ciclo del processo di pianificazione strategica si sviluppa nella contabilizzazione dei costi del programma e delle sue singole azioni o progetti e in quella dei suoi eventuali ricavi. Cioè più in generale nella costruzione di un bilancio delle sue risorse e dei suoi risultati finanziari (uscite ed entrate). 4.6 II monitoraggio La sesta ed ultima fase del processo di pianificazione strategica è quella dedicata al monitoraggio della esecuzione dei piani e programmi elaborati ed attuati nel corso del processo, inclusa la loro revisione e modificazione a scadenze programmate. Lo scopo della fase di monitoraggio è di sottoporre a revisione le politiche, le strategie, i programmi, i progetti (ovvero il piano) dei quali si è avviata l attivazione, al fine di prendere decisioni sul corso futuro di azioni da eseguire. Indubbiamente fra i risultati positivi di questa operazione c è la manutenzione delle strategie migliori, la modifica di quelle meno soddisfacenti, attraverso riforme o revisioni appropriate e l eliminazione delle strategie non desiderabili. La gestione del piano strategico deve assicurare la possibilità di tener sotto controllo le probabili trasformazioni delle circostanze che ne accompagnano la realizzazione. I tempi possono cambiare come pure le situazioni ed ogni altro fattore esterno/interno e quindi le strategie ben pensate e funzionanti necessitano di manutenzione e di protezione attraverso la vigilanza, l adattabilità e capacità di continuo aggiornamento dei piani. In definitiva, per quanto sembri paradossale, se si vuole che le cose restino le stesse (nella fattispecie, conformi a come le si è pianificate) occorre cambiarle. 24

25 FIGURA 1 25

26 CAPITOLO III IL CICLO DELLA PERFORMANCE: DEFINIZIONE, NATURA, SOGGETTI 3.1. ALCUNI CONCETTI CHIAVE L emanazione della Legge n. 15 del 4 marzo 2009 e, soprattutto, del decreto legislativo n. 150 del 27 ottobre 2009, ha dato nuova linfa al dibattito sulla riforma in senso manageriale della pubblica amministrazione italiana. Come si è già detto, si tratta di un dibattito che ha radici lontane, ma che nell ultimo ventennio ha subìto una forte accelerazione in seguito ai provvedimenti varati, a partire dai primi anni novanta, in vari ambiti del management pubblico (processi decisionali e sistemi di programmazione, sistemi di controllo, sistemi delle rilevazioni, organizzazione del lavoro ecc.) e in vari comparti della pubblica amministrazione (enti locali, sanità ecc.). La riforma ha posto enfasi, tra gli altri, su tre concetti, ponendoli in stretta relazione l uno con l altro: la misurazione, la meritocrazia e la trasparenza. I tre concetti ne sottintendono un quarto che rappresenta al tempo stesso il punto di partenza e il punto d arrivo del percorso di riforma che le amministrazioni pubbliche dovranno contribuire ad attuare in questi anni. Si tratta del concetto di performance. La riforma si inserisce in un momento storico in cui le performance della pubblica amministrazione sono percepite come insoddisfacenti. Tale percezione deriva paradossalmente non da informazioni tratte da sistemi di misurazione e valutazione dei risultati ma da una condizione di opacità, di conoscenza parziale o scorretta della natura e del livello di risultati che le amministrazioni pubbliche producono. A questo dato si aggiunge peraltro la difficoltà di riconoscere e premiare il merito di quei manager pubblici che contribuiscono più di altri a raggiungere risultati importanti, anche quando questi risultati si producono e sono evidenti. 1 1 M.Marcantoni La valutazione della dirigenza dopo le riforme Brunetta. Efisio Espa 26

27 L impostazione dell attuale percorso di riforma, nel suo declinare in modo esplicito i tre concetti ora richiamati, si discosta dal precedente, ed analogo percorso, avviato nel 1999 con il d.p.r. 26 febbraio n. 286 e incentrato sul concetto di controllo. Anche in quel caso, peraltro, al centro della riforma era il concetto, implicito, di performance, inteso in termini di risultati rispetto ai quali venivano declinati i diversi livelli a cui si può collocare l attività di controllo. L aspetto forse più innovativo del d.lgs. 150/2009, rispetto ai tre concetti richiamati, risiede dunque nell aver posto l enfasi anzitutto sul concetto di performance, ponendolo al centro del disegno complessivo della riforma. Si tratta di un concetto ampio, di derivazione anglosassone, che per la prima volta trova espressione compiuta in un testo normativo. Performance richiama al tempo stesso il potenziale, l azione e il risultato ottenuto da un soggetto. Nel riferire tale concetto alla pubblica amministrazione emerge tutta la complessità del fenomeno a cui tale termine allude. 2 La performance costituisce dunque la grande novità della riforma, ma la parola di per sé è astratta, in quanto sono gli strumenti a renderla concreta; è chiaro che, evolvendo il concetto di performance, evolvono anche le dimensioni e gli strumenti necessari a gestirla. Per performance, parola che figura più di cento volte nel decreto 150/2009, si intende il risultato che si consegue svolgendo una determinata attività. Costituiscono elementi di definizione della performance il risultato, espresso ex ante come obiettivo ed ex post come esito, il soggetto cui tale risultato è riconducibile e l attività che viene posta in essere dal soggetto per raggiungere il risultato. L insieme di questi elementi consente di distinguere tra: performance organizzativa (cioè dell amministrazione considerata nel suo complesso o in riferimento ad una sua unità organizzativa) e performance individuale (cioè di un singolo soggetto). I medesimi elementi consentono anche di distinguere tra performance programmata, cioè definita ex ante, e performance realizzata, cioè valutata ex post. Infine, il richiamo all attività svolgendo la quale si 2 AA:VV; La riforma del lavoro pubblico tra continuità ed innovazione. Ed. IPSOA 27

28 realizza una performance, induce a riflettere sulla multidimensionalità di tale concetto. Un risultato infatti si realizza per l effetto congiunto di attività che si svolgono lungo diverse dimensioni: dall organizzazione del lavoro, all impiego di risorse economiche e finanziarie o strumentali, dall acquisto di beni e servizi al trasferimento di informazioni e risorse. Questo elemento rende quindi la performance, la sua misurazione e la sua valutazione, concetti multidimensionali. Le funzioni di pianificazione, controllo, valutazione ed erogazione dei premi erano già previste da normative precedenti, sia a livello statale che locale. La necessità di rivederle nasce dalla scarsa efficacia che esse hanno dimostrato in ambito pubblico, in larga parte dipendente dal fatto che questi sistemi sono sempre stati visti come elementi separati invece che interdipendenti ed integrati. Si tratta quindi di capire in che misura questi strumenti vadano rivisti alla luce dei requisiti del d.lgs n. 150/2009. Occorre rilevare che il concetto di performance non è semplicemente la versione inglese del rendimento o della produttività, ma è un concetto che rappresenta il passaggio fondamentale dalla logica di mezzi a quella di risultato. La produttività è collegata all efficienza, la performance è collegata ad un insieme (efficienza, efficacia, economicità e competenze). Al fine del raggiungimento della performance organizzativa ed individuale, il decreto prevede un ciclo di gestione della performance attraverso il quale si vuole perseguire l obiettivo di fissare un metodo di governo e direzione delle amministrazioni pubbliche. Infatti attraverso il suddetto ciclo di gestione le amministrazioni possono applicare un approccio aziendale alla loro attività, mettendo in correlazione la cultura dei mezzi (input) con quella dei risultati (output ed outcome). 3 3 AA:VV; La riforma del lavoro pubblico tra continuità ed innovazione. Ed. IPSOA 28

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