REALIZZAZIONE DEL MODULO OTTICO DIREZIONALE PER IL TELESCOPIO DI NEUTRINI NEMO

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "REALIZZAZIONE DEL MODULO OTTICO DIREZIONALE PER IL TELESCOPIO DI NEUTRINI NEMO"

Transcript

1 A.A Università degli Studi di Genova Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Tesi di Laurea Specialistica in Fisica Nucleare, Subnucleare ed Astrofisica REALIZZAZIONE DEL MODULO OTTICO DIREZIONALE PER IL TELESCOPIO DI NEUTRINI NEMO Candidato: Relatore: Correlatore: Giuliano Mini Prof. Mauro Taiuti Dr. Maurizio Lo Vetere Data di Laurea: 17 Luglio 2008

2

3 Indice Introduzione i 1 Astrofisica con neutrini di alta energia Raggi cosmici Fotoni Neutrini Neutrini e Modello Standard Oscillazione e massa dei neutrini Sorgenti di neutrini di alta energia Modelli bottom-up Modelli top-down Telescopi per neutrini di alta energia L effetto Cherenkov Interazioni dei neutrini Sapori dei neutrini Neutrino elettronico Neutrino muonico Neutrino tauonico Numero atteso di eventi rivelati dal telescopio Eventi di fondo Fondo naturale Muoni atmosferici Neutrini atmosferici Progetti di telescopi per neutrini astrofisici BAIKAL AMANDA ed IceCube KM3NeT NESTOR Antares

4 3 NEMO Scelta e caratterizzazione del sito Proprietà ottiche del sito Fondo naturale Correnti marine Studio di fattibilità per il telescopio da km NEMO Fase NEMO Fase Modulo ottico direzionale Modulo ottico di NEMO tradizionale Modulo direzionale Il tubo fotomoltiplicatore Elettronica di Front End Elettronica di Alimentazione Test dell elettronica di Front End Apparato sperimentale Misura di guadagno del tubo fotomoltiplicatore ZF Misura di segnali indotti Regolazione delle soglie negative Misure di cross talk e regolazione delle soglie positive Test di direzionalità del modulo ottico Realizzazione del modulo ottico Apparato di misura Misura di distribuzione angolare Conclusioni 91 A Condizione di singolo fotoelettrone 95 B Energia di soglia per i muoni rivelati 97 Bibliografia 98

5

6 6 INDICE

7 Introduzione Questo lavoro di tesi si colloca all interno della collaborazione NEMO,ilcui scopo è quello di realizzare l R&D per un telescopio di neutrini sottomarino del volume sensibile pari ad un km 3. La tesi si divide in tre parti; nella prima viene presentata una breve introduzione alla fisica delle astroparticelle. Sono esposte le caratteristiche principali dei raggi cosmici, quali il loro spettro in energia, la composizione ed i limiti per il loro impiego come sonde nello studio delle sorgenti astrofisiche; essi sono dovuti da una parte alle deflessioni che questo tipo di particelle subisce a causa dei campi magnetici e l effetto GZK. Similmente, vengono esposti i limiti nell impiego di fotoni di alta energia dovuti alla loro interazione con il fondo di radiazione cosmica. Sono presentati, inoltre, i contenuti principali della fisica dei neutrini come un accenno alla descrizione di queste particelle all interno del Modello Standard, le oscillazioni tra le diverse famiglie ed il problema della massa. Infine sono descritte le possibili sorgenti di flussi misurabili di neutrini astrofisici quali nuclei galattici attivi, microquasar, gamma ray burst. Nella seconda parte sono descritti i principi di funzionamento dei telescopi sottomarini per neutrini. Vengono presentati brevemente l effetto Cherenkov che sta alla base della tecnica di rivelazione dei neutrini astrofisici, i tipi di interazione di queste particelle e le possibilità di discriminare il sapore dei neutrini osservati dal tipo di segnale raccolto dal telescopio. Viene poi mostrato il tipo di fondo che è presente in un rivelatore di questo tipo, costituito essenzialmente da decadimenti radioattivi, bioluminescenza, muoni e neutrini atmosferici. Sono illustrati, infine, i vari progetti internazionali che riguardano questo tipo di attività, con particolare attenzione al progetto NEMO. Nell ultima parte viene presentato il modulo ottico direzionale sul quale si sono concentrate le attività di misura svolte ai fini della stesura di questa tesi. i

8 In particolare, vengono mostrati i vantaggi dell impiego di moduli direzionali rispetto ad apparati tradizionali e le caratteristiche principali dei fotomoltiplicatori multianodici necessari per realizzare questo tipo di rivelatori. Viene presentato il lavoro di sviluppo ed ottimizzazione dell elettronica di Front End necessaria per adattare il prototipo di modulo ottico direzionale al sistema di acquisizione di NEMO, progettato per moduli tradizionali, e le relative misure per determinarne il comportamento. E mostrata la procedura di realizzazione del prototipo, svoltasi presso la sezione INFN di Catania, ed una serie di misure volte a verificare la direzionalità dello stesso; in particolare, è stato utilizzato un apparato di test per moduli ottici che sfrutta la rivelazione dei muoni atmosferici grazie al quale è stata realizzata una preliminare distribuzione angolare della luce osservata sia dai singoli anodi del fotomoltiplicatore che dall intero apparato. ii

9 Capitolo 1 Astrofisica con neutrini di alta energia I neutrini rappresentano un opportunità unica per la fisica delle astroparticelle, essendo il loro studio complementare a quello della radiazione elettromagnetica e delle particelle cariche; grazie alla bassa sezione d urto, i neutrini possono propagarsi attraverso enormi distanze senza subire interazioni ed appaiono come i messaggeri ideali per trasportare informazioni sulle sorgenti astrofisiche che li generano e sui meccanismi di accelerazione dei raggi cosmici. L attività svolta fino ad ora in questo campo ha riguardato energie inferiori al GeV e si è concentrata sulla fisica solare e delle supernovae; come prova dell importanza dei neutrini in astrofisica entrambe queste ricerche sono state insignite di un premio Nobel nel 1995 e nel Quello che rimane da studiare è l astrofisica con neutrini di alta ed altissima energia; essa si rivela particolarmente preziosa poichè i neutrini, non interagendo con il fondo di radiazione cosmica (CMB), possono giungere fino a noi da sorgenti lontane. D altro canto, però, quello che è il punto di forza dell uso dei neutrini come sonde astrofisiche, ossia la loro piccola sezione d urto, ed il basso flusso di tali particelle ad alta energia rendono necessario l uso di rivelatori di dimensioni estremamente grandi, dell ordine del km 3. Tali volumi sensibili costringono all impiego di ambienti non controllati come sede degli esperimenti quali, ad esempio, le profondità marine oppure i ghiacci polari, rendendo necessario, quindi, fare i conti con problematiche di rumore sulle quali non è possibile intervenire direttamente per attenuarne gli effetti. L astrofisica con neutrini ha come obiettivo principale lo studio dei meccanismi di produzione ed accelerazione dei raggi cosmici, nonchè l individu- 1

10 2 CAPITOLO 1. ASTROFISICA CON NEUTRINI DI ALTA ENERGIA azione delle loro sorgenti anche in zone remote dello spazio; inoltre, questa astrofisica potrà coprire settori della fisica non raggiungibili dalle attuali macchine acceleratrici; il neutrino occupa un posto particolare nell attuale Modello Standard essendo il fermione più leggero e meno interagente e proprio dallo studio delle sue proprietà potrebbero essere scoperti i segni di una nuova fisica delle alte energie ancora tutta da esplorare. I futuri rivelatori per neutrini astrofisici che copriranno un intervallo di energia che va da 0.1 a 10 4 TeV potranno aprire nuovi orizzonti su molti aspetti della fisica ancora sconosciuti come ad esempio[1] neutrini prodotti dall annichilazione di materia oscura che potrebbe essere racchiusa all interno del Sole o della Terra, teorie in cui si ha unificazione delle interazioni tra particelle, anche gravitazionali, in questo intervallo di energie, deviazioni dall andamento atteso nell oscillazione dei neutrini dovute ad interazioni non standard, rottura del principio di equivalenza e dell invarianza di Lorentz, emissione di particelle da parte di stringhe o difetti topologici, presenza di particelle fossili la cui creazione risale ai primi istanti dell Universo, monopoli magnetici. 1.1 Raggi cosmici La Terra è continuamente investita da un flusso di particelle cariche di origine astrofisica comunemente dette raggi cosmici[2]. Tra queste particelle, quelle prodotte direttamente dall attività del Sole o da oggetti fuori dal Sistema Solare vengono dette raggi cosmici primari; quando i primari interagiscono con l atmosfera terrestre danno origine ai raggi cosmici secondari. Il flusso di raggi cosmici primari presenta uno spettro in energia che varia di molti ordini di grandezza fino a giungere ad eventi che superano i ev (vedi Fig.1.1). Sopra il GeV tale spettro segue una legge di potenza del tipo E γ ; l andamento (vedi Fig.1.2) mostra γ 2.7 per energie fino a E ev dove è situato il così detto ginocchio. Per energie maggiori γ assume il valore 3.1 fino alla così detta caviglia situata intorno ad E ev tornando poi al valore precedente.

11 1.1. RAGGI COSMICI 3 Figura 1.1: Flusso di raggi cosmici in funzione dell energia. Figura 1.2: Flusso di raggi cosmici in funzione dell energia moltiplicato per E 3.

12 4 CAPITOLO 1. ASTROFISICA CON NEUTRINI DI ALTA ENERGIA Dal punto di vista della composizione, i raggi cosmici primari sono costituiti principalmente da protoni ( 87%), ma anche da particelle α ( 12%) e da nuclei più pesanti (vedi Fig.1.3). Figura 1.3: Flusso dei raggi cosmici primari in funzione dell energia. I raggi cosmici, essendo particelle cariche, subiscono deflessioni da parte dei campi magnetici intra ed extra galattici; questo, naturalmente, può rappresentare un problema allorchè si voglia individuare con precisione le sorgenti. Definiamo il raggio di Larmor R di una particella immersa in un campo magnetico come: R = Pc (1.1) ZeB essendo P l impulso della particella, Ze la sua carica e B il campo magnetico. Poichè nella nostra Galassia è presente un campo magnetico B 3μG[3], l energia di una particella tale per cui il raggio di Larmor, che riscriviamo come: R 100 pc 3μG E B Z ev è dello stesso ordine di grandezza delle dimensioni della Galassia segna, approssimativamente, la transizione fra propagazione diffusiva e rettilinea

13 1.1. RAGGI COSMICI 5 dei raggi cosmici; è evidente, quindi, che è possibile utilizzare le particelle cariche per individuare sorgenti astrofisiche solo al di sopra di tale valore di energia. I raggi cosmici, infatti, subiscono deflessioni dell ordine di: Δθ L R essendo L la distanza percorsa dal raggio cosmico nella galassia e R definito precedentemente; se il raggio cosmico non è sufficientemente energetico (E >10 18 ev ) da rendere R grande, le deflessioni subite nell attraversare anche solo una frazione di Galassia fanno sì che sia impossibile ricostruire la direzione ove risiede la sorgente che ha accelerato la particella in questione. Un altro inconveniente nell uso dei raggi cosmici come sonde per lo studio dell Universo è rappresentato dal così detto effetto Greisen Zatsepin Kuzmin (GZK)[4] [5]. Protoni sufficientemente energetici (E >50 EeV ) interagiscono con fotoni del fondo di radiazione cosmica attraverso le reazioni (vedi Fig. 1.4): p + γ Δ + p + π 0 (1.2) p + γ Δ + n + π + (1.3) Figura 1.4: Sezione d urto del processo p + γ (linea continua verde) e n + γ (linea tratteggiata blu) nel sistema di riferimento dell adrone.

14 6 CAPITOLO 1. ASTROFISICA CON NEUTRINI DI ALTA ENERGIA La lunghezza di interazione di un protone che si propaga nel CMB a tali energie è dell ordine L int 6 Mpc e qualunque sia la sua energia iniziale dopo circa 100 Mpc essa sarà degradataae ev (vedi Fig.1.5) Figura 1.5: Energia di un protone che si propaga nel CMB in funzione della distanza di propagazione per diversi valori di energia iniziale L effetto GZK, quindi, provoca un cutof f nello spettro in energia dei raggi cosmici vincolando gli eventi piùenergeticiadessereprodottiadis- tanze inferiori a Mpc. Nel campo dei raggi cosmici di altissima energia si sta rivelando essere estremamente interessante l attività dell osservatorio Pierre Auger[6], situato in Argentina. Esso sfrutta due tecniche di rivelazione indipendenti: da una parte viene utilizzata la luce Cherenkov creata dal passaggio delle particelle cariche relativistiche in cisterne piene d acqua collocate a terra, dall altra viene osservata la luce di fluorescenza originata dall interazione degli sciami di raggi cosmici secondari con l azoto dell atmosfera. L impiego di queste due tecniche complementari di rivelazione permette di determinare con buona accuratezza il tipo e l energia dei raggi cosmici primari. Nel Novembre 2007[7] la collaborazione Auger ha trovato una correlazione tra i 27 eventi di energia più alta, con energie superiori a 57 EeV,e Nuclei Galattici Attivi (AGN) posti in galassie vicine, a meno di 75 Mpc (vedi Fig.1.6). Questo evidenzia come le sorgenti di raggi cosmici di altissima energia sono puntiformi e non distribuite isotropicamente.

15 1.2. FOTONI 7 Figura 1.6: La volta celeste con le direzioni di arrivo dei 27 raggi cosmici di più alta energia rivelati da Auger (cerchi neri) e posizione degli AGN conosciuti entro 75 Mpc (asterischi rossi). La zona blu indica il campo di vista di Auger. 1.2 Fotoni Lo studio della radiazione elettromagnetica non visibile di origine astrofisica ha dato enormi contributi alla comprensione dell Universo. A prova di ciò, basti pensare all individuazione delle sorgenti di raggi X, all analisi chimica delle stelle e del materiale interstellare, all importanza della scoperta del CMB nel contesto della Teoria del Big Bang ed allo studio della sua anisotropia che ha permesso di ricavare paramenti cosmologici con grande precisione. Tuttavia, i fotoni di alta energia interagiscono con il CMB attraverso la reazione γ + γ e + + e I positroni e gli elettroni, a loro volta, interagiscono con il fondo di radiazione cosmica attraverso scattering Compton inverso dando luogo a fotoni energetici; in breve, il fotone primario dà luogo ad una cascata di secondari. Guardando Fig.1.7 appare chiaro che lo studio di sorgenti lontane effettuato tramite l impiego di fotoni con energie superiori al TeV è reso assai difficoltoso proprio dalle interazioni che essi subiscono giungendo fino a noi. EGRET[8], Energetic Gamma Ray Experiment Telescope, ha svolto un ruolo chiave per quanto riguarda lo studio dei fotoni astrofisici di alta energia. Esso è stato uno dei quattro stumenti posti sul satellite NASA CGRO, Compton Gamma Ray Observatory, ed in grado di individuare singoli raggi gamma con energie tra 30 MeV e30gev. La missione principale di EGRET è stata quella di compiere un osservazione su tutta la volta celeste dei fotoni di alta energia e compiere studi dettagliati sulle loro sorgenti; a

16 8 CAPITOLO 1. ASTROFISICA CON NEUTRINI DI ALTA ENERGIA Figura 1.7: Lunghezze di interazione per fotoni al variare dell energia. tal proposito EGRET ha prodotto un catalogo di 271 sorgenti puntiformi di raggi gamma di cui una metà rimane non identificata con alcun oggetto visibile in altre lughezze d onda. Figura 1.8: Il terzo catalogo EGRET evidenzia 271 sorgenti di raggi gamma.

17 1.3. NEUTRINI Neutrini I neutrini sono leptoni senza carica elettrica e subiscono unicamente le interazioni deboli e gravitazionali; come descritto nel seguito, essi si dividono in tre famiglie ognuna delle quali è accoppiata ad un corrispondente leptone carico di cui portano il corrispettivo numero leptonico. Prima di analizzare il ruolo e le caratteristiche dei neutrini in astrofisica è opportuno richiamare brevemente le proprietà principali di queste particelle Neutrini e Modello Standard I neutrini occupano un posto particolare nel Modello Standard. Da una parte i neutrini left handed formano doppietto di SU(2) insieme ai corrispondenti leptoni carichi: L α = ( να l α ) L, ν α = {ν e,ν μ,ν τ }, l α = {e, μ, τ} Se consideriamo l interazione di corrente carica[3]: L CC = g l L,α γ μ ν L,α Wμ 2 α +h.c. capiamo cosa vuol dire che un neutrino appartenga ad una delle tre famiglie: esso è un neutrino prodotto in un interazione CC con il corrispettivo leptone carico. Dal punto di vista sperimentale[9] è possibile misurare il numero di famiglie di neutrini in diversi modi come, ad esempio, tramite l analisi sulla nucleosintesi primordiale. Misure più precise, tuttavia, sono state effettuate attraverso la larghezza di decadimento dei bosoni intermedi. Una di queste riguarda la larghezza dello Z 1 ; ogni tipo di neutrino, purchè avente massa m να M Z 2, contribuisce ad essa con lo stesso termine: 2GF MZ Γ ν Γ(Z ν α ν α )= 3 ρ 24π dove G F èlacostantedifermieρ =(2gA l )2 è collegato all accoppiamento assiale dei leptoni carichi con lo Z. TramitelemisurediLEPeSLDsugA l si ottiene numericamente il valore di Γ ν. A questo punto per ricavare il numero di famiglie di neutrini N ν si 1 Le misure sulla larghezza dello Z non escludono la presenza di neutrini così detti sterili; essi sono singoletti SU(2) U(1) e non hanno accoppiamenti con lo Z.

18 10 CAPITOLO 1. ASTROFISICA CON NEUTRINI DI ALTA ENERGIA possono misurare la larghezza totale Γ tot dello Z e le sue larghezze parziali Γ had eγ lept sfruttando: Γ tot =Γ had +3Γ lept + N ν Γ ν Il valore ricavato in questo modo per N ν è: N ν =2.992 ± Al contrario dei neutrini left handed, i neutrini right handed sono singoletti di SU(2); dal momento che vale la relazione: Q = T 3 + Y dove Q è la carica elettrica, T 3 è la terza componente dell isospin debole e Y è l ipercarica di SU(2), i neutrini right handed non portano alcun numero quantico di SU(2) U(1) Oscillazione e massa dei neutrini Dalle precedenti considerazioni emergono due fatti: I neutrini osservati sperimentalmente sono unicamente left handed e sono prodotti attraverso interazioni deboli in autostati di sapore debole. L esistenza di neutrini right handed può essere osservata solo indirettamente attraverso misure sulla massa dei neutrini. Il Modello Standard considera neutrini strettamente massless per cui i neutrini right handed non fanno parte della teoria. Una serie di esperimenti, tuttavia, evidenzia la così detta oscillazione dei neutrini, ossia la trasformazione di neutrini di una determinata famiglia in neutrini di altro tipo; questo fenomeno induce a considerare il fatto che i neutrini siano dotati di massa. Per capire il collegamento tra oscillazione e massa consideriamo il fatto che, in generale, gli autostati di sapore debole non sono autostati della massa per cui possiamo scrivere: ν α = U αi ν i (1.4) i dove i ν i sono gli autostati della massa. Esaminiamo dapprima uno scenario con due soli neutrini come ad esempio il ν e ed il ν μ. Possiamo scrivere: ν e = cosϑν 1 +sinϑν 2 (1.5) ν μ = sin ϑν 1 +cosϑν 2 (1.6)

19 1.3. NEUTRINI 11 con ϑ angolo di mixing. Se siamo nel vuoto, gli autostati della massa evolvono liberi secondo l equazione di Schrödinger: ν i (t) =e ieit ν i (0) (1.7) con E i = P 2 + m 2 i. A questo punto, se viene prodotto, ad esempio, un neutrino ν e in un certo punto, ad una distanza L da esso la probabilità che tale neutrino sia rivelato come ν μ è data da: ( ) Δm P 2 2 (ν e ν μ )=sin 2 2ϑ sin 2 2 L (1.8) 4E dove E è l energia del neutrino e Δm 2 = m 2 ν 2 m 2 ν 1. Se ora estendiamo al caso di tre famiglie di neutrini otteniamo[10]: = i P 3 3 (ν α ν β )= U βi e i m 2 ν L i 2E U βi U αi 2 +Re i dove Δm 2 ij = m2 ν i m 2 ν j. i U βi UβjU αiu αj e j i 2 Uαi Δm 2 ij i L (1.9) 4E (1.10) La matrice U prende il nome di matrice di Maki Nakagawa Sakata Pontecorvo e viene parametrizzata come: c 12 c 13 s 12 c 13 s 13 e iδ U MNSP = s 12 c 23 c 12 s 23 s 13 e iδ c 12 c 23 s 12 s 23 s 13 e iδ s 23 c 13 Φ s 12 s 23 c 12 c 23 s 13 e iδ c 12 s 23 s 12 c 23 s 13 e iδ c 23 c 13 dove c ij cos ϑ ij,s ij sin ϑ ij,φ=diag(e i α 1 2,e i α 2 2, 1). Dal punto di vista sperimentale ci sono diverse misure attraverso le quali è possibile stabilire dei limiti superiori alle masse dei neutrini. Essi si dividono in: Misura diretta della massa attraverso lo spettro di decadimento β, in particolare per reazioni con basso Q-valore (trizio). Doppio decadimento β senza emissione di neutrini. Tale processo, se esistesse, violerebbe la conservazione del numero leptonico costringendo il neutrino ad avere una massa di Majorana. Misure del parametro cosmologico Ω ν. Misure di oscillazioni usando fasci di neutrini creati da acceleratori.

20 12 CAPITOLO 1. ASTROFISICA CON NEUTRINI DI ALTA ENERGIA Misure di oscillazioni con neutrini atmosferici. Studio di neutrini solari. Data m 2 ν α = i U αi 2 m 2 ν i, l insieme di queste misure (vedi Fig.1.9) porta ai seguenti limiti sulle masse dei neutrini[11]: m νe < 2 ev (1.11) m νμ < 0.19 MeV (1.12) m ντ < 18.2 MeV (1.13) Figura 1.9: Regioni di Δm 2 editan 2 ϑ ammesse da vari esperimenti per ogni oscillazione tra le diverse famiglie di neutrini.

21 1.3. NEUTRINI Sorgenti di neutrini di alta energia Quando si parla di alte energie per i neutrini astrofisici si intendono[12] e- nergie maggiori di quelle caratteristiche del fondo di neutrini atmosferici. Quest ultimo è originato dall interazione dei raggi cosmici primari con l atmosfera ed i successivi decadimenti dei secondari; la tipica produzione di neutrini atmosferici è data dalle: π + ν μ + μ +,μ + ν μ + ν e + e + (1.14) π ν μ + μ,μ ν μ + ν e + e (1.15) e dagli analoghi decadimenti del K. I neutrini originati dal decadimento dei mesoni hanno uno spettro in energia attenuato rispetto a quello dei raggi cosmici di una potenza di E, mentre lo spettro dei neutrini creati dal decadimento dei muoni subisce un ulteriore attenuazione. Essendo, quindi, tale spettro del tipo E 3.7, 4.7 ci si aspetta che i neutrini astrofisici emergano da questo fondo per energie superiori al TeV. I meccanismi di produzione dei neutrini astrofisici appartengono a due classi che prendono il nome dai diversi modelli utilizzati per spiegarli; essi sono: modelli bottom up: i neutrini sono originati a partire da particelle cariche che vengono accelerate ad alte energie nelle sorgenti astrofisiche e poi interagiscono con radiazione o gas intorno alle sorgenti stesse. modelli top down: i neutrini sono il risultato dell annichilazione o dal decadimento di particelle massive Modelli bottom-up Accanto al decadimento dei mesoni prodotti nell effetto GZK, il meccanismo tipico[13] per la produzione di neutrini astrofisici di alta energia è quello in cui adroni relativistici interagiscono con la radiazione (termica, di sincrotrone o di bremsstrahlung prodotta da elettroni relativistici) o con il gas intorno alla sorgente che li ha accelerati creando pioni o K da cui si originano i neutrini (vedi Fig.1.10). La sorgente può da una parte assorbire gli sciami di secondari adronici ed elettromagnetici consentendo ai soli neutrini di propagarsi al di fuori di essa oppure permettere ai secondari di fuggire: una tale sorgente viene detta trasparente.

22 14 CAPITOLO 1. ASTROFISICA CON NEUTRINI DI ALTA ENERGIA Figura 1.10: Meccanismo bottom-up di creazione e propagazione dei neutrini astrofisici. In quest ultimo caso i protoni possono rimanere intrappolati dai campi magnetici della sorgente, ma parte dell energia fugge essendo ripartita tra fotoni, neutrini e raggi cosmici originati dai decadimenti dei mesoni neutri, carichi e dei neutroni. Tenendo conto delle Eq e 1.15, in prossimità della sorgente l importanza relativa dei diversi tipi di neutrini è: {ν e,ν μ,ν τ } = {1, 2, 0} (1.16) A causa, però, dell oscillazione il flusso che giunge sulla Terra è: {ν e,ν μ,ν τ } = {1, 1, 1} (1.17) Per una generica sorgente trasparente è stato calcolato il limite superiore al flusso di neutrini uscenti: esso è noto come flusso di Waxman Bahcall[14] e vale 10 4 Eν 2 GeV 1 m 2 s 1 sr 1 (vedi Fig.1.11). Il procedimento per ricavare tale flusso consiste nel normalizzare lo spettro dei raggi cosmici osservato a 10 EeV ed estrapolarlo alle altre energie usando uno spettro del tipo E 2 per i primari.

23 1.3. NEUTRINI 15 Figura 1.11: Flusso previsto per neutrini ed antineutrini elettronici e muonici originati da interazioni di protoni ad energie superiori al taglio GZK. Le linee tratteggiate si riferiscono agli antineutrini, quelle puntinate ai neutrini e quelle continue al totale. La banda grigia rappresenta il limite di Waxman- Bahcall.

24 16 CAPITOLO 1. ASTROFISICA CON NEUTRINI DI ALTA ENERGIA Un ulteriore limite nel flusso di neutrini è dato dallo studio dei γ; infatti, se questi hanno origine leptonica, ossia sono creati tramite effetto Compton inverso di elettroni su campi di radiazione, il flusso di neutrini è certamente minore di quello dei γ se non, addirittura, inesistente. Viceversa, se i fotoni in questione hanno origine adronica, ossia sono dovuti al decadimento dei mesoni neutri, il flusso dei neutrini è comparabile con quello dei γ e perfino superiore nel caso in cui i fotoni vengano assorbiti durante il percorso dalla sorgente alla Terra. A questo punto occorre capire quali siano le sorgenti che possono dare luogo a neutrini astrofisici. Da quanto visto precedentemente, tali sorgenti devono essere in grado di accelerare i raggi cosmici fino ad energie ev osuperiori;affinchèciò possa accadere è necessario che il raggio di Larmor della particella accelerata sia minore delle dimensioni della sorgente stessa. Questo argomento è rappresentato graficamente nel così detto diagramma di Hillas (vedi Fig.1.12). Figura 1.12: Intensità di campo magnetico in funzione della dimensione della sorgente. Gli oggetti sotto la linea verde non possono accelerare nuclei di ferro oltre 100 EeV, quelli sotto la linea rossa tratteggiata non possono accelerare protoni oltre i 100 EeV, quelli sotto la linea rossa continua i protoni oltre lo ZeV (10 21 ev ).

25 1.3. NEUTRINI 17 Esso dimostra come pochi oggetti possiedano le caratteristiche descritte; iprincipalitraquestisono: Nuclei galattici attivi (AGN). Gamma Ray Burst. Resti di Supernovae (SNR). Microquasar. AGN I Nuclei Galattici Attivi sono ritenuti essere[15] [16] buchi neri supermassivi posti nel nucleo di galassie dal quale attraggono materia (vedi Fig.1.13). Questi oggetti mostrano getti di plasma relativistico estremamente collimati con aperture di pochi gradi. Figura 1.13: Schema di un AGN: al centro è posto il buco nero supermassivo attorno al quale si trova il disco di accrescimento; in rosso sono rappresentati i getti di plasma relativistico. Gli AGN presentano luminosità dell ordine di erg/s ed uno spettro di fotoni emessi nella regione dei MeV GeV del tipo E 2.2 [17]. Per spiegare l emissione di raggi γ sono stati formulati due modelli: modello elettromagnetico: l emissione dei γ è dovuta allo scattering Compton inverso di elettroni accelerati dalle onde d urto presenti dei getti.

26 18 CAPITOLO 1. ASTROFISICA CON NEUTRINI DI ALTA ENERGIA modello adronico: i γ sono originati dall interazione del flusso di barioni altamente relativistici con il mezzo intorno all AGN oppure dall interazione di protoni di alta energia con fotoni di sincrotrone originati da elettroni spiraleggianti nel campo magnetico dei getti. Questo modello è in grado di spiegare con maggiore efficacia la presenza di γ con energie superiori ai 10 TeV. Rivelare neutrini associati ai γ degli AGN forzerebbe la scelta del modello adronico rispetto a quello elettromagnetico. I Blazar costituiscono una sottoclasse degli AGN e sono caratterizzati dal fatto che i loro getti si trovano sulla nostra linea di vista; questo rende tali oggetti i candidati ideali per la rivelazione di AGN come sorgenti puntiformi di neutrini astrofisici consentendo un eventuale flusso di queste particelle ben collimato ( 1 ). Un totale di 66 Blazar sono stati scoperti da EGRET come sorgenti di γ con energie nella scala del GeV, mentre attualmente altri 18 Blazar sono stati individuati dai telescopi Cherenkov di raggi γ nella scala dei TeV in un intervallo di redshift che va da z =0.03 a z 0.2. Per questo genere di sorgenti si stima[1] qualche decina di eventi misurati l anno per un rivelatore di area efficace pari ad un km 2. Gamma Ray Burst I Gamma Ray Burst (GRB) sono eventi estremamente violenti la cui luminosità è dell ordine di erg/s; la durata di questi lampi segue una distribuzione bimodale piccata attorno a 2 e 20 secondi sebbene alcuni eventi osservati abbiano avuto durata di pochi millesimi oppure di migliaia di secondi. I GRB sono eventi cosmologici: in alcuni casi è stato misurato un redshift superiore a z =4. Lo spettro dei γ emessi segue una legge di potenza del tipo E α,conα 1 per energie sotto MeV ed α 2 per energie maggiori. La distribuzione dei GRB appare isotropa (vedi Fig.1.14); BATSE[18], in nove anni di osservazione, ha registrato circa 2700 GRB equivalenti ad un evento per galassia per milione di anni; questo comporta una densità di potenza pari a ergmpc 3 yr 1 il che rende tali oggetti adatti per sostenere la popolazione di raggi cosmici di alta energia.

27 1.3. NEUTRINI 19 Figura 1.14: Distribuzione dei GRB osservati da BATSE. L origine dei GRB non è ancora del tutto chiara, ma si pensa che sia dovuta al collasso gravitazionale di una stella molto massiva oppure alla coalescenza di un buco nero compatto e di una stella di neutroni o di un sistema binario di buchi neri compatti. Con una grande densità di fotoni emessi è atteso un flusso associato di neutrini creati attraverso reazioni pγ e questo può essere calcolato nel limite di Waxman-Bahcall assumendo che i neutroni, originati dall interazione tra protoni e fotoni, abbandonino la zona di accelerazione non essendo confinati dal campo magnetico. In tale modello ci si aspetta che i neutrini giungano ai rivelatori entro una decina di secondi dall arrivo dei fotoni e questo permetterebbe di realizzare una coincidenza eliminando, di fatto, gli effetti di disturbo dovuti al fondo;sarebbe,così, possibile osservare tali eventi il cui numero di neutrini rivelati è pari a poche unità.

28 20 CAPITOLO 1. ASTROFISICA CON NEUTRINI DI ALTA ENERGIA Figura 1.15: Flusso di neutrini atteso per l intera popolazione di GRB e AGN. SNR Poichè la potenza media emessa dalle Supernovae nella Galassia èingrado di giustificare l energia totale dei raggi cosmici, i giovani resti di Supernovae sono considerati i candidati favoriti per la creazione dei raggi cosmici galattici. L accelerazione di tali particelle nei SNR è accompagnata dalla produzione di γ e neutrini dovuti all interazione dei protoni e dei nuclei con il mezzo circostante. Recenti osservazioni di giovani SNR hanno mostrato flussi di γ compatibili con i modelli teorici; ciononostante, i soli dati relativi ai fotoni non forniscono un evidenza diretta dell accelerazione di protoni nei SNR in quanto l effetto Compton inverso di elettroni può fornire un contributo significativo al flusso di γ osservato. Se venissero rivelati neutrini, tuttavia, sarebbe chiaro che i fotoni sono di origine adronica e questa ambiguità verrebbe rimossa. Per RXJ , la più luminosa SNR per quanto riguarda i γ da qualche TeV, si può stimare un flusso di neutrini, assumendo che i fotoni siano originati dal decadimento dei π 0 (vedi Fig.1.16); in questo caso ci si aspettano per un km 3 di rivelatore circa 5 neutrini rivelati in 5 anni su un fondo pari ad una decina di eventi. Tale situazione può migliorare sensibilmente nel caso in cui vengano prodotti ulteriori γ e neutrini con energie dell ordine dei TeV dai raggi cosmici che fuggono dal SNR e che incontrano, ad esempio, una nube di

29 1.3. NEUTRINI 21 gas; in questo modo i conteggi di neutrini rivelati potrebbero aumentare significativamente. Figura 1.16: Stima del numero di neutrini rivelati sopra l energia E ν in un tempo di acquisizione pari a 5 anni per RXJ In grigio chiaro i neutrini rivelabili con tagli nella ricostruzione per garantire una corretta misura degli eventi, in grigio scuro neutrini senza tagli e in bianco il fondo di neutrini atmosferici. Microquasar I Microquasar sono buchi neri con massa comparabile a quella stellare oppure stelle di neutroni che espellono materia attraverso getti relativistici ed hanno luminosità che può essere anche molto variabile; questi oggetti possono essere considerati come versioni in scala più piccola degli AGN. Se l energia dei getti è dominata dal plasma di elettroni e protoni, dovrebbero essere prodotte forti emissioni della durata di alcune ore formate da γ e neutrini da 1 a 100 TeV dovuti alla fotoproduzione di pioni. Come per le altre sorgenti la questione chiave èseiγ sono di origine adronica oppure leptonica. Nel primo caso l energia massima dei protoni accelerati è data dal campo magnetico e dalle dimensioni della sorgente ed è stimata essere ev. Questi protoni possono interagire con i fotoni o la materia del disco di accrescimento o nel plasma dei getti portando ad una copiosa produzione di neutrini, elettroni e γ di alta energia. Mentre i neutrini possono fuggire dalla sorgente indisturbati, la componente elettromagnetica subisce ulteriori interazioni e viene almeno parzialmente assorbita. Il minimo flusso di neutrini sopra il TeV si aggira intorno a cm 2 s 1,

30 22 CAPITOLO 1. ASTROFISICA CON NEUTRINI DI ALTA ENERGIA ma potrebbe essere più grande di un ordine di grandezza o più. Secondo simulazioni Montecarlo[19] un rivelatore di volume sensibile pari ad un km 3 può identificare questi oggetti in pochi anni di acquisizione Modelli top-down Accanto ai modelli bottom-up si può pensare che neutrini di alta energia si originino dall annichilazione di materia oscura[1]. Le particelle supersimmetriche più leggere o qualunque altra particella massiva debolmente interagente (WIMP) proposta come candidata per la materia oscura fredda possono essere intrappolate gravitazionalmente all interno del Sole, della Terra e nel centro della Galassia. Qui, una volta accumulate, si annichilano dando luogo a neutrini di alta energia osservabili. Un altra classe di candidati per la materia oscura sono particelle supermassive create all epoca della Grande Unificazione (GU T ) il cui decadimento o annichilazione può produrre raggi cosmici di altissima energia e neutrini. Altri possibili scenari top-down per l origine di neutrini astrofisici di alta energia possono essere il decadimento di monopoli magnetici, stringhe e radiazione di Hawking di buchi neri primordiali.

31 Capitolo 2 Telescopi per neutrini di alta energia L unica soluzione ad oggi percorribile per realizzare un telescopio per neutrini astrofisici delle dimensioni pari ad un km 3, in grado quindi di rivelare un numero di eventi significativo in base a quanto discusso precedentemente, è quella di sfruttare la luce Cherenkov prodotta da particelle cariche relativistiche originate nell interazione dei neutrini in un mezzo otticamente trasparente come acqua o ghiaccio (vedi Fig. 2.1). Figura 2.1: Principio di rivelazione di neutrini astrofisici in un telescopio sottomarino ad effetto Cherenkov: il neutrino, in rosso, compie un interazione di corrente carica originando un muone, in blu, che in acqua crea un cono di luce Cherenkov. I fotoni vengono poi osservati dal rivelatore. 23

32 24 CAPITOLO 2. TELESCOPI PER NEUTRINI DI ALTA ENERGIA In generale, questi rivelatori sono costituiti da strutture verticali che sorreggono un certo numero di moduli ottici al cui interno si trovano tubi fotomoltiplicatori in grado di osservare la luce Cherenkov delle particelle create nelle interazioni dei neutrini. Il progetto per un telescopio di questo tipo deve essere in grado di soddisfare richieste ben precise affinchè sia possibile osservare correttamente gli eventi desiderati: tempo di vita: il telescopio è concepito come un osservatorio permanente; prese dati dell ordine di 10 anni sono necessarie per collezionare un numero di eventi significativo prima di poter effettuare eventuali manutenzioni. range di energia osservabili: dati i flussi di neutrini astrofisici e le caratteristiche delle sorgenti che li generano, il range di energia che il telescopio dev essere in grado di osservare è collocato tra il TeV ed il PeV. accettanza angolare: per evitare il fondo dovuto ai muoni atmosferici il telescopio deve essere puntato sotto l orizzonte. risoluzione angolare: per ricostruire la traccia delle particelle cariche generate dalle interazioni dei neutrini il contributo alla risoluzione angolare data dal rivelatore non deve dominare i contributi dati dagli effetti cinematici delle interazioni stesse. risoluzione temporale e spaziale: la ricostruzione della traccia dipende dal numero di fotoni Cherenkov rivelati ed utilizzati per tale ricostruzione, dalla risoluzione sul tempo di arrivo di ciascun fotone e sulla posizione del rivelatore. sensibilità nella rivelazione della luce Cherenkov dell ordine del singolo fotone. dark noise: l uso di coincidenze e di trigger per l acquisizione della misura deve essere in grado di eliminare il rumore dovuto ai fattori ambientali ed ai tubi fotomoltiplicatori. Come detto precedentemente, date le dimensioni richieste per il rivelatore, gli unici progetti realizzabili prevedono l impiego di volumi d acqua o di ghiaccio naturali; in generale l uso delle profondità marine risulta essere preferibile dal punto di vista ottico, ma lo sviluppo e la posa del rivelatore stesso in tale ambiente rappresenta un grosso problema sotto l aspetto tecnologico. In particolare, i vantaggi di un telescopio per neutrini collocato in mare sono una migliore risoluzione angolare, circa 0.1 contro approssimativamente 1 per un rivelatore posto in ghiaccio grazie alla maggiore lunghezza

33 2.1. L EFFETTO CHERENKOV 25 di diffusione della luce in acqua, ed un efficienza maggiormente uniforme del mezzo utilizzato per la produzione e la propagazione della luce Cherenkov; d altro canto, l impiego di acqua marina offre un maggiore fondo dovuto al decadimento radioattivo del 40 K e alla bioluminescenza, ossia l emissione di luce da parte di organismi viventi. 2.1 L effetto Cherenkov Quando una particella carica attraversa un mezzo ad una velocità superiore a quella di fase nel mezzo stesso si osserva l emissione di radiazione elettromagnetica[20] [21]; da questa semplice affermazione possiamo già individuare una caratteristica tipica della radiazione in questione, ovvero la sua dipendenza dall indice di rifrazione n del mezzo attraversato. Basta, infatti, pensare alla definizione di velocità difasev ϕ = c n per renderci conto quale ruolo giochi l indice di rifrazione ai fini dell emissione di radiazione Cherenkov; in particolare, se esplicitiamo il fatto che n dipende dalla frequenza, capiamo subito che, dato un determinato valore di velocità v, per alcune frequenze si può avere emissione elettromagnetica, mentre per altre no. Un altra proprietà dell effetto Cherenkov è che la radiazione viene emessa ad un angolo caratteristico rispetto alla traiettoria della particella; indicheremo tale angolo con ϑ c, definito da cos ϑ c = c vn. Ogni componente monocromatica della radiazione emessa forma un cono di luce, detto appunto cono di Cherenkov, il cui asse giace sulla traiettoria della particella. La costruzione di Huygens illustra la radiazione Cherenkov come un fenomeno molto simile all onda d urto provocata da un jet supersonico. Consideriamo una particella in moto con velocità v che emette una serie di onde sferiche; queste si propagano a velocità c = c/ ε(ω). Se v>c l inviluppo dei fronti d onda dà luogo ad un onda d urto elettromagnetica che si sposta lungo la direzione caratterizzata dall angolo di Cherenkov 1 cos θ c = β ε(ω) Spesso risulta conveniente conoscere il numero di fotoni N emessi per unità di lunghezza; in generale possiamo scrivere, senza trascurare la dispersione, dn dl =2πα λ1 λ 2 ( 1 ) 1 dλ β 2 n 2 (λ) λ 2 (2.1) dove α = e2 4πε Dato che d2 N 0 hc dldλ 1 λ, vediamo che la maggior parte dei 2 fotoni, e quindi dell energia, è emessa nella zona dello spettro a più piccola lunghezza d onda. Questo spiega perchè la radiazione Cherenkov nel visibile appaia tipicamente blu.

34 26 CAPITOLO 2. TELESCOPI PER NEUTRINI DI ALTA ENERGIA Figura 2.2: Onde sferiche elementari prodotte da una particella che si muove con velocità rispettivamente minore e maggiore della velocità di fase nel mezzo attraversato. Se v>c/ ε si crea un onda d urto elettromagnetica. 2.2 Interazioni dei neutrini Le interazioni interessanti per i rivelatori di neutrini astrofisici di alta energia sono essenzialmente due (vedi Fig. 2.3): interazione di corrente carica (CC): ν α + N l α + X interazione di corrente neutra (NC): ν α + N ν α + X dove N è un nucleone e X qualsiasi stato finale si possa originare da tali interazioni. Figura 2.3: Sezione d urto delle interazioni di corrente carica e neutra in funzione dell energia del neutrino.

35 2.2. INTERAZIONI DEI NEUTRINI 27 Oltre a queste due reazioni èpresentelacosì detta risonanza di Glashow[22] ν e + e W che presenta una sezione d urto più alta delle precedenti per energie dell antineutrino intorno a 6.5 PeV (vedi Fig. 2.4). Figura 2.4: Sezione d urto per i processi ν e + e W + γ (linea continua), ν e + e W adroni (linea tratteggiata) e ν e + N e + + X (linea puntinata) in funzione dell energia dell antineutrino. Il minimo valore dell energia èparia(m W +Γ W ) 2 /2m e. Per un telescopio ad effetto Cherenkov il processo piùimportanteè quello di corrente carica in quanto il leptone prodotto è in grado di emettere la radiazione misurata dal rivelatore. La sezione d urto differenziale del processo di corrente carica è[23]: d 2 σ νn dxdy = 2G2 F m ( ) NE ν M 2 2 [ ] W π Q 2 + MW 2 xq CC (x, Q 2 )+x q CC (x, Q 2 )(1 y 2 ) dove Q 2 è il quadrato del quadrimpulso trasferito dal neutrino al nucleone, m N è la massa del nucleone, G F èlacostantedifermi,m W è la massa del bosone intermedio W e x ed y sono le variabili di Bjorken x = Q2 2m ν, y = ν E ν essendo ν = E ν E l l energia persa nel sistema di riferimento del laboratorio; iterminiq e q sono le funzioni di distribuizione dei momenti per quark ed antiquark.

36 28 CAPITOLO 2. TELESCOPI PER NEUTRINI DI ALTA ENERGIA 2.3 Sapori dei neutrini I telescopi per neutrini del volume sensibile pari ad un km 3 sono in grado[1] di determinare il sapore del neutrino rivelato sfruttando le diverse caratteristiche delle particelle cariche prodotte nell interazione del neutrino stesso Neutrino elettronico I neutrini elettronici di alta energia depositano dal 50% all 80% della loro energia nella cascata elettromagnetica originata dall elettrone prodotto nell interazione del neutrino; il resto dell energia va ai frammenti del bersaglio i quali creano una cascata secondaria. Dato che le dimensioni della cascata elettromagnetica, che sono dell ordine di alcuni metri in acqua o ghiaccio, sono molto minori delle distanze tra i moduli ottici del rivelatore, le interazioni di neutrini elettronici vengono osservate come sorgenti puntiformi di luce Cherenkov. Poichè lo sciame e l emissione di radiazione Cherenkov non sono simmetrici, ma allungati lungo la direzione del neutrino incidente, è possibile ricostruire la sua direzione; tuttavia, la precisione di questa ricostruzione è molto inferiore a quella ottenibile per neutrini muonici e si stima essere circa Neutrino muonico I muoni secondari originati da neutrini muonici percorrono distanze di qualche chilometro in acqua per energie dell ordine del TeV e decine di chilometri per energie di qualche EeV generando sciami lungo il loro cammino per bremsstrahlung, produzione di coppie e interazioni fotonucleari. Tutti questi sono cause di emissione Cherenkov la quale può essere osservata dal telescopio. Man mano che il muone degrada, gli sciami perdono energia e la distanza dalla traccia della particella entro la quale i moduli ottici possono osservare la luce Cherenkov diminuisce; la geometria dei fotoni osservati è un cono di dimensioni pari ad un chilometro con asse lungo la direzione del muone originato dal neutrino. I muoni di alta energia degradano secondo la legge: de = α βe dx dove α = TeV cm 2 /g rappresenta la perdita di energia per ionizzazione e β = cm 2 /g quella per processi radiativi. La distanza λ μ, detta range, che un muone di energia E μ percorre prima che la sua energia diminuisca sotto il valore Eμ thr è data da: λ μ = 1 [ ] α + β ln βeμ α + βeμ thr

37 2.3. SAPORI DEI NEUTRINI 29 Tramite la misura del tempo di arrivo dei fotoni Cherenkov e della posizione dei moduli ottici è possibile ricostruire la direzione del muone con una precisione di pochi decimi di grado. Ad alte energie la direzione del muone è fortemente allineata a quella del neutrino che lo ha originato (vedi Fig.2.5) e sopra ad energie pari a 100 TeV è possibile ricostruire la direzione del neutrino con una precisione di 0.1. Figura 2.5: Simulazione della differenza media tra le direzioni del neutrino e del muone generato da esso in funzione dell energia del neutrino; la formula indicata segue la dipendenza osservata (curva rossa) Neutrino tauonico La rivelazione del neutrino tauonico assume un interesse particolare nell ambito dello studio sull oscillazione dei neutrini. Benchè i processi di produzione di neutrini astrofisici prevedano la creazione essenzialmente di soli neutrini muonici ed elettronici, la metà dei neutrini muonici si converte lungo le distanze cosmiche in neutrini del τ. In un km 3 di rivelatore è possibile riconoscere i neutrini tauonici in diversi modi. Da una parte questo tipo di particelle può essere associato ad eventi così detti double bang nei quali la produzione e il decadimento del τ sono osservati come due distinti sciami dentro il rivelatore. Dall altra è possibile riconoscere eventi detti lollipop nei quali si crea una lunga traccia che entra nel rivelatore, dovuta alla perdita di energia per ionizzazione del τ, che termina con un lampo di luce dovuto al decadimento del leptone. Una tale traccia è ben distinguibile da quella di un muone che perde una grande parte della sua energia nei primi tratti del suo percorso.

38 30 CAPITOLO 2. TELESCOPI PER NEUTRINI DI ALTA ENERGIA 2.4 Numero atteso di eventi rivelati dal telescopio Consideriamo, per semplicità, un telescopio di forma cubica con lato L (vedi Fig.2.6); assumiamo, inoltre, che i neutrini rivelati abbiano direzione incidente perpendicolare alla base del telescopio stesso. Figura 2.6: Un neutrino interagisce in un rivelatore cubico di lato L. Un neutrino elettronico, come abbiamo visto precedentemente, viene rivelato essenzialmente se interagisce all interno del volume del rivelatore; la probabilità che tale neutrino interagisca entro la distanza L è data da: P =1 e L λν L λ ν (2.2) dove λ ν =(ρn A σ ν ) 1 è la lunghezza di interazione del neutrino essendo ρ la densità dell acqua o del ghiaccio, N A in numero di Avogadro e σ ν la sezione d urto del neutrino. Dato un flusso di neutrini φ che attraversa l area L 2 del rivelatore si avrà un numero di neutrini rivelati N in un tempo t pari a: N = L 2 tp φ In realtà le quantità P e φ dipendono dall energia del neutrino incidente ed N deve essere ottenuto dalla convoluzione di queste. Per quanto riguarda i neutrini muonici, ogni neutrino che produce un muone secondario in grado di raggiungere il rivelatore con un emissione

39 2.4. NUMERO ATTESO DI EVENTI RIVELATI DAL TELESCOPIO 31 Cherenkov misurabile può essere osservato. Poichè i muoni possono percorrere chilometri ad energie dell ordine del TeV e decine di chilometri ad energie di qualche EeV, i neutrini possono essere rivelati anche se interagiscono ben al di là delle dimensioni fisiche del telescopio. In questo caso occorre riscrivere Eq.2.2 come: P = λ μ (2.3) λ ν dove λ μ èilrange del muone; infatti, in questo caso, sono le lunghezze delle tracce dei muoni prodotti a fissare il volume sensibile del rivelatore e non le sue dimensioni geometriche. L espressione completa del flusso di muoni secondari originati da neutrini che giungono al rivelatore è dato dalla convoluzione dello spettro dei neutrini φ con la probabilità di produrre un muone che raggiunga il rivelatore stesso: φ μ (Eμ min,θ)= P (E ν,e min Eμ min μ ) e σν (Eν)NAX(θ) φ(e ν,θ) (2.4) dove Eμ min è l energia di soglia del rivelatore per i muoni. Nell esponenziale si tiene conto dell assorbimento dei neutrini dovuti all attraversamento della Terra tramite il termine X(θ); tale assorbimento diventa importante per σ ν > cm 2 ossia E ν > 10 7 GeV. La funzione di probabilità P può essere approssimata come: P E 2.2 per E = TeV (2.5) P E 0.8 per E = TeV (2.6) mentre ad energie dell ordine degli EeV tale proporzionalità vacomee 0.4. Per semplicità viene definita un area efficace per i neutrini muonici che moltiplicata per il flusso di neutrini incidente fornisce il numero di neutrini rivelabili con il telescopio nell unità di tempo. Accanto a questa, viene definita un area efficace per muoni in modo simile alla precedente: moltiplicata per il flusso di muoni secondari originati dai neutrini astrofisici fornisce il numero di muoni rivelabili con il telescopio nell unità di tempo. Le due aree efficaci sono ovviamente funzione delle energie delle relative particelle ed il passaggio dalla prima alla seconda deve tenere conto dello spettro dei muoni secondari. Il neutrino tauonico viene rivelato se il τ generato raggiunge il rivelatore prima di decadere; in questo caso occorre riscrivere Eq.2.2 come: P = γct τ λ ν (2.7)

40 32 CAPITOLO 2. TELESCOPI PER NEUTRINI DI ALTA ENERGIA dove γ è il fattore di Lorentz del τ e t τ la sua vita media. Il termine γct τ cresce linearmente con l energia del τ ed eccede il range del muone attorno ad 1 EeV. L espressione completa per calcolare il numero di neutrini, ad esempio, muonici N νμ osservati dal telescopio nel tempo t è dato da: 1 N νμ = t d cos θ dl de 1 l min μ fin m μ d2 φ νμ de ν d cos θ (E ν, cos θ) dσμ CC d 2 φ νμ de νd cos θ de 0 μ E fin μ de 0 μ E 0 μ de ν (E ν,e 0 μ)n T F (E 0 μ,e fin μ,l)a eff (E 0 μ) (2.8) dove è il flusso differenziale di neutrini muonici nelle vicinanze del rivelatore dopo l attraversamento della Terra, dσμ CC de èlasezioned urto μ 0 differenziale per interazione di corrente carica che produce un muone di energia Eμ 0 e n T èladensità numerica di nucleoni nella materia che circonda il rivelatore. F (E 0 μ,e fin μ,l) rappresenta la probabilità che un muone prodotto con arrivi al telescopio con energia Efin μ dopo aver percorso una energia Eμ 0 distanza l. In modo analogo non solo si può calcolare il numero di eventi osservati in un tempo t per antineutrini muonici, ma anche per neutrini elettronici e tauonici. 2.5 Eventi di fondo Gli eventi di fondo per un telescopio per neutrini sono costituiti da una parte dall emissione casuale di luce dovuta all ambiente naturale in cui il rivelatore opera, dall altra da muoni o neutrini generati nelle interazioni di raggi cosmici con l atmosfera Fondo naturale L ambiente che ospita il rivelatore contiene naturalmente un certo quantitativo di isotopi radioattivi, in particolare 40 K. Questo nucleo[24] essenzialmente decade β (circa l 89% di volte) oppure per cattura elettronica. Gli elettroni generati dai decadimenti β emettono luce Cherenkov creando così un fondo isotropo di fotoni dell ordine di 300 eventi al secondo per centimetro quadrato di fotocatodo. Esiste, tuttavia, la possibilità che i fotoni di questo fondo possano essere scambiati per l emissione di una particella generata dall interazione di un neutrino astrofisico o, cosa più probabile,

41 2.5. EVENTI DI FONDO 33 contaminino la ricostruzione della traccia di un evento buono. Un altro contributo al fondo naturale è dato dalla bioluminescenza. Molte delle forme di vita che popolano le profondità marine emettono luce. Questa bioluminescenza ha due contributi, uno continuo dovuto a batteri ed uno impulsivo dovuto ad organismi macroscopici che attraversano il rivelatore. Entrambe questi fondo possono essere ridotti utilizzando metodi di coincidenza attenuandone così gli effetti Muoni atmosferici Come detto precedentemente i raggi cosmici primari che entrano nell atmosfera danno luogo a sciami che contengono muoni di alta energia i quali costituiscono un fondo per il telescopio. Per ovviare a questo flusso di particelle occorre realizzare il rivelatore a grandi profondità, sia esso costruito in ghiaccio che in acqua (vedi Fig.2.7) e puntarlo verso il basso. Figura 2.7: Intensità di muoni in funzione della profondità marina. Il flusso di muoni atmosferici rimanente è ancora svariate volte più grande rispetto al numero di neutrini astrofisici rivelati; dal momento che i muoni

42 34 CAPITOLO 2. TELESCOPI PER NEUTRINI DI ALTA ENERGIA atmosferici giungono dall alto è possibile discriminare tali eventi indesiderati ricostruendone la traccia. Ciononostante, l arrivo contemporaneo di alcuni muoni può produrre una traccia che ricorda un evento proveniente dal basso e quindi essere scambiata per un evento buono; occorre, quindi, minimizzare tale effetto tramite algoritmi di ricostruzione ad hoc Neutrini atmosferici Accanto ai muoni, l interazione dei raggi cosmici con l atmosfera produce neutrini dovuti al decadimento dei π e dei K. Come risultato è presente un discreto flusso di neutrini di alta energia che costituisce un fondo non eliminabile per la rivelazione di neutrini astrofisici. Per lo studio di neutrini originati da sorgenti puntiformi si ricorre a coni di ricerca sufficientemente piccoli, compatibilmente con la risoluzione angolare del rivelatore. Per quanto riguarda, invece, flussi di neutrini astrofisici diffusi, viene sfruttato il fatto che tali particelle presentano energie maggiori rispetto a quelle dei neutrini atmosferici. Questo tipo di discriminazione è, tuttavia, complicato dalla presenza di neutrini atmosferici così detti pronti caratterizzati da alte energie e dovuti al decadimento di particelle charmate negli sciami di cosmici secondari. 2.6 Progetti di telescopi per neutrini astrofisici L idea di un telescopio per neutrini basato sulla rivelazione delle particelle cariche originate dall interazione dei neutrini è attribuita a Markov [25] che elaborò tale concetto negli anni 50. Il progetto che fece da pioniere in tale campo fu DUMAND[26] durante il quale si tentò di posizionare un rivelatore a largo delle Hawaii tra il 1976 ed il 1995; in quegli anni la tecnologia non era sufficientemente avanzata per superare le difficoltà richieste dalla messa in opera del rivelatore ed il progetto fu abbandonato. Tuttavia, questa esperienza fece da guida per i progetti successivi sia che fossero situati in mare come NESTOR, ANT ARES e NEMO siainunlagocomebaikal sia nei ghiacci polari come AMANDA e ICECUBE BAIKAL L esperimento BAIKAL ha svolto un ruolo pionieristico nell astronomia con neutrini; durante la primavera del 1993 scienziati russi e appartenenti a DESY installarono per primi un telescopio subacqueo che prendesse dati per un anno intero. Nel 1998 la collaborazione avviò l attività del telescopio

43 2.6. PROGETTI DI TELESCOPI PER NEUTRINI ASTROFISICI 35 NT 200 costituito da 192 moduli ottici organizzati in otto stringhe (vedi Fig.2.8). Figura 2.8: Schema dell esperimento BAIKAL. NT-200 è situato nel lago siberiano Baikal alla profondità dicircaun km. La posa e la manutenzione del rivelatore viene effettuata durante i mesi invernali quando la superficie del lago è ghiacciata; da essa vengono calati i moduli ottici nell acqua sottostante. Il telescopio presenta una soglia sull energia dei muoni rivelati pari a E μ 10 GeV ed un area efficace per muoni di circa 10 5 m 2 ; la piccola area unita alle caratteristiche dell acqua molto inferiori a quelle di mari come il Mediterraneo o dei ghiacci polari limitano le prestazioni di questo rivelatore che tuttavia ha sviluppato soluzioni interessanti per tutti gli altri progetti. Una particolarità di questo rivelatore sta nei moduli ottici che non hanno come elemento attivo solamente un tubo fotomoltiplicatore, bensì contengono dei fotorivelatori ibridi a riconversione caratterizzati da un primo stadio di amplificazione in cui il fotone rivelato origina un elettrone (fotoelettrone) che a sua volta interagendo in uno scintillatore crea fotoni secondari; sono questi ultimi a giungere al tubo fotomoltiplicatore AMANDA ed IceCube AMANDA (Antarctic Muon And Neutrino Detector Array) è situato nel Polo sud sotto la stazione Amundsen-Scott. Esso[27] è costituito da 19 stringhe con un totale di 677 moduli ottici; la distanza tra tali moduli varia tra 10 e 20 metri. Il volume sensibile del rivelatore è posto tra 1500 e 2000 metri sotto la superficie del ghiaccio, mentre l area efficace ècirca 10 4 m 2 per muoni da 1 TeV. I moduli ottici sono posati attraverso buchi di

44 36 CAPITOLO 2. TELESCOPI PER NEUTRINI DI ALTA ENERGIA circa 60 centimetri di diametro praticati fondendo il ghiaccio con sistema di trivelle che sfruttano getti di acqua calda. Il telescopio è stato completato nel gennaio del 2000, ma la presa dati èiniziatagià da quando sono state posate le prime quattro, AM AN DA B4, e successivamente dieci stringhe, AMANDA B10. Questo rivelatore opera in coincidenza con il rivelatore di sciami SPASE-II situato sulla superficie il quale osserva la componente elettronica dello sciame mentre AMANDA si occupa della parte muonica. Tra i risultati più importanti raggiunti durante questi anni di presa dati vi è la misura dello spettro di neutrini atmosferici diretti verso l alto con energie massime osservate dell ordine di 300 TeV (vedi Fig.2.9). Figura 2.9: Flusso di neutrini atmosferici in funzione dell energia misurato da AMANDA efrejus. Grazieaquestamisuraè stato stabilito un limite superiore al flusso diffuso di neutrini muonici pari a E 2 Φ νμ < GeV cm 2 sr 1 s 1 per 100 E νμ 300 TeV. IceCube[28] è l estensione di AMANDA alle dimensioni di un km 3 ed è in fase di realizzazione la quale si prevede terminerà nel Il progetto prevede un minimo di 4200 moduli ottici raggruppati in 70 stringhe verticali e posti tra 1450 e 2450 metri sotto la superficie del ghiaccio; inoltre sarà presente un rivelatore superficiale per sciami atmosferici con un minimo di 280 moduli ottici. Il rivelatore una volta completato sarà operativo per 20 anni. IceCube sarà in grado di rivelare tracce di muoni prodotti da neutrini con energie E νμ > 100 GeV nonchè eventi indotti da neutrini elettronici con energie E νe > 10TeV e tauonici con E ντ > 1 PeV.

45 2.6. PROGETTI DI TELESCOPI PER NEUTRINI ASTROFISICI KM3NeT Le attività europee nel campodei telescopi perneutrini astrofisici sonoessenzialmente rappresentate da NESTOR in Grecia, ANT ARES in Francia e NEMO in Italia. Le esperienze di queste collaborazioni distinte sono state raccolte ed integrate fra loro all interno di un unico progetto denominato KM3NeT[29] (Km 3 NEutrino Telescope) il cui scopo è quello di realizzare un futuro rivelatore dal volume sensibile appunto pari ad un chilometro cubo il quale integrerà le attività svoltedaicecube per coprire i due emisferi terrestri NESTOR NESTOR[30] (Neutrino Extended Submarine Telescope with Oceanographic Research) è stata la prima collaborazione europea per la realizzazione di un telescopio per neutrini sottomarino. Il progetto prevede una serie di torri di 12 piani esagonali e 32 metri di diametro con 168 moduli ottici ciascuna. Il sito scelto per la posa del rivelatore si trova in una piana abissale a largo di Pylos, nel Peloponneso, ad una profondità di circa 3800 metri. Nel 2003 è stato posato un piano di torre con 12 moduli ottici con la funzione di testare i vari apparati, in particolare il sistema di acquisizione dati. Sono stati osservati eventi di fondo e ricostruite tracce di 745 muoni atmosferici. La collaborazione conta di posare una torre completa con una superficie di rivelazione pari a m 2 capace di osservare muoni con energie E μ > 10 GeV Antares AN T ARES[31] (Astronomy with a Neutrino Telescope and Abyss environmental RESearch project) è una collaborazione impegnata nella realizzazione di un telescopio di area efficace pari a 0.1 km 2 posto a largo di Tolone a 2400 metri di profondità. Il rivelatore consiste in circa 1000 fotomoltiplicatori disposti in 12 stringhe con un altezza di circa 350 metri; tali stringhe distano tra loro circa 70 metri ed è stato completato nel giugno I moduli ottici sono raggruppati in piani da tre moduli e ciascuno contiene un tubo fotomoltiplicatore da 10 pollici inclinato di 45 rispetto l orizzonte. Poichè le strutture utilizzate non sono rigide, il posizionamento delle stringhe è ottenuto con due metodi. Il primo è costituito da un sistema di localizzazione acustico che sfrutta un operazione di triangolazione essendo stati posizionati dei beacon acustici fissi sul fondale ed equipaggiate le stringhe con idrofoni; il secondo, invece,

46 38 CAPITOLO 2. TELESCOPI PER NEUTRINI DI ALTA ENERGIA Figura 2.10: Schema di funzionamento di ANT ARES. è dato da una serie di bussole e misuratori di inclinazione grazie ai quali è possibile ricostruire le deformazioni delle strutture.

47 Capitolo 3 NEMO Il progetto NEMO[32] ha come scopo lo sviluppo di tecnologie per la realizzazione, la posa in mare e la manutenzione di un telescopio sottomarino per neutrini astrofisici del volume sensibile pari ad un km 3 posto nel Mediterraneo. La collaborazione si è formata nel 1998 e le sue attività principali si sono concentrate sulla ricerca e caratterizzazione di un sito idoneo per l installazione del rivelatore, su uno studio di fattibilità per la realizzazione del telescopio e l analisi di tutte le problematiche legate alla costruzione e all installazione del rivelatore nonchè ottimizzazione della geometria del telescopio attraverso simulazioni numeriche. Inoltre è stato realizzato un apparato di test collocato al largo di Catania denominato NEMOFase1edèinprocintodi realizzare un successivo test nel sito scelto per la realizzazione del rivelatore da km 3 denominato NEMOFase Scelta e caratterizzazione del sito Il Mar Meditterraneo offre condizioni ottimali[33] per situarvi un telescopio sottomarino per neutrini. In particolare, il fondale marino al largo delle coste italiane raggiunge profondità anche superiori a 3300 metri a distanze inferiori a 100 km dalla costa stessa. Queste caratteristiche sono molto interessanti dal momento che la profondità delle acque aiuta, come visto in precedenza, a schermare il rivelatore dalle componenti di bassa energia dello spettro dei muoni atmosferici e la vicinanza alla costa consente l impiego di cavi elettro-ottici di tipo commerciale per il trasferimento dei dati. Dopo 25 campagne marine iniziate nel Luglio 1998, è stato individuato un sito, denominato KM4, con le migliori caratteristiche sia ottiche che morfologiche, essendo una piana alla profondità di circa 3500 m priva di canyon sottomarini o cambiamenti significativi di profondità. Tale sito è collocato nel Mar Ionio al largo di Capo Passero, N, E, nella parte sud orientale della Sicilia a meno di 80 km dalla costa (vedi Fig.3.1). 39

48 40 CAPITOLO 3. NEMO Figura 3.1: Posizione del sito KM4. Capo Passero offre buone infrastrutture navali essendo relativamente vicino a Catania, Siracusa ed Augusta e di ricerca come i Laboratori Nazionali del Sud INFN per il supporto tecnico necessario durante la costruzione e la posa in mare del rivelatore Proprietà ottiche del sito Per descrivere correttamente la trasparenza delle acque in funzione della lunghezza d onda dei fotoni è necessario misurare alcune grandezze come la lunghezza di assorbimento L a (λ), di scattering L b (λ) e di attenuazione ( 1 L a(λ) + 1 L b (λ) ) 1. L c (λ) = Tali proprietà ottiche sono funzioni di parametri ambientali quali la temperatura, la salinità, la profondità ed il particolato disciolto nelle acque; per questo motivo sono state effettuate diverse serie di misure delle suddette proprietà ottiche in differenti momenti dell anno. Da Fig.3.2 è possibile notare come variazioni significative dei parametri misurati siano osservabili per profondità relativamente basse (< 1000 m). I valori medi misurati per L a ed L c nella regione del blu ( 440 nm) sono rispettivamente 66 m e35m

49 3.1. SCELTA E CARATTERIZZAZIONE DEL SITO 41 Figura 3.2: Alto: profili di temperatura (T), salinità (S),coefficientedi attenuazione (c(λ) =1/L c )perλ = 440 nm e coefficiente di assorbimento (a(λ) = 1/L a )perλ = 440 nm in funzione della profondità. Basso: lunghezza di assorbimento per diverse lunghezze d onda; la linea nera indica l andamento atteso per acqua pura. La legenda associa il colore di ciascuna misura al periodo in cui è stata effettuata.

50 42 CAPITOLO 3. NEMO Fondo naturale Come detto precedentemente, la rivelazione dei neutrini astrofisici è affetta da due tipi di rumore ambientale: il decadimento radioattivo di elementi disciolti in acqua e la bioluminescenza prodotta da attività biologica. Sono state effettuate diverse misure di fondo naturale nel corso degli anni; Fig.3.3 si riferisce ad una di esse acquisita nel 2004 ed è perfettamente compatibile con misure effettuate precedentemente. Benchè un alta concentrazione di batteri bioluminescenti possa originare un fondo ottico diversi ordini di grandezza più alto rispetto a quello dovuto al 40 K, ad una profondità maggiore di circa 2500 m tale presenza biologica èfortementesoppressa come mostrato in Fig.3.4. In tal modo, la bioluminescenza si manifesta sottoforma di rari picchi che emergono su un fondo dovuto ai decadimenti radioattivi come mostrato in Fig.3.5; tale fondo per un tubo fotomoltiplicatore da 8 con soglia a 0.3 fotoelettroni èpariacirca28khz per una profondità di 3000 m. Figura 3.3: Distribuzione del fondo ottico misurato; si nota il picco centrato intorno ai 28 KHz.

51 3.1. SCELTA E CARATTERIZZAZIONE DEL SITO 43 Figura 3.4: Profilo della concentrazione di batteri bioluminescenti in funzione della profondità espressa in Colony Forming Units per ml 1. Figura 3.5: biologica. Fondo ottico misurato; si notano picchi dovuti all attività

52 44 CAPITOLO 3. NEMO Correnti marine Poichè il rivelatore è costituito da una serie di strutture che ospitano i moduli ottici, è necessario conoscere l entità delle correnti marine presenti sul sito candidato per la posa del telescopio in modo da conoscere gli sforzi, le torsioni e le deformazioni che le strutture stesse devono sostenere; inoltre queste misure si rivelano importanti in quanto la bioluminescenza è proporzionale alle correnti. Per questo motivo a partire dal Luglio 1998 è partita una serie di misure di intensità delle correnti marine e della loro direzione in un intervallo di profondità di circa 500 m sopra il fondale. Dopo tali misure le correnti appaiono piuttosto costanti e non molto intense essendo in media 2 3 cm/s e massimo 12 cm/s. 3.2 Studio di fattibilità per il telescopio da km 3 In generale, come visto precedentemente, un telescopio per neutrini dal volume sensibile pari ad un km 3 è sostanzialmente un insieme di circa 5000 moduli ottici disposti in strutture sottomarine. La collaborazione NEMO[34] [35] [36] ha proposto un nuovo tipo di tali strutture, ossia le così dette torri progettate per posare in mare, durante un unica operazione, un grande numero di moduli ottici. Ogni torre èformata da 16 piani ciascuno dei quali ospita quattro moduli ottici con tubi fotomoltiplicatori da 10 (vedi Fig.3.6). Ogni piano è ruotato di 90 rispetto al successivo ed al precedente lungo l asse verticale della torre I piani sono lunghi 15 m e distanziati tra loro di 40 m; tra il fondale ed il primo piano ci sono 150 m. Per ciascun piano èpresenteuncosì detto F loor Control M odule (FCM) che fornisce l alimentazione ai moduli ottici e ne raccoglie i segnali. Figura 3.6: Sinistra: rappresentazione di un piano della torre di NEMO. Destra: particolare della dispozione dei moduli ottici. Similmente, ogni torre presenta un T ower Control M odule che alimenta gli apparati dell intera torre e invia i segnali raccolti ad una così det-

53 3.2. STUDIO DI FATTIBILITÀ PER IL TELESCOPIO DA KM3 45 ta Junction Box secondaria che gestisce nove torri (vedi Fig.3.7). Infine, le Junction Box secondarie sono collegate ad una Junction Box primaria munita di un cavo sottomarino elettro-ottico che porta sia la potenza al rivelatore che i flussi di dati a terra. Figura 3.7: Schema del rivelatore NEMO. La soluzione proposta unisce la facilità costruttiva e di posa di strutture tipo stringa, come quelle adottate da AN T ARES, ad una maggiore rigidità grazie alla quale è possibile una più precisa determinazione della posizione dei moduli ottici così da ricostruire con maggiore precisione le tracce delle particelle rivelate. Ciascuna torre, una volta realizzata, viene ripiegata su sè stessa come in Fig.3.8 ed estesa una volta posata in mare grazie ad una boa che fornisce la spinta necessaria a dispiegarne i piani ed una zavorra che tiene la torre ancorata al fondo come visibile in Fig.3.9. La geometria proposta per il rivelatore consiste in un quadrato composto da un reticolo di 9 9 torri distanti tra loro 140 m ottenendo quindi un numero complessivo di moduli ottici pari a L architettura proposta ha il vantaggio di essere modulare e quindi la geometria stessa del rivelatore è facilmente riconfigurabile a seconda delle specifiche richieste al telesco-

54 46 CAPITOLO 3. NEMO Figura 3.8: Torre di NEMO ripiegata prima della posa in mare. Figura 3.9: Schema di una torre di NEMO in fase di estensione una volta posata in mare. Quello mostrato in questa figura è un tipo di impacchettamento della torre concepito precedentemente a quello di Fig 3.8.

55 3.2. STUDIO DI FATTIBILITÀ PER IL TELESCOPIO DA KM3 47 pio. Usando la geometria suddetta e i parametri misurati nel sito di Capo Passero, alcune simulazioni numeriche hanno evidenziato come il rivelatore possa raggiungere un area efficace maggiore di 1 km 2 per muoni con energie di circa 10TeV con una risoluzione angolare dell ordine del decimo di grado. L area efficace può essere ulteriormente aumentata distanziando maggiormente le torri tra loro come mostrato in Fig.3.10 a spese di una soglia di rivelazione posta ad energie maggiori. Figura 3.10: Area efficace in funzione dell energia del muone per un reticolo quadrato di torri NEMO spaziate di 140 m (linea continua) e 300 m (circoletti). La sensibilità del rivelatore per una generica sorgente puntiforme è riportata in Fig.3.11 in funzione del tempo di acquisizione confrontata con quella di IceCube. Figura 3.11: Sensibilità ad uno spettro di neutrino Eν 2 μ generato da sorgente puntiforme posta a declinazione -60 per NEMO ed IceCube. Le simulazioni mostrano una sensibilità attesa per una sorgente puntiforme di declinazione -60 pari a GeV cm 2 s 1.

56 48 CAPITOLO 3. NEMO 3.3 NEMO Fase 1 Come passo intermedio verso la realizzazione del rivelatore completo e per verificare le caratteristiche meccaniche delle strutture, della trasmissione dati e del sistema di distribuzione della potenza, è stato realizzato un apparato di test denominato NEMO Fase 1 che comprende i prototipi degli elementi critici per il telescopio proposto dalla collaborazione: una mini torre formata da 4 piani ed una Junction Box il cui compito è quello di alimentare gli apparati della torre e ricevere i dati da mandare a terra. Il prototipo è stato installato nel Dicembre 2006 in un sito alla profondità di 2000 m e25km al largo di Catania. L apparato è schematizzato in Fig Figura 3.12: Schema di NEMO Fase 1. La Junction Box è collegata ad un laboratorio posto nel porto di Catania che ospita i sistemi di alimentazione, controllo strumenti ed acquisizione dati. Il cavo è terminato in un così detto Frame munito di due connettori elettro-ottici; infine, due cavi jumper connettono il Frame alla Junction Box e quest ultima alla mini torre. La Junction Box è progettata per ospitare e proteggere dagli effetti della pressione e della corrosione le schede optoelettroniche dedicate alla distribuzione e al controllo dell alimentazione nonchè alla trasmissione dei segnali. Per assolvere a tale compito la Junction Box è realizzata (vedi Fig.3.13) con quattro contenitori cilindrici di acciaio racchiusi in un involucro di fibra di vetro per evitare il contatto diretto tra l acciaio e l acqua di mare. Questo involucro è riempito con olio di silicone per compensare la pressione. Tutta l elettronica capace di resistere ad alte pressioni è installata nel bagno d olio mentre il resto è ospitata dentro un contenitore resistente a tali pressioni. Gli strumenti installati sulla minitorre includono, oltre ai moduli ottici, diversi sensori per la calibrazione e misure ambientali. In particolare sono

57 3.3. NEMO FASE 1 49 Figura 3.13: Schema della Junction Box di NEMO Fase 1. stati montati due idrofoni sulla base della torre e alle estremità di ciascun piano. Questi, insieme ad un sistema di impulsatori acustici collocati sia alla base della torre che sul fondale permettono un misura precisa della posizione dell apparato. Altri sensori installati sono: un sensore di profondità, conduttività e temperatura per monitorare le acque, un misuratore di attenuazione ottica ed un apparato per creare profili di corrente tramite effetto Doppler. Figura 3.14: Mini torre di NEMO Fase 1 completamente assemblata e pronta per la posa in mare.

58 50 CAPITOLO 3. NEMO 3.4 NEMO Fase 2 Come ulteriore passo, la collaborazione NEMO intende realizzare un apparato di test alla profondità di 3500 metri nel sito di Capo Passero[37]. Per questo è stato avviato NEMO Fase 2 che prevede, verso l inizio del 2009, l installazione di una torre completa collegata ad una stazione di terra tramite un cavo elettro-ottico già presente nel sito essendo stato installato nel luglio del 2007.

59 Capitolo 4 Modulo ottico direzionale Come visto precedentemente, un telescopio per neutrini astrofisici ècosti- tuito da una serie di moduli ottici il cui scopo è quello di rivelare la luce Cherenkov prodotta dai leptoni carichi originati grazie all interazione dei neutrini stessi. Poichè il rivelatore ha il compito di ricostruire le tracce delle particelle osservate al fine di determinare la direzione di provenienza dei neutrini astrofisici e quindi individuarne le sorgenti, la collaborazione NEMO ha sviluppato l idea di realizzare un modulo ottico sensibile alla direzione della luce raccolta, per questo detto modulo ottico direzionale, tramite l impiego di un tubo fotomoltiplicatore multianodico. 4.1 Modulo ottico di NEMO tradizionale Il modulo ottico progettato per NEMO (vedi Fig.4.1) è derivato da quello di AN T ARES[38] ed è concettualmente piuttosto semplice; esso è costituito da una sfera di vetro borosilicato, realizzata da Benthos, da 17 che racchiude un tubo fotomoltiplicatore di grande area, 10, nonchè il così detto Front End Module (FEM) [39], il cui compito è quello di campionare i segnali del fotomoltiplicatore ed inviarli al relativo F loor Control M odule, e l elettronica d alimentazione del tubo stesso. La sfera ha ovviamente il compito di proteggere il tubo fotomoltiplicatore e l elettronica dall elevata pressione che si ha alla profondità per la quale è stato progettato il rivelatore, ossia più di 3000 m, e dall acqua; essa presenta un indice di rifrazione prossimo a quello dell acqua di mare e del vetro del tubo fotomoltiplicatore per garantire un buon accoppiamento ottico. Il tubo fotomoltiplicatore è fissato al vetro della sfera tramite un gel ottico a base di silicone che garantisce buone caratteristiche meccaniche ed adattabilità alla compressione della sfera, che alla profondità di lavoro è stimata in circa 3 mm, nonchè un ottimo accoppiamento ottico tra il fotocatodo del tubo e la sfera. Tra la sfera ed il tubo fotomoltiplicatore è collocata una gabbia di μ metal 51

60 52 CAPITOLO 4. MODULO OTTICO DIREZIONALE che scherma l apparato dai campi magnetici i quali possono creare problemi nella raccolta dei fotoelettroni deviandone le traiettorie. Figura 4.1: Schema del modulo ottico di NEMO. Figura 4.2: Modulo ottico collocato nella mini-torre di NEMO Fase Modulo direzionale Simulazioni Monte Carlo[40] (vedi Fig.4.3) hanno dimostrato come la possibilità di determinare la direzione di arrivo dei fotoni Cherenkov sui moduli ottici del telescopio migliori sensibilmente l efficienza sulla ricostruzione degli

61 4.2. MODULO DIREZIONALE 53 eventi osservati caratterizzati da tracce corte; essi sono collegabili principalmente a neutrini astrofisici di bassa energia, sotto i 10 TeV, oppure ad eventi che attraversano superficialmente il rivelatore. Figura 4.3: Rapporto tra le aree effettive di NEMO equipaggiato con moduli ottici direzionali e NEMO standard in funzione dell energia del neutrino incidente. Affinchè sia possibile determinare la direzione di arrivo dei fotoni sui moduli ottici è necessario ricorrere a tubi fotomoltiplicatori così detti multianodici: essi sono caratterizzati dal fatto di avere l area di raccolta dei fotoelettroni, i quali vengono emessi nell interazione tra fotoni e fotocatodo, suddivisa in settori grazie a campi elettrostatici interni al tubo. Poichè il tubo possiede un numero di catene dinodiche pari al numero di settori in cui è suddiviso il catodo, i fotoelettroni sono forzati verso una di esse a seconda del punto del catodo dove sono stati prodotti; in questo modo, andando a vedere quale degli anodi presenta un segnale in uscita, e quindi determinando il settore del fotocatodo corrispondente, è possibile stabilire la direzione di provenienza della luce rivelata. A questo punto capiamo come il modulo ottico direzionale sia sostanzialmente simile a quello descritto precedentemente con la differenza che il tubo fotomoltiplicatore utilizzato è multianodico; inoltre, per sfruttare al meglio la direzionalità del tubo impiegato, occorre installare nel modulo ottico una serie di specchi ad alta riflettività (vedi Fig.4.4) tra la sfera ed il fotomoltiplicatore in corrispondenza delle separazioni tra i settori del tubo stesso in modo da aumentare la luce raccolta sul singolo settore del tubo fotomoltiplicatore e quindi aumentandone l area efficace; essi vengono realizzati in plexiglas rivestito di un materiale plastico realizzato da 3M con caratteris-

62 54 CAPITOLO 4. MODULO OTTICO DIREZIONALE tiche ottiche superiori rispetto ad altri materiali come l alluminio[41]. Figura 4.4: Specchi ad alta riflettività posti su un simulacro del fotomoltiplicatore multianodico; si nota come questi aumentino l area efficace dei singoli settori del tubo. In Fig.4.5 è schematizzato il funzionamento del modulo ottico direzionale: i fotoni provenienti dalla stessa direzione sono raccolti dagli specchi ed indirizzati verso uno dei quattro settori del tubo fotomoltiplicatore; a questo punto si ottiene segnale in uscita dal solo anodo corrispondente al settore illuminato. Figura 4.5: Confronto tra un modulo ottico tradizionale (sinistra) in cui la luce illumina l intero tubo fotomoltiplicatore ed uno direzionale (destra) in cui il sistema di specchi indirizza i fotoni su uno dei settori risalendo così alla direzione di provenienza della luce rivelata Il tubo fotomoltiplicatore Tubi fotomoltiplicatori multianodici di grande area, contrariamente a quelli di area piccola, non sono presenti sul mercato a causa delle grosse difficoltà nella realizzazione di una raccolta di fotoelettroni tale da garantire la direzionalità del tubo stesso. Per questo motivo, la collaborazione ha contattato le principali ditte costruttrici di tali strumenti per studiare la fattibilità del progetto. Il risultato è stata la realizzazione di due prototipi da 10 e quattro anodi da parte

63 4.2. MODULO DIREZIONALE 55 di Hamamatsu denominati ZF0021 e ZF0025 (vedi Figg.4.6, 4.7). Questi tubi possiedono quattro catene dinodiche separate con dieci dinodi ciascuna; le tensioni applicate ai dinodi sono comuni e fornite da un partitore resistivo progettato secondo le specifiche Hamamatsu. L alimentazione del tubo è positiva e variabile tra 1200 V e 1800 V. Figura 4.6: Vista frontale del fotomoltiplicatore multianodico ZF0025 (a destra). Il PMT ha quattro uscite anodiche indipendenti (A1, A2, A3, A4). Figura 4.7: Sezione schematica del tubo fotomoltiplicatore multianodico Hamamatsu. La risposta spettrale e l efficienza quantica di questi tubi è mostrata in Fig.4.8; si osserva un picco intorno ai 410 nm ed a questa lunghezza d onda una efficienza quantica di circa il 25%. Il prototipo ZF0025 è stato oggetto di approfonditi studi svolti presso la

64 56 CAPITOLO 4. MODULO OTTICO DIREZIONALE Figura 4.8: Risposta spettrale ed efficienza quantica del tubo fotomoltiplicatore multianodico Hamamatsu in funzione della lunghezza d onda della luce incidente. sezione INFN di Catania[43]; in particolar modo è stato illuminato il catodo tramite lo spot puntiforme di un laser andando ad esaminare i vari parametri che caratterizzano il tubo stesso. La tensione di alimentazione è stata scelta pari a 1550 V corrispondente ad un guadagno nominale di circa Le prime misure si sono concentrate sulle proprietà generali del tubo che sono riportate in Fig.4.9. Figura 4.9: Sintesi delle misure effettuate sul prototipo ZF0025. Sono riportate per ciascun anodo: rapporto picco valle del singolo fotoelettrone, guadagno, risoluzione in carica (RSE), tempo di transito (TT)e sua dispersione (TTS) Tra queste spiccano le misure del rapporto tra picco del singolo fotoelet-

65 4.2. MODULO DIREZIONALE 57 troneelacorrispondentevallechesiattestaintornoa3elemisuredi guadagno dei quattro anodi;in particolare queste ultime hanno evidenziato come gli anodi A1, A2 ed A3 si comportino in modo simile, mentre A4 presenti un guadagno inferiore del 20% rispetto agli altri tre. Successivamente, è stata studiata la linearità del tubo in funzione del numero di fotoelettroni raccolti; essa si è rivelata essere soddisfatta fino a circa 100 fotoelettroni per tutti e quattro gli anodi (vedi Fig.4.10). Figura 4.10: Linearità dell anodo A1 del prototipo ZF0025 in funzione dei fotoelettroni raccolti. Infine è stata studiata la risposta locale del fotocatodo per ciascun anodo (vedi Fig.4.11). Sono stati illuminati in condizione di singolo fotoelettrone (vedi Appendice A) i vari punti del fotocatodo, si è stabilita una soglia pari ad un terzo della carica del segnale corrispondente al singolo fotoelettrone raccolto e si è andato a contare il numero di segnali sopra tale soglia per ciascun anodo.

66 58 CAPITOLO 4. MODULO OTTICO DIREZIONALE Figura 4.11: Risposta locale del catodo del prototipo ZF0025 al singolo fotoelettrone per ciascun anodo. È stato osservato come, allorchè giunga un segnale buono corrispondente alla rivelazione di luce su uno solo degli anodi, si manifestino segnali indotti, detti di cross talk, sulle altre uscite (vedi Fig.4.12). Il precedente effetto può essere dovuto al fatto che le tensioni dei dinodi appartenenti alle quattro catene sono comuni, ossia sono fornite dallo stesso partitore Figura 4.12: Segnali di cross talk. Su A1 giunge un segnale buono che genera segnali indotti sulle altre uscite.

67 4.2. MODULO DIREZIONALE 59 Questi segnali indotti presentano una forma caratteristica ben distinguibile rispetto ai segnali buoni: essi sono bipolari presentando un picco positivo seguito da un ventre negativo e possiedono un ampiezza pari a circa il 16% nonchè un valore in carica pari a circa il 3% del segnale buono che li genera Elettronica di Front End L elettronica di Front End è stata sviluppata presso la sezione INFN di Genova (vedi Fig.4.13); essa ha il compito di ricevere in ingresso i segnali provenienti dai quattro anodi del tubo fotomoltiplicatore e compiere le prime operazioni su essi. Figura 4.13: Scheda di Front End per il modulo ottico direzionale. Lo schema della scheda di Front End è riportato in Fig Subito dopo i quattro ingressi è presente un filtro antialiasing tipo Bessel del settimo ordine; poichè i segnali dei moduli ottici vengono campionati nei FEM a 200 MHz[39], il filtro è progettato con una frequenza di taglio posta acirca40mhz in modo tale che, in accordo con il teorema di Nyquist, le componenti dei segnali di frequenza superiore a 100 MHz siano attenuate al di sotto del bit meno significativo dello stadio di campionamento. Poichè l elettronica di acquisizione sviluppata per NEMO, essendo stata studiata precedentemente alla progettazione dei moduli ottici direzionali, prevede l impiego di tubi fotomoltiplicatori tradizionali, la scheda di Front End presenta un unica uscita analogica; tramite questa viene mandato allo stadio di campionamento un segnale pari alla somma dei quattro ingressi filtrati grazie all utilizzo di uno stadio sommatore caratterizzato da un guadagno pari a 2 così da compensare il dimezzamento del segnale dovuto all adattamento di impedenza che si ha tra l uscita del Front End ed il FEM.

68 60 CAPITOLO 4. MODULO OTTICO DIREZIONALE Figura 4.14: direzionale. Schema della scheda di Front End per il modulo ottico

69 4.2. MODULO DIREZIONALE 61 Dato che l uscita analogica della scheda di Front End non possiede più l informazione sulla direzione di arrivo della luce rivelata, ognuno dei quattro segnali filtrati viene mandato, oltre che al sommatore, ad una coppia di discriminatori le cui soglie sono regolabili da PC, tramite protocollo I 2 C (vedi Fig.4.15). Figura 4.15: Schema del sistema a doppio discriminatore: nel caso arrivi un segnale buono (sinistra) su uno degli anodi scatta il solo discriminatore con soglia negativa che fa partire il monostabile di uscita da cui esce un segnale logico LVTTL, mentre in caso di segnale indotto (destra) il discriminatore con soglia positiva inibisce il conteggio. Il primo dei discriminatori è regolato in modo tale da fornire un uscita logica allorchè sia presente al suo ingresso un segnale negativo più profondo della soglia impostata; tale segnale fa scattare a sua volta un monostabile regolato per fornire un uscita logica LVTTL di durata pari a 100 ns. Il secondo discriminatore scatta se è presente un segnale positivo sufficientemente ampio e, similmente al precedente, fa partire l uscita di un altro monostabile. Il secondo discriminatore è utilizzato per riconoscere i segnali indotti che ricordiamo essere bipolari e svolge un ruolo di veto per inibire i conteggi di tali segnali spuri. Affinchè non ci siano problemi di ritardo, il monostabile di veto parte sul fronte di salita dell uscita del corrispondente discriminatore, mentre il monostabile di uscita scatta sul fronte di discesa del discriminatore con soglia negativa. Riassumendo, all uscita della scheda di Front End si hanno un segnale analogico pari alla somma dei quattro ingressi filtrati più una stringa di

70 62 CAPITOLO 4. MODULO OTTICO DIREZIONALE quattro bit che segnalano quali settori del tubo fotomoltiplicatore hanno osservato luce Elettronica di Alimentazione Anche l elettronica di alimentazione del tubo fotomoltiplicatore, così come la precedente, è stata progettata presso la sezione INFN di Genova (vedi Fig.4.16). Figura 4.16: Scheda di alimentazione per il modulo ottico direzionale. Essa è equipaggiata con il partitore che fornisce le tensioni alle quattro catene dinodiche del tubo. Poichè a disposizione del modulo ottico c è solo una tensione di 5 V proveniente dai FEM, la scheda possiede un convertitore DC-DC in grado di fornire la tensione di alimentazione per il tubo, che ricordiamo essere compresa tra 1200 V e 1800 V. Da PC, tramite protocollo I 2 C,è possibile regolare questa tensione di alimentazione e la tensione sul primo dinodo.

71 Capitolo 5 Test dell elettronica di Front End La prima parte delle misure effettuate si sono rivolte allo studio e all ottimizzazione dell elettronica di Front End. Essa gioca un ruolo determinante per quanto riguarda il corretto funzionamento del modulo ottico direzionale fornendo, da una parte, i segnali che vengono campionati dal sistema di acquisizione, e, dall altra, le informazioni circa la direzione della luce rivelata, effettuando contemporaneamente un riconoscimento dei segnali di cross talk grazie al sistema dei doppi discriminatori precedentemente descritti. 5.1 Apparato sperimentale Per effettuare le misure di test sull elettronica di Front End è stata utilizzata una camera buia contenente il prototipo di tubo fotomoltiplicatore ZF0021 (vedi Fig.5.1). Figura 5.1: Interno della camera buia utilizzata per le misure sull elettronica di Front End del modulo ottico direzionale. 63

72 64 CAPITOLO 5. TEST DELL ELETTRONICA DI FRONT END In tale camera è stato collocato un impulsatore laser Hamamatsu P LP C con lunghezza d onda pari a 439 nm come sorgente di luce; è stato inoltre utilizzato un misuratore di potenza ottica Newport 2930C con un fotodiodo calibrato 818 UV. Il sistema di acquisizione dati comprende un oscilloscopio digitale Tektronix T DS7104, un impulsatore Agilent S1110A utilizzato anche come trigger per l accensione del laser ed un crate contenente diversi moduli NIM. 5.2 Misura di guadagno del tubo fotomoltiplicatore ZF0021 La prima misura effettuata è stata quella sul guadagno del prototipo ZF0021 in funzione della tensione di alimentazione. Per compiere tale misura, èstato illuminato in condizione di singolo fotoelettrone (vedi Appendice A) un punto in prossimità del centro di ogni settore del tubo. Sono stati realizzati, quindi, istogrammi in carica dei segnali presenti sull anodo corrispondente al settore illuminato e attraverso fit ai minimi quadrati sono stati ottenuti i valori della carica corrispondente alla raccolta di un singolo fotoelettrone; a questo punto, per ottenere il guadagno di ogni anodo, è sufficiente dividere il precedente valore per la carica dell elettrone. Riportiamo in Fig.5.2 il risultato di tali misure. Gain [#] A1 A2 A3 A HV [V] Figura 5.2: Misura del guadagno dei quattro anodi per il prototipo ZF0021. Notiamo come gli anodi A1 ed A2 presentino un guadagno assai simile;

73 5.3. MISURA DI SEGNALI INDOTTI 65 A3 manifesta un guadagno leggermente superiore, mentre A4 ha un guadagno inferiore ai precedenti di circa il 20%. Il fatto che sia stato osservato un minor guadagno di A4 rispetto alle altre tre catene dinodiche anche per il prototipo ZF0025 suggerisce che il differente comportamento di questo settore sia dovuto a problemi geometrici sulla disposizione dei dinodi. Per ottenere un guadagno confrontabile a quello utilizzato durante i test sul prototipo ZF0025 si è deciso di alimentare il tubo fotomoltiplicatore a 1500V per le successive misure. 5.3 Misura di segnali indotti Per regolare i livelli dei discriminatori, sono stati misurati i minimi dei segnali indotti. Per fare ciò si è illuminato A3, il canale che guadagna maggiormente, ed è stata collegata alla scheda di Front End la sola uscita anodica A1. A questo punto sono stati realizzati istogrammi del minimo dei segnali in uscita alla scheda di Front End variando la potenza del laser così daavere un numero medio via via crescente di fotoelettroni raccolti su A3. Come trigger dell acquisizione è stato utilizzato l impulso del laser. Riportiamo nei seguenti grafici i risultati di tali misure. Minimo indotto su CH1 da spe su CH Conteggi [#] Pe[#] Minimo [mv] Figura 5.3: Minimo dei segnali indotti su A1 da singolo fotoelettrone su A3.

74 66 CAPITOLO 5. TEST DELL ELETTRONICA DI FRONT END Minimo indotto su CH1 da 3 pe su CH Conteggi [#] Pe[#] Minimo [mv] Figura 5.4: Minimo dei segnali indotti su A1 da tre fotoelettroni su A3. Minimo indotto su CH1 da 4 pe su CH Conteggi [#] Pe[#] Minimo [mv] Figura 5.5: Minimo dei segnali indotti su A1 da quattro fotoelettroni su A3.

75 5.3. MISURA DI SEGNALI INDOTTI 67 Minimo indotto su CH1 da 8 pe su CH Conteggi [#] Pe[#] Minimo [mv] Figura 5.6: Minimo dei segnali indotti su A1 da otto fotoelettroni su A3. Minimo indotto su CH1 da 12 pe su CH Conteggi [#] Pe[#] Minimo [mv] Figura 5.7: Minimo dei segnali indotti su A1 da dodici fotoelettroni su A3.

76 68 CAPITOLO 5. TEST DELL ELETTRONICA DI FRONT END Minimo indotto su CH1 da 16 pe su CH Conteggi [#] Pe[#] Minimo [mv] Figura 5.8: Minimo dei segnali indotti su A1 da sedici fotoelettroni su A3. Dai precedenti grafici si nota come sia presente un picco corrispondente ad un singolo fotoelettrone raccolto la cui ampiezza cresce all aumentare dei fotoelettroni su A3; questo significa che parte dei fotoelettroni generati dall interazione degli impulsi luminosi con il fotocatodo vengono raccolti anzichè da A3, settore illuminato, da A1. I segnali di singolo fotoelettrone presenti su un uscita anodica non corrispondente al settore illuminato, dovuti quindi ai campi di raccolta che non indirizzano la totalità dei fotoelettroni emessi dal fotocatodo verso la corretta catena dinodica, non devono essere scambiati per segnali di cross talk dal sistema dei due discriminatori, ma anzi sono segnali buoni a tutti gli effetti. La precedente misura è stata effettuata anche in carica con lo stesso setup precedentemente descritto; i risultati di tali misure sono riportati nei seguenti grafici.

77 5.3. MISURA DI SEGNALI INDOTTI 69 Conteggi [#] Carica indotta su CH1 da spe su CH3 Pe[#] Carica [pc] Figura 5.9: Carica dei segnali indotti su A1 da singolo fotoelettrone su A3. Conteggi [#] Carica indotta su CH1 da 3 pe su CH3 Pe[#] Carica [pc] Figura 5.10: Carica dei segnali indotti su A1 da tre fotoelettroni su A3.

78 70 CAPITOLO 5. TEST DELL ELETTRONICA DI FRONT END Conteggi [#] Carica indotta su CH1 da 4 pe su CH3 Pe[#] Carica [pc] Figura 5.11: Carica dei segnali indotti su A1 da quattro fotoelettroni su A3. Conteggi [#] Carica indotta su CH1 da 8 pe su CH3 Pe[#] Carica [pc] Figura 5.12: Carica dei segnali indotti su A1 da otto fotoelettroni su A3.

79 5.3. MISURA DI SEGNALI INDOTTI 71 Conteggi [#] Carica indotta su CH1 da 12 pe su CH3 Pe[#] Carica [pc] Figura 5.13: Carica dei segnali indotti su A1 da dodici fotoelettroni su A3. Conteggi [#] Carica indotta su CH1 da 16 pe su CH3 Pe[#] Carica [pc] Figura 5.14: Carica dei segnali indotti su A1 da sedici fotoelettroni su A3.

80 72 CAPITOLO 5. TEST DELL ELETTRONICA DI FRONT END Anche in questo caso vediamo emergere un picco di singolo fotoelettrone dagli spettri in carica; questo conferma le considerazioni precedenti. 5.4 Regolazione delle soglie negative Sono state regolate le soglie negative dei discriminatori in modo che effettuassero un taglio ad un terzo del picco di singolo fotoelettrone. Per fare ciò, di volta in volta è stato illuminato in condizione di singolo fotoelettrone il centro di ciascun settore del fotocatodo ed è stata collegata alla scheda di Front End la sola uscita anodica corrispondente. A questo punto, sono stati realizzati istogrammi di minimo dei segnali in uscita dalla scheda utilizzando come trigger per l acquisizione l uscita del monostabile corrispondente al settore illuminato. Le soglie positive sono state impostate al massimo valore possibile così che non intervenissero costituendo un veto per il monostabile. I valori di soglie negative impostate per il taglio ad un terzo del picco di singolo fotoelettrone sono riportati in Tab.5.1. Uscita Anodica A1 A2 A3 A4 Soglia Negativa -6.3 mv -8.7 mv mv -6.2 mv Tabella 5.1: Soglie negative impostate per il taglio ad un terzo del picco di singolo fotoelettrone. Riportiamo nei seguenti grafici i risultati di tali misure.

81 5.4. REGOLAZIONE DELLE SOGLIE NEGATIVE 73 Conteggi [#] Minimo spe su CH1 con soglia -6.3mV e -1.5mV Pe[#] Minimo [mv] Figura 5.15: Effetto della soglia negativa utilizzata per effettuare il taglio ad un terzo di singolo fotoelettrone (in nero) sullo spettro dei segnali presenti su A1 (in rosso). Conteggi [#] Minimo spe su CH2 con soglia -8.7mV e -1.5mV Pe[#] Minimo [mv] Figura 5.16: Effetto della soglia negativa utilizzata per effettuare il taglio ad un terzo di singolo fotoelettrone (in nero) sullo spettro dei segnali presenti su A2 (in rosso).

82 74 CAPITOLO 5. TEST DELL ELETTRONICA DI FRONT END Conteggi [#] Minimo spe su CH3 con soglia -10.5mV e -1.7mV Pe[#] Minimo [mv] Figura 5.17: Effetto della soglia negativa utilizzata per effettuare il taglio ad un terzo di singolo fotoelettrone (in nero) sullo spettro dei segnali presenti su A3 (in rosso). Minimo spe su CH4 con soglia -6.2mV e -1.5mV Conteggi [#] Pe[#] Minimo [mv] Figura 5.18: Effetto della soglia negativa utilizzata per effettuare il taglio ad un terzo di singolo fotoelettrone (in nero) sullo spettro dei segnali presenti su A4 (in rosso).

83 5.5. MISURE DI CROSS TALK E REGOLAZIONE DELLE SOGLIE POSITIVE Misure di cross talk e regolazione delle soglie positive Le soglie positive, ossia quelle di veto, devono essere impostate le più basse possibili stando attenti, però, a non scendere sotto il livello di rumore della scheda e a non generare veti su segnali buoni dovuti alla presenza di piccoli valori positivi negli stessi e quindi una conseguente perdita di conteggi fisicamente significativi. Per questo motivo sono state regolate le soglie positive al valore più basso possibile che mantenesse i veti su segnali buoni inferiori al 5% dei conteggi effettuati senza veto, essendo ogni settore del fotocatodo di volta in volta esposto ad un illuminazione corrispondente ad una raccolta di sedici fotoelettroni. I valori impostati per le soglie positive sono riportati in Tab.5.2. Uscita Anodica A1 A2 A3 A4 Soglia Positiva 2.2 mv 2.5 mv 1.6 mv 3.2 mv Tabella 5.2: Soglie positive impostate per i discriminatori di veto. Dopo questa regolazione, è stato illuminato il settore 3 del tubo, collegate tutte le uscite anodiche alla scheda, impostate le soglie negative ricavate dalle misure precedenti ed è stato effettuato un conteggio delle uscite dei monostabili. A questo punto è stato realizzato un grafico in cui si riportano i valori di cross talk, definito come rapporto tra numero medio di conteggi degli anodi non illuminati e conteggi di A3, in funzione dei fotoelettroni raccolti su A3 (vedi Fig.5.19). Questa stessa misura è stata effettuata anche con le soglie positive impostate al valore massimo possibile così che non si avessero di fatto veti e quindi per apprezzare l effetto del discriminatore di veto.

84 76 CAPITOLO 5. TEST DELL ELETTRONICA DI FRONT END Xtalk [%] Xtalk senza veto Xtalk [%] Xtalk con veto Xtalk A1 Xtalk A2 Xtalk A Pe [#] Pe [#] Figura 5.19: Misura di cross talk in funzione del numero medio di fotoelettroni raccolti sull anodo illuminato A3. A sinistra la misura è effettuata con le soglie positive impostate al valore massimo, mentre a destra al valore determinato per mantenere i veti su segnali buoni inferiori al 5% dei conteggi effettuati senza veto. Notiamo come l effetto del veto mantenga i conteggi sulle uscite anodiche non illuminate al di sotto del 20% quando senza veti raggiungerebbero valori prossimi al 80%. Bisogna tenere presente che in questa misura si vanno ad analizzare i conteggi dovuti alle uscite dei quattro monostabili presenti sulla scheda, ma ricordiamo che le precedenti misure hanno evidenziato una componente di segnali buoni, ossia di singolo fotoelettrone, anche sulle uscite anodiche corrispondenti a settori non illuminati dovuti ai campi di raccolta che non dividono in modo assolutamente netto il fotocatodo. Per indagare questo effetto è stata effettuata una misura di cross talk come la precedente (vedi Fig.5.20) con la differenza che la luce incidente è stata mantenuta fissa tale da permettere una raccolta di sedici fotoelettroni su A3 mentre si è variato il punto di illuminazione andando a collocare il laser tra la separazione di A3 con A4 (corrispondente a θ = 0 in Fig.5.20) e la separazione di A3 con A2 (corrispondente a θ = 90 in Fig.5.20). Si nota come l effetto del veto riduca sensibilmente i conteggi sui canali non illuminati nelle zone corrispondenti al centro del settore 3, mentre vicino alle separazioni tra i settori del fotocatodo, ossia dove l ambiguità sulla raccolta de fotoelettroni è maggiore, l effetto dei veti è trascurabile. Questo sembra indicare che, correttamente, i veti blocchino i conteggi dei segnali indotti, ma non quelli dei segnali buoni.

85 5.5. MISURE DI CROSS TALK E REGOLAZIONE DELLE SOGLIE POSITIVE77 Xtalk [%] Xtalk senza veto 100 Xtalk [%] Xtalk con veto 100 Xtalk A1 Xtalk A2 Xtalk A Angolo [deg] Angolo [deg] Figura 5.20: Cross talk in funzione del punto di illuminazione del settore 3. A sinistra le soglie positive sono impostate al valore massimo, mentre a destra al valore determinato per mantenere i veti su segnali buoni inferiori al 5% dei conteggi effettuati senza veto. Come prova delle precedenti affermazioni è stato realizzato un istogramma andando ad acquisire i minimi dei segnali presenti su A1 avendo illuminato A3 in condizione di sedici fotoelettroni (vedi Fig.5.21). Per tale misura è stato collegato alla scheda di Front End il solo A1 ed utilizzato come trigger della misura l uscita del monostabile corrispondente. L istogramma è stato realizzato sia con il veto impostato al massimo valore possibile, sia con il valore determinato precedentemente; è stata poi sovrapposta al grafico la differenza tra le due misure.

86 78 CAPITOLO 5. TEST DELL ELETTRONICA DI FRONT END Spettro dei segnali indotti su CH1 da 16 pe su CH3 con e senza veto e loro differenza Conteggi [#] 0.5 Pe[#] Minimo [mv] Figura 5.21: Minimo del segnale presente su A1 avendo illuminato A3 in condizione di sedici fotoelettroni. In rosso lo spettro realizzato con i veti impostato al massimo valore possibile, in nero con i valori determinati per mantenere i veti su segnali buoni inferiori al 5% dei conteggi effettuati senza veto e in verde la differenza tra i due. Notiamo come la presenza del veto elimini la parte dello spettro vicina allo zero, dovuta ai segnali effettivamente indotti, lasciando praticamente inalterato il picco di singolo fotoelettrone, evitando così di inibire il conteggio dei segnali buoni. Quest ultima misura evidenzia come i livelli delle soglie si rivelino corretti così come il funzionamento del sistema dei due discriminatori.

87 Capitolo 6 Test di direzionalità del modulo ottico Dopo aver testato ed ottimizzato l elettronica di Front End necessaria al corretto funzionamento del modulo ottico direzionale, si è proceduto alla realizzazione di un prototipo dello stesso così da verificarne le prestazioni principalmente per quanto riguarda le caratteristiche di direzionalità. Per fare ciò, è stato utilizzato un apparato di test che sfrutta la luce Cherenkov prodotta da muoni atmosferici in acqua; poichè il numero di fotoelettroni raccolti dal modulo ottico in questo apparato, come vedremo, è assai superiore a quello atteso nel caso di telescopio per neutrini, che ricordiamo essere progettato per la rivelazione del singolo fotoelettrone, si è scelto di non utilizzare la parte attiva della scheda di Front End, ossia il sistema dei due discriminatori, essendo quest ultima ottimizzata per regimi di pochi fotoelettroni raccolti. 6.1 Realizzazione del modulo ottico Per realizzare il prototipo è stato necessario provvedere al fissaggio del fotomoltiplicatore multianodico e del relativo sistema di specchi alla sfera di vetro. Questa operazione si è svolta presso la sezione INFN di Catania ed il fotomoltiplicatore utilizzato è stato lo ZF0025. La procedura per il fissaggio prevede alcune fasi; innanzi tutto occorre preparare il gel ottico; quello utilizzato è il WACKER SilGel 612 [42] a base di silicone il quale necessita la miscelatura di due componenti liquidi denominati A e B in proporzione 2:1 per un volume complessivo pari a circa 8000 cm 3. A questo punto viene fissato il sistema di specchi al fotomoltiplicatore attraverso un supporto metallico che garantisce l allineamento tra i settori del fotocatodo e gli specchi stessi (vedi Fig.6.1). 79

88 80CAPITOLO 6. TEST DI DIREZIONALITÀ DEL MODULO OTTICO Figura 6.1: Il sistema di specchi viene accoppiato al fotocatodo dello ZF0025 prima del fissaggio sulla sfera. Viene poi colato il gel nella semisfera che ospita il fotocatodo nella quale è stata posizionala una metà della gabbia di μ-metal (vedi Fig.6.2); a questo punto, viene adagiato il fotomoltiplicatore con i relativi specchi nel gel. Figura 6.2: Semisfera contenente metà gabbia di μ-metal, specchi e fotomoltiplicatore riempita di gel ottico. Prima che avvenga la polimerizzazione del gel, ossia la sua solidificazione, la semisfera viene collocata in una camera da vuoto al cui interno viene portata la pressione a circa 300 mbar; in questo modo è possibile eliminare le eventuali bolle d aria createsi nel gel durante il mescolamento dei due componenti (vedi Fig.6.3) nel giro di una decina di minuti.

89 6.1. REALIZZAZIONE DEL MODULO OTTICO 81 Figura 6.3: La semisfera viene posta in una camera da vuoto per eliminare le bolle d aria presenti nel gel ottico prima che questo solidifichi. La successiva parte della realizzazione del modulo ottico direzionale si è svolta presso la sezione INFN di Genova; questa prevede l applicazione del partitore resistivo sul fotomoltiplicatore, il fissaggio della rimanente parte di μ-metal e la chiusura del modulo stesso grazie alla semisfera superiore munita di quattro cavi passanti per portare le uscite anodiche al sistema di acquisizione dati nonchè di un cavo passante per l alimentazione del fotomoltiplicatore. Per completare il modulo, vengono sovrapposte le due semisfere e viene portata la pressione all interno del modulo stesso intorno a 300 mbar; è, infatti, la differenza di pressione tra interno ed esterno del modulo a tenere le due semisfere unite. Infine, viene realizzata una guarnizione sulla separazione delle semisfere grazie ad un materiale plastico idoneo, il TEROSTAT,ricopertodaSCOTCHRAP 50 prodotto da 3M. Figura 6.4: Prototipo di modulo ottico direzionale.

90 82CAPITOLO 6. TEST DI DIREZIONALITÀ DEL MODULO OTTICO 6.2 Apparato di misura Quello utilizzato è un apparato di test per studiare le prestazioni dei moduli ottici degli esperimenti AN T ARES e NEMO. Esso è costituito (vedi Figg. 6.5, 6.6) da una cisterna cilindrica piena d acqua che costituisce il mezzo radiatore e due scintillatori che forniscono il trigger della misura. Figura 6.5: Rappresentazione della cisterna con i due scintillatori facenti funzione di trigger. Figura 6.6: Rappresentazione dell apparato di misura visto dall alto. Il modulo ottico si trova montato su un supporto meccanico (vedi Figg.6.7, 6.8) in grado di farla ruotare secondo i tre angoli di Eulero. Il fotomoltiplicatore è orientato lungo l asse della rotazione ψ; le misure sono state effettuate fissando ψ = φ = 0 e variando unicamente l angolo θ relativo alla direzione di incidenza dei muoni.

91 6.2. APPARATO DI MISURA 83 Figura 6.7: Modello in CAD della sfera montata sul supporto meccanico; sono indicati anche gli angoli di Eulero. Figura 6.8: Modulo ottico direzionale montato sul supporto meccanico dell apparato di test. Si noti, nella foto in basso, come il sistema di specchi aumenti sensibilmente l area efficace di ciascun settore del fotocatodo.

92 84CAPITOLO 6. TEST DI DIREZIONALITÀ DEL MODULO OTTICO E stata eseguita una taratura sull apparato di rotazione del modulo ottico; in particolare, una volta montato il prototipo sul supporto meccanico, si è provveduto a fissare un goniometro solidale al modulo ottico e tramite una livella è stata realizzata una scala graduata per la rotazione in θ. Si è stimato un errore sistematico su tale angolo pari a ±3. A questo punto è necessario selezionare i soli muoni che arrivano grosso modo perpendicolarmente alla base del cilindro; per fare ciò sulle basi della cisterna sono stati collocati due scintillatori organici di piccola area. Inoltre, per essere sicuri che i muoni osservati siano di alta energia, immediatamente sopra allo scintillatore inferiore sono stati posizionati dei pani di piombo; solo quando un muone ha energia sufficiente da permettergli il passaggio del volume d acqua e del metallo nonchè una traiettoria tale da essere rivelato tramite i due scintillatori, la misura della carica dei segnali presenti sulle uscite anodiche del modulo direzionale viene acquisita tramite un Charge to Digital Converter (QDC) LeCroy 2249W inserito in un crate CAMAC/NIM. Le stime (vedi Appendice A) mostrano che un muone, per passare l intero apparato di misura ed essere rivelato dallo scintillatore inferiore, deve possedere un energia superiore a 400MeV,ovveroβ =0.97; abbiamo, allora, che, assumendo n = 1.33 per l acqua e trascurando la dispersione, l angolo di Cherenkov per le particelle rivelate varia tra 39 e 41. Il QDC è stato letto con una risoluzione pari ad 1 pc. E stata effettuata una taratura del QDC tramite un acquisizione in cui non sono stati forniti segnali in ingresso; in questo modo è stato possibile eliminare gli offset sui quattro canali del QDC utilizzati agendo su opportuni trimmer. Poichè il QDC utilizzato misura unicamente la carica di segnali negativi, si è deciso di utilizzare il filtro presente nella scheda di Front End a monte del modulo stesso. Il filtro, infatti, essendo un integratore compie un operazione di media sui segnali al suo ingresso ed è in grado, quindi, di ridurre l ampiezza dei segnali indotti preservando l informazione dei segnali buoni. Come detto precedentemente, il trigger della misura è dato dai due scintillatori posti sulle basi della cisterna. In particolare, i due segnali, una volta sincronizzati attraverso ritardi costituiti da cavi di opportuna lunghezza, vengono indirizzati ad un discriminatore NIM EG&G ESNCF8000. I segnali discriminati vengono inviati ad un modulo NIM che funge da and. In particolare, i due segnali vengono inseriti in un LeCroy 365AL 4 Fold Logic Unit che genera, per ogni coincidenza, un segnale logico di lunghezza fissata a 60 ns; questo viene utilizzato come gate per l acquisizione del QDC.

93 6.3. MISURA DI DISTRIBUZIONE ANGOLARE 85 Figura 6.9: Apparato di acquisizione dati utilizzato per il test del modulo ottico. Figura 6.10: Logica dell apparato di acquisizione dati utilizzato per il test del modulo ottico. Il modulo ottico è stato fissato in modo tale che, per θ =90,ilsettore A1 fosse rivolto verso l alto; di conseguenza, in tale condizione A3 è rivolto verso il basso mentre A2 ed A4 sono disposti lateralmente. E stato osservato un disallineamento tra il centro della sfera ed il centro degli scintillatori pari acirca7 ; per questo motivo, è atteso un numero maggiore di fotoelettroni raccolti da A4 rispetto ad A Misura di distribuzione angolare Una volta collocato il modulo ottico nell apparato di misura è stata effettuata una misura di taratura per individuare il valore in carica del singolo fotoelettrone raccolto per ciascuna uscita anodica. Per fare ciò si è girato il modulo ottico al maggior valore dell angolo θ raggiungibile dall apparato, ossia 150 in modo tale che fosse raccolto il minor

94 86CAPITOLO 6. TEST DI DIREZIONALITÀ DEL MODULO OTTICO numero possibile di fotoelettroni; ricordiamo, infatti, che la luce Cherenkov proveniente dai muoni selezionati giunge al modulo ottico con un angolo di circa 42. A questo punto è stata lanciata una misura i cui risultati sono mostrati in Fig Conteggi [#] Anodo A1 senza fondo Entries Mean RMS Conteggi [#] Anodo A2 senza fondo Entries Mean RMS Carica [pc] Carica [pc] Conteggi [#] Anodo A3 senza fondo Entries Mean RMS Conteggi [#] Anodo A4 senza fondo Entries Mean RMS Carica [pc] Carica [pc] Figura 6.11: Misura di taratura per individuare la carica corrispondente al singolo fotoelettrone raccolto. Come riportato in Fig.6.11, l uscita A1 presenta tre picchi corrispondenti al singolo, a due e a tre fotoelettroni raccolti, mentre gli altri tre canali mostrano un solo picco distinguibile. Per questo motivo è stata realizzata una retta di taratura con i valori dei tre picchi su A1 (vedi Fig.6.12); inoltre, grazie alla taratura effettuata sul QDC, imponiamo che la retta passi per zero con un errore pari alla risoluzione del QDC stesso. Retta Taratura Carica [pc] Fotoelettroni [#] Figura 6.12: Retta di taratura realizzata con i picchi corrispondenti al singolo, a due e a tre fotoelettroni raccolti su A1.

95 6.3. MISURA DI DISTRIBUZIONE ANGOLARE 87 I valori dei picchi di singolo fotoeletrone raccolto sono mostrati in Tab.6.1. Uscita Anodica A1 A2 A3 A4 Picco singolo fotoelettrone 18.8 ± 0.4 pc 19.3 ± 0.2 pc 17.7 ± 0.2 pc 15.0 ± 0.2 pc Tabella 6.1: Picchi di singolo fotoelettrone raccolto stimati tramite la misura di Fig A questo punto sono state realizzate misure per θ =55,80,90, 105, 120, 135 e 150 così da realizzare una preliminare distribuzione angolare dei fotoelettroni raccolti sia dai singoli settori sia dall intero modulo ottico. Come esempi di tali misure riportiamo in Fig.6.13 e Fig.6.14 le misure a θ =55 e90 : Conteggi [#] Anodo A1 senza fondo Entries 2202 Mean RMS Conteggi [#] Anodo A2 senza fondo Entries 2202 Mean RMS Carica [pc] Carica [pc] Conteggi [#] Anodo A3 senza fondo Entries 2202 Mean RMS Conteggi [#] Anodo A4 senza fondo Entries 2202 Mean RMS Carica [pc] Carica [pc] Figura 6.13: Misura effettuata a θ =55.

96 88CAPITOLO 6. TEST DI DIREZIONALITÀ DEL MODULO OTTICO Conteggi [#] Anodo A1 senza fondo Entries 2278 Mean 444 RMS Conteggi [#] Anodo A2 senza fondo Entries 2278 Mean RMS Carica [pc] Carica [pc] Conteggi [#] Anodo A3 senza fondo Entries 2278 Mean RMS Conteggi [#] Anodo A4 senza fondo Entries 2278 Mean RMS Carica [pc] Carica [pc] Figura 6.14: Misura effettuata a θ =90. Per θ =55 le quattro uscite mostrano picchi centrati sostanzialmente sugli stessi valori, mentre a θ =90 A1 mostra cariche raccolte sensibilmente superiori rispetto ad A2 e A4 e ancora maggiormente rispetto ad A3. Questo si spiega facilmente poichè perθ =55 il fotocatodo del modulo ottico è illuminato quasi uniformemente dalla luce Cherenkov, mentre per θ =90 la luce incide principalmente su A1 essendo A3 rivolto verso il basso. Infine, è stato realizzato un grafico che mostra in funzione dell angolo θ la distribuzione dei fotoelettroni raccolti sia dai singoli settori del fotomoltiplicatore sia dall intero strumento; tale grafico è mostrato in Fig Fotoelettroni [#] Distribuzione Angolare A1 A2 A3 A4 Plot Somma Theta [deg] Figura 6.15: Distribuzione angolare dei fotoelettroni raccolti dai singoli settori del fotomoltiplicatore sia dall intero strumento in funzione dell angolo.

97 6.3. MISURA DI DISTRIBUZIONE ANGOLARE 89 Notiamo come il massimo numero di fotoelettroni raccolti da A1 sia posizionato intorno a θ =90 coerentemente con quanto atteso. La distribuzione angolare dei fotoelettroni raccolti sull intero fotocatodo, invece, mostra un massimo intorno ai θ =55. Il fatto che A4 raccolga più fotoelettroni di A2 è in accordo al suddetto problema di disallineamento tra sfera e scintillatori. E stato eseguito un fit sulle distribuzioni angolari di A1 e dell intero modulo ottico assumendo un andamento gaussiano; da questi si ricava per il singolo settore un massimo posto a 90.7 ± 0.8 ed una larghezza della distribuzione pari a 33 ± 1, mente per l intero modulo ottico il massimo è posto a 45 ± 0.7 con una larghezza della gaussiana pari a 54.1 ± 0.9.

98 90CAPITOLO 6. TEST DI DIREZIONALITÀ DEL MODULO OTTICO

99 Capitolo 7 Conclusioni Questo lavoro di tesi si è concentrato sulla realizzazione di un prototipo di modulo ottico direzionale studiato per migliorare le prestazioni di un telescopio per neutrini astrofisici del volume sensibile pari ad un km 3,inparticolare quello progettato dalla collaborazione NEMO. Tale modulo ottico è realizzato grazie ad un nuovo tipo di fotomoltiplicatori direzionali di grande area sviluppati proprio per questo scopo: essi sono muniti di quattro catene dinodiche separate e campi elettrostatici che raccolgono gli elettroni generati sul fotocatodo dall interazione della luce con lo stesso suddividendolo, di fatto, in quattro settori. In questo modo è possibile risalire alla direzione di arrivo della luce osservata e quindi avere notevoli vantaggi nella ricostruzione degli eventi osservati dal telescopio. Come prima cosa, è stata caratterizzata e sviluppata l elettronica di Front End necessaria per interfacciare questo nuovo tipo di modulo ottico al sistema di acquisizione realizzato per NEMO, il quale prevede l impiego di moduli ottici tradizionali. Per fare ciò, la scheda di FrontEndesegue una operazione di somma sulle quattro uscite anodiche mandando il risultato allo stadio di acquisizione e contemporaneamente fornisce in uscita una stringa di quattro bit contenenti l informazione su quali settori hanno effettivamente osservato luce. Poichè sulle uscite anodiche del fotomoltiplicatore sono presenti segnali di cross talk dall andamento bipolare, probabilmente dovuti al fatto che le tensioni dei dinodi sono comuni essendo fornite dallo stesso partitore, è stato sviluppato un sistema di riconoscimento di tali segnali spuri. Esso è costituito da coppie di discriminatori che analizzano le uscite anodiche del fotomoltiplicatore; in questo modo i segnali di cross talk non vengono scambiati per segnali buoni. La prima misura effettuata è stata relativa al guadagno del fotomoltiplicatore utilizzato; in particolare è stato evidenziato come una delle catene 91

100 92 CAPITOLO 7. CONCLUSIONI dinodiche presenti un guadagno inferiore alle altre tre di circa il 20%. Poichè questo effetto è stato osservato in precedenti misure effettuate su un altro prototipo di fotomoltiplicatore multianodico, si può pensare che esso sia dovuto ad un problema di geometria delle catene dinodiche. In seguito è stata effettuata una serie di misure per analizzare in modo approfondito la natura dei segnali di cross talk illuminando uno solo dei settori ed andando ad esaminare le altre uscite anodiche. In particolare, è emerso il fatto che, oltre ai suddetti segnali indotti, sono presenti singoli fotoelettroni raccolti dalle catene dinodiche non corrispondenti al settore illuminato. I segnali dovuti a tale problema di raccolta non devono essere scambiati dal sistema di discriminatori per cross talk essendo questi segnali buoni a tutti gli effetti. Sono stati successivamente regolati i discriminatori di ciascun canale per effettuare un taglio sullo spettro dei fotoelettroni raccolti posto ad un terzo del picco di singolo fotoelettrone. Il taglio si è rivelato essere piuttosto netto verificando il corretto funzionamento del sistema di discriminazione. In seguito, sono stati impostati i livelli dei discriminatori di veto in modo da riconoscere la forma dei segnali spuri. In questo modo, illuminando un settore, in particolare A3, i conteggi sulle uscite anodiche non corrispondenti al settore illuminato si mantengono al di sotto del 20% dei conteggi presenti sulla rimanente uscita, mentre senza il riconoscimento dei segnali indotti tale valore supera l 80%; bisogna tenere presente, inoltre, che nel precedente 20% sono presenti i segnali buoni dovuti ai problemi di raccolta precedentemente descritti. E stata effettuata una misura simile alla precedente in funzione del punto di illuminazione del fotocatodo; quest ultima mostra come i problemi di raccolta siano notevolmente accentuati, come atteso, nelle zone di confine tra i vari settori, riducendosi allorchè venga illuminato il centro di un settore. Infine è stato realizzato un istogramma che mostra quale parte dello spettro indotto venga tagliato dal sistema dei doppi discriminatori. Quest ultimo evidenzia come tale sistema tagli correttamente la parte di segnali indotti preservando il picco di singolo fotoelettrone raccolto. E stato poi realizzato il prototipo di modulo ottico direzionale e posto in un apparato di test per verificarne la direzionalità. In particolare sono stati selezionati muoni atmosferici con traiettoria lungo la verticale; in questo modo, essendo nota la direzione di arrivo della luce Cherenkov prodotta da queste particelle in acqua, si è potuta realizzare una preliminare distribuzione angolare della luce raccolta sia dai singoli settori del fotomoltiplicatore sia dall intero modulo ottico. E stato eseguito un fit sulle

101 93 distribuzioni angolari di A1 e dell intero modulo ottico assumendo un andamento gaussiano; da questi si ricava per il singolo settore un massimo posto a90.7 ± 0.8 ed una larghezza della distribuzione pari a 33 ± 1,mente per l intero modulo ottico il massimo èpostoa45± 0.7 con una larghezza della gaussiana pari a 54.1 ± 0.9. Possiamo concludere che la direzionalità è stata verificata in modo soddisfacente.

102 94 CAPITOLO 7. CONCLUSIONI

103 Appendice A Condizione di singolo fotoelettrone Per stabilire se l illuminazione del tubo fotomoltiplicatore è tale da garantire la raccolta di un solo fotoelettrone senza contributi significativi dovuti a due o più fotoelettroni, si può ricorrere alla distribuzione di Poisson[43]. Se si suppone che la probabilità P (n) di emissione di n fotoelettroni dal fotocatodo per impulso luminoso incidente segua la statistica di Poisson si avrà: P (n) = nn e n n! dove n è il numero medio di fotoelettroni raccolti per impulso luminoso incidente sul fotocatodo. Dalla precedente si ha: P (n) P (1) = nn 1 n! In condizione di singolo fotoelettrone, il valore di n è dato dal rapporto tra rate di segnali presenti sulle uscite anodiche e rate di impulsi luminosi incidenti sul fotocatodo; se stabiliamo che esso sia pari a 0.02, otteniamo: P (2) P (1) =0.01; P (3) P (1) =710 5 ; ecc. Se, quindi, il rapporto tra rate di segnali sulle uscite anodiche e quello di impulsi luminosi incidenti sul fotocatodo è pari al 2%, il contributo allo spettro di singolo fotoelettrone raccolto misurato dovuto a due fotoelettroni è inferiore all 1%. 95

104 96 APPENDICE A. CONDIZIONE DI SINGOLO FOTOELETTRONE

105 Appendice B Energia di soglia per i muoni rivelati Per capire come il piombo garantisca la rivelazione dei soli muoni fortemente relativistici guardiamo la Fig. B.1 [15]. Figura B.1: Range di particelle cariche pesanti in idrogeno liquido, elio gassoso, carbonio, ferro e piombo. Nel nostro caso lo spessore di piombo èparia5cm per cui, sapendo che 97

Ricostruzione di tracce in un telescopio erenkov sottomarino per neutrini astrofisici di alta energia

Ricostruzione di tracce in un telescopio erenkov sottomarino per neutrini astrofisici di alta energia Tesi di Laurea in Fisica Ricostruzione di tracce in un telescopio erenkov sottomarino per neutrini astrofisici di alta energia Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Candidato Dario Benvenuti

Dettagli

Effetto Cherenkov - 1

Effetto Cherenkov - 1 Effetto Cherenkov - 1 Particelle cariche, che attraversano un mezzo denso con velocità superiore a quella con cui si propaga la luce nello stesso mezzo, emettono radiazione elettromagnetica che si propaga

Dettagli

Sommario. 1. I Raggi Cosmici Alcuni effetti dei RC sulla vita quotidiana. i. Generalità e prime osservazioni ii. iii.

Sommario. 1. I Raggi Cosmici Alcuni effetti dei RC sulla vita quotidiana. i. Generalità e prime osservazioni ii. iii. Sommario 1. I Raggi Cosmici i. Generalità e prime osservazioni ii. Misure dirette e composizione chimica a. La nostra Galassia b. Le Supernovae originano i RC iii. Misure Indirette a. Possibili sorgenti

Dettagli

Evidenza delle diverse famiglie di neutrini

Evidenza delle diverse famiglie di neutrini Fenomenologia del Modello Standard Prof. A. Andreazza Lezione 2 Evidenza delle diverse famiglie di neutrini Diversi tipi di neutrini Agli inizi degli anni 60 si sapeva che il numero leptonico era conservato

Dettagli

Bosone. Particella a spin intero, che obbedisce alla statistica di Bose-Einstein, che è opposta a quella di Fermi-Dirac.

Bosone. Particella a spin intero, che obbedisce alla statistica di Bose-Einstein, che è opposta a quella di Fermi-Dirac. Particelle ed Interazioni fondamentali Fermione. Particella a spin semintero, che obbedisce alla statistica di Fermi-Dirac, cioè due fermioni con gli stessi numeri quantici non possono coesistere in uno

Dettagli

Misura del coefficiente di assorbimento di vari materiali in funzione dell'energia del fascio dei fotoni incidenti

Misura del coefficiente di assorbimento di vari materiali in funzione dell'energia del fascio dei fotoni incidenti materiali in funzione dell'energia del fascio dei fotoni Esperto Qualificato LNF - INFN Interazioni delle particelle indirettamente ionizzanti con la materia Le particelle indirettamente ionizzanti, principalmente

Dettagli

Unità didattica 10. Decima unità didattica (Fisica) 1. Corso integrato di Matematica e Fisica per il Corso di Farmacia

Unità didattica 10. Decima unità didattica (Fisica) 1. Corso integrato di Matematica e Fisica per il Corso di Farmacia Unità didattica 10 Radioattività... 2 L atomo... 3 Emissione di raggi x... 4 Decadimenti nucleari. 6 Il decadimento alfa.... 7 Il decadimento beta... 8 Il decadimento gamma...... 9 Interazione dei fotoni

Dettagli

Theory Italiano (Italy)

Theory Italiano (Italy) Q3-1 Large Hadron Collider (10 punti) Prima di iniziare questo problema, leggi le istruzioni generali nella busta a parte. In questo problema è discussa la fisica dell acceleratore di particelle del CERN

Dettagli

CAPITOLO 5. Stima della frequenza dei segnali dovuta al 40 K

CAPITOLO 5. Stima della frequenza dei segnali dovuta al 40 K CAPITOLO 5 Stima della frequenza dei segnali dovuta al 40 K 5.1 Simulazione dei segnali registrabili con i fotomoltiplicatori. Nei capitoli precedenti, dopo aver illustrato brevemente la motivazione per

Dettagli

L energia assorbita dall atomo durante l urto iniziale è la stessa del fotone che sarebbe emesso nel passaggio inverso, e quindi vale: m

L energia assorbita dall atomo durante l urto iniziale è la stessa del fotone che sarebbe emesso nel passaggio inverso, e quindi vale: m QUESITI 1 Quesito Nell esperimento di Rutherford, una sottile lamina d oro fu bombardata con particelle alfa (positive) emesse da una sorgente radioattiva. Secondo il modello atomico di Thompson le particelle

Dettagli

III. Rivelazione di neutrini di alta energia

III. Rivelazione di neutrini di alta energia III. Rivelazione di neutrini di alta energia I telescopi per neutrini di alta energia sono in realtà rivelatori dei leptoni (muoni ed elettroni) originati nelle interazioni di neutrini: ricostruendo la

Dettagli

FISICA delle APPARECCHIATURE per RADIOTERAPIA

FISICA delle APPARECCHIATURE per RADIOTERAPIA Anno Accademico 2012-2013 Corso di Laurea in Tecniche Sanitarie di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia FISICA delle APPARECCHIATURE per RADIOTERAPIA Marta Ruspa 20.01.13 M. Ruspa 1 ONDE ELETTROMAGNETICHE

Dettagli

I Neutrini e l'asimmetria tra la materia e l'antimateria nell'universo

I Neutrini e l'asimmetria tra la materia e l'antimateria nell'universo I Neutrini e l'asimmetria tra la materia e l'antimateria nell'universo Journal Club 20 marzo 2015 Serena Palazzo Il Modello Standard Teoria fisica che descrive le componenti prime della materia e le loro

Dettagli

Università degli Studi di Milano. Percorsi della laurea Magistrale in Fisica

Università degli Studi di Milano. Percorsi della laurea Magistrale in Fisica Università degli Studi di Milano Percorsi della laurea Magistrale in Fisica Docente Tutor: prof. Emanuela Meroni Corsi Obbligatori AMBITO DISCIPLINARE "Sperimentale Applicativo Elettrodinamica Classica

Dettagli

Problemi per il corso di teoria delle interazioni fondamentali giugno 2005

Problemi per il corso di teoria delle interazioni fondamentali giugno 2005 Problemi per il corso di teoria delle interazioni fondamentali giugno 2005 Primo Modulo 1. Urto Bhabha Determinare la sezione d urto differenziale per l urto e + e e + e, nel limite di alta energia in

Dettagli

Interazione radiazione materia Dott.ssa Alessandra Bernardini

Interazione radiazione materia Dott.ssa Alessandra Bernardini Interazione radiazione materia Dott.ssa Alessandra Bernardini 1 Un po di storia Lo studio delle radiazioni ionizzanti come materia di interesse nasce nel novembre del 1895 ad opera del fisico tedesco Wilhelm

Dettagli

Modello Standard e oltre. D. Babusci MasterClass 2007

Modello Standard e oltre. D. Babusci MasterClass 2007 Modello Standard e oltre D. Babusci MasterClass 2007 Fisica delle Particelle Elementari (FdP) Si interessa del comportamento fisico dei costituenti fondamentali del mondo, i.e. di oggetti al contempo molto

Dettagli

FAM A+B C. Considera la disintegrazione di una particella A in due particelle B e C: A B +C.

FAM A+B C. Considera la disintegrazione di una particella A in due particelle B e C: A B +C. Serie 19: Relatività VIII FAM C. Ferrari Esercizio 1 Collisione completamente anelastica Considera la collisione frontale di due particelle A e B di massa M A = M B = M e v A = v B = 3/5c, tale che alla

Dettagli

Adroni e quarks. MeV e 135 MeV rispettivamente e I =1,-1,0

Adroni e quarks. MeV e 135 MeV rispettivamente e I =1,-1,0 Adroni e quarks L'interazione forte non distingue tra neutrone e protone, essi sono quasi degeneri in massa (938.3 939.6 MeV) Heisenberg ipotizzo' che neutrone e protone fossero due stati delle stessa

Dettagli

Tutti i colori dell Universo. Roberto Battiston INFN e Universita di Perugia Laboratori di Frascati 6 ottobre 2004

Tutti i colori dell Universo. Roberto Battiston INFN e Universita di Perugia Laboratori di Frascati 6 ottobre 2004 Tutti i colori dell Universo Roberto Battiston INFN e Universita di Perugia Laboratori di Frascati 6 ottobre 2004 1 2 3 L universo si studia osservando le informazioni = particelle che esso ci invia 4

Dettagli

Dove siamo con la ricerca sulla materia oscura?

Dove siamo con la ricerca sulla materia oscura? Dove siamo con la ricerca sulla materia oscura? Seminari di Fisica Dipartimento di Fisica dell Universita di Torino 26 gennaio 2016 Alessandro Bottino Evidenze osservative di presenza di materia oscura

Dettagli

FISICA NUCLEARE E SUBNUCLEARE II

FISICA NUCLEARE E SUBNUCLEARE II Programma del del corso di di FISICA NUCLEARE E SUBNUCLEARE II A.A. A.A. 2005-2006 2005-2006 III III Trimestre Trimestre Carlo Carlo Dionisi Dionisi Testi Consigliati [ APP-CD] Appunti del corso di Carlo

Dettagli

Emissione α. La sua carica elettrica è pari a +2e La sua massa a riposo è circa 7x10-27 kg.

Emissione α. La sua carica elettrica è pari a +2e La sua massa a riposo è circa 7x10-27 kg. Reazioni nucleari Un nucleo instabile può raggiungere una nuova condizione di stabilità attraverso una serie di decadimenti con emissione di particelle α, β, γ o di frammenti nucleari (fissione). Emissione

Dettagli

Se la funzione è analiticamente invertibile, estratto q, si può ricavare x = x(q).

Se la funzione è analiticamente invertibile, estratto q, si può ricavare x = x(q). La tecnica Monte Carlo Il metodo Monte Carlo è basato sulla scelta di eventi fisici con una probabilità di accadimento nota a priori. sia p(x) la distribuzione di probabilità con la quale si manifesta

Dettagli

Programma del corso di Particelle Elementari

Programma del corso di Particelle Elementari Programma del corso di Particelle Elementari 1. Le interazioni fondamentali 1.1 Costituenti elementari 1.2 Quark e colore 1.3 Il colore come carica dell interazione nucleare 1.4 Unità naturali 1.5 Interazione

Dettagli

Introduzione. Elementi di Fisica delle Particelle Elementari. Diego Bettoni Anno Accademico

Introduzione. Elementi di Fisica delle Particelle Elementari. Diego Bettoni Anno Accademico Introduzione Elementi di Fisica delle Particelle Elementari Diego Bettoni Anno Accademico 006-007 Programma del corso 1. Introduzione.. Simmetrie discrete: P, C, T. 3. Isospin, stranezza, G-parità. 4.

Dettagli

Tracciamento di raggi cosmici con il telescopio EEE Esperienza 1

Tracciamento di raggi cosmici con il telescopio EEE Esperienza 1 Laboratorio di Fisica delle Interazioni Fondamentali Università di Pisa Tracciamento di raggi cosmici con il telescopio EEE Esperienza 1 Introduzione L esperienza consiste nella misura dell intensità e

Dettagli

L'Insostenibile Velocità del Neutrino

L'Insostenibile Velocità del Neutrino L'Insostenibile Velocità del Neutrino Roberto Ferrari Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Liceo Scientifico Marconi - Sommario 1: i neutrini 2: la produzione 3: la rivelazione 2 2 1. i neutrini 3 3 i

Dettagli

Il Modello Standard delle particelle

Il Modello Standard delle particelle Il Modello Standard delle particelle Vittorio Del Duca INFN LNF Stages Estivi 12 giugno 2012 Elementi La materia è fatta di elementi con definite proprietà chimiche Atomi Ciascun elemento ha come mattone

Dettagli

Il neutrino e la materia oscura: fra curiosità e precarietà. Gianfranca De Rosa Dip. di Scienze Fisiche & INFN

Il neutrino e la materia oscura: fra curiosità e precarietà. Gianfranca De Rosa Dip. di Scienze Fisiche & INFN Il neutrino e la materia oscura: fra curiosità e precarietà Gianfranca De Rosa Dip. di Scienze Fisiche & INFN Di contratto in contratto Produzione di Charm in interazioni di neutrino Ricerca di Oscillazioni

Dettagli

Alberto Filipuzzi. Modello standard e verifiche sperimentali di θ W da DIS di ν

Alberto Filipuzzi. Modello standard e verifiche sperimentali di θ W da DIS di ν Alberto Filipuzzi Modello standard e verifiche sperimentali di θ W da DIS di ν Anno accademico 2005-2006 Divergenze delle sezioni d urto Il calcolo delle sezioni d urto per lo scattering ν e -e pensate

Dettagli

Raggi cosmici. Introduzione

Raggi cosmici. Introduzione Raggi cosmici Introduzione Cenni storici Agli inizi del 1900 gli scienziati si trovavano di fronte a un problema che non riuscivano a spiegare: sembrava che nell ambiente ci fosse molta più radiazione

Dettagli

Stima di flussi di neutrini di alta energia, da sorgenti astrofisiche extragalattiche, misurabili con il telescopio Cherenkov sottomarino ANTARES.

Stima di flussi di neutrini di alta energia, da sorgenti astrofisiche extragalattiche, misurabili con il telescopio Cherenkov sottomarino ANTARES. UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Stima di flussi di neutrini di alta energia, da sorgenti astrofisiche extragalattiche, misurabili con il telescopio

Dettagli

INTRODUZIONE ALLA RELATIVITÀ SPECIALE: Dalla seconda legge di Newton a E = mc 2. 8 marzo 2017

INTRODUZIONE ALLA RELATIVITÀ SPECIALE: Dalla seconda legge di Newton a E = mc 2. 8 marzo 2017 INTRODUZIONE ALLA RELATIVITÀ SPECIALE: Dalla seconda legge di Newton a E = mc 2 8 marzo 2017 Piano della presentazione Trasformazioni di Lorentz Red Shift Relatività e leggi di Newton Galileo Seconda Legge

Dettagli

TRACCIAMENTO DI RAGGI COSMICI

TRACCIAMENTO DI RAGGI COSMICI Laboratorio di Fisica delle Interazioni Fondamentali Università di Pisa TRACCIAMENTO DI RAGGI COSMICI Introduzione L esperienza consiste nella misura dell intensità e delle distribuzioni angolari dei raggi

Dettagli

misure di guadagno in una camera MWPC m. avalle - i. bernava - f. brazzi - a. iannone - m. piersanti

misure di guadagno in una camera MWPC m. avalle - i. bernava - f. brazzi - a. iannone - m. piersanti misure di guadagno in una camera MWPC m. avalle - i. bernava - f. brazzi - a. iannone - m. piersanti sommario descrizione apparato sperimentale misure di calibrazione e simulazione con Garfield analisi

Dettagli

La relatività generale. Lezioni d'autore

La relatività generale. Lezioni d'autore La relatività generale Lezioni d'autore Il GPS (RaiScienze) VIDEO Einstein e la teoria della relativita (History Channel) VIDEO Einstein: dimostrazione della teoria generale della gravità (History Channel))

Dettagli

MISURA DELLA MASSA DELL ELETTRONE

MISURA DELLA MASSA DELL ELETTRONE MISURA DELLA MASSA DELL ELETTRONE di Arianna Carbone, Giorgia Fortuna, Nicolò Spagnolo Liceo Scientifico Farnesina Roma Interazioni tra elettroni e fotoni Per misurare la massa dell elettrone abbiamo sfruttato

Dettagli

DECADIMENTO RADIOATTIVO

DECADIMENTO RADIOATTIVO DECADIMENTO RADIOATTIVO Emissione di una o più particelle da parte di un nucleo. Tutti i decadimenti (tranne il decad. γ) cambiano Z e/o N del nucleo. Radionuclidi = Nuclidi radioattivi presenti in natura:

Dettagli

La Sezione di Padova dell INFN

La Sezione di Padova dell INFN La Sezione di Padova dell INFN Le sedi INFN 19 Sezioni 11 Gruppi collegati 4 Laboratori Centro Nazionale di Calcolo VIRGO : European Gravitational Observatory F. Murtas La missione dell INFN Promuovere,

Dettagli

MISURA DI SEN 2 (θ ) W DALL INTERAZIONE. Valentina Zambrano

MISURA DI SEN 2 (θ ) W DALL INTERAZIONE. Valentina Zambrano MISURA DI SEN DA INTERAZIONE N. Valentina Zambrano Correnti Cariche e Correnti Neutre CC: cambia lo stato di carica del vertice d interazione. e u e NC: non cambia lo stato di carica del vertice d interazione.

Dettagli

Fisica delle particelle oggi Il Modello Standard and Beyond

Fisica delle particelle oggi Il Modello Standard and Beyond NewDark Fisica delle particelle oggi Il Modello Standard and Beyond - Bosone di Higgs - SuperSimmetria - Astroparticle & Materia Oscura Marco CIRELLI [CNRS LPTHE Jussieu] Mini-intro: - livello variabile

Dettagli

Cap. 1 Raggi cosmici. 1.1 La scoperta dei raggi cosmici.

Cap. 1 Raggi cosmici. 1.1 La scoperta dei raggi cosmici. Cap. 1 Raggi cosmici 1.1 La scoperta dei raggi cosmici. I raggi cosmici sono l insieme di particelle cariche e neutre che colpiscono la terra da tutte le direzioni. Essi furono scoperti ai primi del 900,

Dettagli

Fenomeni che evidenziano il comportamento ondulatorio della luce: interferenza e diffrazione

Fenomeni che evidenziano il comportamento ondulatorio della luce: interferenza e diffrazione Fenomeni che evidenziano il comportamento ondulatorio della luce: interferenza e diffrazione L'identificazione della luce come fenomeno ondulatorio è dovuta principalmente a Fresnel e Huyghens ed è basata

Dettagli

Elettricità e Fisica Moderna

Elettricità e Fisica Moderna Esercizi di fisica per Medicina C.Patrignani, Univ. Genova (rev: 9 Ottobre 2003) 1 Elettricità e Fisica Moderna 1) Una candela emette una potenza di circa 1 W ad una lunghezza d onda media di 5500 Å a)

Dettagli

la forma esplicita delle correzioni

la forma esplicita delle correzioni la forma esplicita delle correzioni al leading order (ma nei programmi di fit le correzioni si spingono, a seconda dei casi, ad ordini superiori) e per m H >m W le correzioni dipendenti dal flavour sono

Dettagli

Relatività. June 5, Trasformazioni di Galileo e di Lorentz

Relatività. June 5, Trasformazioni di Galileo e di Lorentz Relatività June 5, 2016 1 Trasformazioni di Lorentz 1.1 Trasformazioni di Galileo e di Lorentz a Si scriva la matrice Λ (y) che descrive un boost di Lorentz lungo l asse y. b Si scrivano le matrici G (x)

Dettagli

Spettro elettromagnetico

Spettro elettromagnetico Spettro elettromagnetico Sorgenti Finestre Tipo Oggetti rilevabili Raggi γ ev Raggi X Lunghezza d onda E hc = hν = = λ 12. 39 λ( A o ) Visibile Infrarosso icro onde Onde-radio Dimensione degli oggetti

Dettagli

Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm].

Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm]. Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm]. Esercizio9: un fotone gamma sparisce formando una coppia

Dettagli

Astrofisica e particelle elementari

Astrofisica e particelle elementari Astrofisica e particelle elementari aa 2007-08 Lezione 7 Bruno Borgia RC SECONDARI (1) Propagazione di particelle in atmosfera descritta da equazioni di trasporto, RC secondari prodotti in atmosfera dai

Dettagli

Le Stringhe alla base del nostro Universo

Le Stringhe alla base del nostro Universo Le Stringhe alla base del nostro Universo Michele Cicoli DESY, Amburgo Pesaro, 17 Dicembre 2009 Sommario Stato della conoscenza attuale sulle leggi alla base del nostro Universo Problemi fondamentali Soluzione:

Dettagli

Fisica delle Apparecchiature per Radioterapia, lez. III RADIOTERAPIA M. Ruspa 1

Fisica delle Apparecchiature per Radioterapia, lez. III RADIOTERAPIA M. Ruspa 1 RADIOTERAPIA 14.01.11 M. Ruspa 1 Con il termine RADIOTERAPIA si intende l uso di radiazioni ionizzanti altamente energetiche (fotoni X o gamma, elettroni, protoni) nel trattamento dei tumori. La radiazione

Dettagli

Nuclei Galattici Attivi e Buchi Neri. Lezione 15

Nuclei Galattici Attivi e Buchi Neri. Lezione 15 Nuclei Galattici Attivi e Buchi Neri Lezione 15 Buchi neri nei nuclei galattici Nell ipotesi che gli AGN siano alimentati da accrescimento di massa su un buco nero l attività AGN deva lasciare un resto

Dettagli

INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON CON LA LA MATERIA. Dal punto di vista dell interazione con la materia le radiazioni IONIZZANTI si classificano in:

INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON CON LA LA MATERIA. Dal punto di vista dell interazione con la materia le radiazioni IONIZZANTI si classificano in: INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE CON CON LA LA MATERIA Dal punto di vista dell interazione con la materia le radiazioni IONIZZANTI si classificano in: DIRETTAMENTE IONIZZANTI INDIRETTAMENTE IONIZZANTI Le radiazioni

Dettagli

Liceo Classico V.Gioberti

Liceo Classico V.Gioberti Liceo Classico V.Gioberti Prof.sse: P.Porta e T.Morgante Teoria della Relativita Ristretta Nel 1905 Einstein formula i postulati della Relativita Ristretta (riferita a sistemi non accelerati): 1. Le leggi

Dettagli

Misteri nell Universo

Misteri nell Universo Misteri nell Universo Quali sono le forme di materia ed energia nell universo osservabile? Quale e la ricetta (ingredienti e proporzioni) del nostro universo? 1 L eredità di Copernico Quale è la relazione

Dettagli

Raccolta di esercizi di fisica moderna

Raccolta di esercizi di fisica moderna Raccolta di esercizi di fisica moderna M. Quaglia IIS Avogadro Torino M. Quaglia (IIS Avogadro Torino) Raccolta di esercizi di fisica moderna Torino, 20/11/2014 1 / 30 Prova AIF e Sillabo http://www.aif.it/archivioa/aif_seconda_prova_di_fisica.pdf

Dettagli

PERCHE LHC? Perche acceleratori a energie sempre maggiori? Cos è il bosone di Higgs?

PERCHE LHC? Perche acceleratori a energie sempre maggiori? Cos è il bosone di Higgs? PERCHE LHC? Perche acceleratori a energie sempre maggiori? Cos è il bosone di Higgs? La fisica delle particelle elementari e governata dalle leggi della Relativita e della Meccanica Quantistica. Perché

Dettagli

Dinamica relativistica Cenni di relatività generale Corso Mathesis Roma 2016 Prof. Sergio Savarino

Dinamica relativistica Cenni di relatività generale Corso Mathesis Roma 2016 Prof. Sergio Savarino Dinamica relativistica Cenni di relatività generale Corso Mathesis Roma 2016 Prof. Sergio Savarino Dinamica relativistica Quantità di moto relativistica: Massa relativistica: (1+z) 3 =1+3z+3z 2 +z 3 se

Dettagli

Particelle e interazioni

Particelle e interazioni Particelle e interazioni Fernow La fisica delle particelle si occupa dei costituenti elementari della materia e delle interazioni fra essi Gli strumenti fondamentali sono gli acceleratori ed i rivelatori

Dettagli

introduzione alla fisica subnucleare

introduzione alla fisica subnucleare introduzione alla isica subnucleare AA 2006/07 Giovanni Busetto 1 la isica subnucleare oggi gli elementi del Modello Standard AA 2006/07 Giovanni Busetto 2 la isica subnucleare oggi 3 interazioni ondamentali

Dettagli

Cap. 2 I telescopi a neutrini

Cap. 2 I telescopi a neutrini Cap. I telescopi a neutrini.1 Schema di principio I neutrini interagiscono con la materia solo attraverso le interazioni deboli, per questo la loro lunghezza di attenuazione è enorme, e per questo i rivelatori

Dettagli

5.4 Larghezza naturale di una riga

5.4 Larghezza naturale di una riga 5.4 Larghezza naturale di una riga Un modello classico più soddisfacente del processo di emissione è il seguente. Si considera una carica elettrica puntiforme in moto armonico di pulsazione ω 0 ; la carica,

Dettagli

CARATTERISTICHE DELLE STELLE

CARATTERISTICHE DELLE STELLE CARATTERISTICHE DELLE STELLE Lezioni d'autore di Claudio Censori VIDEO Introduzione I parametri stellari più importanti sono: la le la la luminosità, dimensioni, temperatura e massa. Una stella è inoltre

Dettagli

La radioattività. La radioattività è il fenomeno per cui alcuni nuclei si trasformano in altri emettendo particelle e/ radiazioneni elettromagnetiche.

La radioattività. La radioattività è il fenomeno per cui alcuni nuclei si trasformano in altri emettendo particelle e/ radiazioneni elettromagnetiche. La radioattività La radioattività è il fenomeno per cui alcuni nuclei si trasformano in altri emettendo particelle e/ radiazioneni elettromagnetiche. La radioattività: isotopi. Il numero totale di protoni

Dettagli

Radioattività. 1. Massa dei nuclei. 2. Decadimenti nucleari. 3. Legge del decadimento XVI - 0. A. Contin - Fisica Generale Avanzata

Radioattività. 1. Massa dei nuclei. 2. Decadimenti nucleari. 3. Legge del decadimento XVI - 0. A. Contin - Fisica Generale Avanzata Radioattività 1. Massa dei nuclei 2. Decadimenti nucleari 3. Legge del decadimento XVI - 0 Nucleoni Protoni e neutroni sono chiamati, indifferentemente, nucleoni. Il numero di protoni (e quindi di elettroni

Dettagli

Nadia Pastrone. Lezioni sui Rivelatori - Torino - 3 maggio 2004

Nadia Pastrone. Lezioni sui Rivelatori - Torino - 3 maggio 2004 Lezioni sui Rivelatori - Torino - Effetto Cherenkov Rivelatori Cherenkov a soglia Rivelatori Cherenkov differenziali RICH: Ring Imaging Cherenkov Counters DIRC: Detector of Internally Reflected Cherenkov

Dettagli

Le Interazioni Fondamentali delle Particelle Elementari

Le Interazioni Fondamentali delle Particelle Elementari Le Interazioni Fondamentali delle Particelle Elementari Roberto Passante Dipartimento di Scienze Fisiche ed Astronomiche, Università di Palermo ITI Mottura, Caltanissetta, 27 Marzo 2009 Struttura dell

Dettagli

Spettro di corpo nero, temperatura di brillanza e temperatura di antenna

Spettro di corpo nero, temperatura di brillanza e temperatura di antenna Spettro di corpo nero, temperatura di brillanza e temperatura di antenna Aniello Mennella Università degli Studi di Milano Dipartimento di Fisica Cosa trattiamo oggi Lo spettro di corpo nero Perché il

Dettagli

Lo Spettro Elettromagnetico

Lo Spettro Elettromagnetico Spettroscopia 1 Lo Spettro Elettromagnetico Lo spettro elettromagnetico è costituito da un insieme continuo di radiazioni (campi elettrici e magnetici che variano nel tempo, autogenerandosi) che va dai

Dettagli

Istituzioni di Fisica Nucleare e Subnucleare Prof. A. Andreazza. Lezione 10. Fusione nucleare

Istituzioni di Fisica Nucleare e Subnucleare Prof. A. Andreazza. Lezione 10. Fusione nucleare Istituzioni di Fisica Nucleare e Subnucleare Prof. A. Andreazza Lezione 10 Fusione nucleare Fusione nucleare (Das-Ferbel, cap. 5.3) Abbiamo già accennato alla fusione nucleare che costituisce la sorgente

Dettagli

L irraggiamento termico

L irraggiamento termico L irraggiamento termico Trasmissione del Calore - 42 Il calore può essere fornito anche mediante energia elettromagnetica; ciò accade perché quando un fotone, associato ad una lunghezza d onda compresa

Dettagli

Corso di laboratorio di fisica della materia Prof. Mario Rocca AA Il progresso delle conoscenze in Fisica è indissolubilmente legato al

Corso di laboratorio di fisica della materia Prof. Mario Rocca AA Il progresso delle conoscenze in Fisica è indissolubilmente legato al Corso di laboratorio di fisica della materia Prof. Mario Rocca AA 2012-2013 Il progresso delle conoscenze in Fisica è indissolubilmente legato al progresso nei metodi di indagine sperimentale. Il corso

Dettagli

Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali. Corso di Laurea Magistrale in Fisica

Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali. Corso di Laurea Magistrale in Fisica Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in Fisica Calibrazione di un detector a scintillazione per la rivelazione di particelle secondarie di 20-250 MeV di energia

Dettagli

Capitolo 2. Il Suono in Acqua. Propagazione di un segnale acustico in ambiente sottomarino

Capitolo 2. Il Suono in Acqua. Propagazione di un segnale acustico in ambiente sottomarino Capitolo 2 Il Suono in Acqua Propagazione di un segnale acustico in ambiente sottomarino Nel seguito presentiamo, in forma schematica, i concetti fondamentali per la descrizione della propagazione del

Dettagli

Convezione Conduzione Irraggiamento

Convezione Conduzione Irraggiamento Sommario Cenni alla Termomeccanica dei Continui 1 Cenni alla Termomeccanica dei Continui Dai sistemi discreti ai sistemi continui: equilibrio locale Deviazioni dalle condizioni di equilibrio locale Irreversibilità

Dettagli

LE RADIAZIONI IONIZZANTI

LE RADIAZIONI IONIZZANTI LE RADIAZIONI IONIZZANTI Generalità Le radiazioni ionizzanti sono, per definizione, onde elettromagnetiche e particelle capaci di causare, direttamente o indirettamente, la ionizzazione degli atomi e delle

Dettagli

Cenni di fisica moderna

Cenni di fisica moderna Cenni di fisica moderna 1 fisica e salute la fisica delle radiazioni è molto utilizzata in campo medico esistono applicazioni delle radiazioni non ionizzanti nella terapia e nella diagnosi (laser per applicazioni

Dettagli

Introduzione alle particelle elementari

Introduzione alle particelle elementari Introduzione alle particelle elementari Christian Ferrari Liceo di Locarno Sommario 1 Introduzione Quadro generale e dimensioni del mondo microscopico Atomi, nuclei e nuove particelle Le particelle elementari

Dettagli

Meccanica quantistica Mathesis 2016 Prof. S. Savarino

Meccanica quantistica Mathesis 2016 Prof. S. Savarino Meccanica quantistica Mathesis 2016 Prof. S. Savarino Quanti Corpo nero: è un oggetto che assorbe tutta la radiazione senza rifletterla. Come una corda legata agli estremi può produrre onde stazionarie

Dettagli

INTERAZIONI DELLE RADIAZIONI CON LA MATERIA

INTERAZIONI DELLE RADIAZIONI CON LA MATERIA M. Marengo INTERAZIONI DELLE RADIAZIONI CON LA MATERIA Servizio di Fisica Sanitaria Ospedale Policlinico S.Orsola - Malpighi, Bologna mario.marengo@unibo.it Si definiscono radiazioni ionizzanti tutte le

Dettagli

Il Nucleo. Dimensioni del nucleo dell'ordine di 10. m Il raggio nucleare R = R 0 -15

Il Nucleo. Dimensioni del nucleo dell'ordine di 10. m Il raggio nucleare R = R 0 -15 Il Nucleo Nucleo e' costituito da nucleoni (protoni e neutroni). Mentre i neutroni liberi sono abbastanza instabili tendono a decadere in un protone ed un elettrone (t 1/2 circa 900 s), i protoni sono

Dettagli

4. Lo spettro discreto: emissione e assorbimento di luce da parte di atomi stato fondamentale stati eccitati

4. Lo spettro discreto: emissione e assorbimento di luce da parte di atomi stato fondamentale stati eccitati 4. Lo spettro discreto: emissione e assorbimento di luce da parte di atomi Accanto allo spettro continuo che i corpi emettono in ragione del loro stato termico, si osservano spettri discreti che sono caratteristici

Dettagli

Big Bang ed Evoluzione dell Universo. NUOVO ISTITUTO CARDUCCI SIENA 03 DICEMBRE 2010 DOCENTE : Angela Dami

Big Bang ed Evoluzione dell Universo. NUOVO ISTITUTO CARDUCCI SIENA 03 DICEMBRE 2010 DOCENTE : Angela Dami Big Bang ed Evoluzione dell Universo NUOVO ISTITUTO CARDUCCI SIENA 03 DICEMBRE 010 DOCENTE : Angela Dami Universo stazionario Redshift dello spettro delle radiazioni emanate dalle galassie Scoperta di

Dettagli

ONDE ELETTROMAGNETICHE

ONDE ELETTROMAGNETICHE ONDE ELETTROMAGNETICHE ESERCIZIO 1 Un onda elettromagnetica piana di frequenza ν = 7, 5 10 14 Hz si propaga nel vuoto lungo l asse x. Essa è polarizzata linearmente con il campo E che forma l angolo ϑ

Dettagli

Spettro della galassia di Seyfert NGC 4151

Spettro della galassia di Seyfert NGC 4151 Spettro della galassia di Seyfert NGC 4151 Misura del redshift e della larghezza delle righe di emissione Enrico Ferrari & Michele Previatello Istituto Tecnico Industriale Severi - Padova (22 Aprile 2005)

Dettagli

L'origine della massa e il bosone di Higgs. Massimo Casarsa Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sezione di Trieste

L'origine della massa e il bosone di Higgs. Massimo Casarsa Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sezione di Trieste L'origine della massa e il bosone di Higgs Massimo Casarsa Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sezione di Trieste Trieste Next 28 29 30 settembre 2012 Scaletta ➊ Parte I: breve introduzione sul Modello

Dettagli

Fisica Quantistica III Esercizi Natale 2009

Fisica Quantistica III Esercizi Natale 2009 Fisica Quantistica III Esercizi Natale 009 Philip G. Ratcliffe (philip.ratcliffe@uninsubria.it) Dipartimento di Fisica e Matematica Università degli Studi dell Insubria in Como via Valleggio 11, 100 Como

Dettagli

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CATANIA Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche, Naturali Corso di Laurea Specialistica in Fisica

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CATANIA Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche, Naturali Corso di Laurea Specialistica in Fisica UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CATANIA Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche, Naturali Corso di Laurea Specialistica in Fisica CURRICULUM ASTROFISICA E FISICA DELLO SPAZIO Anno Accademico 2011-2012 PROGRAMMA

Dettagli

Introduzione all esperimento LHCb e all analisi dei dati. Lucio Anderlini Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - Firenze

Introduzione all esperimento LHCb e all analisi dei dati. Lucio Anderlini Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - Firenze Introduzione all esperimento LHCb e all analisi dei dati. Lucio Anderlini Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Firenze 8 febbraio 2017 Modena 1 Predizione dell antimateria Meccanica Relativistica Erwin

Dettagli

Esploriamo la chimica

Esploriamo la chimica 1 Valitutti, Tifi, Gentile Esploriamo la chimica Seconda edizione di Chimica: molecole in movimento Capitolo 8 La struttura dell atomo 1. La doppia natura della luce 2. L atomo di Bohr 3. Il modello atomico

Dettagli

RICERCA DI SCIAMI ESTESI NEI RAGGI COSMICI:

RICERCA DI SCIAMI ESTESI NEI RAGGI COSMICI: Introduzione I I Rivelatori Conclusioni RICERCA DI SCIAMI ESTESI NEI RAGGI COSMICI: SINCRONIZZAZIONE DEI TEMPI DI TRIGGER IN DIVERSI RIVELATORI Carmelo Sgrò 17 aprile 2015 Introduzione I I Rivelatori Conclusioni

Dettagli

Materia e forze alla scala subatomica: il nucleo atomico, le particelle elementari

Materia e forze alla scala subatomica: il nucleo atomico, le particelle elementari Materia e forze alla scala subatomica: il nucleo atomico, le particelle elementari Andrea Bizzeti Università di Modena e Reggio Emilia Dipartimento di Scienze Fisiche, Informatiche e Matematiche Modena,

Dettagli

TECNICHE RADIOCHIMICHE

TECNICHE RADIOCHIMICHE TECNICHE RADIOCHIMICHE L ATOMO - Un atomo e costituito da un nucleo carico positivamente, circondato da una nuvola di elettroni carichi negativamente. - I nuclei atomici sono costituiti da due particelle:

Dettagli

Più veloci della luce?

Più veloci della luce? Più veloci della luce? I neutrini e la misura di OPERA Andrea Bizzeti Dipartimento di Fisica, 28/10/2011 Il neutrino Il neutrino entra nella storia della Fisica nel 1930. La sua esistenza venne ipotizzata

Dettagli

Radioattività artificiale Origine e impieghi

Radioattività artificiale Origine e impieghi ORIGIE DELL RDIOTTIVIT Radioattività naturale Raggi cosmici (primari e secondari) Radionuclidi primordiali (isolati) Famiglie radioattive naturali Radioattività artificiale Origine e impieghi L L RDIOTTIVIT

Dettagli

interpretazione del modello a partoni

interpretazione del modello a partoni interpretazione del modello a partoni Nel modello a partoni, la sezione d urto per un partone con frazione di momento longitudinale pari a z sarà: " # $ dz q( z)" parton ( zp + q) z D altra parte, per

Dettagli

Teoria Atomica di Dalton

Teoria Atomica di Dalton Teoria Atomica di Dalton Il concetto moderno della materia si origina nel 1806 con la teoria atomica di John Dalton: Ogni elementoè composto di atomi. Gli atomi di un dato elemento sono uguali. Gli atomi

Dettagli

Violazione della Parità

Violazione della Parità Violazione della Parità Raffaele Pontrandolfi Corso di Astrosica e Particelle Elementari Motivazione Per spiegare l asimmetria nell universo tra particelle e antiparticelle bisogna trovare dei processi

Dettagli

Neutrini: perfetti sconosciuti

Neutrini: perfetti sconosciuti Neutrini: perfetti sconosciuti Fabio Bellini Sapienza Università di Roma & INFN Roma Particelle Elementari ed Interazioni Fondamentali: la ricerca di frontiera Scoperti 60 anni fa! 2 Scoperti 60 anni fa!

Dettagli