HANDBOOK. Monica Carpenedo Claudio Cimminiello. ASA...ma. da dove arriva?
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- Leonora Lelia Cortese
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1 Monica Carpenedo Claudio Cimminiello HANDBOOK ASA...ma da dove arriva?
2 Monica Carpenedo Claudio Cimminiello Ospedale Civile di Vimercate (Milano) ASA... ma da dove arriva?
3 ASA... ma da dove arriva? Copyright 2008 Edizioni Scripta Manent snc Via Bassini, Milano Tel / Fax Progetto grafico: Piero Merlini Finito di stampare nel mese di 0000 dalle Arti Grafiche Bazzi SpA, Milano Tutti i diritti riservati Omaggio per i sigg. Medici - Vietata la vendita
4 I NDICE Cap. 1 Si fa presto a dire ASA ma da dove arriva? Pag. 5 Indice Cap. 2 Qualche domanda per ricordare Pag Come funziona l ASA? Pag Come si traduce l effetto dell ASA sulle piastrine e sull endotelio? Pag Come si può valutare l effetto dell ASA? Pag Da dove deriva il possibile rischio emorragico dell ASA? Pag I FANS possono interferire con l effetto dell ASA? Pag. 16 Cap. 3 Quale dose per quale indicazione. Pag ASA in prevenzione primaria Pag A proposito di rischio e beneficio in prevenzione primaria Pag E nel paziente diabetico? Pag ASA nell ictus e nel TIA Pag Luci e ombre delle combinazioni di antiaggreganti Pag ASA nelle sindromi coronariche acute Pag ASA nell angina instabile e NSTEMI Pag ASA nello STEMI Pag ASA e angina cronica stabile Pag Antiaggreganti in associazione al dicumarolico: più fiducia o più paura? Pag ASA nelle arteriopatie periferiche Pag. 38 Cap. 4 La resistenza all ASA: mito o realtà? Pag. 45 Cap. 5 Bibliografia essenziale Pag. 53 3
5 CAPITOLO 1 SI FA PRESTO A DIRE A S A MA DA DOVE ARRIVA? La storia dell acido acetilsalicilico (ASA) inizia probabilmente intorno al 400 a.c anche se le sue virtù terapeutiche vengono menzionate già nel codice assiro di Ebers, all incirca 2000 anni prima di Cristo. È tuttavia proprio nel 400 a.c che il grande terapeuta dell antichità Ippocrate con le sue geniali intuizioni, raccontò di una polv e re amara estratta dalla corteccia e dalla foglia del salice utile ad alleviare il dolore e ad abbassare la febbre. Ippocrate era solito consigliare alle partorienti di bere la linfa estratta dalla corteccia del salice oppure un infuso delle sue foglie per calmare i dolori dovuti alle doglie, oltre ad impiegarlo nei suoi pazienti per i più svariati sintomi d o l o rosi. Ciò che Ippocrate non sapeva è che nell albero del salice si trova contenuta la salicina, parente molto stre t t a dell acido acetilsalicilico impiegato oggi nella moderna farm a c o p e a. Questo utilizzo del prodotto naturale si protrasse fino al Medioevo, quando la raccolta dei rami di salice fu pro i b i t a p e rché essi venivano adoperati per intre c c i a re i cesti. Da allora, l estrazione della salicina da corteccia e foglie del salice fu dimenticata come pratica medica. Fu soltanto nel XVIII secolo che questo medicamento p o p o l a re ritornò in auge grazie al re v e rendo inglese E d w a rd S t o n e, appassionato di botanica, che masticando una corteccia di salice durante una passeggiata si accorse che il suo s a p o re amaro era simile a quello della cincona, pianta dalla quale si estraeva il chinino per curare la malaria. 5
6 ASA... ma da dove arriva? S t o n e ebbe l idea di sostituire il chinino con l acido salicilico per curare la malaria e il 2 giugno 1763 presentò alla Royal Society i risultati dei suoi studi dopo aver trattato con il decotto di salice 50 pazienti affetti da malaria, non sapendo che, pur abbassando la febbre, il suo preparato non era invece efficace contro il parassita della malaria. Anche Napoleone Bonaparte ha un ruolo nella storia dell ASA. Infatti nel 1803 l imperatore francese impose il blocco delle importazioni dalle colonie inglesi; tra le merci c era anche la corteccia di china proveniente dal Perù e quindi i medici, di fronte all improvvisa mancanza di un antipire t i- co a largo spettro, si videro costretti a tro v a re un sostituto e gli estratti del salice vennero improvvisamente investiti di un interesse senza precedenti,e gli studi sulle proprietà di questa pianta per cerc a re di ricavarne il principio attivo v e n n e ro intensificati. Nel 1828 Johann Andreas Buchner di Monaco di Baviera ricavò dal salice mediante ebollizione una massa gialla che chiamò appunto salicina. L anno dopo un farmacista francese di nome L e ro u x riuscì ad isolarla e nel 1835, in Svizzera, venne ottenuta una sostanza simile, battezzata col nome di s p i r s a u ro, che significa acido della s p i re a, il cespuglio selvatico dal quale venne estratta. A lato: Spirea Ulmaria, il cespuglio selvatico della stessa famiglia del salice, da cui è stata ricavata la salicina, precursore dell ASA. 6
7 ASA... ma da dove arriva? Qualche anno più tardi un chimico napoletano, R a ff a e l e P i r i a, scoprì che dalla salicina si può ricavare l acido salicilico. Purtroppo però, sebbene l acido salicilico avesse grandi effetti antipiretici e antinfiammatori, soprattutto nella terapia dei dolori reumatici, presentava anche due enormi difetti: aveva infatti un terribile sapore amaro e, cosa molto più grave, era dannoso per l integrità del tubo digerente. Fu qualche anno più tardi nel 1853 che Charles Fré d é r i c G e r h a rd t riuscì a pro d u r re dalla salicina l acido acetilsalicilico in forma impura e non stabile. Tuttavia, dati i costi elevati del procedimento, le aziende si rifiutarono di portare avanti le ricerche da lui iniziate e così, per mancanza di appoggi finanziari, G e r h a rd t fu costretto ad abbandonare i suoi lavori e la scoperta finì nel dimenticatoio insieme a lui, s t roncato nel 1856, a soli 40 anni da una peritonite lasciando moglie e figli in miseria. P a s s a rono ancora 40 anni circa, fino a quando compare sulla scena Felix Hoff m a n n, considerato lo scopritore dell ASA. Il chimico tedesco fece re a g i re l acido salicilico con l acido acetico, ottenendo l acido acetilsalicilico. Sperimentò il prodotto così ottenuto su suo padre, affetto da re u m a t i s m i e scoprì non soltanto che i dolori diminuivano, ma che non si riscontravano effetti dannosi per l organismo. Il farmaco venne così brevettato per la prima volta. Un primo contributo all impiego dell ASA nelle patologie c a rdiovascolari viene da L a u rence Craven, un medico di famiglia californiano che negli anni 50 aveva pubblicato tre lavori incentrati non tanto sull effetto antinfiammatorio dell ASA, quanto sul suo possibile ruolo nell infarto del m i o c a rdio. In una prima analisi condotta con l intento di c a p i re se l uso dell ASA largamente diffuso tra il sesso femminile potesse giustificare la diff e renza di incidenza dell IMA nei due sessi, C r a v e n aveva osservato infatti un possibile effetto protettivo nei confronti dell IMA in coloro 7
8 ASA... ma da dove arriva? che assumevano ASA come antidolorifico. Una seconda o s s e rvazione di C r a v e n lo portò a descrivere un caso di sanguinamento dopo tonsillectomia in un paziente che aveva assunto un prodotto contenente salicilati, l A s p e rg u m, ponendo le basi per gli studi sull effetto antiaggregante piastrinico. Da ultimo C r a v e n descrisse per la prima volta una ridotta incidenza di IMA e stroke in soggetti che assumevano ASA. Le ipotesi di C r a v e n r i s u l t a rono molto poco accettabili all epoca e per la qualità dei dati raccolti i suoi lavori v e n n e ro accettati e pubblicati solo su riviste di poca importanza come il Mississippi Valley Medical Journ a l. Per iro n i a della sorte C r a v e n morì qualche anno più tardi proprio di infarto del miocard i o. Bisogna attendere il 1969 quando, dopo gli studi di J o h n O B r i e n e Harvey We i s s s u l l e ffetto dell ASA a carico del sistema emostatico, venne finalmente disegnato e realizzato il primo studio clinico in doppio cieco, randomizzato e cont rollato con placebo in cui l ASA 300 mg/die veniva impiegato in soggetti con recente IMA. I risultati positivi dello studio vennero pubblicati nel 1974 dal British Medical J o u rn a l. Da allora le proprietà antipiastriniche dell ASA hanno stimolato enormemente la ricerca clinica in questo s e t t o re, nel quale si sono affacciate recentemente anche a l t re molecole ad azione antiaggregante, sottolineando l int e resse dei clinici per la patologia atero t rombotica, nell ottica di ridurre la mortalità e la morbilità ad essa correlata, in una popolazione di soggetti quanto più ampia possibile. 8
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