Immigrazione e unione europea: recenti evoluzioni delle politiche comunitarie

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1 Immigrazione e unione europea: recenti evoluzioni delle politiche comunitarie La Commissione Europea ha recentemente pubblicato una «Comunicazione relativa ad un metodo aperto di coordinamento della politica comunitaria in materia di immigrazione» (Comunicazione dell 11 luglio 2001, COM(2001) 387 def.). Dopo le promettenti esperienze in materia di occupazione e di protezione sociale, anche le politiche di immigrazione (box 1) sono dunque destinate a diventare un terreno di applicazione del c.d. metodo «aperto di coordinamento» (box 2). Box 1: politiche di immigrazione in tema di immigrazione è importante tenere presente la distinzione concettuale tra politiche per l immigrazione e politiche dell immigrazione. In sintesi: mentre le prime contemplano tutte le misure nei confronti degli immigrati già presenti sul territorio nazionale, le seconde riguardano gli interventi per fronteggiare la pressione migratoria e regolare i flussi in ingresso dei nuovi immigrati. È per questo motivo che risulta opportuno utilizzare l espressione generica politiche di immigrazione quando si intenda palare di entrambi i profili. Box 2: metodo di coordinamento aperto Il metodo di coordinamento aperto rappresenta un classico esempio di legislazione leggera (c.d. soft laws), e, quindi, una alternativa al tradizionale approccio legislativo basato su direttive e regolamenti. Nelle materie in cui la competenza comunitaria non è esclusiva ma concorrente con quella degli Stati membri (per esempio, accanto alle politiche di immigrazione, le politiche dell occupazione), l adozione del metodo di coordinamento aperto consente alle istituzioni comunitarie il raggiungimento di determinati obiettivi di convergenza in modo flessibile e il più possibile consensuale. In questa ottica, l intervento della Unione Europea non si sostanzia in precetti imperativi, ma in orientamenti annuali (c.d. guidelines) di cui devono tenere conto gli Stati membri nelle rispettive politiche in materia di immigrazione. Il metodo di coordinamento aperto rappresenta, in altri termini, una strategia volta a promuovere la cooperazione tra Stati membri e a sostenere i loro interventi nel settore della immigrazione, anche mediante iniziative volte a sviluppare gli scambi di informazioni e delle migliori prassi. Si parla di analisi comparative (c.d. benchmarking) della necessità di promuovere «approcci innovativi», valutando poi «le esperienze realizzate», ricorrendo con preferenza a «progetti pilota». 1

2 Con riferimento alle politiche di immigrazione il metodo di coordinamento aperto dovrebbe consentire: 1. lo sviluppo di un approccio generale e coordinato alla gestione delle migrazioni a livello nazionale 2. il potenziamento delle informazioni sulle possibilità di ingresso legale nell UE e sulle conseguenze dell uso dei canali illegali 3. il rafforzamento della lotta contro l immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani 4. l istituzione di una politica di ingresso nel mercato del lavoro di cittadini dei paesi terzi non solo trasparente, ma anche coerente con la Strategia Europea dell Occupazione 5. la condivisione di una strategia comune in materia di immigrazione nelle relazioni con i paesi terzi e, in particolare, con i paesi di origine Con questa comunicazione, in particolare, la Commissione si prefigge di stimolare il dibattito sull'immigrazione in Europa, tenendo conto delle riforme strutturali che sta vivendo l'economia dei Quindici Stati Membri, anche in vista del prossimo allargamento dell Unione Europea ai Paesi dell Est Europa. Particolarmente rilevante da questo punto di vista è la posizione assunta dal Parlamento Europeo, che ha recentemente emanato una «Risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo su una politica comunitaria in materia di immigrazione» (Risoluzione 3 ottobre 2001 COM(2000) C5-0100/ /2047(COS)). In particolare il Parlamento ha accolto «positivamente il fatto che la Commissione, nella sua comunicazione, tenti per la prima volta di affrontare il problema dell immigrazione in tutta la sua complessità, ponendo in evidenza al riguardo in particolare l aspetto dell immigrazione per ragioni economiche e proponendo l ammissione controllata di lavoratori in mobilità in base alla necessità e alle possibilità degli Stati membri» (punto 4 della Risoluzione). Si deve, infatti, rilevare come attualmente la legislazione europea sia marcatamente differenziata da paese a paese come dimostra la tavola qui di seguito riprodotta (box 3). Ragione per cui appare opportuno sviluppare una politica comune che, tra le altre cose, «potrebbe permettere di lottare contro il lavoro nero e contribuire pertanto ad agire contro la disoccupazione e promuovere impegni stabili e sicuri» (punto 10 della Risoluzione). Il Parlamento sottolinea infatti che «il lavoro nero ha un impatto negativo importante sulle finanze pubbliche, comporta il mancato rispetto delle regole sanitarie e di sicurezza sul posto di lavoro, degli accordi sugli orari e sui minimi salariali e introduce distorsioni nella cooperazione tra le parti sociali» (punto 10 della Risoluzione). Naturalmente il Parlamento è consapevole «che le diverse condizioni storiche non consentono di determinare in maniera uniforme il fabbisogno di manodopera proveniente da paesi terzi per l intero territorio dell Unione e che quest ultima non sia giuridicamente competente in materia» (punto 12 della Risoluzione). Tuttavia «condivide l opinione della Commissione secondo cui la legislazione dell UE dovrebbe fornire un quadro complessivo flessibile basato su un numero limitato di status, al fine di agevolare, piuttosto che ostacolare, l ammissione degli immigrati per motivi economici» (punto 17 della Risoluzione). 2

3 Status di residente per legge Tavola 5 Legislazioni Europee sulla concessione dello status di residente agli extracomunitari Fonte: Commissione Europea Anni necessari per lo status di residente Ottenimento dello status:diritto o discrezione? Lo status di residente è permanente? Diritto al ricongiungimento con i familiari? Impiego Austria Si 5 Diritto Si Si, ma con quote Con permesso di lavoro Belgio Si 5 Diritto Si Si Accesso Danimarca Si 3 Diritto Si Dopo 3 anni con permesso permanente Accesso Finlandia Si 2 Diritto Si Si Accesso Francia Si Dopo 3, Diritto/discrezione 10 anni Si Accesso 5 o 10 Germania Si, 2 permessi - Diritto Si Si Accesso Grecia Si 15 Diritto Si Dopo 5 anni Accesso Irlanda No, gestione amministrativa 5 o 10 Discrezione Si Si Permesso di lavoro Italia Si 5 Diritto Si Si Accesso Lussemburgo Si 5 anni di Discrezione 5 anni Si Permesso impiego di lavoro regolare Paesi Bassi Si 5 Diritto Si Si Accesso Portogallo Si 10 Diritto Si Si Accesso Regno unito Si 4 Consuetudine amministrativa Si Si Accesso Spagna Si 5 Diritto Si Si Accesso Svezia Si 4 Discrezione Si Si Accesso Sicurezza sociale come gli altri cittadini? Si con alcune eccezioni Si,con alcune accessioni Esistenza sociale come gli altri cittadini? Diritti di voto Perdita della residenza in caso di reati? Perdita di residenza in caso di disoccupazione o indigenza? No No Si No solo non c è autosufficienza Si Dopo il 2001 S i No Si, Si Si Elezioni locali dopo 3 anni Perdita della residenza in caso di assenza dal territorio? No 10 dopo 1 anno Si No Si, dopo 1 anno Si Si Elezioni locali dopo 2 anni Si No Si, dopo 2 anni 5 Si Si No Si No Si, dopo 3 5 anni Si Si No Si No Dopo 6 8 mesi Si No, solo No Si - No 10 in base a trattati Si Si Solo per Si Si Dopo circa 5 elezioni locali 18 mesi Si Si No Si No No 10 Si No No Si Si Dopo 6 mesi Si, con una eccezione Si A livello locale dopo 5 anni Si Si Dopo 5 anni su basse reciproca Si Si Solo cittadini Commonwealth Si Si A livello locale su base reciproca Si Si A livello locale dopo 3 anni Si No Dopo 9 mesi Anni di residenza necessari per la cittadinanza Si Nd Dopo 2 anni o 30 mesi nell arco di 3 anni 10 Si No Dopo 2 5 anni Nessuna No Nd 10 norma esplicita Si Nd Si se 5 domiciliato all estero 5

4 La proposta della Commissione è particolarmente innovativa. Occorre ricordare, infatti, che la legislazione comunitaria è stata tradizionalmente reticente in materia di immigrazione, coerentemente con la finalità essenzialmente economica del progetto dell integrazione europea. In materia, gli unici progressi si sono compiuti mediante l accordo di Schengen del 1985 che ha consentito di raggiungere questi obiettivi: Fra le misure di maggiore rilievo adottate in riferimento all area Schengen vanno segnalate: L'abolizione dei controlli alle frontiere comuni e il loro trasferimento alle frontiere esterne; La definizione comune delle condizioni di attraversamento delle frontiere esterne; La separazione, negli aeroporti e nei porti, dei viaggiatori che si spostano all'interno dello spazio Schengen da quelli di diversa provenienza; L'armonizzazione delle condizioni di ingresso e di concessione dei visti per brevi soggiorni; L'avvio di un coordinamento fra le diverse amministrazioni per la sorveglianza delle frontiere (ufficiali di collegamento, armonizzazione della formazione e delle istruzioni impartite al personale); La definizione del ruolo dei trasportatori nella lotta contro l'immigrazione clandestina; La dichiarazione obbligatoria per tutti i cittadini di paesi terzi che circolino da un paese all'altro; La definizione di norme sulla responsabilità delle domande di asilo (convenzione di Dublino); L'istituzione di un diritto di pedinamento e di inseguimento da un paese all'altro; il rafforzamento della cooperazione giudiziaria mediante un sistema di estradizione più rapido e una migliore trasmissione dell'esecuzione delle sentenze penali; La creazione del sistema d'informazione Schengen (SIS). Tutte queste misure costituiscono "l'acquis di Schengen", unitamente alle decisioni e alle dichiarazioni adottate dal comitato esecutivo istituito dalla convenzione di applicazione del 1990, agli atti adottati ai fini dell'attuazione della convenzione dagli organi a cui il comitato esecutivo ha affidato poteri decisionali, all'accordo firmato il 14 giugno 1985, alla convenzione di applicazione dell'accordo, firmata il 19 giugno 1990, nonché ai successivi protocolli e accordi di adesione. 3

5 Lo spazio Schengen si è progressivamente esteso a quasi tutti gli Stati membri della Unione Europea, tranne il Regno Unito e l'irlanda. Gli accordi sono stati firmati dall'italia il 27 novembre 1990, dalla Spagna e dal Portogallo il 25 giugno 1991, dalla Grecia il 6 novembre 1992, dall'austria il 28 aprile 1995 e da Danimarca, Finlandia e Svezia il 25 marzo Nonostante tutti questi indubbi progressi, solo con il Trattato di Amsterdam del 1997 sono state attribuite specifiche competenze all Unione Europea in materia di immigrazione e asilo (capitolo IV del Trattato CE). Le politiche di immigrazione rientrano da questo momento nel programma d azione comunitario che deve essere adottato dal Consiglio per istituire nell arco di cinque anni dall entrata in vigore del Trattato uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (artt ). L articolo 63 del Trattato individua, in particolare, quattro distinte linee di intervento in materia di immigrazione e asilo, articolate in: I) misure in materia di asilo nei seguenti settori: a) criteri e meccanismi per determinare quale Stato membro è competente per l esame della domanda di asilo presentata da un cittadino di un paese terzo in uno degli Stati membri; b) norme minime relative all accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri; c) norme minime sulle procedure applicabili negli Stati membri per la concessione o la revoca dello status di rifugiato; II) misure applicabili ai rifugiati ed agli sfollati nei seguenti settori: d) norme minime per assicurare protezione temporanea agli sfollati di paesi terzi che non possono ritornare nel paese di origine e per le persone che altrimenti necessitano di protezione internazionale; e) promozione di un equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono i rifugiati e gli sfollati che subiscono le conseguenze dell accoglienza degli stessi; III) misure in materia di politica di immigrazione nei seguenti settori: f) condizioni di ingresso e di soggiorno e norme sulle procedure per il rilascio da parte degli Stati membri di visti a lungo termine e di permessi di soggiorno, compresi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare; g) immigrazione e soggiorno irregolari, compreso il rimpatrio delle persone in soggiorno irregolare IV) misure che definiscono con quali diritti e a quali condizioni i cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro possono soggiornare in altri Stati membri. Sulla scorta di questa base giuridica, il Consiglio Europeo di Tampere ha adottato nelle proprie conclusioni (ottobre 1999), gli elementi di una politica comune nell Unione Europea in materia di asilo e immigrazione che, insieme al piano d azione approvato dal Consiglio Europeo di Vienna nel 1998, costituisce ora il punto di partenza di un programma di lavoro della Commissione e degli Stati membri che viene reso operativo mediante un «Quadro di controllo». 4

6 In particolare, il Consiglio Europeo di Tampere ha riconosciuto che gli aspetti separati, ma strettamente connessi, dell asilo e dell immigrazione richiedono la definizione di una politica comune a livello comunitario, secondo le seguenti quattro linee di intervento: Partenariato con i paesi di origine: «L Unione Europea ha bisogno di un approccio generale al fenomeno dell immigrazione che abbracci le questioni connesse alla politica, ai diritti umani e allo sviluppo dei paesi e delle regioni di origine e transito. ( ) Un altro elemento fondamentale per il successo di queste politiche sarà il partenariato con i paesi terzi interessati, nella prospettiva di promuovere lo sviluppo comune» (punto 11 delle Conclusioni). Regime europeo comune in materia di asilo: «Il Consiglio europeo ribadisce l importanza che l Unione e gli Stati membri riconoscono al rispetto assoluto del diritto di chiedere asilo. Esso ha convenuto di lavorare all istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo, basato sull applicazione della Convenzione di Ginevra in ogni sua componente, garantendo in tal modo che nessuno venga esposto nuovamente alla persecuzione, ossia mantenendo il principio di non-refoulment. ( ) Nel lungo periodo, le norme comunitarie dovrebbero indirizzarsi verso una procedura comune in materia di asilo e uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto l asilo, valido in tutta l Unione» (punto 13 e 15). Equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi: «L Unione europea deve garantire l equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio degli Stati membri. Una politica di integrazione più incisiva dovrebbe mirare a garantire loro diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell UE. Essa dovrebbe inoltre rafforzare la non discriminazione nella vita economica, sociale e culturale e prevedere l elaborazione di misure contro il razzismo e la xenofobia. ( ) Occorre ravvicinare lo status giuridico dei cittadini dei paesi terzi a quello dei cittadini degli Stati membri. Alle persone che hanno soggiornato legalmente in uno Stato membro per un periodo di tempo da definire e che sono in possesso di un permesso di soggiorno di lunga durata dovrebbe essere garantita, in tale Stato membro, una serie di diritti uniformi il più possibile simili a quelli di cui beneficiano i cittadini dell UE, ad esempio il diritto a ottenere la residenza, ricevere un istruzione, esercitare un attività in qualità di lavoratore dipendente o autonomo; va inoltre riconosciuto il principio della non discriminazione rispetto ai cittadini dello Stato di soggiorno» (punto 18 e 21). Gestione comune dei flussi migratori: «Il Consiglio europeo sottolinea la necessità di una gestione più efficace dei flussi migratori in tutte le fasi. Esso richiede che siano sviluppate, in stretta cooperazione con i paesi di origine e transito, campagne di informazione sulle effettive possibilità di immigrazione legale e che siano adottate misure per prevenire qualsiasi forma di tratta di essere umani. Dovrebbe essere ulteriormente sviluppata un attività politica comune in materia di visti e documenti falsi, che preveda anche una più stretta cooperazione fra i consolati dell UE nei paesi terzi e, se necessario, la creazione di servizi comuni dell UE preposti al rilascio dei visti» (punto 22). 5

7 Riconosciuta la necessità di un ravvicinamento delle legislazioni nazionali relative alle condizioni di ammissione e soggiorno dei cittadini dei paesi terzi, «in base a una valutazione comune sia degli sviluppi economici e demografici all interno dell Unione sia della situazione nei paesi di origine» (punto 20), il Consiglio invitava la Commissione a formulare proposte per l adozione di un metodo regolatorio rispettoso delle prerogative nazionali, ma coerente con le nuove competenze assegnate all Unione Europea in materia di immigrazione dal Trattato di Amsterdam (art. 63 e ss., testo consolidato). È da questa richiesta del Consiglio che nasce la proposta della Commissione di adottare un metodo aperto di coordinamento delle politiche di immigrazione. La comunicazione della Commissione è naturalmente solo un primo elemento di un delicato processo che dovrà portare il Consiglio all identificazione di orientamenti annuali in materia. In perfetta simmetria con quanto previsto dal Processo di Lussemburgo in materia di occupazione (c.d. European Employment Strategy), al fine di implementare le linee guida per l immigrazione della Comunità, gli Stati membri sono invitati a redigere un Piano Nazionale per l immigrazione soggetto a revisione su base annuale. La prima parte del Piano Nazionale dovrà contenere informazioni statistiche sul numero e sulla nazionalità dei cittadini dei Paesi terzi ammessi nell anno precedente. In questa sezione del piano dovranno essere fornite anche indicazioni sulla cooperazione tra le autorità nazionali, regionali e locali, associazioni non governative e immigrati, nonché dettagliate informazioni sullo stato di trasposizione e sull implementazione delle direttive comunitarie nelle legislazioni nazionali. La seconda parte del Piano Nazionale dovrà invece essere riservata alle proposte da parte dei Stati membri su come implementare le linee guida a livello nazionale, regionale e locale. Le attività della Commissione includeranno, in particolare, il monitoraggio delle applicazioni pratiche della legislazione a tale riguardo, l avanzamento delle proposte per le nuove iniziative legislative per implementare la politica comune, la promozione degli scambi di informazione, esperienze e buone pratiche, la preparazione delle linee guida europee soggetti all ulteriore approvazione dal Consiglio. Il monitoraggio e la valutazione dello stato di implementazione delle linee guida avverrà tramite la presentazione al Consiglio di un Joint Report basato sull analisi dei Piani Nazionali, proprio come avviene in materia di occupazione Quando la proposta di adozione del metodo della open coordination sarà adottata dal Consiglio plausibilmente al vertice di Laeken nel dicembre 2001, la prima priorità della Commissione consisterà nel rivedere le proposte in merito alle linee guida per l immigrazione, dopo di che i singoli Stati nazionali saranno chiamati plausibilmente nel 2002 alla redazione del primo Piano Nazionale per l immigrazione. In conclusione si può notare che si tratta di una soluzione alquanto innovativa proprio sul piano del «metodo», prima ancora che nei contenuti, come tale opportunamente enfatizzata anche nel recente «Libro Bianco del Governo italiano sulla qualità del lavoro Proposte sulla modernizzazione del mercato del lavoro». Dopo anni di sterile dibattito sulle strategie di armonizzazione e/o coordinamento a livello comunitario delle politiche per/della immigrazione, la posizione assunta dalla Commissione pare, infatti, rappresentare un passo decisivo verso una moderna disciplina dei fenomeni migratori, tale in ogni caso da contribuire a incanalare in una prospettiva necessariamente comune un tema sino a oggi gelosamente riservato alle competenze nazionali. Come recentemente ribadito nel Libro Bianco della Commissione 6

8 «European Governance: A White Paper» (25 luglio 2001, COM(2001) 428) l open method of coordination rappresenta non solo un occasione per scambi di informazioni e buone pratiche, ma anche soprattutto una strategia di progressivo e graduale perfezionamento delle politiche nazionali in aree di interesse comunitario nel rispetto dei principi generali di sussidiarietà e proporzionalità. Attraverso questo «metodo», incentrato sulla logica della legislazione leggera (c.d. soft-law), pare in effetti possibile superare le resistenze degli Stati membri a cedere quote di sovranità rispetto ad una materia, quella dell immigrazione, che indubbiamente presenta conformazioni e problematiche assai differenziate nei diversi Paesi dell Unione Europea e che ha sempre sollevato delicate questioni di ordine pubblico e di gelosa conservazione delle prerogative nazionali come anche testimoniato dalla crescente sfiducia dei cittadini degli Stati membri verso una politica comune in materia di immigrazione (cfr. i dati relativi al forniti dalla Fondazione De Benedetti, 2001, e riportati nel box 4). Box 4. Percentuale di persone in favore di una politica comune a livello comunitario in materia di immigrazione (Omissis) In questa prospettiva, gli Stati membri rimangono infatti responsabili di un gran numero di questioni importanti, tra cui, in particolare, l ammissione degli immigrati per motivi economici e lo sviluppo e implementazione delle politiche di integrazione, dovendo provvedere a un coordinamento funzionale delle singole legislazioni nazionali, nel rispetto delle esigenze e delle peculiarità di ciascun singolo Paese. L uso del metodo aperto di coordinamento adattato all area dell immigrazione e visto come complemento al quadro legislativo nazionale consentirà, inoltre, un approccio graduale della politica dell UE basata prima di tutto sull identificazione e sullo sviluppo degli obiettivi comuni per poi individuare, in una seconda fase, gli strumenti legali idonei al perseguimento di detti obiettivi. Tale approccio consentirà pertanto di effettuare con più effettività il monitoraggio e la valutazione della politica migratoria, garantendo al contempo la diffusione di best practices. 7

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