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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO FILARETE ON LINE Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia EMILIO GATTICO Logica e psicologia nella cultura italiana del XIX secolo. Un tema di epistemologia genetica: analisi storico critica della letteratura filosofica minore Firenze, La Nuova Italia, 1995 (Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia dell Università degli Studi di Milano, 160) Quest opera è soggetta alla licenza Creative Commons Attribuzione Non commerciale Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY NC ND 2.5). Questo significa che è possibile riprodurla o distribuirla a condizione che la paternità dell opera sia attribuita nei modi indicati dall autore o da chi ha dato l opera in licenza e in modo tale da non suggerire che essi avallino chi la distribuisce o la usa; l opera non sia usata per fini commerciali; l opera non sia alterata o trasformata, né usata per crearne un altra. Per maggiori informazioni è possibile consultare il testo completo della licenza Creative Commons Italia (CC BY NC ND 2.5) all indirizzo nc nd/2.5/it/legalcode. Nota. Ogni volta che quest opera è usata o distribuita, ciò deve essere fatto secondo i termini di questa licenza, che deve essere indicata esplicitamente.

2 PUBBLICAZIONI DELLA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA DELL'UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO CLX SEZIONE DI PSICOLOGIA

3 EMILIO GATTICO LOGICA E PSICOLOGIA NELLA CULTURA ITALIANA DEL XIX SECOLO UN TEMA DI EPISTEMOLOGIA GENETICA: ANALISI STORICO-CRITICA DELLA LETTERATURA FILOSOFICA MINORE LA NUOVA ITALIA EDITRICE FIRENZE

4 Gattico, Emilie Logica e psicologia nella cultura italiana del XIX secolo : un tema di epistemologia genetica : analisi storico-critica della letteratura fìlosofica minore. - (Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofìa dell'università degli Studi di Milano ; 160. Sezione di Psicologia ; 2). - ISBN Epistemologia genetica I. Tit. 501 Proprietà letteraria riservata Printed in Italy Copyright 1994 by «La Nuova Italia» Editrice, Firenze l a edizione: giugno 1995

5 INDICE INTRODUZIONE p. 1 Capitolo I Capitolo II LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA DEL XIX SECOLO 7 1. I periodo - Prima metà del secolo - Osservazioni generali 7 2. Rapporto Logica-Psicologia nella cultura italiana ( ) II periodo - Seconda metà del secolo - Osservazioni generali L'esempio di Wundt e la situazione italiana Rapporto Logica-Psicologia nella cultura italiana ( ) Primarietà della Psicologia rispetto alla Logica Mantenimento della scissione tra Logica e Psicologia Acquisizione di tecniche per lo sviluppo del pensiero Prime forme di associazionismo tra Logica e Psicologia Logica inventiva - Critica alla Sillogistica Logica, ovvero strumento «per vedere» ciò che si percepisce dalla realtà Psicologia generatrice della Logica (approcci empirici) Psicologia generatrice della Logica (approcci teorici) Rifiuto di comparazione della Logica con la Psicologia Conclusioni 123 LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA DEL XIX SECOLO Premessa I precedenti storici Logica Naturale e Psicologia nella cultura italiana Evoluzioni della Logica Naturale in rapporto con la Psicologia Osservazioni Genesi, esplicazione, interpretazione Mondo esterno e mondo interno Natura e cultura 172

6 Vili INDICE 6. Autori italiani che trattano di Logica Naturale Cinque differenti concezioni della Logica Naturale Altri autori italiani che trattano di Logica Naturale 184 Capitolo III DIFFERENTI TIPI DI LOGICA NELLA LETTERATURA MI NORE ITALIANA DEL XIX SECOLO Premessa Osservazioni Differenti tipi di Logica La scienza della Logica: suo significato (origini e mutazioni) Ulteriori definizioni e ripartizioni della Logica Un esempio di Logica Applicata 224 ELENCO DEI TESTI CONSULTATI 228 BIBLIOGRAFIA GENERALE 235 INDICE DEGLI AUTORI 238

7 INTRODUZIONE I. Inizialmente l'obiettivo del lavoro era volto ad investigare lo stato della Logica italiana nel secolo scorso o, più precisamente, sino alla comparsa dei lavori di G. Peano, con l'intento di scoprire se nella cultura del nostro paese sussisteva una humus culturale, che avesse in qualche modo se non influenzato, almeno spinto o condotto, il grande matematico piemontese ad occuparsi di Logica. Per assolvere a questo compito si è cercato nella maggior parte delle biblioteche italiane quanto più materiale fosse possibile per darci una visione sufficientemente documentata del problema in questione. Il lavoro, condotto da P. Demolli, C. Gallo, E. Gattico, C. Mangione, A. Odone e finanziato dal C. N. R., ha condotto al ritrovamento di oltre settecento testi dedicati allo studio della Logica o della Psicologia o che, nel loro interno, trattavano di queste discipline. L'obiettivo che mi sono successivamente proposto è consistito nell'analizzare come le evoluzioni della Logica e della Psicologia, la loro iniziale appartenenza ad un unica forma del sapere, a cui fece seguito una loro progressiva differenziazione, dapprima rispetto alla filosofia e, successivamente, tra loro stesse, furono elaborate nell'ambito della letteratura italiana del secolo XIX. Per assolvere ad un tal compito ho preso in esame testi, molti dei quali oggi poco conosciuti se non del tutto dimenticati, prodotti (nella massima parte dei casi) da filosofi che lavorarono nel nostro paese, ma che, per evidenti motivi storici (l'italia non esiste almeno sino al 1861) furono necessariamente separati tra loro ed influenzati in modo rilevante

8 2 INTRODUZIONE dalle correnti di pensiero presenti nel territorio nel quale operavano (sappiamo, ed il nostro lavoro l'ha confermato, che in questo periodo vi furono zone che erano vere e proprie roccaforti di una scuola, di una corrente di pensiero, piuttosto che di un'altra). IL Logica e Psicologia sono due materie di studio senza dubbio collegate anche se chiaramente distinte l'una dall'altra, ma sappiamo che nel secolo scorso le cose non stavano in questo modo. Le due discipline erano strettamente riunite insieme con altre, e, opportunamente gerarchizzate, costituivano il corpus del sapere, che era unico e non scindibile in settori particolari e specifici. A questo punto la questione che ci si è posti è stata la seguente: nei lavori di un logico come G. Peano o G. Vailati, o di psicologi, quali F. Kiesow, S. de Sanctis, G. C. Ferrari, V. Benussi ed A. Gemelli, le cui opere ebbero un'indubbia diffusione nella cultura europea del periodo, si ritrovano tracce, si colgono suggerimenti, ricavabili dalla precedente letteratura logica e psicologica prodotta nel nostro paese? oppure, al contrario, siamo costretti a dover ammettere che la loro formazione fu dovuta unicamente alla conoscenza di quanto stava in quel periodo avvenendo all'estero? Non avendo avuto la cultura italiana nomi di spicco per queste due discipline, è la problematica contenuta nella seconda domanda quella che si dovrebbe investigare maggiormente per dare una risposta al nostro quesito. Sappiamo che Peano conosceva i lavori dei maggiori matematici del periodo (e, probabilmente, all'epoca nessuno era meglio informato di lui a proposito di quelli che erano i progressi di questa disciplina); allo stesso modo gli psicologi ora citati conoscevano non solo i grandi nomi della Psicologia straniera, di cui traducevano e diffondevano le opere, ma anche i movimenti culturali e le varie correnti che caratterizzavano questa disciplina nelle sue fasi di sviluppo e nel suo progressivo consolidamento nell'ambito del sapere. È altrettanto vero che questi personaggi, e nel caso di Peano non vi è alcun dubbio, erano studiosi di materie che, proprio grazie ai loro contributi, stavano acquistando una propria autonomia, avevano sciolto i vincoli con la tradizione culturale del passato, si erano date obiettivi specifici, dotandosi di mezzi opportuni per realizzarli. Prova ne è il fatto che, ponendosi tali studiosi in posizioni di avanguardia, la loro produzione incontrò ovunque non poche resistenze e la diffusione della stessa fu ristretta a

9 INTRODUZIONE ) settori di pubblico assai limitati. Ma se questo fatto, che normalmente costituisce l'usuale procedura di un dibattito scientifico, avveniva regolarmente all'estero, non possiamo dire la stessa cosa per quello che concerne l'italia, dove il loro operato era volutamente ignorato e acriticamente respinto, senza alcuna discussione. Il presente lavoro parte da questa constatazione e si prefigge di essere una raccolta di materiali che ci renda conto di quale era la situazione culturale italiana dell'epoca, in cui si erano formati e lavoravano questi personaggi, e che giustifichi, in maniera particolareggiata, la scarsa influenza che non solo ebbero le loro produzioni sulla cultura italiana in generale, ma anche sul sapere accademico. Allo stesso modo vuole mettere in evidenza come studiando la genesi e lo sviluppo di una (o più) discipline si raccolgano e si scoprano informazioni assai utili che altrimenti andrebbero perse o ci darebbero una visione parziale delle stesse. m. Il motivo per il quale ho pensato di suddividere in due grandi periodi ( ; ) la trattazione risponde alla necessità di individuare un momento culturale particolarmente significativo, in grado di indicare un vero e proprio mutamento nell'affrontare la ricerca scientifica. La comparsa del Positivismo che, grosso modo, può essere collocata alla metà del secolo scorso almeno per ciò che concerne la cultura italiana, proprio in virtù delle nuove problematiche teoriche e pratiche che tale corrente comportava rispetto ad una tradizione fortemente conservatrice, ci è sembrato un valido motivo per giustificare la nostra scelta. Non ho considerato nella ricerca il nostro secolo (anche se il problema affrontato ha continuato e continua a produrre discussioni) per due motivi: In primo luogo perché i lavori condotti in questo secolo su tali argomenti sono abbastanza numerosi ed il problema è quindi ben definito. In secondo luogo perché Peano è parso un punto oltremodo importante e significativo per potermi consentire di assumerlo quale necessario limite che, inevitabilmente, si deve assegnare a qualsiasi ricerca. IV. Abbiamo definito «minore» la letteratura da noi esaminata, in primo luogo per il fatto che se nessuno di questi Autori mai raggiunse una rag-

10 4 INTRODUZIONE guardevole notorietà, tuttavia diede vita ad una copiosa produzione (sono diverse centinaia i testi che trattano di questo argomento) ed intavolò numerose discussioni (spesso a carattere polemico) con i sostenitori di differenti indirizzi di ricerca, dandoci così un'idea di quello che era il reale clima culturale italiano. Siccome nella maggior parte dei casi si tratta di produzioni composte da docenti universitari o liceali, questo lavoro ha la possibilità di mostrarci ciò che gli studenti dell'epoca dovevano apprendere e quello che allora si insegnava nelle scuole: anche, e forse soprattutto, in questo senso si tratta di un lavoro che ci presenta quella che era la situazione e lo stato della cultura nell'italia dell'epoca. Sarebbe ingenuo credere che le Università ed i Licei fossero i soli centri culturali del periodo. Certamente vi erano luoghi o ritrovi che assolvevano a questa funzione probabilmente in maniera più approfondita e valida. Tuttavia il nostro intento è stato quello di esaminare come fosse diffusa "pubblicamente" la cultura ed è per questo che ci si è rifatti in modo particolare all'ambiente universitario. Abbiamo in secondo luogo definito "minore" questa letteratura perché è strettamente legata al periodo in cui è prodotta, ha in gran parte il ruolo di fare comprendere, magari anche tramite eccessive semplificazioni, temi ben più impegnativi e profondi, non presenta neppure rielaborazioni significative delle tematiche filosofiche al periodo attuali. Trattandosi inoltre di lavori essenzialmente divulgativi, posseggono un'ulteriore caratteristica. Nella maggior parte dei casi i professori di cui tratteremo esponevano le dottrine dei grandi uomini del passato, od a loro contemporanei, ma è altrettanto probabile che ognuno di costoro avesse un suo modo di assolvere a tal compito ed è proprio questo punto il miglior rivelatore di quelli che erano i livelli di erudiziene e delle conoscenze del momento. Riteniamo che questo sia un valido mezzo di verifica per vedere se sussistesse e di che tipo fosse l'humus culturale del nostro paese, nella quale germogliarono e si fondarono i successivi sviluppi delle discipline prese in esame. V. Tutti i testi consultati concernono in massima parte la produzione di filosofi, per il fatto che era questa la disciplina da cui sono nate sia la Logica che la Psicologia e perché ben difficilmente si trovavano testi specifici, dedicati unicamente a tali materie (nei vecchi cataloghi delle biblioteche spesso manca la classificazione Psicologia e Logica). Inoltre la scelta

11 INTRODUZIONE } di scritti filosofici, più che quella di cultori di materie specifiche, è, a sua volta, dovuta ad una serie di precise motivazioni: 1) La filosofia, in massima parte, è ancora, per tutto il secolo scorso, la scienza che comprende la maggior parte delle diverse forme del sapere; 2) nella filosofia ritroviamo la genesi, la formazione e, successivamente, la separazione delle due discipline (Logica e Psicologia) esaminate; 3 ) con la filosofia possiamo meglio cogliere i collegamenti che queste due materie hanno sempre conservato, nonché i problemi che in seguito portarono ad una loro progressiva differenziazione e separazione; 4) infine è proprio in questa materia che possiamo ritrovare oggi alcuni spunti ed argomenti di ricerca, che sono ripresentazioni ed ampliamenti successivamente apportati dai più illustri rappresentanti delle due discipline. VI. Stabiliti i criteri che hanno guidato il lavoro, tre saranno i temi esaminati: 1) Rapporto Logica/Psicologia: dopo una presentazione generale per ciascuno dei periodi in cui ripartiremo il secolo XIX ( ; ), cercheremo di mostrare le differenti posizioni degli autori e di individuare la contemporanea presenza di diverse correnti di pensiero. Il secondo periodo, grazie alla cospicua quantità di materiale bibliografico raccolto ed alla presenza di tematiche più numerose ed attuali, sarà ulteriormente suddiviso in vari settori, che saranno specificati nel corso del lavoro. Nella conclusione di questo primo capitolo cercherò di mostrare sinteticamente la situazione in cui si trovava la cultura italiana, riferita alle due discipline esaminate, rispetto alle problematiche che si presentarono con l'inizio del XX secolo. 2) Evoluzione del concetto di Logica Naturale: dopo avere presentato le sue origini storiche e le eredità da queste lasciate nella cultura italiana, mostrerò dapprima il suo sviluppo e poi la sua dissoluzione, proprio grazie alla specificità che la Logica e la Psicologia andarono acquisendo. La parte finale di questo capitolo sarà una catalogaziene di tutti gli studiosi italiani esaminati, che si occuparono di questa particolare forma di Logica. 3) I differenti tipi di Logica che, in un periodo di profonde trasformazioni culturali e scientifiche, comparvero nel panorama filosofico italiano e quali influenze ebbero, a tale proposito, le produzioni della

12 6 INTRODUZIONE cultura europea. Proprio in questa sede emergerà il travaglio in cui dovettero porsi gli studiosi che volevano presentare rigorosamente una disciplina (la Logica), senza però disfarsi completamente di altre componenti ad essa collegate (retorica, dialettica, grammatica). Ci è parso necessario inserire questo terzo capitolo in quanto ci consente di avere un quadro più dettagliato di come la Logica fosse intesa in Italia (ma non solo) nel secolo scorso. Il considerare quella che è stata poi la sua evoluzione (dove Peano ebbe un'importanza di primo piano), presentando tutti i modi con cui questa disciplina era stata precedentemente intesa, mi è parso un valido contributo documentativo. La stessa cosa, è ovvio, vale anche per la Psicologia. Il lavoro, che rientra in una tematica epistemologico-genetica, vuole costituire la prima parte, da definirsi storico-critica, di un progetto che si prefigge di esaminare, in un secondo momento, in che modo il rapporto tra Logica e Psicologia sia oggi trattato, con particolare riferimento ai lavori di J. Piaget (Logica operatoria) e dei suoi collaboratori (soprattutto la Logica Naturale secondo J. B. Grize e la sua scuola), in vista della costruzione di una scienza sempre più evoluta e specifica.

13 1. I PERIODO - PRIMA METÀ DEL SECOLO xix - OSSERVAZIONI GENERALI Sono i cinquant'anni nei quali si assiste al sorgere, al consolidarsi ed allo svanire della cultura romantica che, inizialmente, si manifesta col fervore naturalistico di F. W. J. Schelling, si afferma e si nega con l'ottimismo idealistico di G. W. F. Hegel, il quale ne persegue gli stessi fini ma ricorrendo a differenti mezzi, e si conclude con il sopravvento del pessimismo irrazionale (A. Schopenhauer), che solo una fiducia assai ingenua nei progressi delle scienze riesce, in parte, ad attenuare. Elemento comune ad un tale indirizzo di pensiero è, pure nella sua diversità, il tentativo di attuare una comprensione unitaria del reale e, conscguentemente, si assiste al tentativo di considerare le varie forme della conoscenza come sistematicamente connesse le une con le altre. Il desiderio di amalgamare armonicamente tutte le componenti del sapere, con l'intento di averne una visione completa e saldamente connessa, trova nella Germania il paese ove questo progetto si esprime con maggiore intensità: i lavori J. G. Hamann (filosofia e teologia), G. Herder (filosofia e storia), W. Goethe (estetica e letteratura), F. Schiller (etica ed estetica), W. von Humboldt (antropologia e linguistica), Novalis (filosofia ed etica), F. Schlegel (poetica), sono le testimonianze più rilevanti che segnarono l'avvento di questa corrente culturale. L'obiettivo comune a tutti gli studiosi del periodo è il superamento della crisi, prodotta dalle eccessive specializzazioni delle operazioni umane e dalla conseguente perdita dell'unità intcriore ed esteriore del soggetto. Possiamo affermare che, salvo alcune eccezioni, ci si rende conto che la "rivoluzione" illuministica presentava gravi lacune ed inconvenienti: per

14 CAPITOLO PRIMO questo si contrappone lo storicismo all'astoricità, la religione rivelata a quella naturale, l'esigenza di un'autorità allo spontaneismo 1. Quando si parla di "romanticismo" non ci riferiamo tanto ad un insieme di contenuti quanto piuttosto al modo di intendere quelli classici e di rielaborarli. Il fatto che fu in Germania il luogo dove tale corrente attecchì maggiormente e che fu attorno alla rivista Athenaeum di F. Schlegel che crebbe il movimento romantico, significa che in questo paese si riscontrarono le condizioni storiche più rilevanti per avviare questo ribaltamento culturale. Negli altri stati il suo influsso si fece certamente sentire in modo meno profondo e si concretizzò con la riscoperta di certi contenuti storici (come la cultura medievale) o la preferenza accordata ad alcuni generi letterari (come il romanzo storico), ma, almeno inizialmente, senza essere di certo in grado né di mutare la cultura filosofica tradizionale, né di propome una nuova La cultura italiana del periodo non si discosta molto da questa situazione, ma inoltre è segnata da un costante ritardo rispetto alle produzioni filosofiche degli altri paesi. Anche quando l'idealismo domina la scena culturale europea (Fenomenologia dello Spirito, 1807, Scienza della Logica, 1812) la filosofia italiana è ancora sostanzialmente legata alle problematiche del pensiero francese ed inglese, la cui diffusione era ritenuta più agevole, malgrado queste fossero già sulla via di un loro superamento: pertanto, risente ancora fortemente del sensismo di Dillac, la cui opera «faceva fortuna, ed i maestri continuavano ad insegnarla agli scolari ad accoglierla ed a propagarla... [e ciò] ha la sua facile spiegazione nell'apparente chiarezza sua, e nelle simpatie coi costumi di quel tempo» (G. Gentile, Storia della Filosofia italiana, 1969, I, V, II, 728) e dell'utilitarismo di J. Bentham. Oltretutto le prime osservazioni all'illuminismo che si registrano in Italia, fanno prevalere «più che un autentico storicismo la rivalutazione del costume ereditato e della tradizione» (L. Geymonat, Storia del pensiero filolofico e scientifico, 1973, IV, XXII, I, 666) e questo non fu certo un incentivo atto a favorire l'ingresso del nuovo clima culturale nel nostro paese. 1 Un esempio esemplare sono gli Inni della Notte di G. P. F. von Hardenberg, ovvero Novalis, che ritrova nel mistero e nella fantasia della notte gli elementi necessari da contrapporre e da preferire alla sicurezza ed al realismo della Luce, del Giorno, componenti specifici della cultura illuministica, che secondo questo Autore è segnata da un razionalismo limitante. Al di là della componente metafisica di queste affermazioni appare chiaramente l'esigenza di ampiare ed arricchire ulteriormente il panorama delle conoscenze.

15 LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 9 Non mancavano tuttavia sedi e luoghi nei quali la cultura potesse svilupparsi e presentare valide produzioni: i centri italiani più attivi nel XVIII secolo erano Milano e Napoli. Pure mantenendo entrambi questa preminenza anche nei primi decenni del secolo XIX, è la città lombarda, grazie soprattutto alle riforme economiche ed amministrative promosse da Maria Teresa e Giuseppe II, quella che si era mostrata più aperta alla nuova cultura illuminista, la quale era ritenuta il mezzo più idoneo ed opportuno per superare gli ostacoli, che le passate esperienze e tradizioni ancora frapponevano ad un rinnovamento del sapere. Il periodico "II Caffè" (organo della "Società dei Pugni", ), cui aderiscono i nomi più illustri di quel periodo (A. Verri, P. Verri, C. Beccaria, A. Longo), fu certamente la produzione letteraria più progressista di tutta la cultura italiana del XVIII secolo. La sua influenza fu talmente rilevante che anche gli studiosi delle successiva generazione rimasero strettamente collegati alla filosofia del gruppo milanese ed ebbero notevoli difficoltà a staccarsi da questo. Ed è forse proprio in seguito a questo fatto che gli stessi studiosi non colsero tempestivamente i mutamenti che la giovane cultura romantica stava portando all'estero. Se a ciò si aggiunge il peso non sempre positivo che la cultura religiosa e l'istituzione ecclesiastica ancora esercitavano nel nostro paese, non stupisce che, quando le nuove idee provenienti dall'estero, a partire dal terzo decennio del secolo, fecero il loro ingresso in Italia, le si trovi connotate da un tentativo di fusione con la tradizione cattolica: nei maggiori filosofi di questo periodo assumeranno un carattere specificatamente gnoseologico (A. Rosmini) e storico-religioso (V. Gioberti). Un elemento costante in tutta la cultura romantica, ed in Italia particolarmente rilevante, è il richiamo alla tradizione ed il tentativo di un suo recupero. Ora questo fatto, che pure favorisce la comparsa di nuove idee, successive ad una rilettura critica delle passate produzioni, può anche intendersi come un rafforzamento delle posizioni conservatrici: nella filosofia del nostro paese, guidata dalla ripresentazione dei temi dello spiritualismo cattolico e cristiano, un tale fatto è rinvenibile in tutti gli autori del periodo, anche in coloro che pure sono presentati come i più progressisti ed i meno debitori rispetto alla passata tradizione (C. Cattaneo 2 e V. Cuoco 3 ). 2 Le condizioni familiari di Carlo Cattaneo ( ), non certo agiate, costituirono una grande difficoltà per compiere gli studi. Si laurea a Pavia nel 1824 in giurisprudenza e si lega ben presto al gruppo del Romagnosi, che difese sempre dalle accuse che il Rosmini continuava a rivolgergli. Dal 1839 al 1844 diresse // Politecnico

16 10 CAPITOLO PRIMO Anche in questo caso, malgrado, per alcuni versi, si possano individuare alcuni autori (in particolare G. Romagnosi 4 e M. Gioia 5 ) che sembrano pretendere una più netta separazione tra le differenti forme di conoscenza, l'elemento principale è la ricerca di una soluzione unitaria ai problemi posti da un sapere, considerato sì nella sua complessità, ma ritenuto rigidamente concatenato ed unico. Questo intento non si traduce però in un tentativo immanentista di riunificazione delle varie attività dello Spirito (sulla scorta dell'idealismo tedesco), ma si richiama alle passate speculazioni, fortemente improntate a rigide strutturazioni delle conoscenze. Una simile posizione comporta altresì che neppure si metta in discussione quella che era la classica ripartizione delle scienze ed è, probabilmente, per tradizione culturale, o meglio per intenti pedagogici e morali più che per altri motivi, che si ricorda che la Logica riveste una posizione preminente: questa però è già "data", assegnata, già stabilita una volta per tutte, ed il fatto non genera e non può generare, alcuna conflittualità con le altre forme del sapere. e nel 1848 partecipò in prima persona ai moti indipendentistici. Dopo la battaglia di Custoza emigra a Parigi; successivamente si trasferisce a Lugano e quivi insegna filosofia nel liceo del Canton Ticino. Dopo avere abbandonato le sue giovanili posizioni antipiemontesi (1859) ed avere invitato Garibaldi (1860) a realizzare l'ideale federalistico che da sempre coltivava, riprende a dirigere // Politecnico. A seguito di profonde incompatibilità ideologiche con l'editore delle rivista è costretto ad abbandonare nuovamente l'incarico. A questo punto si ritira da ogni attività sino alla morte. Tra le altre sue opere ricordiamo Introduzione alle notizie naturali e civili della Lombardia (1844), Psicologia delle menti associate ( ), Corsi di filosofia (postumo). 3 Vincenzo Cuoco ( ). Di origini molisane, si ispira alla filosofia del Vico e contribuisce a far conoscere le sue idee nel nord Italia quando dovette andare in esilio a Milano, in quanto coinvolto nella Rivoluzione Napoletana del Nel 1806 ritorna a Napoli da dove non si sposta più. Tra le sue opere citiamo il Saggio storico (1801) sulla rivolta napoletana ed il romanzo filosofico Fiatone in Italia (1806). 4 Giandomenico Romagnosi ( ), si forma culturalmente a Piacenza, si trasferisce a Trento e, successivamente, insegna diritto nelle Università di Parma e Piacenza. Le sue posizioni filofrancesi ed il suo sostegno alle tematiche filosofiche illuministe gli causano seri problemi con la giustizia austriaca dopo il crollo napoleonico, al punto da essere implicato nel processo Pellico-Maroncelli. Tra le altre sue opere: Che cos'è la mente sana? Indovinello massimo che potrebbe valere poco o niente (1827), Sull'indole e sui fattori dell'incivilimento con esempi del suo risorgimento in Italia (1833), Giurisprudenza teorica ossia Istituzioni di civile filosofia ( postumo). 3 Melchiorre Gioia ( ) oltreché filosofo è anche economista ed uomo politico: da notare il suo tentativo in filosofia della statistica di applicare il metodo empirico-descrittivo ai problemi della società. Scritto più propriamente filosofico è invece Del merito e delle ricompense (1818).

17 LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 11 Non esitiamo pertanto a pensare che, all'inizio del secolo XIX, per quello che concerne la letteratura filosofica italiana, non vi sia alcun attrito tra Logica e Psicologia. Secondo la classica suddivisione del sapere, che risale ad Aristotele, la Psicologia è una disciplina che fa parte della Logica, ovvero la scienza che studia la ragione nei caratteri formali ed universali dei suoi prodotti. Per ottenere questo risultato finale è pertanto necessario partire dalle forme e dai mezzi più elementari, per alcuni versi primari, di cui ogni soggetto dispone per confrontarsi con il sapere: è questo l'ufficio cui deve rispondere la Psicologia. Più esplicitamente: La logica stabilisce che è possibile scoprire come il pensiero sia effettivamente organizzato: alla base di questa posizione sta il fatto che le strutture generali del mondo esterno possiedono dei fondamenti che non si discostano da quelli che son propri ad ogni soggetto. Si aggiunga a ciò che è estremamente forte l'influenza della scuola di Port-Royal e, sulle scorte dei suoi insegnamenti, in base ai quali questa disciplina è detta "arte di pensare" e non più "arte di ragionare", «per la prima volta... la metodologia è esplicitamente introdotta in Logica» (H. Scholz, Esquisse d'une histoire de la Logique, 1968, I, 5, 34) 6 e che per i suoi autori è senza alcun dubbio la parte più utile ed importante tra quelle che la compongono. Richiamandosi a R. Descartes, che aveva sottoposto la Logica "classica" ad una critica radicale, si tratta ora di presentarla mostrando ed indicando il metodo con cui accostarsi alle scienze. Su questo punto sono tutti pressoché d'accordo: ma, «evidentemente questa Logica non è profonda» (ibidem, II, 3, 69) e ciò è tanto più valido per la cultura filosofica italiana dove, in molti casi, la si intende in maniera ancora più limitata, riducendola, nella maggior parte dei casi, ad una serie di precetti e regole da impartire agli allievi per favorire lo sviluppo delle loro capacità di apprendimento La Psicologia, anch'essa parte della filosofia, ritiene a sua volta che le leggi logiche, ed anche quelle etiche, facciano parte del patrimonio di cui tutti gli individui, almeno in potenza, sono in possesso. Volendo ancora intenderla quale "studio dell'anima" ha come obiettivo l'investigazione della sua formazione ed il corretto adeguamento di questa alla realtà esterna. Per questo la componente pedagogica che si tende a fare assumere alla Logica ha, di conseguenza, una rilevante importanza per favorire un 6 H. Scholz, Abriss der Geschichte der Logik, Verlag Karl Alberg, Reiburg-Mùnchen, l a ed. 1931, 2 a ed

18 12 CAPITOLO PRIMO accordo e, a volte un connubio, con la Psicologia, la quale indaga da un altro punto di vista lo stesso problema 7. Anche a questo proposito il richiamo alla scuola port-royaliste è esplicito: «II giudizio di verità e la regola per ottenerlo non appartiene certo ai sensi, ma allo Spirito: Non est judicium veritatis in sensibus; questo perché la certezza che possiamo ricavare dai sensi non è facilmente generalizzabile ed anche per il fatto che vi sono parecchie cose che crediamo di sapere, mentre non possiamo dire di avere una conoscenza sicura e completa» 8. Se dunque si parte dai sensi (Psicologia), questi ci forniscono solo delle vaghe impressioni degli oggetti che ci pongono innanzi, mentre occorre un metodo razionale (Logica) per comprenderli in modo soddisfacente. 2. RAPPORTO LOGICA-PSICOLOGIA NELLA CULTURA ITALIANA DEL xix SECOLO ( ). (a) Progressiva separazione di Logica e Psicologia da temi ontologici e morali. Se partiamo dal fatto che tutto il sapere è un prodotto umano, non dovremmo avere particolari obiezioni sostenendo che questo abbia proprio nell'uomo il minimo comune denominatore e che, quindi, possa essere inteso in senso unitario. Se questa affermazione è valida anche per le scienze della natura, le quali sono imbrigliate in costruzioni o sono strutturate secondo precise regole, frutto della riflessione del soggetto, è ancor più assumibile quale presupposto per una scienza che abbia come oggetto lo studio dei concetti primi e quello della loro formazione. Siccome è oggi invece cosa più che mai vaga ed infruttuosa parlare di un singolo sapere, quello che può maggiormente interessare è come le varie forme che lo compongono si correlino tra di loro e, per quanto è possibile, come un tale fatto si sia verificato con il passare del tempo. 7 II connubio tra Psicologia e Logica riscontrabile nel romanticismo, incanalato in un versante pedagogico, presenta due aspetti contrapposti, l'uno positivo e l'altro negativo: quello "negativo" risulterà più rilevante ed importante negli anni successivi per le conseguenze limitanti che assumerà la pedagogia. Se da un lato, infatti, promuove un continuo aggiornamento del metodo di questa disciplina ed impedisce una sua schematizzazione troppo rigida, per un altro verso costituisce un ostacolo alla fondazione di un'indagine scientifica, vale a dire oggettiva, nel campo dell'educazione (L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, 1973, IV, XI, II, ). 8 Quando parleremo della scuola di Port-Royal ci rifaremo sempre a A. Arnaud e P. Nicole, La Logique ou l'art de Penser, Jacques Lecoffre, Paris 1865.

19 LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 13 Quanto più si ripercorre la storia, tanto più ci si rende conto che il sapere è passato da una concezione monolitica ad una sempre più settorializzata: è per questo oltremodo importante mostrare le differenti fasi, attraverso cui si è svolta questa progressiva scissione. Nel nostro caso la Logica e la Psicologia sono discipline che cogliamo ancora unite fra loro, come parti della Filosofia: inizieremo il lavoro partendo dal momento nel quale comincia la loro progressiva differenziazione, per arrivare nel periodo in cui la loro divisione sembra essere oramai del tutto definitiva. Pure avendo attraversato differenti fasi nelle quali questa progressiva separazione si è manifestata, troviamo come elemento comune il progressivo, ma estremamente difficoltoso allontanamento da forme di ragionamento ancora troppo legate al pensiero quotidiano, per ciò che concerne la Logica, e da sperimentazioni casuali, oltretutto proposte solo teoricamente e mai verificate sperimentalmente, per quello che riguarda la Psicologia. È inevitabile che se questo processo per un verso serve a rendere tanto più precise ed autonome queste discipline, per un altro verso comporta la perdita di quei legami, magari ingenui, ma non per questo meno importanti, che le due materie avevano. Sarà, d'altro canto, la precisa definizione del loro statuto, dei loro obiettivi e dei loro ruoli, ciò che permetterà di mettere in discussione alcune loro conclusioni estreme, raggiunte in questa fase storica, e di presentare su nuove basi, senza dubbio più solide, le loro possibili - e direi necessarie - correlazioni. Siccome, soprattutto nei primi decenni del XIX secolo, non si hanno eccessivi problemi ad ammettere che vi possa indubbiamente essere qualcosa che precede ogni attività del soggetto, la cui natura va al di là di ogni riferimento al reale, al concreto, non vi è neppure un eccessivo contrasto tra queste due discipline. Il rapporto tra Logica e Psicologia è dunque risolto, attribuendo all'ontologia la sua soluzione. All'inizio del secolo scorso, vi è pertanto un accordo generale sui seguenti punti, che possiamo schematizzare in questo modo: 2.1. Senza le sensazioni non si ha intelletto: occorre tuttavia ammettere che sussiste in ogni caso una disposizione innata all'essere che fa sì che questi possa ben ragionare (A. Genovesi 9, La Logica per i giovinetti, 9 Antonio Genovesi ( ), compie studi seminariali e nel 1737 è ordinato prete. Nello stesso anno si trasferisce a Napoli dove assai presto ottiene la cattedra universitaria, dapprima di Metafisica ed in seguito di Etica. Nel 1754 gli è affidata la cattedra di "Commercio e Meccanica". In questo periodo inizia ad occuparsi di filosofia richiamandosi al sensismo di Condillac ed al materialismo di Helvetius, dando vita

20 14 CAPITOLO PRIMO 1830) 10. Occorre pertanto fare emergere tale caratteristica, che sarà l'elemento determinante, che ci consentirà di affrontare in modo giusto e corretto i diversi problemi nei quali ci imbatteremo Quelle che però sono le caratteristiche di tale disposizione, nonché delle immediate reazioni che la stessa produce, sono un tema che non appartiene né alla Logica né alla Psicologia ma, al limite, all'ontologia, o, in ogni caso, alla Morale. L'Ontologia, intesa quale la tendenza a stabilire un fondamento unico di tutta la natura, è un elemento costante delle teorie dell'epoca, attraverso cui si tende a giustificare ciò che sappiamo, spiegando come conosciamo o, più esattamente, come dobbiamo conoscere. Da questo deriva che in luogo di assumere una posizione staccata rispetto alla conoscenza, i filosofi del periodo, anche facendo ricorso a tecniche o terminologie astratte, tendevano ad avere una concezione morale della stessa, poiché un fatto, un argomento di studio, si verifica solo se è autorizzato a verificarsi. Tutto questo è certamente indice del fatto che vi è un approccio troppo superficiale alle scienze e ciò fa sì che non si arrivi a distinguere con precisione tra controllo delle conoscenze e sua giustificazione. Tra coloro che sono fautori di questa posizione e che presentano lavori abbastanza analoghi ricordiamo S. M. Roselli, Stimma philosophica ad mentem D. Tbomae, lili (e 1783); J. Tamagna 11, Institutiones logicae ad un'aspra polemica con Rousseau ed i suoi sostenitori. Ha anche forti polemiche con l'ordine gesuita da cui viene cacciato in quanto propone una riforma delle scuole elementari nella quale la matematica e la fisica dovrebbero sostituire del tutto la filosofia. Fra le altre sue opere: Dioceosina ( , riguardante la filosofia "del giusto e dell'onesto") e Meditazioni filosofiche sulla Religione e sulla Morale (1758). 10 L'opera di Antonio Genovesi è da ritenersi pertinente alla cultura italiana del XVIII secolo non soltanto da un punto di vista temporale, ma anche contenutistico. Tuttavia l'abbiamo inserita nel nostro lavoro per il fatto che fu continuamente ristampata per tutta la prima metà del secolo successivo e perché il suo pensiero è costantemente ripreso dalla maggior parte dei filosofi di cui ci siamo occupati. Per le informazioni bibliografiche relative agli anni ed ai luoghi di pubblicazione di questo lavoro si veda la nota [3] del capitolo IL 11 Giovanni (Johannes) Tamagna ( ). È dottore in teologia e professore in teologia nell'archiginnasio romano. Nell'opera da noi citata è anche incluso il trattato De jure et lege naturali, et de religione rivelata, in cui l'a. è fortemente polemico contro coloro i quali pretendono di apportare correzioni alla religione rivelata. Tra le altre sue opere ricordiamo: Animadversiones in duo opuscola D. Bonaventurae (Roma, 1790), Origine e prerogative dei Cardinali (Roma, 1790), Analisi del libro di Necker intitolato: De l'imposture de la Morale et des opinions religieuses (Roma 1791). A ciò si aggiunga: Riflessioni sopra il decreto antimonastico dell'assemblea di Francia e Riflessio-

21 LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 15 et metaphysicae, 1778; L. Altieri 12, Elementa philosophiae, 1805; M. Gigli 13, Analisi delle Idee, 1808; B. Bellofiore, Elementa logicae et ontologiae quibus Bartholamaeus Bellofiore olim auditores suos philosophos in seminariis dictando instituebat, 1813) L. Bonelli 14, Institutiones logicae et metaphysicae, 1833 ed A. Braghetti 15 (Istituzioni logiche esposte da un sacerdote della compagnia di Gesù, 1820): in particolare quest'ultimo stabilirà che la Logica si deve intendere come la dottrina che insegna a ben ragionare e come "l'abito" che si acquista quale conseguenza dell'esercizio mentale, ma anche pratico, cui è soggetto colui che la studia. È collegata inoltre alla Morale in quanto è una scienza dell'uomo, deputata ad indirizzare quest'ultimo alla ricerca della verità, punto fondamentale ed indispensabile perché sia possibile giungere alla virtù 16. Col passare del tempo questa posizione, che si prefigge di indicare come a monte di qualsiasi attività del soggetto vi sia sempre "un buon senso", comune ad ogni uomo, che consente a quest'ultimo di ragionare "politamente" e correttamente, indicandogli, soprattutto, quali sono le cose che non hanno senso alcuno e gli permetta quindi di discutere con chiunque, tenderà ad essere superata. Non si tratterà però di un processo definitivo, per il fatto che vi saranno sempre degli autori che rinunzieranno a dare qualsiasi spiegazione che vada al di là di una semplice attestani sopra il libro Diritti dell'uomo del sig. abate Spedalieri. Di questi due ultimi lavori non conosciamo né l'anno né il luogo di edizione. 12 Luigi Altieri è un filosofo attivo a Venezia a cavallo tra il XVIII ed il XIX secolo. Tra le altre sue produzioni citiamo Elementa Philosophiae in adolescientium usum (Venezia, 1793). 13 Mariano Gigli (1782-?). Accademico milanese di origine marchigiana (Recanati): filosofo di formazione con interessi dedicati allo studio del linguaggio. È autore anche di: La metafisica del linguaggio (S. L., 1817), // bello nella natura e nell'arte (Milano, 1818), Lingua filoso/tea universale pei dotti precetti dell'analisi del linguaggio (Milano, 1818), Elementi filosofici per lo studio ragionato di lingue (Milano, 1819). 14 Luigi Bonelli ( ). Altri lavori: Esame storico dei principali sistemi di filosofia (1829), Storia della filosofia tedesca da Leibniz ad Hegel (1837). 15 II libro è stato pubblicato postumo. Di Andrea Draghetti sappiamo che era ancor vivo nel 1773, che si era formato come matematico e, successivamente, insegnava matematica a Brescia. Nell'opera Psychologiae Specimen (1771) egli tratta delle serie aritmetiche e geometriche applicate alla scala musicale. 16 La definizione di Logica quale "abito", ovvero quale elemento che rende operativi e comunicabili i pensieri di ogni soggetto, sarà impiegata abbastanza frequentemente per tutto il secolo XIX: una simile definizione l'abbiamo trovata nel secolo precedente nei lavori di J. C. Darjes, filosofo tedesco per certi versi riconducibile alle speculazioni ed alle elaborazioni del concetto di Logica attuate da C. F. Wolff (si veda soprattutto il cap. II).

22 16 CAPITOLO PRIMO zione della presenza di una primitiva Logica Naturale, avente le caratteristiche da noi indicate. A questo proposito, ad esempio, P. Mako 17 (Compendio di Logica, 1819) stabilirà che la Logica fornisce una certa arte o disciplina alla filosofia, e, più che essere una parte di quest'ultima, ne è uno strumento. La Logica insegna allora a «raffrenare le azioni» (p. 13) della mente, ovvero, in altri termini, «quella forza misurata ad ognuno, per mezzo di cui contempliamo qualunque cosa come se fosse presente e formiamo i giudizi ed i raziocini» (13). Ancora alcuni decenni più tardi vi sarà chi riprenderà fedelmente questa posizione che, in ultimo, è di tipo pedagogico connotata moralmente ed ontologicamente. Ad esempio, nel 1846 il filosofo marchigiano B. Monti ( ), sosterrà che l'ontologia è scienza prima, è fondamento a se stessa, non dipende da alcuna altra forma di sapere e la si ottiene quando lo spirito umano riesce ad astrarre totalmente dai fatti reali, ritrovando universali determinazioni dell'essere e ricavandone le relazioni che lo collegano. Una volta accolto quale postulato l'assunto in base a cui la Verità, in quanto tale, è in ogni caso costituita da giudizi ontologici, si potrà poi parlare delle distinzioni che specificano la Logica dalla Psicologia. L'una si occupa della verità prima (o verità di ragione), mentre l'altra riguarda le verità seconde (o di evidenza e percezione), che sono sempre parziali e relative. Il collegamento tra le due discipline concerne le verità seconde, o più precisamente, quelle empiriche. Quando accadono fatti tra loro differenti, ma anche quando ci comportiamo in modo apparentemente strano, oppure pensiamo a cose o situazioni tra loro inconciliabili, se li esaminiamo singolarmente (Psicologia) li cogliamo come particolari e locali, mentre la scoperta che una loro eventuale contraddittorietà è solo apparente, per il fatto che sussiste sempre una connessione che si esplica tra queste, è un risultato cui giungiamo solamente grazie alla Logica. In generale dunque questa forma del sapere si rapporta con la Psicologia solamente a proposito di conoscenze empiriche che, per 17 Paulo Mako ( ). Di origine ungherese insegna belle lettere in vari collegi, poi Matematica nell'accademia Teresiana ed infine è direttore della facoltà di Filosofia a Pesth (Ungheria). Oltre all'opera citata (che è una traduzione del suo Compendiaria logices institutio, Vienna, 1764) segnaliamo: Compendiaria physicae institutio (Vienna, ), Carminum elegiacorum libri tres (Tyrnau, 1764), Compendiaria matheseos institutio (Vienna, 1764), Compendiaria metaphysices institutio (Vienna, 1766), Dissertatio in figura telluris (Olmutz, 1767), Calculis differentialis et integrales institutio (1768, S. L.), De arithmeticis et geometricis aequationum resolutionibus (1770, S. L.), Descriptio provinciae Moxitarum in regno Peruans (Buda, 1791).

23 LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 17 gli Autori in questione, sono sempre da collocarsi in una posizione inferiore, a volte infima, rispetto a quella speculativa, la quale ha la funzione di mostrarcele nella loro essenza, unico e solo elemento che le fa rendere accettabili dallo scienziato. Più generalmente, un punto di vista ontologico rimanda alle problematiche della costituzione della scienza colta nella sua realtà intrinseca, la cui razionalità è completamente staccata dall'intenzionalità del soggetto conoscente. In tal senso la formazione della scienza non comporta alcuna problematica, poiché questa, identificandosi con la Ragione della Natura, si realizza in sé e per sé. Questo comporta, di conseguenza, anche il presentarsi di un punto di vista gnoseologico, ma strettamente collegato a questo assunto di base. L'individuo deve chiedersi come potrà giungere a cogliere la ragione della verità naturale: in questo caso egli disporrà di basi universali e razionali, grazie a cui i suoi giudizi non saranno più semplici opinioni empiriche, ma una vera conoscenza. Per ottenere un tal risultato il soggetto dovrà fondare ed impostare la propria conoscenza su regole e principi universali e necessari: quanto più egli si impegnerà in questa operazione, tanto più potrà avvicinarsi alla comprensione delle costanti universali che reggono l'ordine naturale nella sua totalità. Logica e Psicologia sono allora strettamente unite da questo presupposto e la loro realizzazione sarà una specie di somma di regole, pratiche od intellettive, che il soggetto dovrà impegnarsi a seguire. Una tale osservazione è fondamentale e, di conseguenza, permette di dare una giustificazione a coloro che iniziavano a sostenere un ruolo più attivo del soggetto nei processi di conoscenza, affermando che tutti gli sforzi che questi deve compiere sono volti non solo a comprendere che tali regole sono proprie ad ogni essere, ma che per potersi attualizzare richiedono un notevole impegno. «Se l'arte logica a cui ho destinato questo lavoro non influisse sul perfezionamento intellettuale, morale e politico, almeno di coloro che debbono guidare i loro simili, sarebbe tempo perduto il lambiccarsi il cervello nelle astruse e tenebrose elucubrazioni della metafisica» (G. Romagnosi, Vedute fondamentali sull'arte logica, 1832, 1). Attraverso tale esercizio possiamo arrivare a denotare proposizioni che fungono da assiomi e che, per questo, devono essere chiare ed evidenti. Solo a seguito di questa operazione possiamo iniziare qualsiasi tipo di studio e ritenerlo attendibile. Quello che ci conduce all'individuazione di tali proposizioni chiare ed evidenti sarà di certo un loro stretto legame con la realtà, che presuppone tuttavia un'attitudine specifica ed innata in ogni

24 18 CAPITOLO PRIMO uomo, a saper cogliere immediatamente e senza errore tutte le cose che sono vere. Attribuendo alla Logica questa componente ontologica, per la quale essa fa parte, nel suo nucleo essenziale, dell'essere medesimo, si attua il tentativo di evitare di metterla minimamente in discussione, preservandone in tal modo le caratteristiche peculiari e non impedendo, d'altra parte, di iniziare a studiare l'individuo e le facoltà a lui proprie, in modo assai più esteso e non troppo rinchiuso in rigidi schemi. Il fatto è tanto più rilevante poiché si propende a ritenere come proprio ad ogni soggetto un sensus, quo accipiendae sunt propositiones (B. Bellofiore, 1813). Se ogni soggetto è "naturalmente" connotabile in tal modo, la Logica, quale disciplina, è allora solo quella artificiale, la quale potrà essere teorica o pratica, ma, in ogni caso, acquisita. Lo studio della percezione, d'altro canto, non ha neppure bisogno di iniziare con l'esame delle sensazioni, bensì con quello della memoria, mezzo atto a farci comprendere il ruolo dell'astrazione, strumento fondamentale che conduce al giudizio. Vale a dire che seppure l'attività percettiva è da intendersi quale prima manifestazione che conduce l'uomo ad un corretto impiego dell'intelletto (B. Bellofiore, Institutiones philosophicae, 1799), tuttavia occorre partire da uno studio della natura dell'essere (tema ontologico) in senso lato (sua origine e sviluppo), per poi approdare successivamente all'uomo come essere vivente dotato di sensazioni ed, in ultimo, allo studio del ragionamento (R. Gianandrea, Institutiones logicae, 1795). La percezione, caratteristica psicologica per eccellenza, non ha allora bisogno di essere approfondita più di tanto, in quanto elemento poco collegato con le attività primarie del soggetto. Si tende a porre come già date od innate alcune disposizione che ogni soggetto possiede e che prescindono a qualsiasi forma di conoscenza: in tal senso il fatto che un soggetto le possegga e le esplichi in ogni caso, oppure che abbia bisogno di riflettere per scoprire che fanno parte del proprio essere, diviene un problema non più primario. Ovvero si assiste al tentativo di amalgamare tra loro un approccio "sensista" ed il mantenimento di una cultura filosofica "tradizionale". Altrettanto chiaramente lo sforzo che gli studiosi si prefiggono, consiste tuttavia nel sottolineare incessantemente la maggiore importanza della seconda forma di conoscenza. Fortunatamente questa caratteristica conservatrice tenderà a scomparire e già agli inizi del secolo rappresenta un suggerimento che si trasgredisce abbastanza agevolmente, anche da parte di chi dice di non avere problemi a sostenere la conoscenza tradizionale.

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