IL CONDIZIONAMENTO DELLE MAFIE SULL ECONOMIA, SULLA SOCIETA E SULLE ISTITUZIONI DEL MEZZOGIORNO

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1 IL CONDIZIONAMENTO DELLE MAFIE SULL ECONOMIA, SULLA SOCIETA E SULLE ISTITUZIONI DEL MEZZOGIORNO Roma, settembre 2009

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3 INDICE Premessa Pag La forza pervasiva della criminalità organizzata 7 2. La crescita dei luoghi e dei reati della criminalità organizzata di stampo mafioso La paura delle imprese I fattori ostativi allo sviluppo Il peso della criminalità organizzata I tradizionali sistemi di controllo del territorio La filiera lunga della criminalità organizzata La percezione della sicurezza Quali gli interventi richiesti e in quali settori Trasparenza della Pubblica Amministrazione e cultura della legalità Le frodi ai danni dell Unione Europea La spesa in sanità Il deficit di fiducia e di coesione all interno della società Il divario socio-economico tra il Sud della mafia e il resto del paese Spesa pubblica e fondi europei: Troppi soldi o troppo pochi? " 120 Conclusioni 133 Allegato - I principali indicatori demografici 135

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5 PREMESSA Il testo che si presenta nelle pagine che seguono è il risultato del lavoro realizzato dal Censis in adempimento all incarico di consulenza affidatogli dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere e relativo a Il condizionamento delle mafie sull economia, sulla società e sulle istituzioni del Mezzogiorno. Il testo è così articolato: Capitolo 1 La forza pervasiva della criminalità organizzata All interno del capitolo si presenta una stima che il Censis ha effettuato a fine 2006 relativa all incidenza della criminalità organizzata sui comuni e sulla popolazione delle quattro regioni in cui è maggiore la presenza delle organizzazioni criminali. Tale stima è stata messa in relazione ai principali indicatori economici e sociali, per verificare quanto la presenza della criminalità organizzata influisca sui livelli di sviluppo economici e sociali. La stima è stata effettuata considerando, per ciascuno dei comuni delle quattro regioni del Meridione sede delle più temibili organizzazioni mafiose: 1) La presenza di clan (Fonti: Relazioni e Rapporti al Parlamento del Ministero dell interno e Rapporto dell Osservatorio anticamorra della regione Campania); 2) Il numero dei comuni sciolti per mafia (Fonte: Ministero dell Interno); 3) La presenza di beni confiscati (Fonte: Libera, Ufficio beni confiscati). Capitolo 2 La crescita dei luoghi e dei reati di criminalità organizzata In questo capitolo sono stati analizzati la presenza e l andamento dei reati di criminalità organizzata in Italia. I reati di criminalità organizzata sono stati selezionati considerando esclusivamente quegli illeciti per cui le risultanze delle indagini condotte da magistratura e forze dell ordine dimostrano che vi è una partecipazione consistente da parte dei gruppi di criminalità organizzata di stampo mafioso. 1

6 Per ciascun reato considerato sono stati analizzati i dati di delittuosità relativi alle denunce pervenute alla Forze dell ordine e inseriti nella Banca dati interforze SDI situata presso il Ministero dell Interno. I dati sono presentati con dettaglio provinciale per l ultimo anno disponibile (2007), e in serie storica a partire dal 2004, anno di attivazione della Banca dati SDI. I dati sono considerati in valore assoluto e attraverso la costruzione di indicatori; in ogni tabella è sempre disponibile un confronto tra le quattro regioni del Meridione a maggiore presenza di criminalità organizzata di stampo mafioso, il resto del Sud, il Centro-Nord ed il totale Italia. I dati relativi ai beni immobili sequestrati alla criminalità organizzata, di fonte Agenzia del demanio, sono aggiornati al 31/12/2008. Capitolo 3 - La paura delle imprese Il capitolo intende rappresentare qual è il sentiment prevalente degli imprenditori meridionali rispetto alla presenza della criminalità e quanto questa influisca sullo svolgimento della loro attività economica. All interno del capitolo si fa riferimento ai dati di due indagini effettuate dal Censis su di un campione di imprenditori meridionali: - Indagine sulle imprese, effettuata nel 2006 per il progetto Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno- 2000/2006, commissionato dal Ministero dell Interno. L indagine è stata realizzata su di un campione di 800 imprenditori di imprese medio - piccole (max. 200 addetti) che operano nelle regioni dell Obiettivo 1 (Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Sardegna, Sicilia). Il campione è stato stratificato in base alla regione di attività, al numero di addetti dell azienda, e al settore di attività (industria, commercio, servizi). Lo strumento di rilevazione adottato per la realizzazione della ricerca è consistito in un questionario a risposte chiuse. - Indagine sulle imprese, effettuata nel 2003 nell ambito del progetto Impresa e criminalità nel Mezzogiorno realizzato per la Fondazione BNC. 2

7 L indagine è stata realizzata su di un campione di 763 imprenditori di imprese con al massimo 250 addetti che operano nelle otto regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna). Il campione è stato stratificato in base alla regione di attività, al numero di addetti dell azienda, e al settore di attività (industria, commercio, servizi). Lo strumento di rilevazione adottato per la realizzazione della ricerca è consistito in un questionario a risposte chiuse. Capitolo 4 - Trasparenza della pubblica amministrazione e cultura della legalità Il capitolo intende- attraverso dati strutturali e indagini di campo- fare il punto sul funzionamento e la trasparenza della pubblica amministrazione, con particolare riferimento alle quattro regioni in cui è più forte la presenza della criminalità organizzata. All interno del testo viene citata l indagine Doing Business della Banca Mondiale, volta a misurare alcuni parametri del contesto in cui si fa impresa in 183 diverse economie nazionali, ed il Terzo Rapporto della Fondazione Promo PA sulla soddisfazione delle piccole e microimprese nei confronti della Pubblica Amministrazione. Si fa riferimento, poi, ai risultati di uno studio condotto dalla CGIA di Mestre sul costo della Pubblica Amministrazione in Italia. Nel capitolo sono riportati, inoltre, dati relativi alle opinioni delle famiglie sui servizi pubblici tratti dall indagine Multiscopo dell Istat (anno 2007), dati relativi alle denunce di corruzione tratti dal Primo Rapporto al Parlamento del servizio anticorruzione e trasparenza (anno 2008); dati della Guardia di Finanza relativi alle frodi ai danni dell Unione europea (anno 2009); dati dell Arma dei Carabinieri relativi alle frodi alimentari ai danni della UE (anno 2008); dati sulla spesa sanitaria tratti dalla Relazione generale sulla situazione economica del paese (anno 2008) del Ministero dell Economia e delle Finanze, dati sulla spesa sanitaria, sulle strutture, sulla mobilità interregionale del Ministero della salute (2007). 3

8 Inoltre nel testo sono citate due indagini realizzate dal Censis: - La ricerca svolta nell ambito del progetto Karma - Knowledge, accompagnamento, ricerca, monitoraggio e assistenza per la pubblica amministrazione, realizzato per il Ministero dell Istruzione. L indagine ha coinvolto 386 soggetti appartenenti ad amministrazioni pubbliche delle regioni del Sud (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna). La rilevazione è stata effettuata nel mese di aprile 2008, tramite compilazione on line di un questionario strutturato. - Motivazioni e contenuti delle scelte di voto nelle elezioni politiche 2008, per la quale sono stati intervistati elettori all uscita del seggio elettorale. Per la scelta dei comuni si sono utilizzate come variabili di stratificazione l area geografica e l ampiezza demografica; la scelta dei seggi è avvenuta sulla base della localizzazione e l individuazione degli intervistati sulla base di quote campionarie per sesso ed età. Successivamente è stata effettuata una ponderazione per titolo di studio e area geografica. La rilevazione è stata effettuata tramite intervista diretta e compilazione di un questionario strutturato. Capitolo 5 - Il deficit di fiducia e di coesione all interno della società Il capitolo intende analizzare quali sono le caratteristiche prevalenti della società meridionale e se queste possono influire sulla presenza e la forza delle organizzazioni criminali. All interno del capitolo si riportano dati relativi alle persone che svolgono attività sociali tratti all indagine Multiscopo dell Istat (anno 2008); dati sul numero e la percentuale di votanti alle elezioni politiche di fonte Ministero dell Interno e dati inerenti alle seguenti indagini realizzate dal Censis: - Indagine sulla popolazione, effettuata nel 2006 per il progetto Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno-2000/2006 per il Ministero dell Interno. L universo di riferimento è costituito dalla popolazione di età superiore ai 18 anni, residente nelle regioni Obiettivo 1 (Campania, Puglia, Basilicata, Sardegna, Calabria e Sicilia). L indagine è stata realizzata 4

9 attraverso interviste effettuate su un campione stratificato per sesso, età, regione di residenza, ampiezza del comune di residenza. Lo strumento di rilevazione adottato per effettuare l indagine è consistito in un questionario a risposte chiuse. - Indagine sulla popolazione calabrese, effettuata nel 2008 nell ambito del progetto Sicurezza e legalità nelle società calabrese, su commissione della Fondazione BNC. L universo di riferimento è costituito dalla popolazione di età superiore ai 18 anni, residente in Calabria. Il campione di individui è stato stratificato in base al sesso, l età, la provincia e l ampiezza del comune di residenza. Lo strumento di rilevazione è consistito in un questionario a risposte chiuse. - Indagine sulla popolazione campana, effettuata nel 2007 nell ambito del progetto Osservatorio regionale sulla sicurezza urbana su commissione della regione Campania. L universo è costituito dalla popolazione residente in Campania di età superiore ai 18 anni. Il campione di individui è stato stratificato per provincia, fascia di età, sesso, e ampiezza demografica del comune di residenza. Lo strumento di rilevazione adottato per effettuare l indagine è consistito in un questionario a risposte chiuse. Capitolo 6 - Il divario socioeconomico tra il Sud della mafia ed il resto del paese Il capitolo presenta ed analizza i principali dati strutturali di carattere socioeconomico di fonte Istat, tratti da diverse rilevazioni. I dati sono considerati con dettaglio regionale per l ultimo anno disponibile (generalmente il 2007), e in serie storica a partire dal 2000, anno nel quale sono stati introdotti nuovi metodi di stima per i dati di contabilità nazionale. I dati sono considerati in valore assoluto e attraverso la costruzione di indicatori; in ogni tabella è sempre disponibile un confronto tra le quattro regioni del Meridione a maggiore presenza di criminalità organizzata di stampo mafioso, il resto del Sud, il Centro-Nord ed il totale Italia. 5

10 Capitolo 7 - Spesa pubblica e fondi europei Il capitolo presenta i principali dati di spesa pubblica nazionale ed europea. All interno del capitolo sono stati presentati ed analizzati dati di fonte Ministero dello Sviluppo Economico relativi ai Conti pubblici territoriali e dati sui finanziamenti europei tratti dalla rendicontazione del Quadro comunitario di sostegno I dati sono considerati con dettaglio regionale per l ultimo anno disponibile (2007). 6

11 1. LA FORZA PERVASIVA DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA La crescita di reati che per la loro visibilità, destano particolare allarme sociale e disturbo dell ordine pubblico; la recrudescenza di alcuni atti criminali di cui si sono fatti protagonisti i cittadini stranieri; la richiesta di maggiori poteri da parte dei sindaci hanno riportato ai primi posti dell agenda politica la domanda di sicurezza e di controllo sociale, facendo emergere le prime crepe nei percorsi di integrazione degli immigrati. L attenzione rivolta alla criminalità comune, che avvicina le nostre città alle più grandi metropoli del mondo, dove da tempo si stanno affrontando, con politiche e strategie diverse, le contraddizioni insite nei processi di sviluppo e di globalizzazione; rischia di far dimenticare quello che, ancora oggi, rappresenta il vero problema del nostro paese, che è la presenza della criminalità organizzata. Tale presenza, che è contrassegnata da una strategia di silenziosa mimetizzazione con il tessuto sociale ed economico circostante e da una grande capacità di trasformazione e di innovazione dei modelli operativi, condiziona pesantemente la vita di una parte significativa della popolazione e ne limita le possibilità di sviluppo economico e sociale. Le risultanze giudiziarie e i dati a disposizione mostrano come oggi si sia di fronte: - ad un radicamento del tessuto criminale nei territori di tradizionale appartenenza; - all estensione dei traffici e dei luoghi di interesse della criminalità organizzata, per cui aumentano i settori e le modalità di intervento, non sempre immediatamente riconoscibili né come criminali né come illegali; e si estendono anche a territori esterni alle quattro regioni tradizionalmente colpite; - al comparire di cartelli stranieri specializzati nei business criminali da globalizzazione, quindi in tutti i traffici internazionali da quelli di droga, a quelli di armi, a quelli di persone. Queste trasformazioni finiscono per avvicinare alla criminalità organizzata strati sempre più ampi di popolazione, che, pur non appartenendo alle famiglie mafiose e non volendo condividere nulla degli affari dei boss, sono 7

12 in qualche modo condizionati da una presenza che trae la sua forza dalla capacità di esercitare un capillare controllo del territorio. Riportiamo di seguito l analisi condotta dal Censis due anni orsono 1 di alcuni indicatori che possono essere usati come proxi della presenza di criminalità organizzata nei comuni delle quattro regioni in cui le organizzazioni criminali sono più radicate (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia) mostra chiaramente la criticità della situazione: - in base alle relazioni del Ministero dell Interno, i comuni del Sud in cui sono presenti sodalizi criminali sono 406 su 1.608; - gli enti locali in cui risultano presenti beni confiscati alle organizzazioni criminali sono ; - mentre i comuni sciolti negli ultimi tre anni sono 25; di questi 8 si trovano sul territorio della provincia di Napoli, 4 in quella di Palermo e 3, rispettivamente, a Reggio Calabria e Vibo Valentia (tab. 1). Complessivamente 610 comuni delle quattro regioni meridionali (il 37,9% dei comuni totali) hanno un indicatore manifesto della presenza di criminalità organizzata (clan mafioso o bene confiscato o scioglimento negli ultimi tre anni); tra questi, 195 presentano due indicatori e 11 tutti e tre. Se si considerano separatamente le singole Regioni, è la Sicilia ad avere la maggior quota di comuni coinvolti (195, pari al 50% del totale); seguita dalla Puglia, ove 97 comuni, pari al 37,6% del totale registrano presenza di organizzazioni criminali, Campania (203 comuni, pari al 36,8%) e Calabria (115 comuni, pari al 28,1%). Tra le province meridionali, si segnala in negativo la situazione della provincia di Agrigento, ove 37 comuni, pari all 86% del totale, evidenziano almeno un elemento di criticità, quella di Napoli, ove i dati segnalano come nel 79,3% dei comuni vi sia un indicatore di presenza di criminalità organizzata e quella di Caltanisetta, in cui i comuni che registrano un indiscussa presenza di mafia sono il 77,3% del totale. Mentre emergono in positivo le situazioni di Avellino e Cosenza, ove la criminalità organizzata sembra essere circoscritta ad alcune aree. Ma è solo quando si passa a quantificare la popolazione che vive nei comuni in cui si registra almeno un indicatore della presenza di organizzazioni criminali che il dato sulla forza pervasiva della criminalità organizzata emerge in tutta la sua drammaticità: si tratta di 13 milioni circa di individui su di un totale di , vale a dire il 77,2% del totale della 1 2 Per questo come per gli altri lavori del Censis citati, si veda la premessa I dati sono al , mentre nel cap. 2 si riportano i dati più recenti del Demanio 8

13 popolazione residente nelle quattro regioni e circa il 22% della popolazione italiana con quote che superano abbondantemente il 50% in ciascuno dei contesti regionali analizzati (per cui si va dall 82% della Sicilia, all 81,3% della Campania, al 72,5% della Puglia, al 62,5% della Calabria). Questo significa che la mafia si insedia soprattutto nei contesti abitativi di maggiori dimensioni, dove ci sono maggiori occasioni di fare affari e di influenzare il potere locale. Le province che hanno quasi la totalità degli abitanti che convivono con le organizzazioni criminali sono quelle di Napoli (95,0%), Agrigento (95,9%), Caltanisetta (95,2%), Trapani (91,0%) e Palermo (90,9%). La provincia ove, invece, vi è la minor quota di popolazione coinvolta è quella di Avellino, in cui, comunque il 38,2% degli abitanti convive con le organizzazioni mafiose. Conferma la considerazione relativa alla dimensione medio-grande dei comuni in cui si registra l insediamento delle famiglie mafiose anche il dato relativo alla superficie complessivamente occupata dalle amministrazioni locali che fanno registrare almeno un indicatore di criminalità: kmq, pari al 50,8% dei kmq delle quattro regioni. Se si allarga l angolo visuale all interno territorio nazionale, e si considerano accanto ai dati demografici, alcuni indicatori economici, si ha che nei 610 comuni del Mezzogiorno dove vive il 22,0% della popolazione italiana viene prodotto il 14,6% del Pil nazionale e si registra il 12,4% dei depositi bancari e il 7,8% degli impieghi (tab. 2). Di fronte a dati così rilevanti, e considerando l obiettivo del massimo profitto perseguito dai sodalizi criminali, diventa difficile immaginare che questi non finiscano per influenzare il funzionamento del sistema economico, sociale e politico, incidendo pesantemente sulle performance del nostro Mezzogiorno. Nella figura 1 sono riportati insieme tre indicatori che misurano la presenza di criminalità organizzata, la ricchezza individuale e il tasso di disoccupazione nelle diverse aree del Paese. Ebbene, nelle regioni dove la criminalità organizzata è più forte, è minore il Pil procapite ed è maggiore il tasso di disoccupazione. Viceversa, nelle regioni del Centro-Nord, l aumento del PIL e il minore tasso di disoccupazione si combinano con una presenza meno incisiva della criminalità organizzata. E non è un caso se le quattro regioni a rischio siano proprio quelle che sono rimaste nell Obiettivo Convergenza, che ha sostituito l Obiettivo 1 nella programmazione dei Fondi strutturali , e in cui rientrano i territori della Ue che hanno un Pil procapite inferiore al 75% della media europea. A 9

14 questi territori è destinata la fetta più consistente delle risorse della nuova programmazione. Tab. 1 - Diffusione e incidenza della criminalità organizzata in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia Provincia e regione Comuni coinvolti (*) Popolazione v.a. val. % appartenente ai comuni coinvolti (% su totale) Superficie dei comuni coinvolti (% su totale) Avellino 19 16,0 38,2 13,4 Benevento 28 35,9 56,2 31,1 Caserta 49 47,1 77,9 50,2 Napoli 73 79,3 95,0 86,4 Salerno 34 21,5 69,5 24,9 Totale Campania ,8 81,3 33,7 Bari 27 56,3 79,8 66,9 Brindisi 12 60,0 80,2 79,9 Foggia 15 23,4 70,0 50,9 Lecce 26 26,8 52,2 46,6 Taranto 17 58,6 78,5 71,5 Totale Puglia 97 37,6 72,5 59,9 Catanzaro 20 25,0 65,3 32,2 Cosenza 18 11,6 41,7 16,2 Crotone 11 40,7 72,6 55,8 Reggio Calabria 51 52,6 85,3 58,7 Vibo Valentia 15 30,0 59,7 32,3 Totale Calabria ,1 62,5 33,4 Agrigento 37 86,0 95,9 93,8 Caltanissetta 17 77,3 95,2 91,4 Catania 32 55,2 79,7 56,7 Enna 12 60,0 73,8 59,4 Messina 16 14,8 57,1 21,8 Palermo 46 56,1 90,9 55,9 Ragusa 6 50,0 57,5 47,5 Siracusa 13 61,9 88,7 77,1 Trapani 16 66,7 91,0 81,8 Totale Sicilia ,0 82,0 63,2 Totale 4 regioni ,9 77,2 50,8 (*) Con almeno un elemento di contiguità: clan, beni confiscati, sciolti negli ultimi tre anni Fonte: elaborazione Censis su Rapporti e Relazioni al Parlamento del Ministero dell'interno, Osservatorio Anticamorra Regione Campania, Libera "Ufficio beni confiscati" 10

15 Tab. 2 - Il peso della criminalità organizzata sulla società e sull economia italiana Indicatori v.a. % sul totale nazionale Comuni coinvolti 610 7,5 Popolazione ,9 Superficie territoriale 2004 (kmq) ,4 Pil (mln euro) 2007 (1) ,6 Depositi (mgl euro) 2007 (2) ,4 Impieghi (mgl euro) ,8 (1) Stima Censis (2) Stima dei dati relativi ai comuni con meno di tre sportelli bancari Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Banca d'italia 11

16 Fig. 1 - Criminalità organizzata (*), distribuzione della ricchezza e disoccupazione - Anni 2007/2008 (numeri indice - media nazionale =100) (*) Comprende: attentati, omicidi di tipo mafioso, estorsioni, usura, associaz. mafia, riciclaggio e impiego di denaro, incendi, contrabbando, associazioni per produzione o traffico di stupefacenti, associazioni per spaccio di stupefacenti Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Banca Dati Interforze - SSD - mod StatDel 2 12

17 2. LA CRESCITA DEI LUOGHI E DEI REATI DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO La criminalità organizzata rappresenta senza ombra di dubbio una zavorra che grava pesantemente sullo sviluppo sociale ed economico del Meridione: - dal punto di vista economico scoraggia la libera iniziativa; altera il mercato e i meccanismi della concorrenza; crea monopoli basati sull intimidazione e l interesse privato; dissemina paura; determina sprechi, inefficienze, scelte sbagliate; - dal punto di vista sociale genera il consenso di pochi e l acquiescenza di molti che, per quieto vivere, per interesse o per paura, preferiscono far finta di non vedere e perfino sottostare alle richieste dei criminali, piuttosto che denunciare e schierarsi apertamente contro di essi. Che la criminalità organizzata sia tutt altro che sconfitta- nonostante i colpi pesantissimi che le sono stati inferti dalle Forze dell ordine e dalla magistratura- lo si deduce anche da una semplice analisi dei dati disponibili, seppure limitati a quei reati scoperti e per cui si può stabilire una connessione diretta con le attività delle organizzazioni criminali. Dall analisi che si presenta nelle pagine successive emerge molto bene come negli ultimi anni si sia vissuta un emergenza Campania, anzi un emergenza Napoli e Caserta, che ha visto fare un passo in avanti a queste province per tutti i reati di criminalità organizzata, in particolare quelli più efferati e violenti (+61,5% in Campania negli ultimi quattro anni). Meno chiara la situazione delle altre regioni dove, comunque, i reati di criminalità organizzata aumentano, nonostante la strategia di inabissamento e di basso profilo che si sono date le mafie siciliane e calabresi. Di seguito sono stati presi in considerazione e analizzati i dati relativi ai reati che risultano direttamente ascrivibili al crimine organizzato denunciati nelle regioni e nelle province delle quattro regioni più gravemente colpite dal fenomeno: si tratta di usura ed estorsioni, associazioni di tipo mafioso, reati di contrabbando, di riciclaggio di denaro, i reati legati alla vendita e al consumo di sostanze stupefacenti, gli omicidi di stampo mafioso, gli incendi dolosi e gli attentati. I dati sono stati analizzati da una duplice prospettiva: considerando la situazione nell ultimo anno disponibile e considerando 13

18 l andamento nel decennio, ove possibile, o, quantomeno, negli ultimi quattro anni. L analisi delle denunce per tutti i reati di criminalità organizzata nelle diverse regioni italiane fa emergere il gap tra le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa e il resto del paese. Nel complesso, nelle quattro regioni nel 2007 sono stati denunciati reati di criminalità organizzata, pochi meno che in tutte le altre regioni d Italia dove ne sono stati denunciati , dei quali al Centro- Nord (tab. 3). Ne risulta che, mentre in Italia in media si denunciano 45,2 reati di criminalità organizzata ogni abitanti, nelle quattro regioni del Sud la cifra sale a 77,7 ogni residenti. La Calabria risulta essere la regione in cui la densità di reati è più elevata, con ben 160,8 reati denunciati ogni centomila abitanti, e in valore assoluto. Segue, sorprendentemente, il Molise, che nell ultimo anno ha avuto una crescita straordinaria degli incendi dolosi, e che fa registrare 101,3 reati per residenti. Al terzo posto per incidenza sulla popolazione (80,2 denunce ogni centomila abitanti), ma prima per numero di reati in valore assoluto è la Campania, con reati denunciati. In Puglia il totale delle denunce è di 2.848, con un incidenza di 69,9 reati ogni residenti. Infine, in Sicilia i reati denunciati sono stati 2.411, pari a 47,9 per abitanti. Se questa è la situazione nelle quattro regioni maggiormente colpite dal fenomeno, occorre però soffermarsi sul dato relativo alle denunce nelle altre regioni, che confermano come la mano della criminalità organizzata si sia spinta ben oltre i confini del Meridione, andando ad interessare tutte le aree del paese. In particolare, un numero consistente di denunce risulta in Lombardia e nel Lazio, dove si contano, rispettivamente, e reati ascrivibili al crimine organizzato. Non solo: se nelle quattro regioni del Sud nel breve periodo le denunce registrano un aumento del 34,2%, in Italia la crescita è del 29%, con situazioni particolarmente critiche in quelle aree che confinano con i territori sede delle organizzazioni criminali: nel Molise i reati di criminalità 14

19 organizzata crescono dell 82,6%, nel Lazio del 61,5%, in Abruzzo del 48,6%. Tab. 3 - Totale reati di criminalità organizzata (*) - Anni (v.a., val. per abitanti, var.% e differenze) Province v.a. Per abitanti (del/ ab.) 2007 Variazione var. % Diff. per abitanti Campania ,2 61,5 30,4 Puglia ,9 26,5 14,5 Calabria ,8 26,3 33,6 Sicilia ,9 14,4 5,9 Totale quattro regioni ,7 34,2 19,6 Piemonte ,4 11,0 2,6 Valle D'Aosta 20 15,9-20,0-4,5 Lombardia ,0 20,2 4,2 Trentino-Alto Adige ,4-8,9-2,5 Veneto ,0 11,5 1,5 Friuli-Venezia Giulia ,7 24,0 3,8 Liguria ,2 25,4 11,5 Emilia - Romagna ,1 19,9 3,8 Toscana ,7 10,3 2,4 Umbria ,8 47,3 12,3 Marche ,5 33,2 7,3 Lazio ,6 61,5 15,8 Abruzzo ,5 48,6 14,6 Molise ,3 82,6 46,0 Basilicata ,9 0,0 0,3 Sardegna ,1-12,3-4,1 Mezzogiorno ,6 32,8 17,2 Centro-Nord ,6 24,7 5,5 Italia ,2 29,0 9,5 (*) Comprende: attentati, omicidi di tipo mafioso, estorsioni, usura, associaz. mafia, riciclaggio e impiego di denaro, incendi, contrabbando, associazioni per produzione o traffico di stupefacenti, associazioni per spaccio di stupefacenti. Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Banca Dati Interforze - SSD - mod StatDel 15

20 Se dall analisi del totale dei reati di criminalità organizzata, si passa all analisi della presenza e dell andamento delle singole fattispecie, si ha che gli omicidi per mafia camorra e ndrangheta nel 2007 sono stati 119 in tutta la penisola, e di questi 117 sono stati commessi nelle quattro regioni a tradizionale insediamento di organizzazioni criminali (tab. 4). L analisi dell andamento nel medio periodo rivela una diminuzione che in Italia è del 42,8%, per cui si passa dai 208 omicidi denunciati nel 1998 ai 119 del 2007, mentre nelle quattro regioni la diminuzione è del 41,8% in quanto gli omicidi passano da 201 a 117, con un incidenza che da 1,2 ogni abitanti è passata a 0,7. Questa diminuzione- cui non necessariamente corrisponde un arretramento del potere mafioso- è sicuramente determinata dalla strategia di basso profilo che la criminalità organizzata (soprattutto quella siciliana e calabrese) si è data negli anni più recenti, e che si basa sulla convinzione che se si evitano azioni particolarmente violente si ottiene meno visibilità e, quindi, si incorre anche in meno controlli. Considerevole, nell ultimo decennio è stato soprattutto il decremento degli omicidi in Puglia (passati da 31 a 4), Sicilia (da 35 a 12) e Calabria (da 28 a 16). La Campania, pur registrando una diminuzione, mantiene il drammatico primato con 85 omicidi di camorra nel 2007 (erano 107 dieci anni prima), 80 dei quali sono stati commessi nella sola provincia di Napoli. Si tratta di una cifra che non è paragonabile, per entità, a quella di nessuna altra provincia italiana, se solo si pensa che seconda è Catania con 9 omicidi e terza Reggio Calabria con 8. A Napoli, oltre che il valore assoluto, anche l incidenza sulla popolazione risulta allarmante: 2,6 omicidi ogni centomila abitanti, a fronte di una media di 0,7 nelle quattro regioni del Sud e di 0,2 in Italia. 16

21 Tab. 4 - Omicidi di tipo mafioso denunciati alle Forze di Polizia - Anni (v.a., val. per abitanti, var.% e differenze) Province v.a. Per abitanti v.a. Per abitanti var. % Diff. per ab. Caserta 1 0,1 18 2,1-94,4-2,0 Benevento 2 0,7 0 0,0 100,0 0,7 Napoli 80 2,6 88 2,9-9,1-0,3 Avellino 0 0,0 0 0,0-0,0 Salerno 2 0,2 1 0,1 100,0 0,1 Campania 85 1, ,9-20,6-0,4 Foggia 3 0,4 8 1,2-62,5-0,7 Bari 1 0,1 17 1,1-94,1-1,0 Taranto 0 0,0 0 0,0-0,0 Brindisi 0 0,0 2 0,5-100,0-0,5 Lecce 0 0,0 4 0,5-100,0-0,5 Puglia 4 0,1 31 0,8-87,1-0,7 Cosenza 1 0,1 0 0,0 100,0 0,1 Crotone 4 2,3 6 3,4-33,3-1,1 Catanzaro 2 0,5 5 1,3-60,0-0,8 Vibo Valentia 1 0,6 0 0,0 100,0 0,6 Reggio di Calabria 8 1,4 17 3,0-52,9-1,6 Calabria 16 0,8 28 1,4-42,9-0,6 Trapani 0 0,0 1 0,2-100,0-0,2 Palermo 3 0,2 5 0,4-40,0-0,2 Messina 0 0,0 2 0,3-100,0-0,3 Agrigento 0 0,0 3 0,7-100,0-0,7 Caltanissetta 0 0,0 3 1,1-100,0-1,1 Enna 0 0,0 2 1,1-100,0-1,1 Catania 9 0,8 18 1,7-50,0-0,9 Ragusa 0 0,0 1 0,3-100,0-0,3 Siracusa 0 0,0 0 0,0-0,0 Sicilia 12 0,2 35 0,7-65,7-0,5 Totale quattro regioni 117 0, ,2-41,8-0,5 Resto del Sud 1 0,0 1 0,0 0,0 0,0 Mezzogiorno 118 0, ,0-41,6-0,4 Centro-Nord 1 0,0 6 0,0-83,3 0,0 Italia 119 0, ,4-42,8-0,2 Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza 17

22 Le denunce per associazione di tipo mafioso sono, oltre che una spia della presenza del fenomeno, anche un segnale tangibile della capacità delle forze dell ordine e della magistratura di intercettarlo: in Italia negli ultimi dieci anni il numero delle denunce è passato da 187 del 1998 a 140 del ,1%; mentre nelle quattro regioni a rischio è sceso dalle 157 del 1998 alle 123 di dieci anni dopo (-21,7%) (tab. 5). Nell analisi delle quattro regioni emerge come, a fronte di un calo delle denunce in Sicilia (da 83 a 39 in dieci anni) e Calabria (da 38 a 19), e di un numero rimasto sostanzialmente invariato per la Puglia, la Campania raddoppi il numero delle denunce, passando dalle 26 del 1998 alle 54 del 2007; di queste 39 si sono verificate in provincia di Napoli e 10 a Caserta. Le province nelle quali si registra l incidenza più alta sulla popolazione appartengono però alla Sicilia: in particolare a Caltanissetta si registrano 2,6 denunce ogni centomila abitanti e ad Agrigento 1,8 (si consideri che la media delle quattro regioni è pari a 0,7 e la media nazionale 0,2). Anche per Reggio Calabria l incidenza sulla popolazione è alta: 1,9 denunce di associazione di stampo mafioso ogni centomila abitanti. 18

23 Tab. 5 - Associazioni di tipo mafioso denunciate alle Forze di Polizia - Anni (v.a., val. per abitanti, var.% e differenze) v.a. Per var. % abitanti v.a. Per abitanti Diff. per ab. Caserta 10 1,1 4 0,5 150,0 0,6 Benevento 0 0,0 1 0,3-100,0-0,3 Napoli 39 1,3 17 0,6 129,4 0,7 Avellino 0 0,0 1 0,2-100,0-0,2 Salerno 4 0,4 3 0,3 33,3 0,1 Campania 54 0,9 26 0,5 107,7 0,5 Foggia 3 0,4 0 0,0 100,0 0,4 Bari 3 0,2 5 0,3-40,0-0,1 Taranto 2 0,3 0 0,0 100,0 0,3 Brindisi 3 0,7 4 1,0-25,0-0,2 Lecce 0 0,0 1 0,1-100,0-0,1 Puglia 11 0,3 10 0,2 10,0 0,0 Cosenza 2 0,3 5 0,7-60,0-0,4 Crotone 1 0,6 3 1,7-66,7-1,1 Catanzaro 2 0,5 11 2,9-81,8-2,4 Vibo Valentia 2 1,2 1 0,6 100,0 0,6 Reggio di Calabria 11 1,9 18 3,2-38,9-1,2 Calabria 19 0,9 38 1,9-50,0-0,9 Trapani 4 0,9 6 1,4-33,3-0,5 Palermo 11 0,9 17 1,4-35,3-0,5 Messina 2 0,3 3 0,5-33,3-0,1 Agrigento 8 1,8 1 0,2 700,0 1,5 Caltanissetta 7 2,6 1 0,4 600,0 2,2 Enna 1 0,6 2 1,1-50,0-0,5 Catania 4 0,4 27 2,6-85,2-2,2 Ragusa 1 0,3 23 7,8-95,7-7,5 Siracusa 0 0,0 3 0,7-100,0-0,7 Sicilia 39 0,8 83 1,7-53,0-0,9 Totale quattro regioni 123 0, ,9-21,7-0,2 Resto del Sud 0 0,0 3 0,1-100,0-0,1 Mezzogiorno 123 0, ,8-23,1-0,2 Centro-Nord 17 0,0 27 0,1-37,0 0,0 Italia 140 0, ,3-25,1-0,1 Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza 19

24 Altra espressione tipica della presenza mafiosa è l estorsione, che rappresenta da sempre uno dei principali strumenti di arricchimento da parte della criminalità organizzata ed insieme un efficace sistema di controllo e di pressione sul territorio. Occorre qui specificare che il dato relativo alle estorsioni è controverso e non immediatamente interpretabile, in quanto il timore di subire ritorsioni difficilmente porta ad una denuncia della pressione estorsiva da parte della vittima. Per questo motivo spesso le denunce aumentano in quei territori in cui si realizzano azioni di accompagnamento da parte degli enti locali o delle associazioni. Un ulteriore fattore che può portare ad evitare il ricorso alla denuncia è la paura, da parte di imprenditori e commercianti, di attirare i controlli dello Stato sulle proprie attività e di subire sanzioni per irregolarità di natura fiscale o contrattuale. Alla luce di quanto detto si possono interpretare i dati sulle estorsioni denunciate negli ultimi anni alle Forze di Polizia considerando che l aumento complessivo dell 85% registrato tra il 1998 ed il 2007, per cui le denunce in Italia sono passate da a 6.545, può essere il segnale della crescita della pressione estorsiva da parte delle organizzazioni criminali, ma anche di una maggiore sensibilità e propensione alla denuncia che i movimenti, le iniziative di risarcimento ad opera dello Stato centrale, le associazioni antiracket hanno incentivato (tab. 6). A testimonianza della maggiore presenza del fenomeno nelle regioni del Sud ad alta presenza di gruppi criminali, si nota come il numero delle denunce nelle quattro regioni sia pari a quello di tutte le altre regioni del Centro-nord messe insieme. Nel 2007, infatti, si hanno denunce in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, e 3.091, quindi appena 9 denunce in più, in tutte le altre regioni. Ne deriva che l incidenza percentuale di tale reato sulla popolazione sia molto più elevata al Sud dove si contano 18,2 denunce per centomila abitanti rispetto alle 8 delle altre regioni. Più nel dettaglio, in Campania nel 2007 risultano denunce per estorsione, con un incidenza di 21,2 reati estorsivi ogni centomila abitanti; e la quota più alta si registra nelle province di Caserta (28,2) e di Napoli (22,3). In Sicilia le denunce sono state 811 nel 2007, con incidenza pari a 16,1 per abitanti, con punte massime a Siracusa (24,2 reati ogni centomila abitanti), Messina (23,2) e Catania (21,3). 20

25 Tab. 6 - Estorsioni denunciate alle Forze di Polizia - Anni (v.a., val. per abitanti, var.% e differenze) Province v.a. Per abitanti v.a. Per abitanti var. % Diff. per ab. Caserta ,2 64 7,5 295,3 20,7 Benevento 46 15, ,2 4,5 0,7 Napoli , ,6 162,0 13,8 Avellino 73 16,6 18 4,2 305,6 12,5 Salerno ,1 86 8,0 93,0 7,1 Campania , ,3 158,9 12,9 Foggia , ,7 67,6 10,4 Bari , ,0 104,0 7,8 Taranto 78 13,4 45 7,7 73,3 5,8 Brindisi 61 15, ,5 3,4 0,7 Lecce ,8 48 6,0 116,7 6,8 Puglia , ,4 76,5 7,0 Cosenza ,9 47 6,3 178,7 11,6 Crotone 26 15,0 5 2,8 420,0 12,2 Catanzaro 94 25, ,0-13,8-3,4 Vibo Valentia 38 22, ,7 58,3 8,9 Reggio di Calabria 84 14,8 54 9,5 55,6 5,3 Calabria , ,7 56,5 6,9 Trapani 71 16,3 17 4,0 317,6 12,3 Palermo 92 7,4 62 5,0 48,4 2,4 Messina , ,3 3,4 1,0 Agrigento 80 17,6 26 5,6 207,7 11,9 Caltanissetta 42 15,4 26 9,4 61,5 6,0 Enna 17 9,8 16 8,8 6,3 0,9 Catania , ,7 23,0 3,6 Ragusa 30 9, ,9-40,0-7,3 Siracusa 97 24, ,0 61,7 9,2 Sicilia , ,8 37,2 4,3 Totale quattro regioni , ,0 83,1 8,2 Resto del Sud 372 9, ,2 57,6 3,4 Mezzogiorno , ,3 80,0 7,3 Centro-Nord , ,5 91,4 3,5 Italia , ,2 85,2 4,8 Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza 21

26 In Puglia le 667 estorsioni denunciate, pari a 16,4 ogni centomila abitanti, presentano l incidenza più alta nella provincia di Foggia (25,1). In Calabria dei 374 reati di estorsione, pari a 18,6 per centomila abitanti, hanno risentito maggiormente i cittadini delle province di Catanzaro (25,6 estorsioni ogni centomila abitanti) e Vibo Valentia (22,7). Da notare che in tutte e quattro le regioni considerate si è evidenziata una variazione percentuale positiva nel numero delle denunce tra il 1998 ed il 2007, ma per la Campania tale variazione si attesta su un valore più alto (+158,9%), probabilmente anche per la convincente azione di sensibilizzazione e di sostegno alle vittime svolto dai comitati antiracket, che hanno potuto anche usufruire dei finanziamenti stabiliti da apposita normativa regionale. Preoccupante anche l aumento del racket nel resto del Sud (+57,6% di denunce negli ultimi quattro anni) e nel Centro-Nord (+91,4%). Da segnalare, infine, il maggiore impegno dello Stato a sostegno delle vittime, attraverso l attività del Comitato di solidarietà per le vittime dell estorsione e dell usura. Dopo un anno di relativa stasi, determinata dall attesa per il rinnovo delle cariche, nel 2007 il Comitato si è riunito regolarmente, smaltendo anche parte dell attività arretrata. Come si desume dalla tabella 7, nel 2007 (ultimo anno per cui si dispone di una Relazione) il Comitato ha disposto l accoglimento di 304 istanze, di cui 161 presentate dalle vittime dell estorsione per l ottenimento di elargizioni ex lege 44/99 e 143 dalle vittime di usura per l ottenimento di mutui ex art. 14 lege 108/96. Complessivamente sono state erogate somme per euro, di cui in favore delle vittime di estorsione e a favore delle vittime di usura. Nelle quattro regioni a rischio sono state accolte 144 domande da parte di vittime di estorsione e deliberate somme per 15 milioni e euro e 64 domande di vittime di usura con euro deliberati. Complessivamente alle vittime delle quattro regioni sede delle organizzazioni criminali maggiori sono andati euro (il 75,6% del totale). 22

27 Tab. 7 - Bilancio delle attività del Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura. Anno 2007 (v.a. e val.%) Domande accolte Estorsione Usura Totale somme Somme % sul Domande Somme % sul deliberate deliberate totale accolte deliberate totale % sul totale Calabria ,72 35, ,32 13, ,04 27,3 Sicilia ,21 34, ,86 10, ,07 26,0 Campania ,03 10, ,80 14, ,83 12,0 Puglia ,43 10, ,15 10, ,58 10,3 Totale 4 regioni ,39 91, ,13 48, ,52 75,6 Totale Resto del Sud ,02 2, ,96 4, ,98 2,9 Mezzogiorno ,41 93, ,09 52, ,50 78,5 Centro-Nord ,27 6, ,97 47, ,24 21,5 ITALIA ,68 100, ,06 100, ,74 100,0 Fonte: elaborazione Censis su dati Comitato di solidarietà per le vittime dell'usura e dell'estorsione 23

28 Il dato sulle estorsioni viene solitamente analizzato accanto a quello sugli incendi, in quanto questi ultimi rappresentano una delle azioni intimidatorie, difficilmente occultabile da parte della vittima, messe in atto nei confronti di chi si rifiuta di sottostare al ricatto estorsivo. Forse non è un caso, quindi, se nella stessa misura in cui aumentano le estorsioni nell arco di tempo considerato aumenta anche il numero di incendi dolosi denunciati. Si tratta di cifre che quasi raddoppiano, per cui in Italia si va dai incendi denunciati nel 1998 ai del 2007(+75%), mentre nelle quattro regioni di criminalità organizzata le denunce passano da a 8.441(+98,9%) (tab. 8). Negli ultimi anni in Campania gli incendi crescono del 322,8% (a Salerno +730,9%; ad Avellino + 727,3%; a Benevento +652,9%); in Calabria del 238,7% (con una punta massima di + 768,8% a Cosenza); ed in Puglia del 112,1% (ma +275,1% a Foggia). In Sicilia, e in controtendenza con quanto avviene altrove, gli incendi subiscono ovunque una drastica riduzione (-32,6%), con l unica eccezione di Catania, dove aumentano del 94,2%. Dal punto di vista dell incidenza sulla popolazione, la situazione è particolarmente allarmante in Calabria dove gli incendi denunciati sono 133,9 per centomila abitanti, con punte massime a Cosenza (182,8) e Crotone (165,5). Per gli attentati è valido allo stesso modo, e forse in misura anche maggiore, il ragionamento fatto per gli incendi dolosi: si tratta di reati perpetrati dalla criminalità organizzata prevalentemente a scopo intimidatorio, per fluidificare l azione estorsiva nel caso in cui si verifichino delle resistenze. In Italia nel 2007 le denunce di attentato sono state 544, in crescita del 19% rispetto al 2004, quando risultavano essere 458 (tab. 9). L incidenza sulla popolazione risulta essere pari a 0,9 reati denunciati ogni centomila abitanti Duecento denunce si registrano nelle quattro regioni interessate da una radicata presenza di organizzazioni criminali, con la prevalenza di Campania (88 attentati denunciati nel 2007, soprattutto in provincia di Napoli, 47) e Puglia (61 denunce, di cui 35 a Bari), regioni nelle quali l incidenza sulla popolazione risulta essere più alta (1,5 per centomila abitanti) della media dei quattro territori (1,2). Un numero inferiore di attentati è stato invece denunciato in Sicilia (29 in tutto, concentrati soprattutto a Catania, 12) ed in Calabria (22, di cui 13 a Reggio Calabria), dove l incidenza sulla popolazione è pari, rispettivamente, ad 1,1 e 0,6 denunce ogni centomila abitanti. 24

29 Tab. 8 - Incendi denunciati alle Forze di Polizia - Anni (v.a., val. per abitanti, var.% e differenze) Province v.a. Per abitanti v.a. Per abitanti var. % Diff. per ab. Caserta ,5 81 9,5 227,2 20,0 Benevento , ,6 652,9 115,3 Napoli , ,5 101,9 10,6 Avellino , ,7 727,3 90,9 Salerno ,1 97 9,0 730,9 64,1 Campania , ,6 322,8 33,4 Foggia , ,4 275,1 71,8 Bari , ,6 117,5 19,7 Taranto , ,7 37,4 9,2 Brindisi , ,9-8,2-2,3 Lecce , ,8 88,0 16,8 Puglia , ,8 112,1 24,1 Cosenza , ,7 768,8 162,1 Crotone , ,4 346,9 129,0 Catanzaro , ,1 355,9 99,3 Vibo Valentia , ,5-22,6-16,1 Reggio di Calabria , ,5 48,5 28,4 Calabria , ,9 238,7 95,0 Trapani 67 15, ,0-52,5-17,6 Palermo , ,3-9,4-3,2 Messina , ,3-58,7-27,6 Agrigento , ,6-20,6-6,6 Caltanissetta 98 36, ,2-61,3-55,2 Enna 69 39, ,4-8,0-1,7 Catania , ,0 94,2 11,6 Ragusa 41 13, ,9-78,0-49,8 Siracusa , ,9-48,2-33,2 Sicilia , ,2-32,6-12,9 Totale quattro regioni , ,2 98,9 24,6 Resto del Sud , ,8-8,0-2,9 Mezzogiorno , ,1 76,3 19,5 Centro-Nord , ,5 73,3 7,1 Italia , ,8 75,0 11,3 Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza 25

30 Tab. 9 - Attentati denunciati alle Forze di Polizia - Anni (v.a., val. per abitanti, var.% e differenze) v.a. Per var.% abitanti v.a. Per abitanti Diff. per ab. Caserta 9 1,0 13 1, Benevento 4 1,4 2 0, Napoli 47 1,5 28 0, Avellino 3 0,7 1 0, Salerno 24 2,2 42 3, Campania 88 1,5 87 1,5 1 0 Foggia 4 0,6 7 1, Bari 35 2,2 17 1, Taranto 8 1,4 2 0, Brindisi 10 2,5 7 1, Lecce 2 0,2 4 0, Puglia 61 1,5 38 0, Cosenza 0 0,0 2 0, Crotone 1 0,6 5 2, Catanzaro 7 1,9 5 1, Vibo Valentia 1 0,6 0 0, Reggio Calabria 13 2,3 24 4, Calabria 22 1,1 37 1, Trapani 2 0,5 3 0, Palermo 8 0,6 9 0, Messina 2 0,3 5 0, Agrigento 0 0,0 1 0, Caltanissetta 4 1,5 2 0, Enna 0 0,0 0 0,0-0 Catania 12 1,1 9 0, Ragusa 1 0,3 2 0, Siracusa 0 0,0 0 0,0-0 Sicilia 29 0,6 31 0,6-6 0 Totale quattro regioni 200 1, ,1 4 0 Sud e Isole 220 1, ,1 0 0 Totale resto del Sud 20 0,5 26 0, Centro-Nord 324 0, , Italia 544 0, , Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Banca Dati Interforze - SSD - mod StatDel 26

31 Tra il 2004 e il 2007 non si evidenzia, per le quattro regioni, una crescita in termini numerici di questo reato paragonabile a quella nazionale, fermandosi infatti al +4%, con l eccezione della Puglia, che vede crescere il numero degli attentati del 61%, e con particolare gravità soprattutto nelle province di Bari (da 17 a 35) e Taranto (da 2 a 8, praticamente quadruplicati). Altra provincia che registra una preoccupante escalation di attentati, nonostante a livello regionale si registri complessivamente una situazione stazionaria, è quella di Napoli (nella quale si registra anche il più alto numero di denunce per estorsione) che passa dai 28 del 2004 ai 47 del In un economia come quella meridionale, caratterizzata da una componente di sommerso significativa, con attività economiche e commerciali precarie e con un tasso di abusivismo particolarmente alto, l usura funge da vera e propria supplenza al mercato legale del credito. In alcuni casi il ricorso al credito usuraio è così diffuso ed accettato come normale da essere vissuto dalla cittadinanza come un vero e proprio sistema bancario parallelo, con le sue leggi e i suoi codici, mai scritti, ma rispettati da tutti. Fino a qualche anno fa gli interessi della criminalità organizzata sul mercato dell usura erano limitati ed il mercato era gestito per lo più da individui singoli, spesso con il volto rassicurante del vicino di casa o del pensionato. In epoca più recente, come è evidenziato da numerose risultanze investigative, le mani dalla criminalità organizzata si sono allungate anche sul mercato dell usura per ottenere alti profitti, riciclare denaro di provenienza illegale ed estendere ulteriormente il controllo sul tessuto economico. Come nel caso delle estorsioni, il numero dei reati di usura denunciati non fornisce una misura attendibile della reale entità del fenomeno, poiché la maggior parte dei casi continua a rimanere sommersa, non tanto per la paura di denunciare, quanto per il complesso rapporto di dipendenza che si viene a creare tra usurato ed usuraio. Non bisogna dimenticare, infatti, che l usura deve essere considerato come un reato a domanda, che per essere perpetrato ha bisogno di un cliente disposto a qualsiasi cosa pur di ottenere un prestito. Per questo motivo, più ancora che per l estorsione, è fondamentale il lavoro di accompagnamento e di aiuto dei soggetti usurati, spesso devastati nella psiche oltre che nel portafoglio, svolto sui territori da associazioni, istituzioni locali, fondazioni. 27

32 Stando ai dati disponibili, e non senza sorpresa considerando le attuali difficoltà economiche, negli ultimi anni il numero delle denunce sul territorio nazionale risulta, addirittura, in lieve diminuzione (-4% tra il primo anno per cui si dispone di un dato- ed il 2007, per cui si passa da 398 denunce a 382) (tab. 10). Nelle quattro regioni in cui si registra una forte presenza di criminalità organizzata si evidenzia un calo complessivo del numero delle denunce di usura dell 1,9% (da 156 a 153 denunce in tre anni), più evidente in Calabria (dove si passa dalle 30 denunce del 2004 alle 18 del 2007) e in Puglia (dalle 38 del 2004 alle 27 del 2007). In Sicilia le denunce nel 2004 erano 42 e diventano 35 nel Solo in Campania si verifica un aumento consistente dei reati commessi, che vede passare il numero delle denunce dalle 46 del 2004 alle 73 del In questa Regione si registra anche l incidenza più elevata sulla popolazione: 1,3 denunce di usura ogni centomila abitanti, che arrivano a 2,8 a Benevento, e a 1,8 a Caserta. Il riciclaggio rappresenta una vera e propria necessità per le organizzazioni criminali che, attraverso l immissione nel circuito ordinario del denaro proveniente da attività delittuosa lo ripuliscono e lo rendono spendibile. Tra le modalità maggiormente praticate di riciclaggio vi è l acquisizione, direttamente o tramite prestanome, di imprese e attività commerciali; si tratta di un attività che è molto cresciuta in questi anni e che è particolarmente difficile da scoprire, in quanto rappresenta il punto di snodo tra la finanza criminale e la finanza legale nella quale le organizzazioni criminali entrano in contatto con il tessuto economico legale. Per questa attività la criminalità organizzata allarga i suoi interessi all intera economia nazionale. 28

33 Tab Reati di usura denunciati alle Forze di Polizia - Anni (v.a., val. per abitanti, var.% e differenze) Province v.a. Per abitanti v.a. Per abitanti var. % Diff. per ab. Caserta 16 1,8 4 0,5 300,0 1,3 Benevento 8 2,8 1 0,3 700,0 2,4 Napoli 37 1,2 32 1,0 15,6 0,2 Avellino 0 0,0 2 0,5-100,0-0,5 Salerno 9 0,8 6 0,6 50,0 0,3 Campania 73 1,3 46 0,8 58,7 0,5 Foggia 3 0,4 10 1,5-70,0-1,0 Bari 16 1,0 9 0,6 77,8 0,4 Taranto 1 0,2 4 0,7-75,0-0,5 Brindisi 3 0,7 1 0,2 200,0 0,5 Lecce 4 0,5 13 1,6-69,2-1,1 Puglia 27 0,7 38 0,9-28,9-0,3 Cosenza 11 1,5 11 1,5 0,0 0,0 Crotone 1 0,6 1 0,6 0,0 0,0 Catanzaro 4 1,1 9 2,4-55,6-1,4 Vibo Valentia 1 0,6 1 0,6 0,0 0,0 Reggio di Calabria 1 0,2 5 0,9-80,0-0,7 Calabria 18 0,9 30 1,5-40,0-0,6 Trapani 1 0,2 3 0,7-66,7-0,5 Palermo 6 0,5 8 0,6-25,0-0,2 Messina 10 1,5 4 0,6 150,0 0,9 Agrigento 1 0,2 5 1,1-80,0-0,9 Caltanissetta 1 0,4 5 1,8-80,0-1,4 Enna 2 1,2 1 0,6 100,0 0,6 Catania 4 0,4 12 1,1-66,7-0,7 Ragusa 3 1,0 3 1,0 0,0 0,0 Siracusa 6 1,5 0 0,0 100,0 1,5 Sicilia 35 0,7 42 0,8-16,7-0,1 Totale quattro regioni 153 0, ,9-1,9 0,0 Resto del Sud 18 0,5 46 1,2-60,9-0,7 Mezzogiorno 171 0, ,0-15,3-0,2 Centro-Nord 211 0, ,5 7,7 0,0 Italia 382 0, ,7-4,0 0,0 Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza 29

34 Le denunce complessive per riciclaggio e impiego di denaro proveniente da attività illecita in Italia nel 2007 sono state 1.209, segnando una crescita del 15,3% rispetto al 2004 (tab. 11). Nelle quattro regioni del Meridione maggiormente colpite dalla criminalità organizzata, invece, le denunce sono passate dalle 373 del 2004 alle 412 del 2007, con un aumento del 10,5%. Nell ultimo anno considerato le denunce registrate nelle quattro regioni rappresentano il 34% delle denunce a livello nazionale e riguardano soprattutto la Campania (165 denunce, cresciute del 31% rispetto al 2004 e concentrate soprattutto a Napoli, 88) e la Puglia (124 denunce, cresciute del 24%, numerose soprattutto a Bari, 57, e Foggia, 43). Sono, invece, meno numerose le denunce per riciclaggio ed impiego di denaro sporco in Sicilia (75) e Calabria (48), regioni nelle quali si registra addirittura una variazione percentuale negativa nel corso dei quattro anni considerati, rispettivamente del 13,8% e del 20%. L incidenza percentuale sulla popolazione risulta particolarmente elevata nelle province di Foggia (6,3 denunce ogni centomila abitanti), Caserta (4,9) e Reggio Calabria (4,4), soprattutto se confrontata con la media delle quattro regioni (2,4 denunce ogni centomila abitanti) e con quella nazionale (pari a 2). Da segnalare l aumento preoccupante di questo reato nelle quattro regioni del Sud in cui il crimine organizzato è meno presente, a conferma di come la criminalità organizzata stia estendendo gli ambiti territoriali di interesse: in Basilicata, Abruzzo, Molise e Sardegna nei quattro anni considerati le denunce passano da 44 a 81 in valore assoluto, facendo segnare un aumento dell 84,1%. 30

35 Tab Riciclaggio e impiego di denaro proveniente da attività illecita denunciati alle Forze di Polizia - Anni (v.a., val. per abitanti, var.% e differenze) Province v.a. Per abitanti v.a. Per abitanti var. % Diff. per ab. Caserta 44 4,9 17 1,9 158,8 3,0 Benevento 1 0,3 3 1,0-66,7-0,7 Napoli 88 2,9 75 2,4 17,3 0,4 Avellino 2 0,5 6 1,4-66,7-0,9 Salerno 22 2,0 22 2,0 0,0 0,0 Campania 165 2, ,2 31,0 0,7 Foggia 43 6,3 43 6,3 0,0 0,0 Bari 57 3,6 22 1,4 159,1 2,2 Taranto 10 1,7 13 2,2-23,1-0,5 Brindisi 11 2,7 12 3,0-8,3-0,3 Lecce 2 0,2 10 1,2-80,0-1,0 Puglia 124 3, ,5 24,0 0,6 Cosenza 13 1,8 13 1,8 0,0 0,0 Crotone 1 0,6 5 2,9-80,0-2,3 Catanzaro 3 0,8 12 3,3-75,0-2,4 Vibo Valentia 6 3,6 6 3,6 0,0 0,0 Reggio di Calabria 25 4,4 18 3,2 38,9 1,2 Calabria 48 2,4 60 3,0-20,0-0,6 Trapani 6 1,4 4 0,9 50,0 0,5 Palermo 9 0,7 23 1,9-60,9-1,1 Messina 5 0,8 14 2,1-64,3-1,4 Agrigento 3 0,7 3 0,7 0,0 0,0 Caltanissetta 6 2,2 5 1,8 20,0 0,4 Enna 0 0,0 2 1,1-100,0-1,1 Catania 32 3,0 25 2,3 28,0 0,6 Ragusa 5 1,6 3 1,0 66,7 0,6 Siracusa 8 2,0 7 1,8 14,3 0,2 Sicilia 75 1,5 87 1,7-13,8-0,2 Totale quattro regioni 412 2, ,2 10,5 0,2 Resto del Sud 81 2,1 44 1,1 84,1 0,9 Mezzogiorno 493 2, ,0 18,2 0,4 Centro-Nord 713 1, ,7 12,8 0,2 Italia , ,8 15,3 0,2 Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza 31

36 Da ultimo, l analisi della presenza e dell andamento di reati che si basano sulla richiesta, da parte dei consumatori della merce illecita: innanzitutto il contrabbando, reato che negli ultimi 10 anni ha subito una notevole contrazione dovuta alla combinazione di più fattori quali una parziale depenalizzazione, il potenziamento dei controlli, la contrazione delle domanda, e l interessamento- da parte della criminalità organizzata- ad altri business maggiormente redditizi, per cui si è passati dalle denunce del 1998 alle del 2007 (-98%). La stessa contrazione si è verificata nelle quattro regioni del Sud, nelle quali le denunce per reato di contrabbando sono scese del 99% (da a 510) (tab. 12). Il dettaglio delle quattro regioni del Sud mostra come tale reato sia particolarmente diffuso in Campania, con 358 denunce (6,2 ogni centomila abitanti, mentre nelle quattro regioni la media è pari a 3 e in Italia a 1,8), a fronte delle 64 della Puglia, le 54 delle Sicilia e le 34 della Calabria. 32

37 Tab Reati di contrabbando denunciati alle Forze di Polizia - Anni (v.a., val. per abitanti, var.% e differenze) Province v.a. Per abitanti v.a. Per abitanti var.% Diff. per ab. Caserta 29 3, ,7-99,4-553,5 Benevento 0 0, ,8-100,0-12,8 Napoli , ,9-99, ,6 Avellino 0 0, ,7-100,0-60,7 Salerno 4 0, ,7-99,7-123,3 Campania 358 6, ,8-99,1-654,7 Foggia 2 0, ,5-99,3-39,2 Bari 41 2, ,3-99,2-321,7 Taranto 1 0, ,0-100,0-678,9 Brindisi 20 5, ,0-98,4-302,1 Lecce 0 0, ,9-100,0-33,9 Puglia 64 1, ,6-99,4-266,1 Cosenza 2 0,3 65 8,7-96,9-8,5 Crotone 0 0,0 5 2,8-100,0-2,8 Catanzaro 0 0,0 15 4,0-100,0-4,0 Vibo Valentia 6 3,6 0 0,0 100,0 3,6 Reggio di Calabria 26 4,6 18 3,2 44,4 1,4 Calabria 34 1, ,0-67,0-3,4 Trapani 3 0,7 5 1,2-40,0-0,5 Palermo 30 2, ,2-95,1-46,8 Messina 2 0,3 9 1,4-77,8-1,1 Agrigento 0 0,0 7 1,5-100,0-1,5 Caltanissetta 0 0,0 2 0,7-100,0-0,7 Enna 0 0,0 0 0,0-0,0 Catania 17 1, ,4-94,5-27,9 Ragusa 0 0,0 5 1,7-100,0-1,7 Siracusa 2 0,5 23 5,7-91,3-5,2 Sicilia 54 1, ,5-94,5-18,4 Totale quattro regioni 510 3, ,7-99,0-292,7 Resto del Sud 9 0, ,4-95,7-5,2 Mezzogiorno 519 2, ,9-99,0-239,4 Centro-Nord 577 1, ,7-88,4-12,3 Italia , ,5-98,0-94,6 Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza 33

38 Per quanto riguarda i reati di associazione legati agli stupefacenti, anche questi risultano in diminuzione: in particolare, le denunce per associazione a delinquere per la produzione o il traffico delle sostanze stupefacenti diminuiscono, a livello nazionale da 247 a 156 (-36,8%), mentre nel complesso delle quattro regioni del Sud sotto la sfera di influenza della criminalità organizzata questi reati passano da 89 a 79, con una contrazione dell 11,2%. Questo dato è frutto della riduzione delle denunce in Calabria, Puglia e Sicilia, mentre in Campania le denunce aumentano da 15 a 39 (tab. 13). Complessivamente la Campania risulta essere la Regione che presenta il numero più alto di denunce sia in valore assoluto che per incidenza sulla popolazione (0,7 ogni centomila abitanti, con punta massima a Napoli, 0,9, a fronte di una media per le quattro regioni dello 0,5 e nazionale dello 0,3). 34

39 Tab Associazioni per produzione o traffico di stupefacenti denunciate alle Forze di Polizia - Anni (v.a., val. per abitanti, var.% e differenze) Province v.a. Per abitanti v.a. Per abitanti var.% Diff. per ab. Caserta 6 0,7 0 0,0 100,0 0,7 Benevento 0 0,0 2 0,7-100,0-0,7 Napoli 29 0,9 10 0,3 190,0 0,6 Avellino 1 0,2 0 0,0 100,0 0,2 Salerno 2 0,2 3 0,3-33,3-0,1 Campania 39 0,7 15 0,3 160,0 0,4 Foggia 1 0,1 15 2,2-93,3-2,0 Bari 6 0,4 10 0,6-40,0-0,3 Taranto 1 0,2 0 0,0 100,0 0,2 Brindisi 2 0,5 0 0,0 100,0 0,5 Lecce 1 0,1 12 1,5-91,7-1,4 Puglia 12 0,3 38 0,9-68,4-0,6 Cosenza 2 0,3 3 0,4-33,3-0,1 Crotone 0 0,0 3 1,7-100,0-1,7 Catanzaro 0 0,0 4 1,1-100,0-1,1 Vibo Valentia 1 0,6 0 0,0 100,0 0,6 Reggio di Calabria 1 0,2 8 1,4-87,5-1,2 Calabria 4 0,2 18 0,9-77,8-0,7 Trapani 2 0,5 2 0,5 0,0 0,0 Palermo 1 0,1 1 0,1 0,0 0,0 Messina 5 0,8 3 0,5 66,7 0,3 Agrigento 1 0,2 0 0,0 100,0 0,2 Caltanissetta 3 1,1 0 0,0 100,0 1,1 Enna 1 0,6 0 0,0 100,0 0,6 Catania 6 0,6 7 0,7-14,3-0,1 Ragusa 2 0,6 1 0,3 100,0 0,3 Siracusa 3 0,7 0 0,0 100,0 0,7 Sicilia 24 0,5 18 0,4 33,3 0,1 Totale quattro regioni 79 0,5 89 0,5-11,2-0,1 Resto del Sud 5 0,1 11 0,3-54,5-0,2 Mezzogiorno 84 0, ,5-16,0-0,1 Centro-Nord 72 0, ,4-51,0-0,2 Italia 156 0, ,4-36,8-0,2 Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza 35

40 Tra il 2004 ed il 2007 le denunce per il reato di associazione per spaccio di sostanze stupefacenti a livello nazionale salgono leggermente, passando da 60 a 62, effetto dell aumento registrato nelle quattro regioni del Sud, dove le denunce passano da 30 a 33 (tab. 14). In particolare, emerge in negativo la situazione della Campania dove, nei quattro anni considerati, le denunce passano da 5 a 13, mentre la Sicilia registra una flessione (da 14 a 9) e in Puglia e Calabria la situazione rimane stazionaria. 36

41 Tab Associazioni per spaccio di stupefacenti denunciate alle Forze di Polizia - Anni (v.a., val. per abitanti, var.% e differenze) v.a. Per var. % abitanti v.a. Per abitanti Diff. per ab. Caserta 2 0,2 0 0,0 100,0 0,2 Benevento 0 0,0 1 0,3-100,0-0,3 Napoli 11 0,4 3 0,1 266,7 0,3 Avellino 0 0,0 0 0,0-0,0 Salerno 0 0,0 1 0,1-100,0-0,1 Campania 13 0,2 5 0,1 160,0 0,1 Foggia 2 0,3 0 0,0 100,0 0,3 Bari 2 0,1 3 0,2-33,3-0,1 Taranto 0 0,0 1 0,2-100,0-0,2 Brindisi 1 0,2 0 0,0 100,0 0,2 Lecce 2 0,2 2 0,2 0,0 0,0 Puglia 7 0,2 6 0,1 16,7 0,0 Cosenza 1 0,1 1 0,1 0,0 0,0 Crotone 0 0,0 2 1,2-100,0-1,2 Catanzaro 1 0,3 2 0,5-50,0-0,3 Vibo Valentia 0 0,0 0 0,0-0,0 Reggio di Calabria 0 0,0 0 0,0-0,0 Calabria 4 0,2 5 0,2-20,0 0,0 Trapani 1 0,2 0 0,0 100,0 0,2 Palermo 0 0,0 5 0,4-100,0-0,4 Messina 0 0,0 0 0,0-0,0 Agrigento 1 0,2 0 0,0 100,0 0,2 Caltanissetta 2 0,7 1 0,4 100,0 0,4 Enna 0 0,0 2 1,1-100,0-1,1 Catania 2 0,2 1 0,1 100,0 0,1 Ragusa 1 0,3 1 0,3 0,0 0,0 Siracusa 2 0,5 1 0,3 100,0 0,2 Sicilia 9 0,2 14 0,3-35,7-0,1 Totale quattro regioni 33 0,2 30 0,2 10,0 0,0 Resto del Sud 6 0,2 3 0,1 100,0 0,1 Mezzogiorno 39 0,2 33 0,2 18,2 0,0 Centro-Nord 23 0,1 27 0,1-14,8 0,0 Italia 62 0,1 60 0,1 3,3 0,0 Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza 37

42 Un ulteriore segnale della pervasività e della potenza delle organizzazioni criminali è data dal valore dei patrimoni da esse accumulati, che rappresentano il capitale necessario per realizzare i traffici da esse perpetrati. Sottrarre ai mafiosi i loro patrimoni e riutilizzarli in attività sociali o produttive ha dunque un valore insieme operativo e simbolico, in quanto impedisce ai boss di continuare le loro attività, consente di liberare energie economiche indispensabili per aree che sono in deficit di sviluppo socio economico e, insieme, dimostra che è possibile mettere in piedi, anche in territori pesantemente condizionati dalla presenza delle mafie, iniziative vantaggiose, pulite e indipendenti. Al 31 dicembre del 2008 risultano confiscati complessivamente beni immobili: di questi sono stati destinati ai comuni o allo Stato centrale, (ma non vuol dire che siano stati effettivamente riutilizzati); altri 644 risultano destinati ma non ancora consegnati, e una grande parte, in tutto, risultano ancora in gestione al Demanio (tab.15). Dei beni totali, (pari all 83,5%) sono stati confiscati nelle quattro regioni tradizionalmente interessate dai fenomeni di tipo mafioso, con una netta prevalenza della Sicilia, sul cui territorio si trovano beni (il 46,5%), seguita dalla Campania, con beni sequestrati (il 14,9%), dalla Calabria, con beni (il 14,2%), e dalla Puglia, con 666 beni sequestrati (il 7,9%) (figg. 2 e 3). Nel resto del Sud i beni sequestrati sono 122, mentre tra le regioni del Centro e del Nord si concentrano i rimanenti sequestri, in particolare nella Lombardia e nel Lazio, dove se ne contano, rispettivamente, 610 (il 7,2% del totale) e 328 (il 3,9%). 38

43 Tab Beni immobili confiscati alla criminalità organizzata- Dati aggiornati al (v.a.) Aree Beni in gestione al demanio Beni destinati ma non consegnati Trasferiti Mantenuti Totale ai allo Stato Comuni Beni destinati e consegnati Trasferiti ai Comuni Mantenuti allo Stato Totale Totale beni confiscati Val. % Campania ,9 Calabria ,2 Puglia ,9 Sicilia ,5 Totale 4 regioni ,5 Resto del Sud ,4 Mezzogiorno ,9 Centro Nord ,1 Italia ,0 Fonte: Agenzia del Demanio 39

44 Fig. 2 - Numero dei beni confiscati, per Regione al Fonte: elaborazione Censis su dati Agenzia del Demanio Fig. 3 - Prime sei Regioni per percentuale di beni confiscati sul totale al Fonte: elaborazione Censis su dati Agenzia del Demanio 40

45 Dai dati sulla destinazione e assegnazione dei beni emerge chiaramente come le procedure siano affette da eccessive lungaggini e soggette a una tempistica che rischia di compromettere l intento del legislatore di restituzione al territorio e al riuso da parte della collettività. La normativa attualmente in vigore, che risale al 1996, e che è stata il risultato di una battaglia congiunta dello Stato, delle amministrazioni locali e delle associazioni (Legge n.109 del 7 marzo 1996 Disposizioni in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati e confiscati ), inizialmente si è rivelata efficace, ma con il passare degli anni ha mostrato i suoi limiti che si possono individuare: - da un lato, nella difficoltà a procedere in tempi brevi alla confisca, destinazione e all assegnazione dei beni; - dall altro, nella difficoltà di gestione del bene da parte dei comuni assegnatari, che spesso sono poco solidi sia in termini di bilancio che di capacità operative, oltre ad essere soggetti al ricatto delle organizzazioni criminali che hanno interessi su quel territorio. Per evitare che le operazioni di riuso dei beni si trasformino in una grave sconfitta materiale e simbolica, e capovolgano, di fatto, il significato e gli obiettivi da cui è nata la legge, era stata avanzata, nella scorsa legislatura, la proposta di costituire un Agenzia nazionale deputata alla gestione di tutte le fasi del processo di sottrazione del bene immobile alla mafia. Tale nuova struttura sarebbe andata a sostituire l Agenzia del Demanio in tutte le competenze che ora essa esplica, in collegamento diretto con gli uffici territoriali del Governo e garantendo l effettività dei provvedimenti adottati in riferimento a ciascun bene. Anche la legislatura attuale ha messo nella propria agenda azioni migliorative per quanto concerne le procedure di sequestro, confisca ed assegnazione dei beni appartenuti alla criminalità organizzata. Tra l altro, la legge 94 del 15 luglio 2009 prevede il conferimento al Prefetto del luogo in cui si trovano i beni o l azienda della competenza sulla destinazione dei beni (precedentemente affidata all Agenzia del Demanio). 41

46 3. LA PAURA DELLE IMPRESE 3.1. I fattori ostativi allo sviluppo Nonostante gli sforzi compiuti dalle Forze dell ordine e dalla Magistratura e nonostante da oltre dieci anni il Mezzogiorno sia interessato da un Programma operativo nazionale sulla sicurezza e lo sviluppo cofinanziato con fondi europei ed unico al mondo, permane, da parte degli imprenditori, una scarsa propensione ad investire, anche per la paura dei condizionamenti imposti dalla criminalità organizzata. Tali oggettivi condizionamenti logorano ulteriormente una realtà nella quale le aziende denunciano gravi problemi sui versanti dei servizi di base, delle infrastrutture, del funzionamento della pubblica amministrazione, dell approvvigionamento creditizio; ostacoli che nel tempo hanno pregiudicato lo sviluppo economico e sociale di intere regioni del Sud. Questo atteggiamento è evidente se si considerano anche soltanto i dati relativi al numero di imprese attive, che nelle quattro regioni sono , pari a 80,7 per abitanti, a fronte delle imprese del Centro Nord, ovvero 91,5 sulla stessa quota di popolazione. Da un indagine condotta dal Censis nel 2006 su di un campione di 800 imprenditori delle sei regioni che rientravano nell Obiettivo1 della programmazione dei Fondi strutturali , emergono con chiarezza quali sono i fattori che impediscono lo sviluppo sociale ed economico dell area in cui svolgono la propria attività economica. In primo luogo gli imprenditori denunciano l incapacità progettuale e di gestione degli organismi pubblici e privati (tab. 16): la maggiore preoccupazione si registra nei confronti dello scarso dinamismo delle associazioni di categoria (cui viene attribuito un punteggio pari a 3,87 in una scala che va da 1-minima importanza a 5-massima importanza), dell incapacità progettuale degli Enti locali (3,84) e dell inefficienza della Pubblica Amministrazione (3,74). Gli Enti Locali, in particolare, all interno del quadro particolarmente problematico del Mezzogiorno, rivelano inefficienze sia nella loro interazione con le aziende locali che, più in generale, nella loro azione per lo sviluppo del territori. Si è ancora molto lontani dal possesso di una capacità 42

47 progettuale che si affranchi, nella visione dei problemi del Mezzogiorno e nella pianificazione della loro risoluzione, da una mentalità incentrata principalmente sull emergenza; e la situazione si presenta ancora più grave quando al malfunzionamento dell amministrazione pubblica si somma la corruzione o, comunque, la collusione con gli interessi dei potenti, non ultimi quelli dei gruppi criminali. Segue, come ulteriore fattore ostativo dello sviluppo del Mezzogiorno, un fenomeno che, almeno in parte, risulta collegato alla presenza di criminalità, che è quello del lavoro nero e, più in generale, di economia sommersa (cui gli imprenditori intervistati attribuiscono un punteggio pari a 3,74). Si aggiunge a questo la maggiore difficoltà per le aziende meridionali di accedere al credito rispetto a quelle del Centro-nord (con punteggio 3,64): il contesto socioeconomico più difficile determina una maggiore cautela da parte del sistema bancario ad accordare fiducia e questo rende più probabile il ricorso a canali di credito paralleli, spesso di dubbia affidabilità. Rilevanti per gli imprenditori sono anche la carenza di manodopera qualificata (3,56), la scarsa disponibilità di aree attrezzate per le imprese (3,50) e l insufficiente rete di trasporti e collegamenti (3,20). Si riconoscono in queste segnalazioni altri innegabili punti deboli del Mezzogiorno, dove persiste una carenza di servizi di base ed innovativi per le aziende (dal supporto informativo all alloggiamento tecnologico organizzativo) e non si è ancora intervenuti in maniera risolutiva per l adeguamento delle infrastrutture e della rete di trasporti. Il sistema delle comunicazioni delle regioni meridionali non può paragonarsi a quello del Centro-nord: autostrade mai completate o in uno stato di conservazione carente, linee ferroviarie ad un solo binario e sovraffollate di convogli, estrema insicurezza di alcune arterie fondamentali per il transito dei Tir, porti con infrastrutture insufficienti per il caricoscarico delle merci. Inoltre, molte delle strade secondarie di collegamento alle arterie principali non sono in buone condizioni ed in alcune aree le reti idriche ed elettriche sono a tutt oggi inadeguate. In questo quadro denso di emergenze gli intervistati sembrano focalizzare meno l attenzione sui temi più immediatamente connessi alla sicurezza: la scarsa presenza delle Forze dell ordine nel territorio ottiene un punteggio di 3,37 e ancora più basso è quello sulla presenza di criminalità organizzata (3,13), che si colloca all ultima posizione della graduatoria. 43

48 Tab Importanza di alcuni fattori che impediscono lo sviluppo sociale ed economico nell'area in cui svolge l attività Ostacoli Punteggio medio Scarso dinamismo delle Associazioni di categoria 3,87 Scarsa capacità progettuale degli Enti Locali 3,84 Inefficienza della Pubblica Amministrazione 3,74 Presenza di lavoro nero/economia sommersa 3,74 Difficoltà di accesso al credito 3,64 Carenza di manodopera qualificata 3,56 Scarsa disponibilità di aree attrezzate per le imprese 3,50 Insufficiente presenza di Forze dell'ordine sul territorio 3,37 Rete dei trasporti e collegamenti insufficienti 3,20 Presenza di criminalità organizzata 3,13 (1) ad ogni voce è stato assegnato un punteggio da 1, minima importanza, a 5, massima importanza Fonte: indagine Censis, 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese 3.2. Il peso della criminalità organizzata Nonostante la presenza di diversi fattori che impediscono lo sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno, è fuor di dubbio che la presenza della criminalità organizzata agisca come un ulteriore importante ostacolo. Le organizzazioni mafiose, infatti, scoraggiano gli investimenti produttivi da parte dei privati; contribuiscono al mantenimento di un immagine negativa a livello nazionale ed internazionale; costituiscono un incentivo alla fuga di risorse umane qualificate; esportano i proventi delle loro attività illecite in altre zone tramite reinvestimenti e riciclaggio di denaro; provocano un allocazione non razionale delle risorse sostituendo le loro logiche alle logiche di mercato e, non da ultimo, alimentano la crescita dell economia illegale e sommersa. Gli stessi imprenditori ammettono, nell indagine citata in precedenza, che la presenza della criminalità organizzata influisce sul libero svolgimento delle 44

49 attività imprenditoriali: secondo il 30,9% degli imprenditori, infatti, è abbastanza (13,5%) o molto (17,4%) difficile portare avanti la propria attività, contro un 24,1% che dichiara che l ingerenza della criminalità nella realtà imprenditoriale non crea alcun problema e il 27,8% che è convinto che crei pochi problemi (fig.4). Fig. 4 - Opinioni su quanto influisce la criminalità organizzata nel libero svolgimento dell'attività imprenditoriale nella propria zona Fonte: indagine Censis 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese Allo stesso tempo il 42,1% degli imprenditori dichiara che il fatturato della propria azienda sarebbe maggiore se potesse svolgere la propria attività in un contesto territoriale più sicuro e libero: di questi, il 9% stima che potrebbe aumentare del 5%, il 15,4% del 10%, il 10% del 15%, il 7,7% di oltre il 20%. 45

50 Tali risposte possono costituire un valido parametro per misurare la portata delle attività criminali sul mancato sviluppo economico delle regioni del Sud e rivelano una situazione non omogenea: mentre in Campania e Puglia quasi la metà degli imprenditori afferma che potrebbe migliorare il proprio fatturato (il 49,5% ed il 48,9%, rispettivamente), più basse risultano essere le percentuali per Sicilia (43,2%), Calabria (32,6%) e ancora inferiori in Basilicata e Sardegna (17,8%) (tab. 17). Tab Opinioni sul danno causato alla propria azienda dalla presenza di criminalità per regione (val. %) Ripercussioni sul fatturato Campania Puglia Basilicata/ Sardegna Calabria Sicilia Totale Potrei aumentare il fatturato del 5% 9,4 12,9 5,0 7,5 7,7 9,0 Potrei aumentare il fatturato del 10% 13,9 22,5 5,8 11,3 17,5 15,4 Potrei aumentare il fatturato del 20% 12,7 9,6 4,0 10,0 10,3 10,0 Il fatturato potrebbe crescere di oltre il 20% 13,5 3,9 3,0 3,8 7,7 7,7 La criminalità non ostacola la crescita del fatturato 50,5 51,1 82,2 67,4 56,8 57,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese Per quanto riguarda le modalità di intervento sul territorio, da alcuni anni le organizzazioni criminali hanno adottato una strategia di penetrazione nel tessuto economico e finanziario più discreta e a tutto campo, affiancando strumenti più sofisticati alle tradizionali modalità di controllo del territorio e delle attività imprenditoriali come le estorsioni, l usura, le minacce, gli incendi dolosi, le aggressioni, le violenze. Le organizzazioni criminali sono infatti entrate nella più subdola fase simbiotica, che le vede affacciarsi sui mercati legali con la faccia pulita del libero imprenditore. In questa fase, accanto alle consuete attività illecite (che sono sempre meno improntate alla platealità ed alla violenza, e sempre più ad una strategia silenziosa e di basso profilo, che garantisce meno controlli) quali le intimidazioni, il racket, le minacce, la violenza; le 46

51 organizzazioni criminali si dedicano ad un certo numero di attività lecite, che vengono gestite con i proventi delle attività criminali e con i consueti metodi criminali. La loro vocazione per l imprenditoria le porta, tra le altre cose, ad affacciarsi su diversi mercati (appalti pubblici, edilizia, servizi del commercio e della ristorazione, settori della finanza), acquisendo direttamente aziende o esercitando su di esse pressioni dall esterno (imponendo subappalti, assunzioni, acquisti di materiali a prezzi maggiorati), ad acquisire quote finanziarie, a formare cartelli con aziende non controllate direttamente, a fare credito usuraio. Due diverse indagini realizzate dal Censis negli ultimi anni fotografano molto bene questa situazione, dando un idea di come la situazione sia via via peggiorata. La prima indagine è stata realizzata nel 2003 su un campione di imprenditori appartenente a tutte e otto le regioni del Mezzogiorno; la seconda è l indagine, cui si è fatto riferimento anche in precedenza, sugli imprenditori delle sei regioni che rientravano nell Obiettivo1 della precedente programmazione dei Fondi Strutturali I tradizionali sistemi di controllo del territorio Se si guarda alla tabella 18, in cui sono riportati i risultati delle due indagini, si ha che: - nel 2003 il 14,3% degli imprenditori riteneva che il racket a danno delle aziende fosse molto diffuso, mentre nel 2006 tale percentuale è più che raddoppiata, passando al 33,1%; parallelamente, nel 2003 il 35% del campione riteneva che tale reato non fosse per niente diffuso, mentre nel 2006 tale convinzione riguarda solo il 16,7%; - nel 2003 l usura era molto diffusa secondo il 12,3% del campione, mentre nel 2006 è quasi il 40% degli imprenditori a segnalarne un ampia presenza; indicativo è anche che nel 2003 ben il 29,7% riteneva che l usura non fosse affatto diffusa, mentre nell indagine più recente appena l 8,7% del campione ha la stessa opinione. 47

52 Tab Diffusione dei reati di racket e usura nel Mezzogiorno. Confronto 2003 e 2006 (val. %) Opinioni 2003 (1) 2006 (1) Racket Molto diffuso (2) 14,3 33,1 Poco diffuso 50,6 21,1 Per niente diffuso 35,1 16,7 Non so - 29,1 Totale 100,0 100,0 Usura Molto diffusa (2) 12,3 39,2 Poco diffusa 58,0 14,1 Per niente diffusa 29,7 8,7 Non so - 38,0 Totale 100,0 100,0 (1) Nel 2006 il campione comprendeva imprenditori intervistati in Sicilia, Puglia, Calabria, Campania, Basilicata e Sardegna e nel 2003 in Sicilia, Puglia, Calabria, Campania, Basilicata, Sardegna, Molise e Abruzzo (2) La risposta Molto diffuso, per l anno 2006, comprende le risposte Molto + Abbastanza diffuso Fonte: indagini Censis 2003 Impresa e criminalità nel Mezzogiorno e 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese Dall ultima indagine è emerso inoltre che, in contrasto con la visione comune che vede i commercianti come le vittime principali degli estorsori, il fenomeno interessa trasversalmente tutti i settori imprenditoriali: industria, commercio e servizi, dove, rispettivamente, il 31%, il 32,6% ed il 34,7% degli intervistati ritiene che le estorsioni siano abbastanza o molto diffuse (tab.19). 48

53 Tab Opinioni sulla diffusione del taglieggiamento ai danni delle imprese nella propria zona di attività, per settore di attività (val. %) Diffusione taglieggiamento Industria Commercio Servizi Totale Molto diffuso 8,3 10,2 8,9 9,4 Abbastanza diffuso 22,7 22,4 25,8 23,7 Poco diffuso 21,0 20,1 21,8 21,1 Per niente diffuso 15,5 16,0 18,8 16,7 Non so 32,5 31,3 24,7 29,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese A fronte di tali risultati, che evidenziano una preoccupante e crescente presenza del fenomeno estorsivo nelle regioni meridionali, si riscontra negli intervistati un buon livello di conoscenza dell esistenza di possibilità di aiuto alle vittime. Il 59,4% degli intervistati dichiara, infatti, di essere a conoscenza dell esistenza di strumenti economici per aiutare le vittime delle estorsioni. L associazionismo antiracket non sembra invece essere ritenuto dagli imprenditori una modalità di risposta efficace alle vessazioni perpetrate dalle organizzazioni criminali: il 69% non ha mai sentito il bisogno di iscriversi ad un associazione, il 19% ritiene che non sia utile a risolvere i problemi, l 8,4% ha paura di esporsi ad eventuali ritorsioni, il 2% vorrebbe iscriversi ma ne denuncia la mancanza nella propria zona. Soltanto l 1,6% degli imprenditori dichiara di essere iscritto ad una delle associazioni antiracket presenti sul territorio (fig. 5). 49

54 Fig. 5 - Imprenditori iscritti ad associazioni antiracket (val.%) Fonte: indagine Censis, 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese Se si passa a considerare l usura, che permette alle organizzazioni mafiose di controllare in maniera stretta e coercitiva le aziende debitrici, fino all acquisizione dell impresa strozzata ed insolvente, i risultati dell indagine risultano essere altrettanto preoccupanti. Come precedentemente evidenziato, la diffusione di tale reato risulta essere percepita dagli imprenditori in misura maggiore nel 2006 rispetto al 2003, ma non solo: le opinioni sull andamento dell usura negli ultimi cinque anni sembrano segnalare un fenomeno che è tendenzialmente in crescita. Infatti, considerando solo l ultima indagine, a fronte di un 32% degli intervistati che giudica stazionaria la diffusione del reato e di un 45,9% che non è a conoscenza di casi specifici, vi è un 18,5% che ne rileva un incremento mentre soltanto il 3,6% ritiene che l usura sia in diminuzione (fig. 6). 50

55 Fig. 6 - Opinioni sull'andamento dell'usura nella propria zona di attività negli ultimi cinque anni (val. %) Fonte: indagine Censis 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese Se si considerano i differenti settori di attività, il comparto dei servizi sembra essere quello che risente maggiormente della presenza di questo reato (per il 41,8% degli imprenditori l usura è molto o abbastanza diffusa), seguito dal commercio (39,3%) e dall industria (34,2%) (tab. 20). 51

56 Tab Opinioni sulla diffusione dell'usura ai danni delle imprese nella propria zona per settore di attività (val. %) Diffusione usura Industria Commercio Servizi Totale Molto diffusa 13,8 16,0 14,4 15,0 Abbastanza diffusa 20,4 23,3 27,4 24,1 Poco diffusa 17,1 12,0 15,2 14,2 Per niente diffusa 12,2 6,1 9,6 8,7 Non so 36,5 42,6 33,4 38,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese Per quanto riguarda l informazione sull esistenza di strumenti economici di supporto alle vittime dell usura, la maggior parte degli imprenditori (il 58,3%) dichiara di esserne a conoscenza La filiera lunga della criminalità organizzata Se si passa ad analizzare la presenza dei meccanismi più complessi che la criminalità organizzata mette in campo per controllare il mercato ed alterarne i meccanismi, prendendo in esame i dati delle indagini 2003 e 2006, emerge che (tab. 21 e fig. 7): - nel 2006 quasi la metà degli imprenditori segnala la nascita improvvisa nell ultimo anno di imprese concorrenti, mentre nel 2003 erano il 36,3%; mentre scendono al 30% (dal 36,1% del 2003) coloro i quali ritengono che il fenomeno non sia presente; - nel 2006 risulta triplicata rispetto a tre anni prima la percentuale di imprenditori che ritengono che sia in aumento il fenomeno delle imposizioni di manodopera alle imprese (erano il 5,8% nel 2003, sono il 15,1% nel 2006); mentre scendono al 58,6% (dal 73,8% del 2003) coloro i quali considerano il fenomeno non presente nella propria zona; 52

57 - è poi significativo che l imposizione di forniture di beni alle aziende venga segnalata in crescita dal 13,2% del campione dell indagine più recente e dal 4,1% di quello dell indagine del 2003; anche in questo caso diminuisce la percentuale (dal 73,5% del 2003 al 58,6% del 2006) di coloro i quali considerano il fenomeno non presente nella zona in cui svolgono la propria attività; - anche la segnalazione di assegnazioni non regolari di appalti pubblici aumenta nei tre anni: nel 2006 è il 45,3% del campione a ritenere non del tutto trasparenti le gare di appalto, mentre nell indagine precedente la percentuale era molto più bassa (20%). Infine, nel 2006 non arriva al 20% la percentuale di chi ritiene che le gare vengano effettuate correttamente, mentre nel 2003 era il 32,8% ad aver fiducia nel funzionamento trasparente degli appalti pubblici. 53

58 Tab Diffusione di alcuni fattori di distorsione della concorrenza nel Mezzogiorno, anni 2003 e 2006 (val. %) Opinioni 2003 (1) 2006 (1) Nascita improvvisa imprese concorrenti In aumento 36,3 48,9 Stazionario 27,6 21,1 Il fenomeno non è presente 36,1 30,0 Totale 100,0 100,0 Imposizione di manodopera In aumento 5,8 15,1 Stazionario 20,4 26,3 Il fenomeno non è presente 73,8 58,6 Totale 100,0 100,0 Imposizione di forniture di beni In aumento 4,1 13,2 Stazionario 22,4 28,2 Il fenomeno non è presente 73,5 58,6 Totale 100,0 100,0 Gestione gare per appalti pubblici (2) Spesso le assegnazioni non sono regolari (niente affatto + 20,0 45,3 poco trasparenti) Qualche volta le assegnazioni non sono regolari 47,2 - Le assegnazioni sono effettuate correttamente (molto + 32,8 19,4 abbastanza trasparenti) Non so - 35,3 Totale 100,0 100,0 (1) Nel 2006 il campione comprendeva imprenditori intervistati in Sicilia, Puglia, Calabria, Campania, Basilicata e Sardegna e nel 2003 gli imprenditori provenivano da Sicilia, Puglia, Calabria, Campania, Basilicata, Sardegna, Molise e Abruzzo (2) La domanda differiva nelle due indagini: nel 2003 è stato chiesto se le gare d appalto si svolgevano in modo regolare, nel 2006 è stata chiesta un opinione sulla trasparenza delle gare d appalto Fonte: indagini Censis 2003 Impresa e criminalità nel Mezzogiorno e 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese 54

59 Fig. 7 - Imprenditori che considerano in aumento alcuni fenomeni di distorsione della concorrenza nel Mezzogiorno. Anni 2003 e 2006 (val.%) Fonte: indagini Censis 2003 Impresa e criminalità nel Mezzogiorno e 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese Risulta chiaro come i perversi meccanismi di condizionamento criminale delle attività economiche si stiano diffondendo in maniera allarmante nel Mezzogiorno, come anche sta crescendo la consapevolezza da parte degli imprenditori dell esistenza di tali fenomeni di distorsione del mercato. Se si analizzano i fenomeni per regione si nota una situazione preoccupante soprattutto per la Calabria, seguita dalla Campania e dalla Puglia, mentre se ne rileva una presenza meno pervasiva in Sicilia, oltre che in Basilicata e Sardegna. Se si guarda alla tab. 22, la nascita improvvisa di imprese di grandi dimensioni sembra essere largamente diffusa soprattutto in Calabria, dove il 55

60 52,4% degli intervistati dichiara che il fenomeno è in aumento, seguita dalla Sicilia (51%) e dalla Campania (49,8%). Anche l imposizione di manodopera, risulta essere un fenomeno allarmante soprattutto in Calabria, dove si registra un 23,2% di operatori economici che percepisce il fenomeno in aumento, un 37,8% che lo giudica stazionario e soltanto un 39% che ne afferma l inconsistenza; seconda è la Campania dove il 18,9% degli imprenditori lo percepisce come in aumento. Anche nel caso dell imposizione nelle forniture di beni e di servizi le regioni maggiormente colpite sono Calabria e Campania, rispettivamente con il 61,0% ed il 49,4% degli intervistati che individua la presenza di tale pratica criminale come in crescita o stazionaria. Tab Diffusione di alcuni fattori di distorsione della concorrenza nel Mezzogiorno, per regione (val. %) Opinioni Campania Puglia Calabria Sicilia Basilicata /Sardegna Totale Nascita improvvisa imprese concorrenti In aumento 49,8 44,7 52,4 51,0 47,1 48,9 Stazionario 22,0 25,1 24,4 16,5 17,6 21,1 Il fenomeno non è presente 28,2 30,2 23,2 32,5 35,3 30,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Imposizione di manodopera In aumento 18,9 13,4 23,2 11,9 8,9 15,1 Stazionario 30,9 24,6 37,8 23,2 14,9 26,3 Il fenomeno non è presente 50,2 62,0 39,0 64,9 76,2 58,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Imposizione di forniture di beni In aumento 18,6 14,6 18,3 7,7 4,0 13,2 Stazionario 30,6 25,8 42,7 26,8 17,8 28,2 Il fenomeno non è presente 50,8 59,6 39,0 65,5 78,2 58,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis 2003 Impresa e criminalità nel Mezzogiorno e 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese 56

61 3.5. La percezione della sicurezza Una certa eterogeneità delle valutazioni da parte degli imprenditori, a seconda della regione di residenza, si riflette anche sulle percezioni della sicurezza nell area in cui si svolge la propria attività. L indagine del 2006 ha permesso di individuare tre aree ben distinte. La prima zona è quella della sicurezza percepita e comprende Basilicata e Sardegna. Qui gli imprenditori riconoscono di operare in un contesto quasi totalmente privo di fenomeni di criminalità e le due regioni sembrano costituire un isola felice all interno di un contesto meridionale sul quale grava pesantemente la presenza mafiosa. La seconda area, quella dell insicurezza diffusa, accomuna gli imprenditori della Campania e della Puglia. Nelle due regioni emerge la situazione maggiormente critica, caratterizzata da una elevata percezione di insicurezza (ritengono di vivere in una zona insicura il 54,5% degli imprenditori campani ed il 44,4% di quelli pugliesi) e dalla percezione di un incremento negli ultimi anni di attività criminali a danno delle imprese (lo pensa il 56,3% degli imprenditori campani ed il 41% di quelli pugliesi). Un livello più basso di allarme, rispetto a Campania e Puglia, si avverte da parte degli imprenditori di Calabria e Sicilia: le due regioni rappresentano, infatti, l area che è stata definita dell insicurezza latente, dove la maggior parte degli imprenditori (il 49,4% dei calabresi ed il 54,4% dei siciliani) dichiara di svolgere la propria attività in una zona abbastanza o molto sicura e solo una piccola percentuale (l 8,5% in Calabria ed il 7,8% in Sicilia) ritiene che si verifichino spesso reati a danno delle aziende. Inoltre, la stragrande maggioranza degli intervistati calabresi (77,9%) e siciliani (73%) ritiene che tali reati negli ultimi cinque anni siano rimasti invariati. Questo scarso allarmismo, già rilevato nell indagine del 2003, sembra rivelare la presenza di una sorta di assuefazione che condiziona le percezioni degli imprenditori calabresi e siciliani, per i quali l insieme delle attività vessatorie nei confronti delle aziende, dal racket all usura, dagli incendi dolosi alle rapine, fino ai meccanismi più sofisticati di infiltrazione nel mercato, sembrano ormai costituire un sottofondo latente, uno scenario inevitabile delle loro attività. A dire il vero qualcosa in Sicilia è cambiato, se a fine 2007 la Confindustria siciliana ha approvato un Codice etico, che prevede l incompatibilità tra l iscrizione all associazione degli industriali e forme di collusione o di 57

62 assoggettamento al potere delle cosche. In base a questo codice nel corso del 2008 sono stati avviati 51 provvedimenti contro altrettanti imprenditori, di cui 10 espulsioni, 30 richieste di sospensione e 10 allontanamenti volontari Quali gli interventi richiesti e in quali settori E di fondamentale interesse conoscere quali sono secondo gli imprenditori, gli interventi e le iniziative che si potrebbero mettere in atto per aumentare il livello di sicurezza ed attrarre investimenti nel Mezzogiorno. Se si guarda alla tabella 23, tratta dall indagine effettuata nel 2006, si nota che i maggiori consensi convergono sugli interventi di ammodernamento dei dispositivi di controllo del territorio (con un punteggio pari a 4,28 su un massimo di 5) e su quelli di miglioramento delle sinergie tra i diversi soggetti che, nello stesso territorio, operano per la legalità (con punteggio pari a 4,24). Leggermente inferiore, seppur ugualmente significativa, è l utilità attribuita ad iniziative come la semplificazione dei canali di accesso al credito (4,23) e l inasprimento delle pene (4,19). Agli imprenditori non sfugge l importanza del rapporto con il sistema bancario nel processo di sviluppo economico del territorio. Mediamente importanti sono considerati anche l aumento del numero di Forze dell ordine presenti sul territorio (4,08), il rapido ricambio della classe dirigente (3,99) ed il coinvolgimento della popolazione in iniziative sulla cultura della legalità e sulla prevenzione della marginalità (3,88). Non sembrano invece riscuotere opinioni particolarmente favorevoli le aree attrezzate per le imprese, già sperimentate in alcuni contesti meridionali (3,88), mentre un utilità ancora minore viene attribuita ad iniziative meno direttamente collegabili con il concetto di sicurezza come la costruzione di infrastrutture, quindi ponti, strade, ferrovie (3,81) ed il contenimento dei flussi migratori di cittadini extracomunitari (3,81). Quest ultima risposta potrebbe sorprendere, ma è solamente una conferma di come, nelle regioni del Sud, la scarsa consistenza della presenza immigrata non crei quelle situazioni di allarme sociale che, invece, sono assai più diffuse nel Nord del paese. 58

63 Tab Opinioni sull'utilità di alcune iniziative per aumentare il livello di sicurezza ed attrarre investimenti nel Mezzogiorno per regione (val. %) Iniziative Punteggio medio Campania Puglia Basilicata/ Sardegna Calabria Sicilia Totale Ammodernare e rendere più efficienti i dispositivi di controllo del territorio 4,32 4,37 4,09 4,27 4,26 4,28 Garantire una maggiore sinergia tra i diversi soggetti che, all'interno dello stesso territorio, operano per la legalità 4,26 4,34 4,12 4,11 4,23 4,24 Semplificare i canali di accesso al credito 4,12 4,13 4,21 4,15 4,50 4,23 Inasprire le pene 4,21 4,18 4,14 3,99 4,30 4,19 Aumentare il numero di Forze dell'ordine presenti sul territorio 4,29 4,20 3,54 3,77 4,11 4,08 Procedere ad un rapido ricambio della classe dirigente 4,04 3,99 3,88 3,77 4,09 3,99 Coinvolgere la popolazione in iniziative sulla cultura della legalità e sulla prevenzione della marginalità 3,98 3,79 3,93 3,96 4,19 3,98 Costruire aree attrezzate e vigilate per le imprese 3,91 3,79 3,54 3,88 4,09 3,88 Costruire strade, ponti, ferrovie 3,62 3,82 3,85 3,83 4,04 3,81 Limitare gli ingressi degli extracomunitari 3,84 3,68 3,63 4,00 3,92 3,81 (*) ad ogni voce è stato assegnato un punteggio da 1, minima utilità, a 5, massima utilità Fonte: indagine Censis, 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese Alla richiesta di indicare quali fossero, a giudizio degli imprenditori, i tre settori in cui lo Stato dovrebbe investire maggiori risorse finanziarie pubbliche, le risposte si sono concentrate prevalentemente sulle iniziative per la creazione di nuovi posti di lavoro (indicate dal 61,1% degli intervistati) e sull assistenza delle famiglie con gravi problemi economici 59

64 (44,1%); al terzo posto si trova la creazione di strutture e servizi sanitari (importante per il 33,7% degli imprenditori) (tab. 24) Ciò evidenzia quanto le tematiche relative al lavoro ed al benessere economico vengano percepite come più urgenti rispetto a quelle connesse con la sicurezza e con la lotta alla criminalità, per cui il contrasto alla criminalità deve essere necessariamente supportato da politiche di sviluppo per l economia locale e per il welfare; sono infatti indicati solo al quarto posto, con il 30,8% delle risposte, gli investimenti pubblici per la costituzione di strutture e servizi per l ordine pubblico e la sicurezza. Tab Opinioni riguardo ai settori in cui andrebbero investite maggiori risorse finanziarie pubbliche (*) (val. %) Settori Val. % 1. Interventi per creare nuovi posti di lavoro 61,1 2. Assistenza alle famiglie con problemi di povertà o disagio 44,1 3. Strutture e servizi sanitari 33,7 4. Strutture e servizi per l'ordine pubblico e la sicurezza 30,8 5. Strutture ed iniziative per riqualificare le aree degradate 30,0 6. Infrastrutture (strade, ferrovie, ecc.) e servizi pubblici (trasporti, raccolta rifiuti, ecc.) 29,1 7. Pensioni e previdenza 22,4 8. Ricerca e sviluppo di nuove tecnologie 17,4 9. Difesa dell'ambiente e del territorio 15,7 10. Strutture e servizi di istruzione 15,3 * il totale è superiore a 100 poiché erano possibili tre risposte Fonte: indagine Censis, 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulle imprese 60

65 4. TRASPARENZA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E CULTURA DELLA LEGALITÀ Un approccio burocratico fondato sul mero rispetto delle procedure a discapito dell efficienza rimane ancora il modello di riferimento prevalente all interno della Pubblica Amministrazione del nostro paese, e questo determina da sempre un gap di produttività rispetto al settore privato, contribuendo a condannare il comparto pubblico ad un inefficienza che incide profondamente sull economia complessiva. Tutti i tentativi di riorganizzare la macchina amministrativa avviati negli ultimi decenni sono rimasti finora largamente disattesi, e le conseguenze di un modello di funzionamento poco efficiente e poco trasparente risultano chiare se si considerano, ad esempio, gli ostacoli cui vanno incontro gli imprenditori. Secondo Doing Business, un progetto della Banca Mondiale che ogni anno stila una graduatoria sulle condizioni di contesto del fare impresa nei diversi paesi del mondo, l Italia occupa una posizione di coda, a confronto non solo delle più consolidate economie vicine, ma anche dei nuovi paesi emergenti. Del resto, le difficoltà cui vanno incontro le imprese italiane emergono chiaramente dall ultimo Rapporto della Fondazione Promo P.A. sulla soddisfazione delle piccole imprese nei confronti della Pubblica Amministrazione: il grado di soddisfazione espresso dalle aziende, su una scala da 0 a 10, si ferma a 4,4 (a 4,2 al Sud), perdendo oltretutto mezzo punto rispetto ai tre anni precedenti, e numerosi aspetti vengono messi in luce come disincentivanti per l attività imprenditoriale. In primo luogo risulta un costo elevato della burocrazia sull economia aziendale, in termini di tempo e di denaro: gli imprenditori segnalano una crescita del 7% tra il 2006 ed il 2008 del numero delle giornate-uomo necessarie per assolvere tutti gli adempimenti amministrativi (la media è di 25,8 giornate-uomo l anno, ma al Sud la quota sale a 28,6), come cresce anche, del 22,7% nel triennio, la stima dell incidenza media complessiva dei costi sostenuti dall azienda per l espletamento degli obblighi amministrativi. Le formalità amministrative da assolvere hanno le proprie ricadute anche sulle scelte aziendali riguardanti il personale: quasi la metà delle piccole aziende dichiara di non assumere personale a tempo indeterminato, 61

66 scoraggiata dai costi troppo elevati, o di assumerne meno di quanto necessario, preferendo, all occorrenza, forme di collaborazione. Eppure, come messo in evidenza da uno studio effettuato qualche anno fa dalla CGIA- Associazioni di artigiani e piccole imprese di Mestre, i contribuenti italiani pagano per il funzionamento della macchina amministrativa più di quanto paghino i cittadini dei principali paesi europei, ad eccezione della Francia. Rilevanti sacche di inefficienza percepita e di insoddisfazione si concentrano in particolare nelle regioni meridionali, e questo risulta anche da alcuni dati Istat relativi al 2007, dai quali risulta che: - se in Italia 55,1 famiglie su cento dichiarano difficoltà a raggiungere il Pronto Soccorso, al Sud sono 62,7 e nelle isole 63,7 (tab. 25); e se per 43,7 famiglie italiane su cento la fila allo sportello dell Azienda sanitaria dura più di 20 minuti, la stessa cosa accade per una percentuale più alta di famiglie residenti al Sud (51,8%) e nelle isole (57,1%); - l inefficienza del sistema sanitario è un problema prioritario per il 34% delle famiglie calabresi e per il 33,1% delle famiglie siciliane, mentre la media nazionale si ferma al 25,9%; - mentre in Italia il 35,6% delle famiglie non riesce a raggiungere agevolmente gli Uffici Comunali, al Sud la quota è del 41,6% e nelle isole del 43,2%; - per quanto riguarda le scuole elementari, in Italia il 17,5% delle famiglie dichiara di raggiungerle con difficoltà, mentre al Sud tale disagio riguarda il 23,9% dei nuclei familiari e nelle isole il 24,4%; - infine, la difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici è un problema del 30,5% delle famiglie italiane, ma al Sud tale percentuale sale al 35,4% (con punte massime in Campania, 46,1% e Calabria, 37%) e nelle isole al 33,4%. 62

67 Tab Difficoltà segnalate della famiglie, per regione e ripartizione. Anno 2007 (val.%) Ripartizioni territoriali Pronto soccorso Difficoltà nel raggiungere Uffici comunali Scuola elementare (a) Durata della fila alla ASL (b) File File per fino a 10 più di 20 minuti minuti Problemi Difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici Inefficienza del sistema sanitario Piemonte 54,3 32,1 13,1 20,8 41,9 26,8 24,6 Valle d'aosta 46,6 19,6 8,5 34,3 27,8 21,9 21,8 Lombardia 48,4 28,5 12,3 23,1 36,4 31,1 21,8 Trentino-Alto Adige 44,8 22,3 16,8 51,3 19,1 25,1 15,5 Bolzano 35,1 23,6 14,4 49,6 20,3 22,7 13,3 Trento 53,4 21,2 19,3 52,8 18,0 27,3 17,5 Veneto 53,2 28,5 11,6 27,0 31,5 28,2 25,8 Friuli-Venezia Giulia 52,6 32,4 11,3 24,2 38,2 24,7 25,2 Liguria 50,7 35,4 19,0 13,8 48,6 28,2 29,5 Emilia- Romagna 49,8 32,1 13,7 24,9 36,7 22,9 23,8 Toscana 53,4 33,7 12,2 24,5 38,5 30,2 23,2 Umbria 54,2 37,8 19,4 26,0 37,7 33,5 25,0 Marche 56,7 35,4 12,7 29,6 32,2 25,7 30,7 Lazio 51,4 42,4 16,2 9,6 61,3 31,1 29,1 Abruzzo 59,3 32,4 17,5 16,1 49,9 23,6 28,5 Molise 66,2 35,4 23,1 16,5 51,7 23,7 27,3 Campania 63,5 46,1 28,4 9,8 48,7 46,1 21,0 Puglia 59,0 39,2 21,8 13,2 53,1 26,1 29,6 Basilicata 68,6 37,8 30,5 13,2 56,0 30,5 25,1 Calabria 67,9 42,6 14,7 10,9 58,1 37,0 34,0 Sicilia 64,5 48,4 26,4 14,1 56,3 35,5 33,1 Sardegna 61,3 27,6 17,0 11,3 58,5 26,8 26,5 Nord-ovest 50,4 30,2 13,1 21,5 39,3 29,5 23,4 Nord-est 51,1 29,9 12,8 27,8 33,3 25,4 24,1 Centro 53,0 38,3 14,8 19,0 47,3 30,3 27,1 Sud 62,7 41,6 23,9 12,0 51,8 35,4 26,4 Isole 63,7 43,2 24,4 13,2 57,1 33,4 31,5 Italia 55,1 35,6 17,5 19,7 43,7 30,5 25,9 (a) Per 100 famiglie della stessa zona in cui è presente almeno un iscritto al corrispondente tipo di scuola (b) Per 100 utenti di 18 anni e più della stessa zona Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Indagine Multiscopo 63

68 Questi dati sono confermati dalla percezione della Pubblica Amministrazione che hanno gli stessi dipendenti pubblici: in base ad un indagine condotta dal Censis nell ambito del progetto Karma risulta che più del 60% dei funzionari ritiene che l amministrazione per la quale presta servizio sia raramente efficiente o non lo sia affatto, e per quasi la metà che non sia efficace, ovvero che non raggiunga, o lo faccia di rado, gli obiettivi prefissati. E il quadro viene dipinto a tinte ancora più fosche dai funzionari di Sicilia (l ente di appartenenza è inefficiente secondo il 71,6% degli intervistati e inefficace secondo il 58,1%) e Calabria (l ente di appartenenza è inefficiente secondo il 63,3% degli intervistati e inefficace secondo il 50%). Ma un altro dato della stessa indagine risulta ancora più preoccupante: interrogati su quali siano i fattori che ispirano l azione amministrativa del proprio ente di appartenenza, al primo posto i funzionari collocano le pretese dei referenti politici, mentre sono messi in secondo piano altri aspetti come le attese degli stakeholder di riferimento (cittadini, imprese, altre amministrazioni, etc.), l attuazione di politiche pubbliche, il rispetto di adempimenti e di procedure amministrative. Anche in questo caso in alcune regioni le indicazioni dei politici di riferimento sembrano ispirare più che altrove l operato della Pubblica amministrazione: in Campania addirittura il 40% indica questo come principio guida dall azione ed in Sicilia il 33,1%. Del resto, è innegabile che il malfunzionamento dei servizi pubblici si fondi anche sull esistenza di un meccanismo perverso di reciproca utilità tra società e amministrazione pubblica. La società, di fronte all inefficienza del sistema, ricerca un canale preferenziale di accesso ai servizi, ed il settore pubblico ne trae vantaggio utilizzando il controllo dell accesso ai servizi come leva per accrescere e consolidare il potere di alcuni e rendere la fruibilità dei servizi condizionata da meccanismi del tutto discrezionali. Si pensi che, secondo una ricerca Censis sulle Motivazioni e i contenuti delle scelte di voto nelle elezioni politiche 2008, circa un quarto degli italiani dichiara di essersi rivolto ad un politico per la soluzione di un problema. Un dato significativo, considerato che a questo valore andrebbe aggiunta la quota di quanti non hanno ritenuto opportuno rivelare un comportamento di questo tipo (tab. 26). 64

69 Sembra delinearsi un quadro nel quale, di fronte ad un amministrazione inefficiente, il cittadino si sente legittimato, pur di ottenere il servizio di cui ha bisogno, ad utilizzare tutti gli strumenti in proprio possesso, ricorrendo anche a raccomandazioni e a mezzi illeciti. Ed il binomio che vede la logica dell interesse proprio ( sia quello del funzionario che del cittadino) superare quella dell interesse pubblico. ha la propria massima manifestazione nelle regioni del Mezzogiorno, dove il soggetto pubblico è percepito come un importante erogatore di risorse e dove da sempre sono più labili il senso dello Stato e la coesione sociale. Non a caso i dati precedentemente citati sulla tendenza a far ricorso alla raccomandazione da parte di politici, assumono valori ancora più significativi se si considerano solo le Regioni del Sud. Infatti, se in Italia, come detto, circa un quarto degli intervistati afferma di aver ricercato l intercessione di un politico per la risoluzione di un problema, nelle regioni del Sud è ben un terzo (32,4%) ad averlo fatto, ed il confronto si fa ancora più significativo se effettuato con gli intervistati residenti nelle regioni del Nord Ovest, che dichiarano di avervi fatto ricorso solo nel 12,9% del casi. Tab Ricorso alla raccomandazione da parte di un politico per la soluzione di un problema per ripartizione territoriale (val.%) Ricorso Ripartizione Nord Ovest Nord Est Centro Sud e isole Totale Sì, per accelerare la pratica della pensione 1,4 0,0 5,7 7,0 3,5 Sì, per la ricerca di un lavoro per un figlio/parente 1,5 7,7 7,5 6,7 5,2 Sì, per una emergenza di salute 5,6 5,9 6,0 7,0 6,1 Sì, per garantire i miei diritti sul posto di lavoro 3,6 4,8 7,2 1,9 4,4 Sì, per l'iscrizione di un figlio a scuola 2,5 2,7 1,9 6,2 3,2 Sì, per la realizzazione di un servizio pubblico nel quartiere 2,4 5,2 2,2 5,4 3,4 Sì, per accelerare una procedura amministrativa 1,2 2,1 3,9 6,4 3,2 No 87,1 78,1 70,0 67,6 76,9 Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis 2008 Motivazioni e contenuti delle scelte di voto nelle elezioni politiche

70 Tutto questo nel Mezzogiorno si combina con la presenza della criminalità organizzata, che trova nel condizionamento delle istituzioni e dell apparato pubblico una delle espressioni del radicamento del proprio potere sul territorio ed una delle modalità di accumulazione di enormi ricchezze. Le risultanze giudiziarie dimostrano che l offensiva verso il mondo degli appalti, dei servizi e dei finanziamenti pubblici si esplicita in maniera differente a seconda delle organizzazioni criminali, che possono far uso della violenza e dell intimidazione o, piuttosto, di forme di collusione più striscianti; ma in ogni caso è evidente che la capacità di lubrificare gli ingranaggi della macchina burocratica da parte delle mafie si incontra proficuamente con l estrema permeabilità della Pubblica Amministrazione. Per avere un quadro del fenomeno della corruzione, gli unici dati certi che si possono utilizzare sono quelli relativi alle denunce pervenute alle Forze dell ordine: si tratta di dati da utilizzare con cautela, in quanto rappresentano solo la punta di un iceberg che rimane per gran parte nascosto, ma forniscono comunque un quadro indicativo della situazione, che si rivela preoccupante in particolare per le regioni del Sud. Come riportato nel Primo Rapporto al Parlamento del Servizio Anticorruzione e Trasparenza (SAeT), le denunce complessive di reati contro la Pubblica Amministrazione nel periodo sono rimaste pressoché costanti, pari a poco più di l anno, per un totale di denunce nel quinquennio, ad eccezione del 2006, quando le denunce sono state (fig. 8). Anche il numero delle persone denunciate, che nei cinque anni sono state , subisce un brusco aumento nel 2006 ( denunciati), seguito da una flessione tra il 2007 ed il 2008, anno in cui tocca il valore minimo, pari a

71 Fig. 8 - Denunce di reato connessi al fenomeno corruttivo e persone denunciate - Anni (v.a.) * i dati sono stimati per l'ultimo trimestre 2008 Fonte: Elaborazione Censis su dati Primo rapporto al Parlamento del Servizio Anticorruzione e Trasparenza Analizzando la distribuzione delle denunce per regione emerge come ben il 42,2% (8.017 in valore assoluto) riguarda reati avvenuti nelle quattro regioni del Sud più interessate da fenomeni di criminalità organizzata: il 13,2% delle denunce è stato registrato in Sicilia (2.486 denunce in valore assoluto), l 11,5% in Campania (2.179), il 9,4% in Puglia (1.795) e l 8,2% in Calabria (1.557) (tab. 27). Calabria, Puglia e Sicilia sono anche regioni con un tasso di denunce di reati collegati alla corruzione ogni mille dipendenti superiore alla media nazionale (rispettivamente 11,2, 7,7 e 7,5 a fronte di una media nazionale di 7,3). 67

72 Tab Denunce di reati collegati alla corruzione, per Regione. Anni (v.a. e val.%) Regione V.a. reati Val.% sul totale nazionale Numero reati ogni ab.* Numero reati ogni dip. pubblici** Sicilia ,1 5,0 7,5 Campania ,5 3,8 6,0 Puglia ,4 4,4 7,7 Calabria ,2 7,8 11,2 Lombardia ,4 1,9 4,3 Veneto ,7 2,7 5,5 Lazio ,7 2,4 2,8 Piemonte ,6 2,9 5,6 Toscana 963 5,1 2,7 4,3 Emilia Romagna 636 3,3 1,5 2,7 Abruzzo 509 2,7 3,9 6,1 Basilicata 488 2,6 8,2 12,0 Sardegna 465 2,4 2,8 4,0 Marche 418 2,2 2,7 4,7 Umbria 408 2,2 4,7 7,1 Trentino Alto Adige 405 2,1 4,1 28,7 Friuli Venezia Giulia 395 2,1 3,3 4,6 Molise 234 1,2 7,3 9,9 Valle d Aosta 95 0,5 7,7 7,8 Italia ,0 4,11 7,3 (*) media pop. residente anni (**) Istat Statistiche delle amministrazioni pubbliche, Personale effettivo in servizio al 31 dicembre 2003 Fonte: elaborazione Censis su dati Primo rapporto al Parlamento del Servizio Anticorruzione e Trasparenza Analizzando la composizione delle denunce per fattispecie di reato, risulta evidente come nella maggior parte dei casi si tratti di fattispecie criminose che, per essere perpetrate, richiedono la partecipazione di più individui organizzati. Si pensi, ad esempio, alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, (art. 640-bis del C.P.) e all indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art.316-ter del C.P.), che, insieme, 68

73 rappresentano ben il 45,1% dei reati denunciati complessivamente nel quinquennio, e si trovano, insieme al reato di abuso di ufficio, nelle prime tre posizioni della graduatoria per numero di reati denunciati (fig.9). Si tratta, tra l altro, di reati che provocano una deviazione dei finanziamenti pubblici dalle finalità e dai destinatari cui sarebbero naturalmente indirizzati, provocando notevoli danni all integrità economica ed al patrimonio della Pubblica amministrazione, con forti ricadute sul sistema Stato e sul bilancio pubblico. Fig. 9 Denunce di reato riferibili al fenomeno corruttivo - Anni (v.a. ) Fonte: elaborazione Censis su dati Primo rapporto al Parlamento del Servizio Anticorruzione e Trasparenza Le risultanze delle indagini e delle attività processuali dimostrano come la capacità di infiltrazione e di condizionamento della criminalità organizzata sulla Pubblica Amministrazione si eserciti prevalentemente a livello locale, dove la contiguità è maggiore, su quelle attività che garantiscono una maggiore redditività economica, dunque gli appalti pubblici, i finanziamenti 69

74 comunitari, lo smaltimento dei rifiuti, e in quei settori (in primis quello sanitario) dove si concentra maggiormente la spesa pubblica in capo alle Regioni. Nei paragrafi che seguono l analisi si concentra sul tema delle frodi comunitarie e sulle dinamiche e le conseguenze dell insinuarsi della criminalità organizzata in un settore vitale per la società come quello della sanità, altamente appetibile per il potenziale di occupazione che assicura e il ricco indotto che genera Le frodi ai danni dell Unione Europea Le frodi all Unione Europea recano danni non solo al tessuto economico e sociale locale in termini di mancata crescita economica, perdita di posti di lavoro, perdita di credibilità delle istituzioni, ma influiscono anche sui livelli di sicurezza, in quanto le risorse accumulate illecitamente alimentano i circuiti criminali. In base al art.280 del Trattato istitutivo della Comunità Europea costituiscono principi fondamentali per la lotta contro le frodi e le irregolarità quello di assimilazione, in base al quale le misure di prevenzione e di contrasto messe in campo dai diversi Stati membri per tutelare gli interessi della Comunità devono essere le stesse previste per la tutela dei propri interessi finanziari; e quello di cooperazione, per cui gli Stati membri devono cooperare con la Commissione per assicurare una convergenza degli sforzi di tutte le autorità nazionali e delle istituzioni preposte alla prevenzione. A livello comunitario è stato istituito un organismo che ha il compito di tutelare gli interessi economico finanziari dell Unione contro la frode l OLAF, che, tra l altro, si occupa di raccogliere le segnalazioni sui casi di irregolarità provenienti dai diversi Stati membri e di pubblicarle in un Rapporto annuale. In base al Rapporto relativo all anno 2007, complessivamente nell Unione europea sono stati segnalati casi di irregolarità, ovvero 3 di violazioni alle disposizioni comunitarie che abbiano o possano avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio comunitario attraverso la diminuzione o soppressione di entrate provenienti da risorse proprie 3 Vedi Reg. 2988/1995 della CE 70

75 percepite direttamente per conto della Comunità o a causa di una spesa indebita, per un importo totale stimato di milioni di euro. Di questi, circa 208 milioni sono attribuibili a frodi sospette, ovvero- come specificato all interno della Convenzione PIF 4 del 26 luglio a irregolarità commesse intenzionalmente e che, nei casi più gravi (importi superiori ai euro), costituiscono un illecito di carattere penale. Nello stesso anno il nostro paese si trova al quinto posto per numero di segnalazioni notificate (1.170), ma al primo per importi irregolari segnalati; che sono pari a 232milioni e euro. Questo dato, oltre a segnalare la presenza del fenomeno, testimonia anche di una forte sensibilità dell Italia ai profili e alle finalità comunitarie, ed è il risultato dell efficace sistema normativo e di controlli che è stato messo in campo. Ad esserne convinto per primo è l attuale direttore dell OLAF, Franz Hermann Bruner, che nel maggio scorso ha fatto visita in Italia per approfondire le strategie e gli apparati messi in campo in questo settore. In Italia esiste, sin dal 1992 (art.76 della L.19/2/1992 n.142) un autorità di governo appositamente designata per combattere le frodi: il Comitato per la lotta contro le frodi comunitarie (COLAF) presso il Dipartimento delle Politiche Comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Questo organismo è stato rivitalizzato e ricostituito con il DPR del 14 maggio 2007 n.91 con cui gli è stato conferito un mandato triennale con funzioni consultive e di indirizzo per il coordinamento di tutte le attività di contrasto delle frodi e delle irregolarità e di indirizzo sulle frodi inerenti al settore fiscale e a quello della politica agricola comune e dei fondi strutturali. Al termine del mandato, sulla base delle risultanze di una Relazione al presidente del Consiglio, si deciderà se fargli proseguire o meno le attività. Per quel che riguarda la repressione di questi crimini, tutte le forze di polizia se ne occupano attraverso i propri apparati, ma la Guardia di finanza ha un proprio nucleo dedicato al controllo della spesa pubblica e alla repressione delle frodi comunitarie. Inoltre, per quel che riguarda il settore agricolo e alimentare, dal 1994 è attivo il Comando Carabinieri politiche agricole e alimentari. 4 La Convenzione stabilisce che costituisce frode qualsiasi azione o omissione intenzionale relativa all utilizzo o alla presentazione di documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio generale delle Comunità Europee o alla mancata comunicazione di una informazione in violazione di un obbligo specifico.. o alla distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui sono stati concessi..o alla distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto cui consegue lo stesso effetto. 71

76 Relativamente all anno 2008, i dati che concernono i soli interventi effettuati dalla Guardia di finanza sul territorio nazionale rivelano come, a fronte di interventi, siano state verbalizzate persone e denunciate 686 (di queste 47 sono state poi arrestate), per una cifra di 509 milioni di aiuti indebitamente percepiti e scoperti e 610 milioni frodati (tab.28). 350 interventi sono relativi alle risorse europee per l agricoltura(feaog) e 658 ai fondi strutturali; per un totale di 277 milioni di aiuti indebitamente ricevuti in agricoltura e 223 nei fondi strutturali. Per quel che riguarda l anno in corso, a giugno 2009 erano già stati effettuati 541 interventi e accertate frodi per un importo pari a 213 milioni di euro. Tab Attività della Guardia di Finanza relativa alle frodi comunitarie - Anni 2008 e 2009 Attività Anno 2008 Anno 2009 (al 30 giugno) Aiuti Fondi Aiuti Fondi Totale all'agricoltura strutturali all'agricoltura strutturali Totale Interventi effettuati n Persone verbalizzate n Persone denunciate n di cui in stato d'arresto n Aiuti indebitamente mln percepiti Aiuti indebitamente richiesti e bloccati mln Fonte: elaborazione Censis su dati Guardia di Finanza 72

77 L analisi dell insieme delle attività della Guardia di finanza per gli anni evidenzia come nelle quattro regioni a rischio siano stati eseguiti complessivamente interventi, pari al 42,9% del totale; per un complesso di soggetti denunciati e euro di finanziamenti illeciti individuati ( pari al 72,2% del totale nazionale). (tab.29) Di questi, il 41,4% è relativo a fondi agricoli ed il restante 58,2% a fondi strutturali. Tutte e quattro le regioni analizzate presentano importi di gran lunga superiori a quelli di qualsiasi altra regione italiana: in Calabria sono stati scoperti dalla Guardia di Finanza finanziamenti illeciti per un valore complessivo di quasi 279milioni euro, in Sicilia per 262 milioni di euro, in Campania per oltre 178 milioni di euro e in Puglia per circa 130 milioni. Focalizzando l analisi esclusivamente sulle province delle quattro regioni in cui si registrano la presenza della maggiori organizzazioni criminali e i più alti flussi di finanziamenti illeciti, si ha che, nel periodo di tempo considerato, gli importi più elevati sono stati riscontrati in provincia di Napoli (circa 166 milioni di euro); seguita da Palermo e Catanzaro (tab. 30). 73

78 Tab Attività della Guardia di Finanza relativa alle frodi comunitarie Totale Anni (v.a. e val.%) Regioni: Interventi eseguiti Soggetti denunciati di cui in stato arresto Finanziamenti illeciti ( ) Percepiti Richiesti e Totale bloccati di cui PAC (% sul totale) Calabria ,0 Campania ,5 Puglia ,4 Sicilia ,7 Totale quattro regioni ,4 Emilia Romagna ,9 Friuli V.G ,6 Lazio ,4 Liguria ,4 Lombardia ,1 Marche ,2 Piemonte ,2 Toscana ,0 Trentino A.A ,5 Umbria Valle d'aosta Veneto ,6 Abruzzo Basilicata ,7 Molise Sardegna ,5 Mezzogiorno ,8 Centro Nord ,4 Italia ,1 Fonte: Elaborazione Censis su dati Guardia di Finanza 74

79 Tab Attività della Guardia di Finanza relativa alle frodi comunitarie nelle quattro regioni a rischio Totale Anni (v.a. e val.%) Comando provinciale Interventi eseguiti Soggetti denunciati Finanziamenti indebitamente percepiti e/o richiesti ( ) % sul totale Italia Napoli ,1 Avellino ,0 Benevento ,3 Caserta ,2 Salerno ,5 Totale Campania ,2 Catanzaro ,3 Cosenza ,5 Crotone ,7 Reggio C ,7 Vibo Valentia ,5 Totale Calabria ,7 Bari ,0 Brindisi ,8 Foggia ,2 Lecce ,6 Taranto ,5 Totale Puglia ,1 Palermo ,0 Agrigento ,3 Caltanissetta ,2 Catania ,3 Enna ,4 Messina ,7 Ragusa ,0 Siracusa ,9 Trapani ,5 Totale Sicilia ,3 Totale 4 regioni ,2 Totale Italia ,0 Fonte: Elaborazione Censis su dati Guardia di Finanza 75

80 I Carabinieri del Comando politiche agricole e alimentari, che si occupano di verificare l erogazione e il percepimento dei contributi comunitari nei settori agroalimentari, della pesca e dell agricolatura, nel triennio hanno controllato imprese agricole e verificato oltre 193 milioni di euro di contributi (tab. 31). Tale attività ha portato all accertamento di irregolarità in 245 aziende, per un totale di 485 violazioni amministrative e 437 violazioni penali, con l arresto di 45 persone e la segnalazione all Autorità giudiziaria di altre L importo complessivo delle frodi commesse risulta di ,40 euro. Tra le quattro regioni maggiormente colpite dal fenomeno della criminalità organizzata, si segnala il dato della Calabria, ove 30 aziende sono state proposte per la sospensione degli aiuti comunitari, per un totale di 51 violazioni penali accertate e 34 persone in stato di arresto. 76

81 Tab Attività operativa del Comando dei Carabinieri- Politiche agricole ed alimentari. Anni Regioni Imprese Agricole Violazioni accertate Persone deferite Controllate Proposte per sospensioni di aiuti comunitari Contributi verificati (euro) Penali Amministrative In stato di arresto Segnalate in stato di libertà all'a.g. Calabria , Campania , Puglia , Sicilia , Totale quattro regioni , Emilia Romagna , Friuli V.G , Lazio , Liguria , Lombardia , Marche , Piemonte , Toscana , Trentino A.A , Umbria , Valle d'aosta , Veneto , Abruzzo , Basilicata , Molise Sardegna , Mezzogiorno , Centro Nord , Italia , Fonte: elaborazione Censis su dati Carabinieri Comando politiche agricole e alimentari 77

82 La mancata corrispondenza tra capacità di contrasto, settore nel quale l Italia registra il costante apprezzamento delle istituzioni comunitarie, e capacità di recupero dei contributi indebitamente ricevuti emerge chiaramente dalle relazioni predisposte annualmente dalla Commissione europea. I recuperi, stabiliti con Regolamento CE 1681/94, modificato con Regolamento CE 2035/2005 costituiscono l anello debole anche degli altri Stati, ma in particolare del nostro paese per tante ragioni, che vanno dai ritardi nelle segnalazioni delle irregolarità all eccessiva durata dei procedimenti amministrativi e giudiziari. Sta di fatto che nel 2008, anno nel quale siamo riusciti a recuperare ben 77 milioni di euro, restano 409 milioni di somme da restituire all Unione europea che si sono accumulate negli anni precedenti. Ora è evidente che le frodi sono violazioni di natura finanziaria complesse, che spesso implicano la commissione anche di altri reati contro la Pubblica Amministrazione e richiedono un livello organizzativo ed una capacità di infiltrazione nell amministrazione pubblica che, nelle regioni in cui si registra la presenza di criminalità organizzata possono essere garantiti soprattutto, se non esclusivamente, dalle organizzazioni criminali. Ciononostante, come segnala lo Studio sui pericoli di condizionamento della Pubblica Amministrazione da parte della criminalità organizzata prodotto nell anno 2006 dal soppresso Alto Commissariato per la lotta alla corruzione, non sono numerose le evidenze statistiche che dimostrino in maniera inequivocabile infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dell erogazione dei fondi europei. D altro canto, l incidenza che le frodi hanno nelle quattro regioni in cui si registra la presenza della criminalità e le ingenti somme a disposizione suggeriscono un inevitabile interessamento, che i gruppi criminali riescono a ben mimetizzare. Esistono, a dire il vero alcuni casi di indagini, alcune piuttosto datate che dimostrano il coinvolgimento dei clan in truffe finalizzate a percepire contributi su prodotti ortofrutticoli mai conferiti o a produrre false fatturazioni finalizzate ad evitare di pagare l IVA, o ancora ad ottenere finanziamenti per operazioni insistenti. Nel settore agricolo i carabinieri riferiscono di tre operazioni condotte con successo negli ultimi tre anni nel Meridione: si tratta dell operazione Apocalipse, conclusasi l 11 gennaio 2006 a Bari, che ha portato all arresto di 10 soggetti, ritenuti responsabili di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata, estorsione e falsità ideologica. Gli indagati si appropriavano di terreni ubicati in aree del parco d Alta Murgia e, con la 78

83 compiacenza di funzionari pubblici che attestavano false destinazioni d uso, percepivano contribuzioni comunitarie per seminativi. Nel 2007 in provincia di Potenza è stata individuata un organizzazione responsabile di truffa aggravata alla UE e falso ideologico. Tale organizzazione aveva percepito indebitamente 2 milioni di euro, attraverso false richieste di sovvenzione confezionate dai dirigenti e funzionari dell Agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura. Nel 2008 nelle province di Crotone, Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza sono state arrestate 25 persone, responsabili di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata nonché corruzione e falsità in atto pubblico. L inchiesta ha dimostrato l esistenza di un sodalizio criminale con base a Rosarno (RC) che tra il 2000 e il 2006 ha percepito contributi per 26 milioni di euro nel settore ortofrutticolo costituendo cooperative ad hoc, con la compiacenza di funzionari della Regione Calabria e del Comune di Catanzaro La spesa in sanità Una spesa sanitaria elevata, soprattutto per personale e servizi ospedalieri, cui non corrisponde un livello di prestazioni adeguato: è questo, in estrema sintesi, il quadro che si ricava da una analisi dei dati sulla sanità nel Meridione, e, in particolare, nelle quattro regioni in cui è più forte la presenza della criminalità organizzata. Si tratta, evidentemente, di una situazione che è comune anche ad altri settori della spesa pubblica, ma che viene analizzata in questo testo in quanto il decentramento della spesa sanitaria in capo alle regioni lascia la possibilità di maggiori margini di manovra per quanti, individui od organizzazioni criminali, intendano trarre illecito profitto dai finanziamenti destinati alla salute ed al benessere della popolazione. Come emerge dalla Relazione della Corte di Conti, la spesa per la sanità dello Stato italiano è stata nel 2008 pari a 106,650 miliardi di euro, di cui 106,104 miliardi per regioni e province autonome, in crescita del 2,9% rispetto all anno precedente. Molto differenziata è la articolazione della spesa a livello regionale, soprattutto se si considera il valore procapite, che vede ai primi posti le regioni del Centro-Nord, la cui popolazione presenta caratteristiche peculiari 79

84 (tab. 32). La struttura per età della popolazione assume infatti una particolare importanza nel dimensionamento e nella programmazione dei servizi socio-sanitari, data la maggiore esposizione alle malattie gravi, croniche ed invalidanti da parte degli anziani. La struttura più giovane della popolazione del Mezzogiorno determina invece una domanda di servizi sociosanitari diversa, e, teoricamente, più contenuta, e, conseguentemente, una minore spesa procapite: mentre nel Nord ciascun cittadino ha a disposizione per la propria salute una cifra che supera i euro; in Calabria, Sicilia, Campania e Sardegna la spesa sanitaria pubblica è inferiore ai euro procapite. Tab La spesa del SSN, per regione (spesa totale e procapite, in miliardi di euro, anno 2008) Regioni Spese per Regione del SSN Spesa procapite Provincia Autonoma Bolzano 1.110, Valle d Aosta 260, Molise 651, Lazio , Liguria 3.179, Prov. aut. Trento 993, Friuli Venezia Giulia 2.328, Emilia Romagna 7.937, Piemonte 8.067, Toscana 6.642, Abruzzo 2.337, Umbria 1.556, Veneto 8.425, Lombardia , Puglia 7.022, Basilicata 1.012, Marche 2.636, Sardegna 2.816, Campania 9.689, Sicilia 8.344, Calabria 3.320, Totale Italia , Fonte: Ministero dell Economia e delle Finanze- Relazione generale sulla situazione economica del paese,

85 Tali valori non sono, ovviamente, dettati solo dalla struttura demografica della popolazione, poiché la spesa sanitaria chiama in causa una pluralità di fattori: oltre agli aspetti oggettivi (l invecchiamento, le aspettative più alte sulla salute,), vi sono quelli strutturali, relativi alla diversa tipologia dell offerta (più ospedali al Sud, più servizi territoriali al Nord;) e alla dislocazione delle apparecchiature che implicano l utilizzo delle nuove tecnologie. Ci sono, però, alcuni indicatori, che sembrano indicare la presenza di forme di clientelismo e di sprechi in un settore che convoglia un enorme quantità delle risorse regionali: per le regioni a statuto ordinario la sanità costituisce il 76,5% della spesa corrente complessiva (90 miliardi su 117, secondo i dati al 2007, con una crescita del 16,8% in un anno), mentre per le regioni a statuto speciale rappresenta circa la metà della spesa corrente totale (15 miliardi sul 30, con una variazione del +11,4% tra il 2006 ed il 2007). In relazione a questo è opportuno intraprendere una riflessione su alcuni dati ed indicatori che delineano, anche in questo settore, le distanze che esistono tra il Nord ed il Sud d Italia nella spesa e nelle prestazioni. Il dato sul rapporto tra la spesa sanitaria corrente regionale ed il PIL 5, tratto dal Rapporto CEIS Sanità, presenta una forte discrepanza tra le tre ripartizioni geografiche: le regioni del Nord denunciano una percentuale di spesa sanitaria pubblica media rispetto al Pil pari al 5,7%; per le regioni del Centro tale valore sale fino al 6,4%, ma raggiunge una quota ancora più alta per le regioni del Mezzogiorno, toccando il 9,4% (tab. 33). In particolare Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Valle d Aosta spendono per l assistenza sanitaria meno del 6% del reddito prodotto internamente, mentre regioni come Puglia, Calabria, Sicilia, Campania e Molise più del 9%. 5 Nella lettura dell indicatore non va dimenticato che per l attuale sistema di finanziamento del sistema sanitario una parte dei fondi destinati alla sanità non proviene dal gettito fiscale della regione ma da trasferimenti definiti in sede di accordo Stato- Regioni. Il valore dell indicatore esprime quindi il carico che la regione si assumerebbe se si assumesse in toto l onere del finanziamento. 81

86 Tab Spesa sanitaria pubblica corrente in rapporto al PIL, per regione (per 100). Anno 2007 Regioni Spesa sanitaria /PIL *100 Piemonte 6,36 Valle d'aosta 5,89 Lombardia 5,11 Bolzano-Bozen 6,44 Trento 6,09 Veneto 5,77 Friuli-Venezia Giulia 6,20 Liguria 7,30 Emilia-Romagna 5,76 Toscana 6,28 Umbria 6,99 Marche 6,36 Lazio 6,34 Abruzzo 8,27 Molise 9,68 Campania 9,73 Puglia 9,36 Basilicata 8,74 Calabria 9,55 Sicilia 9,52 Sardegna 8,01 Italia 6,72 Fonte: elaborazione CEIS sanità su dati Ministero della salute Certamente le differenze dipendono dal fatto che mediamente il Sud ha un PIL significativamente inferiore a quello del Centro-Nord, oltre al fatto che il meccanismo perequativo tra le regioni fa sì che la spesa sanitaria complessiva sia poco o nulla legata ai livelli di reddito. Ma non si può escludere che, come sottolinea il Rapporto Osserva salute 2008, quote di spesa sul Pil troppo diverse possono essere la spia di inefficienze gestionali o di cattivi funzionamenti del sistema nel complesso. Soprattutto, si potrebbe aggiungere, se a tali spese non corrispondono prestazioni eccellenti e nemmeno sufficienti. Se si guarda, poi, ad alcuni indicatori di tipo strutturale, come quelli relativi al numero di ambulatori e laboratori pubblici e privati convenzionati, o ai 82

87 dati sul personale sanitario, si notano alcune particolarità che caratterizzano le quattro regioni che si stanno analizzando. Gli ambulatori ed i laboratori pubblici e privati convenzionati risultano essere nel Mezzogiorno 23,92 ogni centomila abitanti, mentre la media nazionale si ferma a 16,92. La Sicilia presenta il valore più alto, 34,14 ambulatori e laboratori per centomila abitanti, ma anche in Campania ed in Calabria queste strutture risultano avere un incidenza molto alta sulla popolazione (tab. 34). Dalla tabella si evidenzia uno scarto soprattutto per quanto riguarda le strutture private convenzionate, mentre per quelle pubbliche i valori sono più in linea con la media nazionale. Per le prime si rileva in particolare il valore della Sicilia, 27,88 ambulatori e laboratori tecnici privati convenzionati per abitanti, a fronte dei 9,93 di media nazionale, e della Campania, che ne ha 19,95 ogni centomila abitanti. 83

88 Tab Ambulatori e laboratori pubblici e privati convenzionati, per regione (per abitanti) - Anno 2006 Regioni Totale per abitanti Pubblici per abitanti Privati convenzionati per abitanti Piemonte 10,14 8,24 1,91 Valle d'aosta 2,41 0,80 1,61 Lombardia 8,66 3,50 5,16 Trentino-Alto Adige 21,31 17,17 4,14 Bolzano-Bozen 36,28 30,09 6,18 Trento 6,93 4,75 2,18 Veneto 9,67 4,21 5,47 Friuli-Venezia Giulia 10,82 7,52 3,30 Liguria 22,93 15,66 7,27 Emilia-Romagna 10,84 6,35 4,49 Toscana 24,80 15,18 9,62 Umbria 11,72 9,08 2,64 Marche 13,18 6,46 6,72 Lazio 16,78 5,59 11,19 Abruzzo 11,85 3,59 8,26 Molise 14,98 4,99 9,98 Campania 25,25 5,30 19,95 Puglia 16,58 7,22 9,36 Basilicata 18,90 10,97 7,93 Calabria 22,74 10,14 12,59 Sicilia 34,14 6,26 27,88 Sardegna 20,87 10,32 10,56 Nord 10,82 6,25 4,57 Nord-ovest 10,50 6,05 4,44 Nord-est 11,27 6,52 4,75 Centro 18,46 9,02 9,44 Mezzogiorno 23,92 6,83 17,10 Sud 20,64 6,62 14,02 Isole 30,85 7,27 23,58 Italia 16,92 6,99 9,93 Fonte: elaborazioni Istat su dati Ministero della salute 84

89 Anche i dati sul personale sanitario (che comprende medici, infermieri, personale tecnico e con funzione di riabilitazione) mettono in evidenza delle peculiarità riguardanti il Mezzogiorno in generale e, in particolare, le quattro regioni. Ad esempio, per quanto concerne il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale su abitanti per l anno 2006, in Calabria si ha un incidenza maggiore rispetto al dato medio nazionale (114,91 operatori sanitari in Calabria contro i 110,72 della media nazionale), e questo si conferma anche in riferimento al solo personale medico: infatti in Calabria vi sono 21,58 medici ed odontoiatri ogni diecimila abitanti, a fronte dei 17,96 di media nazionale; superati anche da Sicilia (19,61 medici ogni diecimila abitanti) e Campania (18,72). Se si considera il personale presente su 100 posti letto disponibili nel servizio sanitario pubblico e privato accreditato, si segnala, soprattutto in Campania, un valore elevato (280,93 addetti a fronte dei 277,66 a livello nazionale), che dipende per gran parte da un incidenza di medici molto superiore alla media (63,85 medici contro i 53,68 di media nazionale). Se si considerano i soli istituti pubblici, è la Calabria a far registrare un incidenza di personale sanitario su 100 posti letto disponibili molto alta, con 338,75 addetti al settore a fronte dei 306,79 presenti a livello nazionale, e lo scarto si rivela molto alto sia per il personale medico (71,24 medici a fronte di 57,24 in Italia, ogni 100 posti letto nelle strutture pubbliche), che infermieristico (146,58 infermieri a fronte dei 133,81 di media). I dati presentati, per quanto limitati e circoscritti, di per sé non significano niente, e, anzi, potrebbero essere rivelatori della buona capacità del servizio sanitario pubblico di rispondere ai bisogni del territorio. In realtà basta analizzare alcune evidenze sulla mobilità ospedaliera infraregionale e sulla valutazione che gli utenti forniscono delle performance del sistema sanitario della propria regione per comprendere quale sia la situazione effettiva. Un primo dato da segnalare riguarda il risultato di esercizio del servizio offerto, dato dalla differenza tra costi e ricavi: in questo caso la media italiana è in passivo, e ci sono anche regioni del Centro-Nord (prima di tutto il Lazio) ad evidenziare risultati di esercizio in perdita. E comunque da segnalare come tutte le Regioni del Sud segnalino una situazione di forte disavanzo (tab. 35). 85

90 Tab Risultati di esercizio regionali. Valore assoluto e pro-capite Anni Regione v.a. (mln ) Pro-capite ( ) v.a. (mln ) Pro-capite ( ) Piemonte -23,54-5,42-116,01-26,65 Valle d Aosta -12,64-101,93-13,38-107,22 Lombardia 93,97 9,92 58,84 6,16 Trentino Alto Adige -10,04-10,19 15,92 16,00 Veneto 64,39 13,59-46,63-9,77 Friuli Venezia Giulia 50,28 41,61 24,18 19,94 Liguria -97,41-60,50-129,48-80,53 Emilia Romagna -48,11-11,49-9,74-2,31 Toscana -134,69-37,21 52,03 14,30 Umbria -43,44-50,06 12,77 14,62 Marche -34,97-22,87 11,18 7,28 Lazio ,53-377, ,35-291,33 Abruzzo -170,19-130,38-141,95-108,38 Molise -59,15-184,34-53,26-166,41 Campania -680,78-117,56-528,65-91,30 Puglia -254,82-62,59-127,21-31,26 Basilicata -19,47-32,77-8,51-14,40 Calabria -104,25-52,01-76,22-38,15 Sicilia -842,60-167,94-538,53-107,35 Sardegna -117,61-71,03 3,75 2,26 Italia ,60-75, ,27-54,31 Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati Ministero della Salute e Istat La tabella che segue evidenzia come le Regioni del Centro Nord abbiano un saldo attivo della mobilità sanitaria: in queste regioni sono di più le persone non residenti che vengono a farsi curare nelle strutture della Regione, rispetto ai residenti della Regione che vanno a farsi curare altrove. La mobilità sanitaria passiva è invece nettamente superiore a quella attiva nelle regioni del Sud. E questo un chiaro segnale della mancanza di fiducia della popolazione in un sistema sanitario che non viene ritenuto in grado di fornire prestazioni di eccellenza. 86

91 Tab Saldi mobilità sanitaria interregionale. Milioni di euro - Anno 2006 Regioni 2006 Piemonte -11,938 Valle d Aosta -17,270 Lombardia 430,993 P.A. Bolzano 5,862 P.A. Trento -17,182 Veneto 111,263 Friuli Venezia Giulia 12,057 Liguria -16,662 Emilia Romagna 308,164 Toscana 106,566 Umbria 15,918 Marche -43,914 Lazio 70,157 Abruzzo 8,362 Molise 19,163 Campania -283,153 Puglia -183,881 Basilicata -40,751 Calabria -213,984 Sicilia -200,507 Sardegna -59,261 (*) per il 2007 vengono utilizzati i dati 2006 come stima in quanto i dati definitivi, derivanti da accordi tra le Regioni, non sono ancora disponibili Fonte: Ministero della Salute Una conferma viene anche dall Indagine multiscopo dell Istat, che intervista pazienti dimessi interrogandoli su alcuni aspetti come l assistenza medica, infermieristica ed i servizi igienici delle strutture pubbliche. È molto indicativo come al Nord la percentuale dei pazienti che si dichiarano soddisfatti delle cure ricevute è del 46,25%, al Centro del 37,95%, nel Mezzogiorno tale quota si ferma al 22,28%; e percentuali addirittura inferiori si trovano tra i pazienti ricoverati in strutture ospedaliere pugliesi (il 20,70%), siciliane (il 19,96%) e campane (il 19,35%) (tab. 37). La stessa evidenza emerge in riferimento all assistenza infermieristica, che soddisfa il 33,56% dei ricoverati in Italia, ma il 19,46% nel Mezzogiorno 87

92 (in Campania il 14,81 e il 15,24 in Sicilia), ed ai servizi igienici, di cui si dichiarano soddisfatti 28,88 ricoverati su 100, ma solo il 15,12% nelle regioni del Sud, con un insoddisfazione addirittura plebiscitaria in Campania (dove solo il 9,34% degli utenti si dichiara soddisfatto di questo aspetto) ed in Sicilia (12,36%). Tab Persone molto soddisfatte dei servizi ospedalieri per regione - Anno 2007 (rapporti per 100 ricoverati) Regioni e ripartizioni Assistenza medica Assistenza infermieristica Servizi igienici Piemonte 41,70 38,84 38,68 Valle d'aosta 37,32 38,76 35,83 Lombardia 43,71 40,09 36,08 Trentino-Alto Adige 56,23 59,27 50,47 Bolzano-Bozen 53,25 56,37 46,74 Trento 59,36 62,31 54,38 Veneto 47,23 44,14 40,19 Friuli-Venezia Giulia 43,54 51,86 31,43 Liguria 43,08 38,68 18,25 Emilia-Romagna 56,08 51,87 58,84 Toscana 43,47 41,87 35,94 Umbria 36,49 43,22 26,43 Marche 32,17 27,30 19,64 Lazio 35,50 35,44 29,28 Abruzzo 26,92 20,20 17,44 Molise 32,07 19,47 36,54 Campania 19,35 14,81 9,34 Puglia 20,70 20,70 15,39 Basilicata 13,82 15,99 12,12 Calabria 26,23 27,84 27,29 Sicilia 19,96 15,24 12,36 Sardegna 35,83 34,83 20,87 Nord 46,25 43,64 39,73 Nord-ovest 43,16 39,67 34,97 Nord-est 50,99 49,73 47,02 Centro 37,95 37,12 30,17 Sud 21,67 19,39 15,54 Isole 23,51 19,62 14,26 Italia 35,89 33,56 28,88 Fonte : elaborazione Censis su dati Istat, Indagine Multiscopo 88

93 Da tutti i dati presentati emerge, quindi, una situazione critica dell intero sistema sanitario nazionale, che nel Sud presenta la combinazione peggiore, in quanto produce sprechi di risorse e scarse prestazioni. Le evidenze investigative, giudiziarie ed i fatti di cronaca forniscono una lettura di tale realtà che fa risaltare il ruolo che la criminalità organizzata gioca anche in questo settore delicato ed importantissimo, arrivando, in alcuni casi, ad assoggettarlo al proprio condizionamento e controllo ed alterandone in maniera radicale il normale funzionamento. Le strutture sanitarie spesso divengono i mezzi che la criminalità organizzata utilizza per perseguire i propri scopi illeciti, per cui: - politici ad essa collegati vengono collocati alla guida degli apparati istituzionali; - il forte potenziale di occupazione del settore viene sfruttato per assicurare posti di lavoro attraverso rapporti di tipo clientelare; - i fondi per le spese sanitarie vengono intercettati dalle organizzazioni criminali; - gli appalti per i servizi sono oggetto dell aggressione delle cosche. Casi emblematici di collusioni, connivenze e complicità tra le istituzioni locali e la nuova mafia dei colletti bianchi, si sono verificati in ciascuna delle quattro regioni. E d obbligo ricordare l episodio drammatico dell omicidio avvenuto nel 2005 dell allora vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno, che ha dato il via ad un lavoro investigativo che ha fatto chiarezza su un radicato sistema politico- affaristico- mafioso nella regione e sulla penetrazione delle organizzazioni criminali nei gangli vitali delle istituzioni pubbliche, prime tra tutte quelle sanitarie. Ne è un esempio anche lo scioglimento della ASL Napoli 4 con sede a Pomigliano d Arco, la prima Azienda sanitaria Locale sciolta per la presenza di concordanti elementi di condizionamento camorristico : significative risultarono le vicende amministrative della ASL, con particolare riferimento agli appalti ed ai contratti di fornitura e alle autorizzazioni ed accreditamenti rilasciati indebitamente alle strutture sanitarie private. Anche il comune di Gallipoli, in Puglia, è stato sciolto in seguito alla dimostrazione del condizionamento del Consiglio comunale da parte di 89

94 cosche mafiose locali, che aveva portato, tra l altro, all assegnazione di appalti di servizi per l USL Lecce 13 alle ditte del clan Capoti. Infine, la capacità della mafia siciliana di infiltrarsi in tutti i settori della vita pubblica, anche in ambito sanitario, è confermata dall indagine convenzionalmente nota come Processo delle talpe che ha portato allo scoperto alcune condotte criminose, tra cui quella di truffa aggravata in danno della ASL 6 di Palermo per l illecita riscossione di rimborsi non dovuti per circa 80 miliardi di lire e la collusione con alti esponenti di Cosa Nostra del magnate della sanità di Bagheria, Michele Aiello, che avrebbe ottenuto esorbitanti finanziamenti pubblici per le sue aziende, soprattutto per la clinica privata Villa Santa Teresa. 90

95 5. IL DEFICIT DI FIDUCIA E DI COESIONE ALL INTERNO DELLA SOCIETÀ Ovviamente la società civile meridionale è, nella stragrande maggioranza dei casi, completamente estranea alle pratiche ed alla mentalità della criminalità organizzata; ma non è difficile rintracciare in essa disposizioni di pensiero e comportamenti che, sebbene non si possano definire mafiosi, contribuiscono a creare e a mantenere vivo il brodo di coltura grazie al quale si afferma il controllo delle organizzazioni criminali sul territorio e si rende difficile la costruzione dei presupposti indispensabili per lo sviluppo sociale ed economico. Sarebbe limitativo, infatti, ricorrere ai soli temi dell economia, della sicurezza e della buona amministrazione come fattori che favoriscono la crescita di un territorio e che spiegano lo sviluppo al rallentatore del Sud. Il quadro della situazione meridionale va invece ricostruito anche riconoscendo le particolari condizioni culturali e ambientali e le attitudini e gli atteggiamenti della popolazione che vi risiede e che in questi territori detiene i propri interessi e le proprie attività. Un primo elemento che va considerato, e che risulta fondamentale per decifrare un territorio e la sua capacità di sviluppo, è quello dell adesione a valori comuni e della partecipazione sociale, ovvero della capacità degli individui di cooperare e contribuire a scopi comuni per il bene dell intera società: una tale attitudine che è stata efficacemente racchiusa nel concetto di capitale sociale non riesce ad affermarsi e radicarsi nel Mezzogiorno. Nel Sud d Italia i rapporti di reciprocità tra gli individui e la partecipazione si mantengono e si saldano su un piano prevalentemente orizzontale, interno ai gruppi di appartenenza, per cui vi è una forte condivisione e collaborazione tra pari (gli amici, i parenti, i vicini di casa) che, però, non si eleva oltre gli interessi privati e particolari. Prevale un atteggiamento che alcuni studiosi del Mezzogiorno hanno definito come familismo amorale, che porta a ricercare i massimi vantaggi materiali e immediati per il proprio nucleo familiare di appartenenza, dando per scontato che tutti gli altri componenti della società si comportino allo stesso modo, e non si occupino di quello che rappresenta il bene comune. Il senso di appartenenza alla comunità dei pari e lo spirito di collaborazione (non accompagnato, però, da una significativa partecipazione a reti 91

96 strutturate di socialità guidate da un impegno comune e da valori di più ampio respiro) emerge chiaramente da due indagini realizzate dal Censis nel 2008 in Campania ed in Calabria: in Campania il 73,8% della popolazione dichiara che, in situazioni di bisogno sa di poter contare sui vicini per ottenere aiuto; mentre la stragrande maggioranza della popolazione mantiene rapporti frequenti con il gruppo dei pari (l 82% dichiara di recarsi spesso a far visita ad amici che abitano in zona e l 80,4% va spesso a trovare parenti). Quando però si chiede ai campani se la gente sia interessata ai problemi comuni, se sia giusto fare i propri affari, se vi sia senso di appartenenza e di identità, la popolazione appare divisa, con un 50% che è ancora pronto a spendersi per il bene comune ed un 50% che è ormai ripiegato completamente sugli interessi individuali. In Calabria la popolazione sembra essere maggiormente rinserrata in se stessa e sui propri interessi, con un 55% di residenti che ritengono che sia giusto pensare più ai propri interessi e a quelli della propria famiglia piuttosto che a quelli degli altri; anche se, poi, è solo il 18,4% della popolazione a dichiarare di sentirsi solo e di non avere qualcuno con cui passare del tempo, condividere interessi e parlare, a conferma dell esistenza, sul territorio, di una rete sociale fatta di relazionalità minute e quotidiane. Quello che manca, invece, nel Sud è quell impegno personale che vada oltre gli interessi individuali, e che dovrebbe essere utilizzato per il perseguimento di obiettivi comuni e per coadiuvare le istituzioni nel garantire la disponibilità ed il funzionamento dei servizi pubblici e la presenza di luoghi in cui esercitare le funzioni di rappresentanza. Un dato che fornisce supporto a tali evidenze viene dall Indagine Multiscopo dell Istat sulla partecipazione ad attività associative, che evidenzia che le persone di età superiore ai 14 anni che svolgono attività sociali nelle regioni meridionali sono sempre in percentuale inferiore rispetto alla media italiana e delle altre zone del paese (tab. 38). Se, ad esempio, vi sono circa 9 persone su 100 in Italia che partecipano a riunioni di associazioni culturali, nel Mezzogiorno sono 6, e 5,4 nelle quattro regioni oggetto di approfondimento. Le attività di volontariato presso associazioni riguardano 9 persone su 100 in Italia, ma 11 nel Nord, 8,8 nel Centro, 5,8 nel Sud e 5,2 nelle quattro regioni; anche per le attività gratuite prestate a favore di associazioni non di volontariato si evidenzia una disparità tra il Nord (le svolgono 4,4 persone su 100), il Centro (2,5 su 100) ed il Sud (2,2 su 100, ma solo 2 se si considerano esclusivamente le quattro regioni). Questo si traduce anche in 92

97 una quota significativamente minore di persone che hanno destinato soldi a favore di un associazione. Tab Persone di 14 anni e oltre che hanno svolto attività sociali nei 12 mesi precedenti l'intervista, per regioni e ripartizioni - Anno 2008 (val.%) Aree Riunioni in associazioni ecologiche eccetera Riunioni in associazioni culturali Attività gratuita per associazioni di volontariato Attività gratuita per associazioni non di volontariato Attività gratuita per un sindacato Soldi versati a una associazione Campania 1,6 4,3 4,9 1,8 1,2 6,6 Puglia 1,2 6,1 6,1 2,3 1,3 9,9 Calabria 1,0 6,0 5,6 2,5 1,3 9,5 Sicilia 1,0 5,8 4,8 1,7 1,3 5,7 Totale 4 regioni* 1,3 5,4 5,2 2,0 1,3 7,5 Resto del Sud* 2,0 8,6 8,1 3,1 1,4 13,8 Mezzogiorno 1,4 6,0 5,8 2,2 1,3 8,7 Nord 1,8 11,0 11,9 4,4 1,5 21,2 Centro 1,6 8,8 7,8 2,5 1,4 15,9 Italia 1,6 8,8 9,0 3,3 1,4 15,8 (*) Dati stimati Fonte: Elaborazione Censis su dati Indagine multiscopo "Aspetti della vita quotidiana" La prevalenza delle logiche interne a ciascuno e a ciascun gruppo diviene anche un vero e proprio ostacolo per lo sviluppo di una civicness condivisa, riferendosi con questo termine a quell insieme di comportamenti - rispetto delle norme, adesione a valori condivisi, senso di responsabilità - che costituiscono i codici propri di una comunità. Questo scarso senso civico risulta direttamente collegato ad un distacco dalle istituzioni e dalla politica, percepite esclusivamente come luoghi in cui esercitare il potere (tranne poi ricercare il rapporto personale e privilegiato per la risoluzione di uno specifico problema). Dall indagine svolta in Campania nel 2008 emerge che ben l 83% della popolazione pensa che normalmente in politica e nelle attività pubbliche non ci si possa fidare degli 93

98 altri; quasi all unanimità (93,2%) gli intervistati concordano, poi, sul fatto che i politici pensino più al loro interesse o a quello del loro partito che all interesse pubblico. Oltre a ciò, i soggetti politici sono quelli ai quali gli intervistati campani attribuiscono i livelli di fiducia più bassi (al primo posto si trovano sempre le Forze dell Ordine), ad indicare una crisi profonda della politica: in una scala da 1 (minima fiducia) a 5 (massima fiducia), il Comune, la Regione, i politici locali e nazionali raccolgono tutti punteggi che vanno dall 1,7 al 2. Dall indagine svolta in Calabria si confermano bassi i livelli di fiducia e di partecipazione da parte della cittadinanza. Solo il 20% della popolazione ritiene che in politica e nelle attività pubbliche ci si possa fidare degli altri e il 90% è d accordo sul fatto che spesso i politici pensino più al proprio interesse o a quello del proprio partito che all interesse pubblico. Anche in Calabria alla categoria dei politici, locali e nazionali, e degli amministratori locali non vengono assegnati punteggi che vanno oltre il 2,2 su cinque (si ferma a 1,8 il livello di fiducia attribuito ai politici nazionali). E inoltre severo il giudizio sull impegno profuso dalle istituzioni per risolvere i gravi problemi che affliggono la Regione: il 57% dei calabresi ritiene che negli ultimi cinque anni l impegno del Governo e della Regione sia diminuito, mentre poco più stabile viene ritenuto l impegno del Comune e della Provincia. Quanto detto finora va solo a confermare quanto emerse in un lavoro che il Censis ha svolto nel 2006 sulle 6 regioni dell allora Obiettivo 1 (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia) nell ambito del PON Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Dalle interviste ad un campione di residenti, risultava che i Sindaci, il Governo e il Parlamento sono le figure istituzionali meno apprezzate al Sud (con un livello di fiducia basso, fermo a 2,2 su 5), contrariamente a quanto accade per le Forze dell Ordine, che ottengono i punteggi più elevati (tab. 39). 94

99 Tab Fiducia nei confronti dei soggetti preposti alla salvaguardia e alla tutela della sicurezza (*) Soggetti Punteggio medio Vigili del fuoco 4,1 Polizia 3,6 Carabinieri 3,5 Esercito 3,5 Guardia di Finanza 3,3 Magistratura 2,9 Servizi segreti 2,8 Vigili urbani 2,5 Sindaci 2,2 Governo Parlamento 2,2 (*) ad ogni voce è stato assegnato un punteggio da 1 (min fiducia) a 5 (max fiducia) Fonte: indagine Censis, 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulla popolazione È evidente come questo sentimento di sfiducia dominante costituisca un ulteriore capitale simbolico su cui possono far leva le organizzazioni criminali per accreditarsi come gli unici soggetti affidabili. Va a sostegno di quanto finora sostenuto anche il dato sulla partecipazione elettorale che, come evidenziato dalla tabella 40, che riporta la percentuale dei votanti alle ultime due tornate di elezioni politiche, risulta essere più contenuta al Sud. Se, infatti, nel 2008 l affluenza al voto è stata in Italia dell 80,5%, nelle quattro regioni si sono avute percentuali inferiori, ed, in alcuni casi, considerevolmente più basse, come per la Calabria (71,4% degli aventi diritto alla Camera e 71,2% al Senato), la Circoscrizione 1 della Campania (73,6% alla Camera) e della Sicilia (73,9% alla Camera) (tab. 40). Questo comportamento si iscrive nella generalizzata disaffezione dell elettorato, che ha visto diminuire di circa tre punti la percentuale dei 95

100 votanti tra le ultime due elezioni politiche in Italia e che ha interessato tutte le regioni ad esclusione della Sicilia, dove la percentuale è rimasta invariata. Tab Elezioni politiche in Italia, (*) Regioni Elezioni Politiche 2008 % votanti/ elettori Elezioni Politiche 2006 % votanti/ elettori Camera Senato Camera Senato Campania circoscrizione 1 73,6 76,7 75,8 circoscrizione 2 79,1 81,2 Puglia 76,2 76,3 79,4 79,5 Calabria 71,4 71,2 74,6 74,4 Sicilia circoscrizione 1 73,9 73,8 74,7 circoscrizione 2 76,1 76,1 Italia 80,5 80,5 83,6 83,6 78,3 74,8 (*) Non comprende il dato estero Fonte: dati Ministero dell'interno Nell ambito dell indagine citata in precedenza è stato chiesto agli intervistati di esprimere un giudizio (attribuendo un voto da 1 -per niente utili- a 5 -molto utili-) sull importanza di alcune iniziative finalizzate a contrastare la criminalità nel Mezzogiorno (tab. 41). In generale, tutte le iniziative proposte vengono giudicate utili dagli intervistati. Tuttavia, osservando la distribuzione dei punteggi sembrerebbe che la popolazione dia priorità al mettere in campo iniziative immediatamente correlate ad un miglior presidio e controllo del territorio. Infatti, l intervento più segnalato è quello di aumentare il numero delle Forze dell ordine presenti sul territorio (voto medio 4,4); si tratta della proposta più immediata, che viene invocata ogni qualvolta accadono episodi che turbano l ordine pubblico, in quanto è quella i cui effetti risultano più visibili e apprezzabili nell immediato. Leggermente inferiore, ma comunque elevata, è l importanza attribuita all ammodernamento ed al miglioramento, in termini di efficienza dei dispositivi di controllo del 96

101 territorio (4,3) e della capacità investigativa delle Forze dell ordine e della magistratura (4,2). Immediatamente dopo questi interventi, gli intervistati richiamano l importanza di garantire ai colpevoli una pena certa e consistente, e perciò chiedono di inasprire le pene (4,2); segue, in ordine di importanza, la necessità di trovare gli strumenti per garantire una sicurezza partecipata cui contribuiscano i diversi soggetti che, all interno dello stesso territorio, operano per la legalità (4,1) e di limitare l ingresso degli extracomunitari in Italia (4,0). Minore importanza viene, invece, attribuita al coinvolgimento della popolazione in iniziative sulla cultura della legalità (3,8), quasi che la cultura delle legalità fosse relativamente importante per garantire la sicurezza di una determinata area. Nelle ultime posizioni della graduatoria si trovano iniziative che sono percepite come meno direttamente connesse con il fenomeno della criminalità, quali il ricambio della classe dirigente (3,8), la semplificazione dei canali di accesso al credito (3,6) e la costruzione di strade, ponti e ferrovie (3,3). Si è cercato, infine, di capire quali sono i settori dell intervento pubblico in cui, secondo l opinione degli intervistati, andrebbero investite maggiori risorse finanziare (tab. 42). Lo scopo della domanda era di misurare l importanza relativa attribuita alla sicurezza presentandola unitamente ad altri importanti problematiche che interessano il Paese. Tre sembrano essere i settori in cui si richiedono impegni economici maggiori: 1. Al primo posto, coerentemente con la priorità assegnata alla problematica del lavoro, vengono richiesti interventi per creare nuovi posti di lavoro (59,2% delle risposte); 2. il secondo settore individuato è, comunque, associato al primo. Il 54,2% del campione, infatti, investirebbe risorse per migliorare i servizi di assistenza alle famiglie con gravi problemi di povertà o disagio economico; 3. il terzo settore cui destinare risorse, segnalato dal 53,0% degli intervistati, è quello della sanità. La tutela della sicurezza e dell ordine pubblico con il 27,3% delle risposte si trova in una posizione intermedia rispetto alle altre problematiche. 97

102 Tab Utilità di alcune iniziative per contrastare la criminalità (*) Iniziative Punteggio medio Aumentare il numero di forze dell'ordine presenti sul territorio 4,4 Ammodernare e rendere più efficienti i dispositivi di controllo del territorio 4,3 Migliorare la capacità investigativa delle Forze dell'ordine e della magistratura 4,3 Inasprire le pene 4,2 Garantire una maggiore sinergia tra i diversi soggetti che, all'interno dello stesso territorio, operano per la legalità 4,1 Limitare gli ingressi degli extracomunitari 4,0 Coinvolgere la popolazione in iniziative sulla cultura della legalità e sulla prevenzione della marginalità 3,8 Procedere ad un rapido ricambio della classe dirigente 3,8 Semplificare i canali di accesso al credito 3,6 Costruire strade, ponti, ferrovie 3,3 (*) ad ogni voce è stato assegnato un punteggio da 1 (niente affatto utile) a 5 (molto utile) Fonte: indagine Censis, 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulla popolazione 98

103 Tab Settori in cui andrebbero investite maggiori risorse (*) (val. %) Settori Val. % Interventi per creare nuovi posti di lavoro 59,2 Assistenza alle famiglie con gravi problemi di povertà o disagio 54,2 Strutture e servizi sanitari 53,0 Pensioni e previdenza 30,3 Strutture e servizi per l'ordine pubblico e la sicurezza 27,3 Infrastrutture e servizi pubblici 19,2 Strutture e servizi di istruzione 15,5 Strutture ed iniziative per riqualificare le aree degradate 14,4 Ricerca e sviluppo delle nuove tecnologie 10,4 Difesa dell'ambiente e del territorio 8,3 (*) il totale è superiore a 100 poiché erano possibili tre risposte nel 2006 e due nel 2000 Fonte: indagine Censis 2006 Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Indagine sulla popolazione 99

104 6. IL DIVARIO SOCIO-ECONOMICO TRA IL SUD DELLA MAFIA E IL RESTO DEL PAESE La situazione preoccupante che descrivono i dati sui reati di criminalità organizzata nelle quattro regioni dove questa è tradizionalmente presente risulta assumere contorni ancora più foschi allorquando si analizzano alcuni indicatori che misurano il livello di ricchezza e di sviluppo del territorio. Anche in questo caso, come per la criminalità, i dati sono stati analizzati per l ultimo anno disponibile e considerando l andamento temporale, in genere a partire dal 2000, anno dal quale sono stati introdotti nuovi metodi di stima per i dati di contabilità nazionale. I dati su tessuto produttivo, situazione occupazionale, redditi e consumi danno conto delle distanze che ancora percorrono il nostro Paese da Nord a Sud e di come il Mezzogiorno d Italia risulti essere permanentemente in ritardo sui processi di sviluppo. Che uno dei principali fattori che concorrono a spiegare tale divario sia dato dalla forte presenza della criminalità organizzata, lo dimostra il fatto che a rimanere più indietro sono proprio le quattro regioni nelle quali la criminalità risulta avere una forza più pervasiva ed esercitare un condizionamento più diretto; sono queste le regioni che nella programmazione dei Fondi Strutturali ricadono nell Obiettivo Convergenza in quanto presentano un PIL pro capite inferiore al 75% della media europea a 25 paesi membri (tab. 43). 100

105 Tab Prodotto interno lordo procapite in alcuni Paesi Europei, negli USA ed in Giappone - Anno 2008* (val. espressi a parità di potere d'acquisto pro capite) Paesi PIL pro capite (PPS / ab.) 2008 Lussemburgo Irlanda Paesi Bassi Austria Svezia Danimarca Finlandia Belgio Germania Regno Unito Francia Spagna Grecia Italia Slovenia Cipro Repubblica Ceca Malta Slovacchia Portogallo Estonia Ungheria Lituania Polonia Lettonia Romania Bulgaria EU (27 countries) United States Japan (*) Previsioni Eurostat al 2008 ad eccezione del dato relativo alla Francia relativo al 2007 Fonte: Eurostat 101

106 Sono queste le regioni che presentano condizioni di problematicità più rilevanti per il paese, sono il vero Sud ancora indebolito dal monopolio criminale di attività economiche e di quote di territori, in cui la presenza di aree metropolitane estese non si tramuta in occasione di sviluppo come invece accade in altri contesti, ma accentua la condizione di marginalità di una parte importante della popolazione, il progressivo degrado e un consumo incosciente del territorio, l inerzia rassegnata di buona parte della cittadinanza e dei rappresentanti delle istituzioni locali. Se si parte con l analizzare i dati sul valore aggiunto- misura quantitativa della ricchezza prodotta da un sistema economico- confrontando le quattro regioni in cui la criminalità organizzata ha una forza maggiore con le rimanenti regioni del Sud e con il resto d l Italia, si nota che il valore del valore aggiunto procapite nel 2007 è di euro nel Centro-nord, di nelle regioni del Sud meno interessate dalla grande criminalità, mentre si ferma a euro nelle regioni più colpite, più di 8mila euro sotto il valore nazionale ( euro) (tab. 44). Scomponendo tale valore per i principali settori di attività economica, si ha un quadro delle caratteristiche della produzione, che al Sud è maggiormente legata al settore primario e ai servizi di tipo tradizionale. Infatti, nelle quattro regioni il settore industriale produce il 19,4% (ma in Puglia il 23,1%) del valore aggiunto totale, a fronte del 24,9% del resto del Sud e del 28,9% del Centro-nord. Nelle stesse quattro regioni il 3,4% del valore aggiunto deriva da attività nel settore agricolo e della pesca (in Calabria il 4,3%), in linea col resto del Mezzogiorno (3,5%) ma non con il Centro-nord ove la percentuale è ferma al 2%. Ancora più evidente lo scarto nel settore dei servizi, le cui attività generano il 77,1% del valore aggiunto della quattro regioni più arretrate (in Sicilia il 79,2%), il 71,7% di quello del resto del Sud e il 70,9% di quello registrato in Italia (70,9%). Si tratta, evidentemente, per la gran parte di servizi di tipo tradizionale e non di servizi caratterizzati da una forte innovazione tecnologica. L andamento del valore aggiunto tra il 2000 ed il 2007 segnala una crescita generalizzata (+8,2% in Italia), che nelle quattro regioni risulta più bassa di quella italiana (+5,4%), ma comunque superiore a quella che si registra nel resto delle regioni del Sud (+4,3%). 102

107 Tab Valore aggiunto ai prezzi di mercato - Anni (1) (val. in milioni di euro, val. in euro pro capite, val.% e var.% reale) Aree Valore aggiunto 2007 (mln ) Var.% reale Totale Pro capite ( ) Agricoltura e pesca (%) Industria (%) Servizi (%) Campania , ,0 2,6 19,8 77,7 5,4 Puglia , ,3 3,6 23,1 73,3 5,0 Calabria , ,3 4,3 17,3 78,3 6,3 Sicilia , ,4 3,8 16,9 79,2 5,6 Totale 4 regioni , ,0 3,4 19,4 77,1 5,4 Resto del Sud , ,9 3,5 24,8 71,7 4,3 Mezzogiorno , ,4 3,4 20,6 76,0 5,2 Centro-Nord , ,6 1,6 28,9 69,4 9,1 Italia (3) , ,9 2,0 27,0 70,9 8,2 (1) Stime provvisorie Istat 2007 dei principali aggregati economici (2) Il prodotto interno lordo consiste nel valore aggiunto prodotto, più l'iva, le imposte indirette nette sui prodotti e le imposte sulle importazioni (3) Il dato nazionale non è identico alla somma dei dati territoriali poiché contiene l'extra regio Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Conti economici regionali Passando ad analizzare il PIL attua la misura della ricchezza di un territorio e del suo benessere materiale- e confrontando i valori procapite, si nota che nelle quattro regioni più critiche del Meridione tale valore rappresenta appena il 65,7% del Pil procapite nazionale (16.915,4 euro contro i ,8 euro di media nel paese, ben euro sotto la media nazionale) (fig. 10). Rispetto alle regioni del Centro-nord, il confronto è ancora più allarmante, perché il valore delle quattro regioni rappresenta poco più della metà (il 56,1%) di quello riferibile alle regioni del Centro-nord, che è pari a ,5 euro. 103

108 Molto basso in particolare il Pil procapite di Campania (16.656,5 euro) e Calabria (16.770,4 euro), mentre leggermente migliore è la situazione di Sicilia (17.001,4 euro) e Puglia (17.249,8 euro). Fig Pil procapite in euro. Anno 2007 (v.a.) Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Conti economici regionali Né il passare degli anni, né la spesa pubblica, né gli investimenti europei hanno colmato il divario, per cui nel 1991 il Pil pro-capite del Mezzogiorno era pari al 59,9% di quello del Centro-Nord, nel 2001 scendeva al 57,5%; per rimanere anche nel 2007 pari al 58,1%. Al di sotto del livello nazionale, ma con valori che segnalano comunque un tentativo di aggancio alle aree centro settentrionali si trovano invece proprio quelle regioni del Sud, come l Abruzzo, il Molise, la Sardegna che hanno già superato o stanno superando la fase di sostegno transitorio e devono o dovranno nell immediato dimostrare di saper crescere con meno risorse rispetto al passato e di saper attivare nuove risorse complementari rispetto a quelle che hanno ricevuto finora dall esterno ( euro il Pil procapite medio di queste regioni). 104

109 La variazione percentuale del Pil tra il 2000 ed il 2007 fornisce una ulteriore conferma della distanza tra il Sud, protagonista di una crescita frenata, ed il resto del Paese: se in Italia il Pil cresce nell arco di tempo considerato del 7,9% (con una media di circa l 1% annuo), nelle quattro regioni la crescita si ferma al 5,9%, dunque è di circa lo 0,7% annuo (fig. 11) (con la performance più negativa per la Puglia, +5%, e migliore per la Calabria, +7,1%). Fig Variazione del Pil. Anni (val. %) Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Conti economici regionali Sul versante del mercato del lavoro, il tasso di occupazione ed il tasso di attività rimangono pesantemente sotto la media italiana, e tale situazione è ancora più accentuata se ci si focalizza sulle categorie tradizionalmente più fragili ovvero i giovani e le donne. Il tasso di occupazione medio delle quattro regioni (35,5%) è difatti inferiore di ben 10,4 punti percentuali a quello nazionale (pari al 45,9%) ed è significativo anche il gap rispetto al tasso registrato nelle rimanenti regioni meridionali (42,5%), che evidenzia il persistere di una problematicità grave 105

110 ed intrinseca non solo al Sud ma, in forma più grave, nelle regioni a più elevata densità di criminalità organizzata (tab. 45). Desta preoccupazione, anche per le conseguenze in termini di potenziale manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali locali, il basso tasso di occupazione giovanile, che è pari al 16,5%, a fronte di un tasso nazionale del 24,7% (-8,1 punti percentuali). Anche in questo caso c è uno scarto tra le quattro regioni ed il resto del Sud, che, pur restando ben lontano dalla situazione del Centro-nord (dove il tasso di occupazione giovanile supera il 30%), si avvicina maggiormente, con il suo 20,7% alla media nazionale. Per la popolazione femminile di Calabria, Sicilia, Campania e Puglia la situazione occupazionale non è migliore rispetto a quella dei giovani: anche in questo caso c è un notevole divario rispetto al dato nazionale, perché le donne che lavorano nelle quattro regioni sono il 22,6%, mentre nella penisola risultano essere il 35,4%. Sintomatico di una certa disillusione nei confronti delle possibilità che offre il mercato del lavoro locale è il tasso di attività, più basso di 9 punti percentuali nelle quattro regioni meridionali rispetto al dato nazionale (40,7% contro 49,3%); è interessante effettuare un confronto con il dato delle altre regioni del Sud, che hanno invece un tasso più vicino a quello nazionale (47,2%), segnale questo di maggiore fiducia nella possibilità di trovare un occupazione e, quindi, di maggiore propensione ad entrare nel mondo del lavoro. Lo scarto col dato nazionale è soprattutto evidente per la popolazione femminile, che nelle quattro regioni solo per il 27,1% si affaccia sul mercato del lavoro, mentre a livello nazionale il tasso di attività è pari al 38,7%. Tale disillusione trova il suo motivo anche nell alto tasso di disoccupazione che contraddistingue le quattro regioni e che per le donne (16,5%) è circa il doppio del dato nazionale (8,5%). Anche per i giovani fino a 24 anni si evidenzia un forte disagio: partecipano alle forze lavoro, nelle quattro regioni, in misura largamente inferiore rispetto al resto del paese (24,9%, contro il dato nazionale del 30,9%) e soffrono di un tasso di disoccupazione (33,6%) di 13,3 punti percentuali più alto rispetto al dato nazionale (20,3%). La disoccupazione è in generale una piaga per il Meridione ma ancora più per l ampio e popoloso territorio appartenente alle quattro regioni 106

111 condizionate dalle criminalità organizzata: infatti, se, a fronte di una media nazionale di disoccupazione del 6,7%, il resto del Sud si attesta su un tasso pari a 9,8%, le sole quattro regioni raggiungono il 12,8% di disoccupati. Tab Il mercato del lavoro - Anno 2008 (val.%) Area Anno 2008 Tasso di attività (1) Tasso di occupazione (2) di cui: tasso di attività donne di cui: tasso di attività giovanile (15-24 anni) (4) di cui: tasso di occupazione donne di cui: tasso di occupazione giovanile (15-24 anni) (4) Tasso di disoccupazione (3) di cui: tasso di disoccupazione donne di cui: tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) (4) Campania 39,9 26,1 23,2 34,9 21,7 15,7 12,6 16,8 32,5 Puglia 42,2 27,8 29,3 37,3 23,4 20,0 11,6 15,8 31,8 Calabria 39,7 28,1 20,7 34,9 23,7 14,2 12,1 15,7 31,6 Sicilia 40,6 27,2 25,3 35,0 22,5 15,9 13,8 17,3 37,2 Totale 4 regioni 40,7 27,1 24,9 35,5 22,6 16,5 12,6 16,5 33,6 Resto del Sud 47,2 36,2 28,3 42,5 31,5 20,7 9,8 12,9 26,8 Mezzogiorno 41,9 28,8 25,5 26,9 24,3 17,2 12,0 15,7 32,3 Centro-Nord 53,1 43,9 35,1 50,7 41,2 30,3 4,5 6,1 13,7 Italia 49,3 38,7 30,9 45,9 35,4 24,7 6,7 8,5 20,3 (1) Persone appartenenti alle forze di lavoro / popolazione di 15 anni e più * 100 (2) Occupati in complesso / popolazione di 15 anni e più * 100 (3) Persone in cerca di occupazione / forze lavoro * 100 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Rilevazione delle Forze Lavoro (RCFL) 107

112 Fig Tasso di disoccupazione giovanile (di cui femminile). Anno 2007 (val. %) Fonte: elaborazione Censis su dati Istat Fig Tasso di occupazione e di disoccupazione. Anno 2008 (val. %) Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Rilevazione forze lavoro 108

113 Anche i dati relativi all andamento del mercato del lavoro tra il 2004 (anno da cui è possibile partire per operare dei confronti) ed il 2008 non evidenziano particolari avanzamenti per i territori sotto l influenza della criminalità organizzata: il tasso di attività scende più che nel resto del Paese (-2,3% nelle 4 regioni; -0,5% in Italia) ed il tasso di occupazione subisce una variazione percentuale negativa contrariamente a quanto accade negli altri territori (-0,8% nelle quattro regioni, +0,5% in Italia) (fig. 14). Anche il fatto che il tasso di disoccupazione diminuisca più che nel resto del Paese potrebbe essere interpretato come un dato non completamente positivo, in quanto è senza dubbio riconducibile anche alla minore partecipazione al mercato del lavoro da parte di una popolazione sfiduciata. Fig Differenza del tasso di occupazione e di disoccupazione tra il 2004 ed il 2008 (var. ass.) Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Rilevazione forze lavoro Altro indicatore del divario che c è tra il Sud, ed, in particolare, le quattro regioni che sono patria delle organizzazioni criminali, ed il resto del Paese, 109

114 è dato dal reddito disponibile per le famiglie, che è misura del benessere economico, e quindi delle diverse condizioni di vita che caratterizzano i residenti in differenti zone del Paese. Nel 2006 il reddito totale disponibile per le famiglie italiane, che è di euro, si concentra per il 74% al Centro-nord e per il 26% circa al Sud ( milioni di euro disponibili). In particolare, 209 milioni sono ascrivibili alle quattro regioni, di cui circa 70 milioni di euro competono alle famiglie campane, 62 a quelle siciliane, 51 alle pugliesi e 24 alle calabresi (tab. 46). Tab Reddito disponibile delle famiglie - Anni (v.a. in milioni di euro, val. in euro per famiglia, val.% e var.% reale) Aree v.a. (1) mln Reddito disponibile delle famiglie % totale Italia Per famiglia Var.% reale Campania , ,2 0,0 Puglia , ,3 3,3 Calabria , ,6 2,6 Sicilia , ,3-0,1 Totale 4 regioni , ,6 1,1 Resto del Sud , ,8 2,5 Mezzogiorno , ,5 1,4 Centro-Nord , ,3 5,4 Italia , ,2 4,4 (1) Il dato Italia non comprende l'extra regio Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Conti regionali delle famiglie Dall analisi per territorio emerge una condizione estremamente diversificata: a fronte dei euro circa di reddito medio disponibile per ciascuna famiglia italiana (e euro per le famiglie del Centro-nord), i nuclei familiari delle quattro regioni non arrivano a 34mila euro (precisamente ,6), ma il valore è ancora più basso in Calabria (33.614,6 euro) e in Sicilia (32.020,3 euro), mentre Campania e Puglia 110

115 registrano cifre leggermente superiori (rispettivamente ,2 euro e ,3 euro). Il reddito disponibile mediamente per famiglia nelle quattro regioni è quindi circa il 79% di quello delle famiglie italiane e il 73% di quelle del Centro- Nord (fig. 15). Fig Reddito disponibile per famiglia, in euro. Anno 2006 (v.a.) Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Conti regionali delle famiglie Tra il 2001 ed il 2006, inoltre, la crescita del reddito disponibile è stata del 4,4% per le famiglie italiane (dato comunque basso, che indica una crescita annua dello 0,7%), ma ha raggiunto appena l 1,1% per le famiglie residenti nelle quattro regioni sotto l influenza della criminalità organizzata (equivalente a meno dello 0,2% annuo). Si tratta di una differenza notevole, e ancora più evidente in Sicilia, dove, addirittura, il reddito scende nei cinque anni dello 0,1%, ed in Campania, dove nel 2006 rimane fisso ai valori del Solo la Puglia registra un incremento degno di nota, pari al 3,3%. A rafforzare quanto detto sono i dati relativi al valore della spesa delle famiglie e alla variazione percentuale registrata negli ultimi anni per questo indicatore. 111

116 L ammontare delle spese effettuate nel 2007 da ciascuna famiglia residente nelle quattro regioni è pari, in media, a ,7 euro, quasi 6 mila euro in meno di quanto speso dalla media dalle famiglie italiane (37.729,7 euro) e oltre euro in meno di quanto si spende al Centro-Nord (tab. 47 e fig. 16). Tab La spesa delle famiglie - Anni (*) (v.a. in milioni di euro, val in euro per famiglia e var.% reale) Aree Spesa delle famiglie 2007 (mln ) Per famiglia Spesa famiglia su PIL Var.% reale Var. % spesa/pil Campania , ,7 68,8 2,3-2,3 Puglia , ,8 68,9 2,5-1,7 Calabria , ,4 72,1 2,7-3,0 Sicilia , ,5 71,2 2,9-2,5 Totale 4 regioni , ,7 69,9 2,6-2,3 Resto del Sud , ,6 62,6 3,6-0,4 Mezzogiorno , ,0 68,4 2,8-1,8 Centro-Nord , ,2 57,02 6,3-1,3 Italia , ,7 59,7 5,3-1,4 Stime provvisorie Istat 2007 dei principali aggregati economici Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Conti economici regionali 112

117 Fig Spesa per famiglia, in euro. Anno 2007 (v.a.) Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Conti economici regionali Tra il 2002 ed il 2007 la spesa delle famiglie risulta essere salita in Italia del 5,3% (e nel Centro-nord ben del 6,3%) mentre nelle quattro regioni del Sud la variazione è ben più bassa (+2,6%), e inferiore a quella registrata nel resto delle regioni del Sud (+3,6%) (fig. 17). 113

118 Fig Variazione nella spesa delle famiglie. Anni (val. %) Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Conti economici regionali Nonostante le regioni del Sud si mantengano su livelli di spesa inferiori a quelli del Centro-Nord, la loro capacità di risparmio, data dall incidenza della spesa sul reddito, è comunque minore. Nelle 4 regioni mediamente la spesa erode il 94,7% del reddito delle famiglie (ma in Sicilia il 97,3%); mentre al Centro Nord la quota è dell 87,3%, per una media Italia dell 88,9% (fig. 18). 114

119 Fig Incidenza media della spesa sul reddito familiare (val. %) Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Conti economici regionali Gli indicatori relativi ai risparmi e alle attività finanziarie forniscono ulteriore supporto ai dati che descrivono l'esistenza di un profondo divario territoriale tra il Nord ed il Sud del Paese e di una situazione particolarmente critica in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia. I dati sulle attività finanziarie segnalano come la minore disponibilità economica e i maggiori rischi di insolvenza del Meridione influiscano anche sul dinamismo e sulla propensione al rischio delle banche, per cui al Sud si ha una quota complessiva di milioni di euro di depositi bancari, pari al 19,2% del totale nazionale, per una popolazione che è 34,9%. Se si circoscrive il dato alle regioni maggiormente interessate dalla criminalità organizzata, i depositi bancari complessivi scendono a euro, il 15% del totale nazionale (per una popolazione che è il 28,4%). Se dai depositi complessivi si passano ad analizzare i depositi procapite, si ha una quota che in Italia è di euro, che salgono a a Centro-nord e scendono a al Sud (6.653 nelle quattro regioni; nel resto del Mezzogiorno). Dunque i depositi bancari procapite nelle quattro regioni sono poco più della metà di quelli mediamente registrati in Italia (12.689,7 euro) e poco più del 40% di quelli delle regioni del Centro-nord (fig. 19). 115

120 Fig Depositi bancari procapite, in euro. Anno 2008 (val. %) Fonte: elaborazione Censis su dati Banca d Italia Anche gli impieghi bancari, che rivelano la propensione al finanziamento da parte delle banche, al Sud sono significativamente più bassi rispetto al resto d Italia, tanto in valore assoluto (dato abbastanza scontato, vista la quota assai più bassa di depositi), quanto come tasso di utilizzo, dato dalla percentuale degli impieghi sui depositi, che in Italia è mediamente del 205,1%, al Centro-nord sale al 216,5%; nel Meridione scende al 157,2% e nelle quattro regioni oggetto dell analisi al 155,0%. Particolarmente basso, è pari al 148,9% risulta il tasso di utilizzo in Campania (fig. 20). 116

121 Fig Tasso di utilizzo raccolta bancaria. Anno 2008 (v.a.) Fonte: elaborazione Censis su dati Banca d Italia Unica nota positiva viene dalla differenza nell utilizzo della raccolta bancaria negli ultimi otto anni, che evidenzia una crescita più spiccata nel Meridione (+38,2%), e in particolare nelle quattro regioni (+ 40,5), rispetto alla media nazionale (+ 30,0%). La situazione appena delineata determina la presenza di una quota elevata di famiglie che vivono al di sotto dei livelli di povertà relativa secondo i parametri stabiliti dall Istituto Nazionale di Statistica. Negli ultimi cinque anni la percentuale di famiglie definite povere dall Istat non ha subito grandi modificazioni: a livello nazionale, nel 2002 erano l 11% (circa 2 milioni e 653 mila in valore assoluto), nel 2007 sono passate ad essere l 11,1%. Allo stesso modo, nelle quattro regioni del Sud si riscontra una variazione minima tra i due anni considerati (+0,1%), ma comunque il dato segnala una situazione preoccupante per cui ben il 23,2% delle famiglie risulta povero, con una punta massima del 27,6% in Sicilia, dove la percentuale è cresciuta del 6,3% in cinque anni (fig. 21). Sono valori significativi, soprattutto se si considera che al Nord le famiglie classificate dall Istat come povere sono il 5,5% ed al Centro il 6,4% del totale. 117

122 Fig Incidenza della povertà relativa. Anno 2007 (val. %) Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Indagine sui consumi delle famiglie Una percentuale così significativa di famiglie povere determina segni di disagio particolarmente marcato che si manifestano anche nell impossibilità di far fronte alle spese necessarie. Dai dati Istat risulta che nelle quattro regioni a maggiore presenza di criminalità organizzata ben 8 famiglie su 100 non riescono a far fronte alle spese alimentari (10 in Sicilia); circa 21 famiglie su 100 dichiarano di non avere sufficiente denaro per sostenere le spese mediche (24 in Sicilia), e circa 29 non riescono a fronteggiare le spese per il vestiario (32 in Sicilia, dove il quadro particolarmente critico) (tab. 48). Tali percentuali sono ben più basse in tutte le altre zone d Italia, compreso il resto del Sud (che registra valori di poco superiori alla media italiana), dove il 4,2% delle famiglie dichiara di non avere denaro sufficiente per le spese alimentari, l 11,5% per le spese mediche, il 18,6% per l abbigliamento. 118

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