L insufficienza di convergenza nelle affezioni posturali

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1 Università Telematica Pegaso Master in Posturologia MA380-1ª Edizione L insufficienza di convergenza nelle affezioni posturali RELATORE: Dott. Ciro Caruso CANDIDATO: Dott. Carlo Fermetti Anno Accademico

2 Sommario CAPITOLO 1 CENNI DI ANATOMIA DELL OCCHIO E DI VISIONE BINOCULARE Occhio, orbita e muscolatura estrinseca La visione binoculare Il rapporto fra convergenza e accomodazione... 9 CAPITOLO 2 L INSUFFICIENZA DI CONVERGENZA Introduzione all insufficienza di convergenza: caratteristiche CAPITOLO 3 IL RUOLO DELL APPARATO VISIVO IN AMBITO POSTUROLOGICO L occhio come esterocettore Visione e postura: uno sguardo d insieme Il concetto di astenopia Implicazioni dello stress visivo in visione prossimale Contributi dell optometria comportamentale CAPITOLO 4 INDAGINI POSTUROLOGICHE L esame posturale CAPITOLO 5 TRATTAMENTO OTTICO-OPTOMETRICO Trattamento: aspetti generali Training visivo Prescrizione prismatica CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA

3 CAPITOLO 1 CENNI DI ANATOMIA DELL OCCHIO E DI VISIONE BINOCULARE 1.1 Occhio, orbita e muscolatura estrinseca Gli occhi sono contenuti in due cavità ossee del cranio, le orbite. Nell uomo si trovano in posizione frontale. I bulbi oculari sono sospesi al centro delle orbite. Queste ultime hanno una forma di piramide tronca e presentano una profondità di circa 50 mm. Le pareti dell orbita sono formate da: Parete superiore: osso frontale; Parete laterale: osso sfenoide, frontale e zigomatico; Parete mediale: osso mascellare, etmoide, lacrimale; Parete inferiore: osso mascellare, zigomatico. 1 Il bulbo oculare all interno dell orbita è sospeso grazie alle inserzioni con i muscoli estrinseci o extraoculari. Attorno a tutto il bulbo vi è l apparato sospensorio e la cavità dell orbita è riempita da tessuto adiposo - che funge da cuscinetto contro sollecitazioni e traumi - e da altre fibre nervose e vasi. Il complesso muscolare estrinseco è costituito da sei muscoli striati. Quattro di questi sono detti retti e due obliqui. Sono definiti extraoculari per distinguerli da quelli intrinseci, che sono legati all iride e al corpo ciliare. 1 ROSSETTI A. GHELLER P., Manuale di optometria e contattologia, seconda edizione, Bologna, Zanichelli,

4 I muscoli oculari sono formati da molte fibre unite tra di loro in maniera lassa: si dividono in fibre lente, con una terminazione nervosa a grappolo, e fibre brusche, con una terminazione a placca. Vi è un gran numero di terminazioni nervose tale che ogni singolo motoneurone innervi poche fibre muscolari. I muscoli retti hanno una comune origine, ovvero partono dall anello di Zinn. Questa, è una struttura costituita da tessuto connettivo-fibroso che circonda il nervo ottico in prossimità del forame. I muscoli obliquo superiore e l elevatore della palpebra originano anch essi dall anello. I muscoli retto superiore e retto mediale sono connessi anche con la guaina durale del nervo ottico. 2 Figura 1 Muscoli estrinseci dell occhio destro - da ROSSETTI A. GHELLER P., op. cit. 2 ROSSETTI GHELLER, op. cit., passim. 3

5 1.2 - La visione binoculare Il compito della muscolatura estrinseca è quello dei orientare gli occhi in modo che la fovea sia rivolta verso l oggetto d interesse. Questo serve affinché le immagini dell oggetto in questione si formino su aree retiniche corrispondenti. Esiste una serie di casi in cui gli occhi non vengono orientati in maniera adeguata: in questo caso si parla di deviazione. Alcune forme di deviazione sono considerate fisiologiche giacché non causano problematiche ai fini della percezione simultanea e tridimensionale degli oggetti, mentre altre sono considerate anomale. Si parla di ortoforia quando gli assi visivi dei due occhi sono allineati su un punto oggetto: in questa condizione gli occhi del soggetto non devono compiere movimenti di correzione affinché si possa apprezzare la collaborazione binoculare. Nel caso in cui l interruzione della fusione sensoriale rendesse evidente una deviazione, ci troveremmo di fronte ad una forma di eteroforia. Questa condizione è annullata, in visione binoculare, dalla fusione motoria. Si parla invece di eterotropia o di strabismo quando un occhio è deviato (e solitamente la deviazione è palese) mentre l altro occhio è rivolto verso l oggetto. 4

6 Va tenuto in debita considerazione il fatto che la foria consiste in una deviazione a carico di entrambi gli occhi mentre, nel caso degli strabismi, è solitamente uno solo dei due occhi ad essere preferenzialmente deviato 3. Le forie possono essere orizzontali: Esoforia: consiste in una rotazione dei bulbi verso l interno (verso il naso); Exoforia: è la condizione in cui gli occhi ruotano verso l esterno. Verticali: Iperforia destra o ipoforia sinistra: l occhio destro tende a fissare più in alto rispetto al sinistro; Iperforia sinistra o ipoforia destra: l occhio sinistro tende a fissare più in alto rispetto al destro. Torsionali: Incicloforia: gli occhi ruotano, sull asse antero-posteriore, verso il naso; Exocicloforia: gli occhi ruotano, sull asse antero-posteriore, verso la tempia. 3 ROSSETTI GHELLER, op. cit., passim. 5

7 Va detto che dal punto di vista statistico le deviazioni più comuni sono quelle orizzontali, che rivestono maggior importanza dal punto di vista clinico, anche nelle condizioni refrattive e accomodative. La condizione di eso- è considerata attiva a differenza di quella in exo-, passiva e presente anche a riposo (durante il sonno). Se consideriamo uno stato di equilibrio della binocularità, postulata la teoria della massima resa con il minimo sforzo, è clinicamente accettata come fisiologica la presenza di una leggera exoforia in distanza (0.5 Δ) e una moderata exoforia da vicino (4-8 diottrie prismatiche: Δ). È importante comprendere il legame che unisce la funzione di convergenza dei bulbi con l azione refrattiva del cristallino e la reattività pupillare (il riflesso fotomotore): quando i bulbi convergono, vi sono un aumento di accomodazione, da parte del cristallino, e una miosi (restringimento) delle pupille. Tale fenomeno è denominato triade accomodativa. Quando avviciniamo un oggetto ai nostri occhi, quindi, i bulbi convergono, il cristallino accomoda (cambiando la sua capacità refrattiva) e le pupille vanno in miosi. I tre eventi descritti non sono sempre reciproci, poiché un occhio in miosi (ad esempio per abbagliamento) non necessariamente sta accomodando. Comprendendo che le condizioni refrattive, che vanno quindi ad agire sull accomodazione da parte del cristallino, interferiscono sulla binocularità, è facile intuire come uno squilibrio determinato da una deviazione mal tollerata possa ripercuotersi su tutto il sistema. 6

8 Date queste premesse possiamo dire che, in caso di diplopia (visione doppia), il sistema che regola la binocularità manifesta dei movimenti che molto spesso non coinvolgono l accomodazione, pertanto sono chiamate vergenze relative. Esistono anche le vergenze fusionali, che si spingono ai limiti della diplopia. La fusione, ovvero quel processo che consente di vedere singolo, può avvenire spontaneamente, senza ricorso alla fusione motoria (intervento della muscolatura estrinseca) qualora le immagini non fuse (ovvero le immagini su ciascuna retina) cadano su un area retinica compresa fra le 28Δ dal lato temporale, le 8Δ dal lato nasale e 3Δ in verticale. Quest area è definita area di fusione motoria e qualora le immagini cadessero oltre questa, sarebbe necessario un movimento dei bulbi 4. Figura 2 Il cerchietto cade all esterno dell area di fusione motoria (ombreggiata). da ROSSETTI A. GHELLER P., op. cit. 4 ROSSETTI GHELLER, op. cit, passim. 7

9 Quando si guarda un oggetto binocularmente, l immagine andrà a proiettarsi su ambo le retine toccando diversi punti retinici. Affinché il soggetto possa percepire uno stimolo luminoso, ed in seguito riconoscerlo, questo viene collocato in un preciso sistema di coordinate spaziali: ciò avviene grazie alla stimolazione di punti retinici corrispondenti. La direzione in cui è localizzato un oggetto è infatti resa efficace dalla corrispondenza direzionale dei poc anzi citati elementi retinici. Affinché un oggetto sia percepito a sinistra, ad esempio, i punti retinici interessati saranno proiettati nasalmente. La fovea fa da riferimento per le direzioni visive secondarie, in relazione cioè dei punti retinici secondari. Ad ogni punto retinico corrisponde un valore retinomotorio, ovvero una sorta di potenza che ogni elemento retinico possiede per poter causare una rotazione dell occhio: un punto retinico temporale, ad esempio, invia degli impulsi al cervello che, secondariamente, istruisce i muscoli estrinseci a far ruotare il bulbo, di quel tanto necessario a riportare l immagine sulla fovea. È comprensibile che la fovea ha un valore retinomotorio pari a zero poiché un immagine che si proietta sulle fovee non stimola una rotazione dei bulbi. 5 5 CASINI M. ESENTE S. PANZERA F. SAGGINI R. SARTI G., Visione e postura: ginnastica oculare e prescrizione prismatica monoculare nel trattamento delle alterazioni posturali, Canelli, Fabiano Group,

10 1.3 - Il rapporto fra convergenza e accomodazione Il legame tra accomodazione del cristallino e la convergenza accomodativa è espresso dal cosiddetto rapporto AC/A. Esso esprime l entità di convergenza accomodativa che è introdotta da un entità di accomodazione, in altre parole indica quanta convergenza accomodativa ci sia, per ogni diottria di accomodazione del cristallino. Questo parametro è molto utile ai fini diagnostici poiché può dare delle buone indicazioni di tipo predittivo su un eventuale intervento da parte dell oculista o dell optometrista, indicazioni che dovrebbero essere tenute in debita considerazione anche da quegli operatori, la cui formazione afferisce ad altre aree disciplinari, che si approcciano in maniera interdisciplinare alla posturologia. Il rapporto AC/A può essere di tipo gradiente o di tipo calcolato, in base al modo in cui è ottenuto. Il valore medio di un rapporto AC/A si aggira attorno alle quattro diottrie prismatiche (4Δ), pertanto valori superiori sono considerati alti e, per converso, valori inferiori sono considerati bassi. Se consideriamo un rapporto AC/A pari a 9, ad esempio, sappiamo che per ogni diottria di accomodazione indotta o rilasciata, i bulbi oculari ruoteranno di quell entità. Il rapporto AC/A è calcolato attraverso la formula 6 : IPD(cm) + NFD(m) (Hn Hf) dove: 6 SCHEIMAN M. WICK B., Clinical Management of binocular vision, Philadelphia, Lippincott Williams & Wilkins,

11 IPD= distanza interpupillare in centimetri NFD= distanza di fissazione in metri Hn= foria da vicino Hf= foria da lontano In base alla deviazione che il soggetto presenta in lontananza o in visione prossimale si possono individuare delle condizioni che sono state descritte da Duane, e che ne portano il nome. Alcune di esse sono caratterizzate da un rapporto AC/A alto, altre da un rapporto AC/A basso. Le cosiddette sindromi di Duane sono: Insufficienza di convergenza (rapporto AC/A basso); Insufficienza di divergenza (rapporto AC/A basso); Eccesso di convergenza (rapporto AC/A alto); Eccesso di divergenza (rapporto AC/A alto). Come premesso, l efficacia di un trattamento ottico può essere predetto anche da questi dati, tanto che il clinico non deve aspettarsi che una correzione ottica (occhiale o lenti a contatto) possa apportare modifiche ai livelli di convergenza accomodativa nei primi due casi elencati poc anzi, rendendo così necessari altri approcci. 10

12 CAPITOLO 2 L INSUFFICIENZA DI CONVERGENZA Introduzione all insufficienza di convergenza: caratteristiche Si parla di insufficienza di convergenza nel caso in cui si rilevi nel soggetto un exoforia per vicino e ortoforia o bassa exoforia in lontananza, un punto prossimo di convergenza allontanato e vergenze fusionali positive ridotte, sintomi accompagnati da un rapporto AC/A basso. L insufficienza di convergenza, fra le problematiche visive binoculari che non riguardano lo strabismo, è la più comune e, per questo motivo, è stata molto studiata. Si ritiene che la distribuzione di quest anomalia si aggiri attorno al 3-5% della popolazione 7. Come spesso accade, il problema che si presenta quando ci si accinge a studiare un costrutto, riguarda l univocità di definizione, ciò che solitamente, in metodologia della ricerca, è denominata standardizzazione. Scheiman et al. hanno definito l insufficienza di convergenza proprio in base al concetto di punto prossimo di convergenza allontanato, assieme ad almeno tre risultati bassi fra: misura diretta o indiretta delle vergenze fusionali positive (PFV), exoforia maggiore nel vicino che nel lontano e un basso rapporto AC/A. È stata rilevata una distribuzione prossima al 3% in una popolazione di 1650 bambini dai 6 ai 18 anni, relativamente all insufficienza di convergenza. Rouse et al. usarono il termine insufficienza di convergenza per descrivere un paziente con 7 SCHEIMAN M WICK B., op. cit. 11

13 un exoforia da vicino di almeno quattro diottrie prismatiche, maggiore rispetto al lontano, un punto prossimo di convergenza allontanato e, come al solito, vergenze fusionali positive ridotte. Lo studio condotto mostrò un affezione prossima alla percentuale del 6% in bambini in un setting clinico e un 4.2% in bambini osservati in un setting scolastico, risultati ottenuti attraverso vari screening 8. La sintomatologia dell insufficienza di convergenza è spesso correlata a difficoltà nella lettura o ad altri lavori prossimali. I lamenti visivi più comuni riguardano disturbi oculari accompagnati a cefalee dopo brevi periodi di lettura, sintomi che possono essere correlati a visione doppia o sfocata, sonnolenza, difficoltà nella concentrazione o perdita del segno nella lettura. Abbastanza frequentemente si può avvertire anche la sensazione che le parole stampate del testo si muovano. Va detto che alcuni pazienti con insufficienza di convergenza sono asintomatici, tanto che alcuni autori hanno ipotizzato che l inesistenza di sintomi possa suggerire un problema di soppressione 9, rifiuto dei lavori in visione prossimale, soglia del dolore alta oppure occlusione di un occhio durante la lettura. Va detto che il rifiuto di un compito visivo da vicino costituisce ragione sufficiente per raccomandare una terapia visiva. È ormai chiaro che l insufficienza di convergenza sia un fattore negativo per il comfort visivo. I sintomi lamentati dal paziente possono consistere in: 8 ivi 9 Una delle due immagini retiniche viene esclusa a livello cerebrale, pertanto un occhio non sarà coinvolto nel processo visivo. Anomalia che può essere evidenziata attraverso la somministrazione di opportuni test. Questo disturbo è presente soltanto in condizioni di visione binoculare. 12

14 Disturbi all occhio Cefalea Visione sfocata Diplopia Sonnolenza Fra i segni ricordiamo: punto prossimo di convergenza allontanato Exoforia più grande da vicino rispetto al lontano Rapporto AC/A basso Fra le misure dirette della vergenza fusionale positiva (PFV): Smooth vergence ridotta Step vergence ridotta Vergence facility ridotta troviamo: Fra le misure indirette della vergenza fusionale positiva Accomodazione relativa negativa bassa (ARN); Difficoltà con lenti positive durante il test di facilità accomodativa binoculare (test che si esegue con un flipper di lenti sferiche positive negative, solitamente di entità +2 e -2 mentre il soggetto, alla distanza di lettura abituale, tenta di mettere a fuoco un testo.) Valori bassi nel metodo M.E.M. (monocular esthimated method) 13

15 Se è presente anche un eccesso di accomodazione, si avrà difficoltà con lenti positive durante il test monoculare di facilità accomodativa mentre se è presente un insufficienza di accomodazione saranno presenti difficoltà con lenti negative, durante i metodi monoculari e binoculari di facilità accomodativa, valori bassi di accomodazione relativa positiva, bassa ampiezza accomodativa e un possibile avvicinamento del punto prossimo di convergenza attraverso lenti positive. Il clinico che si appresta a trattare un soggetto che accusa dei disturbi che possono far sospettare un insufficienza di convergenza, può servirsi di questionari che indagano in maniera completa i sintomi di tale disturbo. L operatore potrà segnare su un modulo precompilato la risposta del soggetto, specificando se si tratta di sintomi che ricorrono molto spesso, spesso, a volte o mai, assegnando rispettivamente i punteggi di 3, 2, 1 o 0. Qui sotto è proposto il questionario ideato da Borsting et. al. Il questionario fu validato grazie al coinvolgimento di 14 ragazzi in età scolare (dagli otto ai 13 anni) con insufficienza di convergenza, a formare il gruppo sperimentale, mentre il gruppo di controllo era formato da 14 ragazzi con una visione binoculare normale 10. I punteggi ottenuti dai bambini che presentavano problemi correlati all insufficienza di convergenza furono significativamente più alti rispetto ai punteggi ottenuti dai bambini del gruppo di controllo. Gli autori conclusero che un punteggio di nove o superiore indicava un livello significativo di sintomi associati all insufficienza di convergenza. Diversi autori concordano che questo strumento possa essere usato come strumento 10 ivi 14

16 diagnostico e di monitoraggio per un eventuale terapia visiva. Figura 3 - G. BRIGIDA, Insufficienza di convergenza nell adulto: analisi e trattamento, in «Professional Optometry», Il punto prossimo di convergenza: un punto prossimo di convergenza allontanato è considerato un indicatore importante nella diagnosi d insufficienza di convergenza tanto che in una ricerca americana è stato dimostrato essere il parametro più usato, nella percentuale del 94%, dagli optometristi intervistati 11. Hayes et. al. studiarono 297 bambini in età scolare usando un protocollo standardizzato. Raccomandavano di usare un valore di cutoff compreso fra i 6 e i 10 centimetri per i bambini. Scheiman et. al. studiarono 175 giovani adulti suggerendo un cutoff compreso fra 5 e 7 centimetri. 11 SCHEIMAN M. WICK B:, op. cit. 15

17 Il test del punto prossimo di convergenza si esegue solitamente muovendo una mira visiva verso gli occhi del paziente fino a quando questo avverte diplopia o l esaminatore nota una rottura in termini fusionali (l occhio non fissante devia). Sono stati suggeriti diversi approcci e apportate anche delle modifiche tali da poter modificare la sensibilità del test. Wick, Mohindra e Molinari hanno raccomandato di ripetere almeno cinque volte il test. Davis sostiene che i pazienti asintomatici manifestino lievi cambiamenti durante le varie ripetizioni del test, mentre i pazienti sintomatici presentino una notevole difficoltà a convergere, via via che l esame viene ripetuto. Alcuni autori sostengono che tutti i pazienti presentano una recessione del punto prossimo di convergenza, condizione quindi che accomuna chi soffre di questa problematica. Va detto comunque che per le persone con una visione binoculare normale l entità di recessione è minima, minore di 1 cm. Nel gruppo di pazienti con insufficienza di convergenza l entità di recessione va dall 1.5 cm dopo 5 ripetizioni a circa 4 cm dopo 10 ripetizioni 12. Questi valori suggeriscono che la ripetizione del test è clinicamente importante, anche se allo scopo dovrebbe essere eseguito per circa 10 volte. Un altro criterio utilizzato per accertare le abilità di convergenza è il punto di recupero, ovvero quel punto dove il soggetto riesce a recuperare la fusione dopo che è stata persa, dopo il test del push-up (test del punto prossimo di convergenza). Capobianco sostiene che un punto di recupero molto diverso dal punto di rottura indichi maggiori problemi di 12 ivi 16

18 convergenza. L autrice suggerì anche che in caso di conduzione del test attraverso l ausilio di una penna luminosa, e di un filtro rosso anteposto all occhio del paziente, il test diventasse più sensibile. Altri autori (Scheiman et. al.) pensarono che, in soggetti normali, non vi fosse una differenza significativa nel punto prossimo di convergenza quando era misurato con l ausilio di un target accomodativo strutturato o, diversamente, tramite una penna luminosa (o una penna luminosa anteponendo all occhio i filtri rosso e verde). I soggetti che presentavano insufficienza di convergenza, comunque, mostravano una recessione maggiore sia per la rottura sia per il recupero attraverso l utilizzo della penna luminosa e i filtri rosso e verde, rispetto al modo implementato attraverso l utilizzo del target accomodativo semplice. Se la rottura media con l utilizzo del target semplice era di 9,3 cm, con la penna luminosa e i filtri rosso e verde la rottura media era di 14,8 cm. Il punto di recupero era rispettivamente di 12,2 cm e di 17,6 cm. Sia per la rottura sia per il recupero, quindi, la differenza era di circa 5,5 cm (fra la metodica del target semplice e quella della penna luminosa e i filtri colorati). È stato quindi dimostrato che l utilizzo della seconda metodica può essere utile per apportare informazioni aggiuntive utili al clinico. Pickwell et. al. hanno descritto un altro metodo per accertare le abilità di convergenza denominandolo metodo jump convergence. Questa procedura vuole che i soggetti fissino un target a 6 cm e poi spostino l attenzione su di un secondo target posto a 15 cm. L autore e i colleghi hanno riportato che questo salto di convergenza costituisce il metodo clinico 17

19 più significativo e sensibile per determinare la presenza di problemi di convergenza, metodo da preferirsi addirittura al classico test del push-up. Come premesso, l insufficienza di convergenza presenta exoforia da vicino, ridotte capacità fusionali positive (il soggetto presenta difficoltà a convergere) e un punto prossimo di convergenza allontanato. Ci si aspetta anche che il soggetto presenti un rapporto AC/A basso. Clinicamente è stata isolata una problematica che può essere confusa con l insufficienza di convergenza ma che, in realtà, non ne presenta le caratteristiche: la pseudo-insufficienza di convergenza. Richman e Chron 13 hanno descritto tale condizione, dove il problema principale per il soggetto è un insufficienza accomodativa. L ampiezza dell accomodazione (e tutti gli altri test che indagano le abilità di stimolare accomodazione) è ridotta. È credenza comune che questa condizione sia essenzialmente un insufficienza accomodativa che presenta un insufficienza di convergenza secondaria. Il paziente in questo caso tende ad accomodare il meno possibile per ogni richiesta visiva. 13 ivi 18

20 CAPITOLO 3 IL RUOLO DELL APPARATO VISIVO IN AMBITO POSTUROLOGICO 3.1 L occhio come esterocettore L occhio riveste un ruolo primario nel mantenimento della postura corretta e in un eventuale alterazione della stessa. L occhio ipoconvergente, come nel caso dell exoforia, altera la postura attraverso un circuito corto che controlla la motilità oculare (III-IV-V e XI spinale), con conseguente limitazione della rotazione del capo. Attraverso un circuito lungo intervengono i nuclei centrali (nuclei della base, nuclei vestibolari e prefrontali) e il cervelletto che, influenzato dalla lateralità, solleva e posteriorizza la spalla sinistra nel destrimano, la destra nel mancino. L occhio consente la codificazione e la coordinazione del movimento attraverso informazioni sopranucleari, reticolari e inferiori, e grazie allo scambio d informazioni che avviene attraverso le commessure (corpo calloso). La muscolatura dell occhio è connessa in maniera stretta con il sistema stomatognatico. Si sa che dai fusi neuromuscolari, contenuti nei muscoli estrinseci dell occhio (soprattutto a livello del muscolo retto esterno) partono delle fibre che, arrivando ai nuclei oculomotori, raggiungono il nucleo del trigemino, nervo con componente motoria implicato nella motilità della mandibola, e quindi coinvolto nella masticazione. Le anomalie della convergenza sono responsabili di 19

21 emicrania, vertigini, chinetosi, diplopia serale, disturbi specifici dell apprendimento, difficoltà di concentrazione e altro. 14 Anche secondo Busquet: I muscoli degli occhi, del collo e di tutto l apparato muscolare sono intimamente collegati. Si contraggono al fine di consentire alla testa di cambiare posizione per fissare l oggetto d interesse. 15 È stato evidenziato che la funzione visiva consente stabilità in termini di postura per i movimenti antero-posteriori grazie alla visione periferica e per i movimenti destra-sinistra grazie alla visione centrale. Si è visto come un aumento delle oscillazioni posturali avvenga quando il soggetto rimane a occhi chiusi o quando l acuità visiva sia insoddisfacente. Figura 4 - Relazione tra acuità visiva ed oscillazioni posturali. Sull asse delle ordinate è rappresentata l ampiezza delle oscillazioni posturali (percentuale del livello basale), mentre sull asse delle ascisse è rappresentata l acuità visiva. Tratto da Casini M., Esente S. et. al, op cit [ultimo accesso 10/06/2016] 15 CASINI M. et. al, op. cit. 20

22 Il controllo visivo posturale, per Casini et al., si basa sui movimenti di traslazione retinica delle immagini dovuti alle oscillazioni laterali del capo. Le informazioni visive non bastano da sole a informare in maniera completa il sistema tonico posturale, ma vanno integrate con le informazioni che provengono dall orecchio interno e dall appoggio plantare. 3.2 Visione e postura: uno sguardo d insieme La bibliografia scientifica riporta numerosi casi riguardanti disordini dell oculomotricità che si ripercuotono sulla postura del soggetto. È interessante rilevare come disfunzioni della motricità di alcuni muscoli estrinseci dell occhio, (alcuni studi si sono soffermati sull osservazione di disfunzioni del muscolo obliquo superiore o del retto laterale), fossero legati a problematiche d interesse posturologico, ad esempio causando torcicollo. È stato provato che un eteroforia di tipo exo, come nel caso dell insufficienza di convergenza, può causare una rotazione delle scapole del paziente verso l esterno mentre un eteroforia di tipo eso, al contrario, causa una rotazione delle scapole verso l interno. A ciò hanno seguito specifici atteggiamenti posturali. Non soltanto le eteroforie, comunque, sono responsabili di adattamenti posturali viziati: ciò è particolarmente evidente, ad esempio, nel caso di un astigmatismo non corretto (o mal corretto) che può determinare un tilt del capo, oppure in caso di anisometropia (differenza 21

23 di ametropia fra l occhio destro e quello sinistro), che può essere causa di una rotazione della testa. È noto come la postura possa variare a seconda della causa implicata, e come essa possa includere una rotazione della testa, innalzamento/abbassamento del mento, atteggiamenti che possono condurre a torcicollo. Alcuni soggetti, dopo aver subito interventi di tipo chirurgico per riportare alla normalità problematiche difficilmente gestibili, non sempre hanno trovato con l operazione una soluzione ai loro problemi. Il torcicollo infantile, ad esempio, è dovuto a diverse cause, oltre che a patologie a carico degli occhi. Escludendo le cause di natura infiammatoria, e con esse traumi, anomalie ossee, problemi neurologici o muscolari, si possono indagare quei fattori di natura prettamente muscolare, relativamente alla muscolatura estrinseca dell occhio, che costringono il soggetto ad assumere una posizione viziata del capo (PAC), che consentono di mantenere una visione binoculare accettabile ed evitare la diplopia. Alcuni giornali medici hanno stilato delle liste di cause che fanno distinzione fra il torcicollo oculare e quello non oculare 16. Il senso cinestetico è una capacità multisensoriale che integra informazioni visive, vestibolari, somatosensitive e motorie provenienti da diversi segmenti corporei (Gandevia 1996) 17. Un ulteriore fonte d input cinestetico è costituito dal fuso neuromuscolare, attivo nella rilevazione sia 16 C.R.P. WILLIAMS, E. O FLYNN, N.M.P. CLARKE, R.J. MORRIS, Torticollis secondary to ocular pathology, in «The Journal of bone and joint surgery» vol. 78-B n B. D. CORNEIL, R. A. ANDERSEN, Dorsal Neck Muscle Vibration induces upward shifts in the endpoints of memory-guided saccades in monkeys, in «J Neurophysiol»

24 dell allungamento delle fibre muscolari, che alla velocità. Una maniera per dimostrare il contributo ricoperto dai fusi neuromuscolari al senso cinestetico in ambiente sperimentale - è stata quella di far vibrare meccanicamente delle fibre muscolari o dei tendini. La distribuzione dei fusi muscolari è eterogenea nel corpo: questo è dovuto al fatto che alcune parti corporee necessitano di maggior risoluzione poiché assolvono a compiti sensoriali più particolari. È stato visto che anche i muscoli del collo presentano un gran numero di fusi muscolari, densità variabili addirittura nell ambito dello stesso muscolo. Secondo questi risultati, l interruzione di informazioni afferenti ai muscoli del collo induce uno sbilanciamento nell equilibrio e, di conseguenza, nella postura, ma anche nell ambito di altre azioni guidate. Numerosi studi su umani hanno documentato come la vibrazione indotta dei muscoli del collo, consistente in una vibrazione unilaterale, producesse una percezione di deviazione orizzontale, con l illusione cioè di un movimento della testa nella direzione dei muscoli vibranti. Anche dal punto di vista visivo, ad esempio, la percezione illusoria del movimento di una luce fissa, in un ambiente buio, è dovuta al riflesso cervico-oculare. Oltre quarant anni di studi e ricerche sulle scimmie rhesus hanno portato a capire in maniera eccellente le trasformazioni sensomotorie e, di conseguenza, anche i movimenti saccadici oculari. La corteccia parietale posteriore, in particolar modo, sembra avere, come ruolo principale, la capacità di integrare la percezione della posizione della testa, 23

25 relativamente alle saccadi 18. Il modello animale è stato - e viene - continuamente comparato al modello umano. Il riflesso vestibolo-oculare fa muovere gli occhi alla base di informazioni vestibolari, in direzione opposta a quella dei movimenti della testa. Il riflesso optocinetico risponde a stimoli visivi mobili e fa in modo che gli occhi siano diretti sul target, via via che l immagine scivola sulla retina. Il riflesso cervico-oculare è una risposta-riflesso dell occhio evocata dalla rotazione del collo. Quest ultima funzione, insieme al riflesso vestibolo-oculare risponde ottimamente ai movimenti di bassa velocità della testa. Alcune funzioni nervose, fra queste elencate, subiscono delle variazioni nel corso della vita del soggetto Il concetto di astenopia Indica un impreparazione dell apparato visivo a far fronte alle necessità visive. Essa è solitamente identificata da un senso di affaticamento di durata soggettiva, conseguenza di un conflitto che può essere accumulato nel soggetto e può comparire/scomparire in maniera subitanea, non essendo direttamente correlata al dispendio energetico. L affaticamento non è in genere legato a una sola parte specifica del corpo. Questo fa capire che il concetto di astenopia ha carattere di reversibilità e dipende dalle abitudini visive. Un operatore di videoterminale, ad esempio, esegue dei movimenti 18 ROSSETTI A. e GHELLER P., (op. cit.), scrivono : «sono movimenti bruschi, che permettono di spostare la fissazione da un punto all altro. La velocità è elevatissima, sino a 400 /s e la latenza 0.2 s.» 24

26 oculari molto più di frequente rispetto a chi svolge altre mansioni (ad esempio compiti di lettura e scrittura) Implicazioni dello stress visivo in visione prossimale Dall introduzione del termine stress, sin dalle definizioni date in psicologia, si è oramai soliti far riferimento a questo costrutto attribuendogli connotazioni negative. Nel caso dello stress visivo è così: esso diventa patologico quando il sistema visivo non è più in grado di far fronte alle necessità del soggetto, ovvero quando accorrono cambiamenti nelle abitudini lavorative, variazioni psico-sociali e altre cause ancora. Anche irregolarità di tipo visivo possono concorrere alla determinazione di questo stato, di per sé connotato da segni e sintomi piuttosto aspecifici. Lo stress visivo si manifesta attraverso l astenopia, una serie di disturbi eterogenei. A questi sono accostati anche dei segni obiettivi tra cui tic palpebrale, spasmi facciali, iposecrezione lacrimale con edema, iperemia congiuntivale e vari stati a carico della reattività pupillare. Dal punto di vista squisitamente visivo, solitamente si assiste ad ipertono accomodativo. I disturbi possono anche coinvolgere il sistema nervoso autonomo e la psiche. Già i primi studi sullo stress evidenziarono i coinvolgimenti del sistema simpatico, del midollare del surrene e dell asse ACHT-corticosterone, nelle reazioni 19 CASINI et. al op. cit. 25

27 organiche 20. Secondo lo sviluppo più recente della psiconeuroendocrinologia, l ipotalamo comunica con la periferia dell organismo attraverso i nuclei ipotalamici. È quindi evidenziato che il sistema nervoso centrale controlla delle funzioni della periferia mediante gli ormoni, ma può anche controllare delle funzioni superiori come i processi di apprendimento e di memorizzazione. Secondo l optometria comportamentale di Skeffington, l occhio ipermetrope rappresenta quella situazione ideale di protezione del meccanismo della messa a fuoco dagli stimoli che fanno convergere, mentre l exoforia costituisce una protezione del meccanismo di convergenza dagli stimoli accomodativi. Figura 5 Adattamento dell occhio allo stress, da CASINI M. et. al., op. cit. 20 ivi 26

28 «Forrest ha dimostrato attraverso l analogia della molla cui è attaccato un peso e della trave la stabilità e l integrità strutturale dei meccanismi di convergenza e accomodazione: la molla rappresenta il meccanismo omeostatico della convergenza che assorbe lo stress con l exoforia, il peso è il fattore stressante e la trave rappresenta il meccanismo omeostatico dell accomodazione che assorbe lo stress con l ipermetropia. Più aumenta il fattore stressante più la molla si distende fino ad arrivare alla massima distensione dove si esaurisce l effetto tampone; questa situazione è paragonabile a uno stato ortoforico, se aumentiamo lo stress, la trave comincia a opporre resistenza con la propria forza intrinseca, generando uno stato esoforico» 21. Quest analogia ben si presta a far capire che il sistema di protezione dallo stress è pronto a far variare in maniera anche permanente delle condizioni a carico della cosiddetta trave - come una grande esodeviazione o uno strabismo -. L intervento del sistema di protezione può determinare quindi: 1. Una minore applicazione nella visione prossima; 2. Aumento dell exoforia per contrastare lo stress; 3. Rinforzo della trave (accomodazione) attraverso ginnastica oculare, prescrizione di lenti e miglior igiene visiva e posturale ivi 22 ivi 27

29 I diversi approcci alle problematiche di tipo visivo propongono metodiche di azione e rieducazione diversa. La teoria classica, ad esempio, chiede che il soggetto sia emmetrope e ortoforico. Livelli normali di foria sono comunque compresi fra lo 0,5Δ di exo da lontano e le 6Δ di exo da vicino Contributi dell optometria comportamentale L optometria di scuola anglofona (Regno Unito e Stati Uniti) ha il merito di aver inteso la visione come una funzione di un olos, dove le funzioni psico-fisiologiche sono integrate al sistema di azione sensoriale e motorio dell organismo 23, superando così il più meccanicistico approccio dell ottica fisica. La visione, come funzione appresa, può essere modificata e sviluppata, riconoscendo come fondamentale il ruolo dell interazione del sistema con l ambiente. Una delle scuole di pensiero che dominano il panorama dell optometria comportamentale afferisce alla visione di Skeffington, che considerava lo sforzo visivo da vicino influenzato da quattro sottoprocessi: anti-gravità, centratura, identificazione e processo linguistico-uditivo 24. Il processo anti-gravità interessa il recettore visivo in relazione alle risposte dei segmenti corporei intesi nei loro componenti anatomici (ossa muscoli e giunture), quello di centratura riguarda la posizione nello spazio dello schema corporeo, l identificazione 23 CASINI M. et al., op. cit. 24 ivi 28

30 permette di riconoscere elementi noti nell ambiente, mentre il processo linguistico-uditivo integra l esperienza visiva con l aspetto verbale e uditivo delle interazioni sociali. Alla base dell optometria comportamentale permane l aspetto preventivo, quindi non è più possibile fermarsi alla semplice correzione ottica, bensì vengono seguite tre regole fondamentali: Visione ottimale e nitida; Visione confortevole; Visione con rispetto posturale 25. «Il processo visivo è appreso e condizionabile dell ambiente; la performance visiva modula la capacità di comprensione e interpretazione. La sua buona salute è indispensabile per un corretto sviluppo del processo di apprendimento. La complessità del processo visivo nega l idea degli occhi come semplice telecamera ma prevede una più estesa comprensione dell ingerenza degli altri processi funzionali che ne determinano lo sviluppo. Il disturbo visivo spesso non è risolto con sistemi diottrici ma può richiedere un programma di rieducazione visiva» ivi 26 ivi 29

31 CAPITOLO 4 INDAGINI POSTUROLOGICHE L esame posturale Secondo il parere autorevole di diversi autori, un esame della postura dovrebbe essere almeno concomitante ad una diagnosi medica, che possa escludere problematiche di natura non-posturale, indagini basate su un anamnesi approfondita, esami clinici ed accertamenti che comprendano dei test articolari/muscolari, avvalendosi dei migliori strumenti tecnologici. In primis vi sono gli esami baropodometrici e stabilometrici, fondamentali per il controllo del baricentro corporeo, che costituiscono i primi atti professionali volti a indagare lo stato generale di benessere della persona. Anche l elettromiografia di superficie, insieme alla kinesiografia, è utile allo scopo 27. La visita posturale consiste in un insieme di osservazioni che consentono al clinico di valutare il paziente per studiarne la collocazione fisica ideale nello spazio. A questo fine s indagano i tre piani: Il piano sagittale; Il piano frontale; Il piano orizzontale. Sul piano sagittale il soggetto rimane immobile, con le braccia lungo il corpo e con lo sguardo in lontananza, alla stessa altezza degli occhi. L osservazione è effettuata con il soggetto posto fra due fili a piombo, 27 CASINI M. et. al., op. cit. 30

32 cercando di rilevare la posizione media tra le oscillazioni posturali. A questo scopo sono osservate le pieghe dei glutei, il processo spinoso di L3 e C1 e il vertice. Se tali punti non si trovano sulla verticale di Barrè esiste un anomalia. Sul piano frontale il clinico valuterà l atteggiamento della testa assieme alle linee (bi-pupillare, bi-tralgica, bi-acromiale, bi-mamillare, biischiatica, bi-stiloidea, bi-rotulea e bi-malleolare) 28. Ancora sono valutati le spine iliache antero-superiori, lo spazio fra l arto superiore e il fianco, i triangoli della taglia, le pieghe ai fianchi e l anatomia del ginocchio. Secondo Casini et al., per una valutazione del piano trasverso vanno comparate le differenze tra il piano scapolare e il piano gluteo, evidenziando quindi i parallelismi ed eventuali differenze. Fra i test che possono essere proposti in posturologia si ricordano: il test di Unterberger o della marcia sul posto, che consiste nel far marciare il pz. sul posto con le braccia tese in avanti, per almeno 40 passi, staccando bene i piedi da terra. 29 Il test di Fukuda Il test di Nahmani (consiste nel test di Fukuda con dei rulli di cotone interdentario fra le emiarcate, e serve a valutare eventuali interferenze di valori stomatognatici). 28 ivi 29 ivi 31

33 Il test di Romberg è usato in ambito neurologico e informa su eventuali squilibri posturali in avanti, indietro e lateralmente. È eseguito a occhi chiusi con il paziente che tende le braccia in avanti formando con il corpo un angolo retto. Questo tipo di test dà anche delle indicazioni di tipo neuropsicologico sul paziente. La manovra di De Cyon, anch essa metodica di tipo neurologico, consiste nel chiedere al paziente di chiudere gli indici delle due mani a occhi chiusi, mentre il soggetto rimane seduto con le braccia tese. La manovra di Bassani è un esame dinamico. È eseguito a torso nudo e il medico dispone i suoi pollici in zona L3, sui processi spinosi. Al soggetto è chiesto di abbassare il mento sul petto e dopo un po di tempo anche il busto fino a toccare con le mani la punta di piedi. La rotazione del capo consiste nella valutazione delle eventuali limitazioni o delle differenze che si notano mentre il soggetto è invitato a girare il capo a destra e sinistra. L operatore si colloca alle spalle del paziente. La manovra di convergenza podalica è una valutazione che è eseguita con il soggetto in decubito supino, con le braccia lungo il corpo, sguardo in alto e denti in occlusione. È testata la resistenza dei gruppi muscolari rotatori esterni delle cosce facendo compiere un movimento passivo di rotazione interna degli arti inferiori. È una valutazione utile a verificare la motilità articolare a livello coxo-femorale. A corredo di quanto finora detto, una visita posturale veramente completa dovrebbe tener conto anche delle implicazioni dell apparato 32

34 stomatognatico e quindi delle occlusioni dentarie normali o anomale. Va detto anche che le disfunzioni linguali si ripercuotono sul sistema tonico posturale, e questo fa notare ancora una volta l effettiva complessità e multidisciplinarietà della posturologia. Anche le cicatrici, si è visto, giocano ruoli cruciali in ambito posturologico, poiché le aderenze cutanee e sottocutanee rappresentano danni sufficienti a determinare effetti a cascata sul sistema tonico posturale. 33

35 CAPITOLO 5 TRATTAMENTO OTTICO-OPTOMETRICO 5.1 Trattamento: aspetti generali Figura 6 - considerazioni importanti ai fini della gestione dell insufficienza di convergenza. Tratto da SCHEIMAN M., idem. Scrive S. Zulian: «Di tutte le sindromi di Duane o degli squilibri funzionali comportamentali, l'insufficienza è la più difficoltosa da trattare perché non si tratta di rieducare un sistema visivo contratto (come può essere nel caso dell'eccesso di convergenza), ma di un sistema visivo non coordinato, troppo rilassato» 30. Secondo Scheiman e Wick gli obiettivi che gli operatori si prefiggono, nel trattamento dell insufficienza di convergenza sono: Sviluppare una buona relazione con il paziente, in vista degli obiettivi successivi; Sviluppare una consapevolezza dei meccanismi di feedback che saranno usati durante la terapia; 30 ZULIAN S., Insufficienza di convergenza: cause diagnosi e trattamento, Vinci, da tesi I.R.S.O.O.,

36 Sviluppare convergenza volontaria; Normalizzare l ampiezza della vergenza fusionale positiva; Normalizzare l ampiezza accomodativa e le abilità di stimolare e rilassare accomodazione. In una fase successiva, ancora: Normalizzare le ampiezze delle vergenze fusionali negative; Normalizzare le facilità nelle vergenze fusionali positive; Normalizzare le facilità nelle vergenze fusionali negative. Nella terza fase di trattamento: Sviluppare le abilità di cambiare da una richiesta di convergenza a una richiesta di divergenza; Imparare ad integrare procedura di vergenza con cambi in accomodazione; Integrare le procedure di vergenza con versioni o saccadi. Come è mostrato in tabella (fig. 6) le indicazioni che alcuni professionisti riservano al trattamento dell insufficienza di convergenza risiedono, in primis, in una correzione ottimale del difetto visivo del paziente. Seguono, fra le indicazioni, la prescrizione di un prisma verticale, l occlusione per ambliopia, training visivo per ambliopia, accompagnato eventualmente da esercizi specifici in caso di soppressione. Possono essere utili anche trattamenti per le funzioni motorio-sensoriali e, per ultime, la prescrizione di prismi orizzontali (cfr. 5.3), addizione di lenti positive o 35

37 chirurgia (i cui risultati sono, alla luce dei fatti, dubbi). 31 È assodato che i trattamenti più gratificanti, dal punto di vista dei risultati, siano fra i primi elencati. Il motivo per cui è raccomandata una buona correzione ottica risiede nel fatto che, pur possedendo un basso rapporto AC/A, il paziente che presenta un ametropia può andare incontro a sbilanciamenti tra i due occhi che possono portare a disturbi della fusione sensoriale o creare una riduzione delle abilità di fusione, dovute alle immagini retiniche sfocate. Come regola generale, quando l insufficienza di convergenza è associata a un anisometropia maggiore di 0,5 diottrie, una correzione dovrebbe essere prescritta 32. Se l insufficienza di convergenza è associata a miopia il trattamento sarà più difficile anche perché, in caso di modesto grado di miopia, questo potrebbe essere secondario all insufficienza di convergenza. Con gradi moderati o alti di miopia, invece, è indicata una prescrizione. Alcuni autori hanno dimostrato che la prescrizione di valori prismatici anche molto bassi, per le deviazioni verticali, può avere un buon effetto sulla deviazione orizzontale. Com è riportato in letteratura, la prescrizione di prismi a base interna, per l insufficienza di convergenza, riveste una posizione modesta fra le considerazioni che abbiamo esposto poc anzi in tabella. La scelta di elezione (per l insufficienza di convergenza) rimane infatti la terapia visiva ovvero il training visivo, mentre quest ultimo ha molto meno valore in altri disturbi, come nel caso dell insufficienza di divergenza. Il 31 SCHEIMAN M. WICK B., op. cit. 32 ivi 36

38 training visivo, a questo punto, diventa una sfida che il professionista si appresta a cogliere. La prognosi, riguardo all insufficienza di convergenza, può essere molto buona se vengono seguiti i suggerimenti elencati. L efficacia del training visivo oscilla fra valori che vanno dall 85% al 95%, per soggetti di tutte le età Training visivo Una ricerca coinvolse 863 optometristi e 863 oftalmologi statunitensi, chiamati a indicare quali trattamenti mettessero in atto per la gestione dell insufficienza di convergenza. Gli optometristi utilizzavano il metodo del push-up, eseguito con la matita, seguito da terapia visiva da eseguire a casa e, a seguire, esercizi in ambulatorio. Per gli oftalmologi il trattamento più comune era costituito dalla terapia push-up con la matita, seguito da altre esercitazioni da svolgere a casa e prescrizioni prismatiche a base interna. Gli esercizi per incrementare il punto prossimo di convergenza si eseguono semplicemente facendo tenere al paziente un target (come una colonna di lettere in verticale, della dimensione di 20/60 della scala anglosassone) 33 in mano a braccia tese che porterà sempre più vicino agli occhi, cercando di mantenere sempre la fissazione. Questo esercizio 33 ZULIAN S., op. cit. 37

39 dovrebbe essere svolto più volte durante la giornata, per alcuni minuti. Benché questa poco dispendiosa tecnica possa essere raccomandata ai pazienti, gli autori ne raccomandano l accostamento anche con altri esercizi. È molto utile insegnare al paziente a convergere, o meglio fornirgli quelle indicazioni atte a creare in lui la consapevolezza del convergere. Saper ruotare entrambi gli occhi nasalmente e, in seguito, saper divergere in maniera consapevole, è una delle abilità chiave che possono costituire una solida base su cui costruire una terapia efficace. Gli obiettivi successivi a questo step, infatti, possono essere molto agevolati se il paziente sarà in grado di convergere e divergere in maniera agevole. Alcune delle procedure comunemente usate a questo scopo sono la corda di Brock e la card di Barrel. Figura 7 Corda di Brock da SHEIMAN e WICK, op. cit. 38

40 La corda di Brock (figura 7) consiste in una funicella nella quale sono infilate due biglie colorate, per convenzione una biglia verde più vicina al naso e una rossa più lontana. Queste possono essere spostate lungo la fune dall operatore. Primariamente può essere impiegata per aiutare ad acquisire la consapevolezza della convergenza e per normalizzare il punto prossimo di convergenza. Un capo della funicella va legato alla maniglia di una porta mentre l altro capo è tenuto prossimo alla cresta nasale del paziente, dallo stesso. Il soggetto viene invitato ad osservare la biglia più vicina al naso (verde) e deve riferire al professionista ciò che vede: a seconda che si stia fissando quella più vicina, o la più lontana, infatti, si avranno percezioni diverse, - come da figura 7(b) e 7(c) -. Ci si aspetta che quando il paziente sta guardando vicino siano percepite una biglia verde e due rosse. Oltre a questo, il soggetto dovrebbe riferire due stringhe che s incrociano sulla biglia verde, con la sensazione che una stringa sia la continuazione dell occhio sinistro e l altra dell occhio destro. Quando il soggetto guarda la biglia rossa, più lontana, dovrebbe notare due stringhe che s incrociano su di essa (figura 7c). Al paziente va indicato che questa tecnica serve a imparare a tener conto di quei feedback che gli occhi inviano, nei vari momenti. Gli si spiega, infatti, che tutti gli oggetti posti oltre o davanti all oggetto di fissazione sono visti doppi. Se il soggetto sta guardando la biglia più vicina e nota due stringhe che s incrociano, ma più lontano rispetto alla pallina verde, questo può indicare che il soggetto sta guardando troppo lontano, e quindi va addestrato a correggere la posizione degli occhi, per guardare più vicino. Un esercizio può consistere nel far 39

41 toccare la pallina che il soggetto sta guardando. Un passo successivo consiste nel chiedere al paziente di fondere l immagine della biglia più vicina, di fissare per circa cinque secondi quello stimolo visivo e poi di passare la fissazione a quella più lontana, mantenendo la fissazione per altri cinque secondi. Questo esercizio va ripetuto tre volte dopodiché la biglia più vicina può essere avvicinata di un po al naso, mantenendo sempre alla stessa distanza quella lontana. Una volta che il paziente ha imparato a convergere, o meglio ha acquisito consapevolezza circa i meccanismi di convergenza, si possono rimuovere le biglie dalla corda. Viene chiesto al paziente di fissare la parte finale della corda, aspettandosi che da questa partino percettivamente due stringhe divergenti, dopo di che si fa fissare al paziente molto lentamente sempre più vicino, fino a quando riuscirà a fissare un punto posto a pochi centimetri dal suo naso. È importante addestrare il paziente a cambiare la fissazione da lontano a vicino con gradualità, dopodiché si può passare, con la stessa procedura, dal vicino al lontano, divergendo. La procedura può essere ripetuta più volte per alcuni minuti. Lo step successivo consiste nell istruire il paziente a convergere lentamente e gradualmente senza l ausilio della corda. La card di Barrel consiste in una tessera di cartoncino bianco con tre target colorati per ogni lato dello stesso, verdi da un lato e rossi dall altro. L utilizzo di questa metodica ha lo stesso scopo degli esercizi eseguiti alla corda di Brock. 40

42 Figura 8 Card di Barrel da SHEIMAN e WICK, op. cit. Al paziente viene chiesto di tenere la tessera appoggiata alla cresta nasale e di fissare la terza immagine stampata, ovvero la più lontana. Il paziente dovrebbe riferire che l immagine vista consiste in una mescolanza fra il rosso e verde. Le altre due immagini, più vicine, dovrebbero essere viste doppie. In seguito al paziente viene fatta fissare l immagine al centro, per 10 secondi, per poi fissare quella più vicina, mantenendo anche in questo caso la fissazione per 10 secondi. Si chiede al paziente di passare dalla fissazione di un immagine all altra. Un altro esercizio molto importante è costituito dal rock accomodativo: per questo si utilizzano due ottotipi alla massima acuità visiva, uno per lontano e uno per vicino. Si esegue l esercizio spostando la fissazione dell ottotipo da lontano a quello da vicino, mantenendo nitido e singolo lo scritto, salvo poi tornare a fissare l ottotipo da lontano. Questo 41

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