Pesci delle acque interne d Italia

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1 MINISTERO DELL AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO Direzione per la Protezione della Natura ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA ALESSANDRO GHIGI Sergio Zerunian Pesci delle acque interne d Italia tavole a colori di Titti De Ruosi ISSN Quaderni di Conservazione della Natura NUMERO 20

2 MINISTERO DELL AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO Direzione per la Protezione della Natura ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA ALESSANDRO GHIGI Sergio Zerunian Pesci delle acque interne d Italia tavole a colori di Titti De Ruosi CONTIENE CD ROM QUADERNI DI CONSERVAZIONE DELLA NATURA NUMERO 20

3 AUTORE DEI TESTI, DELLE CHIAVI DICOTOMICHE E DELLE MAPPE DI DISTRIBUZIONE; CONSULENZA PER L ESECUZIONE DELLE TAVOLE A COLORI: Sergio Zerunian Laboratorio di Ittiologia delle Acque Dolci - Contrada Ponte la Vetrina, Maenza (LT) zerunians@virgilio.it TAVOLE A COLORI: Titti De Ruosi I disegni delle chiavi dicotomiche sono stati ripresi per la maggior parte dal volume I Pesci delle acque interne italiane di Gandolfi et al. (1991). Opera tratta da: Iconografia dei Pesci delle acque interne d Italia, edita dal Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio Direzione per la Protezione della Natura e dall Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica Alessandro Ghigi, La redazione raccomanda per le citazioni di questo volume la seguente dizione: Zerunian S., Pesci delle acque interne d Italia. Quad. Cons. Natura, 20, Min. Ambiente - Ist. Naz. Fauna Selvatica. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma (elettronica, elettrica, chimica, meccanica, ottica, fotostatica) o in altro modo senza la preventiva autorizzazione del Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio. Vietata la vendita: pubblicazione distribuita gratuitamente dal Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e dall Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica A. Ghigi.

4 INDICE INTRODUZIONE... Pag. 7 CICLOSTOMI PETROMIZONTIFORMI PETROMIZONTIDI LAMPREDA DI MARE LAMPREDA DI FIUME LAMPREDA DI RUSCELLO LAMPREDA PADANA PESCI OSSEI ACIPENSERIFORMI ACIPENSERIDI STORIONE STORIONE COBICE STORIONE LADANO ANGUILLIFORMI ANGUILLIDI ANGUILLA CLUPEIFORMI CLUPEIDI ALOSA E AGONE CIPRINIFORMI CIPRINIDI PIGO ROVELLA... 64

5 TRIOTTO... Pag. 67 CAVEDANO VAIRONE SANGUINEROLA TINCA SCARDOLA ALBORELLA ALBORELLA MERIDIONALE SAVETTA LASCA GOBIONE BARBO BARBO CANINO COBITIDI COBITE COBITE MASCHERATO BALITORIDI COBITE BARBATELLO ESOCIFORMI ESOCIDI LUCCIO SALMONIFORMI SALMONIDI TROTA FARIO E TROTA LACUSTRE TROTA MARMORATA TROTA MACROSTIGMA CARPIONE DEL FIBRENO CARPIONE DEL GARDA SALMERINO TEMOLO GADIFORMI GADIDI BOTTATRICE

6 MUGILIFORMI... Pag. 148 MUGILIDI CEFALO MUGGINE CALAMITA MUGGINE DORATO MUGGINE MUSINO MUGGINE LABBRONE ATERINIFORMI ATERINIDI LATTERINO CIPRINODONTIFORMI CIPRINODONTIDI NONO GASTEROSTEIFORMI GASTEROSTEIDI SPINARELLO SINGNATIDI PESCE AGO PESCEAGODIRIO SCORPENIFORMI COTTIDI SCAZZONE PERCIFORMI MORONIDI SPIGOLA PERCIDI PERSICO REALE SPARIDI ORATA BLENNIDI BAVOSA PAVONE

7 CAGNETTA... Pag. 207 GOBIDI GHIOZZETTO MARMOREGGIATO GHIOZZETTO MINUTO GHIOZZETTO CENERINO GHIOZZETTO DEL TORTONESE GHIOZZETTO DI LAGUNA PANZAROLO GHIOZZO NERO GHIOZZO DI RUSCELLO GHIOZZO PADANO GHIOZZO GÒ PLEURONETTIFORMI PLEURONETTIDI PASSERA BIBLIOGRAFIA INDICE DELLE SPECIE

8 INTRODUZIONE Nelle acque interne italiane sono indigeni 63 taxa di pesci, classificabili a livello di specie, semispecie o sottospecie, di cui 4 appartenenti alla classe dei Ciclostomi (Cyclostomata) e 59 alla classe degli Osteitti (Osteichthyes) o Pesci Ossei. 48 taxa vengono considerati d acqua dolce, in quanto i loro caratteri biologici ed ecologici permettono di definirli stenoalini dulcicoli, eurialini migratori obbligati o eurialini migratori facoltativi (vedi Gandolfi e Zerunian, 1987); 15 taxa frequentano invece le acque interne costiere prevalentemente per motivi trofici, e possono essere definiti migratori colonizzatori temporanei. Nelle acque interne italiane sono inoltre presenti 30 specie intenzionalmente o accidentalmente immesse dall uomo soprattutto a partire dalla fine dell Ottocento; esse non vengono trattate in questo lavoro, che ha la finalità di illustrare e descrivere la ricchezza biologica della nostra ittiofauna, perché pensiamo che le specie aliene non sono parte della biodiversità di una determinata regione geografica, ma rappresentano solo elementi negativi nei confronti di essa. I Pesci delle acque interne d Italia sono elencati nella tabella 1, seguendo una classificazione che è in ampio accordo con quanto riportato nel volume I Pesci delle acque interne italiane (Gandolfi et al., 1991) e nella Checklist delle specie della fauna italiana-vertebrata (Amori et al., 1993). Per alcuni taxa viene riportata una nomenclatura o una posizione sistematica diversa, che in parte tiene conto di modifiche proposte da altri autori successivamente ai suddetti lavori (vedi Kottelat, 1997), e in parte è frutto di nostre considerazioni (vedi Zerunian, 2002); nei paragrafi sulla sistematica compresi nel testo dei 63 taxa sono discusse in forma sintetica le varie questioni. L importanza faunistica dei Pesci delle acque interne d Italia è notevole, ed è dovuta soprattutto all alto numero di endemismi e di subendemismi (con quest ultimo termine ci riferiamo alle specie, semispecie o sottospecie che, pur non essendo esclusive del nostro paese, presentano la maggior parte del loro areale in territorio italiano). Limitandoci ai pesci d acqua dolce, gli endemismi sono 13 e i subendemismi 9; ad essi possiamo aggiungere due subendemismi facenti parte del gruppo di specie che frequenta le acque interne costiere prevalentemente per motivi trofici. Gli endemismi e i subendemismi sono evidenziati in neretto nella tabella 1. Per quanto riguarda la distribuzione dei pesci d acqua dolce, che notoriamente risulta di grande importanza in biogeografia, in Italia possono essere riconosciute due distinte regioni (Gandolfi e Zerunian, 1987, modificato da Zerunian, 2002): la Regione Padana, precedentemente definita Regione Padano-Veneta, e la Regione Italico-peninsulare. La prima comprende l intera Italia settentrionale, la gran parte delle Marche, il versante adriatico della Slovenia e la maggior parte di quello adriati- 7

9 co della Croazia; quest area corrisponde al bacino del Fiume Po durante l ultimo periodo glaciale pleistocenico. La seconda comprende tutte le regioni dell Italia peninsulare, a sud di una linea che congiunge il versante orientale della Liguria con la parte più meridionale delle Marche. Nella Regione Padana sono endemiche 8 specie: la Lampreda padana, il Triotto, la Savetta, il Cobite mascherato, il Carpione del Garda, il Ghiozzetto cenerino, il Panzarolo e il Ghiozzo padano; ad esse possiamo aggiungere altri 9 taxa che probabilmente hanno avuto origine evolutiva in questa regione ed hanno poi esteso il loro areale in regioni limitrofe: lo Storione cobice, il Vairone, l Alborella, la Lasca, il Barbo, il Barbo canino, il Cobite, la Trota marmorata e il Ghiozzetto di laguna. Nella Regione Italico-peninsulare sono endemiche 4 specie: la Rovella, l Alborella meridionale, il Carpione del Fibreno e il Ghiozzo di ruscello; le prime due sono presenti sia nei sistemi idrografici tirrenici che in quelli adriatici, probabilmente in relazione alle possibilità di comunicazione esistenti in un recente passato geologico, e forse tuttora, fra i due versanti per mezzo delle acque sotterranee dei sistemi carsici esistenti in alcune zone dell Appennino (anche la distribuzione della Lampreda di ruscello, presente nella penisola italiana sia nel versante tirrenico che in quello adriatico, confermerebbe questa possibilità); le altre due sono esclusive del versante tirrenico. Per quanto riguarda i pesci che frequentano le acque interne costiere prevalentemente per motivi trofici, i due subendemismi sono la Passera, esclusiva dell alto Adriatico, e il Ghiozzetto del Tortonese, presente in ambienti lagunari della Sicilia e del Nord-Africa. La relativa stabilizzazione del quadro sistematico dei Pesci delle acque interne d Italia è un risultato a cui si è giunti solo negli ultimi decenni; alcuni lavori ittiologici di sintesi rappresentano le tappe principali del percorso che ha portato alla situazione attuale: i volumi II, X e XI della Fauna d Italia (Tortonese, 1956, 1970, 1975); un paio di articoli pubblicati sugli Atti della Società italiana di Scienze naturali e del Museo civico di Storia naturale di Milano (Gandolfi e Zerunian, 1987, 1990); il volume I Pesci delle acque interne italiane (Gandolfi et al., 1991). Anche la pubblicazione della Checklist delle specie della fauna d Italia (Minelli et al., eds., ), promossa dal Servizio Conservazione Natura del Ministero dell Ambiente, conferma questa stabilizzazione; i Ciclostomi e i Pesci Ossei sono nel volume 110: Vertebrata. Nonostante la relativa normalizzazione del quadro sistematico, lo stato delle conoscenze sui Pesci delle acque interne d Italia non può considerarsi soddisfacente. Permangono lacune su alcune questioni di tassonomia, sulla distribuzione originaria delle specie e sulla biologia di alcuni taxa endemici; anche per quanto riguarda la consistenza delle popolazioni, essa è sufficientemente nota solo per i fiumi e i laghi di poche province (quelle che hanno impostato e portato avanti con serietà programmi di gestione dell ittiofauna legati all attività alieutica, soprattutto mediante le carte ittiche ). Il problema dell insufficiente conoscenza della nostra ittiofauna rientra in un ambito zoogeografico di dimensioni più ampie: significative lacune sulla tassonomia e sulla distribuzione sono state infatti evidenziate per l insieme dei Pesci d acqua dolce endemici nella Regione Nord-Mediterranea (Maitland e Crivelli, 1996), e più in generale per l ittiofauna europea (Kottelat, 1998). In una recente checklist dei Pesci delle acque interne d Europa (Kottelat, 1997) vengono ritenute valide 358 specie, contro le censite in precedenza. La notevole divergenza fra il numero di specie censite in tempi diversi è dovuta però sia alle insufficienti co- 8

10 noscenze tassonomiche sia, e soprattutto, alla diversa filosofia sistematica che è alla base delle classificazioni. Per quanto ci riguarda, pensiamo che il concetto di specie che maggiormente si avvicina alla realtà della natura è il concetto biologico (vedi Mayr, 1963, 1982). Di conseguenza non riteniamo validi gli altri concetti, come il concetto filogenetico (vedi Cracraft, 1989: in Kottelat, 1997) che applicato ai pesci delle acque interne porta a nostro avviso a un aumento artificiale delle specie; la biodiversità viene esaltata, ma molto probabilmente sovrastimata (si rimanda ai paragrafi sulla sistematica per una discussione sui singoli casi). Le lacune conoscitive si riflettono negativamente sulle inziative e sulle attività finalizzate alla conservazione delle specie e delle comunità ittiche, diventate necessarie in conseguenza della forte antropizzazione dei sistemi idrografici tipica dei paesi industrializzati come il nostro. Analisi compiute da diversi specialisti sullo stato di conservazione dell ittiofauna in Europa concordano ampiamente nelle conclusioni (vedi ad esempio Maitland, 1995; Lelek, 1996): negli ultimi cinquant anni è diventato sempre più evidente il declino della maggior parte delle specie, sia in termini numerici che di areale; nelle regioni più industrializzate, già negli anni 60 e 70 del XX secolo molti corsi d acqua che prima presentavano un alta diversità ed abbondanza di specie sono stati oggetto di consistenti deterioramenti e depauperamenti, culminanti spesso in estinzioni locali. Le cause antropiche ritenute responsabili della critica situazione sono le seguenti: trasformazioni dell uso del suolo delle aree interessate dai reticoli idrografici; opere di drenaggio e canalizzazioni; trasformazione di alcuni fiumi in canali navigabili; sbarramenti trasversali sui corsi d acqua (dighe, chiuse, ecc); prelievi eccessivi e sprechi di acqua per uso industriale, agricolo e civile; realizzazione di strutture, fluttuazione delle portate e scarichi di acque calde legate alla produzione di energia elettrica; scarichi industriali ed urbani; acidificazione delle acque; realizzazione di impianti di piscicoltura; pesca eccessiva ed attività gestionali collegate alla pesca professionale e sportiva; immissione deliberata o accidentale di specie aliene. Per quanto riguarda il nostro paese, le attività antropiche e le loro conseguenze che minacciano i pesci delle acque interne determinando perdita di biodiversità nelle specie e nelle comunità ittiche indigene sono numerose; esse sono state da noi evidenziate più volte negli ultimi anni (Zerunian, 1992; Zerunian e Taddei, 1996a; Zerunian e Gandolfi, 1999; Zerunian, 2002), ma il livello di attenzione per queste problematiche resta insufficiente. Le minacce più consistenti sono rappresentate dalle alterazioni degli habitat, dall inquinamento delle acque, dall introduzione di specie aliene, dalla pesca condotta in modo eccessivo o con metodi e in tempi illegali. In un nostro recente lavoro, Piano d azione generale per la conservazione dei Pesci d acqua dolce italiani (Zerunian, 2003), vengono discussi gli aspetti fondamentali della conservazione con particolare riferimento agli 8 taxa ritenuti di maggiore interesse conservazionistico: Lampreda padana, Storione cobice, Trota macrostigma, Carpione del Fibreno, Trota marmorata, Carpione del Garda, Panzarolo, Ghiozzo di ruscello. Nel presente volume la trattazione delle specie è preceduta da brevi paragrafi dove sono riportate le caratteristiche principali di ciascuna classe, ordine e famiglia. Mentre per le classi abbiamo seguito l impostazione tradizionale che riconosce i Ciclostomi e i Pesci Ossei, per gli ordini e le famiglie abbiamo fatto riferimento alla terza edizione del volume Fishes of the World (Nelson, 1994); nella tabella 2 viene riportata la classificazione adottata in questo testo, limitatamente agli ordini e al- 9

11 le famiglie che compongono l ittiofauna indigena delle acque interne italiane. Per i Petromizontidi, i Pesci Ossei, gli Acipenseridi, i Cipriniformi, i Ciprinidi, i Cobitidi, i Salmonidi, i Mugilidi, i Gasterosteiformi, i Singnatidi, i Perciformi, i Blennidi e i Gobidi vengono riportate delle chiavi per il riconoscimento delle unità sistematiche inferiori, utili a identificare tutte le specie dell ittiofauna italiana. Le chiavi, che sono state in parte riprese dal volume di Gandolfi et al. (1991), tengono conto esclusivamente di caratteri morfologici e in minor misura di caratteri anatomici presenti negli adulti e rilevati senza l ausilio di strumenti tecnologicamente avanzati; vanno intese solo come un mezzo artificiale utile alla diagnosi dei vari taxa. Il testo relativo a ciascuno dei 63 taxa è articolato nelle seguenti sezioni: sistematica, geonemia, habitat, biologia, rapporti con l uomo e conservazione. Per la sistematica sono riportati l ordine e la famiglia di appartenenza; per alcuni taxa vengono inoltre sintetizzate le motivazioni che hanno portato in tempi recenti a cambiamenti nella classificazione, sia per quanto riguarda la posizione sistematica che la nomenclatura, e le questioni sistematiche che permangono aperte. Nella geonemia si fa riferimento sia all areale complessivo dei taxa che al loro areale italico. Le cartine di distribuzione si riferiscono solo a quest ultimo e, per i pesci d acqua dolce, sono state realizzate tenendo conto principalmente dei lavori di Alessio e Gandolfi (1983), Forneris et al. (1991) e Bianco (1993); in esse, il colore uniforme indica una distribuzione continua all interno dell areale, il tratteggiato indica una distribuzione discontinua (a causa di contrazioni delle popolazioni ed estinzioni locali), il punteggiato indica che le presenze sono solo occasionali, le frecce indicano le parti artificiali degli areali (popolazioni acclimatate originatesi da immissioni intenzionali o accidentali). Vogliamo evidenziare che gli areali individuati potrebbero risultare imprecisi, sia per le modeste conoscenze faunistiche relative a diverse regioni italiane, sia per la situazione fortemente dinamica in relazione alle continue alterazioni antropiche delle presenze nei vari sistemi idrografici. Per quanto riguarda l habitat, le caratteristiche ambientali a cui si fa riferimento sono soprattutto quelle dei fiumi e dei laghi italiani; per le specie ad ampia distribuzione europea, viene però fatto anche un cenno agli habitat occupati in aree poste al di fuori del nostro paese. Nella sezione biologia sono sintetizzate le principali notizie relative al comportamento, all alimentazione, all accrescimento e alla riproduzione; al termine del testo di ciascuna specie vengono citate, come bibliografia essenziale, le fonti dalle quali sono state attinte le informazioni. È stato dato ampio spazio alla sezione rapporti con l uomo e conservazione, perché viene ritenuta importante e prioritaria ogni conoscenza ed azione finalizzata alla conservazione: per tutte le specie vengono riportate le eventuali utilizzazioni antropiche e l eventuale inserimento nelle direttive e convenzioni internazionali riguardanti la protezione della fauna (per questo aspetto si è fatto riferimento ai lavori di La Posta, 1999 e di Spagnesi e Zambotti, 2001, in particolare per quanto riguarda la Direttiva Habitat 92/43/CEE e la Convenzione di Berna); per i taxa d acqua dolce viene riportata la classificazione nelle categorie di rischio proposte dall IUCN (1994) secondo l ultima versione della Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia (Zerunian, 2002), che rappresenta un aggiornamento di liste rosse pubblicate in precedenza (Zerunian, 1997, 1998); in alcuni casi viene riportata la fonte di notizie particolareggiate sullo stato delle popolazioni italiane; vengono infine proposte misure ed interventi volti al miglioramento e al recupero delle situazioni che interessano i taxa minacciati. 10

12 Le ultime considerazioni riguardano le tavole a colori. La base di tutti i disegni (tranne che per gli Acipenseridi e per il Ghiozzetto del Tortonese) è stata realizzata osservando materiale dal vero, fissato in alcool o in formalina e proveniente dalla nostra collezione ittiologica; la successiva colorazione è stata eseguita osservando per alcune specie materiale fresco, e per altre diapositive eseguite subito dopo la cattura degli esemplari; l ambientazione, realizzata in forma monocromatica e in tono leggero per dare maggiore risalto ai pesci, riguarda le più evidenti caratteristiche dell habitat di ogni specie, quali il tipo di substrato e la vegetazione acquatica. Il lavoro risulta così originale, e rappresenta il primo in cui vengono raffigurati a colori tutti i Pesci delle acque interne d Italia. È però doveroso citare due opere precedenti alla nostra che risultano importanti per quanto riguarda la raffigurazione dell ittiofauna delle acque interne. La prima, dell Ottocento, è l Iconografia della fauna italica di C. L. Bonaparte ( ); le tavole riguardanti i pesci sono contenute nel volume III. In questo lavoro alcune famiglie, come ad esempio gli Acipenseridi e i Ciprinidi, vengono trattate in modo esemplare dal punto di vista grafico e in modo dettagliato per quanto riguarda la tassonomia; altre non vengono trattate o sono trattate solo superficialmente, anche per le modeste conoscenze faunistiche dell epoca. L opera risulta così molto bella e interessante, ma incompleta. L altro pregevole lavoro iconografico è quello di P. Dahlström, che è parte non secondaria di un volume sui Pesci d acqua dolce europei pubblicato oltre trent anni fa (Muus e Dahlström, 1967). Questo testo, in cui il disegno delle varie specie è spesso completato da un riferimento al loro habitat (come le piante acquatiche tipiche della zona fluviale o lacustre occupata), è molto interessante per le specie italiane ad ampia distribuzione europea; risulta però carente per quanto riguarda i numerosi endemismi e subendemismi italiani, che per la maggior parte non vengono né trattati né raffigurati. Nel presente Quaderno sono state disegnate tutte le specie ritenute valide dalla gran parte degli ittiologi (vedi tabella 1); nei casi in cui esiste un evidente dimorfismo sessuale sono stati raffigurati sia il maschio che la femmina. Per alcune specie scoperte o rivalutate negli ultimi decenni, i disegni contenuti nel Quaderno rappresentano la loro prima raffigurazione a colori. Quest ultima considerazione ci riporta al tema della modesta e insufficiente conoscenza della nostra ittiofauna. Ci auguriamo che questo lavoro possa rappresentare uno stimolo per varie categorie di persone, da coloro che svolgono attività di ricerca scientifica a coloro che hanno responsabilità nella tutela e nella gestione del patrimonio faunistico, affinché dedichino in futuro maggiore attenzione verso i Pesci delle acque interne d Italia: c è molto da fare per colmare le lacune nella conoscenza della biologia e dell ecologia di vari taxa, e per intervenire in difesa di numerose specie e di molti ambienti minacciati dalle attività dell uomo che non sono in armonia con la natura. 11

13 Tabella 1 - I Pesci delle acque interne d Italia. Nella colonna centrale sono evidenziati in neretto gli endemismi e i subendemismi. Nell ultima colonna è riportato un riferimento geografico relativo all areale delle specie, semispecie e sottospecie endemiche o subendemiche: N, regioni del nord; C, regioni del centro; S, regioni del sud; I, una o entrambe le regioni insulari; per i subendemismi il riferimento geografico è riportato fra parentesi. Con l asterisco sono evidenziate le specie che frequentano le acque interne solo per motivi trofici. CLASSE, ORDINE, Famiglia, Genere e Specie Nome comune italiano Endemismi (e subend.) CYCLOSTOMATA PETROMYZONTIFORMES Petromyzontidae Petromyzon marinus Linnaeus, 1758 Lampreda di mare Lampetra fluviatilis (Linnaeus, 1758) Lampreda di fiume Lampetra planeri (Bloch, 1784) Lampreda di ruscello Lampetra zanandreai Vladykov, 1955 Lampreda padana (N) OSTEICHTHYES ACIPENSERIFORMES Acipenseridae Acipenser sturio Linnaeus, 1758 Storione Acipenser naccarii Bonaparte, 1836 Storione cobice (N) Huso huso (Linnaeus, 1758) Storione ladano ANGUILLIFORMES Anguillidae Anguilla anguilla (Linnaeus, 1758) Anguilla CLUPEIFORMES Clupeidae Alosa fallax (Lacépède, 1803) Alosa e Agone CYPRINIFORMES Cyprinidae Rutilus pigus (Lacépède, 1804) Pigo Rutilus rubilio (Bonaparte, 1837) Rovella C Rutilus erythrophthalmus Zerunian, 1982 Triotto N Leuciscus cephalus (Linnaeus, 1758) Cavedano Leuciscus souffia muticellus Bonaparte, 1837 Vairone N/C/S Phoxinus phoxinus (Linnaeus, 1758) Sanguinerola Tinca tinca (Linnaeus, 1758) Tinca Scardinius erythrophthalmus (Linnaeus, 1758) Scardola Alburnus alburnus alborella (De Filippi, 1844) Alborella (N/C) Alburnus albidus (Costa, 1838) Alborella meridionale S Chondrostoma soetta Bonaparte, 1840 Savetta N Chondrostoma genei (Bonaparte, 1839) Lasca N/C Gobio gobio (Linnaeus, 1758) Gobione Barbus plebejus Bonaparte, 1839 Barbo (N/C/S) Barbus meridionalis caninus Bonaparte, 1839 Barbo canino N/C Cobitidae Cobitis taenia bilineata Canestrini, 1865 Cobite N/C Sabanejewia larvata (De Filippi, 1859) Cobite mascherato N Balitoridae Barbatula barbatula (Linnaeus, 1758) Cobite barbatello 12

14 Segue Tabella 1 CLASSE, ORDINE, Famiglia, Genere e Specie Nome comune italiano Endemismi (e subend.) ESOCIFORMES Esocidae Esox lucius Linnaeus, 1758 Luccio SALMONIFORMES Salmonidae Salmo (trutta) trutta Linnaeus, 1758 Trota fario e Trota lacustre Salmo (trutta) marmoratus Cuvier, 1817 Trota marmorata (N) Salmo (trutta) macrostigma (Duméril, 1858) Trota macrostigma (C/S/I) Salmo fibreni Zerunian e Gandolfi, 1990 Carpione del Fibreno C Salmo carpio Linnaeus, 1758 Carpione del Garda N Salvelinus alpinus (Linnaeus, 1758) Salmerino Thymallus thymallus (Linnaeus, 1758) GADIFORMES Gadidae Lota lota (Linnaeus, 1758) MUGILIFORMES Mugilidae Mugil cephalus Linnaeus, 1758 Liza ramada (Risso, 1826) Liza aurata (Risso, 1810) Liza saliens (Risso, 1810) Chelon labrosus (Risso, 1826) ATHERINIFORMES Atherinidae Atherina boyeri Risso, 1810 CYPRINODONTIFORMES Cyprinodontidae Aphanius fasciatus (Valenciennes, 1821) GASTEROSTEIFORMES Gasterosteidae Gasterosteus aculeatus Linnaeus, 1758 Syngnathidae Syngnathus acus Linnaeus, 1758 Syngnathus abaster Risso, 1810 SCORPAENIFORMES Cottidae Cottus gobio Linnaeus, 1758 PERCIFORMES Moronidae Dicentrarchus labrax (Linnaeus, 1758) Percidae Perca fluviatilis Linnaeus, 1758 Sparidae Sparus auratus Linnaeus, 1758 Blenniidae Temolo Bottatrice Cefalo* Muggine calamita* Muggine dorato* Muggine musino* Muggine labbrone* Latterino Nono Spinarello Pesce ago* Pesce ago di rio Scazzone Spigola* Persico reale Orata* Salaria pavo (Risso, 1810) Bavosa pavone * Salaria fluviatilis (Asso, 1801) Cagnetta Gobiidae Pomatoschistus marmoratus (Risso, 1810) Ghiozzetto marmoreggiato* Pomatoschistus minutus elongatus (Canestrini, 1861) Ghiozzetto minuto* 13

15 Segue Tabella 1 CLASSE, ORDINE, Famiglia, Genere e Specie Nome comune italiano Endemismi (e subend.) Pomatoschistus canestrini (Ninni, 1883) Ghiozzetto cenerino N Pomatoschistus tortonesei Miller, 1968 Ghiozzetto del Tortonese* (I) Knipowitschia panizzae (Verga, 1841) Ghiozzetto di laguna (N/C) Knipowitschia punctatissima (Canestrini, 1864) Panzarolo (N) Gobius niger jozo Linnaeus, 1758 Ghiozzo nero* Gobius nigricans Canestrini, 1867 Ghiozzo di ruscello C Padogobius martensii (Günther, 1861) Ghiozzo padano (N) Zosterisessor ophiocephalus (Pallas, 1811) Ghiozzo go * PLEURONECTIFORMES Pleuronectidae Platichthys flesus italicus (Günther, 1862) Passera* (N) Tabella 2 - Posizione sistematica degli ordini e delle famiglie che compongono l ittiofauna indigena nelle acque interne italiane, secondo Nelson (1994). phylum CHORDATA subphylum VERTEBRATA superclasse AGNATHA classe CEPHALASPIDOMORPHI ordine Petromyzontiformes famiglia Petromyzontidae superclasse GNATHOSTOMATA classe ACTINOPTERYGII sottoclasse CHONDROSTEI ordine Acipenseriformes sottordine Acipenseroidei famiglia Acipenseridae sottoclasse NEOPTERYGII divisione TELEOSTEI sottodivisione ELOPOMORPHA ordine Anguilliformes sottordine Anguilloidei famiglia Anguillidae sottodivisione CLUPEOMORPHA ordine Clupeiformes sottordine Clupeoidei famiglia Clupeidae sottodivisione EUTELEOSTEI superordine Ostariophysi serie Otophysi ordine Cypriniformes superfamiglia Cyprinoidea famiglia Cyprinidae 14

16 Segue Tabella 2 superfamiglia Cobitoidea famiglia Cobitidae famiglia Balitoridae superordine Protacanthopterygii ordine Esociformes famiglia Esocidae ordine Salmoniformes famiglia Salmonidae superordine Paracanthopterygii ordine Gadiformes famiglia Gadidae superordine Acanthopterygii serie Mugilomorpha ordine Mugiliformes famiglia Mugilidae serie Atherinomorpha ordine Atheriniformes sottordine Atherinoidei famiglia Atherinidae ordine Cyprinodontiformes sottordine Cyprinodontoidei famiglia Cyprinodontidae serie Percomorpha ordine Gasterosteiformes sottordine Gasterosteoidei famiglia Gasterosteidae sottordine Syngnathoidei superfamiglia Syngnathoidea famiglia Syngnathidae ordine Scorpaeniformes sottordine Cottoidei superfamiglia Cottoidea famiglia Cottidae ordine Perciformes sottordine Percoidei superfamiglia Percoidea famiglia Moronidae famiglia Percidae famiglia Sparidae sottordine Blennioidei famiglia Blenniidae sottordine Gobioidei famiglia Gobiidae ordine Pleuronectiformes sottordine Pleuronectoidei famiglia Pleuronectidae 15

17 CICLOSTOMI CYCLOSTOMATA La sistematica delle forme attuali di Vertebrati primitivi, considerati tali sia per l organizzazione anatomica che per l antica origine evolutiva che risale certamente al periodo Ordoviciano ( milioni di anni fa) e forse al precedente periodo Cambriano, ha subito negli ultimi decenni degli importanti cambiamenti: i due ordini dei Petromizontiformi e dei Missiniformi non vengono più compresi nella stessa classe, ma sono classificati in classi distinte (vedi Vannini, 1982 e Nelson, 1994); non c è però un accordo generale sui nomi da attribuire alle nuove classi. Nelson (1994), ad esempio, classifica i Petromizontiformi insieme a tre ordini estinti nella classe Cephalaspidomorphi, e i Missiniformi nella classe Myxini. Da parte nostra manteniamo il termine Ciclostomi, d uso comune, riferendolo esclusivamente ai rappresentanti dell ordine Petromyzontiformes; ad esso appartengono le lamprede, i soli Agnati viventi nelle acque interne. I Ciclostomi sono quindi una classe di Vertebrati acquatici aventi i seguenti caratteri morfologici e anatomici (Storer et al., 1979): corpo allungato e cilindrico; pinne pari assenti; cute priva di scaglie e ricca di ghiandole mucose; presenza del sistema della linea laterale; bocca priva di mascelle (agnati), con apertura circolare (ciclostomi) che porta a un imbuto ventrale atto a succhiare e munito di numerosi denti cornei, in parte sostenuti da piastre dentarie di varia grandezza; presenza di una narice dorsale impari; scheletro rudimentale e cartilagineo, costituito dal cranio, dal cestello branchiale e dagli archi neurali delle vertebre; corda dorsale persistente nell adulto; cuore con due cavità; respirazione per mezzo di branchie; 7 camere branchiali per lato, ciascuna delle quali provvista di una propria apertura indipendente; archi branchiali fusi a formare un cestello che contiene le branchie; gonade impari. La temperatura del corpo è variabile (eterotermi). La riproduzione ha luogo nelle acque dolci ed è seguita da uno sviluppo indiretto con un lungo stadio larvale; le larve vengono chiamate ammoceti. PETROMIZONTIFORMI PETROMYZONTIFORMES Per le caratteristiche morfologiche e anatomiche vedi i Ciclostomi. L ordine, costituito da circa 40 specie attuali distribuite nei mari e nelle acque interne della gran parte del pianeta, comprende la sola famiglia Petromyzontidae, suddivisa in tre sottofamiglie: Petromyzontinae, Geotrinae e Mordaciinae. In Europa e nell intero emisfero settentrionale, di norma a latitudini superiori a 30, sono presenti solo Petromizontini. 16

18 PETROMIZONTIDI PETROMYZONTIDAE Una o due pinne dorsali, con la parte posteriore dell ultima dorsale in continuità con le pinne caudale ed anale. Occhi ben sviluppati negli adulti. Denti sul disco orale e sulla lingua. Cavità nasoipofisaria con una sola apertura esterna. Sessi separati; la riproduzione ha luogo una sola volta nella vita, poiché poco tempo dopo la deposizione dei gameti gli adulti di entrambi i sessi muoiono. La sottofamiglia Petromyzontinae, a cui appartengono le specie dell emisfero settentrionale, è caratterizzata dai seguenti elementi: una sola piastra dentaria sopraorale, normalmente con una cuspide ad ogni estremità; piastra linguale trasversa dritta o curva, normalmente munita di cuspidi, delle quali la mediana può essere grande; due serie di piastre dentarie laterali multicuspidi, ciascuna disposta in una fila ricurva; da 50 a 77 miomeri nel tronco, fra l ultimo foro branchiale e l ano. In Europa vivono 10 specie, classificate in 5 generi. Nelle acque interne italiane sono presenti 4 specie appartenenti ai generi Petromyzon e Lampetra, due migratrici anadrome e due stenoaline dulcicole. Chiave per il riconoscimento dei generi - Piastra dentaria sopraorale stretta; denti labiali numerosi e disposti in serie; taglia grande (fino a circa 90 cm)... Petromyzon - Piastra dentaria sopraorale larga; denti labiali scarsi e non disposti in serie; taglia media o piccola (fino a cm)... Lampetra 17

19 Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Lampetra 1. Denti labiali posteriori presenti (spesso però non visibili, perché nascosti nel muco); due cuspidi nella piastra dentaria laterale mediana... L. zanandreai - Denti labiali posteriori assenti; tre cuspidi nella piastra dentaria laterale mediana miomeri fra l ultimo foro branchiale e l ano; taglia piccola (circa 20 cm)... L. planeri miomeri fra l ultimo foro branchiale e l ano; taglia media (30-35 cm)... L. fluviatilis 18

20 LAMPREDA DI MARE Petromyzon marinus Linnaeus 1758 Sistematica Ordine: Petromizontiformi Famiglia: Petromizontidi Geonemia Ha un ampia distribuzione su entrambi i versanti della parte settentrionale dell Oceano Atlantico, in Europa e in Nord- America. Nel nostro continente si trova in tutti i mari nordici e nel Mediterraneo; la sua presenza nelle acque interne riguarda ogni paese che si affaccia sul mare, dalla Scandinavia alla Penisola Iberica, fino al versante occidentale della Grecia. La specie è stata segnalata in tutti i mari e in quasi tutte le regioni italiane, con l esclusione però delle aree più interne. Habitat In Europa la Lampreda di mare è una specie migratrice anadroma, e perciò ampiamente eurialina, che occupa diversi tipi di ambiente durante la sua vita: si riproduce nei tratti medio-alti dei corsi d acqua, dove sono presenti substrati ghiaiosi; svolge la fase larvale nei tratti medi dei corsi d acqua, infossata nei substrati fangosi; dopo la metamorfosi, completa la fase trofica in mare. 19

21 Biologia È un ciclostomo di taglia grande (la lunghezza totale massima arriva normalmente a circa 90 cm; eccezionalmente può essere raggiunta la lunghezza di 120 cm e il peso di oltre 2 kg), che presenta una complessa biologia. In America settentrionale esistono sia popolazioni migratrici anadrome (che presentano taglia grande), che popolazioni capaci di svolgere l intero ciclo biologico in acqua dolce nella regione dei Grandi Laghi (che presentano taglia più piccola); queste ultime si riproducono nei corsi d acqua e si accrescono nei laghi. Nel nostro paese gli individui sessualmente maturi risalgono i corsi d acqua, fra la tarda primavera e l'inizio dell estate, fino ai tratti che presentano substrati ghiaiosi e ciottolosi; durante la migrazione genetica gli animali cessano di alimentarsi e il loro intestino si atrofizza. Raggiunti i luoghi di riproduzione i maschi e le femmine, lavorando in coppia, asportano ghiaia e ciottoli con la bocca, per creare una depressione nella quale vengono deposti i gameti; ciò ha luogo a temperature di C. Avvenuta la riproduzione gli individui muoiono. Alla schiusa dell uovo i piccoli di Lampreda di mare, così come in tutti gli altri ciclostomi, hanno aspetto e anatomia diversa dall adulto: la larva, detta ammocete, ha la bocca a ferro di cavallo, assenza di denti cornei, occhi non visibili perché ricoperti dalla pelle, fori branchiali uniti da un solco longitudinale, apparato digerente adatto alla nutrizione per filtrazione. Gli ammoceti vengono trasportati a valle dalla corrente, fino ai tratti dei corsi d acqua dove sono presenti substrati fangosi; qui conducono per alcuni anni (6-8 secondo dati rilevati in Canada, ma probabilmente anche meno) la loro vita infossati nel fango, nutrendosi di microrganismi animali e vegetali. Raggiunta la lunghezza di cm ha luo- go la metamorfosi e viene assunto l aspetto dell adulto. In autunno le giovani Lamprede di mare migrano in ambiente marino; durante la migrazione e successivamente in mare, grazie al poderoso apparato boccale composto da decine di robusti denti cornei, si attaccano al corpo di pesci ossei di taglia media e grande ma anche di altri vertebrati, come i delfini e gli squali, ai quali provocano ulcere nella pelle per succhiarne il sangue; la fuoriuscita del sangue degli animali parassitati è favorita dalla produzione di sostanze anticoagulanti da parte della Lampreda di mare. Poco è noto sulla biologia di questo ciclostomo in mare; sembra che la maggior parte della vita in questa fase sia trascorsa presso le coste, ma sono note catture di individui di grossa taglia a varie centinaia di metri di profondità. Talvolta giovani esemplari giungono nelle acque dolci attaccati a pesci anadromi in fase di migrazione genetica; nelle nostre acque ciò avviene ad esempio con l Alosa. La maturità sessuale è raggiunta dopo circa tre anni di vita in mare; in questa fase è presente dimorfismo sessuale: nei maschi compare sul dorso una piega cutanea longitudinale, nelle femmine si forma una pinna nella regione ventrale fra l ano e la coda; la papilla genitale è appuntita nei maschi e rotondeggiante nelle femmine. Rapporti con l uomo e conservazione La specie, ampiamente distribuita in Italia fino a circa un secolo fa, ha subito le prime riduzioni nelle nostre acque dolci nei primi decenni del Novecento, in relazione alla costruzione di dighe sui principali corsi d acqua. Fino agli anni 50 era comunque ancora regolarmente segnalata nella gran parte del suo areale storico. In seguito la Lampreda di mare è divenuta progressivamente sempre 20

22 meno frequente, fino a scomparire del tutto in molti fiumi italiani. Le cause della sua rarefazione sono le seguenti: costruzione di un alto numero di dighe e di altri sbarramenti trasversali nei corsi d acqua, che impediscono il raggiungimento delle aree di frega; inquinamento delle acque e dei substrati fangosi in mezzo ai quali viene svolta la fase larvale (gli ammoceti tollerano le acque inquinate molto meno degli adulti). Nel nostro paese negli ultimi quarant anni (cessata l attività di ricerca di Giuseppe Zanandrea) non sono stati raccolti dati in modo sistematico sulla distribuzione e sulla consistenza delle popolazioni di ciclostomi; in particolare non si conoscono i siti di riproduzione della Lampreda di mare ancora eventualmente esistenti. In varie regioni la specie viene considerata estinta nelle acque interne da almeno vent anni (Piemonte, Veneto, Abruzzo ed altre dove sono state compiute negli ultimi anni indagini sull ittiofauna, principalmente in relazione alla redazione di carte ittiche ). In altre parti d Italia la situazione è solo apparentemente migliore: è nota la cattura in anni recenti di grossi esemplari sessualmente maturi durante la fa- se di rimonta (ad esempio in corsi d acqua della Provincia di La Spezia e nel tratto terminale del Fiume Tevere), ma è probabile che questi non abbiano alcuna possibilità di raggiungere i luoghi adatti per deporre i gameti. La specie potrebbe così già essere considerata estinta nelle acque dolci italiane. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerata in pericolo critico. Petromyzon marinus è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). È indispensabile una raccolta di dati attendibili sulla presenza di questo ciclostomo nelle nostre acque interne e, soprattutto, la ricerca di eventuali siti di riproduzione; in caso di esito positivo, questi andrebbero tutelati in modo rigoroso. È poi auspicabile la realizzazione di idonei passaggi per pesci in corrispondenza delle dighe o, in alternativa, la realizzazione e la sperimentazione di aree di frega artificiali a valle dei principali sbarramenti dei corsi d acqua. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Hardisty, 1986a; Zanandrea,

23 LAMPREDA DI FIUME Lampetra fluviatilis (Linnaeus, 1758) Sistematica Ordine: Petromizontiformi Famiglia: Petromizontidi Geonemia L areale della specie comprende tutta l Europa settentrionale e parte dell Europa centrale, più un area mediterranea che va dal bacino del Fiume Rodano (in Francia) a quello del Fiume Sele (in Campania). In Italia è segnalata in tutte le regioni peninsulari tirreniche fino alla Campania; l unico reperto relativo al versante adriatico non è a nostro avviso da prendere in considerazione (un solo esemplare è stato trovato negli anni 70 nel mercato ittico di Pescara; è noto però che in questo mercato viene commercializzato anche pesce proveniente da località tirreniche laziali, che rappresentano molto probabilmente la reale provenienza del reperto). Habitat Nell area mediterranea la Lampreda di fiume è una specie migratrice anadroma, e perciò ampiamente eurialina, che occupa diversi tipi di ambiente durante la sua vita: si riproduce nei tratti medioalti dei corsi d acqua, dove sono presenti substrati ghiaiosi; svolge la fase larvale nei tratti medi dei corsi d acqua, infossata nei substrati fangosi; dopo la metamorfosi, completa la fase trofica in mare. Biologia È un ciclostomo di taglia media (la lunghezza massima arriva normalmente 22

24 a cm, eccezionalmente a 45-50; le popolazioni italiane sembrano però avere taglia inferiore: la lunghezza massima rilevata durante la migrazione genetica è di circa 25 cm), che presenta una complessa biologia. Nella gran parte dell areale la Lampreda di fiume è un migratore anadromo, ma in alcuni bacini dell Europa settentrionale (Lago Lomond, in Scozia; Lago Ladoga, in Russia; laghi della Finlandia meridionale) esistono popolazioni che svolgono l intero ciclo biologico in acqua dolce; queste si riproducono nei corsi d acqua e si accrescono nei laghi. Nel nostro paese la maggior parte degli individui sessualmente maturi risale i corsi d acqua in febbraio e marzo, fino ai tratti medio-alti dove sono presenti fondali ghiaiosi. Durante la migrazione genetica gli animali cessano di alimentarsi e il loro intestino si atrofizza; altri cambiamenti morfologici accompagnano il raggiungimento della maturità sessuale: il corpo si accorcia, le pinne dorsali aumentano di dimensione e diventano contigue; nelle femmine, inoltre, si sviluppa una pinna tra l ano e la coda. La riproduzione ha luogo in primavera, con un picco di attività nel mese di maggio nei nostri corsi d acqua. I maschi arrivano prima delle femmine nei siti di riproduzione ed iniziano a scavare una sorta di tana, asportando ciottoli con la bocca; il lavoro viene completato, anche con l ausilio delle femmine, mediante bruschi movimenti della coda che creano una buca di cm di diametro entro la quale vengono deposti i gameti. Dopo la deposizione gli individui muoiono. Gli ammoceti hanno morfologia ed ecologia simile a quelli della Lampreda di mare; vivono infossati nel fango per circa 4 anni, fino a raggiungere la lunghezza di 9-12 cm e subire quindi la metamorfosi. Le giovani Lamprede di fiume migrano in mare; qui, grazie all apparato boccale munito di robusti denti cornei, parassitano varie specie di pesci ossei di taglia media, soprattutto Clupeidi e Gadidi (le modalità di alimentazione sono del tutto simili a quelle della Lampreda di mare). Poco è noto sulla biologia di questo ciclostomo in ambiente marino; sembra comunque che questa fase della vita duri 2-3 anni e sia svolta prevalentemente in acque costiere. Rapporti con l uomo e conservazione La specie, regolarmente distribuita nelle regioni tirreniche fino agli anni 50, è divenuta progressivamente sempre meno frequente fino a scomparire del tutto in molti fiumi. Le cause della sua rarefazione sono le seguenti: costruzione di dighe e di altri sbarramenti trasversali nei corsi d acqua, che impediscono il raggiungimento delle aree di frega; inquinamento delle acque e dei substrati fangosi in mezzo ai quali viene svolta la fase larvale (gli ammoceti tollerano le acque inquinate molto meno degli adulti). Come già detto per la Lampreda di mare, nel nostro paese negli ultimi quarant anni non sono stati raccolti dati in modo sistematico sulla distribuzione e sulla consistenza delle popolazioni di ciclostomi; in particolare non si conoscono i siti di riproduzione della Lampreda di fiume ancora eventualmente esistenti. Le segnalazioni recenti di questa specie nei nostri corsi d acqua sono rarissime; potrebbe comunque trattarsi solo di individui in fase di rimonta, che hanno poche possibilità di raggiungere i luoghi adatti per deporre i gameti. La Lampreda di fiume potrebbe così già essere considerata estinta nelle acque dolci italiane. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerata in pericolo critico. 23

25 Lampetra fluviatilis è riportata nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II) e tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione (all. V). In alcune regioni dell Europa settentrionale ha infatti una discreta importanza economica, in quanto attivamente pescata per motivi di consumo; negli ultimi decenni c è stato però un consistente decremento del pescato, dovuto alle stesse cause an- tropiche che danneggiano la specie nel nostro paese. La Lampreda di fiume è inoltre elencata fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). È indispensabile una raccolta di dati attendibili sulla presenza di questo ciclostomo nelle nostre acque interne e, soprattutto, la ricerca di eventuali siti di riproduzione; in caso di esito positivo, questi andrebbero tutelati in modo rigoroso. È poi auspicabile la realizzazione di idonei passaggi per pesci in corrispondenza delle dighe o, in alternativa, la realizzazione e la sperimentazione di aree di frega artificiali a valle dei principali sbarramenti dei corsi d acqua. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Hardisty, 1986b; Zanandrea, 1957,

26 LAMPREDA DI RUSCELLO Lampetra planeri (Bloch, 1784) Sistematica Ordine: Petromizontiformi Famiglia: Petromizontidi Geonemia L areale è simile a quello della Lampreda di fiume: comprende tutta l Europa settentrionale e parte dell Europa centrale, più un area mediterranea che va dal bacino del Fiume Rodano (in Francia) a quello del Fiume Sele (in Campania). In Italia è presente in tutte le regioni peninsulari tirreniche fino alla Campania; è inoltre nota una popolazione nel versante adriatico della penisola, presso le sorgenti del Fiume Pescara, la cui origine è probabilmente da mettere in relazione con fenomeni di captazione di acque da un versante all altro dell Appennino in zone carsiche. Habitat La Lampreda di ruscello vive esclusivamente nelle acque dolci: si riproduce nei tratti medio-alti dei corsi d acqua, anche in piccoli ruscelli con acque limpide e fresche, su fondali ghiaiosi; svolge la fase larvale nei tratti più a valle dei corsi d acqua, o nelle aree ripariali dove la corrente è moderata, infossata nei substrati sabbiosi o fangosi. Poiché si tratta di una specie stenoecia, necessita di una buona qualità dell acqua e più in generale dell ambiente. Biologia È un ciclostomo bentonico di taglia piccola (la lunghezza totale massima è 25

27 di circa 20 cm negli ammoceti prima della metamorfosi, e poco meno negli adulti), che svolge l intero ciclo biologico nelle acque dolci. Alle nostre latitudini la riproduzione ha luogo in tarda primavera, su fondali ghiaiosi, alla profondità di pochi decimetri. I gameti vengono deposti in piccole buche ovali di cm di diametro e 5-10 cm di profondità, site preferibilmente in aree ombreggiate. Qui l attività riproduttiva viene svolta da gruppi composti da 2-10 individui, nella maggior parte dei casi una singola femmina e 2-3 maschi. La deposizione dei gameti si protrae per diversi giorni. Alla schiusa delle uova le larve, simili dal punto di vista morfologico e anatomico a quelle dei ciclostomi migratori, vengono trasportate passivamente nei tratti dei corsi d acqua dove la corrente è meno veloce; qui vivono per 3-7 anni infossate nella sabbia o nel fango nutrendosi per filtrazione di alghe, principalmente diatomee, e di altri microrganismi. Raggiunta la lunghezza di circa 20 cm ha luogo la metamorfosi, accompagnata da una rapida maturazione delle gonadi. Gli adulti non assumono cibo (manca quindi la fase parassita), e si spostano all interno dei corsi d acqua alla ricerca dei substrati idonei alla deposizione dei gameti; a questo stadio è evidente il dimorfismo sessuale: la papilla genitale è allungata e appuntita nei maschi, rotondeggiante nelle femmine; la pinna anale è presente solo nelle femmine. L attività riproduttiva dipende strettamente dalla temperatura, richiedendo il raggiungimento di C; il periodo in cui ha luogo, compreso tra marzo e luglio, varia perciò nelle diverse parti dell areale. Poco tempo dopo la riproduzione gli individui muoiono. La Lampreda di ruscello viene considerata una specie appaiata con la Lampreda di fiume. Con questo termi- ne si indica un fenomeno esclusivo dei ciclostomi, che ha implicazioni evolutive: esistono coppie di specie molto simili morfologicamente fra loro, che differiscono nella seconda parte del ciclo biologico: una svolge l intero ciclo in acqua dolce senza presentare la fase parassitaria, l altra è migratrice anadroma e presenta la fase parassitaria. Rapporti con l uomo e conservazione L areale della Lampreda di ruscello ha subito un evidente contrazione nel nostro paese in seguito all estinzione locale, o consistenti decrementi, di numerose popolazioni. Le cause maggiormente responsabili riguardano le alterazioni degli habitat: canalizzazioni ed altri interventi sugli alvei, come i prelievi di ghiaia, che provocano la scomparsa delle idonee aree di frega; inquinamento delle acque e dei substrati in mezzo ai quali viene svolta la fase larvale. Anche la pesca, condotta in alcune località con sistemi distruttivi sia a carico degli ammoceti che degli adulti in fase riproduttiva, è responsabile della rarefazione di questa specie in alcuni dei nostri corsi d acqua. Sembrano essere infine deleteri i massicci ripopolamenti a Salmonidi, in quanto le trote immesse cacciano attivamente le lamprede, soprattutto allo stadio larvale. Localmente è oggetto di consumo; viene anche utilizzata come esca nella pesca sportiva ai pesci predatori. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerata in pericolo. Lampetra planeri è riportata nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencata fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). 26

28 Gli interventi per la conservazione di questa specie, che risultano piuttosto urgenti in considerazione dell evidente contrazione dell areale, riguardano in primo luogo la tutela della naturalità dei corsi d acqua e il controllo dell inquinamento. È inoltre auspicabile l istituzione di aree protette fluviali laddove sono presenti popolazioni che hanno ancora una buona consistenza numerica. È necessario il monitoraggio dello stato delle popolazioni, e sono infine ipotizzabili reintroduzioni nei corsi d acqua dove si è verificata l estinzione locale. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Hardisty, 1986c; Zanandrea,

29 LAMPREDA PADANA Lampetra zanandreai Vladykov, 1955 Sistematica Ordine: Petromizontiformi Famiglia: Petromizontidi A metà degli anni 80 è stato proposto di classificare la Lampreda padana nel genere Lethenteron (Bianco, 1986), in un primo momento indicato come sottogenere a cui attribuire la specie (Hubbs e Potter, 1971). Tale posizione sistematica è stata accettata con riserva dal curatore del volume The Freshwater Fishes of Europe vol. 1, part I: Petromyzontiformes (Holcìk, 1986) e dagli autori della Checklist delle specie della fauna d Italia-Vertebrata (Amori et al., 1993). Da parte nostra è stata recentemente riproposta la classificazione originaria nel genere Lampetra (Zerunian, 2002), sulla base dei seguenti elementi: 1. Indagini sul DNA mitocondriale della Lampreda padana e della Lampreda di ruscello hanno mostrato il 98,9% di identità e il 100% di similarità nelle sequenze amminoacidiche, tali da sostenere l ipotesi di una recente separazione riproduttiva tra le due specie, con una speciazione che ha probabilmente avuto inizio in un periodo geologico corrispondente agli ultimi fenomeni glaciali (Tagliavini et al., 1994). 2. Le differenze morfologiche riguardanti i denti della piastra dentaria laterale mediana e i denti labiali posteriori fra la Lampreda padana e la 28

30 Lampreda di ruscello non sono costanti, e sembrano rientrare nel fenomeno della variabilità intraspecifica; inoltre tali differenze hanno probabilmente scarso significato, perché le strutture interessate risultano in riduzione dal punto di vista evolutivo nei ciclostomi non parassiti. 3. L ipotesi di classificare la Lampreda padana nel genere Lethenteron rende di difficile spiegazione l eventuale quadro zoogeografico del taxon, che presenterebbe aree separate da oltre 2000 km di terre emerse (la distribuzione del genere Lethenteron interessa la parte nord-orientale del continente Euroasiatico). La nostra impostazione è confortata anche dal quadro sistematico riportato da Nelson (1994), che considera Lethenteron solo un sottogenere del genere Lampetra. Geonemia La specie è endemica nella Regione Padana. La gran parte del suo areale ricade in Italia: è presente nel versante alpino del bacino del Po, in Veneto, in Friuli-Venezia Giulia e, con una popolazione isolata, nell Appennino marchigiano (Fiume Potenza). È stata recentemente segnalata anche nel versante adriatico della Slovenia e in Dalmazia (a sud fino al bacino del Fiume Neretva). Habitat La Lampreda padana vive esclusivamente nelle acque dolci: si riproduce nei tratti medio-alti dei corsi d acqua, anche in piccoli ruscelli con acque limpide e fresche, su fondali ghiaiosi; svolge la fase larvale nei tratti più a valle dei corsi d acqua, o nelle aree ripariali dove la corrente è moderata, infossata nei substrati sabbiosi o fangosi. Vive anche nelle risorgive. Poiché si tratta di una specie stenoecia, necessita di una buona qualità dell acqua e più in generale dell ambiente. Biologia È un ciclostomo bentonico di taglia piccola (la lunghezza totale massima è di circa 20 cm negli ammoceti prima della metamorfosi, e poco meno negli adulti), che svolge l intero ciclo biologico nelle acque dolci. Le conoscenze sulla sua biologia sono scarsissime: la riproduzione ha luogo tra gennaio e marzo, con modalità probabilmente simili a quelle della Lampreda di ruscello. La fase larvale dura 4-5 anni e la vita dell adulto 6-8 mesi. Il dimorfismo sessuale è simile a quello della Lampreda di ruscello; inoltre nella Lampreda padana il disco orale è più grande nei maschi. Rapporti con l uomo e conservazione L areale della Lampreda padana ha subito un evidente contrazione nel nostro paese in seguito all estinzione locale, o consistenti decrementi, di numerose popolazioni; circa 15 anni fa presentava una distribuzione regolare solo nella parte alta del Po e nel Biellese; la situazione attuale potrebbe essere maggiormente critica. Come per l altro ciclostomo che svolge l intero ciclo biologico in acqua dolce, le cause maggiormente responsabili dei depauperamenti riguardano le alterazioni degli habitat: canalizzazioni ed altri interventi sugli alvei, come i prelievi di ghiaia, che provocano la scomparsa delle idonee aree di frega; inquinamento delle acque e dei substrati in mezzo ai quali viene svolta la fase larvale; abbassamento delle falde, con conseguente diminuzione di portata delle risorgive. Anche la pesca, condotta in alcune località con sistemi distruttivi sia a carico degli ammoceti che degli adulti in fase riproduttiva, è responsabile della rarefazione di questa specie in alcuni dei nostri corsi d acqua. Sembrano essere infine deleteri i massicci ripopolamenti a Salmonidi, in quanto le 29

31 trote immesse cacciano attivamente le lamprede, soprattutto allo stadio larvale. Localmente è oggetto di consumo; viene anche utilizzata come esca nella pesca sportiva ai pesci predatori. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerata in pericolo. Lampetra zanandreai è riportata nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II) e tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione (all. V). È inoltre elencata fra le specie particolarmente protette nella Convenzione di Berna (all. II). Gli interventi per la conservazione di questa specie, che risultano piuttosto urgenti in considerazione dell evidente contrazione dell areale, riguardano in primo luogo la tutela della naturalità dei corsi d acqua e il controllo dell inquinamento. È inoltre auspicabile l istituzione di aree protette fluviali laddove sono presenti popolazioni che hanno ancora una buona consistenza numerica. Sono infine indispensabili ricerche sulla biologia e l ecologia di questo prezioso endemismo padano, così come il monitoraggio dello stato delle popolazioni. Sono ipotizzabili reintroduzioni nei corsi d acqua dove si è verificata l estinzione locale. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Zanandrea, 1958,

32 PESCI OSSEI OSTEICHTHYES I Pesci Ossei sono una classe di Vertebrati acquatici aventi i seguenti caratteri morfologici e anatomici (Storer et al., 1979): corpo di forma varia, con pinne impari e 1-2 paia di pinne pari sostenute da un proprio scheletro; cute generalmente rivestita da scaglie ossee; bocca tipicamente terminale, provvista di mascelle (gnatostomi); presenza di un paio di narici dorsali; presenza del sistema della linea laterale; endoscheletro più o meno ossificato; cuore con due cavità; respirazione per mezzo di branchie; una sola camera branchiale per lato, che si apre all esterno con un unica apertura protetta da un opercolo; gonadi generalmente pari. La temperatura del corpo è variabile (eterotermi). Normalmente sono ovipari, in qualche caso ovovivipari, con sviluppo diretto. La classe, di cui si conoscono fossili a partire dal periodo Devoniano ( milioni di anni fa), e che potrebbe affondare le sue radici nel precedente periodo Siluriano, è attualmente all apice di una spettacolare radiazione evolutiva e comprende circa specie viventi note (oltre la metà di tutti i Vertebrati). In conseguenza dell antica e complessa storia evolutiva, la filogenesi dei vari gruppi è solo in parte conosciuta; la classificazione è così suscettibile di modifiche relativamente frequenti, in relazione ai nuovi studi tassonomici che vengono condotti. Considerando in primo luogo la struttura dello scheletro che sostiene le pinne pari, i Pesci Ossei vengono tradizionalmente suddivisi in 4 sottoclassi (Blot, 1978): Dipnoi, Crossopterigi, Brachiopterigi, Attinopterigi; le prime due possono essere riunite nel gruppo dei Sarcopterigi. Gli Attinopterigi vengono a loro volta suddivisi in tre gruppi, distinti in base a un diverso grado di ossificazione dello scheletro: Condrostei, Olostei e Teleostei. Classificazioni più recenti (come quella cladistica di Nelson, 1994) considerano i Sarcopterigi e gli Attinopterigi come classi distinte, che insieme alla classe degli Acantodi (estinta) costituiscono il gruppo dei Teleostomi; gli Attinopterigi vengono a loro volta suddivisi in Condrostei e Neopterigi. Da parte nostra manteniamo la classe degli Osteitti, evidenziando però che non si tratta di un gruppo monofiletico. Nelle acque interne italiane sono presenti solo specie appartenenti al gruppo degli Attinopterigi, pesci provvisti di pinne pari con scheletro costituito da pezzi radiali disposti a ventaglio cui si appoggiano raggi cutanei (lepidotrichi), privi di coane (narici interne) e di polmoni, con vescica gassosa generalmente presente che si origina da una estroflessione dorsale del tubo digerente. All interno degli Attinopterigi, la nostra ittiofauna annovera rappresentanti dei Condrostei e dei Teleostei. I Condrostei sono presenti con tre specie di Acipenseridi; i Teleostei sono presenti con 56 taxa, fra specie, sottospecie e semispecie, appartenenti alle seguenti famiglie: Anguillidi, Clupeidi, Ciprinidi, Cobitidi, Balitoridi, Esocidi, Salmonidi, Gadidi, Mugilidi, Aterinidi, Ciprinodontidi, Gasterosteidi, Singnatidi, Cottidi, Moronidi, Percidi, Sparidi, Blennidi, Gobidi, Pleuronettidi. 31

33 Chiave per il riconoscimento degli ordini 1. Corpo munito di 5 serie di scudi ossei diretti in senso cefalo-caudale; coda eterocerca; endocranio prevalentemente cartilagineo; notocorda persistente; vertebre di tipo acentrico... Acipenseriformes - Corpo ricoperto di scaglie, più raramente di placche o anelli ossei, oppure nudo; coda omocerca; endocranio osseo; notocorda ridotta a residui negli spazi intervertebrali; vertebre di tipo olocentrico ed anficeliche Corpo molto compresso lateralmente; entrambi gli occhi posti sullo stesso lato del capo; lato del corpo opposto a quello degli occhi nettamente meno pigmentato dell altro... Pleuronectiformes - Corpo affusolato, o allungato, o cilindrico, o compresso in senso dorso-ventrale; occhi posti simmetricamente sui due lati del capo; lati del corpo ugualmente pigmentati Corpo cilindrico, con pelle ricoperta da abbondante muco e provvista di piccole scaglie nascoste nel derma; pinne dorsale, caudale ed anale in continuità fra loro; pinne ventrali assenti... Anguilliformes - Corpo affusolato, o allungato, o compresso in senso dorso-ventrale; pinne dorsale, caudale ed anale più o meno separate fra loro; pinne ventrali normalmente presenti Pelle priva di scaglie, ricoperta da anelli ossei embricati oppure parzialmente corazzata da ampie placche ossee; pinne ventrali spiniformi o assenti... Gasterosteiformes - Pelle non protetta da anelli ossei né da placche ossee; pinne ventrali presenti e non spiniformi Pinne sostenute solo da raggi molli; scaglie cicloidi sul corpo, assenti sul capo Pinne sostenute da raggi molli, a cui possono essere associati raggi spiniformi più o meno duri; scaglie cicloidi o ctenoidi Linea laterale assente sui fianchi; corpo con carena ventrale costituita da una serie di scudetti ossei dentellati... Clupeiformes - Linea laterale presente sui fianchi; carena ventrale assente

34 7. Regione preorbitale lunga e schiacciata in senso dorso-ventrale, con bocca molto grande; una sola pinna dorsale, in posizione molto arretrata ed opposta alla pinna anale... Esociformes - Regione preorbitale e bocca normalmente sviluppate; due pinne dorsali, di cui la seconda molto piccola e priva di raggi (pinna adiposa)... Salmoniformes 8. Apparato di Weber presente, costituito da una serie di piccole ossa che collegano la vescica gassosa al labirinto; denti assenti sulle mascelle; pelle ricoperta di scaglie, in genere di tipo cicloide... Cypriniformes - Apparato di Weber assente Pinna caudale con scheletro simmetrico; un singolo barbiglio all apice dell arcata buccale inferiore... Gadiformes - Pinna caudale con scheletro asimmetrico Linea laterale assente o rudimentale, costituita da una serie di fossette lungo la linea mediana dei fianchi Linea laterale presente Una sola pinna dorsale... Cyprinodontiformes - Due pinne dorsali Prima pinna dorsale sorretta da 3-9 raggi spiniformi sottili e flessibili Atheriniformes - Prima pinna dorsale sorretta da 4 raggi spiniformi grossi e rigidi, di cui l ultimo più corto e più distanziato dagli altri... Mugiliformes 13. Pelle provvista di scaglie, generalmente ctenoidi; pinne generalmente munite di raggi duri e spiniformi... Perciformes - Pelle priva di scaglie e più o meno provvista di piccole placche ossee con rilievi e spine...scorpaeniformes 33

35 ACIPENSERIFORMI ACIPENSERIFORMES Gli Acipenseriformi, insieme ai Polipteriformi e ad altri 9 ordini estinti, costituiscono il taxon dei Chondrostei; questo secondo Nelson (1994) rappresenta una sottoclasse degli Attinopterigi. I Condrostei presentano un insieme di caratteri primitivi, che testimoniano la loro antica origine evolutiva: modesta ossificazione dello scheletro; interopercolare assente; premascellare e mascellare rigidamente attaccati all ectopterigoideo e al dermopalatino; spiracoli normalmente presenti. Quest ordine, di cui sono noti fossili a partire dal Giurassico inferiore, è definito dai seguenti caratteri: regione buccale generalmente allungata a forma di rostro, o di spatola, e provvista di barbigli; bocca infera; spiracoli presenti o assenti; coda generalmente eterocerca e sempre notevolmente incisa nel margine posteriore; scheletro in gran parte cartilagineo e solo in minima parte osseo; volta cranica completa e costituita da numerose ossa cutanee; notocorda persistente, a cui si sovrappongono vertebre acentriche; opercolo rudimentale, con il solo subopercolare ben sviluppato; raggi delle pinne più numerosi dei pezzi ossei basali; clavicola e cleitro presenti; intestino provvisto di valvola spirale. Le specie viventi di Acipenseriformi sono 26, distribuite nell emisfero settentrionale a nord del Tropico del Cancro; vengono riconosciute due famiglie attuali: Acipenseridae, caratterizzata dalla presenza di scudi ossei cutanei, e Polyodontidae, priva di scudi ossei; entrambe sono formate da specie che si riproducono esclusivamente in acqua dolce. In Europa sono presenti solo gli Acipenseridi. ACIPENSERIDI ACIPENSERIDAE Corpo molto allungato. Presenza di 5 serie di ossa cutanee a forma di scudo disposte in senso cefalo-caudale: una serie dorsale, due laterali e due latero-ventrali. Scudi ossei ben evidenti nei giovani, tali da conferire una forma pentagonale alla sezione trasversale del corpo; con l avanzare dell età si assottigliano e possono anche scomparire negli esemplari più vecchi. Capo con la regione buccale più o meno prolungata a forma di rostro. Bocca nettamente infera e protrusibile, provvista di labbra carnose e priva di denti negli adulti. 4 barbigli inseriti su una stessa linea trasversale fra la bocca e la punta del rostro. Pinna caudale nettamente eterocerca, con il lobo superiore molto sviluppato e appuntito. Pinne dorsale, ventrali ed anale inserite molto indietro. Primo raggio delle pinne pettorali trasformato in una robusta spina. Volta cranica completamente formata, costituita da numerose ossa cutanee. Sub-opercolare ben sviluppato; preopercolare rudimentale; interopercolare e opercolare assenti. Vescica gassosa presente e munita di dotto pneumatico. La famiglia, nota fin dal Cretaceo superiore, comprende 24 specie classificate in 4 generi. La maggior parte di esse sono migratrici anadrome, mentre alcune sono in grado di svolgere l intero ciclo biologico in acqua dolce; esistono anche specie in cui una parte delle popolazioni è migratrice e una parte stanziale. Nelle acque interne italiane vivono tre specie, tutte migratrici anadrome, classificate nei generi Acipenser e Huso; una (A. naccarii) potrebbe però presentare popolazioni capaci di compiere l intero ciclo biologico in acqua dolce. 34

36 Chiave per il riconoscimento dei generi - Membrane branchiosteghe dei due lati del capo separate fra loro ventralmente; barbigli corti, non estesi fino alla bocca; bocca con profilo dritto... Acipenser - Membrane branchiosteghe dei due lati del capo unite fra loro ventralmente; barbigli lunghi, estesi fino a raggiungere la bocca; bocca falciforme... Huso Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Acipenser - Rostro fusiforme e moderatamente lungo; inserzione dei barbigli più vicina alla punta del rostro che alla bocca; branchiospine sul primo arco branchiale... A. naccarii - Rostro appuntito e relativamente lungo; inserzione dei barbigli più vicina alla bocca che alla punta del rostro; branchiospine sul primo arco branchiale... A. sturio 35

37 36 STORIONE Acipenser sturio Linnaeus, 1758

38 Sistematica Ordine: Acipenseriformi Famiglia: Acipenseridi Geonemia La specie presenta un ampia distribuzione europea e medio-orientale. Il suo areale storico in Italia, almeno fino agli anni 20, era il seguente: alto Adriatico, bacino del Po, Fiumi Adige, Brenta, Piave, Tagliamento e Tevere (in questi ambienti era considerato frequente ed era oggetto di pesca); Mari Ligure, Tirreno e Ionio, Fiumi Arno, Liri, Volturno e Garigliano (dove era considerato poco frequente o occasionale). Habitat Lo Storione è un migratore anadromo ed è perciò eurialino. Gli individui più giovani, fino a circa un metro di lunghezza, dopo essere migrati in mare stazionano in prossimità degli estuari a profondità moderate (20-50 m); quelli di dimensioni superiori si spingono a profondità maggiori ( m). Nelle acque dolci risale i fiumi di maggiore portata, dove occupa preferibilmente le buche più profonde nei tratti a corrente moderata. È un pesce piuttosto resistente alle basse concentrazioni di ossigeno. I giovani Storioni, quando sono in acque interne, si nutrono prevalentemente di larve di insetti, vermi, crostacei e molluschi. In mare la dieta è costituita da invertebrati bentonici (molluschi, anellidi policheti e crostacei) e piccoli pesci. L alimentazione è sospesa durante la migrazione e nel periodo riproduttivo. L accrescimento è piuttosto rapido nei primi anni di vita: a 1-2 anni viene raggiunta la lunghezza totale di cm ( g), a 5 anni cm (2-3 kg) e a 10 anni cm (15-30 kg). La specie è longeva, potendo superare i 40 anni di vita; la maggior parte degli individui non oltrepassa però i 25 anni. La femmine hanno crescita più veloce dei maschi e raggiungono età e taglie superiori; di conseguenza il rapporto sessi è spostato a loro favore. Alle nostre latitudini la maturità sessuale viene raggiunta nei maschi a 9-10 anni (circa 120 cm di lunghezza totale) e nelle femmine a anni ( cm). Nessun individuo di lunghezza inferiore a un metro è sessualmente maturo. Non c è dimorfismo sessuale. In primavera gli adulti migrano dal mare verso le acque dolci per la riproduzione. La risalita, che nei nostri corsi d acqua è stata osservata tra marzo e maggio, può portare gli Storioni fino a varie cen- Biologia È un pesce di taglia grande (la lunghezza totale massima arriva normalmente a 3,5-4 m e il peso a 2,5 q; nel corso del Novecento nell areale italiano sono stati però catturati solo esemplari di taglia inferiore, che ha superato raramente la lunghezza di 2 m e il peso di 60 kg). Molto scarse sono le conoscenze relative alle popolazioni italiane, per cui i dati che vengono riportati si riferiscono a studi compiuti in altre parti dell areale. 37

39 tinaia di chilometri dalla foce (nel Po, ad esempio, gli Storioni si spingevano un tempo fino a Torino). I maschi giungono nelle zone di riproduzione prima delle femmine. La deposizione ha luogo in acque profonde, probabilmente su fondali ciottolosi o ghiaiosi, nella tarda primavera. Ogni femmina depone centinaia di migliaia di uova, che vengono fecondate da piccoli gruppi di maschi; le uova sono adesive e restano attaccate al substrato. Avvenuta la riproduzione, gli adulti tornano rapidamente in mare. Dopo 2-3 anni dalla nascita i giovani scendono al mare, dove restano fino al raggiungimento della maturità sessuale. In questa specie, come generalmente anche negli altri Acipenseridi, gli individui che si sono riprodotti sono in grado di riprodursi nuovamente solo dopo 2-4 anni. Rapporti con l uomo e conservazione Fino ai primi anni del Novecento lo Storione era frequente nei principali fiumi italiani; localmente era abbondante e oggetto di intensa attività di pesca. Le sue carni vengono considerate eccellenti e dalle uova si ricava il caviale. La riproduzione nel bacino del Po è documentata fino ai primi anni 70 e poi, nonostante indagini successive, non è stata più rilevata; dalla metà degli anni 80 la specie è praticamente scomparsa dal più importante sistema idrografico italiano. Nel Tevere si riproduceva fino agli anni 20, poi si è progressivamente rarefatto fino a scomparire del tutto. Lo Storione potrebbe già essere considerato estinto nelle acque interne italiane; l attuale presenza occasionale riguarda probabilmente solo individui erratici provenienti da altre parti dell areale della specie. Il consistente declino delle popolazioni avvenuto durante il secolo scorso è stato determinato dai seguenti fattori: intensa attività di pesca professionale, esercitata anche su esemplari in età pre-riproduttiva; costruzione di dighe, che impediscono il raggiungimento delle aree di frega (nel Po, ad esempio, una prima riduzione dell areale si è avuta con la costruzione della diga di Casale Monferrato; successivamente la diga di Isola Serafini ha determinato ulteriori problemi); inquinamento delle acque e, più in generale, degrado degli habitat. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato in pericolo critico. Acipenser sturio è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); insieme ad A. naccarii è il solo pesce d acqua dolce italiano elencato nella stessa direttiva anche tra le specie che richiedono una protezione rigorosa (all. IV). Lo Storione è inoltre elencato fra le specie particolarmente protette nella Convenzione di Berna (all. II), ed è riportato nell allegato A dei regolamenti comunitari sul commercio di fauna e flora selvatiche nel rispetto della Convenzione di Washington (CITES). Nel nostro paese la pesca allo Storione è attualmente vietata (D.M ). Per la conservazione di questa specie sono urgenti concrete misure: la costruzione di passaggi per pesci in prossimità delle dighe o, in alternativa, la realizzazione di aree di frega artificiali subito a valle dei principali sbarramenti; interventi finalizzati a ridurre l inquinamento delle acque; ripopolamenti; reintroduzioni. Le varie tipologie d intervento dovrebbero essere supportate da ricerche sulla biologia e l ecologia nei nostri ambienti, nonché dal monitoraggio della distribuzione e dello stato delle singole popolazioni. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Holcik et al., 1989; Rossi et al.,

40 STORIONE COBICE Acipenser naccarii Bonaparte,

41 Sistematica Ordine: Acipenseriformi Famiglia: Acipenseridi Secondo Kottelat (1997) il primo nome scientifico valido per lo Storione cobice è Acipenser heckelii Fitzinger, Senza entrare nel merito della questione, così come per altre specie in cui è consolidato un altro nome scientifico (Alborella, Trota macrostigma, Nono e Ghiozzo padano) e in questo caso d accordo con lo stesso autore, non riteniamo però opportuno effettuare alcun cambiamento nella nomenclatura. Le motivazioni sono le seguenti: negli ultimi 150 anni la specie è stata denominata da tutti gli ittiologi Acipenser naccarii, e non ci sembra il caso di destabilizzare la situazione; con questo termine la specie è riportata in importanti normative e convenzioni internazionali riguardanti la conservazione della fauna (vedi Spagnesi e Zambotti, 2001), per cui un eventuale cambiamento genererebbe solo confusione e risulterebbe controproducente per le finalità di tutela. Geonemia La specie è endemica nel bacino del Mare Adriatico, dove frequenta le coste settentrionali e orientali. Nelle acque interne l areale storico riguarda soprattutto i principali corsi d acqua dell Italia settentrionale (Fiumi Po, Adige, Brenta, Livenza, Piave e Tagliamento); altre popolazioni sono note in Dalmazia (Fiumi Cetina e Narenta) e nel Lago di Scutari. Habitat Lo Storione cobice è un migratore anadromo ed è perciò eurialino. In mare occupa le aree in prossimità degli estuari, di preferenza su fondali fangosi e sabbiosi, a m di profondità; non si allontana dalla linea di costa, mostrando così abitudini molto meno marine rispetto agli altri due storioni presenti in Italia. Per la riproduzione risale i fiumi di maggiori dimensioni; la sua valenza ecologica nelle acque interne sembra essere discreta, potendo vivere e forse anche riprodursi in diverse condizioni ambientali. Biologia È un pesce di taglia grande, ma inferiore rispetto alla gran parte degli Acipenseridi (la lunghezza massima è di 200 cm circa, anche se raramente supera i cm e il peso di kg); oltre che per la taglia, si distingue dal congenerico Acipenser sturio per il diverso profilo della testa che, osservata dorsalmente o ventralmente, nel naccarii ha il profilo più arrotondato. Studi di una decina di anni fa hanno prodotto interessanti elementi di conoscenza della specie, ma permangono lacune e dubbi su molti aspetti della biologia riproduttiva. La prima e più importante questione, anche per fini gestionali e conservazionistici, riguarda la possibilità che lo Storione cobice possa svolgere l intero ciclo biologico in acqua dolce. La questione può essere inserita nel quadro delle caratteristiche biologi- 40

42 che della famiglia. Negli Acipenseridi esistono tre diverse modalità di svolgimento del ciclo biologico: specie o popolazioni che compiono l intero ciclo in acqua dolce; specie o popolazioni che si riproducono in acqua dolce e permangono a lungo nelle acque interne, accrescendosi nelle acque salmastre degli estuari; specie o popolazioni che si riproducono in acqua dolce e che raggiungono rapidamente il mare dopo la deposizione dei gameti. Alcune specie, come ad esempio Huso huso, adottano una sola delle tre alternative; altre specie, come varie del genere Acipenser, adottano due o tutte e tre le possibili alternative, essendo costituite da popolazioni che vivono in modo diverso nelle diverse parti dell areale. Lo Storione cobice appartiene al secondo gruppo, ma qualche popolazione potrebbe mostrare tendenze e capacità a vivere come gli Acipenseridi del primo gruppo; la presenza di esemplari nel Po a monte della diga di Isola Serafini, difficilmente superabile dagli individui in fase di rimonta, sembra essere un elemento a favore di questa ipotesi. La dieta, studiata nei Fiumi Po e Ticino su esemplari di lunghezza compresa fra 30 e 130 cm, comprende esclusivamente invertebrati bentonici: crostacei gammaridi (43%); larve di ditteri (24%), in prevalenza chironomidi; oligocheti (21%). Gli esemplari di maggiori dimensioni si nutrono anche di pesci. L accrescimento, preso in esame negli stessi ambienti fluviali su esemplari di lunghezza totale compresa fra 16 e 164 cm (0,016-26,8 kg), è molto rapido: a 3 anni viene raggiunta la lunghezza di cm; a 5 anni la lunghezza di cm. Risultati diversi sono noti per il tratto terminale del Po, dove sembra che la lunghezza di un metro (8-9 kg di peso) sia raggiunta solo a circa 10 anni di età. In ogni popolazione le femmine risultano in numero maggiore rispetto ai maschi. La maturità sessuale sembra essere raggiunta nei maschi a 6 anni di età (lunghezza maggiore di 80 cm) e nelle femmine a 9 anni di età (lunghezza maggiore di 90 cm). Non c è dimorfismo sessuale. Scarsissime sono le conoscenze sulla riproduzione: il periodo riproduttivo ricade in primavera (maggio e giugno), ma può interessare anche la prima parte dell estate; la deposizione dei gameti avviene in acque ferme o moderatamente correnti presso le rive, e sembra che possa aver luogo anche in acque salmastre a poca distanza dal mare (ciò spiegherebbe l esistenza di una popolazione vitale nel basso corso del Po, nonostante le dighe presenti nei tratti medio e alto di questo fiume). Rapporti con l uomo e conservazione La specie ha una modesta importanza economica: è oggetto di pesca professionale, anche se oggi i quantitativi pescati sono sensibilmente inferiori rispetto al passato (secondo Rossi et al., 1991, nell unico mercato ittico italiano dove sono presenti esemplari provenienti dalla pesca, quello di Donada - RO, negli anni 1981/88 sono stati venduti 2060 esemplari, pari a circa 5 t; negli anni 1990/92 il quantitativo si è ridotto a circa 200 kg/anno; nel 1993 a solo 19 esemplari); è uno degli Acipenseridi potenzialmente allevabili in piscicoltura per fini commerciali (in alcune piscicolture dell Italia settentrionale sono presenti esemplari di Storione cobice, ma vengono allevate principalmente altre specie non indigene in Italia perché presentano un accrescimento più rapido ed hanno carni più apprezzate). Lo Storione cobice è uno dei pesci indigeni nelle acque dolci italiane che corrono i maggiori rischi di estinzione. Tutte le popolazioni presentano una forte contrazione demografica, dovuta ai seguenti fattori antropici: pesca professionale, che 41

43 almeno fino agli anni 80 è stata esercitata anche su esemplari in età pre-riproduttiva (fino al 1987 la misura minima legale era di 60 cm); costruzione di dighe, che impediscono il raggiungimento delle principali aree di frega; inquinamento delle acque e, più in generale, degrado degli habitat. La situazione è particolarmente critica poiché l areale risulta di dimensioni ridotte; in una parte significativa di esso, Croazia e Montenegro, da alcuni anni la specie viene considerata estinta. La sua presenza in Italia è oggi limitata al bacino del Po e, in misura inferiore, ai principali fiumi del Veneto; risulta però in drastica diminuzione quasi ovunque. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato in pericolo critico. Acipenser naccarii è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); insieme ad A. sturio è il solo pesce d acqua dolce italiano elencato nella stessa direttiva anche tra le specie che richiedono una protezione rigorosa (all. IV). Acipenser naccarii è inoltre elencato fra le specie particolarmente protette nella Convenzione di Berna (all. II), ed è riportato nell allegato B dei regolamenti comunitari sul commercio di fauna e flora selvatiche nel rispetto della Convenzione di Washington (CITES). Per la conservazione di questo importante subendemismo della fauna italiana sono urgenti concrete misure: il divieto temporaneo di pesca; la costruzione di passaggi per pesci in prossimità delle dighe o, in alternativa, la realizzazione di aree di frega artificiali subito a valle dei principali sbarramenti; interventi finalizzati a ridurre l inquinamento delle acque; ripopolamenti (tale attività è in corso dalla metà degli anni 90 in Lombardia, nei Fiumi Ticino, Adda e Oglio, e dal 1999 in Veneto, nei Fiumi Piave, Livenza e Sile; in questi corsi d acqua vengono immessi giovani esemplari ottenuti mediante riproduzione artificiale); reintroduzioni. Le varie tipologie d intervento dovrebbero essere inserite in uno specifico piano d azione che comprenda anche ricerche su alcuni aspetti fondamentali della biologia e dell ecologia della specie, nonché il monitoraggio della distribuzione e dello stato delle singole popolazioni. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Bernini e Nardi, 1990a, 1990b; Rossi et al., 1991; Tortonese,

44 STORIONE LADANO Huso huso (Linnaeus, 1758) 43

45 Sistematica Ordine: Acipenseriformi Famiglia: Acipenseridi Geonemia L areale della specie comprende il Mar Caspio, il Mar Nero, il Mar Adriatico, e tutti i fiumi di grandi dimensioni che sfociano in essi. In Italia la sua presenza nelle acque interne è limitata al Fiume Po. Habitat Lo Storione ladano, conosciuto anche come Beluga, è un migratore anadromo ed è perciò eurialino; è inoltre ampiamente euritermo, essendo capace di vivere a temperature comprese fra 0,5 e 30 C. Predilige le acque ben ossigenate, e risulta piuttosto esigente circa alcuni parametri ambientali durante la sua permanenza nelle acque dolci per la riproduzione: substrato di deposizione dei gameti, temperatura, concentrazione di ossigeno, velocità della corrente. Durante le migrazioni utilizza le parti più profonde dei fiumi per i suoi spostamenti. In mare vive nella zona pelagica, a varie profondità (normalmente fino a 150 m circa) in relazione alla presenza degli organismi di cui si nutre. Biologia È un pesce di enormi dimensioni (la lunghezza totale massima arriva con certezza a 6 m e il peso può superare i 1000 kg), con una complessa biologia legata alle migrazioni genetiche. Nessuna indagine è stata compiuta nel Mare Adriatico e nel Fiume Po, per cui i dati che vengono riportati si riferiscono a studi compiuti in altre parti dell areale. I giovani Storioni ladani si cibano di invertebrati bentonici, ma già alla lunghezza di 10 cm la dieta inizia ad essere ittiofaga; a taglie maggiori si nutrono per l 80% circa di pesci, sia pelagici che bentonici, e per il restante 20% di crostacei e molluschi. L accrescimento è molto rapido: a un anno viene raggiunta la lunghezza totale di cm (0,3-0,5 kg), a 5 anni cm (10-15 kg), a 10 anni cm (25-45 kg), a 20 anni cm ( kg), a 30 anni cm ( kg). Gli individui possono vivere oltre 100 anni; con l avanzare dell età si verificano consistenti cambiamenti morfologici: i giovani, di aspetto simile allo Storione (Acipenser sturio), hanno corpo più slanciato, muso molto più lungo e scudi più sviluppati rispetto agli adulti (vedi Tavola, in alto); negli individui molto grandi gli scudi sono estremamente ridotti (vedi Tavola, in basso). La maturità sessuale è raggiunta a anni nei maschi, a anni nelle femmine, con qualche differenza fra le varie parti dell areale. Non c è dimorfismo sessuale. La migrazione genetica nelle acque dolci avviene in primavera e le aree di frega vengono raggiunte prima dai maschi; la deposizione dei gameti ha luogo fra aprile e giugno, in aree profonde dei tratti medi e alti dei fiumi, su fondali ghiaiosi e ciottolosi. 44

46 Rapporti con l uomo e conservazione Lo Storione ladano ha una grandissima importanza economica nel bacino del Mar Caspio, dove vive la maggior parte delle popolazioni; viene pescato per le carni molto pregiate e per le uova che costituiscono il prezioso caviale beluga. Alla fine dell Ottocento e nella prima metà del Novecento la quantità di pescato era di varie migliaia di tonnellate l anno. Nel corso della seconda metà del Novecento le popolazioni hanno subito forti decrementi in seguito ai seguenti fattori: eccessivo sforzo di pesca, condotta anche in mare e con sistemi di cattura sempre più efficienti; costruzione di dighe ed altri manufatti lungo i fiumi dove ha luogo la riproduzione; inquinamento derivante principalmente dalle attività industriali. Agli inizi degli anni 80 il pescato totale annuo era comunque ancora consistente ( t), grazie ai continui e cospicui incrementi artificiali delle popolazioni mediante ripopolamenti effettuati con materiale prodotto in piscicoltura. Un drastico crollo demografico si è avuto negli ultimi vent anni, perché ai fattori di minaccia già evidenziati si è aggiunta un intensa attività di pesca di frodo, favorita dalla frammentazione in vari stati dell ex URSS (quattro di essi si affacciano sul Mar Caspio e, insieme all Iran, non hanno finora concordato un unica strategia di gestione della risorsa ittica) e dai controlli che sono diventati molto meno severi rispetto al passato. Nel 1999 la quantità di Storioni ladani catturati nel Mar Caspio non ha superato le 200 tonnellate e la tendenza negativa sembra destinata a continuare. Nell Adriatico e nel Po lo Storione ladano veniva considerato relativamente comune agli inizi del Novecento; oggi è un pesce molto raro ed è sull orlo dell estinzione. La causa principale è probabilmente rappresentata dalla costruzione di dighe lungo il corso del Fiume Po, che impedi- scono la risalita dei riproduttori fino alle aree dove potrebbe aver luogo la deposizione dei gameti; sicuramente anche l inquinamento e il degrado degli habitat contribuiscono a rendere il medio e il basso corso del Po, così come l alto Adriatico, poco idonei alla vita di questo pesce. La riproduzione nel bacino del Po è documentata fino ai primi anni 70 e poi, nonostante indagini successive, non è stata più rilevata; la sporadica cattura di individui isolati riportata per gli ultimi decenni, e soprattutto l assenza di giovani individui, sembrano indicare che il tratto del Fiume Po ancora potenzialmente occupato dallo Storione ladano non possiede oggi le caratteristiche ambientali necessarie alla riproduzione di questo Acipenseride, per cui la specie potrebbe già essere considerata estinta nelle acque interne italiane. L occasionale presenza è dovuta probabilmente a qualche individuo erratico che risale l Adriatico proveniente dal Mar Nero. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato in pericolo critico. Solo l applicazione di severe normative internazionali sulla pesca e sul commercio del caviale beluga potranno garantire la sopravvivenza dello Storione ladano. Anche il controllo dell inquinamento ed opportuni passaggi per pesci in corrispondenza delle dighe potrebbero contribuire a migliorare la situazione. Huso huso è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione (all. V). La popolazione adriatica è inoltre elencata tra la fauna particolarmente protetta nella Convenzione di Berna (all. II). La specie è riportata infine nell allegato B dei regolamenti comunitari sul commercio di fauna e flora selvatiche nel rispetto della Convenzione di Washington (CITES). BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Pirogovskii et al.,

47 ANGUILLIFORMI ANGUILLIFORMES Questo ordine, così come tutti gli altri che seguono, appartiene alla divisione dei Teleostei; fra i caratteri principali di questo taxon, di cui sono noti fossili a partire dal Giurassico superiore, c è la completa ossificazione dell endoscheletro e la disposizione delle ossa alla base della pinna caudale, che è di tipo omocerco. Gli Anguilliformi sono fra i Teleostei più primitivi, ed appartengono alla sottodivisione Elopomorfi; fra i caratteri di questo taxon c è la larva di tipo leptocefalo, che è nastriforme, trasparente e a vita pelagica. L ordine è definito dai seguenti caratteri: corpo molto allungato, serpentiforme, a sezione più o meno circolare; pinne ventrali assenti (presenti però in alcune specie fossili); pinne pettorali, quando presenti, con cinto scapolare non articolato al cranio ma alla colonna vertebrale; pinne con raggi esclusivamente molli; pinne dorsale e anale con base molto lunga, generalmente confluenti con la caudale; vescica gassosa, quando presente, collegata con il tubo digerente; scaglie, quando presenti, di tipo cicloide e molto piccole; mascelle ben sviluppate e provviste di denti; mesocoracoide assente; postemporale assente; premascellari e mesetmoide uniti e spesso saldati anche con il vomere; aperture branchiali piuttosto ridotte; numero di vertebre molto elevato. Gli Anguilliformi, di cui sono noti fossili a partire dal Cretaceo superiore, vengono suddivisi in tre sottordini a cui appartengono 15 famiglie ed oltre 700 specie. La gran parte di queste vive esclusivamente in mare; solo la famiglia Anguillidae comprende specie che frequentano regolarmente le acque interne. ANGUILLIDI ANGUILLIDAE Pinne pettorali presenti. Pinne dorsale e anale unite con la caudale. Piccolissime scaglie cicloidi presenti, affondate nel tegumento e ricoperte da uno spesso strato di muco. Linea laterale ben sviluppata sul corpo e sulla testa. Ossa frontali separate tra loro. Bocca mediana, con mandibola prominente. Denti piccoli e numerosi, in più serie, sulle mascelle e in alcune specie anche sul vomere. Piccoli denti presenti anche sulle ossa faringee, a formare una sorta di cuscinetto ovale sull osso faringeo superiore vertebre; vertebre caudali senza processi laterali. La famiglia comprende un solo genere, Anguilla, ampiamente distribuito nelle fasce tropicali e temperate e composto da 15 specie tutte a riproduzione marina. In Europa è indigena una sola specie, migratrice catadroma. 46

48 ANGUILLA Anguilla anguilla (Linnaeus, 1758) 47

49 Sistematica Ordine: Anguilliformi Famiglia: Anguillidi Geonemia Presenta un ampia distribuzione che comprende la parte settentrionale dell Oceano Atlantico, il Mar Baltico, il Mare del Nord, il Mar Mediterraneo, il Mar Nero (dove è però rara), la gran parte dell Europa (nei paesi orientali è però rara) e il Nord Africa occidentale. In Italia è rinvenibile nelle acque interne di tutte le regioni, con frequenza decrescente in relazione all aumentare della distanza dal mare. La migrazione trofica nelle acque interne è maggiore nelle regioni tirreniche ed insulari, rispetto a quelle ioniche e adriatiche. Habitat L Anguilla è una specie con ampissima valenza ecologica, in grado di vivere in una straordinaria varietà di ambienti: acque oceaniche (dove si riproduce) e marine costiere; laghi costieri ed estuari; laghi interni e corsi d acqua dove, pur essendo rinvenibile in ogni tratto della zonazione ittica, preferisce acque relativamente calde, moderatamente correnti, ricche di vegetazione e con substrato sabbioso o fangoso (in mezzo al quale si infossa). interni. La sua biologia è particolarmente complessa e interessante (alcuni aspetti fondamentali della biologia riproduttiva, come l individuazione dell area dove vengono deposti i gameti, sono stati chiariti negli anni 20 dall ittiologo danese J. Schmidt; la scoperta che il piccolo pesce a forma di foglia prima descritto come Leptocephalus brevirostris non era altro che la larva dell Anguilla, risale alla fine dell Ottocento e si deve ai biologi italiani G. B. Grassi e S. Calandruccio), e presenta ancora aspetti poco noti. Le conoscenze attuali supportano l ipotesi di un unica area di riproduzione nel Mar dei Sargassi, in Oceano Atlantico. Alla schiusa dell uovo l aspetto del piccolo pesce è molto diverso da quello dell adulto, presentando il corpo a forma di foglia di salice e completamente depigmentato. La larva, detta leptocefalo, viene trasportata dalle correnti superficiali marine verso le coste dell Europa e del Nord Africa; durante questa migrazione passiva, che dura da 1 a 2,5 anni in relazione alle longitudini raggiunte, si accresce fino a circa 7 cm di lunghezza. Nelle aree costiere marine la larva subisce una metamorfosi: il corpo si riduce notevolmente in altezza ed as- Biologia È un pesce di taglia medio-grande (le femmine, più grandi dei maschi, raggiungono normalmente la lunghezza totale di circa 60 cm e il peso di 0,5 kg; sono noti però valori sensibilmente superiori, raggiunti in condizioni eccezionali, fino a 130 cm ed oltre 2 kg). L Anguilla è una specie migratrice catadroma: si riproduce quindi in mare e si accresce nelle acque interne, sia quelle salmastre dei laghi costieri e degli estuari, sia quelle dolci dei fiumi e dei laghi 48

50 sume una struttura subcilindrica; l ano e l origine della pinna dorsale si portano più avanti; la testa diventa più appuntita; ha luogo una riduzione della lunghezza. A questo stadio, in cui la piccola Anguilla viene chiamata cieca ed è ancora depigmentata, inizia la migrazione nelle acque interne; in Italia ciò avviene fra ottobre e febbraio. Nelle acque interne la pelle diviene pigmentata e l animale assume gradualmente l aspetto definitivo (in questo stadio sub-adulto di rapido accrescimento le giovani Anguille vengono dette ragani ). La specie mostra una straordinaria adattabilità alle diverse condizioni ambientali delle acque interne. Durante la risalita dei corsi d acqua riesce a superare ostacoli di piccola e media grandezza, uscendo talvolta dall acqua per aggirarli. Tollera bene le basse concentrazioni di ossigeno e, in condizioni estreme, può sopravvivere fuori dall acqua per periodi piuttosto lunghi, purché l ambiente sia sufficientemente umido; è infatti in grado di svolgere una peculiare respirazione cutanea, grazie all ampia vascolarizzazione della pelle. Predilige i fondali molli, nei quali si infossa nei periodi freddi; vive comunque anche su fondali duri, purché siano presenti anfratti e nascondigli. Ha abitudini lucifughe: durante il giorno rimane nascosta in prossimità del fondo; nelle ore crepuscolari e notturne mostra invece la sua massima attività, ricercando attivamente il cibo grazie all olfatto particolarmente sviluppato. L Anguilla è un pesce carnivoro, che ricerca il cibo sul fondo. La dieta non è specializzata e comprende ogni sorta di invertebrati bentonici, soprattutto anellidi, crostacei e molluschi; le dimensioni delle prede aumentano con la taglia, e gli esemplari più grandi si nutrono anche di pesci. L accrescimento è fortemente influenzato dalle disponibilità trofiche degli ecosistemi e dalla temperatura dell acqua. Durante la fase trofica, in relazione alla colorazione del corpo (bruno verdastro o marrone sul dorso, giallastro sul ventre) gli individui vengono detti anguille gialle (vedi Tavola, a sinistra). Gli animali che hanno invece completato l accrescimento, e che iniziano a dirigersi verso il mare per intraprendere la migrazione che li porterà a riprodursi, presentano una colorazione bruno-nerastra sul dorso e argentea sul ventre e vengono perciò detti anguille argentine ; a questo stadio si accompagnano anche modificazioni morfologiche: gli occhi diventano più grandi, la pelle più spessa e le pinne pettorali appuntite (vedi Tavola, a destra); l intestino degenera e l alimentazione viene sospesa. Non c è dimorfismo sessuale; i maschi raggiungono però la condizione di anguilla argentina a età inferiori rispetto alle femmine, per cui la taglia massima dei primi è sensibilmente inferiore (generalmente non supera i 45 cm di lunghezza e i 200 g di peso). Fra la tarda estate e l autunno le anguille argentine intraprendono la migrazione genetica verso il Mar dei Sargassi, distante fino a quasi 6000 km dalle aree di accrescimento; la maturità sessuale viene raggiunta in mare durante la migrazione. Dopo la riproduzione, che ha luogo fra gennaio e luglio, con un picco nel mese di marzo, gli individui muoiono. Molti aspetti della vita in mare dell Anguilla, riguardanti soprattutto la biologia riproduttiva, restano sconosciuti. Rapporti con l uomo e conservazione In Italia, così come in altri paesi europei, l Anguilla è una delle specie più importanti per la pesca e per l acquacoltura. Considerando le peculiarità della sua biologia riproduttiva e le difficoltà tecniche che non consentono di effettuare la riproduzione artificiale, tutti i giovani individui da destinare alla piscicoltura e al ripopolamento vengono catturati in natura; ciò 49

51 contribuisce al depauperamento degli stock selvatici. Negli ultimi anni la situazione è diventata più critica in seguito all accresciuta domanda commerciale di cieche da parte del mercato asiatico (che si è rivolto al mercato europeo, riguardante A. anguilla, in conseguenza del consistente depauperamento degli stock di A. japonica). Tutti i dati raccolti negli ultimi 15 anni lungo le coste italiane (vedi ad esempio Ciccotti et al., 1999) hanno evidenziato una vistosa contrazione della presenza degli stadi giovanili. Considerando i sub-adulti in fase trofica in varie regioni del nostro paese, come ad esempio nella parte alta del bacino del Po, le presenze sono oggi meno consistenti rispetto al passato. Ciò è dovuto in primo luogo alle dighe, che limitano la libera circolazione di questi pesci penalizzando i tratti dei corsi d acqua a monte di esse, ed alla intensa attività di cattura degli stadi giovanili (cieche e ragani) effettuata nelle aree estuariali negli ultimi decenni anche per rifornire gli impianti e i bacini naturali dove viene praticata l acquacoltura, sia in forma intensiva che estensiva; anche l inquinamento industriale è responsabile dei depauperamenti, danneggiando soprattutto gli stadi giovanili nelle aree costiere. Nonostante i decrementi, l Anguilla è ancora uno dei pochi pesci delle acque interne italiane che non è a rischio di estinzione; elementi positivi in questa direzione sono rappresentati dall ampia valenza ecologica, da una buona tolleranza rispetto ad alcune tipologie di alterazione ambientale (come l inquinamento prodotto dagli scarichi urbani), dall ampio areale. È però necessaria una regolamentazione in senso più restrittivo della cattura degli stadi giovanili in natura, che coinvolga tutti i paesi atlantici e mediterranei interessati alla migrazione trofica di questa specie. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Tesh, 1977,

52 CLUPEIFORMI CLUPEIFORMES I Clupeiformi sono fra i Teleostei più primitivi, e sono noti a partire dal Triassico medio. Appartengono alla sottodivisione Clupeomorfi caratterizzata, tra l altro, da una peculiare connessione fra l orecchio interno e la vescica gassosa che penetra nel cranio con un paio di estroflessioni anteriori. L ordine è definito dai seguenti caratteri: corpo fusiforme, piuttosto compresso in senso laterale; bocca più o meno supera; margine della mascella superiore formato sia dai premascellari che dai mascellari; branchiospine numerose, lunghe e sottili, che fungono da apparato filtrante; pinne sorrette solo da raggi molli; scaglie generalmente cicloidi, a volte ctenoidi, assenti sul capo; parietali separati dal sopraoccipitale; mesocoracoide presente; miospine molto numerose e sottili; ovidotti presenti; vescica gassosa con dotto pneumatico; canali mucosi presenti sul capo. Il taxon viene suddiviso in due sottordini fra cui quello dei Clupeoidei, caratterizzato dall assenza della linea laterale sui fianchi e da 19 raggi completi nella pinna caudale. Nonostante la taglia sia solo media o piccola, i Clupeoidei sono tra i pesci più importanti per l industria della pesca rivestendo un enorme importanza economica. Al sottordine appartengono 4 famiglie diffuse in tutti i mari del pianeta, con maggiore frequenza nelle fasce tropicale e subtropicali; 3 di esse sono presenti nell area mediterranea ma una sola, i Clupeidi, comprende specie che frequentano regolarmente le acque interne. CLUPEIDI CLUPEIDAE Margine ventrale del corpo generalmente provvisto di una serie di piccoli scudi ossei appuntiti, a formare una carena. Scaglie di media grandezza presenti sul corpo e assenti sul capo. Bocca in posizione mediana o leggermente supera. Denti piccoli o assenti raggi branchiostegi. Ciechi pilorici in grande numero. Linea laterale presente solo in alcune specie, limitatamente a poche scaglie prossime al margine opercolare. Base della pinna anale allungata. Pinne ventrali piuttosto ridotte, assenti in alcune specie. La famiglia, di cui sono noti fossili a partire dal Cretaceo superiore, comprende circa 180 specie; la maggior parte di esse sono marine e pelagiche, mentre 50 circa vivono nelle acque salmastre e dolci dove svolgono l intero ciclo biologico oppure si comportano da migratori anadromi. Nelle acque interne italiane vive una sola specie di Clupeidi, appartenente al genere Alosa. Questo taxon è caratterizzato dai seguenti elementi: mascella superiore con un incisura mediana, che a bocca chiusa accoglie un piccolo tubercolo presente sulla mandibola; presenza di piccoli denti sulle ossa premascellari e mascellari; occhio grande munito di palpebra adiposa. 51

53 ALOSA E AGONE Alosa fallax (Lacépède, 1803) Sistematica Ordine: Clupeiformi Famiglia: Clupeidi L inquadramento sistematico delle popolazioni classificate nel genere Alosa è controverso. Tortonese (1970) considera presente nelle acque italiane la sola specie Alosa fallax, della quale farebbero parte una sottospecie migratrice anadroma, A. fallax nilotica, e una sottospecie stanziale in acque dolci lacustri, A. fallax lacustris. Secondo Quignard e Kartas (1977), nel Mediterraneo sarebbero presenti tre sottospecie di A. fallax, che si andrebbero ad aggiungere alla sottospecie nominale presente nell Oceano Atlantico. Per quanto riguarda le acque italiane, Quignard e Douchement (1991) considerano valide le sottospecie Alosa fallax rhodanensis, dell alto Tirreno, Alosa fallax nilotica, dell Adriatico, Alosa fallax lacustris, esclusiva di ambienti lacustri; la diagnosi di questi taxa si baserebbe essenzialmente sul numero di branchiospine. Secondo Gandolfi e Zerunian (1987) nelle acque italiane è presente un unico taxon, A. fallax, che costituisce una specie molto plastica, in possesso di un ampia norma di reazione del genotipo e soggetta a rapide modificazioni selettive di un carattere adattativo come il numero di branchiospine; la specie, eurialina migratrice facoltativa a diversa ecologia intraspecifica, comprende popolazioni anadrome comu- 52

54 nemente dette Alosa e popolazioni stanziali in acque dolci lacustri dette Agone. Nel presente volume ci adeguiamo a quest ultima posizione. Considerazioni sistematiche recenti (Kottelat, 1997) complicano ulteriormente la questione, in quanto è stato proposto di considerare l Agone come buona specie: Alosa agone (Scopoli, 1786). A. fallax lacustris risulterebbe così un sinonimo più recente di quest ultimo taxon. Non accettiamo questa posizione, perché è stata formulata in chiave puramente teorica ed è priva di qualsiasi nuovo elemento ed analisi relativi ai caratteri biologici ed ecologici tali da dimostrare una separazione riproduttiva fra l Alosa e l Agone. Geonemia Come conseguenza delle diverse posizioni sistematiche, possono essere considerati areali diversi per la specie A. fallax. Essa è certamente presente in tutti i mari italiani e risale i principali corsi d acqua dei due versanti della penisola e delle isole maggiori. Popolazioni di Agone sono note nei grandi laghi prealpini (Maggiore, Garda, Iseo, Como) e in Sardegna (Lago Omodeo e medio Flumendosa); in passato è stato introdotto anche in alcuni laghi vulcanici laziali (Bolsena, Vico, Bracciano). Habitat Alosa fallax è una specie eurialina migratrice facoltativa a diversa ecologia intraspecifica: comprende popolazioni migratrici anadrome, conosciute come Alose (ma anche come Cheppie e come Laccie), e popolazioni che svolgono l intero ciclo biologico in acqua dolce, conosciute come Agoni. L Alosa risale per decine o centinaia di chilometri i corsi d acqua, fino ai tratti in cui sono presenti substrati ghiaiosi; l Agone vive nella zona pelagica dei laghi interni, spostandosi nella zona litorale in inverno e durante il periodo riproduttivo. Biologia È una specie molto plastica che, grazie alla possibilità di un ampia norma di reazione del genotipo, può mostrare rapide modificazioni riguardanti alcuni caratteri morfologici (quali ad esempio il numero di branchiospine) in relazione alla pressione selettiva. La taglia è media (nelle popolazioni migratrici viene raggiunta la lunghezza totale di 55 cm circa e il peso di oltre 2 kg, mentre nelle popolazioni stanziali in acqua dolce la lunghezza totale e il peso arrivano a circa 40 cm e 500 g) e il ciclo vitale dura normalmente 5-6 anni nelle popolazioni d acqua dolce, 8-9 anni nelle popolazioni migratrici. Vive in gruppi numericamente consistenti, sia nei laghi che durante la risalita dei fiumi. I giovani di Alosa si nutrono di ogni tipo di piccoli invertebrati planctonici e bentonici; in mare gli adulti si cibano soprattutto di crostacei e piccoli pesci; durante la migrazione i riproduttori sospendono l alimentazione. L Agone è invece prevalentemente zooplanctofago, basandosi l alimentazione principalmente su cladoceri (soprattutto Daphnia hyalina e Bythotrephes longimanus) e copepodi (generi Cyclops e Diaptomus); quando la taglia è superiore a 25 cm vengono predate anche larve di insetti e, occasionalmente, piccoli pesci; nel periodo riproduttivo non viene assunto cibo. L accrescimento è simile nei due sessi nel primo periodo di vita, mentre a partire dal 2-3 anno le femmine si accrescono più velocemente. Non c è dimorfismo sessuale. I gruppi in migrazione riproduttiva sono costituiti prevalentemente da maschi di 3-4 anni di età e femmine di 4-5 anni; negli ambienti lacustri la maturità sessuale viene raggiunta invece al 2 anno di età (lunghezza totale di cm). Aprile e maggio rappresentano i mesi di massimo afflusso nei corsi d acqua da parte delle Alose, che ricercano substrati ghiaiosi o sabbiosi per la deposizione dei gameti. Anche l Agone depone su fondali ghiaiosi, tra 53

55 la metà di giugno e la metà di agosto. La riproduzione ha luogo nelle ore notturne, con temperature dell acqua di C; ogni femmina depone diverse decine di migliaia di uova (nell Alosa fino a circa, in relazione alla taglia; nell Agone mediamente ). Al termine di questa fase del ciclo biologico, gli esemplari di età e taglia maggiore muoiono. Nell Alosa il ritorno al mare dei riproduttori ancora in vita avviene entro luglio, mentre i giovani si trasferiscono in mare prevalentemente in autunno; l inverno viene trascorso in prossimità del fondo, fino a 160 metri circa di profondità. Rapporti con l uomo e conservazione Le popolazioni di questa specie hanno subito negli ultimi decenni consistenti decrementi demografici. Per l Alosa possono essere individuate due cause principali: la costruzione di dighe e di altri sbarramenti trasversali dei corsi d acqua, che impediscono il raggiungimento delle aree di frega; la pesca eccessiva, esercitata sui riproduttori in migrazione genetica. Le dighe hanno limitato progressivamente la presenza dell Alosa nei tratti sempre più a valle dei sistemi idrografici; nel Po, ad esempio, la specie è da tempo scomparsa a monte della diga di Isola Serafini; nel Tevere, dove una volta era abbondante, viene catturato oggi solo qualche raro esemplare nel tratto a valle della diga di Castel Giubileo (dove molto probabilmente la specie non ha alcuna possibilità di riprodursi per mancanza di idonei substrati). Per l Agone la causa principale della consistente riduzione delle popolazioni è l eccessiva pressione di pesca, condotta negli ultimi decenni con strumenti sempre più distruttivi (in primo luogo le reti monofilo di nylon), anche nel periodo riproduttivo e a carico di individui in età pre-riproduttiva (Oppi e Novello, 1986). In alcuni laghi prealpini anche l inquinamento organico sembra aver giocato un ruolo negativo: la maggiore trofia ha prodotto consistenti aumenti demografici di altre specie planctofaghe, come l Alborella, che hanno esercitato così una competizione alimentare con l Agone. L Alosa e l Agone sono sempre stati oggetto di pesca, sia professionale che sportiva, rivestendo localmente una certa importanza economica. Oggi, in seguito al decremento di tutte le popolazioni, i quantitativi del pescato sono sensibilmente inferiori rispetto al passato. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia l Agone viene considerato in pericolo, l Alosa vulnerabile. Tutte le specie del genere Alosa sono riportate nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario le cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II) e tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione (all. V). Alosa fallax è inoltre elencata fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Per la conservazione di questa specie sono necessari i seguenti interventi: realizzazione di passaggi per pesci in corrispondenza delle dighe e degli altri sbarramenti trasversali dei corsi d acqua o, in alternativa, la realizzazione di aree di frega artificiali subito a valle dei principali sbarramenti; norme più restrittive dell attività alieutica rispetto alle attuali, con il divieto di pesca nel periodo riproduttivo e con la messa al bando degli strumenti di cattura più distruttivi; disinquinamento delle acque, in particolare negli ambienti lacustri. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Berg e Grimaldi, 1966; Oppi e Novello, 1986; Quignard e Douchement, 1991; Serventi et al., 1990; Vitali et al.,

56 CIPRINIFORMI CYPRINIFORMES Questo ordine, così come tutti gli altri che seguono, appartiene alla sottodivisione Euteleostei; questa viene a sua volta suddivisa in 9 superordini, di cui 4 (Ostariophisi, Protacanthopterygii, Paracanthopterygii e Acanthopterygii) comprendono specie presenti nelle acque interne italiane. I Cipriniformi appartengono al superordine Ostariophysi, uno dei taxa più importanti all interno dei Pesci Ossei, comprendente oltre 6000 specie quasi tutte viventi nelle acque dolci. Gli Ostariofisi vengono a loro volta suddivisi in Anotophysi (ordine Gonorhynchiformes) e Otophysi (ordini Cypriniformes, Characiformes, Siluriformes e Gymnotiformes), questi ultimi caratterizzati dalla presenza dell apparato di Weber, costituito da una serie di piccole ossa (claustro, scafio, intercalare e tripode) derivate da parti delle prime 4 o 5 vertebre, che collegano la parte cefalica della vescica gassosa con il labirinto dell orecchio interno; la connessione realizza un interdipendenza funzionale tra vescica gassosa e labirinto, finalizzata alla regolazione dell equilibrio ed alla ricezione e produzione di suoni. L ordine è definito dai seguenti caratteri: corpo fusiforme nella maggior parte delle specie, più o meno allungato in altre; bocca più o meno protrattile, con margine superiore generalmente formato dai soli premascellari; dentatura variabile, sempre assente sul vomere e sulle mascelle, ma presente sulle ossa faringee inferiori, che sono grandi e falciformi; presenza di 3-5 raggi branchiostegi; scaglie generalmente cicloidi, assenti sul capo; pinne sostenute da raggi molli e nella gran parte delle specie prive di raggi spiniformi; pinna adiposa assente; pinne ventrali in posizione addominale; vescica gassosa generalmente suddivisa in 2 o 3 parti da strozzature, e connessa al tubo digerente mediante un dotto pneumatico (fisostomi); ossa intramuscolari presenti (dette anche miospine o lische ); nel cranio sono presenti i parietali, il simplettico, il subopercolare, il mesocoracoide. I Cipriniformi, di cui si conoscono fossili a partire dal Cretaceo superiore, sono stati protagonisti di un ampia radiazione evolutiva nell era Cenozoica, differenziandosi in 5 famiglie, 280 generi e poco meno di 2700 specie attuali. Vengono distinte due superfamiglie: Cyprinoidea, con la sola famiglia Cyprinidae; Cobitoidea, cui appartengono le famiglie Cobitidae e Balitoridae. 55

57 Chiave per il riconoscimento delle famiglie 1. Corpo e testa compressi lateralmente, 0-3 paia di barbigli Corpo e testa più o meno compressi in senso dorso-ventrale, 3 paia di barbigli... Balitoridae paia di barbigli, corpo fusiforme......cyprinidae - 3 paia di barbigli, corpo allungato......cobitidae 56

58 CIPRINIDI CYPRINIDAE Margine buccale superiore costituto solo dai premascellari e generalmente protrusibile. Denti faringei disposti su 1-3 file ed opposti ad una piastra connessa al basioccipitale, derivante dalla fusione delle ossa faringee superiori (l azione delle ossa faringee inferiori contro la piastra produce la masticazione del cibo). La forma dei denti faringei (molariformi, uncinati, seghettati, ecc) e la loro disposizione sono in relazione al tipo di alimentazione; ad essi viene inoltre attribuita una grande importanza sistematica, utilizzata in pratica soprattutto nella diagnosi dei generi. Barbigli assenti o presenti in uno-due paia, generalmente poco sviluppati. Presenza di tre raggi branchiostegi. Pinna dorsale con o senza raggi spiniformi. Vescica gassosa divisa in due camere. Appendici piloriche assenti. I Ciprinidi, di cui si conoscono fossili a partire dall Oligocene, costituiscono tra i Pesci Ossei la famiglia con il maggior numero di taxa: sono noti circa 210 generi e 2000 specie distribuite in Asia, Europa, Africa e America settentrionale. La gran parte delle specie è stenoalina dulcicola. Come conseguenza dell ampia radiazione adattativa del gruppo, i caratteri ecologici ed etologici risultano notevolmente diversificati: vi sono specie bentoniche ed altre nectoniche, specie adatte a vivere nelle acque correnti ed altre nelle acque ferme, specie che necessitano di acque fredde ed altre di acque calde; alcune specie, non appartenenti però alla fauna europea, sono cavernicole. L importanza economica dei Ciprinidi è notevole, sia per la pesca che per la piscicoltura, soprattutto nei paesi asiatici e dell est europeo. La diagnosi dei generi e delle specie non è sempre facile, sia per la forte somiglianza fra alcuni taxa, sia per l evidente variazione geografica che interessa caratteri morfometrici e meristici. Secondo l impostazione sistematica da noi seguita (vedi Introduzione) in Italia sono presenti 15 taxa indigeni, di cui 7 endemici e 2 subendemici. Alcuni autori riconoscono un numero di taxa superiore (vedi Bianco, 1995a e Kottelat, 1997). A nostro avviso però alcune presunte specie, come Leuciscus lucumonis, Leuciscus lapacinus, Gobio benacensis, Barbus tyberinus e Scardinius scardafa non sono valide (per le motivazioni vedi Gandolfi e Zerunian, 1990: Gandolfi et al., 1991; Zerunian, 2002), e per questo non vengono trattate; le varie questioni sono riportate in modo sintetico nei paragrafi sulla sistematica del Cavedano, del Gobione, del Barbo e della Scardola. Le specie della fauna italiana appartengono a 9 generi raggruppabili in 4 sottofamiglie: Leuciscinae - Rutilus, Scardinius, Leuciscus, Phoxinus, Chondrostoma, Tinca (?); Alburninae - Alburnus; Cyprininae - Barbus; Gobioninae - Gobio. 57

59 Chiave per il riconoscimento dei generi 1. Barbigli presenti Barbigli assenti Un paio di barbigli Due paia di barbigli; denti faringei su tre file... Barbus 3. Meno di 55 scaglie lungo la linea laterale; denti faringei su due file; coda nettamente biloba, con lobi appuntiti... Gobio - Più di 85 scaglie lungo la linea laterale; denti faringei su una fila; bordo della caudale solo leggermente incavato... Tinca 4. Oltre 75 scaglie in serie cefalo-caudale sui fianchi; linea laterale incompleta; denti faringei su due file... Phoxinus - Meno di 75 scaglie in serie cefalo-caudale sui fianchi; linea laterale completa Bocca nettamente infera, con margine inferiore duro, corneo e tagliente; denti faringei su una fila... Chondrostoma - Bocca mediana o supera, con margini né cornei né taglienti

60 6. Origine della pinna dorsale nettamente posteriore rispetto all origine delle pinne ventrali; denti faringei su due file; bocca più o meno supera Origine della pinna dorsale circa al di sopra dell origine delle pinne ventrali Corpo slanciato; pinna anale con raggi completi; scaglie facilmente asportabili... Alburnus - Corpo tozzo; pinna anale con raggi completi; scaglie non facilmente asportabili... Scardinius 8. Denti faringei su due file...leuciscus - Denti faringei su una fila... Rutilus 59

61 Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Rutilus scaglie lungo la linea laterale; assenza di banda scura sui fianchi (nel periodo riproduttivo, vistosi tubercoli nuziali sul capo dei maschi)... R. pigus scaglie lungo la linea laterale; banda scura più o meno evidente sui fianchi Banda scura sui fianchi poco marcata ed evidente solo nella parte posteriore del corpo; occhio di colore argenteo o bronzeo, con diametro uguale al 20-30% della lunghezza del capo; pinne pari anale di colore arancio o rossastro (nel periodo riproduttivo, vistosi tubercoli nuziali sul capo dei maschi)... R. rubilio - Banda scura sui fianchi ben marcata ed evidente dall occhio al peduncolo caudale; occhio di colore rosso, con diametro uguale al 25-35% della lunghezza del capo; pinne pari e pinna anale grigiastre (nel periodo riproduttivo, tubercoli nuziali assenti oppure molto piccoli e poco evidenti)... R. erythrophthalmus Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Leuciscus 1. Banda scura sui fianchi ben marcata ed evidente dall occhio al peduncolo caudale; scaglie lungo la linea laterale... L. souffia - Assenza di banda scura sui fianchi; scaglie lungo la linea laterale......l. cephalus 60

62 Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Alburnus 1. Corpo slanciato, con profilo superiore quasi dritto; bocca in posizione supera; pinna anale con raggi completi... A. alburnus - Corpo fusiforme; bocca in posizione supero-mediana; pinna anale con raggi completi... A. albidus Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Chondrostoma 1. Corpo fusiforme, con altezza massima uguale al 25-30% della lunghezza standard; assenza di banda scura sui fianchi; 6-7 denti faringei per lato... Ch. soetta - Corpo slanciato, con altezza massima uguale al 20-25% della lunghezza standard; banda scura generalmente presente sui fianchi; normalmente 5 denti faringei per lato... Ch. genei Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Barbus 1. Macchie grigie puntiformi nelle regioni dorsale e laterale; scaglie lungo la linea laterale... B. plebejus - Macchie grigio-brune irregolari di media e grande dimensione nelle regioni dorsale e laterale; scaglie lungo la linea laterale... B. meridionalis 61

63 PIGO Rutilus pigus (Lacépède, 1804) Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Geonemia È indigeno in Italia settentrionale dal Piemonte al Veneto ed è presente, in seguito ad immissioni, in alcuni bacini lacustri artificiali dell Appennino Tosco- Emiliano e del Lazio. L areale della specie comprende anche la Regione del Danubio; le popolazioni di questa regione vengono considerate una sottospecie distinta (Rutilus pigus virgo) rispetto alle popolazioni italiane. acque limpide e le zone ricche di vegetazione. Nei grandi laghi prealpini vive prevalentemente a profondità di metri; in inverno si sposta in acque più profonde, sembra intorno ai 100 metri circa; in primavera si porta su fondali di 7-8 metri. Habitat Il Pigo vive nelle acque dei laghi e nei tratti a maggiore profondità e corrente moderata dei fiumi, preferendo le 62

64 Biologia È un pesce di taglia media (nelle popolazioni italiane la lunghezza totale massima è di circa 45 cm e il peso arriva a circa 1,5 kg), della cui biologia si hanno solo modeste conoscenze. Si nutre sul fondo e nella dieta prevale la componente vegetale, in particolare alghe filamentose; sono comunque presenti anche invertebrati bentonici, soprattutto gasteropodi e larve di insetti. Vive fino a 10 anni circa; non sembrano esistere differenze nell accrescimento fra maschi e femmine. Nella popolazione del Lago di Como, dove sono state compiute indagini su alcuni aspetti del ciclo vitale, la maturità sessuale viene raggiunta a 3 anni nei maschi e a 4 anni nelle femmine. Il dimorfismo sessuale è evidente solo durante il periodo riproduttivo, quando i maschi presentano una pigmentazione più scura e vistosi tubercoli nuziali sul capo, diffusi anche nella regione dorso-laterale del corpo. La riproduzione ha luogo in aprilemaggio, quando la temperatura dell acqua raggiunge i 14 C circa; negli ambienti lacustri gli individui sessualmente maturi si portano per la deposizione in acque litorali poco profonde con substrati litici; nelle acque correnti gli individui sessualmente maturi risalgono i fiumi per portarsi in aree con acqua poco profonda dove, su substrati ciottolosi e ghiaiosi, vengono deposti i gameti. Rapporti con l uomo e conservazione In Italia le popolazioni di Pigo sono in forte contrazione da alcuni decenni. Una delle cause è sicuramente rappresentata dalle dighe e dagli altri sbarramenti trasversali, che negli ambienti fluviali impediscono agli individui prossimi alla riproduzione di raggiungere i fondali adatti al- la deposizione dei gameti; anche la pesca sportiva effettuata durante il periodo riproduttivo in prossimità degli sbarramenti potrebbe essere responsabile del consistente decremento demografico di varie popolazioni. Negli ambienti lacustri la specie è oggetto di pesca sportiva nella gran parte dell anno e in alcuni casi, come nel Lago di Como, è oggetto di pesca professionale. In alcuni corsi d acqua sloveni appartenenti al bacino del Danubio, la rarefazione del Pigo verificatasi negli ultimi anni è stata messa in relazione con il progressivo inquinamento delle acque. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato vulnerabile. Rutilus pigus è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Per invertire la tendenza negativa circa la consistenza delle popolazioni italiane di Pigo, sono ipotizzabili due tipi di intervento: la regolamentazione della pesca in modo più restrittivo con il divieto durante l intera stagione primaverile, considerando sia i mesi in cui ha luogo la riproduzione (aprile e maggio) sia un periodo precedente in cui i riproduttori compiono spostamenti all interno del sistema idrografico; la sperimentazione e successiva realizzazione di passaggi per pesci in corrispondenza delle dighe e degli altri sbarramenti. È necessario anche il controllo delle attività antropiche che producono inquinamento delle acque. Sono infine auspicabili studi volti a colmare le lacune sulla conoscenza della biologia e dell ecologia delle popolazioni italiane. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Mojetta et al., 1998; Trisolini et al.,

65 ROVELLA Rutilus rubilio (Bonaparte,1837) Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Geonemia È un endemismo della Regione Italico-peninsulare, diffuso in gran parte della penisola; R. rubilio è segnalato anche nei bacini della Dalmazia, dell Albania e della Grecia, ma a nostro avviso non c è alcun valido elemento per considerare queste popolazioni appartenenti allo stesso taxon delle popolazioni italiane (si evidenzia la necessità di una seria comparazione tassonomica fra le popolazioni italiane e quelle transadriatiche). In seguito ad immissioni accidentali legate ai cosiddetti ripopolamenti a favore della pesca sportiva, la specie è presente anche in alcuni corsi d acqua dell Appennino romagnolo e della Sicilia. Habitat La Rovella è una specie con discreta valenza ecologica, in grado di occupare diversi tratti dei fiumi e dei corsi d acqua di minori dimensioni. Preferisce però le zone dove l acqua è moderatamen- 64

66 te corrente e poco profonda, con fondo sabbioso o ghiaioso e con modesta presenza di macrofite; tale preferenza per i tratti medio-alti dei corsi d acqua è più evidente nei bacini dove sono presenti popolazioni alloctone di altri Ciprinidi, come l Alborella e il Triotto, con i quali si instaurano fenomeni di esclusione competitiva. Biologia È un pesce gregario di taglia mediopiccola (la lunghezza totale massima è di poco superiore a 20 cm e il peso di circa 120 g) che vive in gruppi composti da centinaia di individui. Nella gran parte degli ambienti è attivo tutto l anno, ma dove la temperatura invernale è più bassa la ricerca del cibo subisce un consistente rallentamento o cessa del tutto. L età massima riscontrata in natura è di 7 anni e si riferisce esclusivamente ad individui di sesso femminile, che risultano più longevi. La Rovella è onnivora e ricerca il cibo sul fondo e a mezz acqua; la dieta comprende piccoli molluschi e crostacei, larve e adulti di insetti, alghe e macrofite; durante il periodo riproduttivo riduce l attività alimentare. In buone condizioni trofiche e climatiche l accrescimento è rapido e la maturità sessuale viene raggiunta al 1 anno di età; in condizioni trofiche non ottimali, ma anche negli individui nati nella tarda stagione riproduttiva, la maturità sessuale può essere raggiunta al 2 anno. In alcuni individui è stata osservata una presunta inversione sessuale proterandrica. Il dimorfismo sessuale è evidente solo durante il periodo riproduttivo, quando i maschi presentano le pinne pari e l anale di colore rosso più acceso e vistosi tubercoli nuziali sul capo. La riproduzione ha luogo quando la temperatura dell acqua raggiunge circa 16 C, tra marzo e luglio in relazione alla posizione geografica e alle caratteristiche termiche dei corpi d acqua; la maggior parte delle popolazioni si riproduce comunque in aprile-maggio. Il comportamento riproduttivo che porta alla deposizione dei gameti interessa piccoli nuclei composti da una femmina e alcuni maschi; le uova vengono deposte in acque limpide e profonde pochi decimetri, sulla vegetazione acquatica e sulla ghiaia, durante giornate assolate. Rapporti con l uomo e conservazione La Rovella, grazie alla sua discreta valenza ecologica, è in grado di tollerare modeste compromissioni della qualità delle acque, come quella provocata per esempio dall inquinamento prodotto dagli scarichi urbani. Risente però negativamente di alterazioni più consistenti degli habitat: canalizzazioni ed altri interventi sugli alvei, come i prelievi di ghiaia e sabbia, possono causare la riduzione delle idonee aree di frega, con la conseguente rarefazione della specie in un sistema idrografico. In alcuni ambienti le popolazioni sono in forte contrazione numerica e corrono in certi casi il serio rischio di estinzione in seguito all immissione e all acclimatazione di Ciprinidi alloctoni, come il Triotto, aventi simile nicchia ecologica. Dove ha luogo la simpatria artificiale fra la Rovella e il Triotto, le due specie entrano in competizione e si osservano decrementi nelle popolazioni di Rovella negli ambienti dove l acqua è ferma o poco corrente; in alcuni bacini, come nel Lago di Bracciano, la specie alloctona ha eliminato quasi completamente la specie autoctona (Zerunian, 1984). In Sicilia, dove è stata introdotta negli anni 80, la Rovella ha ampliato la sua diffusione negli ultimi anni e in alcuni bacini costituisce una delle specie ittiche domi- 65

67 nanti. È oggetto di pesca sportiva, soprattutto da parte dei principianti; in passato è stata anche oggetto di pesca professionale (ad esempio nel Lago Trasimeno fino agli anni 50). Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerata a più basso rischio. Rutilus rubilio è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Gli interventi di conservazione per questa specie devono essere rivolti soprattutto in due direzioni: controllo delle attività che producono alterazioni degli alvei fluviali; divieto di effettuare ripopolamenti con materiale alloctono raccolto in natura. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Calderoni, 1980; Zerunian, 1981; Zerunian, 1982b. 66

68 TRIOTTO Rutilus erythrophthalmus Zerunian, 1982 Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Dopo la separazione sistematica del Triotto dalla Rovella, con la classificazione del primo nella nuova specie Rutilus erythrophthalmus (Zerunian, 1982a; vedi anche Zerunian, 1984), è stato proposto di considerare questo nome scientifico come sinonimo più recente del termine Rutilus aula coniato da Bonaparte nel 1841 (vedi Bianco, 1988); anche pochi anni fa è stato riproposto quest ultimo nome scientifico (Kottelat, 1997). Le motivazioni per le quali abbiamo ritenuto e continuiamo a ritenere valido il nome erythrophthalmus sono contenute in una nostra nota sull argomento (Zerunian, 1990), a cui si rimanda per una discussione particolareggiata; molto sinteticamente i motivi sono i seguenti: 1. la raffigurazione di R. aula contenuta nell opera di Bonaparte, che non dà alcuna descrizione della specie, è probabilmente riferibile ad un Rutilus ma è di modesta qualità e non evidenzia i caratteri diagnostici del Triotto; 2. nella seconda edizione del Codice internazionale di Nomenclatura Zoologica, in vigore fino al 1985, i nomi scientifici non usati negli ultimi 50 anni andavano considerati nomen obli- 67

69 tum e perciò non erano validi. Le considerazioni di Kottelat (1997) non aggiungono nulla di nuovo alla questione. Manteniamo quindi il nome scientifico R. erythrophthalmus, con il quale il Triotto viene identificato in numerosi lavori scientifici e tecnici ( carte ittiche ) pubblicati dopo il 1982 e nei principali lavori di sintesi sulla sistematica dei pesci e dei vertebrati italiani pubblicati negli ultimi 15 anni (Gandolfi e Zerunian, 1987; Gandolfi et al., 1991; Amori et al., 1993). Geonemia L areale naturale della specie comprende tutta l Italia settentrionale, dove è ampiamente distribuito. Essendo presente nel Lago Maggiore e probabilmente anche in quello di Lugano, che pur appartenendo al bacino del Po sono parzialmente in territorio svizzero, dovrebbe essere considerato un subendemismo; data però l esiguità del territorio extra-italiano e la contiguità con l areale italico, viene da noi considerato un endemismo. In seguito ad immissioni accidentali legate ai cosiddetti ripopolamenti a favore della pesca sportiva, il Triotto è presente in vari fiumi e laghi dell Italia centrale e meridionale; in alcuni casi le popolazioni di origine alloctona sono divenute numericamente consistenti. Habitat Il Triotto vive in acque ferme o a corso lento, ricche di vegetazione, con fondali sabbiosi o limosi. Ha una discreta valenza ecologica (tranne che per la salinità, essendo strettamente dulcicolo) ed è presente, con popolazioni che risultano spesso consistenti, negli ambienti lacustri, nei tratti medi dei fiumi e nei canali. Nella zonazione dei corsi d acqua italiani è una delle specie tipiche della Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila. Biologia È un pesce gregario di taglia mediopiccola (la lunghezza totale massima è di poco superiore a 20 cm e il peso arriva a circa 130 g), che vive in gruppi composti da centinaia di individui. Mentre sono state compiute varie ricerche sulla tassonomia del Triotto, la conoscenza della sua biologia è piuttosto modesta; i dati disponibili si riferiscono a indagini effettuate in ambienti lacustri: il Lago di Garda e il Lago di Bracciano. I giovani e gli individui delle prime classi di età vivono quasi esclusivamente lungo la fascia litorale, mentre quelli di età superiore a tre anni vivono preferibilmente a maggiori profondità. La dieta è onnivora e non sono state evidenziate specializzazioni alimentari; si ciba prevalentemente di piccoli invertebrati bentonici ed epifitici, come larve di insetti (soprattutto tricotteri e ditteri chironomidi) e molluschi, e di alghe filamentose; occasionalmente si nutre anche di zooplancton e di macrofite. Con l aumentare dell età cresce la preferenza per la componente vegetale e decresce quella per la componente animale. L accrescimento risulta piuttosto rapido in buone condizioni trofiche e climatiche, ed è sensibilmente migliore nelle femmine rispetto ai maschi: le prime raggiungono in media 10,2 cm a un anno (peso medio 16 g), 12 cm a due anni (24 g), 13,5 cm a tre anni (40 g), 15 cm a 4 anni (53 g); i secondi raggiungono in media 9,3 cm a un anno (peso medio 8 g), 10,2 cm a due anni (13 g), 11,2 cm a tre anni (18 g). È stato osservato un arresto della crescita nel periodo invernale, in relazione all abbassamento della temperatura dell acqua al di sotto dei 10 C circa. L età massima riscontrata in natura è di 10 anni, ma la maggior parte degli esemplari non supera i 4-5 anni. Nel Lago di Bracciano, dove l accrescimento è più rapido rispetto ad altri ambienti lacustri (come il Lago di Garda 68

70 e il Lago di Piediluco), la maturità sessuale viene raggiunta al 1 anno di età in entrambi i sessi; altrove sembra che venga raggiunta al 2 anno. Non c è dimorfismo sessuale. Molto scarse sono le conoscenze sulla biologia riproduttiva: la deposizione dei gameti ha luogo tra maggio e luglio, in relazione alle condizioni termiche dei corpi d acqua; le uova vengono deposte sulla vegetazione acquatica; i comportamenti riproduttivi interessano piccoli nuclei composti da una femmina e da alcuni maschi. Rapporti con l uomo e conservazione Il Triotto è uno dei pochi pesci d acqua dolce indigeni in Italia che non è a rischio di estinzione. Ciò è dovuto a un insieme di fattori favorevoli: la discreta valenza ecologica; una buona tolleranza rispetto ad alcune tipologie di alterazione ambientale, come l inquinamento prodotto dagli scarichi urbani; l areale piuttosto consistente; la possibilità di svolgere l intero ciclo biologico senza compiere spostamenti all interno dei sistemi idro- grafici. In alcune parti dell areale, come ad esempio nel basso Veneto (province di Padova e Rovigo; per quest ultima vedi Turin et al., 1999), sono stati però segnalati sensibili decrementi delle popolazioni imputabili a due cause principali: la forte predazione da parte del Siluro, Silurus glanis; la probabile competizione con il Rodeo, Rhodeus sericeus, e con la Pseudorasbora, Pseudorasbora parva, specie aliene comparse nella seconda metà degli anni 80 e poi rapidamente diffusesi in Italia nord-orientale. La specie è oggetto di pesca sportiva, soprattutto da parte dei principianti. Trattandosi di un endemismo italiano, sarebbero auspicabili ricerche volte a colmare le principali lacune sulla conoscenza della sua biologia, in particolare quella riproduttiva. Sarebbe anche interessante prendere in esame quali caratteri eco-etologici rendono il Triotto superiore alla Rovella in quegli ambienti di acqua ferma o moderatamente corrente dove le due specie sono in simpatria, a causa di immissioni accidentali. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Troppmair et al., 1977; Zerunian et al.,

71 CAVEDANO Leuciscus cephalus (Linnaeus, 1758) Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Le sottospecie italiane cabeda e albus (vedi Tortonese, 1970), brutius e ruffoi (vedi Bianco e Recchia, 1983) sono risultate inconsistenti alla luce di un analisi critica delle presunte differenze nei caratteri morfometrici e meristici (vedi Gandolfi e Zerunian, 1987 e Gandolfi et al., 1991). Un altra questione, più importante, riguarda la possibile esistenza di due specie endemiche in Italia del genere Leuciscus: L. lucumonis Bianco, 1982 (vedi anche Bianco, 1983), il cui areale comprenderebbe parte della Toscana, dell Umbria e dell alto Lazio; L. lapacinus Stefani, Serra, Loffredo e Fossa, 1987, che vivrebbe nel solo Lago di Santa Croce (Belluno). L. lapacinus non è a nostro avviso un taxon valido, essendo molto probabilmente un ibrido fra il Cavedano e l Alborella (per una discussione sull argomento vedi Gandolfi et al., 1991). Secondo noi anche L. lucumonis potrebbe essere un ibrido fra il Cavedano e un altro Leuciscino, come il Vairone o la Rovella (per una discussione sull argomento vedi Gandolfi et al., 1991); dati di natura biochimica e geneti- 70

72 ca rilevati negli anni 90 su questo presunto taxon (Manaresi et al., 1997; Ketmaier et al., 1998) hanno però reso più complessa la questione dal punto di vista tassonomico, senza però portare elementi certi sullo status sistematico dei lucumonis ; si è aggiunto inoltre un ulteriore elemento di dubbio di natura zoogeografica: la scoperta di popolazioni con caratteristiche simili ai lucumonis nella Regione Padana (Manaresi et al., 1997). In presenza di dati tassonomici che permangono confusi e in assenza di elementi diagnostici certi, non riteniamo valida la specie L. lucumonis (per una discussione più approfondita sull argomento vedi Zerunian, 2002). Pensiamo che la grande plasticità bio-ecologica di Leuciscus cephalus, la consistente variabilità intraspecifica e l ampia possibilità di ibridazione che mostra questa specie nei confronti di altri Ciprinidi della sottofamiglia Leuciscinae, siano le cause dell esistenza in natura di individui significativamente diversi rispetto alla norma; altro elemento che negli ultimi decenni può aver complicato la situazione faunistica è il fenomeno dell inquinamento genetico (vedi il paragrafo Rapporti con l uomo e conservazione ). Prima di giungere a qualsiasi conclusione sistematica, è necessario a nostro avviso approfondire le conoscenze sulla biologia, l ecologia e la genetica del Cavedano. Geonemia L areale della specie comprende quasi tutta l Europa e parte del vicino Oriente. Nel nostro paese è uno dei pesci d acqua dolce maggiormente diffusi, in quanto indigeno nell intera Regione Padana e in tutta quella Italico-peninsulare; può costituire popolazioni consistenti, tanto da risultare in molti ecosistemi una delle specie ittiche dominanti. Habitat Il Cavedano è una specie con ampia valenza ecologica, capace di vivere in una grande varietà di ambienti: nei corsi d acqua è presente dalla Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila fino alla foce; negli ambienti lacustri vive sia in acque oligotrofiche che eutrofiche. Predilige comunque acque limpide e fondali ghiaiosi, che trova in molti bacini lacustri e nei tratti medio-alti dei corsi d acqua. Biologia È un pesce gregario nella fase giovanile, ma questo comportamento va gradualmente riducendosi con l età. È di media taglia (la lunghezza totale massima è di circa 60 cm e il peso di circa 4 kg) e mostra un rapido accrescimento negli ambienti che hanno buone condizioni trofiche e termiche. L età massima raggiunta in natura è di 15 anni; nelle popolazioni italiane sono stati però osservati individui fino a 12 anni di età, con lunghezze di circa 50 cm e peso di quasi 2 kg. L accrescimento è simile nei due sessi fino al 4 anno, ma successivamente le femmine presentano un accrescimento più rapido dei maschi; sono inoltre più longeve di questi ultimi. Studi condotti sull accrescimento nel Fiume Po hanno evidenziato che a un anno di età la lunghezza totale è cm (35-45 g di peso), a tre anni è cm ( g), a 5 anni è cm ( g), a 7 anni (solo femmine) arriva a 39 cm e 1400 g circa; oltre il 6 anno la popolazione è costituita interamente da femmine. La dieta è onnivora e comprende una grande varietà di alimenti sia di origine animale che vegetale; oltre ad alghe filamentose, macrofite ed ogni sorta di invertebrati acquatici, si nutre in maniera consistente di organismi provenienti dagli ecosistemi terrestri circostanti gli ambienti acquatici: adulti di insetti, semi e frutti. 71

73 Lo spiccato eurifagismo del Cavedano, che si ciba praticamente di ogni tipo di alimento disponibile senza operare alcuna selezione, è uno dei motivi del successo ecologico della specie. Le conoscenze sulla biologia riproduttiva sono scarse. La maturità sessuale viene raggiunta fra i due e i 4 anni di età, probabilmente con un anno di anticipo nei maschi rispetto alle femmine. Il dimorfismo sessuale è evidente solo nel periodo riproduttivo: i maschi presentano piccoli tubercoli nuziali sul capo e sul corpo. Il periodo riproduttivo differisce nelle diverse popolazioni in relazione alle condizioni termiche dei corpi d acqua, ricadendo in genere tra la seconda metà di maggio e tutto giugno. Le uova vengono deposte preferibilmente in acque basse su fondali ghiaiosi; l ampia valenza ecologica della specie è comunque evidente anche per quanto riguarda quest ultimo carattere biologico, poiché è in grado di deporre i gameti anche su substrati diversi. Rapporti con l uomo e conservazione Il Cavedano è uno dei pochi pesci d acqua dolce indigeni in Italia che non è a rischio. Ciò è dovuto a un insieme di fattori favorevoli: l ampia valenza ecologica; una buona tolleranza rispetto ad alcune tipologie di alterazione ambientale, come l inquinamento prodotto dagli scarichi urbani e la canalizzazione dei corsi d acqua; l ampio areale; la possibilità di svolgere l intero ciclo biologico senza compiere spostamenti all interno dei sistemi idrografici. La specie è oggetto di pesca sportiva in ogni regione d Italia; viene per questo frequentemente usata nei ripopolamenti effettuati dalle amministrazioni provinciali e dalle associazioni di pescatori, ed è probabile che molte popolazioni siano costituite in parte da individui indigeni, in parte da individui di origine alloctona, in parte da ibridi (sarebbe quindi presente il fenomeno dell inquinamento genetico). BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Trisolini et al., 1991; Vitali e Braghieri,

74 VAIRONE Leuciscus souffia muticellus Bonaparte, 1837 Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Alla fine degli anni 90 le popolazioni italiane di Vairone sono state classificate come Telestes muticellus (Ketmaier et al., 1998). Questa posizione ripropone una nomenclatura coniata nell Ottocento e si basa sui seguenti elementi: la separazione tassonomica a livello di specie fra le popolazioni italiane e le popolazioni di Vairone dell Europa centrale, della Francia e della Grecia; la rivalutazione del genere Telestes proposto da Bonaparte nel 1840, nel quale verrebbero classificati tutti i Vaironi dell Europa centrale e meridionale. Su tali proposte sono stati espressi dubbi (Zerunian, 2002), che vengono sinteticamente riportati. Il genere Telestes non viene considerato valido perché i suoi caratteri si sovrappongono ampiamente a quelli del genere Leuciscus, senza che nessuno di essi risulti diagnostico; non è stato inoltre individuato alcun carattere osteologico di separazione fra i due presunti generi diversi (in particolare le ossa e i denti faringei, caratteri di grande importanza nella diagnosi dei generi all interno della famiglia Ciprinidi, risultano del tutto simili). La rivalutazione della specie muticellus si basa su un indagine che, prendendo in 73

75 esame materiale del nostro paese, della Francia meridionale e della Grecia, ha considerato di grande importanza la stima dei tempi di separazione genetica fra i tre gruppi di popolazioni; non è stata però compiuta nessuna nuova comparazione riguardante i caratteri morfologici e, soprattutto, non è stata evidenziata alcuna differenza nei caratteri biologici fra le presunte diverse specie; in sintesi, l elevazione al rango di specie del taxon muticellus non è basata su elementi certi. Tenendo conto della distribuzione frammentata del complesso Leuciscus souffia e del conseguente isolamento geografico tra i Vaironi italiani e quelli transalpini e transadriatici, consideriamo accettabile una separazione a livello sottospecifico tra i vari gruppi di popolazioni (vedi Zerunian, 2002). Le popolazioni italiane di Vairone vengono così identificate con una nomenclatura trinomia già adottata in passato: L. souffia muticellus. Geonemia Sulla base delle considerazioni espresse nel paragrafo precedente, si tratta di un endemismo italiano. L areale comprende l Italia settentrionale, soprattutto le regioni occidentali e centrali con una tendenza a diminuire di frequenza verso oriente, e le regioni peninsulari fino alla Campania e al Molise; la distribuzione è però frammentata, perché legata ad una buona qualità degli ambienti. Habitat Il Vairone vive in acque correnti, limpide e ricche di ossigeno, con fondali ghiaiosi. È presente nei tratti medio-alti dei corsi d acqua, nelle risorgive ed occasionalmente nei laghi oligotrofici; nella zonazione delle acque correnti italiane occupa prevalentemente la Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila, anche se può essere rinvenuto più a monte. Poiché si tratta di una specie stenoecia, necessita di una buona qualità dell acqua e più in generale dell ambiente. Biologia È un pesce gregario di taglia mediopiccola (normalmente raggiunge la lunghezza totale di cm, anche se sono noti valori superiori), che vive prevalentemente in prossimità del fondo. Modeste sono le conoscenze sulla biologia della sottospecie endemica in Italia. La dieta è composta principalmente da organismi macrobentonici (soprattutto larve di efemerotteri, tricotteri, simulidi e chironomidi) ed alghe epilitiche; nel periodo estivo si nutre anche di insetti adulti (soprattutto ditteri) che si posano sull acqua o vi cadono accidentalmente. L accrescimento è piuttosto lento: secondo un indagine condotta in Friuli-Venezia Giulia, a un anno di età viene raggiunta la lunghezza totale di 7-9 cm (4-7 g), a 3 anni cm (12-18 g), a 5 anni cm (25-40 g), a 7 anni cm (50-55 g); quest ultima classe di età sembra essere costituita solo da femmine. In alcuni corsi d acqua del Piemonte e della Lombardia, probabilmente in conseguenza di più consistenti disponibilità trofiche, sono state però osservate velocità di accrescimento maggiori, con esemplari di circa 90 g a 6 anni di età. La maturità sessuale viene raggiunta a due-tre anni di età. Il dimorfismo sessuale è presente solo durante il periodo riproduttivo: i maschi presentano una livrea più accesa, con riflessi violacei nella banda scura, le pinne pari e l anale di colore più intenso, e si ricoprono di piccoli tubercoli nuziali sul capo. Si riproduce fra aprile e luglio, a seconda delle condizioni termiche dei corpi d acqua, deponendo i gameti in acque basse e correnti, su fondali ghiaiosi o ciottolosi. La fecondità relativa è piuttosto elevata, 74

76 tale da consentire la costituzione di popolazioni numericamente consistenti laddove le caratteristiche ambientali risultano idonee; in Italia nord-occidentale è stato rilevato il valore medio di 148 (± 30) uova per grammo di peso del pesce, con una fecondità potenziale di uova per femmina in relazione alla sua taglia. Rapporti con l uomo e conservazione Le popolazioni di Vairone sono numericamente consistenti nei corsi d acqua non inquinati. La specie, esigente circa una buona qualità chimico-fisica delle acque, è però minacciata dalle varie forme di inquinamento dei corpi idrici; anche altre alterazioni degli habitat, come le artificializzazioni degli alvei fluviali ed i prelievi di ghiaia, risultano fortemente negative perché compromettono in modo irreversibile i substrati riproduttivi. Infine gli eccessivi prelievi idrici possono produrre danni consistenti. In molti sistemi idrografici le popolazioni sono in contra- zione numerica, con lo spostamento degli individui nei tratti più a monte dove la qualità delle acque è migliore; è molto probabile che l assenza della specie in vari corsi d acqua sia dovuta a estinzioni locali. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato a più basso rischio. Leuciscus souffia è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Gli interventi di conservazione per la sottospecie endemica in Italia devono essere rivolti in primo luogo alla tutela dei tratti medio-alti dei corsi d acqua, preservando la naturalità degli alvei e una buona qualità delle acque. Si evidenzia infine la necessità di maggiori conoscenze sulla biologia della specie, per poter predisporre valide misure di conservazione. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Catelli et al., 2001; Gandolfi et al., 1991; Specchi et al.,

77 SANGUINEROLA Phoxinus phoxinus (Linnaeus, 1758) Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Geonemia La specie ha un ampio areale euroasiatico. In Italia è indigena nelle regioni settentrionali, ed è rinvenibile su tutto l arco alpino, in gran parte della Pianura Padana e in alcuni affluenti appenninici del Po; ha però distribuzione discontinua, perché legata ad una buona qualità ambientale. esempio nelle zone interne del Mar Baltico, vive anche in acque salmastre. Biologia È un pesce gregario di piccola taglia (la lunghezza totale massima è normalmente di 9 cm; eccezionalmente può arri- Habitat La Sanguinerola vive in acque limpide, fredde e ricche di ossigeno, con fondali ghiaiosi, tipiche dei tratti alti e medio-alti dei corsi d acqua; è presente anche nelle risorgive e nei laghi oligotrofici. Nella parte settentrionale del suo areale, come ad 76

78 vare a 12 cm circa), che vive spesso associato ad avannotti e giovani di altre specie (Trota fario, Temolo, Barbo ed altri Ciprinidi di acque correnti); occupa preferibilmente le aree in prossimità delle rive, dove si nasconde tra i massi e la vegetazione. L accrescimento è generalmente piuttosto lento, in relazione all oligotrofia e alle basse temperature tipiche degli ambienti in cui vive: a un anno di età i giovani misurano 3,5-4,5 cm, a due anni 5-6,5 cm; i valori più alti si riferiscono a popolazioni di ambienti di pianura, come le risorgive, dove le risorse trofiche risultano maggiori e la temperatura più elevata. Le femmine sono più longeve dei maschi; nelle popolazioni italiane questi ultimi raggiungono normalmente l età di tre anni, le femmine di 4; l età massima riscontrata è però di 7 anni. La Sanguinerola ha un alimentazione onnivora e non specializzata: si nutre soprattutto di larve di insetti acquatici e crostacei bentonici ma, negli ambienti lacustri, anche di zooplancton (diaptomidi, ciclopidi, cladoceri); la componente vegetale è costituita prevalentemente da alghe filamentose; occasionalmente si ciba anche di avannotti e uova di altri pesci, nonché di insetti aerei. La maturità sessuale viene raggiunta, senza differenze tra i due sessi, al 1 o al 2 anno di età, in relazione alle condizioni trofiche dell ambiente ed alla conseguente velocità di accrescimento. Il dimorfismo sessuale è particolarmente evidente durante il periodo riproduttivo e riguarda in primo luogo la livrea (vedi Tavola: in alto, in basso); i tubercoli nuziali si formano in entrambi i sessi, ma sono più sviluppati nei maschi; in questi ultimi, inoltre, le pinne pettorali risultano più grandi e con i raggi più robusti. Nella tarda primavera le Sanguinerole si riuniscono in grandi gruppi per dare inizio alla stagione riproduttiva. La ripro- duzione ha luogo da maggio a luglio; in ciascuna popolazione si estende per un lungo periodo, poiché le femmine depongono più volte entro la stagione. I nuclei riproduttivi sono formati da una o poche femmine e numerosi maschi. La deposizione dei gameti avviene in acque basse pochi centimetri, su fondali ghiaiosi o ciottolosi; ciascuna femmina depone complessivamente da 200 a 1500 uova, a seconda della taglia, che si schiudono in 8-10 giorni alla temperatura di C. Gli embrioni liberi restano nascosti fra le pietre fino alla consumazione del sacco vitellino. Rapporti con l uomo e conservazione La Sanguinerola è una specie a limitata valenza ecologica, che necessita di una buona qualità delle acque e di ambienti non alterati morfologicamente dalle varie attività umane. Risulta perciò minacciata dal degrado degli habitat, causato in primo luogo dall inquinamento e dall artificializzazione degli alvei; anche le massicce immissioni di Salmonidi a favore della pesca sportiva possono risultare nocive, per un innaturale pressione predatoria. Negli ultimi decenni le popolazioni italiane hanno subito, per i motivi suddetti, consistenti depauperamenti e probabilmente varie estinzioni locali. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerata vulnerabile. Gli interventi per la conservazione delle popolazioni italiane di Sanguinerola devono essere rivolti in primo luogo alla tutela degli ambienti acquatici in cui vive (tratti alti e medio-alti dei corsi d acqua, risorgive, laghi oligotrofici), preservando la naturalità degli alvei e una buona qualità delle acque. È auspicabile anche una gestione equilibrata dei ripopolamenti di trote a favore della pesca sportiva. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1991; Muus e Dahlström,

79 TINCA Tinca tinca (Linnaeus, 1758) Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Geonemia La specie ha un ampissima distribuzione euro-asiatica, dalle coste atlantiche della Penisola Iberica alla Cina, dalla Scandinavia alla parte settentrionale della Turchia. In Italia è indigena in tutte le regioni settentrionali e peninsulari, nonché in Sicilia; le popolazioni presenti in Sardegna hanno avuto origine da materiale alloctono, introdotto nei primi anni del Novecento. Habitat La Tinca è un pesce con ampia valenza ecologica che vive nelle acque a lento corso o stagnanti dei tratti medio-bassi dei corsi d acqua, dei canali, dei laghi mesoed eutrofici e degli stagni, dove la vegetazione è ricca e il fondo è fangoso; nella zonazione dei corsi d acqua italiani è una delle specie tipiche della Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila. È in grado di tollerare una bassa salinità, e per questo è rinvenibile anche in laghi costieri salmastri. È una specie euriterma ed è capace di 78

80 vivere in acque con una bassa concentrazione di ossigeno; predilige comunque temperature comprese fra 15 e 23 C. Biologia È un pesce di taglia medio-grande (nell Europa dell est sono state rilevate lunghezze fino a 70 cm e peso di circa 8 kg, su esemplari di anni di età; nelle popolazioni italiane la lunghezza totale massima arriva normalmente a 50 cm e il peso a 2 kg) attivo dalla primavera all autunno; trascorre l inverno in una sorta di letargo, e questa riduzione dell attività ha luogo particolarmente negli ambienti più freddi dove la temperatura scende al di sotto di 8 C. Ha abitudini bentoniche, soprattutto per motivi trofici; è eurifaga e il suo ampio spettro alimentare comprende la maggior parte dei piccoli animali, piante e detriti disponibili. Negli esemplari adulti e sub-adulti la componente animale della dieta consiste prevalentemente in larve di insetti (soprattutto ditteri chironomidi e ceratopogonidi), vermi, piccoli bivalvi e gasteropodi; questi ultimi diventano la parte principale dell alimentazione nelle classi di età maggiori. La velocità di accrescimento è strettamente condizionata dalle condizioni termiche e trofiche dei corpi d acqua; non ci sono però studi sulle popolazioni italiane, per cui i dati a disposizione si riferiscono a popolazioni dell Europa centrale, dove la crescita è lenta: nella prima estate le giovani tinche misurano 4-8 cm di lunghezza (5-10 g di peso), nella seconda cm ( g), nella terza cm ( g); le femmine si accrescono maggiormente rispetto ai maschi. L età in cui viene raggiunta la maturità sessuale varia molto in relazione alle condizioni termiche e alle disponibilità trofiche; normalmente ciò accade al 2-3 anno nei maschi, e un anno più tardi nelle femmine. C è dimorfismo sessuale a partire dal 2 anno di età: nei maschi le pinne ventrali sono lunghe, fino a coprire l ano, ed hanno il primo raggio completo molto ingrossato; nelle femmine le pinne ventrali non raggiungono l ano. Il periodo riproduttivo dipende strettamente dalle condizioni termiche, e ricade in un intervallo compreso tra maggio e luglio. La deposizione dei gameti ha luogo in acque basse e ricche di vegetazione, a una temperatura di C. I comportamenti sessuali interessano piccoli gruppi composti da una femmina e due-tre maschi. Ciascuna femmina depone varie centinaia di migliaia di uova in più riprese, ogni due settimane circa, per un periodo di due mesi. Per la schiusa delle uova occorrono gradi-giorno (ciò significa che a 20 C occorrono 5-6 giorni). Gli embrioni liberi possiedono organi adesivi, con i quali restano attaccati alle piante per alcuni giorni; dopo circa 10 giorni il sacco vitellino viene consumato e l alimentazione diventa esogena: gli avannotti, che fino alla lunghezza di 4-5 cm presentano una colorazione grigia e una evidente macchia nera sul peduncolo caudale, si muovono a mezz acqua e si nutrono di piccoli animali zooplanctonici. Solo dopo alcuni mesi le giovani tinche cominciano a condurre vita bentonica. Rapporti con l uomo e conservazione È una specie che riveste un ruolo importante nella pesca, sia quella sportiva che professionale. Circa quest ultima, rappresenta una percentuale significativa del pescato nei laghi mesotrofici ed ancor più in quelli eutrofici (ad esempio nel Lago Trasimeno fino agli anni 80 era in assoluto la specie ittica più frequentemente catturata, rappresentando circa il 30% del pescato totale, equivalente a q/annui). È anche 79

81 oggetto di allevamento estensivo insieme ad altre specie, come la Carpa, sia in bacini artificiali che nelle risaie. La Tinca è uno dei pochi pesci d acqua dolce indigeni in Italia che non è a rischio di estinzione. Ciò è dovuto all ampia valenza ecologica, a una buona tolleranza rispetto ad alcune tipologie di alterazione ambientale (come l inquinamento prodotto dagli scarichi urbani), all ampio areale, alla possibilità di svolgere l intero ciclo biologico senza compiere spostamenti all interno dei sistemi idrografici. In alcune parti dell areale, come ad esempio nella provincia di Modena (vedi Sala et al., 2000), sono stati però segnalati sensibili decrementi delle popolazioni imputabili alle alterazioni degli habitat ed all inquinamento. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Brylinska et al., 1999; Muus e Dalhström,

82 SCARDOLA Scardinius erythrophthalmus (Linnaeus, 1758) Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Secondo alcuni autori (Berg, 1932; Ladiges e Vogt, 1979) le popolazioni di Scardola presenti in Italia centrale e meridionale costituiscono una sottospecie a se stante: S. erythrophthalmus scardafa (Bonaparte, 1837). Qualche anno fa è stato proposto di elevare questo taxon al rango di specie (Bianco, 1990, 1993; vedi anche Kottelat, 1997, che si adegua in maniera acritica a questa posizione), essenzialmente sulla base di ipotesi e senza alcuna seria comparazione fra popolazioni; l unico elemento di separazione evidenziato fra i due presunti taxa diversi, consisterebbe nel numero di raggi divisi della pinna anale: 9 in media in S. scardafa e 10 in media in S. erythrophthalmus. In una recente nota (Bianco et al., 2001) viene confermata quest ultima posizione sistematica, senza però il sostegno di una sufficiente comparazione di natura biologica ed ecologica. A nostro avviso il cambiamento sistematico in oggetto è stato effettuato senza un adeguata base scientifica; i caratteri tassonomici evidenziati per separare S. scardafa da S. erythrophthalmus sono assolutamente insufficienti e una verifica effettuata su individui di più popola- 81

83 zioni ha dimostrato la sua inconsistenza (Zerunian, 2002; si rimanda a questo lavoro anche per una discussione più approfondita sulla questione). Secondo noi S. scardafa non è un taxon valido e per questo classifichiamo tutte le popolazioni italiane appartenenti al genere Scardinius nell unica specie S. erythrophthalmus. Geonemia Ha un ampia distribuzione euro-asiatica, arrivando ad est fino agli Urali. In Italia è indigena e ampiamente distribuita in tutte le regioni settentrionali e peninsulari fino a un incerto limite sud, probabilmente il Lazio nel versante tirrenico e le Marche in quello adriatico. In Italia centrale e in Sardegna esistono anche popolazioni originatesi da materiale alloctono. Habitat La Scardola vive nelle acque a lento corso o stagnanti dei tratti medio-bassi dei corsi d acqua, dei canali, dei laghi meso- ed eutrofici e degli stagni, dove la vegetazione è ricca e il fondo è sabbioso o fangoso; nella zonazione dei corsi d acqua italiani è una delle specie tipiche della Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila. È un pesce euritermo e più in generale euriecio, e per questo può risultare fra le specie dominanti nelle comunità ittiche. Biologia È un pesce di taglia media (i valori massimi della lunghezza totale e del peso sono circa 45 cm e 2 kg; tali limiti vengono però raggiunti eccezionalmente, mentre sono nella norma lunghezze di cm e pesi di 0,5-0,8 kg), attivo tutto l anno laddove la temperatura dell acqua non raggiunge temperature troppo basse; nei bacini lacustri sverna in acque profonde, dove riduce la sua attività. La Scardola è nettamente eurifaga e ricerca il cibo in tutti i diversi livelli dei corpi d acqua. Osservazioni compiute in un ambiente lacustre dell Italia centrale, il Lago Trasimeno, hanno evidenziato che la dieta è composta in parte da alghe e da una grande varietà di macrofite acquatiche (soprattutto Vallisneria spiralis e Ceratophyllum demersum), in parte da organismi animali dello zooplancton, crostacei bentonici (soprattutto Palaemonetes antennarius) e larve di insetti (soprattutto Chironomus sp.); la dieta varia comunque con l età, e negli esemplari di taglia maggiore l alimentazione diventa prevalentemente carnivora; gli esemplari più grandi si nutrono occasionalmente anche di piccoli pesci (come Cobiti e Latterini). La velocità di accrescimento e l età di raggiungimento della maturità sessuale dipendono molto dalle condizioni termiche dei corpi d acqua. Nel Lago di Bracciano le Scardole raggiungono cm di lunghezza totale (15-25 g di peso) a un anno di età, cm (40-70 g) a tre anni, cm ( g) a 4 anni; qui è stato osservato un arresto della crescita durante i mesi invernali, quando la temperatura dell acqua scende sotto i 13 C. Nel Lago Trasimeno l accrescimento è migliore, probabilmente in relazione a temperature dell acqua più elevate e a un maggiore livello trofico di questo bacino. Nel primo dei laghi citati le femmine si accrescono più rapidamente rispetto ai maschi e presentano una mortalità meno elevata rispetto ad essi (in questa popolazione il rapporto sessi è quindi a favore delle femmine, e gli esemplari di taglia maggiore sono prevalentemente femmine); nel secondo bacino l accrescimento è risultato simile nei due sessi. La maturità sessuale viene raggiunta normalmente al 2 anno di età nei maschi e al 3 nelle femmine; in ambienti dove l accrescimento è rapido viene però raggiunta al 1 anno nei maschi e al 2 nelle 82

84 femmine. Non c è dimorfismo sessuale. La riproduzione ha luogo quando la temperatura dell acqua raggiunge almeno 16 C; il periodo riproduttivo dipende così dalle condizioni termiche dell ambiente e alle nostre latitudini è compreso tra maggio e luglio. Le uova, prodotte in numero variabile tra poche migliaia ed oltre a seconda della taglia, sono adesive e vengono deposte sulle piante acquatiche; dopo la schiusa, che avviene in 3-10 giorni a seconda della temperatura, gli embrioni liberi restano sulla vegetazione fino alla consumazione del sacco vitellino. Rapporti con l uomo e conservazione È una specie oggetto di pesca sportiva, soprattutto da parte dei principianti. Ha carni poco apprezzate per cui, nonostante la sua abbondanza in alcuni bacini, non riveste interesse per la pesca professionale. La Scardola è uno dei pochi pesci d acqua dolce indigeni in Italia che non è a rischio di estinzione. Ciò è dovuto all ampia valenza ecologica, a una buona tolleranza rispetto ad alcune tipologie di alterazione ambientale (come l inquinamento prodotto dagli scarichi urbani), all ampio areale, alla possibilità di svolgere l intero ciclo biologico senza compiere spostamenti all interno dei sistemi idrografici. Recenti osservazioni condotte in Friuli-Venezia Giulia hanno comunque evidenziato una regolare presenza della specie solo in acque con una buona qualità biologica. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Giovinazzo et al., 1987; Zerunian et al.,

85 ALBORELLA Alburnus alburnus alborella (De Filippi, 1844) Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Una prima questione riguarda la categoria sistematica di appartenenza del taxon alborella: potrebbe trattarsi di una sottospecie di Alburnus alburnus, specie ad ampia distribuzione europea, così come viene considerata in questa sede e in precedenti lavori di sintesi sull ittiofauna italiana (Tortonese, 1970; Gandolfi et al., 1991), oppure costituire una specie a se stante. La situazione è simile a quella di altri taxa, e il problema consiste nel valutare se le differenze tassonomiche accumulatesi in seguito alla separazione geografica tra le popolazioni italiane e quelle transalpine hanno prodotto l isolamento riproduttivo; in assenza di un serio lavoro di comparazione, basato anche sui caratteri biologici, il problema resta aperto e si presta a interpretazioni soggettive (per una discussione sull argomento si rimanda a Zerunian, 2002). C è poi una seconda questione, di tipo nomenclaturale. Secondo Kottelat (1997) la prima descrizione valida dell Alborella italiana risale al Settecento, e ad essa corrisponde il termine Cyprinus albor Scopoli, 1786; quindi secondo l attuale collocazione sistematica il nome scientifico dovrebe essere Alburnus alburnus albor. Così 84

86 come in altri casi (Storione cobice, Trota macrostigma, Nono e Ghiozzo padano), non ci sembra di nessuna utilità rispolverare termini vecchi di centinaia di anni e mai utilizzati; manteniamo perciò il termine A. alburnus alborella. Geonemia L areale della sottospecie subendemica nel nostro paese comprende tutta l Italia settentrionale, parte delle Marche e la Dalmazia. È inoltre presente, con popolazioni spesso consistenti originatesi da materiale alloctono, in vari bacini delle regioni centro-meridionali e in Sardegna. Habitat L Alborella è una specie con discreta valenza ecologica, in grado di svolgere il suo ciclo biologico in diversi tipi di ambienti acquatici purché le acque siano sufficientemente limpide e ossigenate. Vive nei grandi e nei piccoli corsi d acqua, occupando i tratti in cui la corrente è lenta o moderata, e nelle acque ferme dei laghi. Costituisce spesso una delle specie dominanti; nel medio corso del Po rappresenta ad esempio il 60-70% della comunità ittica (anche se considerando la biomassa il valore scende al 2-6%). Biologia È un pesce gregario di piccola taglia (la lunghezza totale massima è di circa 16 cm), che vive in gruppi numericamente molto consistenti; questi, negli ambienti lacustri di maggiori dimensioni, possono raggiungere il peso di centinaia di chilogrammi. I gruppi si localizzano preferibilmente a mezz acqua e in superficie, in aree prive di vegetazione dove l acqua è profonda. Nelle piramidi alimentari degli ecosistemi acquatici l Alborella gioca spesso un ruolo importante, in relazione alla sua abbondanza ed al livello trofico occupato: costituisce il principale anello di collegamento fra il plancton e le specie ittiofaghe, come ad esempio il Luccio e il Cormorano. La dieta è onnivora, comprendendo alghe, larve di insetti e zooplancton (soprattutto cladoceri e copepodi); negli ambienti lacustri, come nei grandi laghi prealpini, quest ultimo costituisce la parte principale dell alimentazione. La velocità di accrescimento, simile nei due sessi, varia molto in relazione alle condizioni trofiche dell ambiente, risultando generalmente più rapida negli ambienti lentici. Nel Lago di Como, ad esempio, raggiunge in media 5 cm (1 g) a un anno, 10 cm (8,5 g) a tre anni, 12 cm (13,5 g) a 5 anni. Nelle prime tre classi di età il rapporto sessi è intorno al 50%, nelle classi 4+ e 5+ la percentuale dei maschi decresce progressivamente fino ad arrivare a zero; gli esemplari di taglia maggiore sono così esclusivamente femmine. La maggior parte degli individui vive comunque 4 anni circa; pochi sono quelli che raggiungono e superano il 5 anno. La maturità sessuale è raggiunta al 1 anno di età nei maschi, al 2 anno nelle femmine; non c è dimorfismo sessuale. Per la riproduzione, che ha luogo in giugno e luglio, le Alborelle si portano in prossimità delle rive, alla ricerca di fondali ghiaiosi o sabbiosi sui quali avviene la deposizione dei gameti. Ciascuna femmina depone in più riprese un numero compreso fra 1000 e 3000 uova, a seconda della taglia; ogni fase di riproduzione dura 3-4 giorni, durante i quali le Alborelle mantengono il controllo dell area. Lo sviluppo embrionale è estremamente rapido e richiede circa 75 gradi-giorno. Gli individui di età superiore a 5 anni (femmine di lunghezza uguale o maggiore di 13 cm circa) sono generalmente sterili. 85

87 Rapporti con l uomo e conservazione L Alborella è uno dei pochi pesci d acqua dolce indigeni in Italia che non è a rischio. Ciò è dovuto a un insieme di fattori favorevoli: la discreta valenza ecologica; una discreta tolleranza rispetto ad alcune tipologie di alterazione ambientale, come l inquinamento prodotto dagli scarichi urbani; l ampia diffusione; la buona consistenza numerica delle popolazioni; la possibilità di svolgere l intero ciclo biologico senza compiere spostamenti all interno dei sistemi idrografici. In alcuni ambienti, come ad esempio nel medio corso del Po e nel Lago di Garda, negli ultimi decenni è stata osservata una crescita demografica dell Alborella; una possibile spiegazione del fenomeno potrebbe essere l aumento di trofia di questi ecosistemi, dovuto ad alcune tipologie di inquinamento. La specie è oggetto di pesca sportiva, soprattutto da parte dei principianti. Negli ambienti di maggiori dimensioni è anche oggetto di pesca professionale; nel Lago di Garda, ad esempio, fino agli anni 80 rappresentava circa il 30-35% del pescato totale ( q/annui). BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Giussani e Grimaldi, 1975; Ippoliti et al., 2002; Negri e Arlati,

88 ALBORELLA MERIDIONALE Alburnus albidus (Costa, 1838) Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Geonemia È endemica in Italia meridionale, dalla Campania all Abruzzo fino alla Basilicata; popolazioni forse originatesi da materiale alloctono sono presenti anche in Calabria. Biologia È un pesce gregario di taglia piccola (la lunghezza totale massima osservata è di circa 14 cm) che, laddove l ambiente risulta in buono stato, costituisce popolazioni numericamente consistenti potendo risultare la specie ittica dominante. Mo- Habitat L Alborella meridionale è una specie con discreta valenza ecologica, in grado di occupare diversi tratti dei fiumi e dei corsi d acqua di minori dimensioni: è presente sia nella Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila che in quella dei Ciprinidi a deposizione fitofila, dove la corrente è lenta o moderata. Vive anche in ambienti lacustri. 87

89 deste sono le conoscenze sulla sua biologia. L alimentazione è onnivora e varia con le stagioni: in estate predilige le alghe filamentose, mentre nelle altre stagioni si ciba soprattutto di larve di insetti acquatici ed altri piccoli invertebrati. Circa l accrescimento è noto che a due anni gli individui misurano 8-9 cm, a 4 anni cm; l età massima sembra essere di 5-6 anni. Le femmine crescono più velocemente dei maschi, e il rapporto sessi nelle classi di età più avanzate è a favore delle femmine. Circa la riproduzione è noto solo che ha luogo in maggio e giugno, e che i gameti vengono deposti su fondali ghiaiosi in prossimità delle rive. Il dimorfismo sessuale è evidente durante il periodo riproduttivo, quando i maschi presentano piccoli tubercoli nuziali sul capo, sul dorso e sui fianchi, e la base delle pinne pari e dell anale è di colore giallo-arancio pallido. Rapporti con l uomo e conservazione L Alborella meridionale, grazie alla sua discreta valenza ecologica, sembra in grado di tollerare modeste compromissioni della qualità delle acque, come quella provocata per esempio dall inquinamento prodotto dagli scarichi urbani. Risente però negativamente di alterazioni più consistenti degli habitat: canalizzazioni ed altri interventi sugli alvei, come i prelievi di ghiaia, possono causare la riduzione delle idonee aree di frega, con la conseguente rarefazione della specie in un sistema idrografico. In alcuni ambienti le popolazioni sembrano essere in contrazione numerica in seguito all immissione e all acclimatazione di Ciprinidi alloctoni aventi simile nicchia ecologica. Con alcuni di questi ultimi, come l Alborella e il Cavedano che sono sistematicamente affini e che spesso vengono introdotti per motivi di ripopolamento legati all attività alieutica, si ibrida facilmente. La specie è oggetto di pesca sportiva, soprattutto da parte dei principianti. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerata a più basso rischio. Alburnus albidus è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Gli interventi di conservazione per questa specie devono essere rivolti in due direzioni: controllo delle attività che producono alterazioni degli alvei fluviali; divieto di effettuare ripopolamenti con materiale alloctono raccolto in natura. Trattandosi di un endemismo italiano, sarebbero auspicabili ricerche volte a colmare le varie lacune sulla conoscenza della sua biologia, in particolare quella riproduttiva, ed ecologia. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Bianco, 1978,

90 SAVETTA Chondrostoma soetta Bonaparte, 1840 Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Geonemia L areale naturale della specie comprende la gran parte dell Italia settentrionale; le popolazioni più consistenti si trovano nelle regioni occidentali. Essendo presente nei Laghi Maggiore e di Lugano, che pur appartenendo al bacino del Po sono parzialmente in territorio svizzero, dovrebbe essere considerata un subendemismo; data però l esiguità del territorio extra-italiano e la contiguità con l areale italico, viene da noi considerata un endemismo. In seguito a ripopolamenti effettuati a favore della pesca sportiva, la Savetta è presente anche in alcuni laghi artificiali dell Appennino Tosco-Emiliano e del Lazio. Habitat La Savetta vive in acque profonde e poco correnti dei tratti medio-bassi dei corsi d acqua di maggiori dimensioni e negli ambienti lacustri oligo- e mesotrofi- 89

91 ci; si sposta nei tratti medio-alti dei fiumi e nei corsi d acqua di minori dimensioni durante una parte della stagione primaverile, in relazione alla riproduzione. Biologia È un pesce gregario di taglia media (la lunghezza totale massima è di circa 40 cm e il peso di oltre 900 g), presumibilmente attivo tutto l anno. La conoscenza della sua biologia è per alcuni aspetti lacunosa, e ciò non si accorda con la necessità di predisporre validi interventi di conservazione della specie. L età massima riscontrata in natura è di 11 anni. L accrescimento è piuttosto lento: a tre anni la lunghezza è di cm, a 5 è di cm; le femmine hanno una crescita più rapida dei maschi, ma solo a partire dal 5 anno di età. Gli esemplari di taglia maggiore sono in prevalenza femmine, probabilmente perché i maschi hanno un tasso di sopravvivenza minore. Dal punto di vista trofico la Savetta può essere definita un pascolatore di fondo, che svolge la sua opera grazie a un particolare adattamento morfologico: la bocca è in posizione infera e la mascella inferiore è rivestita da un ispessimento corneo, duro e tagliente. La componente vegetale è sempre nettamente prevalente nella dieta, con percentuali che variano dal 60 al 95% circa del cibo ingerito, ed è costituita da alghe epilitiche, macrofite ed occasionalmente parti di piante della vegetazione ripariale; insieme ai vegetali ingurgita anche elementi zoobentonici, soprattutto molluschi gasteropodi. L età in cui viene raggiunta la maturità sessuale sembra essere variabile, in relazione alla velocità di accrescimento; in ambiente fluviale sono stati osservati esemplari maturi di entrambi i sessi all età di tre anni (14 cm circa di lunghezza totale). Non c è dimorfismo sessuale. La riproduzione ha luogo in aprile e maggio ed è accompagnata da una sorta di migrazione all interno dei sistemi idrografici: nei laghi e nei tratti medio-bassi dei fiumi le Savette si riuniscono in gruppi composti da centinaia di individui; risalgono quindi i corsi d acqua, anche gli immissari e gli affluenti di piccole dimensioni, fino a trovare le caratteristiche ambientali tipiche della Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila; qui, in acque fresche e correnti, su fondali ghiaiosi in prossimità delle rive, avviene la deposizione dei gameti. Osservazioni compiute sui siti di riproduzione individuati nei corsi d acqua immissari dei Laghi Maggiore e di Lugano, hanno portato ad una loro descrizione particolareggiata: profondità compresa fra 0,1 e un metro; velocità dell acqua, misurata a 5 cm dal fondo, 0,3-1,1 m/s; temperatura 10,4-17,1 C; substrati di deposizione dei gameti prevalentemente ghiaiosi, ma occasionalmente costituiti da vegetazione acquatica, sabbia e rocce. Rapporti con l uomo e conservazione La Savetta è una delle specie ittiche delle acque interne che ha subito i maggiori danni dalla costruzione di dighe ed altri sbarramenti lungo il corso dei fiumi italiani. Questi manufatti risultano deleteri per almeno due motivi: in primo luogo impediscono alle Savette la libera circolazione nei corsi d acqua, necessaria durante le migrazioni riproduttive per raggiungere le zone idonee alla frega; poi, è proprio in corrispondenza degli sbarramenti che durante il periodo primaverile vengono pescate grandi quantità di Savette, sia con le lenze che con reti di vario tipo. La pesca nel periodo riproduttivo rappresenta probabilmente la causa principale della diminuzione della consistenza numerica delle popolazioni, rilevata quasi ovunque all interno dell areale della specie. Anche l artificializzazione degli alvei nei tratti medio-alti dei corsi d ac- 90

92 qua ed il prelievo di ghiaia per l edilizia rappresentano concrete minacce per la specie, perché determinano la riduzione delle aree di frega. Nel Friuli-Venezia Giulia le popolazioni di Savetta sono minacciate anche dalla competizione con Chondrostoma nasus, specie alloctona introdotta negli anni 60 nella parte slovena del bacino dell Isonzo e successivamente diffusasi in tutto il bacino. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerata vulnerabile. Chondrostoma soetta è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazioni di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Per garantire lo svolgimento del ciclo biologico delle popolazioni di Savetta, e quindi la loro sopravvivenza, sono a nostro avviso necessarie le seguenti misure: normative che vietino l attività di pesca durante il periodo riproduttivo; sperimentazione di idonei passaggi per pesci in corrispondenza delle dighe o, in alternativa, la realizzazione di aree di frega artificiali subito a valle dei principali sbarramenti; tutela delle aree di frega, e più in generale della naturalità dei tratti medio-alti dei corsi d acqua. È necessario evitare anche l introduzione di specie aliene aventi simile nicchia ecologica. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Ludini e Nardi, 1979; Trisolini et al., 1991; Zeh e Ortlepp,

93 LASCA Chondrostoma genei (Bonaparte, 1839) Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi In questa sede le popolazioni italiane di Lasca sono state classificate come una specie a se stante, in accordo con il lavoro tassonomico di Elvira (1987) e con il più recente lavoro di sintesi sull ittiofauna italiana (Gandolfi et al., 1991). C è però la possibilità che siano solo una sottospecie di Chondrostoma toxostoma, taxon della Francia centro-meridionale e della Spagna. La situazione è simile a quella di altri taxa, e il problema consiste nel valutare se le differenze tassonomiche accumulatesi in seguito alla separazione geografica tra le popolazioni italiane e quelle transalpine hanno prodotto l isolamento riproduttivo; in assenza di un serio lavoro di comparazione, basato anche sui caratteri biologici, la questione resta aperta e si presta a interpretazioni soggettive (per una discussione sull argomento si rimanda a Zerunian, 2002). Geonemia È un endemismo italiano, presente in tutta l Italia settentrionale e nel versante adriatico di quella centrale fino all Abruzzo; nel versante tirrenico esistono varie popolazioni in Liguria, Toscana e Lazio, 92

94 che hanno avuto origine da materiale alloctono immesso con i ripopolamenti a favore della pesca sportiva. Habitat La Lasca vive nei tratti medio-alti dei corsi d acqua, dove l acqua è limpida, la corrente è rapida e il fondo è ghiaioso; nella zonazione dei corsi d acqua italiani è una delle specie tipiche della Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila. Popolazioni di modesta entità sono presenti anche in laghi oligotrofici. Biologia È un pesce di taglia medio-piccola (normalmente la lunghezza totale massima non supera i 20 cm, con un peso di circa 100 g; eccezionalmente la lunghezza può arrivare a 25 cm) che ha abitudini gregarie e che vive in gruppi composti da centinaia di individui, spesso associato ad altri Ciprinidi di acque correnti; è attivo tutto l anno. Le conoscenze sulla biologia sono scarse, e ciò non si accorda con la necessità di predisporre validi interventi di conservazione della specie, endemica nel nostro paese. Circa l alimentazione è noto che si nutre sul fondo e che la dieta è onnivora, comprendendo soprattutto invertebrati bentonici ed alghe epilitiche (la conformazione e la consistenza della bocca sono simili a quelle della Savetta: vedi testo relativo a questa specie). Non si hanno dati sull accrescimento e sull età massima raggiunta. Il dimorfismo sessuale è evidente solo durante il periodo riproduttivo, quando i maschi presentano le pinne pari e l anale di colore più acceso e piccoli tubercoli nuziali sia sulla testa che nella parte anteriore del corpo. La Lasca si riproduce in primavera, in acque poco profonde, con corrente vivace, deponendo i gameti su substrati ghiaiosi; sembrano esserci delle differenze intraspecifiche circa il periodo riproduttivo, poiché le popolazioni della parte settentrionale dell areale si riproducono in maggio e giugno, mentre quelle della parte meridionale presumibilmente in marzo e aprile; nel periodo riproduttivo i gruppi che vivono nei corsi d acqua maggiori risalgono più a monte e gli affluenti di minori dimensioni, fino a trovare le condizioni ambientali idonee. Rapporti con l uomo e conservazione Le popolazioni di Lasca sono quasi ovunque in contrazione, per varie cause dipendenti da attività antropiche. In primo luogo la specie, a stretta valenza ecologica, risente negativamente del degrado degli ambienti fluviali ed in particolare della compromissione della qualità delle acque e delle alterazioni degli alvei e dei substrati; anche le dighe e gli altri sbarramenti risultano negativi, impedendo in alcuni corsi d acqua il raggiungimento delle aree più idonee alla frega; infine la pesca sportiva, che in alcune regioni risulta intensa soprattutto durante la stagione primaverile, quando i riproduttori si spostano verso acque più basse e correnti. Questi motivi hanno prodotto in alcune regioni estinzioni locali, con la frammentazione dell areale della specie. Nel Friuli-Venezia Giulia le popolazioni di Lasca sono in forte contrazione anche per la competizione con Chondrostoma nasus, specie alloctona introdotta negli anni 60 nella parte slovena del bacino dell Isonzo e successivamente diffusasi in tutto il bacino. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerata vulnerabile. Chondrostoma genei è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la desi- 93

95 gnazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Per invertire la tendenza negativa che determina depauperamenti nelle popolazioni di Lasca, sono a nostro avviso necessarie misure simili a quelle evidenziate per la congenerica Savetta: normative che impediscano l attività di pesca durante il periodo riproduttivo; sperimentazione di idonei passaggi per pesci in corrispondenza delle dighe e degli altri tipi di sbarramenti; tutela delle aree di frega, e più in generale della naturalità dei tratti medio-alti dei corsi d acqua. Si ribadisce infine la necessità di maggiori conoscenze sulla biologia e l ecologia della specie, per poter predisporre valide misure di conservazione. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al.,

96 GOBIONE Gobio gobio (Linnaeus, 1758) Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi In considerazione del vasto areale del Gobione, esteso su due continenti, e della grande variabilità nei caratteri morfometrici e meristici, sono state descritte numerose sottospecie. Per quanto riguarda le popolazioni italiane, prima nell Ottocento e poi in tempi più recenti (Bianco e Taraborelli, 1984) è stato proposto di considerarle come un taxon a se stante di livello sottospecifico: G. gobio benacensis (Pollini, 1816). In un nostro lavoro (Gandolfi e Zerunian, 1987) abbiamo già avuto modo di evidenziare l inconsistenza biologica delle differenze nei caratteri morfometrici e meristici utilizzate per sostenere l esistenza della sottospecie benacensis. È però necessario accennare alla questione, perché il taxon benacensis è stato riproposto negli ultimi anni ed elevato al rango di specie (Bianco, 1993, 1995a; vedi anche Kottelat, 1997, che si adegua in maniera acritica a questa posizione). A nostro avviso il cambiamento sistematico che porterebbe a riconoscere G. benacensis è stato proposto senza un adeguata base scientifica, ed in particolare non è fondato su alcuna nuova comparazione fra le popolazioni italiane e quelle 95

97 di altre parti dell areale. L elevazione al rango di specie delle popolazioni italiane di Gobione è stata effettuata solo sulla base di un ipotesi, sostenuta da concetti di specie che non riteniamo validi (come quello morfologico-tipologico e quello filogenetico, che in casi come questo risulta essere una versione moderna del primo). Rimandando a quanto abbiamo già scritto sull argomento per una discussione più approfondita (vedi Gandolfi e Zerunian, 1987), non riteniamo valido il taxon benacensis né a livello di specie né a livello di sottospecie. Geonemia La specie ha un ampissima distribuzione euro-asiatica, dai Pirenei alle coste del Pacifico. È indigena e ampiamente distribuita in tutta la Regione Padana, ma non è considerata frequente; la consistenza delle popolazioni potrebbe essere però sottostimata, perché si tratta di pesci che per la piccola taglia e per le abitudini di vita tendono a sfuggire all osservazione e alla cattura. In seguito a ripopolamenti effettuati a favore della pesca sportiva, il Gobione è stato accidentalmente immesso in alcuni corsi d acqua della Toscana e del Lazio. Habitat Il Gobione ha una discreta valenza ecologica, che gli consente di vivere in diversi tipi di ambienti: tratti medio-alti, medi e medio-bassi dei corsi d acqua, dove predilige le aree con acqua moderatamente corrente e modesta profondità; laghi con acque limpide e spiagge sabbiose; acque salmastre (frequentate per motivi trofici nella parte settentrionale del suo areale). Biologia È un pesce di taglia medio-piccola (la lunghezza totale massima è normalmente di circa 15 cm, eccezionalmente può arrivare a 20 cm) con abitudini gregarie, che vive in piccoli gruppi uniformemente distribuiti sul fondo alla ricerca del cibo. Le conoscenze sulla biologia delle popolazioni italiane sono molto scarse, per cui i dati riportati si riferiscono prevalentemente a popolazioni dell Europa centrale e settentrionale. È attivo tutto l anno; nel periodo primaverile ed estivo i gruppi occupano aree poco profonde, mentre nei mesi freddi si spostano in acque più profonde. Normalmente gli individui non superano l età di 4-5 anni; eccezionalmente possono essere però raggiunte età di 6 o 7 anni. Il Gobione si nutre sul fondo, dove ricerca attivamente vari tipi di piccoli animali; la dieta è costituita da larve di insetti (soprattutto efemerotteri, tricotteri e ditteri chironomidi), crostacei (come Asellus acquaticus e Gammarus sp.), vermi e, occasionalmente, detriti vegetali e uova di pesci. L accrescimento è piuttosto rapido nei primi due anni di vita, per poi rallentare sensibilmente; la maturità sessuale viene raggiunta al 2-3 anno di età nei maschi, un anno più tardi nelle femmine. Il dimorfismo sessuale riguarda alcuni carateri morfometrici, come ad esempio la lunghezza delle pinne pari che è maggiore nei maschi; durante il periodo riproduttivo i maschi assumono inoltre una colorazione più scura, e si ricoprono di piccoli tubercoli nuziali sul capo e sulle pinne pettorali. Il periodo riproduttivo varia molto in relazione alla latitudine, richiedendo normalmente temperature dell acqua comprese fra 15 e 18 C; le popolazioni italiane si riproducono fra la metà di aprile e la metà di giugno. La deposizione dei gameti ha luogo preferibilmente su fondali ghiaiosi e sabbiosi, ma anche sulle piante acquatiche, a cm di profondità; le popolazioni lacustri tendono a risalire i corsi d acqua immissari, alla ricerca delle 96

98 caratteristiche ambientali idonee alla riproduzione. Ciascuna femmina depone fra 500 e uova in relazione alla sua taglia, a intervalli di diversi giorni. Gli avannotti formano sul fondo gruppi numerosi in prossimità del luogo della schiusa e si disperdono gradualmente, man mano che crescono. Rapporti con l uomo e conservazione Il Gobione, grazie alla sua discreta valenza ecologica, è in grado di tollerare moderate compromissioni della qualità delle acque, come quella provocata per esempio dall inquinamento prodotto dagli scarichi urbani. Risente però negativamente di alterazioni più consistenti degli habitat: canalizzazioni ed altri interventi sugli alvei, come i prelievi di ghiaia e di sabbia, possono causare la riduzione delle idonee aree di frega, con la conseguente rarefazione della specie in un sistema idrografico. Considerando l ampia distribuzione geografica, la specie non corre rischi. Le popolazioni italiane hanno subito però negli ultimi due-tre decenni riduzioni nella consistenza numerica e nelle dimensioni degli areali, in relazione al grado di antropizzazione dei corsi d acqua e dei territori circostanti. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato a più basso rischio. Così come per le altre specie aventi simili esigenze ecologiche, la sopravvivenza delle popolazioni è legata a una buona qualità ambientale; per il Gobione risulta fondamentale garantire la naturalità degli alvei. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Banarescu et al., 1999; Kennedy e Fitzmaurice,

99 BARBO Barbus plebejus Bonaparte, 1839 Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Una prima questione riguarda la categoria sistematica di appartenza del taxon plebejus: potrebbe trattarsi di una specie a se stante, così come viene considerata in questa sede e nel più recente lavoro di sintesi sull ittiofauna italiana (Gandolfi et al., 1991), oppure costituire solo una sottospecie di Barbus barbus (vedi la classificazione seguita da Tortonese, 1970), specie ad ampia distribuzione europea. La situazione è simile a quella di altri taxa, e il problema consiste nel valutare se le differenze tassonomiche accumulatesi in seguito alla separazione geografica tra le popolazioni italiane e quelle transalpine hanno prodotto l isolamento riproduttivo. In assenza di un serio lavoro di comparazione, basato anche sui caratteri biologici, il problema resta aperto e si presta a interpretazioni soggettive (per una discussione sull argomento si rimanda a Zerunian, 2002); dati recenti hanno però evidenziato consistenti differenze genetiche fra B. barbus e B. plebejus (Tsigenopoulos et al., 1999), che rafforzano la posizione sistematica da noi seguita. C è poi una seconda più importante questione: la rivalutazione del Barbo tibe- 98

100 rino, che costituirebbe un endemismo dell Italia centro-meridionale. Senza alcuna indagine tassonomica, e quindi sulla base di sole ipotesi, il Barbo tiberino è stato considerato una buona specie negli anni 90, prima con il nome scientifico di Barbus eques Bonaparte, 1839 (Bianco, 1990) e poi con il nome di Barbus fucini Costa, 1838 (Bianco, 1993); in un lavoro di revisione sistematica delle specie del genere Barbus presenti in Italia (Bianco, 1995b) è stato infine chiamato B. tyberinus Bonaparte, 1839 (vogliamo evidenziare un uso poco corretto delle regole di nomenclatura: in soli 5 anni il Barbo tiberino ha cambiato per ben tre volte il nome scientifico!). Un analisi critica della citata revisione sistematica ha però messo in discussione l esistenza di questo taxon; in particolare è stata evidenziata un inadeguata base scientifica di sostegno, e una lettura fortemente soggettiva dei presunti caratteri diagnostici evidenziati (vedi Zerunian, 2002). Pensiamo che B. tyberinus non sia una specie valida, e che le popolazioni che costituirebbero questo presunto taxon sono da classificare come B. plebejus. Quest ultimo presenta una consistente variabilità intraspecifica (vedi Gandolfi et al., 1991), probabilmente anche in relazione alle caratteristiche ambientali dei vari sistemi idrografici. Altro fenomeno che potrebbe aver incrementato la già consistente variabilità della specie è l ibridazione fra individui indigeni e individui alloctoni, introdotti in molti corsi d acqua con i cosiddetti ripopolamenti a favore della pesca sportiva; l ibridazione è un fenomeno piuttosto frequente nei Ciprinidi e sono stati studiati vari casi all interno del genere Barbus (vedi Berrebi, 1995). Un altro elemento che complica ulteriormente la situazione faunistica, rendendo ancora più improbabili semplicistiche conclusioni sistematiche, è l introduzione nelle acque interne italiane di barbi provenienti dall Europa dell est. Geonemia L areale della specie interessa tutta la Regione Padana (Dalmazia compresa) e la gran parte della Regione Italico-peninsulare. Nel nostro Paese rappresenta quindi un subendemismo. Habitat Il Barbo è un pesce con discreta valenza ecologica in grado di occupare vari tratti di un corso d acqua, ed anche quelli di piccole dimensioni, purché le acque risultino ben ossigenate; predilige però i tratti medio-alti dove la corrente è vivace, l acqua è limpida e il fondo è ghiaioso. Le aree con fondo ghiaioso risultano indispensabili per la deposizione dei gameti; per questo nella zonazione dei corsi d acqua italiani è una delle specie tipiche della Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila. Fuori dal periodo riproduttivo gli esemplari di taglia maggiore si spostano a valle, probabilmente per motivi trofici, mostrando la capacità di tollerare una certa torbidità dell acqua e di vivere bene anche in ambienti dove la velocità dell acqua è moderata. Popolazioni di modesta entità sono presenti anche in laghi oligotrofici. Biologia È un pesce gregario di taglia mediogrande (la lunghezza totale massima può raggiungere i 70 cm e il peso può superare i 3 kg), che vive in piccoli gruppi preferibilmente in prossimità di buche o nei tratti dove l acqua è più profonda. Ha abitudini bentoniche, soprattutto per motivi trofici; la dieta è costituita prevalentemente da macroinvertebrati, come larve di insetti (in particolare tricotteri, efemerotteri e chironomidi), crostacei e gasteropodi, ed occasionalmente anche da macrofite. Studi condotti sull accrescimento nel Fiume Po hanno evidenziato che a un anno di età la lunghezza totale è 99

101 14-20 cm ( g di peso), a tre anni è cm ( g), a 5 anni è cm ( g), a 7 anni (solo femmine) arriva a 70 cm e 3200 g circa; l accrescimento è simile nei due sessi. I maschi hanno un tasso di sopravvivenza inferiore alle femmine: fino al 3 anno di età rappresentano il 33-40% della popolazione, per decrescere progressivamente dal 3 al 7 anno di età fino a zero; le classi di età 6+ e 7+ sono costituite solo da femmine. Nella popolazione del Fiume Adige, dove l accrescimento è meno rapido rispetto a quello della popolazione del tratto medio del Po, è stata invece osservata una complessiva prevalenza di maschi. La maturità sessuale viene raggiunta a 2-3 anni nei maschi, a 4-5 anni nelle femmine. Non c è un evidente dimorfismo sessuale. La riproduzione ha luogo quando la temperatura dell acqua raggiunge C, tra aprile e luglio in relazione alla posizione geografica e alle caratteristiche termiche dei corpi d acqua. Durante la stagione riproduttiva i Barbi risalgono i corsi d acqua, occupando anche i piccoli affluenti, fino a trovare aree con fondali ghiaiosi e corrente vivace; qui i nuclei riproduttivi composti da una sola femmina e da alcuni maschi depongono i gameti. A 16 C la schiusa delle uova ha luogo dopo circa 8 giorni giorni dopo la nascita i piccoli pesci, dopo aver consumato il sacco vitellino, iniziano la ricerca attiva del cibo; si muovono a mezz acqua in sciami misti costituiti da avannotti di varie specie di Ciprinidi d acqua corrente. Dopo alcuni mesi i giovani Barbi cominciano a condurre vita bentonica. Rapporti con l uomo e conservazione Il Barbo è una specie relativamente resistente, in grado di tollerare modeste compromissioni della qualità delle acque, come quella provocata per esempio dall inquinamento prodotto dagli scarichi urbani. Per questo nei tratti idonei dei corsi d acqua può risultare una delle specie ittiche più abbondanti; nel tratto medio-alto del Fiume Adige, ad esempio, costituisce la componente principale della biomassa ittica (35% circa). Risente però negativamente degli interventi antropici sugli alvei, come le canalizzazioni, i prelievi di ghiaia e i lavaggi di sabbia, che alterano le caratteristiche ambientali e in particolare i substrati necessari per la riproduzione; ciò ha determinato la forte contrazione di varie popolazioni e forse la scomparsa di alcune di esse. La specie è oggetto di pesca sportiva in ogni regione d Italia. Vengono per questo frequentemente effettuati ripopolamenti dalle amministrazioni provinciali e dalle associazioni di pescatori, che utilizzano però materiale alloctono proveniente talvolta anche da aree poste al di fuori del nostro Paese, in alcuni casi appartenente anche ad altre specie del genere Barbus. La variabilità fenotipica osservabile nelle popolazioni italiane è probabilmente aumentata negli ultimi due-tre decenni in relazione alle possibilità di ibridazione tra gli individui indigeni e quelli alloctoni, con la compromissione delle caratteristiche genetiche delle popolazioni indigene ( inquinamento genetico ). In alcune parti del bacino del Po sembra che il declino del Barbo sia da attribuire all introduzione di Barbus barbus, una specie centro-europea non indigena in Italia, che tende a sostituirlo in virtù di una maggiore resistenza alle condizioni di degrado ambientale. Anche azioni di bracconaggio possono risultare deleterie, soprattutto nei corsi d acqua con piccole portate. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato a più basso rischio. Barbus plebejus è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di 100

102 zone speciali di conservazione (all. II) e tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione (all. V). È inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Gli interventi di conservazione per questa specie devono essere rivolti in primo luogo alla tutela dei tratti dei corsi d acqua caratterizzati da habitat idonei, con particolare attenzione per le zone dove non sono compromessi gli elementi morfologici e fisici necessari per la riproduzione. Vanno inoltre evitati ripopola- menti effettuati con materiale raccolto in natura, sia proveniente da siti all interno del nostro paese, sia e ancor di più da siti al di fuori dell areale italico. Poiché il Barbo è uno dei pesci maggiormente ricercati dai pescatori sportivi, si rende infine necessaria la regolamentazione dell attività alieutica nel modo seguente: taglia minima di cattura di almeno cm (lunghezza a cui corrisponde il raggiungimento della maturità sessuale nelle femmine); divieto di pesca durante la stagione riproduttiva, almeno nei corsi d acqua di minori dimensioni. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Confortini, 1994; Nardi e Rietti, 1980; Vitali e Braghieri,

103 BARBO CANINO Barbus meridionalis caninus Bonaparte, 1839 Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Ciprinidi Barbus meridionalis costituisce un complesso di specie e/o sottospecie in fase particolarmente dinamica dal punto di vista microevolutivo (vedi Berrebi, 1995); per questo esistono molte posizioni sistematiche su questo gruppo. Limitandoci alle popolazioni italiane, sono state proposte ben 4 diverse classificazioni: B. meridionalis meridionalis, considerando un unica sottospecie per le popolazioni presenti in Spagna, Francia e Italia (Almaça, 1984); B. meridionalis, facendo rientrare le differenze tra le popolazioni delle diverse parti dell areale nel fenomeno della variabilità intraspecifica (Tortonese, 1970; Gandolfi et al.,1991); B. meridionalis caninus, che costituirebbe una sottospecie endemica in Italia (Pomini, 1937; Ladiges e Vogt, 1965); B. caninus, che rappresenterebbe una specie endemica in Italia (Valenciennes, in Cuvier e Valenciennes, 1842; Bianco, 1995b). Alla luce delle attuali conoscenze, la posizione sistematica che ci sembra più corretta è quella di considerare le popolazioni italiane una sottospecie, endemica, classificabile come Barbus meridionalis caninus (per una discussione più approfondita sul- 102

104 l argomento vedi Zerunian, 2002). Essa risulta geneticamente affine alle sottospecie B. meridionalis peloponesicus, della Grecia, e B. meridionalis petenyi, del bacino del Danubio, ma non alla sottospecie B. meridionalis meridionalis del sud della Francia (Tsigenopoulos et al., 1999). Geonemia Barbus meridionalis presenta un areale frammentato nelle regioni a più bassa latitudine dell Europa. La distribuzione della sottospecie italiana interessa tutte le regioni settentrionali; il limite meridionale dell areale è però incerto, in quanto esistono alcune popolazioni in Toscana di cui è dubbia l origine: potrebbero essere indigene o, in alternativa, essersi originate da materiale alloctono immesso accidentalmente con le semine a favore della pesca sportiva (quest ultima ipotesi ci sembra la più probabile). Habitat Il Barbo canino è una specie con una limitata valenza ecologica: vive nei tratti medio-alti dei corsi d acqua e nei piccoli affluenti, ricercando acque ricche di ossigeno, corrente vivace, fondo ghiaioso e ciottoloso associato alla presenza di massi sotto i quali trova rifugio. Le aree con fondo ghiaioso risultano indispensabili per la deposizione dei gameti; per questo nella zonazione dei corsi d acqua italiani è una delle specie tipiche della Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila. Biologia È una pesce gregario di taglia mediopiccola (la lunghezza totale massima arriva normalmente a cm) con abitudini bentoniche, soprattutto per motivi trofici; ricerca attivamente macroinvertebrati, con il comportamento tipico di ca- povolgere con il muso piccoli ciottoli e catturare quindi gli organismi che si rifugiano sotto di essi. La dieta è composta da larve di insetti (soprattutto efemerotteri, ditteri e tricotteri), crostacei e anellidi. Scarsissime risultano le conoscenze sulla biologia riproduttiva e sull accrescimento delle popolazioni italiane. La maturità sessuale sembra essere raggiunta a tre anni di età in entrambi i sessi; non c è un evidente dimorfismo sessuale. La riproduzione ha luogo tra la seconda metà di maggio e la prima metà di luglio; ciascuna femmina produce uova, in relazione alla taglia. L accrescimento sembra essere piuttosto lento (4-5 cm a un anno, 8-10 cm a due anni, cm a tre anni) e l età massima raggiunta dalla maggior parte degli individui sembra non superare i 5 anni; nelle ultime classi di età predominano le femmine e ciò potrebbe indicare una loro maggiore longevità rispetto ai maschi. La riproduzione artificiale della specie è stata ottenuta con successo. Rapporti con l uomo e conservazione La specie è molto sensibile alle alterazioni della qualità ambientale dei corsi d acqua; particolarmente negative risultano tutte le tipologie di manomissione degli alvei fluviali, così come l inquinamento delle acque e gli eccessivi prelievi idrici. I numerosi interventi antropici sui fiumi e sui corsi d acqua di minori dimensioni hanno prodotto varie estinzioni locali delle popolazioni italiane di Barbo canino, con la conseguente frammentazione dell areale. La maggior parte delle popolazioni mostra la tendenza al decremento demografico. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato vulnerabile. Barbus meridionalis è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la 103

105 cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II) e tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione (all. V). È inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Gli interventi di conservazione per questa sottospecie endemica in Italia devono essere rivolti in primo luogo alla tutela dei tratti dei corsi d acqua caratteriz- zati da habitat idonei, con particolare attenzione per le zone dove non sono compromessi gli elementi morfologici e fisicochimici necessari per la riproduzione. Grazie alla possibilità di riproduzione artificiale, si possono ipotizzare programmi di reintroduzione per riportare il Barbo canino nei corsi d acqua dove risulta estinto per cause antropiche. Sono infine necessari studi sulla biologia e l ecologia delle popolazioni italiane. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1991; Maio et al.,

106 COBITIDI COBITIDAE Corpo allungato, con testa e occhi piccoli. Bocca piccola e infera, con il mascellare escluso dal bordo della mascella superiore; tre paia di barbigli presenti. Denti faringei sottili, disposti su una sola fila. Presenza di una spina preorbitale o suborbitale, formata dalla parte posteriore dell etmoide e dotata di un legamento che ne consente la retrazione. Corpo generalmente rivestito di scaglie cicloidi molto piccole, oppure nudo. Linea laterale generalmente ridotta o assente lungo i fianchi, completa solo in poche specie. Vescica gassosa divisa in due parti di cui l anteriore, collegata all apparato di Weber, racchiusa in un involucro di natura fibrosa o ossea; questa struttura è dotata in molte specie di diverticoli laterali che giungono fin sotto la pelle, e che sembrano svolgere funzione termometrica e barometrica. I Cobitidi sono presenti in Eurasia e in Africa nord-occidentale. Sono pesci di piccola taglia, strettamente dulcicoli e bentonici. La famiglia comprende circa 110 specie, adatte a vivere in ambienti diversi, fino alle condizioni estreme delle acque stagnanti povere di ossigeno; qui i Cobitidi sono in grado di compiere una respirazione intestinale, che integra quella branchiale: il pesce si porta in superficie e assume aria dalla bocca; l aria passa attraverso il tubo digerente ed esce dall ano dopo aver ceduto ossigeno al sangue nell estesa rete di vasi capillari presente nelle pareti dell intestino medio e posteriore. In Italia sono endemici due taxa della sottofamiglia Cobitinae, appartenenti a generi diversi: Cobitis e Sabanejewia. Chiave per il riconoscimento dei generi - Pliche cutanee presenti dorsalmente e ventralmente sul peduncolo caudale; pinna caudale generalmente con 14 raggi... Sabanejewia - Pliche cutanee assenti sul peduncolo caudale; pinna caudale generalmente con 16 raggi... Cobitis 105

107 COBITE Cobitis taenia bilineata Canestrini, 1865 Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Cobitidi Recentemente è stato proposto di considerare le popolazioni italiane del genere Cobitis come una specie a se stante, cui spetterebbe il nome di C. bilineata Canestrini 1865 (Kottelat, 1997). L ipotesi si fonda su differenze nel numero di cromosomi fra esemplari italiani (2n = 48) ed esemplari dell ex URSS (2n = 50), desunte però dalla comparazione di dati bibliografici prodotti da gruppi di ricerca diversi e in tempi diversi. Dal confronto tra esemplari di C. taenia dell Europa centrale ed esemplari di Cobitis dell Italia settentrionale osservati e riprodotti in acquario, emergerebbero differenze anche in alcuni aspetti della biologia riproduttiva e nella pigmentazione delle larve, nonché in alcuni elementi della livrea (Bohlen, 1998). Circa quest ultima, i caratteri del Cobite italiano che risulterebbero diagnostici sono rappresentati da due macchie nere alla base della pinna caudale e dal cambiamento ciclico che ha luogo soprattutto nei maschi nella pigmentazione del corpo: durante il periodo riproduttivo la gran parte dei maschi presenta due linee longitudinali parallele su ciascun fianco (livrea bilineata ), che diventano una serie di macchie allineate durante i mesi non interessati alla riproduzione (livrea puta ) (Lodi, 1968). Le popolazioni transalpine di C. taenia presentano invece una sola macchia nera sul peduncolo caudale e una livrea costituita da linee e mac- 106

108 chie indipendentemente dalla stagione riproduttiva. Gli argomenti portati a sostegno della separazione sistematica dei due taxa sembrano avere fondamento, perché interessano anche caratteri biologici; la comparazione finora condotta ci sembra però insufficiente, basandosi in parte su dati bibliografici e in parte su un esiguo numero di esemplari. Permangono poi dubbi circa l utilizzazione del carattere numero di macchie nere alla base della pinna caudale : osservazioni compiute su varie popolazioni italiane (Zerunian et al., 1986) hanno evidenziato una consistente variabilità in questo carattere, tale da rendere poco opportuna una sua utilizzazione per diagnosi tassonomiche. Anche per quanto riguarda le diverse livree è stata osservata la coesistenza di maschi bilineata e puta nella stessa popolazione e nello stesso periodo riproduttivo, ipotizzando fenomeni biologici che non sembrano avere implicazioni di carattere sistematico (Lodi e Malacarne, 1991). Restando così in attesa di una comparazione più completa fra le popolazioni italiane di Cobite e quelle dell Europa centrale e orientale, abbiamo proposto di classificare le prime in un taxon distinto solo a livello sottospecifico (vedi Zerunian, 2002), riprendendo per le popolazioni italiane una nomenclatura trinomia già adottata in passato (Tortonese, 1970): C. taenia bilineata. La presunta sottospecie C. taenia zanandreai descritta su esemplari del Fiume Volturno non ha sufficienti fondamenti (vedi Zerunian et al., 1986), per cui non viene considerata valida. Geonemia La sottospecie è endemica in Italia. L areale naturale comprende tutte le regioni settentrionali e parte di quelle cen- trali, fino alle Marche nel versante adriatico e alla Campania in quello tirrenico. In Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sardegna esistono popolazioni originatesi da materiale alloctono, che in alcuni bacini risultano numericamente consistenti (ad esempio nei laghi della Sila). È probabile che anche alcune popolazioni lacustri dell Italia centrale abbiano avuto origine da materiale alloctono. Habitat Il Cobite è un pesce con una discreta valenza ecologica (tranne che per la salinità, essendo strettamente dulcicolo), in grado di occupare vari tratti di un corso d acqua dalla zona dei Ciprinidi a deposizione litofila a quella dei Ciprinidi a deposizione fitofila; preferisce le acque limpide e le aree dove la corrente è meno veloce e il fondo è sabbioso o fangoso, con una moderata presenza di macrofite in mezzo alle quali trova nutrimento e rifugio. Vive anche nelle risorgive e nella fascia litorale dei bacini lacustri, in particolare quelli mesotrofici. È in grado di tollerare basse concentrazioni di ossigeno. Biologia È un pesce bentonico di piccola taglia (la lunghezza totale massima è normalmente di 12 cm, e solo eccezionalmente viene superato questo valore), attivo prevalentemente nelle ore notturne; di giorno trascorre la maggior parte del tempo infossato nei substrati sabbiosi o fangosi, lasciando emergere solo la testa. Presenta interessanti adattamenti morfologico-fisiologici, che gli permettono di sopravvivere anche in acque povere di ossigeno: ha un elevata superficie branchiale ed è in grado di svolgere la respirazione intestinale (vedi le caratteristiche della famiglia). Nelle ore crepuscolari e notturne, ma anche nelle ore diurne dei giorni con scarsa 107

109 luminosità, il Cobite ricerca il cibo sul fondo; questo, composto da larve di Chironomus, microrganismi e frammenti di origine vegetale, viene ricavato filtrando a livello della camera branchiale i sedimenti aspirati con la bocca. La velocità di accrescimento è diversa nei due sessi: i maschi si accrescono meno rapidamente, e raggiungono la lunghezza massima di 7,5 cm; le femmine crescono invece piuttosto rapidamente almeno fino al 3 anno di età, raggiungendo e superando i 10 cm. La maggior parte degli individui non vive oltre 4-5 anni. In entrambi i sessi la maturità sessuale è raggiunta al 1 o al 2 anno di età, in relazione alla velocità di accrescimento e quindi alla produttività dell ambiente. Esiste dimorfismo sessuale che, oltre la taglia, interessa alcuni caratteri morfologici: nei maschi le pinne pettorali sono lunghe, strette e appuntite, nelle femmine sono invece meno lunghe e più larghe; nei maschi è costantemente presente la paletta di Canestrini (una struttura ossea laminare situata alla base della pinna pettorale), osservabile solo eccezionalmente nelle femmine. La riproduzione ha luogo da aprile a giugno, o da maggio a luglio, in relazione alla temperatura dell acqua; le femmine presentano ovari asincroni, e sembra siano in grado di effettuare almeno due cicli di deposizione di uova nella stessa stagione. La deposizione dei gameti è preceduta da comportamenti sessuali che culminano con l attorcigliarsi del maschio intorno al corpo della femmina. Nel Cobite è stata ipotizzata l inversione sessuale proterandrica. Sembra però che la presenza di oociti nei testicoli di individui morfologicamente e funzionalmente maschi, sia dovuta ad anomalie nel differenziamento delle gonadi; tali individui non sarebbero quindi dei veri ermafroditi. Nei maschi, e solo di rado nelle femmine, ha luogo un evidente cambiamento nella livrea (vedi il paragrafo Sistematica ) legato probabilmente alla produzione di ormoni androgeni che accompagnano la maturazione dei testicoli. I maschi con livrea bilineata risultano più frequenti e sessualmente più attivi dei maschi con livrea puta ; la forma bilineata potrebbe rappresentare un fenotipo in via di affermazione come livrea sessuale, oppure essere l espressione dell effetto pleiotropico di un gene legato all attività endocrina dei testicoli. Rapporti con l uomo e conservazione Il Cobite, grazie alla sua discreta valenza ecologica, è in grado di tollerare modeste compromissioni della qualità delle acque, come quella provocata per esempio dall inquinamento prodotto dagli scarichi urbani; risente però negativamente dell inquinamento chimico, come quello provocato dai pesticidi, che ha prodotto drastiche riduzioni nelle popolazioni delle risaie piemontesi. È poi minacciato dalle alterazioni strutturali degli habitat, come alcune tipologie di interventi sugli alvei (cementificazioni, rettificazioni, prelievi di sabbia). Per le popolazioni indigene nelle regioni tirreniche c è inoltre la concreta possibilità di inquinamento genetico : in numerosi corsi d acqua e bacini lacustri ci sono state immisioni accidentali per decenni, in conseguenza dei ripopolamenti a favore della pesca sportiva effettuati con materiale proveniente dall Italia settentrionale; gli individui alloctoni si sono molto probabilmente riprodotti con gli individui indigeni, modificando almeno in parte le peculiari caratteristiche di questi ultimi. Il Cobite viene utilizzato come esca nella pesca sportiva ai pesci predatori. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato a più basso rischio. Cobitis taenia è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui con- 108

110 servazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Gli interventi di conservazione per questa specie devono essere rivolti in pri- mo luogo verso il controllo delle attività che producono alterazioni degli alvei fluviali, e verso la riduzione dell inquinamento agricolo e industriale; è necessario anche vietare i ripopolamenti con materiale raccolto in natura. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Lodi, 1968; Lodi e Badino, 1981; Lodi e Malacarne, 1981; Rasotto et al.,

111 COBITE MASCHERATO Sabanejewia larvata (De Filippi, 1859) Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Cobitidi Geonemia La specie è endemica in Italia. Il suo areale naturale comprende il versante alpino del bacino del Po, il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia, ma è presente in modo discontinuo perché necessita di una buona qualità ambientale. Le popolazioni del versante appenninico dell Emilia-Romagna potrebbero essere di origine alloctona. Sono state inoltre segnalate popolazioni originatesi da materiale alloctono in Umbria e nel Lazio. Habitat Il Cobite mascherato è un pesce con una limitata valenza ecologica e, come la gran parte dei Cobitidi, strettamente dulcicolo. Vive nei tratti medi dei corsi d acqua, preferibilmente presso le rive, ed anche in quelli di piccole dimensioni; predilige acque limpide e ben ossigenate, con fondali sabbiosi o fangosi e discreta presenza di macrofite, in mezzo alle quali trova nutrimento e rifugio. È rinvenibile anche nelle risorgive. Biologia È un pesce bentonico di piccola taglia (la lunghezza totale massima è di circa 10 cm), la cui biologia è scarsamente conosciuta. Sembra che viva al massimo 4 anni. La maturità sessuale sembra essere raggiunta solo al 2 anno; esiste dimorfismo 110

112 sessuale: i maschi sono di taglia inferiore (7,5 cm di lunghezza massima contro i 10 delle femmine) e presentano, soprattutto durante la stagione riproduttiva, due rigonfiamenti lungo ciascun fianco, di cui il primo piuttosto voluminoso e posizionato poco anteriormente alla pinna dorsale. La riproduzione ha luogo tra maggio e luglio; è probabile che ciascuna femmina deponga una sola volta in ogni stagione riproduttiva. Rapporti con l uomo e conservazione Come tutte le specie bentoniche, il Cobite mascherato è minacciato dalle attività antropiche che alterano gli alvei naturali (cementificazioni, rettificazioni, prelievi di sabbia, pulizia delle sponde). Essendo inoltre esigente circa la concentrazione di ossigeno nell acqua, e più in generale circa la qualità dell ambiente, risente rapidamente dei fenomeni di inquinamento. Viene utilizzato come esca nella pesca sportiva ai pesci predatori. Nella Li- sta rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato vulnerabile. Sabanejewia larvata è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Gli interventi di conservazione per questa specie devono essere rivolti principalmente in due direzioni: controllo delle attività che producono alterazioni degli alvei fluviali e delle sponde; controllo dell inquinamento delle acque. In considerazione dell areale frammentato, molto probabilmente in seguito all estinzione locale di varie popolazioni, è anche auspicabile l istituzione di aree protette fluviali laddove sono presenti nuclei che hanno ancora una buona consistenza numerica. Sono infine indispensabili studi sulla biologia e l ecologia della specie, nonché dati aggiornati sulla distribuzione e sulla consistenza delle popolazioni. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Lodi, 1979; Rasotto et al.,

113 BALITORIDI BALITORIDAE Corpo allungato e, insieme al capo, compresso in senso dorso-ventrale; regione ventrale piatta. Bocca piccola e infera, che in alcune specie presenta la mascella inferiore dura e tagliente; tre paia di barbigli presenti. Vescica gassosa priva di funzione idrostatica e suddivisa in più parti: due laterali connesse fra loro e protette da una capsula ossea, ed una posteriore più o meno atrofizzata. I Balitoridi sono presenti in Eurasia e in parte dell Africa orientale. Sono pesci di piccola taglia strettamente dulcicoli e bentonici, adatti alla vita nelle acque correnti. In Italia è presente una sola specie, della sottofamiglia Nemacheilinae, classificata nel genere Barbatula. L esclusione dei Nemacheilini dalla famiglia Cobitidi e la loro attribuzione alla famiglia Omalopteridi risale a circa vent anni fa, ed è stata effettuata sulla base di studi anatomici e filogenetici (Sawada, 1982); fra le due famiglie ci sono, tra l altro, differenze osteologiche nell apparato di Weber. Successivamente è stato messo in evidenza che il termine Balitoridae aveva priorità nei confronti del termine Homalopteridae (Kottelat, 1988: vedi Kottelat, 1997), per cui ci adeguiamo a questa nomenclatura. 112

114 COBITE BARBATELLO Barbatula barbatula (Linnaeus, 1758) Sistematica Ordine: Cipriniformi Famiglia: Balitoridi Per molto tempo la specie è stata classificata nel genere Nemacheilus. Alla fine degli anni 70 questo termine è stato riconosciuto valido solo per le specie dell Asia sud-orientale, e il Cobite barbatello è stato assegnato al genere Orthrias. Successivamente è stato evidenziato che Orthrias è un sinonimo più recente di Barbatula (Kottelat, 1990: vedi Kottelat, 1997), per cui ci adeguiamo a questa nomenclatura. tratti medio-alti dei corsi d acqua, su fondali ciottolosi e ghiaiosi. È rinvenibile anche nelle risorgive e, fuori dall areale italico, anche in ambienti lacustri, sia d acqua dolce che costieri con bassa salinità. Biologia È un pesce bentonico di piccola taglia (in Europa la lunghezza totale massima è di cm, in Siberia raggiunge i 20 cm circa), attivo nelle ore notturne; di giorno Geonemia È una specie ad ampissima distribuzione euro-asiatica, che va dalla Penisola Iberica alle coste dell Oceano Pacifico. In Italia è presente solo nelle regioni nordorientali, avendo come limite occidentale il Fiume Adige. Habitat Il Cobite barbatello vive principalmente nelle acque limpide e correnti dei 113

115 rimane nascosto sotto i sassi o tra la vegetazione acquatica. Nessuna indagine è stata compiuta sulla biologia di questa specie nelle acque dolci italiane. I dati riportati si riferiscono a popolazioni dell Europa centro-settentrionale e della Siberia orientale; poiché la specie presenta una certa plasticità nel ciclo biologico, bisogna però considerare la possibilità che le caratteristiche delle nostre popolazioni si discostino dal quadro descritto. Il Cobite barbatello vive normalmente 5-6 anni, ma può raggiungere gli 8 anni di età. L alimentazione è costituita prevalentemente da piccoli invertebrati bentonici (anfipodi, larve di tricotteri e di chironomidi, ninfe di efemerotteri e di odonati; più raramente oligocheti, irudinei, molluschi e coleotteri), e in minor misura da alghe e macrofite. Nella prima parte della vita l accrescimento è piuttosto rapido, arrivando a 7-9 cm al 2 anno di età; nelle popolazioni fluviali l accrescimento è più rapido rispetto alle popolazioni lacustri. La maturità sessuale viene raggiunta al 2 anno nei maschi, al 2 o al 3 anno nelle femmine. Esiste dimorfismo sessuale: rispetto alle femmine, i maschi sono di taglia minore e presentano le pinne pettorali più lunghe con il 2 raggio ingrossato; nel periodo riproduttivo hanno inoltre i raggi delle pinne pettorali e i lati del capo uniformemente coperti di tubercoli nuziali. Il periodo riproduttivo varia in relazione alle condizioni termiche dei corpi d acqua; nella maggior parte delle popolazioni europee la riproduzione ha luogo fra aprile e giugno. La deposizione dei gameti avviene durante la notte; ciascuna femmina produce da 2000 a uova ogni anno, in relazione all età e quindi alla taglia; gli ovari sono asincroni, per cui si hanno due o più cicli di deposizione nella stessa stagione riproduttiva. Rapporti con l uomo e conservazione Come tutte le specie bentoniche, il Cobite barbatello è minacciato dalle attività antropiche che alterano gli alvei naturali (cementificazioni, rettificazioni, prelievi di ghiaia). Anche l inquinamento delle acque, essendo poco tollerato, può danneggiare consistentemente le popolazioni. Viene utilizzato come esca nella pesca sportiva ai pesci predatori. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato vulnerabile. Considerando l esiguità dell areale italico di questa specie, sono necessarie misure volte a garantire la sopravvivenza delle popolazioni; tra queste, le principali consistono nel controllo dell inquinamento e delle attività che producono alterazioni degli alvei fluviali. Sono infine indispensabili studi sulla biologia e l ecologia delle popolazioni italiane. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Muus e Dahlström, 1967; Skryabin,

116 ESOCIFORMI ESOCIFORMES Gli Esociformi e i Salmoniformi, classificati da vari autori nello stesso ordine (Salmoniformi), appartengono al superordine Protacanthopterygii. Secondo Nelson (1994) gli Esociformi costituiscono un ordine a se stante, e sono fra i più primitivi Euteleostei; sono caratterizzati dai mascellari privi di denti (presenti però su altre ossa della bocca), dall assenza del mesocoracoide, dalla pinna dorsale in posizione molto arretrata e opposta alla pinna anale, dall assenza di pinna adiposa, dall assenza di ciechi pilorici. A quest ordine appartengono una famiglia estinta e due famiglie attuali, Esocidae e Umbridae, entrambe viventi nelle acque dolci dell emisfero settentrionale. Alla prima appartiene una specie della fauna italiana. ESOCIDI ESOCIDAE Margine buccale superiore costituito dai premascellari, non protrattili e fra loro distanziati lungo la linea mediana, e dai mascellari privi di denti. Cranio privo di orbitosfenoide e mesetmoidi. Spazio preorbitale lungo e schiacciato in senso dorsoventrale, con bocca molto grande e mandibola prominente. Numerosi denti, grandi, robusti e acuti, presenti sui premascellari, sul vomere, sui palatini e sulla mandibola; piccoli denti presenti sulla lingua. Membrane branchiosteghe non saldate all istmo. Branchiospine estremamente ridotte. Presenza di pori sottomandibolari. Corpo fusiforme e allungato; coda nettamente biloba. Saglie piccole e cicloidi. Linea laterale presente lungo i fianchi. Vescica gassosa presente, con dotto pneumatico. Ovidutti presenti. Sono noti fossili di Esocidi fin dal Cretaceo. La famiglia è composta da un solo genere, Esox, di cui fanno parte 5 specie d acqua dolce, morfologicamente molto simili fra loro. Una sola, ad ampissima distribuzione in Eurasia e in Nord America, è presente nella fauna italiana. 115

117 LUCCIO Esox lucius Linnaeus, 1758 Sistematica Ordine: Esociformi Famiglia: Esocidi Geonemia È una specie ad ampissima distribuzione nelle acque interne dell emisfero settentrionale. È presente in tutta l Europa centrale e in gran parte di quella del nord. In Italia il suo areale naturale comprende tutte le regioni settentrionali e parte di quelle centrali; nel versante tirrenico è certamente indigeno fino al Lago di Fondi, nel Lazio (questa popolazione risulta però oggi estinta per cause antropiche); nel versante adriatico alcuni autori lo considerano indigeno fino all Abruzzo, mentre altri ritengono che le poche popolazioni presenti nelle Marche e in Abruzzo abbiano avuto origine da materiale alloctono (quest ultima ipotesi ci sembra la più probabile). Il Luccio è stato immesso negli ultimi vent anni anche in alcuni bacini delle regioni meridionali, ma non è noto in quali di essi si sia acclimatato. Habitat Il Luccio è un pesce tipico di acque ferme o poco correnti, che non devono però 116

118 risultare torbide né povere di ossigeno. Necessita di una ricca vegetazione subacquea, in mezzo alla quale si nasconde per esercitare il suo caratteristico comportamento predatorio e sulla quale si riproduce. Vive nella gran parte degli ambienti lacustri, sia interni che costieri, purché questi ultimi non abbiano percentuali troppo alte di salinità; trova habitat idoneo anche nelle risorgive e nei tratti dei corsi d acqua dove la corrente è meno veloce (ad esempio nelle lanche e nei rami morti dei fiumi). È una specie moderatamente eurialina, tanto che in Europa settentrionale vive normalmente in ambienti marini costieri con bassa salinità; nel Mar Baltico si spinge anche in acque profonde. Biologia È un pesce predatore di grande taglia (le femmine, più grandi rispetto ai maschi, possono raggiungere la lunghezza totale di 1,5 m e circa 35 kg di peso; nelle nostre acque i valori massimi osservati sono un poco inferiori: 1,25 m e 20 kg circa) che mostra abitudini solitarie e, per buona parte dell anno, sedentarie. Fino a uno-due anni di età si ciba sia di invertebrati (soprattutto crostacei come Palaemonetes antennarius e Asellus sp., in subordine larve di insetti ed altri) che di piccoli pesci; con l aumentare della taglia diventa quasi esclusivamente ittiofago. La dieta degli adulti è composta soprattutto di Ciprinidi (come Scardole, Triotti e Alborelle), ma anche di altri pesci e di conspecifici; è noto che il Luccio si comporta da cannibale nel corso dell intera vita, tentando di ingerire anche esemplari della sua stessa taglia (in questi casi può arrivare però a morire soffocato). Gli esemplari di maggiori dimensioni predano anche anfibi, piccoli mammiferi e giovani di uccelli acquatici. Le prede vengono catturate con una tecnica peculiare: il Luccio attende immobile e ben mimetizzato tra la vegetazione; quando una preda si avvicina sufficientemente, si inarca e con un potente colpo di coda giunge di scatto su di essa; afferra quindi quest ultima senza lasciarle scampo, grazie alla grande bocca e alla straordinaria serie di denti acuminati di cui è fornita. Questa specie ittiofaga svolge un importante ruolo ecologico negli ecosistemi delle acque interne, controllando dal punto di vista demografico le popolazioni di vari pesci di piccola e media taglia ad alta fecondità (come la maggior parte dei Ciprinidi); agisce quindi come uno degli elementi della selezione naturale, anche a vantaggio delle popolazioni predate. L accrescimento è fortemente influenzato dalla disponibilità trofica dell ecosistema, ed è in genere piuttosto rapido. Nelle nostre acque raggiunge normalmente la lunghezza di cm al 1 anno (40-80 g), cm al 3 ( g), cm al 5 (1-2 kg), all 8 (2,5-4 kg); l età massima a cui arriva la maggior parte degli individui è 8-10 anni. I maschi raggiungono taglie inferiori rispetto alle femmine (lunghezza totale massima di cm e peso di 5-8 kg), e ciò è dovuto sia a una minore velocità di accrescimento che a un ciclo vitale più breve; le classi di età maggiori sono così costituite prevalentemente da femmine (che in questa fase della vita assumono una colorazione scura, spesso bruna o grigiastra). L età in cui viene raggiunta la maturità sessuale è influenzata da vari fattori, tra cui la velocità d accrescimento e le condizioni trofiche; nella maggior parte dei nostri ecosistemi i maschi sono maturi sessualmente al 2-3 anno di età, le femmine un anno più tardi; sono noti comunque ambienti in cui i maschi raggiungono la maturità sessuale al 1 anno e le femmine al 2. Non c è dimorfismo sessuale. Tra novembre e febbraio, con l approssimarsi della stagione riproduttiva, i Lucci assumono abitudini meno sedentarie e più sociali: si spostano alla ricerca delle aree 117

119 idonee alla deposizione dei gameti (costituite da specchi d acqua poco profondi, ben ossigenati e ricchi di vegetazione acquatica), dove raggiungono densità notevolmente superiori rispetto agli altri mesi dell anno. Nelle nostre acque la deposizione ha luogo tra febbraio e maggio, a seconda della temperatura dei corpi d acqua. I nuclei riproduttivi sono generalmente composti da una femmina e 2-4 maschi. Le uova, in numero di per ogni chilogrammo di peso corporeo, vengono deposte a più riprese sulla vegetazione acquatica. Avvenuta la deposizione, cessano i comportamenti sociali e gli individui tornano nelle zone più idonee dal punto di vista trofico. Lo sviluppo embrionale richiede circa 120 gradi-giorno (poco più di una settimana alla temperatura di C). I giovani nati hanno un aspetto significativamente diverso dall adulto (e perciò possono essere definiti larve ); grazie a speciali organi adesivi posti sul capo restano attaccati alla vegetazione per circa 10 giorni, fino al completo riassorbimento del sacco vitellino, per poi iniziare a condurre vita libera e cibarsi di zooplancton e piccoli invertebrati bentonici. Alla lunghezza di 2,5 cm il loro aspetto è simile agli adulti; alla lunghezza di 4-5 cm iniziano a cibarsi di avannotti di varie specie di pesci che si riproducono nella tarda primavera (come Scardola e Triotto). Rapporti con l uomo e conservazione Il Luccio è una specie di grande interesse per la pesca, sia professionale che sportiva (nell intera Europa, negli anni 60, veniva stimato un pescato annuo di oltre t). È perciò attivamente ricercato e ciò determina forti pressioni di pesca, che sono in parte responsabili dei depauperamenti delle popolazioni: ad esempio nel Lago di Garda si è passati da q/annui di pescato negli anni 50 e 60 a soli 20 q negli anni 80, con una tendenza verso ulteriori diminuzioni (Oppi, 1989). Questo pesce è però minacciato anche da altre cause antropiche: riduzione della vegetazione ripariale e costiera nei bacini lacustri, in particolare delle aree a canneto; rettificazione dei corsi d acqua, con la conseguente eliminazione delle lanche, ed artificializzazione delle sponde; inquinamento delle acque; inquinamento genetico, in conseguenza dell introduzione di Lucci provenienti dall est europeo (avvenuta negli ultimi anni) con i quali i Lucci indigeni nelle nostre acque probabilmente si ibridano; competizione con specie alloctone. Circa quest ultima minaccia, uno studio recente condotto nel Lago Trasimeno ha evidenziato un ampia sovrapposizione di nicchia ecologica fra il Luccio e l alloctono Persico trota: l indice di sovrapposizione delle diete è risultato molto elevato, soprattutto nelle classi di età più giovani; le preferenze di habitat sono risultate molto simili (Lorenzoni et al., 1999). Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato vulnerabile. Per invertire la tendenza negativa che interessa le popolazioni italiane di Luccio, sono necessari interventi di conservazione degli habitat (come la tutela della vegetazione ripariale e costiera nei bacini lacustri, e il controllo dell inquinamento) e una razionale politica di gestione della pesca (diminuzione della pressione di pesca attraverso misure più restrittive, e cessazione dei ripopolamenti effettuati con materiale alloctono). Particolare attenzione va rivolta a nostro avviso alla tutela delle aree idonee alla riproduzione; questo tipo di intervento, anche in considerazione dell elevata fecondità della specie, potrebbe garantire un incremento delle popolazioni sufficiente a compensare le perdite a causa dell attività alieutica, senza la necessità di effettuare alcun ripopolamento. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1991; Muus e Dahlström,

120 SALMONIFORMI SALMONIFORMES I taxa attribuiti a questo ordine sono stati notevolmente ridotti rispetto a classificazioni precedenti. Secondo Nelson (1994) i Salmoniformi si compongono della sola famiglia Salmonidae, e perciò i caratteri dell ordine coincidono con quelli della famiglia. SALMONIDI SALMONIDAE Corpo fusiforme. Margine boccale superiore formato dai premascellari e dai mascellari, che possono portare o non portare denti; questi possono essere robusti e acuti, oppure minuti. Mesocoracoide presente. Ultime tre vertebre ricurve verso l alto. Pinna dorsale adiposa presente. Scaglie cicloidi, di piccola o media grandezza. Linea laterale presente lungo i fianchi. Vescica gassosa presente, con dotto pneumatico. Appendici piloriche presenti. Ovidotti presenti, completi o incompleti. I Salmonidi, di cui si conoscono fossili a partire dal Miocene, hanno distribuzione olartica e vivono in zone temperate, boreali e polari. Una parte delle specie è stenoalina dulcicola, compiendo l intero ciclo biologico nelle acque dolci; un altra parte è migratrice anadroma. Il mare è stato e in alcune regioni è tuttora un importante mezzo di dispersione, e ciò spiega la distribuzione di alcuni taxa; gli areali attuali dei generi e delle specie dipendono inoltre significativamente da eventi geografici e climatici avvenuti nel periodo glaciale. Quasi tutte le specie si riproducono in acque dolci fredde e ben ossigenate; questa caratteristica etologico-fisiologica costituisce la base dell ipotesi dell origine evolutiva della famiglia nelle acque dolci. In molte specie la fecondità è bassa, essendo prodotte poche centinaia di uova di grandi dimensioni (circa 5 mm di diametro); in altre è maggiore, con uova più piccole e numerose. Nella maggior parte delle specie i giovani presentano grandi macchie scure lungo i fianchi (dette macchie parr ). Alcuni Salmonidi rivestono una notevole importanza commerciale legata alla pesca, sia professionale che sportiva, ed alla piscicoltura. La famiglia è formata da circa 70 specie attuali, classificate in 11 generi. In Italia sono presenti 7 taxa indigeni, fra specie e semispecie (ad esse vanno aggiunte 4 specie introdotte, che ormai fanno parte in modo stabile delle comunità ittiche di molti corsi d acqua e bacini lacustri italiani). Appartengono a tre generi classificati in due diverse sottofamiglie: Salmoninae (16 raggi o meno nella prima pinna dorsale; scaglie piccole, in numero superiore a 110 lungo la linea laterale; denti presenti sui mascellari; orbitosfenoide presente; sopraopercolare presente) - Salmo, Salvelinus; Thymallinae (17 raggi o più nella prima pinna dorsale; denti presenti sui mascellari; orbitosfenoide assente; sopraopercolare assente) - Thymallus. 119

121 1. Prima pinna dorsale normalmente sviluppata, con al massimo 16 raggi... 2 Chiave per il riconoscimento dei generi - Prima pinna dorsale grande, sia in altezza che in lunghezza, con 17 raggi o più... Thymallus 2. Stelo del vomere privo di denti Salvelinus - Stelo del vomere munito di denti Salmo Chiave per il riconoscimento delle specie e delle semispecie del genere Salmo 1. Grosse macchie ellissoidali grigie (macchie parr ) generalmente assenti negli adulti lungo i fianchi Grosse macchie ellissoidali grigie (macchie parr ) generalmente presenti negli adulti lungo i fianchi Corpo di colore argenteo, con piccole macchie nere sul dorso e sui fianchi; coda con concavità pronunciata S. carpio - Colorazione del corpo generalmente costituita da vermicolature, oppure da macchie rosse e nere; coda moderatamente concava

122 3. Vermicolatura bruno-verdastra sul dorso e sui fianchi S. (trutta) marmoratus - Vermicolatura assente; colorazione del corpo costituita da macchie rosse e nere (forma fario ), oppure solo da piccole macchie nere (forma lacustre )... S. (trutta) trutta 4. Da 9 a 13 grandi macchie ellissoidali grigie lungo i fianchi, spesso sdoppiate o frammentate; più di 20 piccole macchie nere sul corpo S. (trutta) macrostigma - Da 7 a 9 macchie ellissoidali grigie lungo i fianchi, mai sdoppiate o frammentate; piccole macchie sul corpo, in parte nere e in parte brunoviolaceo... S. fibreni 121

123 122 TROTA FARIO E TROTA LACUSTRE Salmo (trutta) trutta Linnaeus, 1758

124 Sistematica Ordine: Salmoniformi Famiglia: Salmonidi Secondo l ipotesi di Gandolfi e Zerunian (1987), ripresa in altri lavori di sintesi sull ittiofauna delle acque interne italiane (Gandolfi et al., 1991) e in questa sede, le trote indigene in Italia costituiscono una superspecie formata da tre semispecie (sensu Lorkovic, 1958 e in parte sensu Mayr, 1963): Salmo (trutta) trutta, Trota fario e Trota lacustre; Salmo (trutta) marmoratus, Trota marmorata; Salmo (trutta) macrostigma, Trota macrostigma. Questi taxa hanno una distribuzione originaria di tipo allopatrico, mostrano delle peculiarità in alcuni aspetti della biologia, dell ecologia e nella livrea, sono in grado di ibridarsi in natura nelle zone di contatto; quest ultimo fenomeno indica una loro recente separazione evolutiva, tale da non aver prodotto ancora sufficienti meccanismi isolanti (vedi Mayr, 1963). In pratica, i tre taxa in questione sono delle ex sottospecie che si stanno evolvendo verso la condizione di specie. Un altra questione è stata posta recentemente (Kottelat, 1997): le Salmo trutta indigene in Italia settentrionale sono state considerate una specie a se stante, per la quale è stato rivalutato un termine coniato nell Ottocento: Salmo cenerinus Chiereghini, Gli argomenti portati a sostegno di questa ipotesi non ci sembrano però fondati su validi elementi; ne spieghiamo brevemente i motivi. In primo luogo non è stata dimostrata la separazione a livello di specie fra le Salmo trutta dell Italia settentrionale e quelle transalpine. Poi la descrizione di Chiereghini, riferita a materiale raccolto non lontano dal mare presso Venezia, è vaga e potrebbe adattarsi a un gran numero di Salmonidi. C è infine il dubbio fondato che la descrizione si riferisca ad esemplari di Trota marmorata (che rispetto alle fario frequentano zone più a valle dei corsi d acqua); in questo caso S. cenerinus sarebbe un sinonimo più recente di S. marmoratus. In conclusione, non accettiamo la rivalutazione proposta da Kottelat (1997) perché si basa su elementi dubbi e confusi. Geonemia È una specie ad ampia distribuzione euro-asiatica, che va dalla Penisola Iberica fino al bacino del Volga e al Lago d Aral; il limite meridionale dell areale è rappresentato dalla parte occidentale del Nord-Africa. È stata introdotta con successo in diversi territori di tutti i continenti (escluso l Antartide); in molti casi ha però prodotto alterazioni significative delle comunità ittiche, danneggiando soprattutto le specie di piccola taglia. In Italia è rinvenibile nelle acque fredde di tutte le regioni; la grandissima parte delle popolazioni è però composta, totalmente o parzialmente, da materiale di origine alloctona nato in condizioni artificiali (molto spesso gli esemplari allevati e poi introdotti nelle acque libere sono di ceppo atlantico). Il probabile areale originario di questa specie nelle nostre acque dolci è costituito dall arco alpino e dalla parte più settentrionale dell Appennino, fino ad un ignoto limite sud.? popolazioni indigene 123

125 Habitat Salmo (trutta) trutta è un pesce con una discreta valenza ecologica: all interno del suo areale occupa vari tipi di ambiente, purché le acque siano limpide, fredde (temperature normalmente al di sotto di 15 C) e ben ossigenate. Nei nostri ambienti è un tipico pesce d acqua dolce, ma nell Europa settentrionale, nel Mar Caspio e nel Mar Nero esistono popolazioni (chiamate Trote di mare) che conducono una parte del ciclo vitale in mare per motivi trofici; ciò è possibile perché questi mari sono più freddi e meno salati rispetto al Mar Mediterraneo, dove la presenza di trote è rara e occasionale. Nelle acque interne occupa due diversi tipi di ambiente, mostrando differenti fenotipi in relazione alle caratteristiche ambientali (ecotipi): i tratti a monte dei corsi d acqua, sia di grandi che di piccole dimensioni, caratterizzati da una forte velocità della corrente e fondo costituito da massi, ciottoli e ghiaia grossolana, dove svolge l intero ciclo biologico risultando una delle specie tipiche della Zona dei Salmonidi (in questo ambiente si evidenzia il fenotipo fario ); gli ambienti lacustri oligotrofici di dimensioni medie e grandi (dove si evidenzia il fenotipo lacustre ) occupati principalmente durante la fase trofica, dai quali risale i corsi d acqua immissari per la riproduzione. Biologia Per quanto riguarda l ecotipo fario, si tratta di un pesce di taglia media (nei corsi d acqua di grandi dimensioni raggiunge normalmente la lunghezza totale di 50 cm e il peso di 1-1,5 kg; in quelli di piccole dimensioni la lunghezza e il peso sono inferiori); l ecotipo lacustre raggiunge invece taglia grande (le femmine possono superare un metro di lunghezza totale e 20 kg di peso). Nella fario la livrea varia a seconda degli ambienti: esi- stono popolazioni in cui prevalgono tonalità bruno-verdastre, altre giallastre, altre nerastre. I giovani, fino a circa 10 cm di lunghezza, presentano una tipica livrea con una serie di grosse macchie grigiastre allineate lungo i fianchi (macchie parr ). Si tratta di un eccellente nuotatore che mostra abitudini solitarie e territoriali. I vari gruppi di età occupano habitat diversi, e ciò è particolarmente evidente nelle forme migratrici. Nei corsi d acqua c è la tendenza degli individui adulti a distribuirsi uniformemente nel corpo centrale dell alveo; le giovani trotelle vivono invece presso le rive, in aree con minore profondità e corrente moderata. È un pesce ad alimentazione carnivora capace di nutrirsi di ogni sorta di invertebrati, che vengono cacciati a vista; la predazione ha luogo sul fondo, nella colonna d acqua, in superficie ed anche al di sopra della superficie, potendo compiere rapidi balzi fuori dall acqua. Le prede acquatiche più frequenti sono costituite da larve e adulti di insetti (in particolare ditteri, efemerotteri, tricotteri e plecotteri), seguite da crostacei, anellidi e gasteropodi; le prede provenienti dagli ecosistemi terrestri sono soprattutto imenotteri e coleotteri (la componente esogena riveste un ruolo importante nei torrenti e nei laghetti posti in quota, caratterizzati da un accentuata oligotrofia); gli esemplari di taglia maggiore predano anche piccoli pesci e, occasionalmente, anfibi. L accrescimento è strettamente influenzato dalle risorse trofiche e dalle condizioni termiche: è rapido in ambienti come le risorgive, medio nei fiumi, lento nelle acque molto fredde e oligotrofiche dei torrenti e dei laghi situati in quota. Nei corsi d acqua le trote raggiungono mediamente 9-13 cm al termine del 1 anno, cm al 2, al 3, circa 30 al 4. La maturità sessuale è raggiunta in genere nei maschi al 2 anno di età, nelle femmine al 3. Il dimorfismo sessuale riguarda solo la livrea 124

126 durante il periodo riproduttivo, quando i maschi assumono una colorazione nerastra nella parte inferiore del capo e nella regione ventrale. La riproduzione ha luogo in inverno e, anche in conseguenza dei diversi ceppi introdotti nelle nostre acque, può interessare un periodo piuttosto lungo; nella maggior parte dei casi ricade però in dicembre e gennaio. In questo periodo gli esemplari sessualmente maturi si spostano nei tratti più a monte dei fiumi e negli affluenti minori, alla ricerca di aree con fondo ghiaioso adatte alla deposizione dei gameti. Le femmine giungono per prime e, dopo intensa competizione, conquistano gli idonei siti riproduttivi, posti generalmente in acque poco profonde e con velocità moderata. Qui con rapidi movimenti della coda ripuliscono dai detriti una piccola area, preparando una sorta di nido ovale dove depongono le uova, fecondate subito dopo dai maschi; le uova vengono quindi ricoperte dalla ghiaia spostata con forti colpi di coda da parte delle femmine, risultando in questo modo protette dai predatori. Osservazioni compiute in Piemonte (riguardanti però popolazioni con un alta percentuale di ibridi Trota fario x Trota marmorata) hanno permesso di individuare interessanti tattiche riproduttive adottate da maschi con taglie diverse: quelli di maggiori dimensioni si comportano da dominanti, difendendo la femmina matura e il nido, e fecondando la gran parte delle uova; quelli di taglia più piccola si comportano da incursori, restando nascosti tra i massi durante i comportamenti preparatori all atto riproduttivo, per poi compiere veloci incursioni e fecondare una parte delle uova; i maschi di taglia intermedia, detti satelliti, restano invece nelle vicinanze del nido e, pur subendo gli attacchi dei dominanti, riescono al momento opportuno a fecondare una parte delle uova. Ciascuna femmina depone circa uova per ogni chilogrammo di peso corporeo; lo sviluppo embrionale è lungo e richiede circa 450 gradi-giorno (ciò significa, per esempio, che sono necessari 45 giorni a una temperatura di 10 C). I piccoli avannotti stazionano per un lungo periodo nei pressi del luogo dove sono nati; solo dopo un anno circa si spingono verso valle alla ricerca di tratti con maggiori quantità d acqua. Rapporti con l uomo e conservazione La Trota fario è uno dei pesci maggiormente diffusi nei corsi d acqua italiani, in seguito alle frequentissime introduzioni a favore della pesca sportiva; molto spesso le popolazioni sono però instabili nella loro struttura e dinamica, perché composte da individui che dal punto di vista numerico e della taglia devono solo soddisfare le esigenze dei pescatori. In molti casi queste popolazioni artificiali sono, almeno temporaneamente, composte da un numero di individui sproporzionato alle risorse trofiche dell ambiente, tale da poter risultare nocive per alcuni pesci indigeni di piccola taglia: in ambienti di risorgiva, ad esempio, sono note situazioni in cui le trote introdotte hanno determinato forti riduzioni nelle popolazioni di Lampreda padana, Spinarello, Sanguinerola, Scazzone e Panzarolo. Le trote immesse a favore della pesca sportiva sono nella gran parte dei casi Salmo trutta di ceppo atlantico, e ciò determina un ulteriore grave problema: l inquinamento genetico dei ceppi indigeni di Trota fario, così come della Trota marmorata e della Trota macrostigma. Certamente le popolazioni indigene di Trota fario sono in pericolo soprattutto a causa dell inquinamento genetico; il fenomeno è talmente diffuso che risulta attualmente difficile individuare con certezza quali popolazioni sono effettivamente autoctone e qual è il loro reale quadro distributivo 125

127 (nonostante ciò sono note popolazioni autoctone in Piemonte, in Liguria e nell Appennino emiliano, ben differenziate dal punto di vista genetico dalle trote di ceppo atlantico). Altre minacce antropiche per le popolazioni indigene sono le seguenti: artificializzazione degli alvei fluviali, prelievi di ghiaia, inquinamento delle acque, eccessivo sforzo di pesca. Nel nostro paese la Trota lacustre ha subito negli ultimi decenni forti decrementi, legati sicuramente all eccessivo sforzo di pesca e forse anche a fenomeni di inquinamento genetico e di competizione con Salmonidi alloctoni. Anche l aumento di trofia della gran parte dei laghi oligotrofici di medie e grandi dimensioni, conseguente a fenomeni di inquinamento urbano, agricolo e zootecnico, può aver compromesso le caratteristiche ambientali idonee alla vita di questo Salmonide. In alcuni casi (come ad esempio nel Lago di Garda) un ultimo elemento negativo è rappre- sentato dalle artificializzazioni dei corsi d acqua immissari dei bacini lacustri, che vengono risaliti in inverno per la riproduzione. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia, sia le popolazioni indigene di Trota fario sia la Trota lacustre vengono considerate in pericolo. L inversione delle tendenze negative evidenziate si può avere solo con una seria pianificazione dell attività alieutica; in questa direzione stanno operando alcune amministrazioni provinciali, sulla base dei risultati delle carte ittiche. È auspicabile che tutte le province italiane si dotino di strumenti di pianificazione degli interventi riguardanti la pesca. In generale sono necessarie più incivise misure di controllo dell inquinamento delle acque e delle artificializzazioni degli alvei fluviali. Per la popolazione di Trota lacustre del Lago di Garda è stato recentemente redatto uno specifico programma finalizzato alla conservazione (Betti, 2003). BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Badino et al., 1994; Elliott (ed.), 1989; Gandolfi et al.,

128 TROTA MARMORATA Salmo (trutta) marmoratus Cuvier, 1817 Sistematica Ordine: Salmoniformi Famiglia: Salmonidi Geonemia È un subendemismo italiano. La gran parte del suo areale comprende l Italia settentrionale: affluenti alpini del Po, Veneto, Trentino e Friuli-Venezia Giulia; è presente con popolazioni indigene anche nel versante adriatico della Slovenia, in Dalmazia, in Montenegro e in Albania. In passato la Trota marmorata è stata introdotta in diversi bacini al di fuori del suo areale naturale (ad esempio nel Lazio, nel bacino del Fiume Sava in Slovenia, in Germania), senza arrivare però a costituire popolazioni pure vitali; gli esemplari immessi hanno dato luogo a fenomeni di ibridazione con la Trota fario, che hanno prodotto la perdita delle caratteristiche peculiari del taxon marmoratus. Habitat La Trota marmorata vive nei tratti medi e medio-alti dei corsi d acqua, dove ricerca acque limpide, fresche (temperature normalmente inferiori a 16 C) e ben ossigenate, con fondali ciottolosi e ghiaiosi. Preferisce i fiumi di maggiore portata, anche 127

129 in relazione alle loro più consistenti disponibilità trofiche, e situazioni dove ai tratti con acqua corrente si alternano tratti con buche profonde: gli adulti hanno una spiccata preferenza per le zone con maggiore profondità e corrente moderata; i giovani, anche per sfuggire alla predazione esercitata dagli esemplari più grandi, preferiscono le zone con profondità minore e corrente veloce. È in grado di vivere anche nei bacini lacustri, da dove risale i corsi d acqua immissari per la riproduzione. Biologia È un pesce predatore di taglia grande (raggiunge normalmente la lunghezza totale di cm e il peso di 6-7 kg; sono però documentate taglie molto maggiori, fino a 1,4 m e quasi 30 kg). Nei primi due-tre anni di vita la dieta è molto simile a quella della Trota fario: si nutre di larve di insetti, di crostacei, di oligocheti e spesso anche di insetti adulti che cattura alla superficie dell acqua. A età più avanzate inizia a predare pesci (Scazzoni, Sanguinerole, Vaironi, piccole trote, ecc), mostrando in modo sempre più evidente la tendenza all ittiofagia con l aumentare della taglia. La velocità di accrescimento nei primi 3-4 anni è di poco maggiore rispetto a quella della Trota fario (vedi testo relativo a questa specie); negli anni successivi, mentre queste ultime rallentano sensibilmente il loro incremento in lunghezza e in peso, le marmorate continuano ad avere ritmi di crescita elevati: in Slovenia, ad esempio, sono state osservate lunghezze di cm al 5 anno (peso 0,9-2,4 kg), cm al 6 (peso 1,2-4,7 kg), cm al 7 (peso 1,8-6,6 kg), cm all 8 (peso 3,9-7,5 kg). La maggior parte degli individui vive 6-8 anni, ma non sono rari esemplari di oltre 10 anni di età. La maturità sessuale viene raggiunta normalmente al 3 anno nei maschi e al 4 nelle femmine. Il dimorfismo sessuale è minimo ed è visibile solo nel periodo riproduttivo, quando i maschi assumono una colorazione nerastra nella parte inferiore del capo e nella regione ventrale. La riproduzione ha luogo soprattutto nei mesi di novembre e dicembre. Gli individui sessualmente maturi ricercano in questo periodo i tratti dei corsi d acqua che presentano le caratteristiche idonee alla deposizione dei gameti: aree poste in acque poco profonde (20-80 cm), con moderata velocità della corrente (0,4-0,8 m/sec) e fondo ghiaioso. Sembra che la natura geologica dei substrati dove ha luogo la deposizione sia molto importante (risulterebbero idonee solo rocce dure quali scisti cristallini, graniti e dolomie, che formano ghiaie della giusta granulometria per la deposizione delle uova e per la loro successiva ossigenazione favorita dalla circolazione dell acqua fra gli inerti), tanto che l assenza della Trota marmorata negli affluenti appenninici del Po è stata spiegata con la non idoneità delle rocce dei bacini imbriferi di questi corsi d acqua (con prevalenza di argille, arenarie e rocce calcaree recenti). I comportamenti riproduttivi che accompagnano la deposizione dei gameti sono parzialmente simili a quelli descritti per la Trota fario, e ciò è provato dal fenomeno dell ibridazione che può aver luogo in natura fra i due taxa. Osservazioni compiute in Slovenia indicano però che mentre i maschi stazionano per una-due settimane nei luoghi di riproduzione, le femmine frequenterebbero questi ultimi solo per deporre le uova; la deposizione dei gameti avrebbe inoltre luogo nelle ore serali, prevalentemente nei periodi di luna nuova. La fecondità relativa varia nelle diverse popolazioni, con medie comprese fra 1300 e 2500 uova per ogni chilogrammo di peso corporeo; lo sviluppo embrionale richiede circa 400 gradi-giorno. 128

130 Nei corsi d acqua, gli ambienti più idonei per la Trota marmorata si trovano più a valle rispetto a quelli occupati dalla Trota fario. Esiste però una zona di contatto dove i due Salmonidi vivono associati, e dove può aver luogo l ibridazione; questo fenomeno è spiegabile con una separazione evolutiva avvenuta solo in tempi recenti ed un processo di speciazione non del tutto completato. Rapporti con l uomo e conservazione La Trota marmorata è uno dei pesci più ambiti dai pescatori sportivi in Italia settentrionale (così come in Slovenia); è perciò attivamente ricercata, e ciò determina una forte pressione di pesca con conseguenti depauperamenti nelle popolazioni. È minacciata da numerose altre attività antropiche: artificializzazione degli alvei fluviali, come cementificazioni e rettificazioni, e prelievi di ghiaia che distruggono le aree di frega; eccessive captazioni idriche; variazioni di portata dei fiumi conseguenti alla produzione di energia elettrica che, quando si verificano durante il periodo riproduttivo, distruggono uova e avannotti; inquinamento delle acque. La minaccia più consistente per questo Salmonide è però rappresentata dalle interazioni con le Trote fario introdotte, spesso in modo massiccio, a vantaggio della pesca sportiva: inquinamento genetico, competizione alimentare, diffusione di patologie. Il fenomeno dell inquinamento genetico è presente in quasi tutte le popolazioni, e gli ibridi sono spesso evidenziabili dal solo esame della livrea. Tutte queste cause hanno provocato l estinzione locale in varie parti dell areale, sia per il progressivo depauperamento delle popolazioni, sia attraverso la perdita delle caratteristiche genetiche e fenotipiche del taxon in seguito all ibridazione. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerata in pericolo. Salmo (trutta) marmoratus è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II). Gli interventi di conservazione per questo taxon devono essere impostati e portati avanti in più direzioni: tutela dei tratti dei corsi d acqua caratterizzati da habitat idonei, con particolare attenzione per le zone dove non sono compromessi gli elementi morfologici e fisici necessari alla riproduzione; riduzione della pressione di pesca, mediante opportune limitazioni e divieti (nel caso di popolazioni che presentano una buona consistenza numerica, un compromesso accettabile potrebbe essere quello di consentire la pesca sportiva no-kill ); divieto di ripopolare con Salmonidi alloctoni i corsi d acqua dove è ancora presente la Trota marmorata, effettuando i ripopolamenti solo con materiale selezionato e proveniente da piscicolture specializzate; reintroduzione nei corsi d acqua dove si è verificata l estinzione locale nel corso del Novecento. È infine auspicabile la piena attuazione di alcuni specifici piani d azione già redatti e finalizzati alla conservazione, nonché l istituzione di aree protette in alcuni dei corsi d acqua dove sono presenti popolazioni pure di Trota marmorata. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Forneris e Alessio, 1987; Povz et al., 1996; Sommani,

131 TROTA MACROSTIGMA Salmo (trutta) macrostigma (Duméril, 1858) Sistematica Ordine: Salmoniformi Famiglia: Salmonidi Secondo Kottelat (1997) il primo nome scientifico valido per la Trota macrostigma è Salmo cettii Rafinesque Schmaltz, Senza entrare nel merito della questione, così come per altre specie in cui è consolidato un altro nome scientifico (Storione cobice, Alborella, Nono e Ghiozzo padano), non riteniamo però opportuno effettuare alcun cambiamento nella nomenclatura. Le motivazioni sono le seguenti: verrebbe rispolverato un termine in disuso da quasi due secoli; negli ultimi decenni questo Salmonide viene denominato dalla gran parte degli ittiologi con il nome scientifico macrostigma, e non ci sembra il caso di destabilizzare la situazione; come Salmo macrostigma il taxon è riportato in importanti normative internazionali riguardanti la conservazione della fauna (vedi Spagnesi e Zambotti, 2001), per cui un eventuale cambiamento genererebbe solo confusione e risulterebbe controproducente per le finalità di tutela. Geonemia È un subendemismo italiano. L areale originario comprende le regioni peninsu- 130

132 lari tirreniche, la Corsica, la Sardegna, la Sicilia e la parte occidentale del Nord-Africa. Questa distribuzione circum-mediterranea occidentale testimonia l occupazione dell ambiente marino da parte della Trota macrostigma nell ultimo periodo interglaciale pleistocenico, quando il Mar Mediterraneo presentava valori di salinità e di temperatura inferiori a quelli odierni. La distribuzione attuale della macrostigma è fortemente ridotta rispetto al quadro presentato, in seguito a una somma di estinzioni locali verificatesi nel corso del Novecento; l areale si presenta oggi a macchie, con poche popolazioni sopravvissute e perciò definibili relitte. In Italia il maggior numero di popolazioni è presente in Sardegna, soprattutto nella parte centro-orientale; sono inoltre note popolazioni nei corsi d acqua della Sicilia sud-orientale e, per quanto riguarda le regioni peninsulari, due sole popolazioni nel Lazio. Andrebbero compiute indagini faunistiche nelle regioni meridionali della penisola, poco studiate dal punto di vista ittiologico, finalizzate all individuazione di eventuali altre popolazioni di questo Salmonide. Habitat La Trota macrostigma vive nei tratti alti dei corsi d acqua di tipo mediterraneo, che hanno origine da sistemi montuosi di media altitudine o da risorgive carsiche poste alla base di essi; questi ambienti sono caratterizzati da acque limpide e moderatamente correnti, fondo ghiaioso, temperature normalmente comprese fra 10 e 17 C, discreta presenta di vegetazione macrofitica. Nella zonazione dei corsi d acqua italiani è una delle specie tipiche della Zona dei Salmonidi. Mostra una discreta valenza ecologica che gli permette di sopravvivere anche in condizioni non ottimali, come quelle riscontrabili nel periodo estivo nei piccoli corsi d acqua mediterranei. Biologia È un pesce di taglia media (la lunghezza totale massima è normalmente di cm e il peso di 1,2-1,5 kg; sono però note catture di esemplari di taglia maggiore, fino a 2-3 kg), la cui biologia è poco conosciuta. Si nutre soprattutto di larve e adulti di insetti, sia acquatici che terrestri; in minor misura di crostacei e molluschi. Scarsi sono i dati sull accrescimento, la struttura e la dinamica di popolazione. In Sicilia raggiunge in media la lunghezza di 9 cm a un anno, di 15 cm a due anni, di 25 cm a tre anni. Sembra esistere una variabilità fra le popolazioni nella taglia a cui è raggiunta la maturità sessuale: in una delle due popolazioni dell Italia centrale, quella del Fiume Fibreno, i maschi sono sessualmente maturi quando misurano cm di lunghezza (peso medio 80 g circa), le femmine a cm (peso medio 300 g circa); in Sicilia le femmine risultano invece mature quando misurano poco più di 20 cm di lunghezza, ed hanno tre anni di età. Non c è dimorfismo sessuale. La deposizione dei gameti è stata osservata in dicembre e gennaio in Sicilia, in febbraio e marzo nel Lazio; le aree di frega sono situate in acque basse e correnti, con fondo ghiaioso e libero da vegetazione subacquea. Nessuna osservazione è stata compiuta sul comportamento riproduttivo, sugli indici di fecondità e sullo sviluppo embrionale. La Trota macrostigma è il probabile progenitore di altra taxa del genere Salmo presenti nell area mediterranea (tra questi il Carpione del Fibreno). Purtroppo nessuna indagine comparativa è stata finora svolta su materiale proveniente dalle varie parti dell areale, per cui i caratteri del taxon risultano mal definiti. Tenendo conto delle conoscenze attuali, il suo riconoscimento può avvenire sulla base dei seguenti caratteri della livrea presenti nel loro insieme nello stesso individuo: 9-13 grandi 131

133 macchie ellissoidali grigiastre lungo la regione mediana di ciascun fianco, quelle anteriori talvolta sdoppiate o frammentate; macchie rotondeggianti nere sui fianchi, parte delle quali provviste di alone chiaro; grossa macchia nera nella regione opercolare (sul preopercolare subito dietro l occhio o, più posteriormente, sull opercolare); colorazione della pinna adiposa e delle piccole macchie grigiastra o bruna (mai rossa). Rapporti con l uomo e conservazione Nel suo areale italico questo Salmonide corre un alto rischio di estinzione per numerose cause antropiche: eccessive captazioni idriche e inquinamento delle acque (fenomeni particolarmente negativi nei piccoli corsi d acqua tipici dell area mediterranea); artificializzazione degli alvei fluviali, come cementificazioni e rettificazioni, e prelievi di ghiaia che distruggono le aree di frega; eccessiva attività di pesca sportiva e fenomeni di bracconaggio (che possono risultare deleteri negli ambienti lotici di piccole dimensioni); competizione alimentare, inquinamento genetico e diffusione di patologie da parte delle Trote fario introdotte, spesso in modo massiccio, a vantaggio della pesca sportiva. Il fenomeno dell inquinamento genetico è spesso evidenziabile dal solo esame della livrea. Queste cause hanno prodotto numerose estinzioni locali, sia per il progressivo depauperamento delle popolazioni, sia attraverso la perdita delle caratteristiche genetiche e fenotipiche del taxon in seguito all ibridazione. Si è verificata così la consistente contrazione dell areale già evidenziata, e una precaria condizione di sopravvivenza per le poche popolazioni relitte. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerata in pericolo critico. Salmo (trutta) macrostigma è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II). La Regione Sardegna ha istituito il divieto di pesca alla Trota macrostigma su tutto il territorio (non conosciamo però se è previsto un termine a questa disposizione). Gli interventi di conservazione per questo taxon devono essere impostati e portati avanti in più direzioni: tutela dei tratti dei corsi d acqua caratterizzati da habitat idonei, con particolare attenzione per le zone dove non sono compromessi gli elementi morfologici e fisici necessari alla riproduzione; riduzione della pressione di pesca, mediante opportune limitazioni e divieti (nel caso di popolazioni che presentano una buona consistenza numerica, un compromesso accettabile potrebbe essere quello di consentire la pesca sportiva no-kill ); divieto di ripopolare con Salmonidi alloctoni i corsi d acqua dove è ancora presente la Trota macrostigma, effettuando i ripopolamenti solo con materiale selezionato e proveniente da piscicolture specializzate; reintroduzione nei corsi d acqua dove si è verificata l estinzione locale nel corso del Novecento. È poi auspicabile l istituzione di aree protette fluviali laddove sono presenti popolazioni pure di Trota macrostigma; sono infine necessarie ricerche tassonomiche su materiale proveniente dalle varie parti dell areale, con il fine di individuare i caratteri di cui tener conto nei programmi operativi di conservazione, nonché ricerche sulla biologia e l ecologia. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Duchi, 1991; Gibertini et al., 1990; Zerunian,

134 CARPIONE DEL FIBRENO Salmo fibreni Zerunian e Gandolfi, 1990 Sistematica Ordine: Salmoniformi Famiglia: Salmonidi Geonemia L unica popolazione di cui è costituita la specie vive nel Lago di Posta Fibreno, nel versante tirrenico dell Italia centrale (Provincia di Frosinone). Si tratta quindi di un endemismo con distribuzione puntiforme. correnti; esse hanno una trasparenza pressoché totale e la temperatura costantemente intorno a 10 C. Questo Salmonide occupa le parti più profonde del bacino e quelle prossime alle sorgenti, direttamente in comunicazione con il sistema carsico sotterraneo, dove i substrati sono pietrosi o ghiaiosi. Mostra una preferenza per le aree povere di luce Habitat Il Carpione del Fibreno svolge il suo ciclo biologico in un piccolo lago (circa 27 ha di superficie e 15 m di profondità) che ha origine da sorgenti pedemontane alimentate da un bacino imbrifero carsico. Il lago, in considerazione del rapido ricambio d acqua dovuto alla consistente portata delle sorgenti (media annuale di circa 11 mc/sec), può essere considerato un ambiente lotico con acque moderatamente 133

135 (tale comportamento è stato verificato in cunicoli sotterranei artificiali facenti parte di un mulino ad acqua oggi in disuso, posto presso alcune delle sorgenti che alimentano il lago; anche osservazioni condotte in acquario confermano le abitudini lucifughe); questa preferenza ed altri elementi noti da tempo ai pescatori locali hanno fatto ipotizzare abitudini parzialmente cavernicole. Frequenta anche i piccoli torrenti immissari del lago, probabilmente per motivi trofici, ma solo occasionalmente è stato osservato nel primo tratto del corso d acqua emissario. Biologia È un pesce di taglia piccola, mostrando valori in lunghezza e in peso (normalmente cm e g; eccezionalmente fino a cm e g) che sono tra i più bassi all interno della famiglia Salmonidae. La conoscenza della sua biologia è piuttosto scarsa e riguarda solo alcuni aspetti della riproduzione; la specie è comunque stenoecia e sembra piuttosto specializzata. Il ciclo vitale sembra essere breve, forse solo di due-tre anni. Nessun dato è noto sull accrescimento, né sull alimentazione. La maturità sessuale è raggiunta a taglie estremamente ridotte, quando gli animali hanno probabilmente un solo anno di età: tutti gli esemplari catturati nel periodo autunno-invernale sono sessualmente maturi, i maschi già alla lunghezza di cm (peso medio 20 g circa), le femmine già alla lunghezza di cm (peso medio 40 g circa). Non c è dimorfismo sessuale. La riproduzione ha luogo su fondali ghiaiosi e pietrosi. La fecondità assoluta appare molto bassa, in relazione alla grande dimensione delle uova e alla ridotta taglia massima raggiunta dalle femmine. Nessuna osservazione è stata compiuta sul comportamento riproduttivo. La comparazione fra gli avannotti di questa specie e quelli di Trota fario, ottenuti per entrambi i taxa mediante fecondazione artificiale, ha messo in evidenza sensibili differenze di taglia (risultando i primi sempre più piccoli e slanciati). Dati particolarmente interessanti riguardano il periodo riproduttivo. La stagione riproduttiva è molto lunga: va da ottobre ad aprile, con un picco che interessa la maggior parte dei riproduttori in dicembre e gennaio. Per spiegare questo fenomeno, senz altro eccezionale, è stata avanzata la seguente ipotesi: pur presentando ciascuna femmina un periodo di deposizione breve e ben definito (in accordo con gli ovari sincroni per gruppi osservati nel Carpione del Fibreno, simili a quelli della gran parte dei Salmonidi), il periodo riproduttivo risulta molto lungo grazie a una grande variabilità nel ciclo ovarico tra i vari individui; così alcune femmine hanno le uova mature in ottobre, altre in novembre, altre in dicembre e così via. Anche nei maschi è stata osservata una situazione simile. Ciò implica una bassa influenza del fotoperiodo nella maturazione dei gameti, che avvalora l ipotesi della vita cavernicola in alcuni periodi dell anno. Questo tipo di riproduzione sembra essere un adattamento alla peculiare situazione ambientale evolutasi presumibilmente in un periodo climatico siccitoso, quando il fiume può essere andato in secca ripetutamente e per tempi lunghi, spingendo il Carpione del Fibreno ad occupare gli ambienti acquatici ipogei; successivamente, con un alternanza di periodi siccitosi e periodi piovosi, la selezione naturale potrebbe aver favorito la possibilità di un lungo periodo riproduttivo, capace di garantire meglio la sopravvivenza della popolazione. Circa l origine evolutiva del Carpione del Fibreno, è stata avanzata l ipotesi di una sua discendenza in tempi recenti dalla Trota macrostigma (rispetto alla quale presenta differenze morfologiche e nella biologia riproduttiva, ma similarità biochimica). Potrebbe essersi verificata una prima colo- 134

136 nizzazione del lago da parte di una popolazione di macrostigma proveniente dal Mar Tirreno (la distribuzione circum-mediterranea occidentale del taxon testimonia la sua capacità di utilizzare l ambiente marino come mezzo di dispersione, in periodi in cui il Mediterraneo era meno caldo e salato rispetto ad oggi). Successivamente nel lago, in seguito ad un periodo siccitoso, la popolazione avrebbe subito un processo di isolamento e si sarebbe rifugiata nel sistema carsico sotterraneo, adattandosi a condizioni parzialmente cavernicole o comunque lucifughe; avrebbe inoltre modificato il proprio ciclo biologico, con il raggiungimento precoce della maturità sessuale e la riduzione della taglia massima. Con il ritorno di periodi climatici più piovosi, una seconda popolazione di Trota macrostigma avrebbe raggiunto il bacino del Fibreno, proveniente anch essa dal Mar Tirreno, trovando l ambiente lacustre già occupato dalla prima popolazione in parte modificatasi; la simpatria e la conseguente necessità di diversificare le nicchie ecologiche, in accordo col Principio di esclusione competitiva, avrebbero spinto le due popolazioni ad ampliare le divergenze e a raggiungere l isolamento riproduttivo. Rapporti con l uomo e conservazione Il Carpione del Fibreno è ad alto rischio di estinzione, sia per cause naturali che per cause antropiche. Le prime dipendono dalle piccole dimensioni del bacino in cui vive, che per motivi spaziali e trofici impone limiti bassi alla consistenza numerica dell unica popolazione che costituisce la specie. Le principali minacce antropiche sono invece le seguenti: alterazione dell habitat (una consistente alterazione c è stata tra la fine degli anni 60 e i primi anni 70, quando il bacino lacustre è stato parzialmente riempito con pietrame e materiale edilizio di scar- to, che hanno prodotto la diminuzione della profondità massima da circa 25 metri ai 15 attuali), pesca eccessiva e pesca illegale. La pesca per motivi di consumo veniva esercitata soprattutto in passato, per soddisfare i bisogni delle popolazioni locali; purtroppo questa pratica è in uso ancora oggi, nonostante le migliori condizioni economiche non giustifichino l attività di pesca nei confronti di questo piccolo Salmonide. Anche le immersioni subacquee effettuate durante il periodo riproduttivo possono creare problemi. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato in pericolo critico. Inspiegabilmente Salmo fibreni non compare tra gli animali protetti dalla Direttiva 92/43/CEE e dalla Convenzione di Berna. Si tratta a nostro avviso di una grave lacuna perché, trattandosi di una specie stenoecia a distribuzione puntiforme, il Carpione del Fibreno dovrebbe avere priorità assoluta di conservazione, insieme al suo habitat. Ci auguriamo che nei prossimi aggiornamenti degli allegati delle normative citate, venga inserito questo prezioso endemismo italiano. Il bacino dove vive il Carpione del Fibreno è il cuore di un area protetta della Regione Lazio: la Riserva Naturale Lago di Posta Fibreno. Secondo noi la gestione della riserva non tiene però nel giusto conto la conservazione del patrimonio biologico, permanendo così alcune delle minacce antropiche menzionate. Per garantire la sopravvivenza di questo Salmonide, così come degli altri importanti elementi faunistici presenti nella riserva, è necessaria una gestione che consideri come prioritari gli obiettivi della conservazione, anche in armonia con le finalità della legge quadro nazionale sulle aree protette (L. n 394/1991). Sono infine necessari studi su vari aspetti poco noti o sconosciuti della biologia e dell ecologia della specie. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Zerunian e Gandolfi, 1990; Zerunian et al.,

137 CARPIONE DEL GARDA Salmo carpio Linnaeus, 1758 Sistematica Ordine: Salmoniformi Famiglia: Salmonidi Geonemia La specie è costituita dalla sola popolazione del Lago di Garda. Si tratta quindi di un endemismo con distribuzione puntiforme. Biologia È un pesce gregario di media taglia (normalmente la lunghezza totale massima è di cm e il peso di circa 500 g; eccezionalmente può arrivare a 50 cm e 1000 g), che può essere considerato stenoecio e di cui si hanno solo modeste co- Habitat Il Carpione del Garda necessita di acque fredde, limpide e ben ossigenate, come quelle tipiche di uno dei grandi laghi prealpini italiani. Nel Lago di Garda occupa per la gran parte dell anno la zona pelagica, soprattutto del medio e del basso lago, spingendosi spesso a profondità di metri; nei mesi invernali, in relazione alla riproduzione, si sposta invece nella parte settentrionale del bacino. 136

138 noscenze biologiche. L alimentazione è prevalentemente zooplanctofaga: componente fondamentale della dieta è il piccolo crostaceo Bythotrephes longimanus, che viene trattenuto grazie alla funzione filtrante delle branchiospine. Nei mesi invernali e primaverili assumono una certa importanza anche i crostacei bentonici dei generi Asellus ed Echinogammarus; occasionalmente si nutre anche di altri crostacei, chironomidi e piccoli pesci. Gli esemplari nati nello stesso anno possono essere distinti in due gruppi di taglia diversa, in relazione ai due diversi periodi riproduttivi estivo e invernale (vedi più avanti): gli individui nati in inverno misurano circa 18 cm al termine del 1 anno e oltre 30 cm al 3 ; quelli nati in estate misurano circa 14 cm al termine del 1 anno. L età massima sembra essere 5 anni. La struttura e la dinamica di popolazione sono sconosciute. La maturità sessuale è raggiunta nei maschi al 2 o al 3 anno, nelle femmine al 3 o al 4. Da secoli i pescatori del Garda sostengono che il Carpione ha una doppia riproduzione nell arco dell anno, e la maggior parte dei ricercatori che hanno indagato su questo importante aspetto biologico concordano con questa ipotesi: un primo periodo riproduttivo si avrebbe in luglio-agosto, un secondo in dicembrefebbraio. Indagini biometriche compiute sugli esemplari nati nei due diversi periodi non hanno evidenziato differenze tra i due gruppi, che sembrano così appartenere a un unica entità tassonomica. Osservazioni compiute nella seconda metà degli anni 80 hanno portato invece a ipotizzare per il Carpione del Garda un solo lungo periodo riproduttivo, che va dall estate all inverno; luglio-agosto e dicembre-febbraio sarebbero solo due picchi dell attività riproduttiva. Esisterebbero due diverse aree in cui vengono deposti i gameti: nei mesi invernali la riproduzione ha certamente luogo nella parte alta del lago, per cui si assiste a una sorta di migrazione degli esemplari sessualmente maturi verso quest area; nei mesi estivi la riproduzione avrebbe luogo soprattutto sulla dorsale sommersa che interessa il centro e il basso lago. I gameti vengono deposti in acque limpide e ben ossigenate, su fondali rocciosi o ghiaiosi, a profondità comprese fra 50 e 200 metri. Ogni femmina depone circa 2000 uova per chilogrammo di peso. Nel periodo riproduttivo si evidenzia il dimorfismo sessuale, che riguarda esclusivamente la livrea: mentre le femmine mantengono la colorazione grigio-argentea, i maschi assumono una colorazione grigio scuro, con riflessi bronzei e pinne nerastre. L origine evolutiva del Carpione del Garda sarebbe legata a un fenomeno di speciazione simpatrica a partire dalla Trota lacustre; questo evento avrebbe avuto luogo in tempi relativamente recenti, sufficienti per produrre significative differenze nella biologia e nell ecologia (comportamento gregario, alimentazione planctofaga e peculiari modalità della riproduzione, capaci di determinare l isolamento riproduttivo rispetto agli altri Salmo con cui vive in simpatria), ma non ancora per produrre significative differenze morfologiche e biochimiche. Rapporti con l uomo e conservazione Il Carpione del Garda è una specie ad alto rischio di estinzione, principalmente per cause antropiche. Queste consistono in primo luogo nell eccessivo sforzo di pesca, esercitato negli ultimi decenni anche in periodo riproduttivo e a carico di esemplari non maturi sessualmente; dati preoccupanti su questa attività hanno evidenziato fra il 1988 e il 1996 una riduzione del pescato del 96% (Confortini, 1996). Altri elementi negativi sono i seguenti: degrado qualitativo delle acque del lago, dovuto a diffusi fenomeni di in- 137

139 quinamento urbano che ha spostato le caratteristiche del lago da condizioni di oligotrofia verso la mesotrofia; competizione alimentare con altre specie zooplanctofaghe, come l alieno Coregone, e come l Alborella la cui popolazione è cresciuta in seguito all aumento di trofia del lago (Oppi e Novello, 1986). Oltre alle cause antropiche ci sono cause naturali che pongono in una condizione di rischio la sopravvivenza della specie, legate all esistenza di un unica popolazione. Questo Salmonide ha rivestito in passato una certa importanza economica legata alla pesca mentre oggi, in considerazione della sua rarefazione, gioca un ruolo economico marginale. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato in pericolo critico. Inspiegabilmente Salmo carpio non compare tra gli animali protetti dalla Direttiva 92/43/CEE e dalla Convenzione di Berna. Si tratta a nostro avviso di una grave lacuna perché, trattandosi di una specie stenoecia a distribuzione puntiforme, il Carpione del Garda dovrebbe avere priorità assoluta di conservazione, insie- me al suo habitat. Ci auguriamo che nei prossimi aggiornamenti degli allegati delle normative citate, venga inserito questo prezioso endemismo italiano. Per la conservazione di questa specie sono necessarie urgenti misure volte a ridurre l inquinamento del Lago di Garda, e all applicazione di norme più restrittive dell attività di pesca valide sull intero territorio lacustre (amministrativamente il lago è diviso tra due regioni e una provincia autonoma, e non esiste ancora un unico regolamento di pesca); per alcuni anni, con lo scopo di favorire la ripresa demografica dell unica popolazione che costituisce la specie, è a nostro avviso necessario il divieto assoluto di pesca. Sono poi auspicabili misure di tutela rigorosa delle aree di frega e, per produrre risultati positivi in tempi brevi, interventi di ripopolamento; va però messa a punto la metodica di quest ultima possibilità gestionale, perché finora i tentativi di ripopolamento con avannotti ottenuti da riproduzione artificiale hanno avuto esito negativo. Sono infine necessari studi su alcuni aspetti poco noti della biologia e dell ecologia. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Alessio et al., 1990; D Ancona e Merlo, 1959; Melotto e Oppi, 1987; Raunich et al.,

140 SALMERINO Salvelinus alpinus (Linnaeus, 1758) Sistematica Ordine: Salmoniformi Famiglia: Salmonidi Esistono molte forme di Salmerino, varie delle quali proprie delle diverse parti dell areale, ma alcune viventi anche in uno stesso ambiente e legate a specializzazioni alimentari (vedi il paragrafo Biologia ). In relazione a questa situazione, la sistematica del genere Salvelinus risente fortemente della diversa filosofia impiegata nell analisi tassonomica delle popolazioni. Ai due estremi abbiamo il riconoscimento di un unica specie, S. alpinus, ampiamente polimorfica e politipica, oppure la sua frammentazione in numerosi taxa che alcuni considerano a livello di sottospecie ed altri a livello di specie. In questa sede, così come in altre opere di sintesi sull ittiofauna italiana (vedi Tortonese, 1970 e Gandolfi et al., 1991), seguiamo la prima tesi. Recentemente Kottelat (1997), ispirandosi al concetto filogenetico di specie, ha proposto una revisione sistematica dei salmerini dove viene riconosciuta l esistenza di ben 23 specie indigene in Europa; secondo questa impostazione, le popolazioni dei laghi alpini e subalpini ap- 139

141 parterrebbero alla specie Salvelinus umbla (Linnaeus, 1758). Rimandando al citato lavoro per una discussione approfondita sull argomento, non riteniamo di adeguarci a questa posizione in primo luogo perché pensiamo che il concetto filogenetico di specie porti ad una artificiale moltiplicazione dei taxa, e ad una interpretazione semplicistica di complessi e interessanti fenomeni come è certamente il polimorfismo ecologico del Salmerino. Geonemia È una specie ampiamente distribuita nelle regioni fredde dell emisfero settentrionale. È presente in tutta l Europa del nord e, con popolazioni isolate, nell arco alpino. Queste ultime rivestono un particolare interesse zoogeografico, perché testimoniano il raggiungimento di territori meridionali durante periodi glaciali, quando il clima freddo consentì a molte specie tipiche dell Europa settentrionale di spingersi a sud; il ritorno di climi più caldi interruppe poi la continuità dei ghiacci, isolando le popolazioni site a latitudini più basse. Nel nostro paese la specie è indigena solo nella regione alpina del Trentino-Alto Adige; da qui è stata introdotta in vari bacini delle Alpi e delle Prealpi (dalla Val d Aosta al Friuli-Venezia Giulia). È presente soprattutto nei laghi, dove vive nelle aree a maggiore profondità. In una recente nota (Piccinini et al., 2002), esposta però solo in forma di abstract, viene messa in discussione l autoctonia del Salmerino alpino nel Trentino- Alto Adige su basi storiche e geologiche; la specie sarebbe stata introdotta in quest area alla fine del XV secolo, dall Austria. In attesa della pubblicazione dei documenti che sostengono questa ipotesi, continuiamo a considerare il Salmerino alpino indigeno in una parte dell Italia nord-orientale. Habitat Il Salmerino è un pesce con una discreta valenza ecologica: all interno del suo ampio areale occupa vari tipi di ambiente, purché le acque siano limpide, fredde e ben ossigenate. In Italia è un tipico pesce d acqua dolce, rinvenibile soprattutto negli ambienti lacustri alpini e in alcuni dei grandi laghi prealpini; a latitudini più settentrionali, molte popolazioni sono invece migratrici anadrome. Biologia È un pesce che in conseguenza di un elevato polimorfismo presenta popolazioni di taglia media (dove vengono raggiunti normalmente la lunghezza totale massima di cm e il peso di 1,5-3 kg) e popolazioni di piccola taglia (dove non viene superata la lunghezza di cm). Il taxon risulta variabile, oltre che nella taglia, nella forma, la livrea e le abitudini alimentari; nell arco alpino esistono 4 "forme" diverse, generalmente legate ad ambienti con caratteristiche morfologiche e trofiche diverse, che però in alcuni casi sono evidenziabili anche nello stesso bacino. Il fenomeno è interpretato come un polimorfismo ecologico, legato soprattutto a specializzazioni alimentari che consentono di sfruttare al meglio le risorse disponibili nei grandi bacini lacustri; queste specializzazioni determinano l insorgenza di differenze nel ciclo biologico di ogni singola forma. Negli ambienti lacustri del nostro paese non sembrano essere presenti contemporaneamente forme diverse. Molto scarsi sono i dati disponibili sulla biologia delle popolazioni italiane, per cui quanto riportato si riferisce soprattutto a popolazioni dell Europa settentrionale. L alimentazione è planctofaga nella fase giovanile, per spostarsi verso gli invertebrati bentonici con l avanzare dell età (un indagine condotta in due laghi 140

142 alpini della Lombardia ha evidenziato che la dieta comprende soprattutto larve di ditteri chironomidi, e in subordine larve di plecotteri, molluschi bivalvi e larve di efemerotteri); gli esemplari di lunghezza superiore a 20 cm si nutrono anche di piccoli pesci. L accrescimento risulta molto variabile in relazione alle condizioni termiche del corpo d acqua e alle disponibilità trofiche; generalmente è lento: a 3-4 anni sono raggiunte lunghezze di soli cm. Nell arco alpino la riproduzione ha luogo normalmente fra novembre e gennaio, ma in alcuni ambienti è anticipata. In questo periodo è evidente il dimorfismo sessuale: i maschi assumono una livrea caratteristica, con la regione ventrale di colore rosso-arancio e le pinne pettorali, ventrali e anale di colore più acceso; mostrano inoltre un allungamento della mascella inferiore, che si incurva verso l alto assumendo una forma uncinata. La deposizione dei gameti ha luogo in profondità, su fondali ghiaiosi o pietrosi, in piccole aree che la femmina provvede a ripulire con colpi di coda. Ciascuna femmina depone da alcune centinaia a 5000 uova circa, in relazione al suo peso; le uova schiudono in maggio-giugno. Gli avannotti, così come i giovani delle trote, presentano una livrea caratterizzata da una decina di grosse macchie grigiastre lungo ciascun fianco (macchie parr ). Rapporti con l uomo e conservazione Nel suo ampio areale la specie riveste un discreto interesse per la pesca. Anche nel nostro paese, pur essendo presente in un numero limitato di ambienti, è attivamente ricercata dai pescatori sportivi. Per compensare le catture vengono eseguiti interventi di ripopolamento, spesso con materiale di origine alloctona; ciò può produrre inquinamento genetico. Nei nostri ecosistemi la specie è minacciata anche dall inquinamento delle acque e dall introduzione di Salmonidi alieni, con i quali possono instaurarsi fenomeni di competizione soprattutto nei bacini di piccole dimensioni. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato in pericolo. Per la conservazione delle popolazioni indigene di Salmerino è necessaria in primo luogo una gestione razionale della pesca e delle attività ad essa collegate: limitazioni delle catture, cessazione delle pratiche di ripopolamento con materiale alloctono, divieto di introduzione di Salmonidi alloctoni. Sono infine auspicabili studi sulla biologia e l ecologia, così come sulla tassonomia; quest ultimo aspetto merita di essere preso in considerazione per l interesse zoogeografico che rivestono le popolazioni dell arco alpino, che nel loro insieme occupano una piccola area isolata all interno dell ampio areale della specie. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1991; Muus e Dahlström,

143 TEMOLO Thymallus thymallus (Linnaeus, 1758) Sistematica Ordine: Salmoniformi Famiglia: Salmonidi Geonemia È una specie presente nella gran parte dell Europa centro-orientale e settentrionale. In Italia è indigena nelle regioni settentrionali, dal Piemonte al Friuli-Venezia Giulia, a nord dell asta principale del Po; è però distribuita in modo discontinuo perché, essendo legata ad una buona qualità dell habitat, c è stata negli ultimi decenni una contrazione delle presenze nella maggior parte dei corsi d acqua. In Emilia-Romagna e nel Lazio esistono popolazioni acclimatate, originatesi da materiale introdotto nell ultimo decennio. di maggiore portata, dove colonizza soprattutto le aree con substrati ghiaiosi nei tratti medio-alti; è anche presente, ma con nuclei meno consistenti, nella parte superiore dei corsi d acqua di risorgenza, caratterizzati da fondali a ghiaia fina o sabbia, ricchi di vegetazione macrofitica. Predilige i tratti con bassa o media pro- Habitat Il Temolo è un pesce con una limitata valenza ecologica: vive nei corsi d acqua 142

144 fondità dove la corrente è vivace, l acqua è ben ossigenata e la temperatura non supera i C. Necessita di una buona qualità delle acque e risulta particolarmente sensibile all inquinamento. Biologia È un pesce di taglia media (la lunghezza totale massima arriva normalmente a 50 cm e il peso a poco più di 1 kg; eccezionalmente può arrivare a 60 cm e 2-3 kg), che mostra abitudini gregarie. I giovani vivono in gruppi numerosi nelle aree ripariali poco profonde, mentre gli adulti occupano aree diverse a seconda della stagione: in inverno stazionano nelle buche, mentre in primavera ed estate preferiscono acque più veloci con media profondità. Gli individui si muovono continuamente nei tratti aperti, risalendo la corrente alla ricerca del cibo. L alimentazione si basa su piccoli invertebrati bentonici e, in minor misura, su insetti catturati alla superficie dell acqua; considerando sia le forme larvali che gli stadi adulti alati, gli insetti possono arrivare a costituire l 80% della dieta (i gruppi più rappresentati sono i ditteri, gli efemerotteri, i coletteri e i tricotteri); la restante percentuale riguarda soprattutto piccoli crostacei (come Gammarus sp.) e, negli esemplari di oltre 30 cm di lunghezza, anche avannotti di varie specie. La velocità di accrescimento varia molto in relazione alla temperatura e alle disponibilità trofiche: in media al termine del 1 anno vengono raggiunte lunghezze di 9-11 cm (10 g circa), al 2 anno cm ( g), al 3 anno cm ( g), al 4 anno cm ( g); la crescita rallenta sensibilmente nelle classi di età maggiori, e a 8-9 anni sono raggiunte lunghezze totali di circa 45 cm. In alcune popolazioni italiane è stato recentemente osservato un accrescimento piuttosto rapido, con valori tra i più elevati per la specie: al 1 anno 15 cm di lun- ghezza nel Fiume Adda, 17 cm nel Fiume Sesia, 20 cm nel Fiume Adige; al 3 anno 35 cm nei Fiumi Adda e Sesia, 38 cm nel Fiume Adige; al 5 anno cm in tutte e tre le popolazioni. La maturità sessuale è raggiunta normalmente a due-tre anni nei maschi e a tre anni nelle femmine. Esiste dimorfismo sessuale: i maschi hanno la prima pinna dorsale, la pinna anale e le pinne ventrali più sviluppate rispetto alle femmine; durante il periodo riproduttivo nei maschi la pelle si ispessisce sul dorso e ai lati del peduncolo caudale, la colorazione diviene più scura e la prima pinna dorsale è bordata di rosso porpora. La riproduzione ha luogo tra marzo e maggio, a una temperatura compresa fra 7 e 11 C. I maschi dominanti difendono attivamente un territorio di diversi metri quadrati, lasciando avvicinare solo le femmine mature. Le uova vengono deposte su fondali ghiaiosi o sabbiosi, a circa 50 cm di profondità; durante la deposizione, la femmina forma una piccola cavità nel substrato e successivamente ricopre le uova con vigorosi colpi di coda. Come in altri Salmonidi, è possibile che un secondo maschio opportunista riesca a fecondare una parte delle uova. Ciascuna femmina depone migliaia di uova, in relazione alla taglia (secondo dati rilevati su popolazioni italiane, uova per ogni chilogrammo di peso corporeo); lo sviluppo embrionale richiede gradi-giorno. Il sacco vitellino viene riassorbito in alcuni giorni e poco dopo gli avannotti si disperdono. I giovani Temoli presentano lungo i fianchi una decina di grosse macchie grigiastre (macchie parr ), che tendono a scomparire con l aumentare della taglia e dell età. Rapporti con l uomo e conservazione All inizio del Novecento il Temolo era una specie assai diffusa in tutte le acque correnti delle nostre regioni settentrionali, 143

145 e ancora 60 anni fa era considerato abbondante in molti fiumi. Da allora è iniziato un costante declino che ha portato a decrementi ed estinzioni locali di numerose popolazioni. In alcuni casi drastiche riduzioni si sono verificate nel giro di pochi anni, come ad esempio nell Adige, nel Brenta e nel Ticino. La specie è considerata molto sensibile alla qualità delle acque, e proprio agli inquinamenti sono da imputare la maggior parte delle estinzioni locali e delle rarefazioni. Sono state però anche osservate riduzioni numeriche del Temolo in concomitanza con l incremento artificiale delle popolazioni di trote (immesse in modo massiccio a favore della pesca sportiva), che determinano la sua rarefazione esercitando competizione alimentare (indagini compiute in ambienti occupati da entrambe le specie, hanno dimostrato un ampia sovrapposizione fra la dieta del Temolo e quella della Trota fario) e, forse, trasmettendo patologie. È un pesce particolarmente ricercato dai pescatori sportivi e ciò produce una forte pressione di pesca su tutte le popolazioni. Per compensare le perdite dovute all attività alieutica, in vari bacini vengono effettuati ripopolamenti soprattutto con materiale proveniente dall Europa centrale e orientale (nel nostro paese non viene svolto l intero ciclo di allevamento del Temolo; i pochi impianti di piscicoltura che trattano questa specie acquistano uova e stadi giovanili in Austria e in Slovenia, per vendere poi gli avannotti dopo alcuni mesi). Una recente indagine (Gentili et al., 2000) ha dimostrato che in alcuni corsi d acqua italiani, come ad esempio i Fiumi Adda e Adige, gli individui indigeni (caratterizzati dal colore del corpo grigiastro e dalla coda con sfumature azzurre: fenotipo padano ) sono stati praticamente soppiantati da individui alloctoni (riconoscibili per la livrea gialla- stra, per la coda con sfumature rosse, per l area prossima alle pinne ventrali di colore violaceo: fenotipo danubiano ); in altre popolazioni l ibridazione fra gli esemplari indigeni e gli esemplari alloctoni ha prodotto il fenomeno dell inquinamento genetico. Anche le alterazioni strutturali dei corsi d acqua, come le rettificazioni ed i prelievi di ghiaia, e gli eccessivi prelievi idrici producono danni consistenti alle popolazioni di questo Salmonide. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato in pericolo. Thymallus thymallus è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione (all. V). È inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Gli interventi di conservazione per questa specie devono essere impostati e portati avanti in più direzioni: tutela dei tratti dei corsi d acqua caratterizzati da habitat idonei, con particolare attenzione per le zone dove non sono compromessi gli elementi morfologici e fisici necessari alla riproduzione; controllo dell inquinamento delle acque; riduzione della pressione di pesca, mediante opportune limitazioni e divieti (nel caso di popolazioni che presentano una buona consistenza numerica, un compromesso accettabile potrebbe essere quello di consentire la pesca sportiva no-kill ); divieto di ripopolare con Salmonidi alloctoni, compresi i conspecifici, i corsi d acqua dove sono ancora presenti popolazioni indigene di Temolo, effettuando i ripopolamenti (nel caso fossero effettivamente necessari) solo con materiale selezionato e proveniente da piscicolture specializzate; reintroduzione nei corsi d acqua dove si è verificata l estinzione locale nel corso del Novecento. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1991; Gentili et al., 2000; Salviati e Marconato,

146 GADIFORMI GADIFORMES L ordine, insieme ad altri 4, appartiene al superordine Paracanthopterygii. Questo è probabilmente polifiletico e si compone di 37 famiglie a cui appartengono oltre 1200 specie, in grandissima parte marine; solo 20 specie vivono nelle acque dolci. I Gadiformi sono definiti dai seguenti caratteri: corpo più o meno fusiforme; pinne ventrali generalmente inserite in avanti, al di sotto o anteriormente alle pinne pettorali (in pochi taxa sono assenti e in altri sono inserite più indietro); dorsalmente può essere presente una sola pinna, molto lunga, oppure due-tre pinne dorsali che possono essere contigue o separate; una sola pinna anale, molto lunga, oppure due pinne contigue o separate; raggi spinosi assenti; margine buccale superiore formato interamente dal premascellare; orbitosfenoide e basisfenoide assenti; ectopterigoidei privi di denti; 6-8 raggi branchiostegi; scaglie normalmente cicloidi, raramente ctenoidi; vescica gassosa priva di dotto pneumatico. Nelle classificazioni più recenti questo ordine costituisce un raggruppamento molto più omogeneo di quanto non fosse in precedenza, essendo stati separati il sottordine Ophidioidei, riconosciuto come ordine a se stante, e il sottordine Zoarcoidei, attribuito ai Perciformi. Sono noti fossili di Gadiformi a partire dall inizio del Terziario inferiore, trovati in depositi marini. Vari Gadiformi rivestono un notevole interesse commerciale legato alla pesca. L ordine è composto da 12 famiglie e quasi 500 specie; di queste ultime solo due vivono nelle acque dolci e una di esse, appartenente alla famiglia Gadidae, fa parte della fauna italiana. GADIDI GADIDAE Da una a tre pinne dorsali ed una-due pinne anali. Mandibola generalmente provvista di un singolo barbiglio. Vomere provvisto di denti. Vescica gassosa priva di processi anteriori e non collegata con le capsule uditive. La famiglia comprende circa 30 specie suddivise in due sottofamiglie, Gadinae e Lotinae, distribuite principalmente nell emisfero settentrionale, dal Polo all Equatore; l Atlantico è l area che mostra la maggiore diversità del gruppo. L unica specie adattata alla vita nelle acque dolci, appartenente al genere Lota della sottofamiglia Lotini, ha un ampia distribuzione in Eurasia e in America settentrionale ed è presente anche in Italia. 145

147 BOTTATRICE Lota lota (Linnaeus, 1758) Sistematica Ordine: Gadiformi Famiglia: Gadidi Geonemia È una specie ad ampissima distribuzione nelle acque interne dell emisfero settentrionale; è presente in tutta l Europa centrale e in gran parte di quella settentrionale. In Italia il suo areale comprende la fascia centrale della regione prealpina, dal Fiume Toce al Lago di Garda; nella seconda metà dell Ottocento è stata immessa in alcuni laghi del Trentino. È stata avanzata l ipotesi che tutte le popolazioni presenti a sud dell arco alpino abbiano avuto origine da materiale introdotto in epoche passate; non ci risulta però che questa ipotesi sia fondata su elementi certi, per cui riteniamo indigene le popolazioni italiane. Habitat La Bottatrice è un pesce che predilige le acque limpide e fredde dei laghi oligotrofici; vive anche nei tratti più profondi dei fiumi, e in Europa settentrionale è 146

148 rinvenibile anche nelle acque salmastre dei laghi costieri. In Italia gli ambienti occupati da questa specie sono i grandi laghi prealpini, dove vive soprattutto nelle zone profonde, e i piccoli laghi alpini; il suo rinvenimento nelle acque correnti è occasionale, e riguarda soprattutto gli immissari e gli emissari dei bacini lacustri. Biologia È un pesce bentonico di taglia media (nei nostri laghi la lunghezza totale arriva normalmente a 60 cm, e il peso a circa 3 kg; notizie riferibili a popolazioni della Siberia riportano lunghezze massime di un metro e peso di kg), attivo durante le ore notturne. Possiede delle scaglie molto piccole, coperte da uno spesso strato di muco, e un singolo barbiglio sulla parte inferiore della bocca che funziona da organo di senso durante la ricerca del cibo. Scarse sono le conoscenze sulla biologia delle popolazioni italiane, per cui una parte dei dati riportati si riferisce a popolazioni dell Europa centro-settentrionale. Vive normalmente anni e presenta accrescimento piuttosto rapido, potendo arrivare a cm al 1 anno, e cm ( g di peso) al 3. La Bottatrice è carnivora: allo stadio giovanile e subadulto si nutre di crostacei (Gammarus, isopodi e cladoceri), molluschi (sia lamellibranchi che gasteropodi), larve di insetti (tricotteri, efemerotteri, ecc) e piccoli pesci (come Alborelle e Cagnette); gli esemplari di taglia maggiore si nutrono soprattutto di pesci. È nota inoltre l abitudine di questa specie di nutrirsi delle uova di altri pesci. I giovani svolgono la loro attività soprattutto nelle acque poco profonde in prossimità delle rive; gli adulti occu- pano prevalentemente le aree a profondità maggiore, che nei laghi sono comprese fra i 30 e i 200 metri. La maturità sessuale viene raggiunta a due-tre anni, raramente a 4; non c è dimorfismo sessuale. La riproduzione ha luogo nei mesi freddi, tra novembre e marzo, soprattutto su fondali ghiaiosi e sabbiosi; questi vengono ricercati sia nei laghi che nei fiumi immissari. Ciascuna femmina depone da a di uova, in relazione alla taglia. Le uova hanno una goccia oleosa, che gli fa avere un peso specifico simile a quello dell acqua dolce; restano così libere e fluttuanti presso il fondo (nei Gadidi marini grazie alla goccia oleosa le uova sono invece pelagiche). I piccoli pesci misurano alla nascita solo 3 mm; consumato il sacco vitellino, si disperdono nella massa d acqua e iniziano a nutrirsi di plancton; le abitudini bentoniche vengono assunte dopo alcuni mesi. Rapporti con l uomo e conservazione In gran parte del suo areale la Bottatrice è oggetto di pesca; vengono consumate le carni, considerate pregiate, ma anche il fegato e le uova; in Siberia viene utilizzata in vario modo anche la pelle. In Italia la specie non riveste importanza commerciale, ma viene comunque pescata nei grandi laghi prealpini. L esiguità delle informazioni sullo stato e la consistenza delle popolazioni italiane, non consente di evidenziare in modo preciso se e quali attività antropiche minacciano la Bottatrice. Sono indispensabili studi che colmino almeno in parte le lacune evidenziate. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1991; Muus e Dahlström,

149 MUGILIFORMI MUGILIFORMES Quest ordine, così come i seguenti, appartiene al superordine Acanthopterygii, il più evoluto fra i Teleostei e composto da circa specie raggruppate in 250 famiglie; il taxon è caratterizzato, tra l altro, dall avere una maggiore mobilità della mascella superiore rispetto agli altri Teleostei, dovuta principalmente alla presenza di un processo ascendente ben sviluppato sui premascellari. Seguendo la classificazione di Nelson (1994), gli Acantotterigi vengono suddivisi in tre serie: i Mugilomorpha, con il solo ordine Mugiliformes; gli Atherinomorpha, cui appartengono gli Atheriniformes e i Cyprinodontiformes; i Percomorpha, cui appartengono i Gasterosteiformes, gli Scorpaeniformes, i Perciformes e i Pleuronectiformes. I Mugiliformi, che in classificazioni precedenti venivano compresi nei Perciformi, si compongono della sola famiglia Mugilidae e perciò i caratteri dell ordine coincidono con quelli della famiglia. MUGILIDI MUGILIDAE Corpo fusiforme, ricoperto di grandi scaglie cicloidi o di scaglie ctenoidi debolmente dentellate. Capo massiccio e appiattito dorsalmente; parte superiore del capo e regione predorsale con scaglie solcate da una o più fossette lineari. Bocca piccola, in posizione mediana; mandibola con tubercolo sulla sinfisi che va ad alloggiare in un incavo della mascella superiore. Premascellari protrattili; osso sopramascellare assente. Denti labiali piccoli, setoliformi, con una o più cuspidi. La dentatura può mancare, oppure non estendersi al vomere e ai palatini. Occhi parzialmente ricoperti da una palpebra adiposa. Due coppie di fossette nasali sono poste tra gli occhi e l estremità cefalica, in posizione latero-dorsale: le anteriori sono di forma circolare, le posteriori sono più grandi e di forma arcuata. Opercolo privo di spine. Pseudobranchie presenti. Denti faringei robusti. Numerose branchiospine lunghe e sottili, il cui numero aumenta con l età. Faringe e branchiospine svolgono funzione di apparato filtrante utile all alimentazione. Membrane branchiosteghe non saldate all istmo e provviste di 5-6 raggi. Due pinne dorsali nettamente distanziate: la prima è sostenuta da 4 raggi spiniformi, di cui l ultimo è più corto e più distanziato dagli altri; la seconda ha un raggio spiniforme e 8 raggi molli. Pinna anale con 2-3 raggi spiniformi e 8-11 raggi molli. Pinne pettorali brevi e inserite piuttosto in alto. Pinne ventrali in posizione addominale. Cinto pelvico unito alle ossa postcleitrali. Linea laterale assente. Presenza di un ampia vescica gassosa. Stomaco con pareti spesse e muscolose, munito di varie appendici piloriche; intestino molto lungo. I cefali o muggini, nomi comuni con i quali vengono indicati i Mugilidi, sono pesci cosmopoliti, tipici abitanti delle acque marine costiere e delle acque interne estuariali e lagunari. Sono capaci di vivere entro un ampia escursione di valori dei parametri ambientali, tollerando generalmente anche acque poco ossigenate e inquinate. La riproduzione avviene in mare, mentre le forme giovanili svolgono la fase trofica in acque interne costiere; alcune specie risalgono il corso dei fiumi per lunghi 148

150 tratti. La famiglia, che riveste interesse commerciale legato alla pesca, comprende 17 generi e circa 80 specie; dell ittiofauna delle acque interne italiane fanno parte 5 specie, classificate in tre generi: Mugil, Liza e Chelon. Chiave per il riconoscimento dei generi 1. Palpebra adiposa molto sviluppata e ben evidente; due ciechi pilorici Mugil - Palpebra adiposa ridotta o non evidente; più di due ciechi pilorici Labbro superiore grosso, con almeno una serie di papille corneificate nella sua parte inferiore... Chelon - Labbro superiore sottile, senza papille corneificate... Liza 149

151 Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Liza 1. Normalmente 2-5 fossette nelle scaglie dorsali; una macchia dorata presente sull opercolo, quasi sempre frammentata; nei giovani i ciechi pilorici sono divisi in due gruppi di diversa lunghezza... L. saliens - Una sola fossetta nelle scaglie dorsali; la macchia dorata sull opercolo, quando è evidente, non è frammentata; nei giovani i ciechi pilorici non sono nettamente divisi in due gruppi di diversa lunghezza Presenza di piccole scaglie tra le narici; macchia dorata sull opercolo pochissimo evidente; macchia pettorale scura presente; pinne pettorali con processo ascellare; nei giovani i ciechi pilorici sono di lunghezza circa uguale... L. ramada - Assenza di piccole scaglie tra le narici; macchia dorata sull opercolo evidente e non frammentata; macchia pettorale assente; pinne pettorali senza processo ascellare; nei giovani i ciechi pilorici sono di lunghezza diversa... L. aurata 150

152 CEFALO Mugil cephalus Linnaeus, 1758 Sistematica Ordine: Mugiliformi Famiglia: Mugilidi Geonemia È diffuso in tutti gli oceani ed è presente nell intero bacino del Mar Mediterraneo e nel Mar Nero. Nel nostro paese è una delle specie più comuni nelle acque costiere marine e nelle acque interne estuariali e lagunari. Habitat Il Cefalo è una specie con ampia valenza ecologica, in particolare per ciò che riguarda la temperatura e la salinità (tollera salinità comprese fra 4 e 40, preferendo comunque valori elevati). È una specie tipica della fascia costiera, sia marina che delle acque interne, dove predilige fondali molli e ricchi di vegetazione. Risale per brevi tratti il corso dei fiumi; in mare si spinge raramente a profondità maggiori di 200 m. Biologia È un pesce gregario di taglia media (la lunghezza totale massima è di circa 70 cm 151

153 e il peso può superare i 5 kg, risultando il Mugilide più grande del Mediterraneo), che si sposta in piccoli gruppi normalmente in acque superficiali; è in grado di compiere balzi fuori dall acqua. La riproduzione e la prima fase di sviluppo hanno luogo in mare; gli avannotti penetrano quindi nelle acque interne costiere, soprattutto lagune ed estuari, dove trovano condizioni termiche e trofiche ottimali per lo svolgimento delle fasi iniziali del ciclo biologico. La vita in questi ambienti delle acque interne, che possono essere definiti nursery areas perché particolarmente idonei all accrescimento grazie all elevata disponibilità alimentare ed alla minore pressione predatoria rispetto al mare, prosegue generalmente fino al raggiungimento della maturità sessuale. La dieta del Cefalo, così come degli altri Mugilidi, cambia in relazione alla taglia. Gli avannotti sono prevalentemente zooplanctofagi, nutrendosi soprattutto di cladoceri, copepodi e rotiferi; vengono assunti però anche piccoli organismi bentonici come nematodi, oligocheti e larve di chironomidi. Il picco massimo dell attività alimentare si ha nelle ore crepuscolari; è stato evidenziato uno sfasamento orario rispetto all alimentazione degli avannotti del Muggine musino che penetrano nelle acque interne nello stesso periodo, i quali risultano attivi soprattutto nelle ore di piena luce: viene così ridotta la competizione per la stessa risorsa negli stessi ambienti. Alla lunghezza di circa 35 mm viene abbandonato il regime zooplanctofago, per essere sostituito con una dieta composta essenzialmente di microalghe, sia bentoniche che epifitiche, di detrito vegetale, di particelle di sedimento; da queste ultime il Cefalo è in grado di selezionare materiale organico costituito da batteri, protozoi ed altri microrganismi. Il sedimento viene assunto grazie ai premascellari protrattili, portato nella regione faringo-branchiale (dove grazie a un ido- neo apparato, di cui fanno parte numerose branchiospine lunghe e sottili, ha luogo la selezione dei materiali) e quindi espulso per quanto riguarda la componente inerte. Occasionalmente la dieta si compone anche di nematodi, policheti, crostacei e molluschi. La migrazione trofica nelle acque interne ha inizio lungo le coste italiane in agosto e continua fino a dicembre, con un leggero anticipo nelle aree costiere delle regioni meridionali, da parte di avannotti che misurano mm; una seconda ondata di rimonta ha luogo in gennaio-aprile, da parte di individui di lunghezza superiore a 25 mm. In estate gli avannotti superano i 50 mm. Durante i mesi invernali si verifica un arresto della crescita. L accrescimento è piuttosto rapido nei primi due anni di vita, mentre rallenta dopo il raggiungimento della maturità sessuale. Questa viene raggiunta al 2 anno nei maschi e al 3 anno nelle femmine; non c è dimorfismo sessuale. Le femmine crescono più velocemente dei maschi: a 3-4 anni di età le prime possono superare un chilogrammo di peso, mentre i secondi arrivano al massimo a 700 g. Inoltre le femmine sembrano essere più longeve, risultando predominanti nelle classi di età più avanzate. La migrazione riproduttiva avviene in periodo diverso nelle varie regioni; in Sardegna e nelle regioni del Tirreno meridionale ha inizio a metà giugno, nelle altre aree in agosto; la riproduzione prosegue fino a metà ottobre ed ha luogo in acque marine costiere, prevalentemente nelle ore notturne. Ogni femmina viene seguita a breve distanza da parecchi maschi, riconoscibili per la taglia minore e il corpo più slanciato; al momento dell emissione delle uova, i maschi affiancano la femmina ed operano la fecondazione. La maturazione degli ovari è sincrona, per cui si ha un unica deposizione per ogni stagione riproduttiva. La fecondità è elevata e au- 152

154 menta con la taglia: il numero di uova prodotte da ciascuna femmina è di per ogni chilogrammo di peso. Le uova sono provviste di una goccia oleosa che le rende pelagiche. Rapporti con l uomo e conservazione I Mugilidi sono pesci oggetto di largo consumo; vengono pescati sia dai pescatori professionisti che sportivi, ed allevati soprattutto in forma estensiva e semintensiva. All interno della famiglia, il Cefalo è la specie più pregiata e maggiormente utilizzata in piscicoltura, sia per il rapido accrescimento che per la migliore qualità delle carni. Per il ripopolamento delle valli e degli altri ambienti d allevamento vengono utilizzati esclusivamente avannotti raccolti in natura (la riproduzione artificiale è tecnicamente possibile, ma finora viene praticata solo in ambito sperimentale e non risulta economicamente vantaggiosa); questo è uno dei fattori che hanno determinato il depauperamento delle popolazioni naturali, particolarmente evidente in questa specie rispetto agli altri Mugilidi. Altro fattore di minaccia è l inquinamento: questo tipo di alterazione ambientale danneggia gli embrioni e i primi stadi giovanili nelle acque marine costiere, e i successivi stadi giovanili nelle lagune e negli estuari. Gli adulti risultano invece molto resistenti, e possono vivere anche in ambienti fortemente inquinati. Il Cefalo è una delle specie oggetto del Regolamento n 1626/94 del Consiglio dell UE che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel Mediterraneo ; oltre che a restrizioni nelle modalità di pesca, nell allegato IV è riportata la taglia minima di cattura: 16 cm. In considerazione dell ampissima diffusione, che comprende anche tutte le nostre acque costiere, e dell ampia valenza ecologica che gli consente di tollerare diversi tipi di alterazione ambientale, il Cefalo non è una specie a rischio. Nel bacino del Mediterraneo, gli interventi di conservazione a favore di questo pesce interessano principalmente due aspetti: la regolamentazione in senso più restrittivo dell attività di cattura degli avannotti da destinare alla piscicoltura e al ripopolamento; il controllo dell inquinamento delle acque marine costiere, così come di quelle estuariali e lagunari. Circa gli ambienti delle acque interne che svolgono la funzione di nursery areas sono auspicabili misure di protezione di più ampia portata. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1991; Rossi et al.,

155 MUGGINE CALAMITA Liza ramada (Risso, 1826) Sistematica Ordine: Mugiliformi Famiglia: Mugilidi Geonemia È presente nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero e lungo le coste dell Oceano Atlantico, dalla Scandinavia meridionale (dove risulta però raro) al Marocco. Nel nostro paese è una delle specie più comuni nelle acque costiere marine e nelle acque interne estuariali e lagunari. dolce (dove talvolta viene introdotto). Sia in mare che nelle acque interne, predilige fondali molli e ricchi di vegetazione. Biologia È un pesce gregario di taglia media (la lunghezza totale massima è di circa 60 Habitat Il Muggine calamita è una specie con ampia valenza ecologica, in particolare per ciò che riguarda la temperatura e la salinità. Fra i Mugilidi italiani è quello che tollera meglio bassi valori di salinità; ciò gli consente di risalire per ampi tratti i corsi d acqua e di vivere anche in laghi d acqua 154

156 cm, anche se questo limite viene raggiunto solo in casi eccezionali). La riproduzione e la prima fase di sviluppo hanno luogo in mare; gli avannotti penetrano quindi nelle acque interne costiere, soprattutto lagune ed estuari. La vita in questi ambienti, che svolgono la funzione di nursery areas (vedi testo relativo al Cefalo), prosegue generalmente fino al raggiungimento della maturità sessuale; sono però possibili migrazioni di svernamento in mare. La dieta di questo Mugilide cambia in relazione alla taglia, così come nelle altre specie che compongono la famiglia. Gli avannotti sono prevalentemente zooplanctofagi, nutrendosi soprattutto di copepodi, cirripedi, rotiferi, larve di policheti e di insetti; l assunzione di cibo avviene quasi esclusivamente nelle ore diurne. Alla lunghezza di 3-4 cm la frazione zooplanctonica della dieta si riduce per far posto a componenti bentoniche, sia animali (come nematodi e copepodi arpacticoidi) che vegetali (diatomee). Successivamente la dieta è composta principalmente di microalghe, detrito organico e particelle di sedimento (il meccanismo di assunzione di cibo dal sedimento è simile a quello del Cefalo: vedi testo relativo a questa specie); uno studio sulla granulometria delle particelle ingerite ha mostrato che il Muggine calamita, fra le diverse specie di Mugilidi delle nostre acque, seleziona la porzione più fine del sedimento. Gli avannotti, che appena pescati presentano tipici riflessi color rame, compiono la migrazione trofica nelle acque interne durante un periodo piuttosto lungo che varia però nelle diverse regioni: sia nelle coste tirreniche che adriatiche, i piccoli pesci compaiono nelle acque estuariali e lagunari già nei primi mesi dell autunno. La rimonta prosegue quindi fino alla primavera, con un massimo fra gennaio e marzo; quest ultimo periodo di migrazione interessa probabilmente i giovani individui che hanno svernato in mare. Al momento dell ingresso nelle acque interne gli avannotti misurano circa 20 mm, mentre a maggio la lunghezza è di mm. Il Muggine calamita ha una crescita piuttosto lenta; l accrescimento è stagionale risultando massimo nel periodo primaverile ed estivo, mentre si arresta nei mesi più freddi. Al termine del 1 anno la lunghezza è di circa 15 cm; al 3-4 anno il peso non supera g. La maturità sessuale viene raggiunta normalmente al 2 anno di età, quando la lunghezza è di 25 cm circa nei maschi e poco più nelle femmine. Il dimorfismo sessuale riguarda la taglia, più piccola nei maschi, e lo sbocco uro-genitale, che è unico nei maschi e con due distinte aperture nelle femmine. La riproduzione ha luogo fra settembre e dicembre. Le modalità riproduttive sono simili a quelle del Cefalo (vedi testo relativo a questa specie). Le uova sono provviste di una goccia oleosa che le rende pelagiche. Rapporti con l uomo e conservazione I Mugilidi sono pesci oggetto di largo consumo; vengono pescati sia dai pescatori professionisti che sportivi, ed allevati soprattutto in forma estensiva e semintensiva. Questa specie ha comunque una modesta importanza commerciale, per la mediocre qualità delle carni e per il lento accrescimento. Il principale fattore di minaccia è l inquinamento, che danneggia gli embrioni e i primi stadi giovanili nelle acque marine costiere, e i successivi stadi giovanili nelle lagune e negli estuari; gli adulti risultano invece molto resistenti, e possono vivere anche in ambienti fortemente inquinati. Il Muggine calamita è una delle specie oggetto del Regolamento n 1626/94 del Consiglio dell UE che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel Mediterraneo ; oltre che a restrizioni nelle modalità di pesca, nell al- 155

157 legato IV è riportata la taglia minima di cattura: 16 cm. In considerazione dell ampia diffusione, che comprende anche tutte le nostre acque costiere, e dell ampia valenza ecologica che gli consente di tollerare diversi tipi di alterazione ambientale, il Muggine calamita non è una specie a rischio. Nel bacino del Mediterraneo, gli interventi di conservazione a favore di questo pesce interessano principalmente il controllo dell inquinamento delle acque marine costiere, così come di quelle estuariali e lagunari. Circa gli ambienti delle acque interne che svolgono la funzione di nursery areas sono auspicabili misure di protezione di più ampia portata. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al.,

158 MUGGINE DORATO Liza aurata (Risso, 1810) Sistematica Ordine: Mugiliformi Famiglia: Mugilidi Geonemia È presente nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero e lungo le coste dell Oceano Atlantico, dalla Scandinavia meridionale (dove risulta però molto raro) al Senegal (dove è raro); è stato introdotto nel Mar Caspio. Nel nostro paese è una delle specie più comuni nelle acque costiere marine e nelle acque interne estuariali e lagunari. Habitat Il Muggine dorato è una specie con discreta valenza ecologica; fra i Mugilidi italiani è quello che tollera meno le variazioni di temperatura e di salinità: nel Delta del Po, ad esempio, la grandissima parte degli individui vive a temperature di 7,5-17,5 C e valori di salinità compresi fra 10 e 20. È una specie tipica della fascia costiera, sia marina che delle acque interne, dove predilige fondali molli e ricchi di vegetazione. 157

159 Biologia È un pesce gregario di taglia media (la lunghezza totale massima è di circa 50 cm). La riproduzione e la prima fase di sviluppo hanno luogo in mare, dove i giovani Muggini dorati permangono per un periodo più lungo rispetto alle altre specie della stessa famiglia; gli avannotti penetrano quindi nelle acque interne costiere, soprattutto lagune ed estuari. Questi ambienti svolgono la funzione di nursery areas (vedi testo relativo al Cefalo); nei mesi estivi, in corrispondenza dell innalzamento della temperatura, questo Mugilide torna però in mare. La dieta del Muggine dorato cambia in relazione alla taglia, così come nelle altre specie che compongono la famiglia. Gli avannotti sono prevalentemente zooplanctofagi, ma quando la lunghezza supera i mm la dieta viene integrata con componenti meio- e macrobentoniche, oltre ad elementi vegetali e sedimento. Gli adulti, così come gli altri Mugilidi, si nutrono di alghe, detrito e sedimento (il meccanismo di assunzione di cibo dal sedimento è simile a quello del Cefalo: vedi testo relativo a questa specie). Gli avannotti compiono la migrazione trofica nelle acque interne durante un periodo piuttosto lungo: osservazioni compiute in molte aree tirreniche, adriatiche e delle isole maggiori, segnalano la comparsa dei piccoli pesci già in ottobre; scarsa è la rimonta nel periodo invernale, mentre in primavera, con un picco in marzo e aprile, si verifica il massimo afflusso. La scarsa rimonta nei periodi più freddi può essere spiegata con la bassa euritermia di questa specie: gli avannotti si tratterrebbero in mare fino al ristabilirsi di condizioni termine favorevoli nelle acque interne. I giovani pesci che entrano nelle lagune e negli estuari in autunno misurano circa 25 mm; fra marzo e maggio la lunghezza è di circa 35 mm, mentre a luglio supera i 55 mm. L accrescimento è stagionale, risultando massimo nel periodo primaverile-estivo, e complessivamente piuttosto lento; a 3-4 anni di età viene raggiunto il peso di 300 g circa. I maschi crescono meno delle femmine. La maturità sessuale viene raggiunta a un età variabile, condizionata dalla taglia che deve essere compresa fra 20 e 30 cm; i maschi possono essere maturi un anno prima delle femmine. La riproduzione ha luogo fra settembre e novembre. Le modalità riproduttive sono simili a quelle del Cefalo (vedi testo relativo a questa specie). Le uova sono provviste di una goccia oleosa che le rende pelagiche. Rapporti con l uomo e conservazione I Mugilidi sono pesci oggetto di largo consumo; vengono pescati sia dai pescatori professionisti che sportivi, ed allevati soprattutto in forma estensiva e semintensiva. Tra le specie del genere Liza, il Muggine dorato è quella che ha il maggiore valore commerciale. Il principale fattore di minaccia è l inquinamento, che danneggia in particolare gli embrioni e i primi stadi giovanili nelle acque marine costiere, e i successivi stadi giovanili nelle lagune e negli estuari. Il Muggine dorato è una delle specie oggetto del Regolamento n 1626/94 del Consiglio dell UE che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel Mediterraneo ; oltre che a restrizioni nelle modalità di pesca, nell allegato IV è riportata la taglia minima di cattura: 16 cm. In considerazione dell ampia diffusione, che comprende anche tutte le nostre acque costiere, e dell ampia valenza ecologica, il Muggine dorato non è una specie a rischio. Nel bacino del Mediterraneo, gli interventi di conservazione a favore di questo pesce interessano principalmen- 158

160 te il controllo dell inquinamento delle acque marine costiere, così come di quelle estuariali e lagunari. Circa gli ambienti delle acque interne che svol- gono la funzione di nursery areas sono auspicabili misure di protezione di più ampia portata. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al.,

161 MUGGINE MUSINO Liza saliens (Risso, 1810) Sistematica Ordine: Mugiliformi Famiglia: Mugilidi Geonemia È presente nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero e lungo le coste dell Oceano Atlantico, dal Golfo di Guascogna al Marocco; è stato introdotto nel Mar Caspio. Nel nostro paese è una delle specie più comuni nelle acque costiere marine e nelle acque interne estuariali e lagunari. Habitat Il Muggine musino è una specie con ampia valenza ecologica, in particolare per ciò che riguarda la temperatura e la salinità (nelle acque interne tollera temperature comprese fra 5 e 27 C e valori di salinità compresi fra 11 e 28 ). È una specie tipica della fascia costiera, sia marina che delle acque interne, dove predilige fondali molli e ricchi di vegetazione. Biologia È un pesce gregario di taglia media (la lunghezza totale massima è di circa 40 cm). La riproduzione e la prima fase di 160

162 sviluppo hanno luogo in mare; gli avannotti penetrano quindi nelle acque interne costiere, soprattutto lagune ed estuari. La vita in questi ambienti, che svolgono la funzione di nursery areas (vedi testo relativo al Cefalo), prosegue generalmente fino al raggiungimento della maturità sessuale; sono però possibili migrazioni di svernamento in mare. La dieta di questo Mugilide cambia in relazione alla taglia, così come nelle altre specie che compongono la famiglia. Gli avannotti sono prevalentemente zooplanctofagi; alla lunghezza di 3-4 cm la frazione zooplanctonica si riduce per far posto a componenti bentoniche. L attività alimentare delle forme giovanili è massima nelle ore diurne; è stato evidenziato uno sfasamento orario rispetto all alimentazione degli avannotti di Cefalo che penetrano nelle acque interne nello stesso periodo, i quali risultano attivi soprattutto nelle ore crepuscolari: viene così ridotta la competizione per la stessa risorsa negli stessi ambienti. Oltre i 55 mm la dieta si compone di alghe filamentose, diatomee, sedimento e detrito organico, a cui si aggiungono nematodi, policheti, bivalvi e anche una piccola frazione di zooplancton costituita da naupli di copepodi, cirripedi e larve di gasteropodi. Negli adulti la dieta è composta principalmente di microalghe, detrito organico e particelle di sedimento (il meccanismo di assunzione di cibo dal sedimento è simile a quello del Cefalo: vedi testo relativo a questa specie). Gli avannotti compiono la migrazione trofica nelle acque interne durante un periodo piuttosto lungo: sia nelle coste tirreniche che adriatiche la rimonta inizia in luglio e prosegue per tutta l estate e l autunno; è nota anche una rimonta nei mesi primaverili: si tratta dei piccoli pesci nati al termine della stagione riproduttiva e, in parte, di avannotti migrati temporaneamente in mare per evitare le basse temperature invernali delle acque interne. Il Muggine musino ha una crescita piuttosto lenta e, tra i Mugilidi che penetrano nelle lagune e negli estuari, è quello che raggiunge le dimensioni minori. Gli avannotti che rimontano in estate misurano circa 15 mm, e raggiungono lunghezze superiori ai 40 mm in dicembre; quelli che rimontano più tardi vanno invece incontro rapidamente a un arresto della crescita, e in dicembre misurano poco più di 20 mm. A 3-4 anni di età il peso è di circa 300 g; i maschi si accrescono meno delle femmine e non superano i 28 cm circa di lunghezza. La maturità sessuale viene raggiunta normalmente al 2 anno di età nei maschi, al 3 anno nelle femmine; è possibile però che venga raggiunta un anno prima da parte degli individui che penetrano precocemente nelle lagune e negli estuari. Il dimorfismo sessuale riguarda solo la taglia, più piccola nei maschi. La riproduzione ha luogo, probabilmente in stretta prossimità della costa, in un lungo periodo normalmente compreso tra giugno e agosto; può però prolungarsi fino all inizio dell autunno. Le modalità riproduttive sono simili a quelle del Cefalo (vedi testo relativo a questa specie). Le uova sono provviste di una goccia oleosa che le rende pelagiche. Rapporti con l uomo e conservazione I Mugilidi sono pesci oggetto di largo consumo; vengono pescati sia dai pescatori professionisti che sportivi, ed allevati soprattutto in forma estensiva e semintensiva. Questa specie ha comunque un modesto valore commerciale. Il principale fattore di minaccia è l inquinamento, che danneggia in particolare gli embrioni e i primi stadi giovanili nelle acque marine costiere, e i successivi stadi giovanili nelle lagune e negli estuari. Il Muggine musino è una delle specie oggetto del Regolamento n 1626/94 del 161

163 Consiglio dell UE che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel Mediterraneo ; oltre che a restrizioni nelle modalità di pesca, nell allegato IV è riportata la taglia minima di cattura: 16 cm. In considerazione dell ampia diffusione, che comprende anche tutte le nostre acque costiere, e dell ampia valenza ecologica, il Muggine musino non è una specie a rischio. Nel bacino del Mediterraneo, gli interventi di conservazione a favore di questo pesce interessano principalmente il controllo dell inquinamento delle acque marine costiere, così come di quelle estuariali e lagunari. Circa gli ambienti delle acque interne che svolgono la funzione di nursery areas sono auspicabili misure di protezione di più ampia portata. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al.,

164 MUGGINE LABBRONE Chelon labrosus (Risso, 1826) Sistematica Ordine: Mugiliformi Famiglia: Mugilidi Geonemia È presente nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero e lungo le coste dell Oceano Atlantico, dalla Scandinavia al Senegal. Nel nostro paese è una delle specie più comuni nelle acque costiere marine e nelle acque interne estuariali e lagunari. Biologia È un pesce gregario di taglia media (la lunghezza totale massima è di circa 60 cm e il peso arriva a 2,5 kg). La riproduzione e la prima fase di sviluppo hanno luogo in mare; gli avannotti penetrano quindi nelle acque interne costiere, soprattutto lagune ed estuari. Questi ambienti svol- Habitat Il Muggine labbrone è una specie con ampia valenza ecologica, in particolare per ciò che riguarda la temperatura e la salinità (nelle acque interne tollera temperature comprese fra 4 e 37 C, e può vivere anche in acqua dolce). È una specie tipica della fascia costiera, sia marina che delle acque interne, dove predilige fondali molli e ricchi di vegetazione. 163

165 gono la funzione di nursery areas (vedi testo relativo al Cefalo); nei mesi estivi, in corrispondenza con l innalzamento della temperatura, il Muggine labbrone torna però in mare. La dieta di questo Mugilide cambia in relazione alla taglia, così come nelle altre specie che compongono la famiglia. Gli avannotti sono prevalentemente zooplanctofagi; l assunzione di cibo avviene principalmente nelle ore mattutine e intorno al tramonto. Alla lunghezza di 3-4 cm viene abbandonato il regime zooplanctofago, per essere sostituito con una dieta composta principalmente di microalghe, detrito organico e particelle di sedimento (il meccanismo di assunzione di cibo dal sedimento è simile a quello del Cefalo: vedi testo relativo a questa specie). La migrazione trofica degli avannotti nelle acque interne varia nelle diverse regioni, ed ha luogo nella gran parte delle aree fra aprile e giugno; nelle lagune e negli estuari la permanenza è però breve perché, dopo una fase di rapido accrescimento, i giovani pesci tornano in mare nel pieno dell estate quando la temperatura dell acqua raggiunge i valori più alti. In aprile-maggio gli avannotti misurano circa 20 mm, mentre in giugno-luglio superano già la lunghezza di 50 mm. La maturità sessuale è raggiunta al 2 o al 3 anno di età, a una lunghezza di 30 cm circa nei maschi e 35 cm circa nelle femmine; non c è dimorfismo sessuale. L accrescimento è piuttosto rapido; le femmine crescono più velocemente dei maschi. La riproduzione ha luogo durante un periodo relativamente breve, compreso tra la metà di febbraio e aprile, in acque marine costiere. Le modalità riproduttive sono simili a quelle del Cefalo (vedi testo relativo a questa specie). Le uova sono provviste di una goccia oleosa che le rende pelagiche. Rapporti con l uomo e conservazione I Mugilidi sono pesci oggetto di largo consumo; vengono pescati sia dai pescatori professionisti che sportivi, ed allevati soprattutto in forma estensiva e semintensiva. All interno della famiglia, il Muggine labbrone è una delle specie di maggiore interesse economico, sia per il rapido accrescimento che per la buona qualità delle carni. Per il ripopolamento delle valli e degli altri ambienti d allevamento vengono utilizzati esclusivamente avannotti raccolti in natura (la riproduzione artificiale è tecnicamente possibile, ma finora viene praticata solo in ambito sperimentale e non risulta economicamente vantaggiosa); questo è uno dei fattori che hanno determinato il depauperamento delle popolazioni naturali. Altro fattore di minaccia è l inquinamento: questo tipo di alterazione ambientale danneggia gli embrioni e i primi stadi giovanili nelle acque marine costiere, e i successivi stadi giovanili nelle lagune e negli estuari. Gli adulti risultano invece molto resistenti, e possono vivere anche in ambienti fortemente inquinati. Il Muggine labbrone è una delle specie oggetto del Regolamento n 1626/94 del Consiglio dell UE che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel Mediterraneo ; oltre che a restrizioni nelle modalità di pesca, nell allegato IV è riportata la taglia minima di cattura: 16 cm. In considerazione dell ampia diffusione, che comprende anche tutte le nostre acque costiere, e dell ampia valenza ecologica che gli consente di tollerare diversi tipi di alterazione ambientale, il Muggine labbrone non è una specie a rischio. Nel bacino del Mediterraneo, gli interventi di conservazione a favore di questo pesce interessano principalmente due aspetti: la regolamentazione in senso più restrittivo dell attività di cattura degli avannotti da 164

166 destinare alla piscicoltura e al ripopolamento; il controllo dell inquinamento delle acque marine costiere, così come di quelle estuariali e lagunari. Circa gli am- bienti delle acque interne che svolgono la funzione di nursery areas sono auspicabili misure di protezione di più ampia portata. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al.,

167 ATERINIFORMI ATHERINIFORMES Gli Ateriniformi, insieme ai Ciprinodontiformi e a un altro ordine, costituiscono la serie Atherinomorpha caratterizzata da una peculiare struttura della mascella superiore protrusibile, dall assenza di spine o dentellature al margine dell opercolare e del preopercolare, dall assenza dell orbitosfenoide. La maggior parte degli Aterinomorfi si alimentano alla superficie dell acqua, e circa il 75% delle specie vive nelle acque interne dolci o salmastre. L ordine è caratterizzato dai seguenti elementi: due pinne dorsali normalmente presenti, di cui la prima meno sviluppata e sostenuta da sottili e flessibili raggi spiniformi; primo raggio della pinna anale generalmente spiniforme; linea laterale pochissimo o affatto evidente; 4-7 raggi branchiostegi; ossa parietali normalmente presenti. Le quasi 300 specie di Ateriniformi vengono suddivise in tre sottordini, fra cui quello degli Atherinoidei; ad esso appartiene la famiglia Atherinidae, con una specie della nostra ittiofauna. ATERINIDI ATHERINIDAE Corpo generalmente allungato e compresso in senso laterale. Bocca in posizione mediana o supera. Scaglie cicloidi. Linea laterale assente. Due pinne dorsali ben separate fra loro, la prima delle quali sostenuta da 3-9 sottili raggi spiniformi. Pinna anale con il primo raggio spiniforme. Pinne pettorali inserite piuttosto in alto. Pinne ventrali poco sviluppate, in posizione addominale. Pinna caudale nettamente biloba. Presenza di piccoli denti sulle mascelle, talvolta anche sul vomere e sui palatini. Ossa pelviche separate dai cleitri. Assenza di ciechi pilorici. La famiglia, di cui si conoscono fossili a partire dall Eocene inferiore, comprende circa 25 generi con oltre 150 specie attuali distribuite prevalentemente nelle acque marine costiere e nelle acque interne prossime al mare delle zone tropicali e temperate. Alla sottofamiglia Atherininae appartiene il genere Atherina, nel quale è classificata l unica specie indigena nelle acque interne italiane. 166

168 LATTERINO Atherina boyeri Risso, 1810 Sistematica Ordine: Ateriniformi Famiglia: Aterinidi Secondo Kottelat (1997), che interpreta dati morfologici e morfometrici di altri autori ispirandosi al concetto filogenetico di specie, i latterini dell area mediterranea tradizionalmente classificati come Atherina boyeri, specie ampiamente eurialina capace di vivere in una grande varietà di ambienti, appartengono a due specie diverse: A. boyeri, comprendente le sole popolazioni delle acque interne; A. mochon, comprendente le popolazioni marine. Da parte nostra, in assenza di prove sull isolamento riproduttivo e di chiare differenze biologiche fra i due gruppi, continuiamo a considerare i latterini delle acque marine costiere e quelli delle acque interne come un unica specie. Essa è polimorfica e presenta una grande variabilità nei caratteri, sia morfologici che biologici (vedi Tortonese, 1975). Geonemia È presente nelle acque costiere del Mar Mediterraneo, nelle acque costiere nord-africane ed europee dell Oceano Atlantico, nel Mar Nero (con la sottospecie pontica), nel Mar Caspio e nel Mare d Aral (con la sottospecie caspia). In Italia 167

169 è comune in tutti i mari e in tutte le acque interne costiere; è inoltre presente, con popolazioni acclimatate, in vari bacini d acqua dolce (come ad esempio il Lago Trasimeno e alcuni laghi vulcanici del Lazio). Habitat Il Latterino è una specie con ampia valenza ecologica, in particolare per ciò che riguarda la temperatura e la salinità; ciò gli consente di vivere in diversi tipi di ambiente: acque marine costiere, estuari e laghi costieri salmastri, tratti bassi dei corsi d acqua, laghi interni d acqua dolce (dove esistono popolazioni acclimatate). Predilige acque poco correnti e ricche di vegetazione, sufficientemente limpide e ossigenate. Biologia È un pesce gregario di piccola taglia (la lunghezza totale massima nell area mediterranea è di circa 12 cm), che vive in gruppi numericamente consistenti. Presenta un ampia variabilità nei caratteri morfometrici e meristici, propria di una specie estremamente polimorfa. Le caratteristiche del suo ciclo vitale sono tipiche di una specie adatta a vivere in ambienti instabili (come quelli estuariali e lagunari): precoce raggiungimento della maturità sessuale, alta mortalità, estesa stagione riproduttiva e deposizione a più riprese dei gameti. Quest ultimo carattere biologico può consentire un qualche successo riproduttivo, almeno di una parte dei riproduttori, anche in presenza di drastici eventi ambientali. In una stessa area geografica possono essere presenti nuclei con diverse modalità di vita: nelle acque interne della Camargue, nella Francia meridionale, una parte dei Latterini (soprattutto esemplari con più di tre anni di età) svolge l intero ciclo biologico in stagni d acqua salmastra; un al- tra parte (esemplari con meno di tre anni di età) migra fra questi e gli ambienti d acqua dolce collegati, in cui ha luogo la riproduzione e che risultano frequentati da ottobre a luglio. L alimentazione dei giovani si basa prevalementemente su zooplancton di piccole dimensioni (larve di policheti e di molluschi, naupli di copepodi e di cirripedi), larve di ditteri e ostracodi, mentre gli adulti si nutrono di zooplancton più grande (come copepodi, cladoceri, misidiacei e larve di decapodi) e di organismi bentonici (come policheti, anfipodi, isopodi e larve di ditteri); la componente bentonica è consistente soprattutto negli ambienti lagunari con bassa profondità, ricchi di macrofite. Comparando i risultati di indagini effettuate in diversi ambienti, emerge un notevole opportunismo alimentare; in molti bacini, come ad esempio nel Lago Trasimeno, l alimentazione non subisce interruzioni nel periodo invernale. Nel primo anno l accrescimento è relativamente rapido, per calare sensibilmente in quelli successivi. L età massima raggiunta è di 4-5 anni, ma esistono popolazioni in cui non viene probabilmente superata l età di tre anni. La maturità sessuale è raggiunta normalmente al 1 anno di età, sia nei maschi che nelle femmine (alla lunghezza di 4-4,5 cm). Non c è dimorfismo sessuale, ma in varie popolazioni i maschi hanno taglia inferiore rispetto alle femmine. Il periodo riproduttivo risulta molto variabile: in alcuni ambienti (come ad esempio negli stagni e nei canali della Camargue) la deposizione dei gameti ha luogo in un unica stagione primaverile-estiva, compresa tra marzo e luglio; in altre (come ad esempio nel Lago Trasimeno) sembrano esistere due diversi periodi, uno primaverile e un altro tardo-estivo che interessa i mesi di agosto e settembre. Ciascuna femmina depone le uova ( in totale) in più riprese, risultando 168

170 così attiva per un lungo arco di tempo; le femmine di due-tre anni presentano una stagione riproduttiva più lunga rispetto a quelle di un anno. In entrambi i sessi si sviluppa solo la gonade destra. Le uova sono provviste di filamenti adesivi, grazie ai quali aderiscono al substrato. Lo sviluppo embrionale dura giorni. Rapporti con l uomo e conservazione La specie riveste una discreta importanza economica, perché oggetto di pesca professionale. In Italia la maggiore quantità di pescato riguarda le lagune salmastre dell alto Adriatico. Viene attivamente ricercato anche nei laghi d acqua dolce, dove può rappresentare una delle specie di maggiore importanza (nel Lago Trasimeno, dove è stato accidentalmente in- trodotto nel 1920, costituiva negli anni 80 oltre il 20% del pescato totale, con circa 240 t). Il Latterino è uno dei pochi pesci d acqua dolce indigeni in Italia che non è a rischio. Ciò è dovuto a un insieme di fattori favorevoli: il ciclo vitale che lo rende adatto a superare eventi ambientali distruttivi; una discreta tolleranza rispetto ad alcune tipologie di alterazione degli ecosistemi, come l inquinamento prodotto dagli scarichi urbani; l ampio areale; la possibilità di svolgere il ciclo biologico in diversi tipi di ambiente. In alcuni laghi d acqua dolce (come ad esempio nel Trasimeno) la quantità di pescato è comunque diminuita negli ultimi anni, probabilmente in seguito a un eccessivo sforzo di pesca. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Mantilacci et al., 1990; Rosecchi e Crivelli,

171 CIPRINODONTIFORMI CYPRINODONTIFORMES I Ciprinodontiformi appartengono insieme all ordine precedente alla serie Atherinomorpha. L ordine, di cui si conoscono fossili a partire dall Oligocene, è caratterizzato dai seguenti elementi: una sola pinna dorsale; pinna caudale supportata da un solo ipurale; peculiare forma del postcleitro; presenza di canali e pori della linea laterale principalmente sulla testa; orlo buccale superiore formato esclusivamente dai premascellari. La maggior parte delle specie presenta un netto dimorfismo sessuale, essendo i maschi vistosamente colorati. Quest ordine, di cui fanno parte 8 famiglie e circa 800 specie, viene suddiviso in due sottordini, tra cui quello dei Cyprinodontoidei; ad essi appartiene la famiglia Cyprinodontidae, in cui è classificata l unica specie italiana. CIPRINODONTIDI CYPRINODONTIDAE Taglia generalmente molto piccola. Bocca piccola, con una peculiare conformazione dei mascellari e spesso con una robusta mascella inferiore, adatta all alimentazione in superficie: si apre nella parte dorsale del capo ed è protrusibile. 5-7 raggi branchiosteghi. Membrane branchiali non collegate all istmo. Pinna caudale con margine posteriore dritto o arrotondato. Scaglie, quando presenti, di tipo cicloide. La famiglia è diffusa nella gran parte della fascia tropicale e temperata del pianeta, ad eccezione dell Australia. La maggior parte delle specie vive in acque dolci o salmastre, mentre alcune trovano l habitat idoneo nell ambiente marino costiero. Una sola specie del genere Aphanius, ampiamente eurialina, è indigena nelle acque interne d Italia. 170

172 NONO Aphanius fasciatus (Valenciennes, 1821) Sistematica Ordine: Ciprinodontiformi Famiglia: Ciprinodontidi In una nota della metà degli anni 90 (Lazara, 1995) il termine Aphanius, genere in cui sono tradizionalmente classificati i tre Ciprinodontidi della Regione Mediterranea, viene considerato un sinonimo più recente di Lebias; accettando tale impostazione, il nome scientifico del Nono diventerebbe Lebias fasciata. Senza entrare nel merito della questione, così come per altre specie in cui è consolidato un altro nome scientifico (Storione cobice, Alborella, Trota macrostigma e Ghiozzo padano), non riteniamo però opportuno effettuare alcun cambiamento della nomenclatura. Le motivazioni sono le seguenti: verrebbe rispolverato un termine in disuso da circa un secolo; in tutti i testi moderni di ittiologia il Nono viene denominato Aphanius fasciatus, e non ci sembra il caso di destabilizzare la situazione; con questo termine scientifico la specie è riportata in importanti convenzioni e normative internazionali riguardanti la conservazione della fauna (vedi Spagnesi e Zambotti, 2001), per cui un eventuale cambiamento genererebbe solo confusione e risulterebbe controproducente per le finalità di tutela. 171

173 Un altra questione riguarda l autore a cui attribuire la specie. Secondo Kottelat (1997), la prima descrizione valida del Nono è quella di Valenciennes, del 1821, che risulta precedente a quella di Nardo, del 1827 (autore a cui viene attribuita la specie in tutti i testi moderni sui pesci delle acque interne italiane); accettando questa precisazione, attribuiamo la specie a Valenciennes. Geonemia Ha distribuzione circum-mediterranea ed è presente nella gran parte dei paesi europei, africani e asiatici che si affacciano su questo mare. In Italia è presente, ma senza continuità, nelle regioni costiere dell alto Adriatico, dell alto e medio Tirreno, in Sardegna, in Sicilia e in Puglia. Habitat Il Nono è una specie con ampia valenza ecologica, risultando euritermo e straordinariamente eurialino. Vive in diverse tipologie ambientali, prevalentemente nelle acque interne costiere salmastre, salate e con salinità maggiore di quella marina (come ad esempio i bacini di prima evaporazione delle saline, con concentrazioni di cloruro di sodio che arrivano fino al 65 ); in Sicilia sono note popolazioni che vivono in acque fluviali. Predilige acque basse, ferme o con corrente molto lenta, localizzandosi nelle zone ripariali delle lagune e nei tratti dei corsi d acqua ricchi di vegetazione. Biologia È un pesce gregario di piccola taglia (la lunghezza totale massima raggiunta dalle femmine, che sono più grandi dei maschi, è di 7-8 cm), che vive in gruppi composti da centinaia di individui. In gran parte dell areale le varie popolazioni risultano isolate dal punto di vista geografico; ciò ha prodotto nel tempo consistenti differenze nei caratteri genetici, morfologici (riguardanti alcuni elementi scheletrici), morfometrici e meristici. L ampia valenza ecologica e alcune caratteristiche del ciclo vitale sono tipiche di una specie adatta a vivere in ambienti instabili, come quelli estuariali e lagunari; questo adattamento è provato anche dalla capacità di sopravvivere in condizioni di estrema rarefazione dell ossigeno disciolto, e di resistere a notevoli concentrazioni di idrogeno solforato. Modeste risultano le conoscenze sul ciclo biologico e sull alimentazione, e particolarmente scarsi sono i dati relativi alle popolazioni italiane. In varie popolazioni è stata riscontrata una maggiore percentuale di femmine, che sembrano essere più longeve dei maschi. La maggior parte degli individui non vive oltre due-tre anni, e la taglia più comune è così di circa 4 cm. La maturità sessuale è raggiunta al 1 anno di età, in entrambi i sessi. Il dimorfismo sessuale, oltre che nella taglia, riguarda la livrea (vedi Tavola: in alto, in basso); le differenze sono più accentuate durante il periodo riproduttivo. Quest ultimo va da marzo a giugno. Le uova, che sono provviste di filamenti adesivi, vengono deposte sul fondo e tra la vegetazione; possono essere deposte e fecondate anche in acque con salinità maggiore di quella marina. Lo sviluppo embrionale dura giorni, a seconda della temperatura dell acqua. L alimentazione si basa su piccoli invertebrati planctonici e bentonici. Rapporti con l uomo e conservazione Il Nono è presente in modo discontinuo nelle acque italiane, soprattutto in relazione alla disponibilità degli habitat idonei. In varie località non risulta minacciato e le popolazioni sono numericamente consistenti. In altre aree la specie risulta 172

174 invece in sensibile decremento, soprattutto in relazione alle alterazioni degli habitat e all inquinamento: in Sicilia centro-orientale, ad esempio, è stata documentata la scomparsa del Nono dall 85% delle stazioni monitorate fra gli anni 70 e gli anni 90 (a metà degli anni 90 restavano solo due popolazioni in buona consistenza numerica, quella del Pantano di Marina di Modica e quella del Lago di Ganzirri); sono scomparse in primo luogo le popolazioni d acqua dolce, come quella del tratto medio del Fiume Simeto e quella del bacino del Fiume Salso, ma anche alcune popolazioni viventi in laghi costieri (Ferrito e Tigano, 1996). Nelle acque dolci e in quelle con bassa salinità, il Nono è minacciato anche dalla competizione con l alloctona Gambusia; in alcuni ambienti del Delta Padano, la specie aliena ha sostituito almeno in parte quella indigena. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato vulnerabile. Aphanius fasciatus è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie particolarmente protette nella Convenzione di Berna (all. II). Gli interventi a favore di questa specie dovrebbero riguardare in primo luogo le popolazioni che vivono in ambienti d acqua dolce. Esse andrebbero monitorate e studiate negli elementi fondamentali della loro biologia ed ecologia, anche per individuare le più idonee misure di conservazione. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Cottiglia, 1980; Gandolfi et al.,

175 GASTEROSTEIFORMI GASTEROSTEIFORMES Quest ordine e i tre successivi appartengono alla serie Percomorpha, caratterizzata dalla connessione diretta o attraverso legamenti fra il cinto pelvico e il cleitro o il coracoide del cinto pettorale; non tutti gli autori concordano però sull origine monofiletica dei Percomorfi, che comprendono complessivamente 9 ordini, 229 famiglie e circa specie. I Gasterosteiformi, che secondo Nelson (1994) comprendono anche i pesci ago e i cavallucci marini classificati da altri autori in un ordine a se stante, sono noti a partire dall Eocene e vengono definiti dai seguenti elementi: cinto pettorale mai attaccato direttamente al cleitro; sopramascellare, orbitosfenoide e basisfenoide assenti; postcleitro composto da un singolo osso o assente; 1-5 raggi branchiostegi; corpo spesso rivestito da anelli o placche ossee; bocca di solito piccola. L ordine viene suddiviso in due sottordini: Gasterosteoidei, caratterizzati dalla mascella superiore protrattile, dal processo ascendente dei premascellari ben sviluppato, dall assenza del postcleitro, dalla presenza delle ossa circumorbitali e del lacrimale, dalla presenza dei nasali e dei parietali, dalla produzione da parte dei reni di una sostanza mucillaginosa utilizzata dal maschio per costruire un nido di materiale vegetale; Syngnathoidei, caratterizzati da una piccola bocca che in quasi tutte le specie si apre al termine di una porzione cefalica lunga e tubiforme, dalla mascella superiore non protrattile, dalle pinne ventrali quando presenti in posizione addominale, dall assenza delle ossa circumorbitali tranne il lacrimale, dall assenza di costole, dalle prime 3-6 vertebre allungate. Il primo si compone di tre famiglie, tra cui quella dei Gasterosteidi dove è classificata una specie delle acque interne italiane; il secondo presenta una sistematica più complessa e si compone di 8 famiglie, tra cui quella dei Singnatidi in cui sono classificate due specie rinvenibili nelle acque interne italiane. Chiave per il riconoscimento delle famiglie - Corpo fusiforme, con regione preorbitale conica; pelle nuda o ricoperta da poche e grandi placche ossee; pinne ventrali presenti; tre spine (ma anche di più in specie non appartenenti alla fauna italiana) anteriormente alla pinna dorsale... Gasterosteidae - Corpo molto allungato, con regione preorbitale tubiforme; pelle rivestita da una serie di anelli ossei; pinne ventrali assenti... Syngnathidae 174

176 GASTEROSTEIDI GASTEROSTEIDAE Corpo fusiforme o leggermente appiattito in senso laterale, che può essere nudo o ricoperto di un numero variabile di placche ossee. Regione preorbitale conica, con bocca protrattile il cui margine esterno è formato solo dai premascellari. Anteriormente alla pinna dorsale sono presenti 3-17 spine corte e robuste. Pinne ventrali normalmente presenti e munite di una spina. Ossa opercolari ben sviluppate. Tre raggi branchiostegi. Denti presenti sulle mascelle e sulle ossa faringobranchiali, assenti sul vomere e sui palatini. Peduncolo caudale sottile e coda di forma triangolare, sostenuta normalmente da 12 raggi. Vescica gassosa priva di dotto pneumatico. La famiglia, di cui si conoscono fossili a partire dal Miocene, comprende 5 generi; essi sono costituiti da specie di piccola taglia che vivono prevalentemente nelle acque dolci, ma anche in ambienti salmastri e in acque marine costiere, dell emisfero settentrionale. Una sola specie, del genere Gasterosteus, è presente nei fiumi e nei laghi italiani. 175

177 SPINARELLO Gasterosteus aculeatus Linnaeus, 1758 Sistematica Ordine: Gasterosteiformi Famiglia: Gasterosteidi Secondo Kottelat (1997), che si ispira al concetto filogenetico di specie, gli spinarelli europei classificati in tutti i testi moderni di ittiologia come Gasterosteus aculeatus apparterrebbero a più specie: G. aculeatus (completamente corazzato) e G. gymnurus (parzialmente corazzato), ad ampia distribuzione e con una zona di contatto nel Mare del Nord e nell area del Mar Baltico; G. crenobiontus e G. islandicus, rappresentati da popolazioni isolate in Romania e in Islanda. Le popolazioni italiane, comprese quelle caratterizzate dall assenza di placche ossee, apparterrebbero alla specie G. gymnurus. Rimandando al citato lavoro per una discussione sull argomento, non riteniamo di adeguarci a questa posizione in primo luogo perché pensiamo che il concetto filogenetico di specie porti ad una artificiale moltiplicazione dei taxa, e ad una interpretazione semplicistica di complessi e interessanti fenomeni come è certamente il polimorfismo dello Spinarello (vedi il paragrafo Biologia ). Quindi, in accordo con le considerazioni sistematiche più recenti (vedi Paepke, 2002), riteniamo che tutte le popolazioni europee del genere Gasterosteus appartengano ad una sola specie: G. aculeatus. 176

178 Geonemia Ha un ampissima distribuzione nell emisfero settentrionale. È presente in gran parte dell Europa, ma il suo areale risulta frammentato; ad oriente esistono popolazioni classificate come sottospecie diverse (ad esempio G. aculeatus crenobiontus in Romania). In Italia la sua distribuzione è discontinua, sia in relazione alle particolari esigenze ambientali, che in conseguenza di numerose estinzioni locali; le popolazioni risultano così fortemente localizzate. Nella Regione Padana è presente soprattutto nella parte orientale, sia in ambienti d acqua dolce che in ambienti salmastri con bassa salinità; nella Regione Italico-peninsulare è presente in entrambi i versanti con una certa continuità fino alla Campania e alle lagune del Gargano, mentre più a sud sono note solo un paio di popolazioni isolate; in Sardegna ci sono popolazioni sia nelle acque dolci che nelle lagune salmastre. Habitat Lo Spinarello è una specie euriterma ed ampiamente eurialina, però esigente circa altri parametri ambientali; necessita infatti di acque con corrente lenta o moderata, limpide e ben ossigenate, ricche di vegetazione. Vive nelle risorgive planiziari, nei tratti medi e bassi dei corsi d acqua, negli estuari e nelle lagune costiere salmastre; fuori dal Mediterraneo esistono popolazioni migratrici anadrome, che si spingono per motivi trofici in acque marine costiere con moderata salinità. Biologia È un pesce gregario di piccola taglia (la lunghezza totale massima raggiunta dalle femmine, che sono più grandi dei maschi, è normalmente di 7,5-8 cm; eccezionalmente sono state osservate lun- ghezze fino a 12 cm), che vive in gruppi numericamente poco consistenti. La specie risulta altamente polimorfa, e ciò ha consentito sia in passato che in tempi recenti di riconoscere decine di presunte specie e sottospecie; lo studio della variabilità condotto con un impostazione sistematica che tiene conto dei caratteri biologici ridimensiona però fortemente questa possibilità. Le caratteristiche più evidenti interessate dal polimorfismo sono il numero e la posizione delle placche ossee presenti sui lati del corpo; questi caratteri risultano geneticamente determinati e soggetti a una grande variabilità intraspecifica. Esistono 4 principali varianti fenotipiche: una morfa con poche placche (in passato denominata leiurus), che presenta i lati del corpo muniti di una serie di 5-8 placche limitate alla regione toracica ed è priva di carena sul peduncolo caudale; una morfa con una serie parziale di placche (in passato denominata semiarmatus), con un area priva di placche nella parte anteriore del peduncolo caudale; una morfa caratterizzata dalla serie completa di placche (in passato denominata trachurus), che va dalla regione toracica all estremità del peduncolo caudale dove forma una sorta di carena; una morfa con poche placche toraciche e una carena di piccole placche sul peduncolo caudale. Queste 4 morfe non hanno alcun valore sistematico e non sono direttamente correlabili con ben definite situazioni ecologiche; si osserva soltanto che la forma munita della serie completa di placche è più frequentemente presente nelle popolazioni che si accrescono in mare, mentre la forma con poche placche è dominante nelle popolazioni stanziali in acqua dolce. La gran parte delle popolazioni italiane presenta poche placche ossee ed è priva di carena sul peduncolo caudale; all interno di esse possono essere individuate due varianti: la prima composta da individui con poche placche vicino al margi- 177

179 ne dell opercolo (denominati gymnurus), la seconda composta da individui completamente privi di placche (denominati hologymna). In acque lagunari a bassa salinità della Sardegna, oltre a entrambe queste varietà, sono presenti individui con una serie parziale di placche (morfa precedentemente denominata semiarmatus). A quest ultima forma è stata attribuita anche la popolazione del Fiume Toce, in Piemonte, probabilmente originatasi da materiale alloctono proveniente dall Europa centrale. L alimentazione è carnivora ed è tipica di un predatore opportunista che ricerca le sue prede a vista; la dieta è costituita dalla gran parte dei piccoli organismi animali presenti nell ambiente: crostacei, larve di insetti, vermi, molluschi, stadi giovanili di pesci, ecc. Molti aspetti del ciclo vitale variano in relazione alle caratteristiche dell ambiente ed alla latitudine. Modeste sono le informazioni sulle popolazioni italiane. Uno studio condotto in una risorgiva del Veneto, caratterizzata da un buono stato di conservazione ambientale, ha individuato lo Spinarello come la specie ittica dominante sia in termini di densità (circa 4 individui/mq) che di biomassa (11 g/mq). La popolazione è risultata strutturata in 4 classi di età, con le femmine in percentuale superiore in ciascuna classe; è stata evidenziata una maggiore longevità nelle femmine, essendo pochissimi i maschi che raggiungono il 4 anno di età. L accrescimento è risultato simile nei due sessi: al 1 anno viene raggiunta la lunghezza di circa 4 cm, al 2 5,7 cm, al 3 6,6 cm, al 4 7,4 cm. La maturità sessuale si ha alla taglia di 3,5-4 cm, che viene raggiunta alla fine del 1 o del 2 anno di età; il dimorfismo sessuale, oltre che nella taglia, diventa evidente durante il periodo riproduttivo, quando i maschi assumono una livrea particolarmente vistosa (vedi Tavola: in alto, in basso). Nelle popolazioni italiane il ciclo vitale non supera normalmente i 3 anni nei maschi e i 4 anni nelle femmine. La riproduzione ha luogo tra marzo e luglio, in relazione alle diverse tipologie ambientali: è anticipata negli ambienti salmastri e nei corsi d acqua, posticipata nelle risorgive. In questo periodo il maschio difende tenacemente un proprio territorio, posto in acque profonde pochi decimetri, preferibilmente su fondali sabbiosi e ricchi di vegetazione. Il comportamento riproduttivo è particolarmente interessante e il suo studio rappresenta un classico dell etologia. All interno del territorio, sul fondo, il maschio costruisce un piccolo nido accumulando materiali vegetali che vengono tenuti insieme da una sostanza mucillaginosa secreta dai reni e liberata dalla papilla uro-genitale; il nido viene quindi parzialmente ricoperto di sabbia, e rimane visibile la sola apertura d ingresso. La femmina viene attratta con una caratteristica danza a zig-zag e indotta dal maschio a entrare nel nido, dove depone le uova (in numero di ); il maschio feconda quindi le uova e subito dopo allontana la femmina. In genere più femmine depongono le uova nel nido di uno stesso maschio, che arriva così ad accogliere normalmente uova; nella stagione riproduttiva, che dura duetre mesi, ciascuna femmina può deporre fino a 15 volte. Le uova vengono sorvegliate e ventilate dal maschio con il movimento delle pinne pettorali; a C la schiusa ha luogo dopo una decina di giorni. Alla nascita, i piccoli sono custoditi e difesi dal maschio ancora per alcuni giorni; si disperdono quindi tra le vegetazione e iniziano a nutrirsi di piccoli animali dello zooplancton. Rapporti con l uomo e conservazione Lo Spinarello è molto sensibile alle alterazioni della qualità ambientale, ed in particolare alle artificializzazioni degli al- 178

180 vei; è danneggiato anche dagli eccessivi prelievi idrici, dall inquinamento delle acque e dalla predazione esercitata da specie alloctone (come nel caso delle trote immesse in modo massiccio a favore della pesca sportiva). Tutte queste cause hanno determinato numerose estinzioni locali, tanto che l areale è in forte contrazione ed è molto frammentato nel nostro paese. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato vulnerabile. Gli interventi di conservazione per questa specie devono essere rivolti in pri- mo luogo verso la tutela delle risorgive, ambienti particolarmente idonei, e più in generale verso la conservazione degli habitat meno compromessi dall uomo. Anche la manutenzione dei canali di bonifica e dei corsi d acqua assimilati, andrebbe svolta con modalità diverse e maggiormente compatibili con le esigenze vitali di questa specie: la pulizia potrebbe essere effettuata ad esempio ad anni alterni su ciascuna sponda. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1991; Paepke, 2002; Turin e Bilò,

181 SINGNATIDI SYNGNATHIDAE Corpo allungato e rivestito da una serie di anelli ossei. Bocca priva di denti, posizionata al termine di una porzione cefalica molto lunga e tubiforme. Una sola pinna dorsale, normalmente con raggi molli, che può essere assente negli adulti di alcune specie; pinne ventrali assenti; pinne pettorali, anale e caudale molto piccole o del tutto assenti negli adulti di alcune specie. Pinna caudale, quando è presente, con il margine posteriore arrotondato. Aperture branchiali ridotte, site sotto al margine posterosuperiore dell opercolo; branchie a forma di ciuffo. Da uno a tre raggi branchiostegi. Due paia di narici. Sopracleitro e basisfenoide assenti. Vescica gassosa senza dotto pneumatico. Rene presente solo sul lato destro, di tipo aglomerulare. La famiglia, di cui sono noti fossili a partire dall Eocene, viene divisa in due sottofamiglie: Syngnathinae (pesci ago), con circa 50 generi e 190 specie, e Hippocampinae (cavallucci marini), con un solo genere e circa 25 specie. La maggior parte delle specie vive in acque marine costiere e poco profonde. Alcune occupano le acque interne, sia salmastre che dolci; due di esse, appartenenti al genere Syngnathus, sono regolarmente presenti nelle acque interne italiane. Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Syngnathus - Porzione cefalica preorbitale lunga, con rapporto fra altezza minima e lunghezza variabile da 1/4 a 1/7; lunghezza del capo da 1/6 a 1/7 della lunghezza standard; cresta nella regione occipitale ben sviluppata... S. acus - Porzione cafalica preorbitale corta, con rapporto fra altezza minima e lunghezza variabile da 1/2 a 1/4; lunghezza del capo inferiore a 1/7 della lunghezza standard; cresta nella regione occipitale poco sviluppata... S. abaster 180

182 PESCE AGO Syngnathus acus Linnaeus, 1758 Sistematica Ordine: Gasterosteiformi Famiglia: Singnatidi Secondo Tortonese (1970) le popolazioni atlantiche e quelle mediterranee di Pesce ago apparterrebbero a due diverse sottospecie, S. acus acus e S. acus rubescens, distinguibili per la taglia (minore in rubescens) e per la pinna dorsale (più corta in rubescens). In assenza di una comparazione approfondita fra i due gruppi di popolazioni, e in considerazione della grande variabilità mostrata da Syngnathus acus, in accordo con altri autori (vedi Gandolfi et al., 1991) non riconosciamo l esistenza di taxa di livello sottospecifico. Geonemia È presente nell Oceano Atlantico, dalla Norvegia alle Canarie, e nel Mar Mediterraneo. In Italia è comune in tutti i mari, negli ambienti costieri; penetra frequentemente nelle acque interne salmastre di lagune ed estuari. 181

183 Habitat Il Pesce ago è una specie eurialina che vive su fondali sabbiosi e fangosi ricchi di vegetazione acquatica, alghe e Posidonie, in mezzo alla quale trova rifugio e nutrimento. Nell alto Adriatico compie delle regolari migrazioni spostandosi dagli ambienti salmastri del Delta del Po, occupati nel periodo primaverile-autunnale, alle acque marine costiere, occupate in inverno. Biologia È un pesce di taglia media (nelle popolazioni mediterranee la lunghezza totale massima è di cm; nelle popolazioni atlantiche arriva a 45 cm circa), che vive in mezzo alla vegetazione acquatica dove assume posizioni che lo rendono criptico. È caratterizzato da un corpo molto allungato e sottile, con sezione poligonale. L alimentazione si basa in netta prevalenza su organismi planctonici, che vengono aspirati con la bocca tubiforme. Osservazioni compiute in diversi periodi dell anno in un ambiente salmastro del Delta del Po hanno mostrato che l organismo più frequentemente catturato è il copepode Acartia clausi. Della dieta fanno parte anche larve di decapodi, misidiacei, anfipodi, cladoceri ed altri copepodi; gli individui di taglia superiore a 15 cm possono nutrirsi anche di larve di pesci. L accrescimento è rapido, in relazione al ciclo vitale che è piuttosto breve e probabilmente non supera i tre anni. Nelle lagune del Delta del Po e nell area marina costiera limitrofa, in estate i giovani individui misurano poco più di 5 cm di lunghezza totale; al termine dell autunno superano i 10 cm; a maggio dell anno successivo sono lunghi da 14 a 19 cm. La riproduzione ha luogo in un lungo periodo che va dalla fine dell inverno all inizio dell estate e presenta aspetti di estremo interesse. Come in tutti i Singnatidi, nel Pesce ago il dimorfismo sessuale è net- to ed è legato a una peculiare struttura presente solo nei maschi: la tasca incubatrice, atta alla protezione delle uova e degli embrioni, che è posta nella parte anteriore e ventrale della regione caudale ed è formata da due pieghe cutanee che si toccano al loro margine estremo. L atto riproduttivo ha luogo con i due partner avvinghiati per la coda; le uova emesse dalla femmina (fino a 400) vengono subito fecondate e deposte, grazie alla lunga papilla genitale, nella tasca incubatrice del maschio. Ciascuna femmina può deporre le proprie uova nella tasca incubatrice di più maschi; ciascun maschio può ricevere le uova da più femmine. Nella tasca incubatrice si formano tra le uova pieghe e villosità ricche di capillari sanguigni, per cui ogni uovo viene a trovarsi entro un alveolo; grazie all irrorazione sanguigna ed alla secrezione di una sostanza nutritiva, viene completato lo sviluppo embrionale. I giovani individui, che hanno un aspetto simile agli adulti e lunghezze totali di mm, fuoriescono quindi dalla tasca incubatrice ed iniziano a condurre vita autonoma; nel Golfo di Napoli i giovani sono stati osservati fra agosto e ottobre in mezzo alle alghe ed alle fanerogame galleggianti in superficie e trasportate dalle correnti. Rapporti con l uomo e conservazione In ambienti lagunari il Pesce ago mostra capacità di tollerare acque mediamente inquinate, se si tratta però di inquinamento urbano; l inquinamento industriale rappresenta certamente una minaccia maggiore. Anche la distruzione dell habitat, legata ad esempio alle opere di dragaggio delle lagune e al taglio delle macrofite, rappresenta una minaccia in considerazione delle modalità di vita della specie. Gli interventi di conservazione per questo Singnatide riguardano il controllo dell inquinamento, particolarmente nocivo per gli stadi giovanili, e una gestione naturalistica degli ambienti lagunari. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Ferrari et al., 1978; Gandolfi et al., 1991; Tortonese,

184 PESCE AGO DI RIO Syngnathus abaster Risso, 1810 Sistematica Ordine: Gasterosteiformi Famiglia: Singnatidi Geonemia È presente nelle acque costiere del Mar Mediterraneo, del Mar Nero e dell Oceano Atlantico, dalla parte meridionale del Golfo di Guascogna al Portogallo. In Italia è comune in tutti i mari, negli ambienti costieri; penetra regolarmente nelle acque interne salmastre e dolci, dove è in grado di formare popolazioni stabili. Habitat Il Pesce ago di rio è una specie ad ampia valenza ecologica, ed è il Singnatide maggiormente dulcicolo presente nella parte settentrionale del bacino del Mediterraneo. Essendo ampiamente eurialino, è capace di svolgere l intero ciclo biologico in diversi tipi di ambiente: acque marine costiere, estuari e laghi costieri salmastri, tratti bassi dei corsi d acqua e canali d acqua dolce. Necessita di acque poco correnti e ricche di vegetazione, in mezzo alla quale trova rifugio e nutrimento. 183

185 Biologia È un pesce di piccola taglia (nelle nostre popolazioni la lunghezza totale massima non supera normalmente i 15 cm; nel Mar Nero arriva fino a circa 20 cm), la cui biologia è poco conosciuta. È caratterizzato da un corpo molto allungato e sottile, con sezione poligonale. Tra la vegetazione assume posizioni che lo rendono criptico: sta immobile e quasi in verticale tra le foglie delle Posidonie (in mare) o delle Vallisnerie (in acqua dolce), risultando così poco o affatto visibile ai predatori. Presenta un ampia variabilità nei caratteri morfometrici e meristici, tipica di una specie estremamente polimorfa (esistono ad esempio popolazioni d acqua dolce dell Anatolia che risultano ben distinguibili dalle altre). L alimentazione si basa su piccoli organismi plactonici, che vengono aspirati con la bocca tubiforme; indagini compiute in periodo autunnale nel Delta Padano, hanno evidenziato i seguenti componenti della dieta: foraminiferi, larve di policheti, anfipodi, copepodi calanoidi e ciclopidi. L accrescimento è piuttosto rapido e la maturità sessuale viene raggiunta al 1 anno di età. È probabile che l età massima non superi i tre anni. La riproduzione ha luogo in primavera e in estate e presenta aspetti di estremo interesse. Come in tutti i Singnatidi, nel Pesce ago di rio il dimorfismo sessuale è netto ed è legato a una peculiare struttura presente solo nei maschi: la tasca incubatrice, atta alla protezione delle uova e degli embrioni, che è posta nella parte anteriore e ventrale della regione caudale ed è formata da due pieghe cutanee che si toccano al loro margine estremo. L atto riproduttivo ha luogo con i due partner avvinghiati per la coda; le uova emesse dalla femmina (nell ordine delle decine o di poche centinaia) vengono subito fecondate e deposte, grazie alla lunga papilla genitale, nella tasca incubatrice del maschio. Ciascuna femmina può deporre le proprie uova nella tasca incubatrice di più maschi; ciascun maschio può ricevere le uova da più femmine. Nella tasca incubatrice si formano tra le uova pieghe e villosità ricche di capillari sanguigni, per cui ogni uovo viene a trovarsi entro un alveolo; grazie all irrorazione sanguigna ed alla secrezione di una sostanza nutritiva, viene completato lo sviluppo embrionale. I giovani individui, che hanno un aspetto simile agli adulti, fuoriescono quindi dalla tasca incubatrice ed iniziano a condurre vita autonoma. In popolazioni italiane sono stati osservati maschi con embrioni a tutti gli stadi di sviluppo da aprile a ottobre. Rapporti con l uomo e conservazione Grazie all ampia valenza ecologica, il Pesce ago di rio è in grado di tollerare alcune forme di compromissione della qualità delle acque, come ad esempio un moderato inquinamento provocato dagli scarichi urbani; l inquinamento industriale rappresenta certamente una minaccia maggiore. La principale minaccia per questa specie è comunque rappresentata dalla distruzione degli habitat. Nelle acque dolci ciò ha luogo in seguito alla manutenzione e pulizia dei canali di bonifica e dei tratti terminali dei corsi d acqua; danni concreti dovuti a queste attività antropiche sono stati osservati in alcune popolazioni del Lazio. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato vulnerabile. Syngnathus abaster è riportato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Per la conservazione di questa specie sono necessarie in primo luogo misure volte alla conservazione degli habitat e al controllo dell inquinamento, partico- 184

186 larmente nocivo per gli stadi giovanili. Anche la manutenzione dei canali di bonifica e dei corsi d acqua assimilati, andrebbe svolta con modalità diverse e maggiormente compatibili con le esigenze vitali di questa specie: la pulizia potrebbe essere effettuata ad esempio ad anni alterni su ciascuna sponda. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Ferrari et al, 1978; Gandolfi et al., 1991; Tortonese,

187 SCORPENIFORMI SCORPAENIFORMES Gli Scorpeniformi appartengono alla serie Percomorpha e sono caratterizzati dai seguenti elementi: cranio con ossatura molto robusta; presenza di una lamina sottorbitale costituita da un estensione posteriore del terzo osso suborbitale ed estesa sui lati del capo fino al preopercolare; frequente presenza di spine o placche ossee sia nel capo che nel corpo; pinne pettorali normalmente arrotondate, con le membrane interradiali incise; pinna caudale con margine posteriore generalmente arrotondato o rettilineo (solo in pochissime specie la coda è forcuta). L ordine è costituito da quasi 1300 specie, in gran parte marine; solo una cinquantina di esse vivono nelle acque dolci. Fra i 7 sottordini in cui vengono suddivisi gli Scorpeniformi c è quello dei Cottoidei, a cui appartengono oltre 600 specie classificate in 11 famiglie. Una di queste è la famiglia Cottidae, comprendente sia specie marine che specie d acqua dolce diffuse nell emisfero settentrionale e nella regione australiana; un Cottide è indigeno nelle acque dolci italiane. COTTIDI COTTIDAE Taglia generalmente piccola e capo grande, largo e appiattito; occhi grandi e ravvicinati sulla volta del capo. Premascellari protrattili; sopramascellari assenti. Lamina sottorbitale piuttosto stretta. Linea laterale presente. Pelle nuda, oppure munita di spine e placche ossee. Pinne pettorali molto ampie; pinne ventrali (assenti in una sola specie) con il primo raggio spiniforme e 2-5 raggi molli; pinna anale senza raggi spiniformi. Vescica gassosa assente negli adulti. La famiglia, della quale sono noti fossili a partire dall Eocene, comprende circa 300 specie che conducono vita bentonica classificate in 70 generi; l unica specie delle acque dolci italiane appartiene al genere Cottus. 186

188 SCAZZONE Cottus gobio Linnaeus, 1758 Sistematica Ordine: Scorpeniformi Famiglia: Cottidi Secondo Kottelat (1997) le popolazioni italiane e dalmate di Scazzone appartengono a una specie diversa da Cottus gobio, da classificare come C. ferrugineus Heckel e Kner, Questa proposta è stata però formulata su base puramente teorica, rispolverando vecchi dati morfologici degli anni 60 (Bacescu e Bacescu-Mester, 1964: vedi Kottelat, 1997). Non ci adeguiamo a questa proposta, perché a nostro avviso non ha alcun valido fondamento; pensiamo che solo una seria comparazione tassonomica basata sull insieme dei caratteri e su un numero adeguato di esemplari, appartenenti a popolazioni delle diverse parti dell areale, possa apportare contributi originali alla sistematica dello Scazzone europeo. Geonemia È una specie ad ampia distribuzione europea, risultando diffuso dai Pirenei agli Urali, dalla Scandinavia all Italia centro-settentrionale; la sua assenza nei corsi d acqua e nei laghi delle regioni più meri- 187

189 dionali dell Europa è probabilmente da mettere in relazione con le temperature estive troppo alte di questi ambienti. In Italia è diffuso in tutto l arco alpino, dove è presente nelle risorgive dell alta pianura a nord del Po, nei due versanti dell Appennino Tosco-Emiliano, nelle Marche e nella parte alta del bacino del Tevere. La sua distribuzione è però discontinua perché, richiedendo una buona qualità ambientale, ci sono state negli ultimi decenni numerose estinzioni locali in conseguenza delle alterazioni degli habitat; alcune popolazioni risultano così fortemente localizzate. Habitat Lo Scazzone è un pesce con una limitata valenza ecologica: necessita di acque limpide, fredde (temperatura inferiore a C) e ben ossigenate, e predilige substrati ciottolosi. Vive nei tratti più a monte dei corsi d acqua fino a quote molto elevate ( metri s. l. m.), nei laghi di montagna (alle suddette quote ed oltre), nei grandi laghi oligotrofici, nei tratti iniziali dei corsi d acqua di risorgenza; nel Mar Baltico si spinge anche in acque salmastre. Biologia È un pesce bentonico di piccola taglia (la lunghezza totale massima può arrivare a cm), attivo nelle ore crepuscolari e notturne; di giorno rimane nascosto in ripari posti sotto ai sassi, o tra la vegetazione. Ha abitudini territoriali, e perciò i singoli individui si distribuiscono con regolarità nell ambiente. Si nutre esclusivamente di invertebrati bentonici: larve di insetti (ditteri, tricotteri, efemerotteri e plecotteri), crostacei (soprattutto dei generi Echinogammarus e Asellus) e anellidi (irudinei e oligocheti). L accrescimento risulta molto variabile in relazione alle disponibilità trofiche: negli ambienti di risorgiva, piuttosto produttivi, la crescita è rapida ma il ciclo vitale risulta breve (età massima di 4-5 anni, con lunghezze fino 12,5 cm); negli ambienti di montagna la crescita è lenta e il ciclo vitale è più lungo (9-10 anni di età, con lunghezze fino a cm). Diverse indagini compiute in risorgive, hanno portato a rilevare i seguenti valori in lunghezza: mm al 1 anno, mm al 2, mm al 3, mm al 4. La maturità sessuale viene raggiunta al 1 o al 2 anno nelle risorgive, fra il 2 e il 4 anno negli ambienti di montagna. Il dimorfismo sessuale è minimo e riguarda solo la livrea, che nei maschi è più scura durante il periodo riproduttivo. La stagione riproduttiva dura circa due mesi in ciascuna popolazione, e ricade entro un periodo compreso tra la fine di febbraio e maggio. I maschi allargano lo spazio posto sotto un sasso o un altro oggetto sommerso, e corteggiano la femmina fino a farla entrare nel riparo; sulla volta di quest ultimo i due partner, in posizione capovolta, depongono i gameti. Ogni femmina depone da 80 a 600 uova, in relazione alla sua taglia; più femmine, normalmente 2-4 ma anche 10 e più, possono deporre le uova nel riparo di uno stesso maschio. Il maschio difende energicamente le uova fino alla schiusa, che ha luogo 3-4 settimane dopo la fecondazione. Nelle popolazioni di montagna ciascuna femmina depone una sola volta per ogni stagione riproduttiva; nelle popolazioni di risorgiva ci possono essere due o tre deposizioni. Rapporti con l uomo e conservazione Lo Scazzone è molto sensibile alle alterazioni della qualità ambientale, ed in particolare alle artificializzazioni degli alvei; è danneggiato anche dagli eccessivi prelievi idrici, dall inquinamento delle ac- 188

190 que e dalla predazione esercitata sugli stadi giovanili da specie alloctone (come nel caso delle trote immesse in modo massiccio a favore della pesca sportiva); in alcune località le sue carni sono molto apprezzate, ed è oggetto di pesca con metodi illegali. Tutte queste cause hanno determinato numerose estinzioni locali, tanto che l areale è in forte contrazione ed è molto frammentato nel nostro paese. Le popolazioni che sono state maggiormente danneggiate dalle attività antropiche sono quelle degli ambienti di risorgiva; nelle aree di montagna vivono le popolazioni numericamente più consistenti. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato vulnerabile. Cottus gobio è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vege- tali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II). Gli interventi di conservazione per questa specie devono essere rivolti principalmente in due direzioni: controllo delle attività che producono alterazioni degli alvei fluviali; controllo dell inquinamento delle acque. In considerazione dell areale frammentato, è anche auspicabile l istituzione di aree protette fluviali o lacustri laddove sono presenti popolazioni che hanno ancora una buona consistenza numerica; le misure di protezione sono particolarmente urgenti per gli ambienti di risorgiva e per i corsi d acqua che ospitano le popolazioni isolate dell Italia centrale. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1991; Marconato e Bisazza, 1988; Perini et al.,

191 PERCIFORMI PERCIFORMES L ordine, della serie Percomorpha, mostra l espressione più completa delle caratteristiche degli Acantotterigi: presenza nelle pinne di alcuni raggi spiniformi, rigidi e non articolati; pinne ventrali in posizione toracica o giugulare; scaglie generalmente ctenoidi; vescica gassosa, quando è presente, priva di dotto pneumatico (fisoclisti). Oltre a questi elementi generali, i Perciformi possiedono i seguenti caratteri: pinna dorsale semplice o multipla, con raggi spiniformi nella parte anteriore; pinne ventrali quasi sempre in posizione toracica, con al massimo 6 raggi di cui il primo spiniforme; pinna caudale con al massimo 17 raggi completi; pinne pettorali posizionate in alto sui fianchi; cinto pettorale privo di mesocoracoide e connesso al cranio mediante un postemporale di forma forcuta; cranio con ossa parietali non a contatto, oppure assenti; mesetmoide presente; orbitosfenoide assente; sottorbitali separati dal preopercolo; mascellare che non delimita il margine buccale superiore; ossa intramuscolari assenti. I Perciformi costituiscono l ordine più vasto e più diversificato dei Pesci Ossei e di tutto il subphylum Vertebrati, comprendendo circa 9300 specie classificate in 148 famiglie. Noti con certezza dal medio Eocene (mentre è dubbia l attribuzione a quest ordine di fossili del Cretaceo superiore), i Perciformi sono stati protagonisti di un ampia radazione evolutiva che ha interessato sia gli ambienti marini che quelli d acqua dolce. La grande eterogeneità delle forme attuali e di quelle fossili non facilita la ricostruzione delle diverse linee filetiche, per cui non c è accordo fra i sistematici circa i sottordini in cui dividere l ordine e l attribuzione ad essi delle famiglie; Nelson (1994) ne riconosce 18, di cui tre comprendono famiglie con specie indigene nell ittiofauna delle acque interne italiane: Percoidei, con i Moronidi, i Percidi e gli Sparidi; Blennioidei, con i Blennidi; Gobioidei, con i Gobidi. 190

192 Chiave per il riconoscimento delle famiglie 1. Opercolo privo di spine nel suo margine posteriore Opercolo munito di uno-due spine nel suo margine posteriore Linea laterale evidente sui fianchi (almeno nella parte anteriore); pinne ventrali divise Linea laterale non evidente sui fianchi; pinne ventrali unite fra loro a formare una sorta di disco... Gobiidae 3. Linea laterale evidente solo nella parte anteriore dei fianchi; scaglie assenti; origine della pinna dorsale sita anteriormente rispetto al margine opercolare... Blenniidae - Linea laterale ben evidente sui fianchi, fino al peduncolo caudale; scaglie presenti, anche su una parte del capo; origine della pinna dorsale sita non anteriormente al margine opercolare... Sparidae 4. Opercolo con una sola spina; margine preopercolare liscio... Percidae - Opercolo con due spine, una delle quali più sviluppata; margine preopercolare seghettato... Moronidae 191

193 MORONIDI MORONIDAE Bocca grande e in posizione mediana; premascellari moderatamente protrattili; mascellare ben visibile a bocca chiusa. Denti piccoli, aguzzi, disposti in serie sulle mascelle e spesso anche sul vomere e sui palatini. Due pinne dorsali più o meno separate, di cui la prima con 8-10 raggi spiniformi e la seconda con un raggio spiniforme più raggi molli. Pinna anale con tre raggi spiniformi e 9-12 raggi molli. Opercolo con due spine piatte nel suo margine posteriore. Margine posteriore del preopercolare generalmente dentellato. Linea laterale estesa quasi fino al margine posteriore della pinna caudale. 7 raggi branchiostegi. Normalmente 25 vertebre. Secondo Nelson (1994) il genere Dicentrarchus, a cui appartiene una specie regolarmente presente nelle acque degli estuari e dei laghi costieri italiani, fa parte della famiglia Moronidae. Classificazioni precedenti attribuivano questo genere alla famiglia Serranidae o, in alternativa, a quella dei Percichthyidae; l instabilità sistematica di questo gruppo di Percoidei, dovuta in primo luogo a insufficienti conoscenze tassonomiche, era già stata chiaramente evidenziata in precedenti lavori sull ittiofauna italiana (Tortonese, 1975). I Moronidi vivono sia in acque marine costiere sia in acque interne salmastre o dolci, e si compongono di sole 6 specie classificate in due generi: Morone, con 4 specie nord-americane (di cui due d acqua dolce), Dicentrarchus, con due specie presenti nelle coste atlantiche dell Europa e del Nord Africa, nel Mediterraneo e nel Mar Nero. 192

194 SPIGOLA Dicentrarchus labrax (Linnaeus, 1758) Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Moronidi Geonemia La specie è presente in tutto il bacino del Mar Mediterraneo, nel Mar Nero e lungo le coste atlantiche, dalla Norvegia fino al Senegal. Nel nostro paese è comune nella gran parte delle acque interne costiere estuariali e lagunari. Biologia È un predatore di taglia grande (raggiunge la lunghezza totale di circa un metro e il peso di kg). Gli adulti conducono vita solitaria in ambiente marino costiero, occupando di norma le acque superficiali; i giovani, che presentano una Habitat La Spigola è un pesce con ampia valenza ecologica, in particolare per ciò che riguarda la temperatura e la salinità. Ciò gli consente di vivere in ambienti diversi, anche in relazione alle diverse fasi del ciclo biologico: acque marine costiere, fino a circa 100 metri di profondità; estuari; lagune e laghi costieri. 193

195 livrea caratterizzata da piccole macchie scure sui fianchi, hanno una spiccata tendenza al gregarismo. Dopo la riproduzione e lo sviluppo embrionale, che hanno luogo in mare durante l inverno, gli avannotti penetrano nelle lagune e negli estuari, dove trovano condizioni termiche e trofiche ottimali per lo svolgimento delle fasi iniziali del ciclo biologico; risalgono per brevi tratti anche i corsi d acqua. Lungo le coste italiane la migrazione trofica nelle acque interne ha luogo tra febbraio e giugno, risultando massima nei mesi di aprile e maggio. La temperatura dell acqua condiziona questa attività; lungo il litorale toscano, ad esempio, non si registrano movimenti migratori con valori inferiori a C. Gli spostamenti sembrano essere più intensi nelle ore crepuscolari. Lagune ed estuari, definiti nursery areas, risultano particolarmente idonei all accrescimento per l elevata disponibilità alimentare e per la minore pressione predatoria rispetto al mare; vengono occupati per la maggior parte dell anno durante i primi due-tre anni di vita, fino al raggiungimento della maturità sessuale. Studi sulla dieta condotti in un area del Delta Padano hanno evidenziato che gli avannotti di lunghezza inferiore a 3 cm si nutrono prevalentemente di copepodi calanoidi (la specie più frequente risulta Acartia clausi) e di naupli di cirripedi. Con l aumentare della taglia cambiano le abitudini alimentari, passando da forme tipicamente mesoplanctoniche ad organismi macroplanctonici e macrobentonici. Gli adulti sono predatori voracissimi, che cacciano soprattutto pesci e in misura minore crostacei, molluschi e policheti; in mare la predazione si svolge frequentemente a carico di banchi di Clupeidi, di Gobidi e di novellame. L accrescimento è rapido: nei primi 3-4 mesi di vita gli avannotti passano dalla lunghezza di 1,5-2 cm a circa 6 cm; il peso di g è raggiunto a due-tre anni di età. Nel Mediter- raneo la maturità sessuale viene raggiunta al 2 anno nei maschi, al 3 nelle femmine. Non c è dimorfismo sessuale. Il periodo riproduttivo va da dicembre a marzo. La deposizione dei gameti ha luogo nella regione neritica vicino alla costa; ciascuna femmina depone uova per ogni chilogrammo di peso. Le uova sono provviste di gocce oleose che le rendono pelagiche. Rapporti con l uomo e conservazione Questa specie riveste una notevole importanza commerciale, essendo oggetto di pesca e allevamento; quest ultimo viene praticato sia in forma intensiva che estensiva. Mentre la piscicoltura intensiva utilizza avannotti prodotti artificialmente mediante riproduzione controllata, la vallicoltura (forma di piscicoltura estensiva praticata nelle lagune costiere) utilizza esclusivamente avannotti raccolti in natura, i soli a risultare idonei nelle instabili condizioni ambientali delle lagune. Considerando l elevata domanda commerciale di avannotti, la loro raccolta in natura contribuisce al depauperamento delle popolazioni naturali. Altro fattore di minaccia per la Spigola è l inquinamento. Questo tipo di alterazione ambientale danneggia gli embrioni e i primi stadi giovanili nelle acque marine costiere, e i successivi stadi giovanili nelle lagune e negli estuari. In relazione all attività predatoria può verificarsi anche il fenomeno della concentrazione degli inquinanti tossici non biodegradabili attraverso le catene alimentari, con rischi che diventano progressivamente maggiori con l aumentare della taglia. La Spigola è una delle specie oggetto del Regolamento n 1626/94 del Consiglio dell UE che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel Mediterraneo ; oltre che a restrizioni nelle modalità di pesca, nell alle- 194

196 gato IV è riportata la taglia minima di cattura: 23 cm. Gli interventi di conservazione a favore di questa specie interessano principalmente due aspetti: la regolamentazione in senso più restrittivo dell attività di cattura degli avannotti da destinare alla piscicol- tura e al ripopolamento; il controllo dell inquinamento delle acque marine costiere, così come di quelle estuariali e lagunari. Circa gli ambienti delle acque interne che svolgono la funzione di nursery areas sono auspicabili misure di protezione di più ampia portata. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al.,

197 PERCIDI PERCIDAE Bocca grande, in posizione mediana; premascellari protrattili o non; sopramascellare assente. Denti piccoli e conici, disposti in serie sulle mascelle e spesso anche sul vomere e sui palatini. 5-8 raggi branchiostegi; membrane branchiosteghe non saldate all istmo e più o meno unite fra loro. Pseudobranchie ben sviluppate o rudimentali. Due pinne dorsali, divise o a contatto fra loro, di cui la prima sostenuta da raggi spiniformi. Pinna anale con uno o (più frequentemente) due raggi spiniformi, di cui il secondo più debole. Pinne ventrali in posizione toracica, con un raggio spiniforme e 5 molli. Vescica gassosa ben sviluppata in alcune specie, ridotta in altre. Linea laterale a volte estesa fin sulla pinna caudale vertebre. I Percidi sono pesci d acqua dolce dell emisfero settentrionale, che si sono evoluti nel corso del Cenozoico; l area di origine è in Europa, mentre il Nord America è stato colonizzato in epoche successive. La famiglia, suddivisa nelle sottofamiglie Percinae e Luciopercinae, comprende 10 generi e circa 160 specie; una sola, del genere Perca, è indigena nei fiumi e nei laghi italiani. 196

198 PERSICO REALE Perca fluviatilis Linnaeus, 1758 Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Percidi Geonemia La specie ha un ampissima distribuzione euro-asiatica; nel nostro continente manca solo nella Penisola Iberica e nel versante adriatico dei Balcani. In Italia è indigena in tutte le regioni settentrionali. Nei laghi dell Umbria e del Lazio sono presenti popolazioni acclimatate, originatesi da materiale introdotto agli inizi del Novecento. Negli ultimi decenni è stata immessa e si è acclimatata in altri bacini dell Italia centrale, delle regioni meridionali, della Sicilia e della Sardegna. di vivere in diversi ambienti: bacini lacustri di ogni tipo, purchè abbiano una buona concentrazione di ossigeno; tratti medi e medio-bassi dei fiumi; acque salmastre e mari con bassa salinità (frequentati per motivi trofici nella parte settentrionale del suo areale). Mostra una prefe- Habitat Il Persico reale è un pesce con una discreta valenza ecologica, che gli consente 197

199 renza per le acque limpide e non vive in ambienti che hanno una concentrazione di ossigeno inferiore a 3 ml/l. Biologia È un predatore di media taglia (raggiunge, anche se eccezionalmente, i 50 cm di lunghezza totale e i 3,5 kg di peso), che almeno nelle prime classi di età mostra uno spiccato comportamento gregario; i gruppi, spesso numerosi, sono composti da giovani ma anche da qualche individuo più grande. Gli individui di età e taglia maggiore conducono vita solitaria. È noto che negli ambienti di grandi dimensioni possono essere frequentati habitat diversi: nei bacini lacustri dell Europa settentrionale, ad esempio, esistono Persici reali che vivono nelle acque basse e ricche di vegetazione, altri che prediligono le acque profonde, altri ancora che occupano la regione pelagica. La livrea varia in relazione ai diversi tipi di habitat frequentati, e può essere influenzata dall alimentazione (colorazioni tendenti al giallo o al rosso dipendono da una dieta ricca di crostacei). L attività predatoria ha luogo durante le ore diurne ed è particolarmente intensa nel periodo primaverile ed estivo; negli ambienti più freddi si riduce nel periodo autunno-invernale, in relazione alla diminuzione della temperatura. La dieta è zooplanctofaga nel primo periodo della vita, basandosi successivamente soprattutto su invertebrati bentonici e pesci. I giovani si nutrono di larve di insetti, crostacei e, quando capita, uova di pesci. Con l aumentare della taglia diventa sempre più evidente l ittiofagia, esercitata comunque sempre su pesci di piccola taglia. Osservazioni compiute nel bacino del Po hanno evidenziato che i pesci maggiormente predati sono l Alborella, la Sanguinerola, il Cobite, il Ghiozzo padano, il Persico sole; è noto che esistono fe- nomeni di cannibalismo. Confrontando la dieta del Persico reale con quella del Luccio, le differenze consistono essenzialmente nella taglia delle prede (sempre più piccole quelle del Persico reale) e negli habitat in cui viene esercitata la predazione (che sono almeno in parte diversi). Anche il Persico reale, così come il Luccio, svolge un importante ruolo ecologico negli ecosistemi delle acque interne, controllando dal punto di vista demografico le popolazioni di vari pesci di piccola e media taglia ad alta fecondità (come la maggior parte dei Ciprinidi); agisce quindi come uno degli elementi della selezione naturale, anche a vantaggio delle popolazioni predate. Alle nostre latitudini l accrescimento risulta generalmente migliore rispetto al centro e nord Europa, probabilmente perché le condizioni termiche dei nostri corpi d acqua rendono breve l arco di tempo in cui si verifica l arresto invernale della crescita; in alcuni bacini, come ad esempio nel Lago Trasimeno, è stato osservato un accrescimento continuo durante tutto l anno. Nel bacino del Po, a un anno di età gli individui misurano circa 10 cm di lunghezza totale, a due anni 15 cm, a tre anni cm, a 5 anni cm; nel Lago Trasimeno, a un anno di età gli individui misurano circa 11 cm di lunghezza totale, a due anni 16 cm, a tre anni 21 cm, a 5 anni 27 cm, a 7 anni 31,5 cm. In Italia centrale esistono popolazioni che mostrano un modesto accrescimento (come ad esempio quelle dei Laghi di Piediluco e di Bracciano), probabilmente in relazione a parametri ambientali e demografici non ottimali. L età massima è normalmente 7-8 anni e non sono state evidenziate differenze nella crescita tra maschi e femmine. Nei nostri ambienti la maturità sessuale è raggiunta normalmente al 2 anno di età, in entrambi i sessi; sono state comunque osservate situazioni nel bacino del Po 198

200 dove una parte degli individui risulta matura già al 1 anno. La riproduzione ha luogo tra marzo e giugno, in relazione alla temperatura dei corpi d acqua (la deposizione dei gameti ha luogo quando la temperatura dell acqua è superiore a 7-8 C). Ciascuna femmina depone decine di migliaia di uova ( in relazione alla taglia), inglobate in lunghi nastri gelatinosi che svolgono funzione protettiva; la deposizione ha luogo prevalentemente nelle ore notturne e sulla vegetazione acquatica, ad alcuni metri di profondità; le uova di ciascuna femmina sono fecondate da più maschi. Rapporti con l uomo e conservazione Questa specie è oggetto sia di pesca professionale che sportiva, in primo luogo per l ottima qualità delle carni. Per l intera Europa negli anni 60 è stato stimato un pescato di t/annue. In vari bacini lacustri italiani c è stato negli ultimi 20 anni un decremento delle po- polazioni, legato alle seguenti cause: eccessivo sforzo di pesca, condotto anche su esemplari in età pre-riproduttiva; progressivo aumento dell inquinamento delle acque, con il passaggio degli ambienti da condizioni oligo-mesotrofiche a condizioni eutrofiche. Potrebbero anche esistere fenomeni di competizione alimentare con specie aliene, come ad esempio il Persico trota. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato a più basso rischio. Per compensare le perdite dovute alla pesca, in alcuni laghi (come ad esempio nel Garda) sono stati effettuati ripopolamenti utilizzando nastri di uova prelevati da altri bacini. Questa pratica non ci sembra corretta. Crediamo invece che il controllo della qualità delle acque e la tutela delle aree di frega, associate a misure più restrittive dell attività di pesca, possano essere sufficienti per favorire incrementi naturali del Persico reale, anche in relazione alla sua elevata fecondità. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1991; Lorenzoni et al., 1991; Muus e Dahlström,

201 SPARIDI SPARIDAE Capo grande con regione occipitale sviluppata, tale da determinare un profilo anteriore elevato; regione frontale nettamente prominente negli individui di età avanzata. Premascellari poco o affatto protrattili. Mascellare ricoperto dall estremità posteriore del premascellare; a bocca chiusa è nascosto sotto il preorbitale. Sopramascellare assente. Dentatura eterodonte sulle mascelle, con vari tipi di denti (molariformi, caniniformi, ecc) in relazione al regime alimentare; vomeri e palatini privi di denti. Bordo posteriore del preopercolo liscio; opercolo privo di spine. Una sola pinna dorsale, con raggi spiniformi nella parte anteriore e raggi molli in quella posteriore. Pinna anale con tre raggi spiniformi e 8-14 raggi molli. Inserzione delle pinne ventrali all altezza, o quasi, dell inserzione delle pettorali; pinne ventrali con processo ascellare, un raggio spiniforme e 5 raggi molli. Pinna caudale biloba. Vescica gassosa presente. Stomaco con alcune appendici piloriche. 6 raggi branchiostegi. Normalmente 24 vertebre. Gli Sparidi, di cui si conoscono fossili a partire dall Eocene, sono diffusi in tutte le acque temperate e tropicali. Sono pesci marini, che vivono generalmente nella fascia costiera; alcune specie sono eurialine e penetrano nelle lagune e negli estuari per motivi trofici. Nell ambito della famiglia è molto frequente l ermafroditismo, sia proterandrico che proteroginico. Le 100 specie circa che compongono il taxon vengono classificate in 29 generi; 9 di questi sono presenti nel Mar Mediterraneo. Una sola specie, del genere Sparus, penetra regolarmente nelle acque interne costiere. 200

202 ORATA Sparus auratus Linnaeus, 1758 Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Sparidi Habitat L Orata è un pesce con discreta valenza ecologica ed è ampiamente eurialina. Vive in ambienti diversi, anche in relazione alle diverse fasi del ciclo biologico: acque marine costiere, fino a 150 metri circa di profondità, dove predilige i margini delle scogliere e le praterie di Posidonia; estuari; lagune e laghi costieri. Geonemia La specie è presente nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero (dove risulta però rara) e lungo le coste dell Oceano Atlantico, dalla Gran Bretagna alle Isole di Capo Verde. Nel nostro paese è comune nella gran parte delle acque costiere marine e delle acque interne estuariali e lagunari. 201

203 Biologia È un pesce di taglia media (la lunghezza totale massima è di 70 cm e il peso di circa 5 kg), che vive prevalentemente in piccoli gruppi in acque costiere poco profonde; con l aumentare della taglia le abitudini diventano meno gregarie e vengono frequentate anche acque profonde. Dopo la riproduzione e lo sviluppo embrionale, che hanno luogo in mare tra la fine dell autunno e l inizio dell inverno, gli avannotti penetrano nelle lagune e negli estuari dove trovano condizioni termiche e trofiche ottimali per lo svolgimento delle fasi iniziali del ciclo biologico. Lungo le coste italiane la migrazione trofica nelle acque interne ha luogo tra gennaio e giugno, risultando massima nei mesi di marzo e aprile. Lagune ed estuari, definiti nursery areas, risultano particolarmente idonei all accrescimento per l elevata disponibilità alimentare e per la minore pressione predatoria rispetto al mare. Nei mesi invernali l Orata torna però in mare, spingendosi anche in acque relativamente calde e profonde, in quanto tollera con difficoltà le basse temperature delle lagune; nell alto Adriatico fra gli esemplari rimasti in inverno negli ambienti lagunari si verificano forti morie. La dentatura dell Orata è composta di 4-6 grossi denti caniniformi e di 3-5 serie di denti molariformi, di cui quelli posteriori particolarmente grandi. Questo apparato, supportato da robuste mascelle, è funzionale all alimentazione carnivora, prevalentemente malacofaga negli adulti; oltre ai molluschi (mitili, ostriche, ecc, di cui viene triturata agevolmente la conchiglia), la dieta si compone in minore misura di crostacei e occasionalmente di vegetali. Gli stadi giovanili si nutrono prima di zooplancton (larve di policheti, naupli di cirripedi e di copepodi) e poi di organismi bentonici (anfipodi, policheti e macrofite). L accrescimento è piuttosto rapido nelle acque interne, dove nell arco di due-tre mesi gli avannotti passano da 2 a 8 cm di lunghezza (14 g di peso); alla fine del 1 anno il peso è di circa g, al 2 circa 400 g, al 3 circa 800 g. La specie è normalmente ermafrodita proterandrica: l area testicolare delle gonadi matura alla fine del 2 anno di vita, e poi regredisce; l area ovarica matura alla fine del 3 anno. In una percentuale del 20% circa degli individui l inversione sessuale si blocca, e gli esemplari tornano di sesso maschile. Fra gli individui funzionalmente maschi e quelli funzionalmente femmine non c è dimorfismo sessuale. La riproduzione ha luogo in mare in un periodo normalmente compreso fra ottobre e dicembre, condizionato dall andamento termico stagionale. La deposizione dei gameti ha luogo vicino alla costa; ciascuna femmina, attraverso una serie di emissioni giornaliere, depone uova per ogni chilogramo di peso (mediamente le femmine di 3-6 anni pesano 0,7-3 kg). Le uova sono provviste di una goccia oleosa che le rende pelagiche. Rapporti con l uomo e conservazione Questa specie riveste una notevole importanza commerciale, essendo oggetto di pesca e allevamento; quest ultimo viene praticato sia in forma intensiva che estensiva. Mentre la piscicoltura intensiva utilizza avannotti prodotti artificialmente mediante riproduzione controllata, la vallicoltura (forma di piscicoltura estensiva praticata nelle lagune costiere) utilizza esclusivamente avannotti raccolti in natura, i soli a risultare idonei nelle instabili condizioni ambientali delle lagune. Considerando l elevata domanda commerciale di avannotti, la loro raccolta in natura contribuisce al depauperamento delle popolazioni naturali. Altro fattore di minaccia per l Orata è l inquinamento. Questo tipo di alterazione ambientale danneggia gli embrioni e i primi stadi giovanili nelle 202

204 acque marine costiere, e i successivi stadi giovanili nelle lagune e negli estuari. L Orata è una delle specie oggetto del Regolamento n 1626/94 del Consiglio dell UE che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel Mediterraneo ; oltre che a restrizioni nelle modalità di pesca, nell allegato IV è riportata la taglia minima di cattura: 20 cm. Gli interventi di conservazione a favore di questa specie interessano principal- mente due aspetti: la regolamentazione in senso più restrittivo dell attività di cattura degli avannotti da destinare alla piscicoltura e al ripopolamento; il controllo dell inquinamento delle acque marine costiere, così come di quelle estuariali e lagunari. Circa gli ambienti delle acque interne che svolgono la funzione di nursery areas sono auspicabili misure di protezione di più ampia portata. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1991; Rossi et al.,

205 BLENNIDI BLENNIIDAE Corpo allungato e generalmente compresso in senso laterale; regione preorbitale corta e alta; pelle completamente nuda o con poche scaglie modificate. Pinne ventrali quasi sempre presenti e inserite anteriormente all inserzione delle pinne pettorali; pinna dorsale con i primi raggi costituiti da sottili spine flessibili e quelli posteriori, che in genere sono più numerosi, molli; pinne pettorali con raggi indivisi; pinna anale con due spine (la prima delle quali è nascosta da pieghe di tessuto dell area genitale nelle femmine). Denti sempre assenti sui palatini, quasi sempre assenti sul vomere e presenti sulle mascelle in numero elevato. Quasi tutte le specie prive di vescica gassosa allo stadio adulto. I Blennidi appartengono al sottordine Blennioidei, caratterizzato dai seguenti elementi: peculiare conformazione dello scheletro della coda; presenza di un raggio spiniforme e 2-4 raggi molli nelle pinne ventrali; pinna anale con 0-2 raggi spiniformi seguiti da raggi molli indivisi; presenza di appendici a forma di cirri in varie parti del capo. Le specie sono generalmente adatte a vivere sul fondo; presentano spesso un evidente dimorfismo sessuale e depongono uova adesive nei confronti delle quali esercitano cure parentali. La gran parte dei Blennidi vive nelle acque marine costiere delle zone tropicale e temperate; poche specie hanno colonizzato le acque dolci. La famiglia, che ha avuto un notevole successo evolutivo, comprende oltre 50 generi e circa 350 specie; 21 di esse vivono nel bacino del Mediterraneo. Nelle acque interne italiane sono presenti due specie classificate nel genere Salaria, una d acqua dolce e l altra eurialina regolarmente presente negli estuari e nei laghi costieri; fra i caratteri del genere c è la presenza di denti caniniformi su entrambe le mascelle e la presenza di una cresta nucale nei maschi adulti. Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Salaria - Cirri sopraorbitali molto piccoli e semplici; raggi della pinna anale II.23-25; apice della pinna pettorale non esteso fino all ano; presenza di una macchia ovale dietro all occhio (poco evidente negli esemplari conservati)... S. pavo - Cirri sopraorbitali brevi e suddivisi in più filamenti; raggi della pinna anale II.15-20; pinna pettorale estesa fino all ano... S. fluviatilis 204

206 BAVOSA PAVONE Salaria pavo (Risso, 1810) Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Blennidi Questa specie e la seguente sono state classificate negli anni 80 nel genere Lipophrys, dopo che quest ultimo era stato riunito con il genere Salaria (Bock e Zander, 1986: vedi Kottelat, 1997). Secondo Kottelat (1997) i due generi vanno però mantenuti separati, in accordo con la revisione sistematica di Bath (1976); ci adeguiamo a questa posizione e classifichiamo la Bavosa pavone e la Cagnetta nel genere Salaria. Golfo di Guascogna al Marocco. Nel nostro paese è comune nella gran parte delle acque costiere marine e delle acque interne estuariali e lagunari. Geonemia La specie è presente nel Mediterraneo, nel Mar Nero e lungo le coste dell Oceano Atlantico, dalla parte meridionale del 205

207 Habitat La Bavosa pavone vive in acque poco profonde, soprattutto su fondali rocciosi e sassosi; è presente anche in aree con fondali molli, purché siano presenti oggetti e materiali da utilizzare come rifugio, e in ambienti dove ci sono arginature artificiali. Ha una discreta valenza ecologica, risultando euriterma e parzialmente eurialina; evita però le acque con salinità troppo bassa. Biologia È un pesce bentonico di piccola taglia (la lunghezza totale massima è di cm), della cui biologia si hanno solo modeste conoscenze. Particolarmente scarsi sono i dati relativi alle popolazioni italiane: non sono noti la durata del ciclo vitale, la velocità di accrescimento, l età in cui viene raggiunta la maturità sessuale. Circa l alimentazione, sembra che la specie sia onnivora: nel Delta del Po la dieta è composta prevalentemente di cirripedi e policheti, mentre in ambiente marino comprende notevoli quantità di sostanze vegetali. Il dimorfismo sessuale è molto evidente e riguarda alcuni caratteri morfologici (come la cresta occipitale, presente esclusivamente nei maschi adulti, e la papilla genitale) e la livrea che è più vistosa nel maschio (vedi Tavola: in alto, in basso). Gli individui adulti, sia maschi che femmine, mostrano comportamento territoriale; il territorio fa capo a un riparo che può essere rappresentato dalla fessura di uno scoglio o di un argine artificiale, da una pietra o da qualunque altro oggetto sommerso. Osservazioni compiute nel periodo riproduttivo in ambiente lagunare, dove scarseggiano oggetti da utilizzare come riparo, hanno portato ai seguenti ri- sultati: lo stesso maschio può utilizzare più di un riparo nella stessa stagione riproduttiva; c è una forte competizione per la conquista dei ripari dove avviene la riproduzione, e solo i maschi di taglia maggiore riescono a conquistarne uno; lo stesso oggetto con più aperture (come ad esempio un mattone) può essere utilizzato contemporaneamente da più maschi, che convivono mostrando un evidente riduzione dell aggressività nel territorio circostante il riparo. La riproduzione ha luogo tra la fine della primavera e la metà dell estate. Il maschio corteggia la femmina e la spinge a entrare nel proprio riparo per deporre le uova; queste sono provviste di filamenti adesivi. Il maschio esercita cure parentali fino alla schiusa, che avviene dopo circa una settimana. I piccoli pesci, che alla nascita misurano circa 4 mm, conducono per alcuni giorni vita pelagica disperdendosi nell ambiente; passano quindi a condurre vita bentonica. Rapporti con l uomo e conservazione La Bavosa pavone, grazie alla discreta valenza ecologica, a una buona tolleranza verso alcune tipologie di alterazione ambientale (come l inquinamento urbano) e alla buona consistenza di varie popolazioni, non è una specie a rischio. La minaccia più seria è rappresentata dall inquinamento industriale, che può danneggiare particolarmente gli stadi giovanili; il fenomeno è aggravato dall alto grado di antropizzazione che interessa gli ambienti occupati da questa specie, dalle abitudini bentoniche e dalle modeste capacità di spostamento. L intervento più importante da compiere a favore di questo Blennide riguarda il controllo dell inquinamento delle acque. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Almada et al., 1994; Gandolfi et al.,

208 CAGNETTA Salaria fluviatilis (Asso, 1801) Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Blennidi Per l attribuzione al genere Salaria, vedi la specie precedente. in Sardegna e nel Lago di Fondi), sia popolazioni che vivono in bacini lacustri interni (come ad esempio nel Lago di Garda e nel Lago di Bracciano). Geonemia Ha distribuzione circum-mediterranea ed è presente nella gran parte dei paesi europei, africani e asiatici che si affacciano su questo mare. In Italia è presente in modo discontinuo nelle regioni settentrionali, nel versante tirrenico fino alla Campania, in Sardegna e in Sicilia; sono state segnalate popolazioni isolate anche in Calabria e nel versante adriatico della penisola. Sono note sia popolazioni che vivono in aree costiere (come ad esempio 207

209 Habitat La Cagnetta vive in acque limpide e sufficientemente ossigenate di diversi tipi di ambiente: corsi d acqua di medie e piccole dimensioni, bacini lacustri d acqua dolce, laghi costieri con bassa salinità (dove ricerca però le aree a monte, più dulcicole). Non sembra mostrare una particolare selettività nei confronti del substrato: vive sia su fondali ghiaiosi e ciottolosi, sia su fondali fangosi con vegetazione acquatica, purché siano presenti oggetti e materiali da utilizzare come rifugio. Biologia È un pesce bentonico di piccola taglia (la lunghezza totale massima arriva normalmente a cm, eccezionalmente fino a 15 cm), della cui biologia si hanno solo modeste conoscenze. Particolarmente scarsi sono i dati relativi alle popolazioni italiane: non sono noti la durata del ciclo vitale, la velocità di accrescimento, l età in cui viene raggiunta la maturità sessuale, la composizione della dieta (genericamente viene riportato che si nutre di piccoli invertebrati bentonici). Il dimorfismo sessuale è molto evidente e riguarda la taglia (i maschi sono più grandi delle femmine), alcuni caratteri morfologici (come la cresta occipitale, presente esclusivamente nei maschi adulti, e la papilla genitale) e la livrea che è più vistosa nel maschio (vedi Tavola: in alto, in basso). Gli individui adulti, sia maschi che femmine, mostrano comportamento territoriale; il territorio fa capo a un riparo, in genere sotto un sasso ma anche sotto un qualunque altro oggetto sommerso, che viene ripulito mediante colpi di coda ed il trasporto con la bocca di ghiaia e frammenti vegetali. La riproduzione ha luogo tra aprile e luglio. Il maschio corteggia la femmina e la spinge ad entrare nel proprio riparo per deporre le uova (ciascuna fem- mina ne depone per volta); queste, che sono provviste di filamenti adesivi, vengono deposte e fecondate sulla volta del riparo. Lo stesso maschio può corteggiare più femmine e le ovature sono così composte da uova a diverso stadio di sviluppo, deposte da femmine diverse. A 20 C lo sviluppo embrionale è completato in circa due settimane. Rapporti con l uomo e conservazione La Cagnetta è presente in modo discontinuo nelle acque italiane, sia in relazione agli habitat idonei disponibili, che in conseguenza di estinzioni locali che hanno frammentato l areale. In alcune località la specie non risulta minacciata e le popolazioni sono numericamente consistenti; in altre aree la specie risulta invece in evidente decremento, soprattutto in relazione alle alterazioni degli habitat e all inquinamento. In Sicilia orientale è stata documentata la scomparsa della Cagnetta dal 75% delle stazioni monitorate fra gli anni 70 e gli anni 90: a metà degli anni 90 la specie era presente, con una bassa consistenza numerica, solo nella parte alta del bacino del Fiume Simeto (Ferrito e Tigano, 1996). Nel Lago di Fondi il consistente decremento verificatosi negli ultimi 20 anni è stato messo in relazione con l aumento del livello di inquinamento delle acque, dovuto anche a un uso indiscriminato di fitofarmaci, e con il fenomeno della salinizzazione (Zerunian e Leone eds., 1996); quest ultima modifica ambientale ha riguardato negli ultimi decenni molti laghi costieri italiani, in conseguenza di minori apporti d acqua dolce. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerata vulnerabile. Salaria fluviatilis è riportata fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). 208

210 Gli interventi a favore di questa specie dovrebbero riguardare in primo luogo il controllo dell inquinamento. È poi necessario il monitoraggio delle popolazioni e lo studio degli elementi fondamentali del- la loro biologia ed ecologia, anche per comprendere meglio le cause di declino ed identificare le più idonee misure di conservazione. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE : Gandolfi et al.,

211 GOBIDI GOBIIDAE Corpo piuttosto tozzo, subcilindrico, moderatamente allungato e un poco compresso nella parte posteriore. Scaglie ctenoidi o cicloidi, raramente assenti. Capo massiccio, in genere appiattito dorsalmente, con regione opercolare arrotondata e più o meno prominente. Ossa parietali e sopramascellari assenti. Regione preorbitale breve. Narici anteriori generalmente tubulari. Occhi ravvicinati, in posizione dorso-laterale, di norma sporgenti sul profilo del capo. Un solo osso suborbitale, assente in alcuni taxa. Bocca obliqua con mandibola leggermente prominente e labbra spesse; denti piccoli disposti in più serie sulle mascelle; su quella inferiore, lateralmente, sono presenti denti caniniformi. Membrane branchiosteghe unite all istmo e provviste di 5-6 raggi vertebre. Pinne con raggi spiniformi sottili e flessibili. Due pinne dorsali; l anteriore, più breve, è sostenuta da pochi raggi spiniformi (generalmente 6); la posteriore, più allungata, è in posizione opposta alla pinna anale. Pinna caudale arrotondata. Pinne ventrali in posizione toracica, con un raggio spiniforme e 5 raggi molli; carattere peculiare della famiglia è la fusione delle pinne ventrali a formare una sorta di disco (solo in alcune specie le pinne ventrali sono parzialmente o totalmente separate), che può fungere da organo adesivo agendo come una ventosa. Linea laterale non allineata lungo i fianchi; sul corpo e soprattutto sul capo è sviluppato un sistema di pori o papille sensoriali; sul capo sono inoltre spesso presenti canali mucosi, che si aprono all esterno con alcune specifiche papille normalmente ben visibili (vedi figura). La disposizione delle papille, denominate anche genipori o organi ciatiformi, e il grado di sviluppo dei canali mucosi differiscono nei vari taxa e rappresentano perciò un carattere utile nella diagnosi dei generi e delle specie. La famiglia appartiene al sottordine Gobioidei, uno dei più vasti nell ambito dei Perciformi. Già presenti nell Eocene, i Gobioidei attuali comprendono oltre 2100 specie classificate in circa 270 generi e 8 famiglie. La grande maggioranza dei Gobioidei appartiene alla famiglia Gobiidae, che comprende circa 210 generi e quasi 1900 specie. Questi pesci, diffusi in tutto il pianeta e in grandissima parte bentonici, hanno sviluppato una molteplicità di adattamenti agli ambienti più diversi. La maggior parte delle specie vive in acque marine costiere, ma una discreta percentuale è presente nelle acque dolci; alcune hanno colonizzato ambienti peculiari come quello cavernicolo, ed altre hanno evoluto la capacità di spostarsi e respirare in ambienti umidi fuori dall acqua. Varie specie svolgono cure parentali; in alcune è nota la produzione di suoni. L area mediterranea è una delle più interessanti per i molteplici fenomeni di adattamento e speciazione: sono presenti circa 30 generi ed oltre 50 specie. 10 di esse, classificate nei generi Gobius, Padogobius, Pomatoschistus, Knipowitschia e Zosterisessor, vivono nelle acque interne italiane; 5 sono d acqua dolce e risultano endemiche o subendemiche nel nostro paese. 210

212 Disposizione tipo dei canali mucosi cefalici e delle relative papille nei Gobidi; queste, normalmente ben visibili, vengono indicate convenzionalmente con lettere greche. Viene inoltre riportata la serie sottorbitale a di piccole papille, utilizzata nella chiave per il riconoscimento dei generi. Chiave per il riconoscimento dei generi 1. Papille sottorbitali a presenti Papille sottorbitali a assenti Canali mucosi cefalici assenti o ridotti, senza pori preorbitali σ......knipowitschia - Canali mucosi cefalici completi, con pori preorbitali σ vicini al margine anteriore degli occhi.. Pomatoschistus 3. Corpo compresso in senso laterale; occhio non sporgente rispetto al profilo del capo... Zosterisessor - Corpo depresso in senso dorso-ventrale; occhio sporgente rispetto al profilo del capo

213 4. Completo sviluppo dei canali mucosi cefalici, con presenza di tutti i pori......gobius - Canali mucosi cefalici assenti......padogobius Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Pomatoschistus 1. Più di 50 scaglie lungo i fianchi P. minutus - Meno di 50 scaglie lungo i fianchi Assenza del canale mucoso preopercolare... P. canestrini - Presenza del canale mucoso preopercolare Più di 35 scaglie lungo i fianchi P. marmoratus 212

214 - Meno di 35 scaglie lungo i fianchi P. tortonesi Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Knipowitschia 1. Canali mucosi cefalici presenti ma ridotti (comunque senza i pori preorbitali σ)... K. panizzae - Canali mucosi cefalici assenti K. punctatissima Chiave per il riconoscimento delle specie del genere Gobius 1. Scaglie normalmente presenti nella regione predorsale; raggi II-V della prima pinna dorsale prolungati oltre le membrane interradiali (in particolare nei maschi)... G. niger - Scaglie ridotte nella regione predorsale, anteriormente alla prima pinna dorsale; raggi della prima pinna dorsale non prolungati... G. nigricans 213

215 GHIOZZETTO MARMOREGGIATO Pomatoschistus marmoratus (Risso, 1810) Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Gobidi Geonemia È presente nelle acque costiere europee e nord-africane dell Oceano Atlantico (dal Golfo di Guascogna al Marocco), nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero, nel Canale di Suez (fino al Lago Timsah). In Italia sembra essere diffuso in tutte le acque costiere marine e nelle acque interne costiere, ma non si hanno dati certi sulla distribuzione (anche per la possibile confusione con altri Gobidi di piccola taglia); è certamente frequente nelle lagune dell alto Adriatico. Habitat Il Ghiozzetto marmoreggiato è un Gobide con ampia valenza ecologica, in particolare per ciò che riguarda la temperatura e la salinità. Vive sui fondali sabbiosi degli ambienti litorali marini e penetra regolarmente nelle acque interne costiere lagunari ed estuariali, risultando più frequente nelle aree con salinità superiore a ; è però in grado di spingersi anche in zone con salinità minore. Predilige fondali bassi e privi di vegetazione algale; nel periodo invernale si porta però in acque più profonde, soprattutto in mare. Biologia È un pesce bentonico di taglia molto piccola (la lunghezza totale massima non supera i 7 cm). Le caratteristiche del ciclo??? 214

216 vitale sono tipiche di una specie adatta a vivere in ambienti instabili come quelli estuariali e lagunari, dove è in grado di occupare anche le aree più esposte alle maree: precoce raggiungimento della maturità sessuale, estesa stagione riproduttiva e deposizione a più riprese dei gameti, alta fertilità, alta mortalità. Si nutre di piccoli organismi meio- e macrobentonici e, nei primi mesi di vita, di organismi planctonici; può essere considerato un predatore opportunista: la dieta è composta da policheti, copepodi arpacticoidi, copepodi calanoidi, naupli ed altre forme larvali di crostacei, anfipodi e misidiacei. L accrescimento è rapido, e al termine del primo anno di vita raggiunge il 60-65% della taglia massima. La maturità sessuale è raggiunta al primo anno in entrambi i sessi, e il ciclo vitale non supera normalmente i due anni; le femmine sono in percentuale superiore rispetto ai maschi, potendo arrivare in alcune popolazioni fino quasi al triplo di questi ultimi. Il dimorfismo sessuale è evidente durante il periodo riproduttivo ed interessa soprattutto la livrea: i maschi assumono una colorazione scura, che riguarda in particolare il capo e le pinne ventrali; nelle femmine si evidenzia una macchia scura nell area giugulare e si intensificano le due bande brune che decorrono dagli occhi agli angoli della bocca. Nel Mediterraneo la riproduzione ha luogo durante un lungo periodo che va da febbraio ad agosto; nel Lago Timsah (Canale di Suez), dove vive una popolazione stabile di origine mediterranea, si riproduce invece da novembre ad aprile quando la temperatura è più fresca rispetto ai mesi estivi. Gli individui iniziano a riprodursi quando sono lunghi 2,5 cm circa. Nel comportamento riproduttivo il maschio corteggia la femmina con segnali visivi e acustici. I gameti vengono deposti entro un riparo ricavato sotto pietre, rami o altri oggetti sommersi. Ogni femmina depone le uova più volte durante il periodo riproduttivo; complessivamente vengono deposte da 300 a 1300 uova. Le cure parentali sono esercitate esclusivamente dai maschi. Subito dopo la schiusa delle uova, i piccoli pesci conducono vita pelagica; trasportati passivamente dalle correnti si disperdono nell ambiente e, raggiunta la lunghezza di mm, iniziano a condurre vita bentonica. L estensione del periodo riproduttivo e le deposizioni ripetute in una stessa stagione fanno sì che ogni popolazione si compone di vari gruppi aventi età e taglia diverse. Rapporti con l uomo e conservazione La specie riveste solo un modestissimo interesse per la pesca professionale, essendo occasionalmente commercializzata (come pesce da frittura) insieme ad altri Gobidi di piccola taglia. A causa dell alto grado di antropizzazione degli ambienti che interessano l areale della specie, la minaccia più consistente per il Ghiozzetto marmoreggiato è rappresentata dall inquinamento industriale, che può danneggiare particolarmente gli stadi giovanili; le abitudini bentoniche, la piccola taglia e la ridotta vagilità rendono più vulnerabile questa specie. L intervento più importante da compiere a favore di questo piccolo Gobide riguarda il controllo dell inquinamento delle acque. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE : Fouda et al., 1993; Gandolfi et al., 1991; Maccagnani et al.,

217 GHIOZZETTO MINUTO Pomatoschistus minutus elongatus (Canestrini, 1861) Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Gobidi La sottospecie elongatus comprende le popolazioni mediterranee, e forse anche quelle del Mar Nero; gli elementi distintivi rispetto alle popolazioni atlantiche di P. minutus sono i seguenti: ciclo vitale più breve, taglia più piccola, più basso numero di scaglie lungo i fianchi, più basso numero di papille sensoriali, pigmentazione più scura nella regione ventrale. Non tutti gli autori sono però d accordo nel riconoscere sottospecie di P. minutus, che mostra una grande variabilità e fenotipi dipendenti dalle condizioni ambientali (vedi Tortonese, 1975). Sono comunque state evidenziate significative differenze biochimiche fra esemplari della laguna veneta ed esemplari dell Oceano Atlantico (Stefanni et al., 1996). Geonemia La distribuzione del complesso P. minutus (costituito dalle specie P. minutus, P. lozanoi e P. norvegicus) comprende l Oceano Atlantico dalla Norvegia a Gibilterra, il Mar Baltico, il Mar Mediterraneo e il Mar Nero. Per quanto riguarda l Italia la sottospecie P. minutus elongatus sembra essere presente nelle acque costiere marine e nelle acque interne costiere della penisola, sia tirreniche che adriatiche, e della Sardegna, ma non si hanno dati certi sulla distribuzione (anche per la possibile confusione con altri Gobidi di piccola taglia); è certamente frequente nelle lagune dell alto Adriatico.???? 216

218 Habitat Il Ghiozzetto minuto è un Gobide con ampia valenza ecologica, in particolare per ciò che riguarda la temperatura e la salinità. Vive su fondali sabbiosi degli ambienti litorali marini, fino a 50 metri circa di profondità, e penetra regolarmente nelle acque interne costiere lagunari ed estuariali dove predilige aree prive di vegetazione; i giovani in particolare si spingono anche in zone con bassi valori di salinità. Biologia È un pesce bentonico di taglia piccola (la lunghezza totale massima raggiunta nelle popolazioni mediterranee è di 8-8,5 cm). Le caratteristiche del ciclo vitale sono tipiche di una specie adatta a vivere in ambienti instabili, come quelli estuariali e lagunari: precoce raggiungimento della maturità sessuale, estesa stagione riproduttiva e deposizione a più riprese dei gameti, alta fertilità, alta mortalità. Il Ghiozzetto minuto svolge sempre la fase trofica nelle acque interne costiere, ambienti con elevate risorse alimentari, mostrando però due diversi comportamenti migratori a differenti latitudini: nell area del Mare del Nord e del Mar Baltico la migrazione in mare è legata alla temperatura e ha luogo quando in laguna i valori scendono sotto i 4-5 C; nell area del Mediterraneo la migrazione in mare è associata alla riproduzione. Scarse sono le conoscenze sull alimentazione nell area mediterranea. Presso le coste belghe del Mare del Nord P. minutus si nutre soprattutto di calanoidei, arpactoidei, anfipodi, policheti, bivalvi e, nel periodo riproduttivo, uova di conspecifici (presumibilmente in seguito ad incursioni aggressive fuori dal proprio territorio); è quindi essenzialmente un predatore opportunista di piccoli invertebrati bentonici. L accrescimento è rapido ed è leggermente superiore nei maschi, che raggiungono lunghezze di poco maggiori delle femmine; i mesi in cui ha luogo l aumento di taglia sono quelli compresi fra la tarda primavera e l inizio dell estate; poi, dopo un periodo di pausa, la crescita riprende nel periodo autunnale. La maturità sessuale è raggiunta entro il primo anno di età (a 8-12 mesi) in entrambi i sessi, quando gli individui misurano circa 5,5 cm di lunghezza. Il dimorfismo sessuale è evidente solo nel periodo riproduttivo: i maschi diventano più scuri e le macchie sui fianchi si allungano a dare delle fasce verticali. Da studi condotti in un ambiente lagunare del sud della Francia (area del Delta del Rodano) è emerso che il ciclo vitale è di un solo anno. Nel bacino del Mediterraneo in marzo-aprile gli individui abbandonano le acque interne per raggiungere il mare dove ha luogo la riproduzione, che si protrae fino a luglio. Le ragioni della migrazione riproduttiva del Ghiozzetto minuto non sono chiare; sono state formulate le seguenti ipotesi: a) le conchiglie di dimensioni medio-grandi, indispensabili come riparo durante la riproduzione, scarseggiano nelle lagune e negli estuari; b) la percentuale di sopravvivenza delle uova e delle larve è bassa alle alte temperature estive delle lagune; c) le larve, pelagiche, potrebbero essere stenoaline marine e perciò inadatte a vivere a bassa salinità. Come riparo per la deposizione dei gameti vengono utilizzate conchiglie di molluschi bivalvi di dimensioni medio-grandi (Mytilus galloprovincialis, Ostrea edulis, Chlamys opercularis, Cardium edule, ecc): il maschio scava una cavità sotto la conchiglia e ricopre la stessa di sabbia mediante vigorosi colpi con la pinna caudale. Ogni femmina depone più volte durante il periodo riproduttivo, per un totale di uova. Le cure parentali sono esercitate esclusivamente dal maschio. Nell area mediterranea gli individui 217

219 muoiono poco tempo dopo la riproduzione. Lo sviluppo embrionale va avanti regolarmente con temperature comprese fra 10 e 20 C, impiegando 6-20 giorni. Subito dopo la schiusa delle uova, i piccoli conducono vita pelagica; trasportati passivamente dalle correnti si disperdono nell ambiente e, raggiunta la lunghezza di circa 20 mm, iniziano a condurre vita bentonica. La migrazione trofica nelle lagune e negli estuari ha inizio nella tarda primavera, quando i giovani pesci misurano circa 3 cm. Rapporti con l uomo e conservazione La specie riveste solo un modestissimo interesse per la pesca professionale, essendo occasionalmente commercializ- zata (come pesce da frittura) insieme ad altri Gobidi di piccola taglia. A causa dell alto grado di antropizzazione degli ambienti che interessano l areale della specie, la minaccia più consistente per il Ghiozzetto minuto è rappresentata dall inquinamento industriale, che può danneggiare particolarmente gli stadi giovanili; le abitudini bentoniche, la piccola taglia e la ridotta vagilità rendono più vulnerabile questa specie. Pomatoschistus minutus è elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). L intervento più importante da compiere a favore di questo piccolo Gobide riguarda il controllo dell inquinamento delle acque. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Bouchereau et al., 1989; Hamerlynck e Cattrijsse, 1994; Pampoulie et al.,

220 GHIOZZETTO CENERINO Pomatoschistus canestrini (Ninni, 1883) Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Gobidi Geonemia È un endemismo italiano presente nelle acque interne costiere dell alto Adriatico, in Friuli-Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna; è presente anche in acque interne del Golfo di Taranto (foce del Fiume Sinni), ma si tratta probabilmente di una popolazione acclimatata originatasi da individui immessi accidentalmente insieme a novellame di specie eurialine di interesse alieutico; è stato recentemente rinvenuto nel Lago Trasimeno, dove sembra che la popolazione acclimatata abbia una buona consistenza. Alla fine dell Ottocento il Ghiozzetto cenerino è stato segnalato in Dalmazia, nel Fiume Jadro; questa popolazione non è stata però più osservata da oltre un secolo, per cui è probabile che si sia estinta. salinità. È tipico di ambienti salmastri e lagunari, dove occupa acque poco profonde caratterizzate da fondali fangosi e vegetazione macrofitica (soprattutto Ulva sp.); nel periodo invernale tende a spostarsi nelle zone maggiormente influenzate dalle acque marine. Può vivere anche in mare e nelle acque dolci. Biologia È un pesce bentonico di taglia molto piccola (la lunghezza totale massima raggiunta dai maschi, che sono più grandi Habitat Il Ghiozzetto cenerino è un Gobide con ampia valenza ecologica, in particolare per ciò che riguarda la temperatura e la 219

221 delle femmine, è di 6,5 cm) che, pur non essendo territoriale nella gran parte dell anno, si distribuisce in modo uniforme probabilmente per motivi trofici. Le caratteristiche del ciclo vitale sono tipiche di una specie adatta a vivere in ambienti instabili, come quelli estuariali e lagunari: precoce raggiungimento della maturità sessuale, estesa stagione riproduttiva e deposizione a più riprese dei gameti, alta fertilità, alta mortalità. Si nutre di piccoli invertebrati bentonici, principalmente copepodi arpacticoidi; in primavera la dieta degli adulti comprende anche policheti (soprattutto del genere Nereis), anfipodi e isopodi; in autunno i giovani si cibano anche di cirripedi e di ostracodi. Il ciclo vitale dura un solo anno. I giovani crescono rapidamente in estate e nella prima parte dell autunno; dopo un rallentamento nei mesi più freddi, l accrescimento riprende in primavera fino a portare i maschi alla lunghezza massima di 6,5 cm, e le femmine a 5 cm circa. Il dimorfismo sessuale è molto evidente e, oltre la taglia, riguarda la papilla genitale (corta e rotondeggiante nella femmina, allungata e conica nel maschio), diversi caratteri morfometrici (pinne più sviluppate nel maschio) e la livrea: nel maschio risaltano una fascia bianca a forma di V nella parte posteriore del capo, sottili bande verticali sui fianchi, due macchie nere sulla prima pinna dorsale di cui quella più anteriore con contorno azzurro; nella femmina sono evidenti due bande scure dagli occhi agli apici della bocca e, nel periodo riproduttivo, la colorazione giallo chiaro del ventre. La convivenza di due diverse classi di età, i nati all inizio della stagione riproduttiva e gli adulti ancora in attività di riproduzione, si verifica solo nella tarda primavera; durante l estate ha luogo la morte pressoché totale degli adulti, e in autunno l intera popolazione è costituita solo da giovani immaturi. La riproduzione ha luogo da fine marzo a giugno-luglio. Come nella maggior parte dei Gobidi, in questo periodo il maschio diventa territoriale e difende con forza un riparo entro cui avverrà la deposizione dei gameti e una piccola area circostante; gli atteggiamenti di minaccia nei confronti degli intrusi sono i seguenti: assunzione di una colorazione scura (particolarmente nella regione cefalica), allargamento degli opercoli, erezione delle pinne dorsali; se le minacce non sono sufficienti, seguono attacchi frontali e laterali. Nella maggior parte dei casi gli oggetti utilizzati come riparo sono pietre, pezzi di legno, valve di molluschi (varie specie dei generi Mytilus, Mactra, Crassostrea, Ostrea e Strobicularia). Il maschio corteggia la femmina con segnali visivi e acustici, e la induce ad entrare nel riparo; sulla volta di quest ultimo i due partner, in posizione capovolta, depongono i gameti. Ciascuna femmina depone uova per volta, fino a un massimo di 10 volte nel corso della stagione riproduttiva. Più femmine possono deporre le uova nel riparo di uno stesso maschio. Dopo la fecondazione, il maschio difende le uova ed esercita cure paterne fino alla schiusa, che alla temperatura di C avviene in 5-7 giorni. Rapporti con l uomo e conservazione La specie riveste un limitato interesse per la pesca professionale, essendo commercializzata (come pesce da frittura) insieme ad altri Gobidi di piccola taglia. In considerazione dell elevato numero di individui, concentrati soprattutto nelle aree ripariali, riveste una grande importanza nelle reti trofiche degli ecosistemi lagunari ed estuariali dove vive. A causa dell alto grado di antropizzazione dei bacini idrografici che interessano l areale della specie, la minaccia più consistente per il Ghiozzetto cenerino è rappresentata dall inquinamento industriale, che può danneggia- 220

222 re particolarmente gli stadi giovanili; l areale piuttosto ristretto, l occupazione dei tratti a valle dei bacini fluviali (dove ci sono in genere alte concentrazioni di inquinanti), le abitudini bentoniche, la piccola taglia e la ridotta vagilità rendono più vulnerabile questa specie. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato a più basso rischio. Pomatoschistus canestrini è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie particolarmente protette nella Convenzione di Berna (all. II). L intervento più importante da compiere a favore di questa specie riguarda il controllo dell inquinamento delle acque. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1982; Gandolfi et al.,

223 GHIOZZETTO DEL TORTONESE Pomatoschistus tortonesei Miller, 1968 Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Gobidi Geonemia Si tratta probabilmente di un subendemismo italiano: nel nostro paese la specie è nota in un solo ambiente lagunare della Sicilia occidentale, lo Stagnone di Marsala; è stata anche rinvenuta in Nord Africa, nella laguna di Farwah (Libia, vicino al confine con la Tunisia). La reale distribuzione di questo Gobide resta comunque sconosciuta. di circa 1,5 m su fondali fangosi a Caulerpa sp., mentre la sua presenza è quasi nulla nelle aree dove domina Posidonia oceanica. Per quanto riguarda le condizioni generali dello Stagnone di Marsala, dove questo Gobide è presente tutto l anno, la salinità oscilla stagionalmente da 26 a 43, la temperatura da 7 a 35 C; consistenti sono inoltre le escursioni di marea, per cui la specie si trova non di rado Habitat Il Ghiozzetto del Tortonese mostra un ampia valenza ecologica, in particolare per ciò che riguarda la temperatura e la salinità. Vive in acque molto basse (0-30 cm) con fondo costituito da sabbie grossolane e fango, dove è presente vegetazione macrofitica costituita da Cymodocea nodosa; è rinvenibile fino alla profondità?? 222

224 in zone momentaneamente emerse sotto grosse pietre o depressioni contenenti ancora acqua. Biologia È un pesce bentonico di taglia molto piccola (la lunghezza totale massima sembra essere di 3,5 cm), tanto che potrebbe trattarsi del più piccolo vertebrato della fauna italiana. È in grado di svolgere l intero ciclo biologico in ambiente salmastro, ma le conoscenze sono modeste. Il ciclo vitale sembra essere di un solo anno, come quello di altri piccoli Gobidi di laguna. La maturità sessuale è raggiunta alla lunghezza di 2,5 cm circa; esiste dimorfismo sessuale che interessa la papilla genitale (allungata e conica nei maschi, corta e con due punte terminali nelle femmine) e la livrea durante il periodo riproduttivo: nel maschio le numerose fasce verticali sui fianchi assumono un tono scuro, si evidenziano due intense bande nere fra l occhio e la bocca, la regione ventrale del capo diventa scura; nelle femmine sono evidenti tre fasce verticali nere nella metà posteriore del corpo, una banda nera dall occhio alla bocca, un intensa colorazione gialla nella regione ventrale. La stagione riproduttiva comprende la tarda primavera e l inizio dell estate. La specie mostra uno spiccato territorialismo. Questo piccolo pesce sembra giocare un ruolo importante nella rete trofica del- l ecosistema lagunare, in considerazione della relativa abbondanza durante tutte le stagioni. L alimentazione è tipica di una specie generalista, che preda ogni sorta di piccoli invertebrati bentonici tipici della prateria a C. nodosa. Di notte, quando l attività alimentare risulta maggiore, si ciba soprattutto di anfipodi gammaridi e tanaidacei; di giorno cattura copepodi arpacticoidi, policheti, cumacei e larve di insetti. È a sua volta predato da numerose specie ittiche, tra cui Gobidi di taglia maggiore. Rapporti con l uomo e conservazione Il Ghiozzetto del Tortonese non riveste alcuna importanza per la pesca, ma sembra giocare un importante ruolo ecologico. Non essendoci dati esaustivi circa il numero e la consistenza delle popolazioni che compongono la specie, non è possibile formulare valutazioni sullo stato di conservazione. I dati relativi alla consistenza della popolazione vivente nello Stagnone di Marsala sono di quasi 30 anni fa, e necessitano perciò di un aggiornamento. Pomatoschistus tortonesei è elencato fra le specie particolarmente protette nella Convenzione di Berna (all. II). Sono indispensabili ricerche sulla biologia e l ecologia di questo piccolo Gobide. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Cavallaro et al., 1978; Mirto et al., 1996; Scilipoti et al.,

225 GHIOZZETTO DI LAGUNA Knipowitschia panizzae (Verga, 1841) Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Gobidi Geonemia È una specie subendemica in Italia, il cui areale originario comprende le acque interne costiere dell alto Adriatico (Friuli- Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna) e la Dalmazia (a sud almeno fino al Fiume Neretva). In Italia centro-meridionale sono note varie popolazioni acclimatate (Lago di Lesina, lagune della Toscana e del Lazio, canali della Piana Pontina, Lago Trasimeno, Lago di Bolsena); alcune di queste hanno avuto origine anni fa da individui immessi accidentalmente insieme a novellame di specie eurialine di interesse alieutico, altre si sono formate in anni successivi per colonizzazione naturale a partire dalle prime. salinità. È tipico di ambienti salmastri e lagunari, dove occupa acque poco profonde caratterizzate da fondali fangosi ed abbondanza di vegetazione macrofitica (soprattutto Enteromorpha sp.); tende a risalire i corsi d acqua fino al tratto medio, prediligendo le aree ripariali dove la corrente è lenta; trova habitat idoneo anche nei canali di bonifica ricchi di vegetazione. È presente con popolazioni acclimatate in laghi interni d acqua dolce. Habitat Il Ghiozzetto di laguna è un Gobide con ampia valenza ecologica, in particolare per ciò che riguarda la temperatura e la 224

226 Biologia È un pesce di taglia molto piccola (la lunghezza totale massima supera raramente i 4,5 cm), tanto da risultare tra i più piccoli vertebrati presenti sul territorio italiano. Le caratteristiche del suo ciclo vitale sono tipiche di una specie adatta a vivere in ambienti instabili, come quelli estuariali e lagunari: precoce raggiungimento della maturità sessuale, estesa stagione riproduttiva e deposizione a più riprese dei gameti, alta fertilità, alta mortalità. All interno dei vari ambienti, predilige però le aree che presentano una minore variazione nei parametri chimicofisici. Pur essendo prevalentemente bentonico, si muove abbastanza frequentemente a mezz acqua alla ricerca di cibo. Dal punto di vista trofico può essere definito un predatore opportunista: si nutre infatti di vari tipi di piccoli invertebrati bentonici (come policheti e copepodi arpacticoidi) e planctonici (come copepodi calanoidi e varie forme larvali di crostacei), questi ultimi soprattutto nei primi mesi di vita. Il ciclo vitale dura un solo anno. L accrescimento è molto rapido in estate e nella prima parte dell autunno, così da produrre taglie idonee per la riproduzione nella primavera. Il dimorfismo sessuale riguarda la papilla genitale (corta e rotondeggiante nella femmina, allungata e conica nel maschio), alcuni rapporti morfometrici e la livrea: nel maschio risaltano una serie di macchie scure tendenti a formare bande verticali sui fianchi, tre fasce scure trasversali e una macchia ocellare nero-blu sulla prima pinna dorsale, una colorazione complessivamente scura durante il periodo riproduttivo; nella femmina sono evidenti due bande scure dagli occhi al labbro superiore, una macchia scura triangolare in posizione mediana sotto la bocca e, nel periodo riproduttivo, la colorazione giallo intenso del ventre. La convivenza di due di- verse classi di età, i nati all inizio della stagione riproduttiva e gli adulti ancora in attività di riproduzione, si verifica solo nella tarda primavera; durante l estate ha luogo la morte pressoché totale degli adulti, e in autunno l intera popolazione è costituita solo da giovani immaturi. La stagione riproduttiva è molto lunga, e va dalla fine di febbraio a luglio-agosto. Pur non mostrando territorialismo nel resto dell anno, come nella maggior parte dei Gobidi in questo periodo il maschio diventa territoriale e difende con forza un riparo entro cui avverrà la deposizione dei gameti e una piccola area circostante; gli atteggiamenti di minaccia nei confronti degli intrusi sono i seguenti: assunzione di una colorazione scura (particolarmente nella regione cefalica), allargamento degli opercoli, erezione delle pinne dorsali; se le minacce non sono sufficienti, seguono attacchi frontali e laterali. Mostra una certa selettività nella scelta degli oggetti utilizzati come riparo, prediligendo negli ambienti salmastri le valve di Cerastoderma lamarcki; svolge un intensa attività di scavo prima per ampliare lo spazio sotto la conchiglia e poi, dopo la deposizione dei gameti, per occultarla quasi completamente ricoprendola di sabbia. Il maschio corteggia la femmina con segnali visivi e acustici, e la induce ad entrare nel riparo; la femmina risponde avvicinandosi nuotando a mezz acqua (negli altri Gobidi d acqua dolce italiani i vari comportamenti hanno luogo invece sempre sul fondo). Sulla volta del riparo i due partner, in posizione capovolta, depongono i gameti. Nel Ghiozzetto di laguna la riproduzione è tipicamente poligama, poiché normalmente ogni femmina depone le sue uova nei ripari di maschi diversi, e questi ultimi di conseguenza fecondano uova di più femmine; ha luogo così un forte rimescolamento genico che, associato a un elevato numero di uova prodotte da ciascuna femmina, conferisce alla spe- 225

227 cie alte probabilità di successo negli ambienti dove è naturalmente presente, come gli estuari e le lagune. Dopo la fecondazione il maschio difende le uova ed esercita cure paterne fino alla schiusa, che alla temperatura di 20 C ha luogo dopo circa 7 giorni; la frequente poligamia fa sì che ciascun maschio, terminate le cure paterne nei confronti di una prima ovatura, riprenda subito dopo ad occuparsi di ovature successive fino al termine della stagione riproduttiva. I giovani conducono vita pelagica per circa un mese, prima di assumere abitudini prevalentemente bentoniche. Rapporti con l uomo e conservazione La specie riveste un limitato interesse per la pesca professionale, essendo commercializzata (come pesce da frittura) insieme ad altri Gobidi di piccola taglia. In considerazione dell elevato numero di individui, concentrati soprattutto nelle aree ripariali, riveste una grande importanza nelle reti trofiche degli ecosistemi lagunari ed estuariali dove vive. A causa dell alto grado di antropizzazione dei bacini idrografici che interessano l areale naturale della specie, la minaccia più consistente per il Ghiozzetto di laguna è rappresentata dall inquinamento industriale, che può danneggiare particolarmente gli stadi giovanili; l areale naturale piuttosto ristretto, l occupazione dei tratti a valle dei bacini fluviali (dove ci sono in genere alte concentrazioni di inquinanti), le abitudini prevalentemente bentoniche, la piccola taglia e la ridotta vagilità rendono più vulnerabile questa specie. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato a più basso rischio. Knipowitschia panizzae è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). L intervento più importante da compiere a favore di questa specie riguarda il controllo dell inquinamento delle acque. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi, 1972; Gandolfi et al., 1991; Maccagnani et al.,

228 PANZAROLO Knipowitschia punctatissima (Canestrini, 1864) Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Gobidi Questa specie, descritta nell Ottocento come Gobius punctatissimus e poi ritenuta non valida (vedi Tortonese, 1975), è stata riscoperta negli anni 80 e classificata nel genere monotipico Orsinigobius (Gandolfi et al., 1985). Successivamente, sulla base di varie affinità, il Panzarolo è stato classificato nel genere Knipowitschia (Economidis e Miller, 1990). Habitat Il Panzarolo è un Gobide tipico degli ambienti di risorgiva, caratterizzati da acque limpide e ben ossigenate, moderatamente correnti, con temperatura quasi costante nel corso dell anno, fondo sabbioso e discreta frequenza di vegetazione macrofitica. Trattandosi di una specie stenoecia, necessita di una buona qualità dell acqua e più in generale dell ambiente. Geonemia È un endemismo della Regione Padana, il cui areale originario comprendeva tutta la fascia delle risorgive dell alta pianura a nord del Po, dalla Lombardia al Friuli- Venezia Giulia; oggi l areale è fortemente ridotto e mostra una certa continuità solo nella parte orientale. È stata recentemente scoperta una popolazione isolata in Dalmazia (Fiume Matica), relitto della paleogeografia del bacino del Po, molto simile alle popolazioni dell Italia settentrionale ma classificata come sottospecie a se stante: K. punctatissima croatica. 227

229 Biologia È un pesce bentonico di taglia molto piccola (la lunghezza totale massima raggiunta dai maschi, che sono un po più grandi delle femmine, è di 5,5 cm), la cui biologia è poco conosciuta. Il ciclo vitale dura due-tre anni. Si nutre di piccoli invertebrati bentonici, come isopodi, anfipodi e larve di insetti (soprattutto efemerotteri e ditteri chironomidi). L accrescimento è rapido e la maturità sessuale è raggiunta, in entrambi i sessi, al primo anno di età. Il dimorfismo sessuale è molto evidente e, oltre la taglia, riguarda la papilla genitale (corta e rotondeggiante nella femmina, allungata e conica nel maschio) e la livrea: nel maschio risaltano una serie di strette bande brune sui fianchi, una colorazione complessivamente scura durante il periodo riproduttivo, una macchia ocellare nera seguita da una più piccola entrambe circondate da un area iridescente sulla prima pinna dorsale, due fasce scure trasversali sulla prima pinna dorsale; nella femmina sono evidenti piccole macchie brune irregolari sui fianchi e, poco prima della deposizione delle uova, la colorazione gialla del ventre. La stagione riproduttiva è molto lunga, e va da febbraio a giugno. Come nella maggior parte dei Gobidi, in questo periodo il maschio diventa territoriale e difende con forza un riparo entro cui avverrà la deposizione dei gameti e una piccola area circostante. Non mostra selettività nella scelta degli oggetti utilizzati come riparo (sassi, legni sommersi, canne, foglie, ecc) ed esercita prima un intensa attività di scavo per ampliare lo spazio sotto l oggetto occupato, poi un attività di copertura dello stesso con sabbia. Il maschio corteggia la femmina con segnali visivi e acustici, e la induce ad entrare nel riparo; sulla volta di quest ultimo i due partner, in posizione capovolta, depongono i gameti. Uno stesso maschio può accogliere le uova di due o più femmine; ciascuna femmina depone uova per due o tre volte nella stessa stagione riproduttiva. Il maschio esercita cure paterne fino alla schiusa che, alla temperatura di C, ha luogo dopo giorni dalla fecondazione. Appena nati i piccoli stazionano sul fondo per un paio di giorni, fino al completo riassorbimento del sacco vitellino; passano quindi a condurre vita pelagica per giorni, durante i quali si cibano di plancton (rotiferi, copepodi e cladoceri), prima di assumere definitivamente le abitudini bentoniche. Nella popolazione dalmata gli adulti occupano le acque moderatamente correnti del fiume, mentre i giovani vivono esclusivamente in una sorgente carsica e in un piccolo bacino lacustre collegati al corso d acqua; è stato ipotizzato che in estate, quando una parte del fiume va in secca, il Panzarolo possa occupare le acque carsiche sotterranee. Rapporti con l uomo e conservazione Il Panzarolo è una specie in pericolo, in primo luogo per le trasformazioni ambientali (cambiamento dell uso del suolo verso forme di agricoltura intensiva, abbassamento della falda, ecc) che hanno portato alla distruzione della gran parte delle risorgive dell alta Pianura Padana; è inoltre molto sensibile all inquinamento delle acque. Queste cause hanno determinato numerose estinzioni locali, tanto che l areale è in forte contrazione ed è molto frammentato. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato in pericolo. Inspiegabilmente Knipowitschia punctatissima non compare tra gli animali protetti dalla Direttiva 92/43/CEE e dalla Convenzione di Berna. Si tratta a nostro avviso di una grave lacuna perché, trattandosi di una specie stenoecia con un areale piuttosto limitato, il Panzarolo necessita assolutamente di strumenti di pro- 228

230 tezione. Ci auguriamo che nei prossimi aggiornamenti degli allegati delle normative citate, venga inserito questo prezioso subendemismo italiano. Gli interventi per la conservazione di questa specie, che risultano piuttosto urgenti in considerazione dell evidente contrazione dell areale, riguardano in primo luogo la tutela degli ambienti di risorgiva e il controllo dell inquinamento. È inoltre auspicabile l istituzione di aree protette laddove sono presenti popolazioni che hanno ancora una buona consistenza numerica. Sono infine indispensabili ricerche sulla biologia e l ecologia di questo prezioso endemismo padano, così come il monitoraggio dello stato delle popolazioni. Dopo aver effettuato auspicabili interventi di ripristino ecologico, sono ipotizzabili reintroduzioni in alcuni degli ambienti dove si è verificata l estinzione locale. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1985; Mrakovcic et al.,

231 GHIOZZO NERO Gobius niger jozo Linnaeus, 1758 Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Gobidi Non c è accordo fra i vari autori circa la validità delle sottospecie di Gobius niger, Gobide che presenta una grande variabilità intraspecifica. Nella checklist delle specie della fauna d Italia (Amori et al., 1993) viene comunque riconosciuta la sottospecie jozo propria del Mar Mediterraneo per cui, in assenza di ulteriori elementi, ci adeguiamo a questa posizione. Habitat Il Ghiozzo nero è una specie con ampia valenza ecologica, in particolare per ciò che riguarda la temperatura e la salinità. Vive su fondali sabbiosi e fangosi con ricca vegetazione macrofitica sia negli am- Geonemia La distribuzione di G. niger comprende l Atlantico (dalla Scandinavia a Capo Bianco), il Mar Mediterraneo e il Mar Nero. Per quanto riguarda l Italia, la sottospecie jozo è comune nelle acque marine costiere di tutte le regioni. 230

232 bienti litorali marini, dove si spinge fino a 80 metri circa di profondità, sia nelle acque interne lagunari ed estuariali, dove penetra fino a zone con bassi valori di salinità (circa il 6 ). Biologia È un pesce bentonico di taglia piccola (la lunghezza massima è di circa 15 cm), che comunque risulta fra le maggiori all interno dei Gobidi dell area mediterranea. Il ciclo vitale è di 4-5 anni, e risulta relativamente lungo se comparato con quello delle altre specie che compongono la famiglia. È un vorace predatore con ampio spettro alimentare, che comprende vari organismi bentonici: crostacei, molluschi, larve di chironomidi, policheti; gli individui di taglia maggiore si nutrono anche di piccoli pesci, come il Nono, il Latterino ed altre specie di Gobidi. Le abitudini alimentari variano nei diversi periodi dell anno: nei mesi più caldi, quando gli individui risultano più attivi, vengono catturate soprattutto prede mobili; nei mesi più freddi, quando gli individui risultano più sedentari, l alimentazione si basa principalmente su prede sessili. In relazione all abbassamento invernale della temperatura il Ghiozzo nero si sposta normalmente in acque marine, per poi tornare nelle acque interne costiere nei mesi primaverili in relazione al periodo riproduttivo; è in grado però di vivere tutto l anno in ambienti delle acque interne, come in alcune aree del Delta del Po, dove la temperatura dell acqua non scende eccessivamente. Scarse sono le informazioni sull accrescimento: in aree nord-europee la crescita è massima tra maggio e settembre; risulta inoltre più rapida nei maschi, che arrivano a taglie maggiori delle femmine. La maturità sessuale viene raggiunta al 1 o al 2 anno di età, senza differenza tra i sessi, quando la lunghezza degli individui raggiunge circa 5 cm. Il dimorfismo sessuale riguarda la papilla genitale (corta e rotondeggiante nelle femmine, allungata e conica nei maschi), la taglia e la livrea durante il periodo riproduttivo: i maschi assumono una colorazione scura, quasi nera, in particolare sulla testa e sulle pinne (vedi Tavola: in alto, in basso). La riproduzione ha luogo da marzo a giugno, sia in acque marine costiere che in ambienti lagunari. Durante il periodo riproduttivo il maschio mostra comportamento territoriale, difendendo attivamente un riparo (posto sotto una pietra o qualsiasi altro oggetto sommerso) e l area circostante; i segnali di minaccia sono sia di tipo visivo che acustico. Il maschio corteggia la femmina con segnali visivi e con segnali acustici (diversi da quelli di minaccia), e la induce ad entrare nel riparo. Sulla volta del riparo i due partner, in posizione capovolta, depongono i gameti; le femmine depongono da 700 a 2000 uova, in relazione alla taglia. Nel corso della stagione riproduttiva ciascuna femmina matura le uova più volte; ogni maschio può ricevere e fecondare le uova di più femmine, in successione. Il maschio esercita cure paterne fino alla schiusa delle uova. I giovani nati misurano circa 3 mm. Rapporti con l uomo e conservazione La specie riveste un modesto interesse per la pesca ed è regolarmente commercializzata (come pesce da frittura e da zuppa). In relazione alla buona consistenza demografica delle popolazioni e alla taglia relativamente consistente, riveste un ruolo molto importante nelle reti trofiche delle acque costiere. Il Ghiozzo nero è una delle specie più diffuse e abbondanti nelle acque interne costiere e non è a rischio; ciò è dovuto 231

233 anche a una buona tolleranza verso alcune tipologie di alterazione ambientale, come l inquinamento prodotto dagli scarichi urbani. L inquinamento industriale è senz altro più pericoloso, anche in relazione alla vita bentonica e alle modeste capacità di spostamento, e può portare ad alte concentrazioni di sostanze tossiche nei tessuti degli individui adulti e a danneggiare gli stadi giovanili. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi et al., 1991; Vesey e Langford,

234 GHIOZZO DI RUSCELLO Gobius nigricans Canestrini, 1867 Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Gobidi Il Ghiozzo di ruscello è stato descritto nell Ottocento come Gobius fluviatilis nigricans, e considerato una varietà del Ghiozzo padano. In un lavoro sui pesci d acqua dolce europei è stato successivamente classificato come Padogobius nigricans (Berg, 1932) ma Gandolfi e Tongiorgi (1974), sulla base di un accurato studio morfologico relativo a caratteri osteologici e alla disposizione dei canali mucosi e dei relativi pori, hanno escluso la sua appartenenza al genere Padogobius (caratterizzato dall assenza dei canali mucosi cefalici); questi ultimi autori hanno quindi attribuito la specie al genere Gobius. Negli anni 90 è stato proposto un ampliamento dei caratteri del genere Padogobius, tale da comprendere in esso anche il Ghiozzo di ruscello (Bianco e Miller, 1990); a nostro avviso questa operazione è stata effettuata in modo artificioso e forzato, togliendo di fatto ogni valore sistematico all insieme dei canali mucosi cefalici (accettando questa impostazione, si potrebbe destabilizzare il quadro sistematico dell intera famiglia). L attribuzione del nome scientifico Padogobius nigricans al Ghiozzo di ruscello è stata accettata, senza alcuna 233

235 analisi critica, da Gandolfi et al. (1991) e da Amori et al. (1993); le successive pubblicazioni si sono adeguate a questi due testi. Da parte nostra pensiamo che la classificazione del Ghiozzo di ruscello nello stesso genere Padogobius in cui è classificato il Ghiozzo padano sia errata, ed abbiamo perciò riproposto la sua classificazione nel genere Gobius (Zerunian, 2002). Vengono sinteticamente riportate le motivazioni: 1. La distribuzione geografica del Ghiozzo di ruscello e del Ghiozzo padano è nettamente allopatrica e potrebbe rappresentare il risultato di storie evolutive che hanno avuto origine da due diversi progenitori marini. 2. Le somiglianze morfologiche e anatomiche messe in evidenza fra le due specie (vedi Bianco e Miller, 1990) possono essere spiegate con il fenomeno della convergenza evolutiva. 3. Importanti prove della significativa distanza evolutiva fra il Ghiozzo di ruscello e il Ghiozzo padano, tali da escludere la loro attribuzione ad uno stesso genere, sono state fornite da indagini genetiche basate su elettroforesi enzimatica (McKay e Miller, 1991; Soregaroli et al., 1991): fra le due specie c è una bassa affinità genetica (I = 0,197) e tassi di eterozigosi e di polimorfismo molto diversi; la distanza genetica (D = 1,623) è comparabile con quella esistente fra Gobidi classificati in generi diversi. 4. L analisi numerica cladistica basata sui caratteri morfologici indica che le specie nigricans e martensi possono essere classificate in due generi diversi (Miller et al., 1994). 5. Vari aspetti etologici ed anatomici legati alla produzione di suoni pongono il Ghiozzo di ruscello in una posizione a se stante rispetto agli altri Gobidi d acqua dolce italiani, risultando in particolare nettamente diversi rispetto al Ghiozzo padano (Lugli et al., 1996). 6. Alcuni elementi morfologici messi in evidenza per riunire il Ghiozzo padano e il Ghiozzo di ruscello nello stesso genere Padogobius, come l assenza di scaglie nella regione predorsale (Bianco e Miller, 1990), sono risultati infondati alla luce di osservazioni accurate (Nocita e Vanni, 2001). Geonemia È un endemismo italiano presente nei sistemi idrografici tirrenici della Toscana, dell Umbria e del Lazio; il limite settentrionale è rappresentato dal Fiume Serchio, quello meridionale dal Fiume Amaseno. Solo nella parte alta del bacino del Tevere è però ancora presente una certa continuità nella distribuzione; nella maggior parte dell areale le popolazioni risultano fortemente localizzate perché, in seguito a vari tipi di alterazione degli habitat, ci sono state negli ultimi decenni numerose estinzioni locali. Habitat Il Ghiozzo di ruscello vive nei corsi d acqua di piccola e media portata, caratterizzati da acqua limpida e ben ossigenata, e da fondali ciottolosi o ghiaiosi (caratteristiche tipiche della Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila). I giovani occupano prevalentemente le aree ripariali dove l acqua è poco profonda e la corrente è moderata, mentre gli adulti preferiscono aree dove la corrente è più vivace e sono presenti ciottoli o sassi di alcuni decimetri quadrati di superficie; questi ultimi rappresentano elementi indispensabili per le abitudini comportamentali e riproduttive della specie. Trattandosi di una specie stenoecia, necessita di una buona qualità dell acqua e più in generale dell ambiente. Biologia È un pesce bentonico di taglia piccola (la lunghezza totale massima raggiunta dai maschi, che sono un po più grandi 234

236 delle femmine, è di cm), la cui biologia è conosciuta solo in parte. Varie caratteristiche biologiche dimostrano un consolidato adattamento alle condizioni relativamente stabili dei corsi d acqua (soprattutto se comparate con le caratteristiche dei Gobidi che vivono negli ambienti estuariali e lagunari): ciclo vitale pluriennale, breve periodo riproduttivo, vita bentonica sia nella fase adulta che nella fase giovanile. Si nutre di piccoli invertebrati bentonici, come larve di insetti (soprattutto tricotteri, efemerotteri e ditteri chironomidi), crostacei (gammaridi e cladoceri) e oligocheti. Nessuna indagine è stata compiuta sull accrescimento, né sulla struttura e la dinamica di popolazione. È probabile che la durata del ciclo vitale sia di 3-4 anni. La maturità sessuale viene raggiunta dalla maggior parte degli individui di ciascuna popolazione, sia maschi che femmine, al primo anno di età, alla lunghezza di 4-5 cm. Il dimorfismo sessuale riguarda la taglia (più grande nel maschio), la papilla genitale (corta e rotondeggiante nella femmine, allungata e conica nel maschio), la dimensione della testa (più grande e larga nel maschio, per il rigonfiamento delle regioni preopercolare e opercolare), la livrea nel periodo riproduttivo (vedi Tavola: in alto, in basso). La riproduzione ha luogo nei mesi di maggio e giugno, a temperature dell acqua comprese fra 15 e 18 C. Durante il periodo riproduttivo il maschio mostra comportamento territoriale, difendendo attivamente un riparo (posto sotto un sasso o un grosso ciottolo con superficie di 7-35 dmq, in aree dove l acqua è corrente, alla profondità di cm) e l area circostante; i segnali di minaccia sono sia di tipo visivo che acustico. Il maschio corteggia la femmina con segnali visivi e con segnali acustici (diversi da quelli di minaccia), e la induce ad entrare nel riparo. Sulla volta del riparo i due partner, in po- sizione capovolta, depongono i gameti. Le uova vengono deposte in più riprese, e tra una deposizione e l altra la femmina esce dal riparo; ciascuna femmina depone uova, a seconda della taglia. Nei ripari sono state osservate fino ad oltre 700 uova, a diverso stadio di sviluppo, e ciò dimostra che più femmine possono deporre le uova nel riparo di uno stesso maschio. Il maschio esercita cure paterne fino alla schiusa, che alla temperatura di 18 C richiede giorni. Appena nati i piccoli si diffondono nell ambiente, mostrando subito abitudini bentoniche. Rapporti con l uomo e conservazione Il Ghiozzo di ruscello è molto sensibile alle alterazioni della qualità ambientale, ed in particolare alle artificializzazioni degli alvei; è danneggiato anche dagli eccessivi prelievi idrici, dall inquinamento delle acque e dalla predazione esercitata sugli stadi giovanili da specie alloctone (ad esempio le trote immesse in modo massiccio a favore della pesca sportiva). In alcuni corsi d acqua dell Italia centrale, come ad esempio nel Fiume Amaseno, un altra minaccia è rappresentata dalla competizione con l alloctono Ghiozzo padano, immesso accidentalmente con i ripopolamenti a favore della pesca sportiva: la diffusione di quest ultimo ha relegato la specie indigena ad un piccolo tratto a monte del corso d acqua, determinando una pericolosa contrazione demografica della popolazione (Zerunian e Taddei, 1996b). In alcune località le carni del Ghiozzo di ruscello venivano apprezzate ed era per questo oggetto di pesca con metodi illegali (non ci è noto se questa attività sia praticata ancora oggi). Tutte queste cause hanno determinato numerose estinzioni locali e rendono critica la sopravvivenza delle popolazioni ancora esistenti; l areale, che già per cause naturali è di modeste dimensioni, è così in forte 235

237 contrazione e risulta frammentato. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato in pericolo. Gobius nigricans è riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (all. II); è inoltre elencato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Gli interventi per la conservazione di questa specie, che risultano piuttosto urgenti in considerazione dell evidente contrazione dell areale, riguardano in primo luogo la tutela della naturalità dei corsi d acqua e il controllo dell inquinamento. È poi necessario vietare i ripopolamenti dei corsi d acqua con materiale raccolto in natura, ed è auspicabile l istituzione di aree protette fluviali laddove sono presenti popolazioni che hanno ancora una buona consistenza numerica. È inoltre indispensabile il monitoraggio dello stato delle popolazioni di questo prezioso endemismo dell Italia centrale tirrenica. Sono infine ipotizzabili reintroduzioni nei corsi d acqua dove si è verificata l estinzione locale. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: D Onofrio et al., 1988; Pirisinu e Natali, 1980; Zerunian et al.,

238 GHIOZZO PADANO Padogobius martensii (Günther, 1861) Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Gobidi Per quanto riguarda i caratteri del genere Padogobius, da noi considerato monotipico, si rimanda a Gandolfi e Tongiorgi (1974). Non acettiamo invece l ampliamento dei caratteri proposto da Bianco e Miller (1990), perché ci sembra una forzatura operata per comprendere nel genere la specie nigricans (da noi classificata nel genere Gobius: per le motivazioni vedi il paragrafo Sistematica relativo a questa specie). C è poi una questione nomenclaturale. Secondo Kottelat (1997) il primo nome scientifico valido per il Ghiozzo padano è Gobius bonelli Bonaparte, 1846 e quindi, considerando l attuale collocazione sistematica, la specie dovrebbe chiamarsi Padogobius bonelli. Rimandando ad altre pubblicazioni per un diverso punto di vista sull argomento (Gandolfi e Tongiorgi, 1974 e Gandolfi et al., 1991), così come per altre specie in cui è consolidato un altro nome scientifico (Storione cobice, Alborella, Trota macrostigma e Nono), non riteniamo opportuno effettuare alcun cambiamento nella nomenclatura. Le motivazioni sono le seguenti: verrebbe rispolverato un termine in disuso da oltre

239 anni; tutti gli ittiologi italiani chiamano questo Gobide Padogobius martensii, e non ci sembra il caso di destabilizzare la situazione; con questo termine scientifico la specie è riportata in importanti convenzioni internazionali riguardanti la conservazione della fauna (vedi Spagnesi e Zambotti, 2001), per cui un eventuale cambiamento genererebbe solo confusione e risulterebbe controproducente per le finalità di tutela. Geonemia È un endemismo della Regione Padana, ed è diffuso in tutto il bacino del Po, in Veneto e in Friuli-Venezia Giulia; è presente anche nelle Marche e in Dalmazia (a sud fino al Fiume Krka). Esistono alcune popolazioni acclimatate in Italia centrale (come quelle dell alto bacino del Tevere, del Fiume Ombrone e del Fiume Amaseno), originatesi da individui immessi accidentalmente insieme a Ciprinidi di interesse alieutico circa 20 anni fa. Habitat Il Ghiozzo padano è una specie con discreta valenza ecologica, che necessita però di acque limpide e ben ossigenate. Vive nel tratto medio-alto dei corsi d acqua di piccola e media portata, in aree caratterizzate da moderata velocità della corrente e fondo ghiaioso o ciottoloso; necessita inoltre di ciottoli o sassi di alcuni decimetri quadrati di superficie, che rappresentano elementi indispensabili per le abitudini comportamentali e riproduttive della specie. Biologia È un pesce bentonico di taglia piccola (la lunghezza totale massima è di circa 10 cm), territoriale durante tutto l anno sia per motivi trofici che genetici. Varie ca- ratteristiche biologiche dimostrano un consolidato adattamento alle condizioni relativamente stabili dei corsi d acqua (soprattutto se comparate con quelle dei Gobidi che vivono negli ambienti estuariali e lagunari): ciclo vitale pluriennale, bassa promiscuità riproduttiva, periodo riproduttivo relativamente breve, vita bentonica sia nella fase adulta che nella fase giovanile. Il territorialismo riguarda entrambi i sessi; gli individui adulti trascorrono la maggior parte del tempo entro un riparo posto sotto una pietra o un ciottolo appiattito, difendendolo vigorosamamente insieme all area immediatamente circostante ad esso. Si nutre di piccoli invertebrati bentonici, come larve di insetti (soprattutto tricotteri, efemerotteri e plecotteri), anellidi e gammaridi. La maggior parte degli individui vive due anni, mentre solo una piccola frazione di ciascuna popolazione (7-8%) arriva al terzo anno di età; al 1 anno raggiunge la lunghezza di circa 4 cm, al 2 anno 6 cm nelle femmine e 7,5 nei maschi, al 3 anno 7 cm circa nelle femmine e 8,5 nei maschi. La maturità sessuale viene raggiunta al 2 anno di età nei maschi, al 1 o al 2 anno di età nelle femmine. Il dimorfismo sessuale riguarda la taglia (più grande nel maschio), la papilla genitale (corta e rotondeggiante nella femmine, allungata e conica nel maschio), la dimensione della testa (più grande nel maschio), la livrea nel periodo riproduttivo (nel maschio la colorazione diventa complessivamente scura ed è presente una banda con riflessi azzurro-metallico sulla prima pinna dorsale). In varie popolazioni è stata rilevata una leggera predominanza numerica delle femmine sui maschi. Nel territorialismo, gli individui di taglia maggiore hanno maggiore successo; è stata inoltre rilevata un ampia utilizzazione di segnali acustici. La riproduzione ha luogo da maggio a luglio. In questo periodo le dispute terri- 238

240 toriali diventano più intense e cruente, soprattutto da parte dei maschi. Questi corteggiano una femmina, sia con segnali visivi che con segnali acustici (diversi da quelli di minaccia), e la inducono ad entrare nel riparo posto al centro del territorio. Sulla volta del riparo i due partner, in posizione capovolta, depongono i gameti; ogni femmina depone tutte le uova nel riparo di un solo maschio, mentre quest ultimo può ricevere in successione le uova di alcune femmine. Dopo la fecondazione, il maschio difende le uova ed esercita cure paterne fino alla schiusa, che alla temperatura di 22 C dura circa 18 giorni. Appena nati i piccoli si diffondono nell ambiente, mostrando subito abitudini bentoniche. Rapporti con l uomo e conservazione Tra i Gobidi d acqua dolce italiani, il Ghiozzo padano è quello che corre meno rischi; ciò è dovuto all ampio areale e alla discreta valenza ecologica. Essendo una specie bentonica dotata di scarsa vagilità, risente però negativamente delle varie tipologie di artificializzazione degli alvei, delle eccessive captazioni idriche e dell inquinamento delle acque; nei corsi d acqua più compromessi, queste cause hanno prodotto estinzioni locali. In alcune località le sue carni sono apprezzate, ed è oggetto di pesca con metodi illegali. Nella Lista rossa dei Pesci d acqua dolce indigeni in Italia viene considerato vulnerabile. Padogobius martensii è riportato fra le specie protette nella Convenzione di Berna (all. III). Gli interventi di conservazione per questa specie devono essere rivolti principalmente in due direzioni: controllo delle attività che producono alterazioni degli alvei fluviali; controllo dell inquinamento delle acque. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi e Tongiorgi, 1974; Gandolfi et al.,

241 GHIOZZO GÒ Zosterisessor ophiocephalus (Pallas, 1811) Sistematica Ordine: Perciformi Famiglia: Gobidi Geonemia È presente nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero. Per quanto riguarda l Italia, la specie è comune nell alto Adriatico; è stata segnalata anche nel Mar Ligure e nel Mar Tirreno, ma la presenza in questi mari non è certa (la specie potrebbe essere stata confusa con altri Gobidi). scelta dell habitat è la presenza di praterie di Zostera e di Posidonia, tra le cui radici gli individui scavano le loro tane. Biologia È un pesce bentonico di taglia mediopiccola (la lunghezza totale massima è di?? Habitat Il Ghiozzo gò vive a modesta profondità in ambienti marini costieri e in ambienti estuariali e lagunari, su fondali sabbiosi e fangosi; tende ad evitare le acque povere di sali, ma risulta euritermo ed è in grado di sopportare bene le basse temperature. Elemento fondamentale per la?? 240

242 25 cm, ma normalmente vengono raggiunte taglie di cm), che risulta la maggiore fra i Gobidi viventi nelle acque interne italiane. Il ciclo vitale è pluriennale, potendo raggiungere i 5 anni. Scarse sono le conoscenze sull alimentazione e non ci sono dati sull accrescimento delle popolazioni italiane. La dieta è esclusivamente carnivora e si basa su piccoli crostacei, molluschi e policheti; gli individui di taglia maggiore si nutrono anche di piccoli pesci, come il Nono, il Latterino ed altre specie di Gobidi. La maturità sessuale è raggiunta al 2 anno di età in entrambi i sessi. Il dimorfismo sessuale riguarda la papilla genitale (allungata e conica nei maschi, corta e con due punte terminali nelle femmine); inoltre, durante il periodo riproduttivo i maschi hanno colori più brillanti delle femmine. Questo Gobide è un pesce territoriale che utilizza come rifugio tane scavate nel fango tra le radici di fanerogame marine; possono essere distinte tane di svernamento, tane riproduttive e tane estive, con struttura e funzione diverse. Da uno studio condotto nella Laguna di Grado (Friuli-Venezia Giulia) risulta che in inverno il Ghiozzo gò scava tane verticali rettilinee, che si affondano nel substrato fino a un metro circa di profondità; l accesso al rifugio è unico e la profondità sembra essere inversamente correlata con la temperatura dell acqua. Ogni tana è abitata da un solo individuo. Completamente diversa è la struttura delle tane scavate nel periodo riproduttivo (vedi più avanti). Nei mesi estivi, dopo la riproduzione, gli adulti si spostano in acque più profonde. È possibile tuttavia osservare in acque lagunari tane occupate da individui di taglia media e piccola; queste hanno forma diversa sia da quelle di svernamento che da quelle riproduttive: possono essere costituite da un breve cunicolo che termina in una camera circolare, oppure da un tunnel scavato orizzontalmente e munito di due accessi. Nell area di studio, tutti i diversi tipi di rifugio osservati erano scavati nei letti di Zostera, con gli accessi ben nascosti tra i rizomi; le pareti interne, inoltre, risultavano compatte e rivestite da una pellicola di muco. La riproduzione ha luogo da fine febbraio a maggio, sia in acque marine costiere che in ambienti lagunari, in tane scavate a pochi centimetri di profondità sotto un letto di rizomi; la loro forma è piuttosto complessa: si estende in orizzontale ed è formata da una camera centrale con concamerazioni laterali, e due o più ingressi rappresentati da brevi cunicoli che confluiscono nella camera centrale. Nella citata indagine condotta nella Laguna di Grado, l 80% dei nidi osservati presentava questa struttura ed era occupato da un gruppo di individui composto da un maschio di taglia grande (intorno a 20 cm), da uno-tre maschi immaturi e da un numero variabile da due a 4 femmine mature di varie dimensioni; i rapporti sociali all interno del gruppo e il significato di tale coabitazione non sono stati chiariti. Le uova, adesive, vengono deposte a gruppi sui rizomi di Zostera che pendono dalla volta del nido. Osservazioni compiute in acquario hanno messo in evidenza che questo Gobide, così come altre specie della famiglia, produce suoni in relazione con i comportamenti di difesa del territorio e di corteggiamento. Rapporti con l uomo e conservazione La specie riveste un modesto interesse per la pesca ed è regolarmente commercializzata (come pesce da frittura e da zuppa), soprattutto nei mercati ittici del Veneto. Gli individui di piccole dimensioni vengono catturati per essere utilizzati come esca viva nella pesca a specie pregiate. In considerazione della buona consistenza demografica delle popolazioni dell alto Adriatico, la specie può essere 241

243 considerata non a rischio. Comunque, così come negli altri Gobidi delle acque costiere, il fattore antropico più dannoso è l inquinamento industriale; questo, anche in relazione alla vita bentonica e alle modeste capacità di spostamento, può portare ad alte concentrazioni di sostanze tossiche nei tessuti degli individui adulti e a danneggiare gli stadi giovanili. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Casaretto, 1988; Gandolfi et al.,

244 PLEURONETTIFORMI PLEURONECTIFORMES L ordine, della serie Percomorpha e noto con forme fossili a partire dall Eocene, è caratterizzato in modo peculiare dall assenza di simmetria bilaterale negli adulti. La condizione di simmetria bilaterale è presente nei primi stadi giovanili, ma poi molto precocemente ha luogo la migrazione di un occhio verso il lato opposto del capo, fino a portarsi vicino all altro occhio; il pesce diventa quindi bentonico e si appoggia sul lato privo di occhi, che resta poco o per nulla pigmentato; il lato a contatto con il fondo diventa piatto, mentre il lato rivolto verso l alto assume una normale pigmentazione e diventa leggermente convesso. La trasformazione coinvolge anche strutture scheletriche, nervose e muscolari, determinando sui due lati del corpo situazioni asimmetriche riguardanti la dentatura, le scaglie, la forma delle pinne ed altri caratteri. In alcune specie gli occhi si spostano normalmente sul lato sinistro, in altre sul lato destro; sono però noti per ogni singola specie individui o popolazioni con situazioni opposte rispetto alla norma. Altri caratteri dei Pleuronettiformi sono i seguenti: pinne prive di raggi spiniformi; pinne dorsale e anale molto lunghe; pinna caudale, pinne ventrali e pinne pettorali poco sviluppate; 6-7, raramente 8, raggi branchiostegi; adulti quasi sempre privi di vescica gassosa. Tutti i Pleuronettiformi sono bentonici e carnivori; molte specie rivestono notevole interesse commerciale, essendo oggetto di pesca professionale. Vengono riconosciute 11 famiglie, con un complesso di circa 120 generi e più di 570 specie. Queste ultime sono in grandissima parte marine; solo 4 specie sono d acqua dolce ed altre 20 circa penetrano regolarmente nelle acque interne salmastre. Una sola specie della famiglia Pleuronectidae fa parte dell ittiofauna delle acque interne italiane. PLEURONETTIDI PLEURONECTIDAE Bocca in posizione mediana, con mascella inferiore prominente. Occhi di norma sul lato destro. Margine preopercolare libero. Narici del lato depigmentato generalmente molto prossime al margine del capo. Sopramascellari assenti. Denti palatini assenti. Linea laterale generalmente presente su entrambi i lati del corpo. Raggi delle pinne sempre divisi. Pinna dorsale estesa sul capo fino all area postorbitale o anche anteriormente. Uova senza goccia oleosa. La famiglia comprende circa 40 generi, cui appartengono un centinaio di specie diffuse in tutti i mari del pianeta. Una specie del genere Platichthys è regolarmente presente nelle acque interne costiere della Regione Padana, spingendosi anche in acque dolci a breve distanza dal mare. 243

245 PASSERA Platichthys flesus italicus (Günther, 1862) Sistematica Ordine: Pleuronettiformi Famiglia: Pleuronettidi Platichthys flesus è una specie politipica e polimorfica; sono state descritte varie sottospecie, ma non c è accordo circa il loro numero e la loro distribuzione. Le popolazioni mediterranee sono oggetto di due diverse posizioni sistematiche. Secondo la prima (Tortonese, 1975) esisterebbero due sottospecie: P. flesus flesus, tipica dell Oceano Atlantico e rinvenibile nel Mediterraneo occidentale (Spagna, Golfo del Leone e forse anche Mar Ligure e Mare Tirreno); P. flesus luscus, presente nel Mar Adriatico e nel Mar Nero. Una seconda posizione, basata sull analisi della struttura genetica di varie popolazioni (Berrebi, 1988: vedi Vanzo et al., 1998), riconosce tre diverse sottospecie: P. flesus? 244

246 flesus nel Mediterraneo occidentale; P. flesus italicus nell alto Adriatico; P. flesus luscus nel Mar Nero. La distribuzione delle tre sottospecie sembra di tipo relitto in aree che conservano alcune caratteristiche boreali all interno di un mare, il Mediterraneo, che sta progressivamente diventando subtropicale. Accettiamo quest ultima posizione e, in assenza di dati certi circa la presenza e la distribuzione della Passera nei mari occidentali italiani, consideriamo solo la presenza di P. flesus italicus. Geonemia La sottospecie è endemica nell alto Adriatico e quindi si tratta di un subendemismo italiano. Nelle nostre acque è presente dal Friuli-Venezia Giulia all Emilia-Romagna; il limite meridionale della distribuzione è incerto. Habitat La Passera è un Pleuronettide con discreta valenza ecologica ed è ampiamente eurialina: vive nelle acque marine costiere e nelle acque interne lagunari ed estuariali; risale anche il basso corso e talvolta il medio corso dei fiumi. Nei vari ambienti predilige aree con modesta profondità, caratterizzate da fondali sabbiosi e fangosi. Biologia È un pesce bentonico di media taglia (nella sottospecie adriatica la lunghezza totale massima è di cm e il peso di circa 500 g), che passa parte del tempo infossato nel substrato. La gran parte degli individui ha gli occhi sul lato destro, che è pigmentato in modo da rendere gli animali criptici. L alimentazione è costituita prevalentemente da invertebrati. Nelle popolazioni del Delta Padano le giovani Passere, poco dopo la metamorfosi, si nutrono in preva- lenza di larve di ditteri; successivamente, nel corso del primo anno di vita, i policheti del genere Nereis rappresentano la base alimentare, insieme ad anfipodi e crostacei (gammaridi in primavera e Crangon crangon in autunno). Uno studio condotto nel Golfo di Trieste su esemplari di 6 classi di età (0+/5+) ha evidenziato che il 70% della dieta è costituito da crostacei, soprattutto anfipodi e decapodi; seguono i molluschi (12%), gli anellidi (7%), uova (6%), urocordati (3%) e piccoli pesci (2%). L accrescimento iniziale è molto rapido: i giovani, entrati in acque salmastre nei primi mesi primaverili a lunghezze variabili fra 15 e 25 mm, raggiungono 40 mm in maggio e circa 85 mm in giugno; in settembre le lunghezze sono comprese fra 100 e 150 mm. In dicembre e gennaio si verifica un arresto della crescita. A 5 anni di età viene mediamente raggiunta una lunghezza totale di 35 cm e un peso di g. La maturità sessuale viene raggiunta al termine del 2 o al 3 anno. Il dimorfismo sessuale è modesto: i maschi, più frequentemente delle femmine, presentano placchette spinose nei raggi delle pinne dorsale ed anale. In autunno, in corrispondenza delle piene dei fiumi, si ha un ritorno al mare sia degli adulti, che compiono la migrazione riproduttiva, sia dei giovani non ancora sessualmente maturi, per una sorta di migrazione di svernamento. La riproduzione ha luogo fra il tardo autunno e l inverno, esclusivamente in acque marine costiere. Ciascuna femmina produce ogni anno da a di uova, in relazione alla taglia. Le uova sono sferiche, hanno diametro di circa un millimetro e, pur essendo prive di goccia oleosa, sono flottanti; dopo 5-7 giorni schiudono. La larva è pelagica ed è lunga circa 2,5 mm; la metamorfosi e l inizio della vita bentonica hanno luogo dopo circa due mesi, quando i giovani pesci misurano mm. 245

247 Rapporti con l uomo e conservazione La Passera è uno dei pesci più frequentemente e maggiormente pescati nelle lagune e negli estuari dell alto Adriatico. La pressione di pesca risulta però eccessiva, anche perché esercitata durante la migrazione riproduttiva e a carico di individui che non hanno ancora raggiunto la maturità sessuale; ciò ha portato a un calo del pescato negli ultimi decenni e a una taglia media sempre più ridotta. Altro elemento antropico di minaccia è rappresentato dall inquinamento industriale; questo, anche in relazione alla vita bentonica e alle limitate capacità di spostamento, può portare ad alte concentrazioni di sostanze tossiche nei tessuti degli individui adulti e a danneggiare gli stadi giovanili. Gli interventi di conservazione per questa specie devono essere rivolti principalmente in due direzioni: misure restrittive dell attività di pesca, con limitazioni durante il periodo pre-riproduttivo e riproduttivo e l uso di reti idonee a catturare solo individui adulti; controllo dell inquinamento delle acque. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Gandolfi e Giannini, 1977; Vanzo et al.,

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258 INDICE DELLE SPECIE Alborella, 84 Alborella meridionale, 87 Alosa e Agone, 52 Anguilla, 47 Muggine calamita, 154 Muggine dorato, 157 Muggine labbrone, 163 Muggine musino, 160 Barbo, 98 Barbo canino, 102 Bavosa pavone, 205 Bottatrice, 146 Cagnetta, 207 Carpione del Fibreno, 133 Carpione del Garda, 136 Cavedano, 70 Cefalo, 151 Cobite, 106 Cobite barbatello, 113 Cobite mascherato, 110 Ghiozzetto cenerino, 219 Ghiozzetto del Tortonese, 222 Ghiozzetto di laguna, 224 Ghiozzetto marmoreggiato, 214 Ghiozzetto minuto, 216 Ghiozzo di ruscello, 233 Ghiozzo gò, 240 Ghiozzo nero, 230 Ghiozzo padano, 237 Gobione, 95 Lampreda di fiume, 22 Lampreda di mare, 19 Lampreda di ruscello, 25 Lampreda padana, 28 Lasca, 92 Latterino, 167 Luccio, 116 Nono, 171 Orata, 201 Panzarolo, 227 Passera, 244 Persico reale, 197 Pesce ago, 181 Pesce ago di rio, 183 Pigo, 62 Rovella, 64 Salmerino, 139 Sanguinerola, 76 Savetta, 89 Scardola, 81 Scazzone, 187 Spigola, 193 Spinarello, 176 Storione, 36 Storione cobice, 39 Storione ladano, 43 Temolo, 142 Tinca, 78 Triotto, 67 Trota fario e Trota lacustre, 122 Trota macrostigma, 130 Trota marmorata, 127 Vairone,

259 Quaderni di Conservazione della Natura - COLLANA 1 Raccolta delle norme nazionali ed internazionali per la conservazione della fauna selvatica e degli habitat 2 Mammiferi e Uccelli esotici in Italia: analisi del fenomeno, impatto sulla biodiversità e linee guida gestionali 3 Linee guida per la gestione del cinghiale (Sus scrofa) nelle aree protette 4 Linee guida per il controllo dello Scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) in Italia 5 Linee guida per il controllo della Nutria (Myocastor coypus) 6 Piano dʼazione nazionale per il Gabbiano corso (Larus audouinii) 7 Piano dʼazione nazionale per il Chiurlottello (Numenius tenuirostris) 8 Piano dʼazione nazionale per il Pollo sultano (Porphyrio porphyrio) 9 Piano dʼazione nazionale per la Lepre italica (Lepus corsicanus) 10 Piano dʼazione nazionale per il Camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata) 11 Mammiferi dei Monti Lepini 12 Genetica forense in applicazione della Convenzione di Washington CITES 13 Piano dʼazione nazionale per la conservazione del Lupo (Canis lupus) 14 Mammiferi dʼitalia 15 Orchidee dʼitalia

260 Tutti i Quaderni di Conservazione della Natura sono scaricabili, in formato pdf, dal sito 16 Uccelli dʼitalia 17 Piano dʼazione generale per la conservazione dei Pesci dʼacqua dolce italiani 18 Atti del Convegno La conoscenza botanica e zoologica in Italia: dagli inventari al monitoraggio 19 Linee guida per il monitoraggio dei Chirotteri: indicazioni metodologiche per lo studio e la conservazione dei pipistrelli in Italia 20 Pesci delle acque interne dʼitalia 21 Uccelli dʼitalia (Volume II)

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