SOCRATE, PLATONE, ARISTOTELE: tecniche formative a confronto

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO BICOCCA Facoltà di Psicologia Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione SOCRATE, PLATONE, ARISTOTELE: tecniche formative a confronto Relatore: Prof. Silvio MORGANTI Tesi di Laurea di: Marica CASTIGLIONI Matricola Anno Accademico

2 Ringrazio per il suo prezioso supporto il professor Silvio Morganti. Valga una dedica del tutto personale ai miei genitori e a Davide. 1

3 SOMMARIO Presentazione 4 Parte Prima - Socrate, Platone, Aristotele: i tre maestri della formazione del passato 5 Introduzione 6 Capitolo 1 Socrate La vita Il dialogo socratico Il non-sapere L ironia, il dubbio La maieutica 12 Capitolo 2 Platone La vita Il significato del mito Il mito della caverna La funzione del mito nell educazione Il metodo maieutico nell interpretazione di Platone 19 Capitolo 3 Aristotele La vita Il Liceo Insegnamento e conoscenza Gli scritti La logica La dialettica Psicologia e gnoseologia L etica La politica 25 Parte Seconda - La formazione ai giorni nostri: il gruppo 26 Introduzione 27 Capitolo 1 - Il formatore Chi è il formatore Gli assiomi della comunicazione L impossibilità di non-comunicare Livelli comunicativi di contenuto e di relazione La punteggiatura della sequenza di eventi Comunicazione numerica e analogica Interazione complementare e simmetrica 52 2

4 Capitolo 2 - Il gruppo Introduzione Training group Strumento di formazione Cos è il gruppo Questione n Questione n Questione n Il gruppo di lavoro Obiettivo Metodo Ruoli Leadership Comunicazione Clima Sviluppo Ricerche sperimentali sui gruppi di lavoro Ricerca n Ricerca n Ricerca n Parte terza - Due epoche a confronto 106 Capitolo 1 Riassumendo 107 Conclusioni 110 Bibliografia 112 3

5 PRESENTAZIONE L uditore non deve apprendere pensieri ma deve imparare a pensare; bisogna non portarlo, ma guidarlo, se si vuole che in futuro sia in grado di camminare da se stesso. Kant 1 L intento di questa tesi è quello di sottolineare come le tecniche formative costruite e utilizzate da tre grandi maestri quali Socrate, Platone e Aristotele siano ancora molto attuali nonostante ci siano secoli e secoli di distanza tra la loro epoca e la nostra. In particolare, si dimostrerà come queste tecniche vengono utilizzate nella formazione di gruppo, descrivendo la figura del formatore da una parte, ossia le tecniche a sua disposizione e ciò che egli deve conoscere per svolgere la sua attività, e dall altra parte il gruppo, ossia cos è e cosa avviene al suo interno. L elaborato è stato diviso in tre parti. Nella prima parte verranno analizzati i tre autori citati e le loro tecniche formative. Nella seconda parte verrà illustrata brevemente l evoluzione delle metodologie di formazione, e si focalizzerà l attenzione sui due attori principali del processo formativo: il formatore e il gruppo. Nella terza e ultima parte verrà presa in esame la connessione tra passato e presente rispetto alle tecniche formative al servizio del formatore. 1 In Prefazione a Fare Filosofia (1998). 4

6 PARTE PRIMA Socrate, Platone, Aristotele I tre maestri della formazione del passato 5

7 INTRODUZIONE Partendo dal presupposto che lo studio dei grandi pensatori del passato possa aiutare a capire il presente, analizzeremo brevemente le tecniche di comunicazione innovative proposte e utilizzate da tre grandi maestri: Socrate, Platone, Aristotele, e che, come vedremo, vengono utilizzate ancora oggi. Iniziamo il nostro percorso descrivendo brevemente gli eventi che caratterizzarono il periodo nel quale i citati pionieri della formazione si sono trovati ad agire. Ci troviamo nel V secolo a.c., e il movimento filosofico protagonista di questa epoca fu la scuola sofistica. Mentre fino ad allora le scuole filosofiche indagavano i grandi principi della natura, i sofisti accentrarono le loro discussioni sul problema dell uomo come cittadino, cioè dell uomo che vive con altri uomini e tra essi deve far valere il proprio acume critico, le proprie capacità, la propria convinzione morale. Gli allievi a cui si rivolsero non costituirono, come nelle vecchie scuole filosofiche, ristrette cerchie di studiosi che volevano essere iniziati alla scienza, ma gruppi di giovani che sentivano il bisogno di istruirsi al fine di perfezionare le proprie capacità di cittadini. Il nuovo tipo di cultura da essi affermato fu uno dei prodotti che meglio rappresentarono le trasformazioni in atto nella società greca e, nel contempo, la causa di ulteriori sempre più radicali trasformazioni; fu l espressione di una profonda crisi, che si rifletté nell insegnamento sofistico e nei successivi. Il nuovo tipo di insegnamento ebbe particolare successo in Atene perché seppe venire incontro alle esigenze emerse dalla caduta dell antico regime aristocratico. Vivere attivamente in democrazia significava partecipare ad assemblee, prendervi la parola, far valere la propria opinione in mezzo alle altre; e perciò saper pesare le varie accezioni e 6

8 sfumature dei vocaboli, avere in mente le più belle espressioni dei poeti, riuscire a comporre discorsi che accendevano l attenzione; significava insomma, possedere quel complesso di cognizioni grammaticali, lessicali, sintattiche, stilistiche, letterarie che costituisce l arte dell eloquenza. I sofisti furono appunto maestri di eloquenza, maestri di un abilità indispensabile al ceto dirigente che apriva le vie al successo nella vita politica. Il successo dell insegnamento sofista portò alla necessità di compiere un serio sforzo di chiarificazione e semplificazione della loro scienza, di agganciamento di essa ad applicazioni concrete, in modo da essere compresa dall intera popolazione. Per questo motivo l attenzione dei sofisti si focalizzò principalmente sul discorso, con l intento di renderlo via via più efficiente e di impossessarsi sempre meglio della tecnica che ne è alla base, della sua più interna struttura. Sorse così la nuova disciplina che caratterizzerà più di ogni altra l epoca sofistica: la retorica. Nonostante l enorme successo, il termine sofista acquistò col tempo un significato dispregiativo. Ciò fu dovuto soprattutto alla polemica condotta contro di essi da Platone e Aristotele. Nei suoi celebri dialoghi, Platone attribuì al personaggio di Socrate il delicato compito di ribattere il sapere dei sofisti. Non c è dubbio, però, sul fatto che il Socrate storico non fu, nella polemica contro i sofisti, così aspro come ce lo dipinge Platone. Infatti i suoi contemporanei lo dipinsero come maestro di arte sofistica. Comunque non è questa la sede per affrontare un discorso così complesso. 7

9 Quello che preme sottolineare ora è l enorme importanza che personaggi quali Socrate, Platone e Aristotele assunsero nel campo formativo, ognuno con una tecnica comunicativa e formativa propria e che assumono ancora oggi. Le loro tecniche formative, come vedremo più dettagliatamente nella seconda parte e nella terza parte di questo elaborato, sono ancora attuali. Ad esempio il dialogo socratico è la tecnica utilizzata dal formatore nella conduzione del gruppo in aula; i miti platonici oggi sono rappresentati dalle favole piuttosto che dagli esempi utilizzati dal formatore per far comprendere agli allievi un concetto; il peritato, può essere rappresentato dagli attuali metodi di insegnamento all aperto. 8

10 CAPITOLO 1 - SOCRATE LA VITA La personalità di Socrate segna un momento fondamentale, non solo della filosofia greca, ma dell intera storia intellettuale dell Occidente. Infatti la vita e la parola di quest uomo hanno avuto un eco profonda, che è stata paragonata talora a quella di un Cristo o di un Buddha. Nacque ad Atene nel 470 o 469 a.c. (e morì nel 399 a.c.) il padre, Sofronisco, era scultore, la madre, Fenarete, levatrice. Compì in Atene la sua educazione giovanile. Di condizioni economiche appena mediocri, esercitò dapprima la professione del padre; in seguito riuscì ad organizzarsi una vita modesta senza però urgenti preoccupazioni di guadagno. Si allontanò da Atene solo tre volte per compiere il suo dovere di soldato e partecipò alle battaglie di Potidea, Delio e Anfiboli. Non amava viaggiare, ma amava invece circondarsi di giovani intelligenti con i quali dibattere i problemi più vivi del momento. La sua passione per la discussione giunse a fargli avvicinare persone di ogni età, ceto e professione. Socrate si tenne lontano dalla vita politica attiva. La sua vocazione, il compito al quale si dedicò e si mantenne fedele fino all ultimo, dichiarando al tribunale stesso che si apprestava a condannarlo che non lo avrebbe in nessun caso tralasciato, fu la filosofia. 9

11 Ma egli intese la ricerca filosofica come un esame incessante di se stesso e degli altri; a questo esame dedicò l intero suo tempo, senza nessun insegnamento regolare. Eppure quest uomo, che ha dedicato alla filosofia l intera esistenza ed è morto per essa, non ha scritto nulla. È questo indubbiamente il più gran paradosso della filosofia greca. Se Socrate non scrisse nulla, fu perché ritenne che la ricerca filosofica, quale egli la intendeva e praticava, non poteva essere condotta innanzi, o continuata dopo di lui, da uno scritto. Il motivo probabile della mancata attività di Socrate scrittore può vedersi citato nel Fedro (275) platonico, nelle parole che il re egiziano Thamus rivolge a Theuth inventore della scrittura: <<Tu offri ai discenti l apparenze, non la verità della sapienza; perché quand essi, mercè tua, avranno letto tante cose senza nessun insegnamento, si crederanno in possesso di molte cognizioni, pur essendo fondamentalmente rimasti ignoranti e saranno insopportabili agli altri perché avranno non la sapienza, ma la presunzione della sapienza>>. Per Socrate, che intende il filosofare come l esame incessante di sé e degli altri, nessuno scritto può suscitare e dirigere il filosofare. Lo scritto può comunicare una dottrina, non stimolare la ricerca. Se Socrate rinunziò a scrivere, ciò fu quindi dovuto al suo atteggiamento filosofico e fa parte essenziale di tale atteggiamento. Il fatto che Socrate non abbia scritto nulla costituisce, tuttavia, una grossa difficoltà per la ricostruzione del suo pensiero. Infatti le testimonianze indirette che possediamo sono parecchie e non sempre tra loro coerenti. Platone, nei suoi Dialoghi, ci offre la più suggestiva e amorosa presentazione del maestro, da cui è scaturita l immagine tradizionale di Socrate. Egli può essere 10

12 considerato la fonte più importante: infatti fu discepolo diretto di Socrate e con lui condivise sempre l idea della filosofia come ricerca continua IL DIALOGO SOCRATICO Il metodo di indagine praticato da Socrate si basa sull argomentazione discorsiva, rendendola snella, penetrante, sincera. Il suo metodo è il dialogo: dialogo tra persone sinceramente intese a sviscerare il problema in esame, a precisarne i termini, a chiarirne gli equivoci, sempre disposte a mutare le conclusioni raggiunte qualora si scoprano nuovi argomenti contro di esse. Questa provvisorietà delle conclusioni è il sintomo di una apertura nuova, di una nuova sensibilità per i problemi, di un profondo amore della coerenza, che è tutto caratteristico di Socrate IL NON-SAPERE Per Socrate la prima condizione della ricerca e del dialogo filosofico è la coscienza della propria ignoranza. Quando Socrate conobbe la risposta dell oracolo di Delfi, che lo proclamava il più sapiente fra gli uomini, interpretò il responso divino come se esso avesse voluto dire che sapiente è soltanto chi sa di non sapere. Solo così riuscì a convincersi che la sacerdotessa aveva ragione. La formula socratica incoraggia la ricerca sull uomo, costituendosi come sua condizione preliminare, poiché solo chi sa di non sapere cerca di sapere, mentre chi si crede già in possesso della verità non sente l impellente bisogno interiore di cercarla. Di conseguenza, la tesi socratica del non sapere funziona come un invito o uno stimolo ad indagare, entro i limiti dell esperienza, i problemi fondamentali dell uomo. 11

13 1.4 - L IRONIA, IL DUBBIO Nell esame cui Socrate sottopone gli altri, coinvolgendo anche se stesso, la sua prima preoccupazione è di renderli consapevoli della loro ignoranza. A tale scopo egli si avvale dell ironia. L ironia socratica è il gioco di parole o il variopinto teatro di finzioni attraverso cui il filosofo, denudando le coscienze soddisfatte delle loro formule cristallizzate e delle loro pseudo-certezze, giunge a mostrare il sostanziale nonsapere in cui si trovano. L ironia è dunque il metodo usato da Socrate per svelare all uomo la sua ignoranza e per gettarlo nel dubbio e nell inquietudine, impegnandolo nella ricerca. È una ironia che Socrate rivela anzitutto contro coloro che si credono grandi maestri, non essendo consapevoli delle vere difficoltà delle questioni; ma non risparmia nemmeno contro se stesso, per evitare il rischio di trasformare le proprie concezioni in dogmi. Facendo ironicamente finta di non sapere, Socrate chiede al suo interlocutore di renderlo edotto circa il settore di cui quest ultimo è competente. Dopo una teatrale adulazione del sapere del personaggio, Socrate comincia a martellarlo di domande e ad avvolgerlo in una rete di quesiti. Utilizzando l arma del dubbio e manovrando l abile tecnica della confutazione delle deboli e avventate risposte ottenute, Socrate giunge a mostrare alla persona che gli sta di fronte l inconsistenza delle sue affermazioni, provocando in lui vergogna. Il filosofo può dunque raggiungere il suo scopo principale: invogliare alla ricerca del vero LA MAIEUTICA Tutto ciò non significa che Socrate dopo aver fatto il vuoto nella mente del discepolo, si proponga di riempirla immediatamente con una sua verità. Infatti egli non vuole comunicare dall esterno una propria dottrina, ma soltanto stimolare l ascoltatore a 12

14 ricercarne dall interno una sua propria. Egli non ritiene di possedere alcuna verità da riversare nei discepoli. La funzione della sua parola può soltanto essere quella di risvegliare gli animi. Da ciò la celebre maieutica o arte di far partorire di cui parla Platone, dicendo che Socrate aveva ereditato da sua madre la professione di ostetrico. Come costei, essendo levatrice, aiutava le donne a partorire i bambini, così Socrate, ostetrico di anime, aiuta gli intelletti a partorire il loro genuino punto di vista sulle cose. La funzione della missione socratica, come le levatrici greche (che erano anziane e quindi non più in grado di partorire), consisteva nell aiutare i giovani, attraverso la conversazione, a partorire conoscenze non viziate da inganni o pregiudizi. Scopo della maieutica è esaminare e mettere alla prova i giovani, in modo da capire se le loro intelligenze sono gravide di concetti validi e degni di essere sviluppati o, al contrario, di falsità e illusioni da lasciar cadere. Il contesto educativo in cui deve avvenire tale ricerca è il dialogo interpersonale, fatto di domande e risposte brevi, affidato alla amichevole conversazione quotidiana. Socrate sosteneva che è proprio dal dialogo che viene a galla la verità. Lo stile oratorio è scarno, secco e quasi familiare, ma modulato a seconda dell interlocutore. Socrate pone le domande e critica le risposte degli interlocutori. La critica diventa stimolo per l interlocutore a fornire una seconda risposta meglio articolata: il gioco può andare avanti a lungo e spesso rimane aperto. Pur essendo così aperto, l insegnamento di Socrate non può dirsi privo di conclusione: questa non sarà tuttavia una conclusione teorica (in quanto non consisterà nel possesso di una verità assoluta), ma sarà una conclusione morale. Risvegliando ciò che vi è di più intimo nelle coscienze, l insegnamento avvia i giovani alla virtù: la virtù infatti è sapere, cioè consapevolezza dei valori che l uomo porta in sé, è superamento della propria limitatezza con la comprensione di ciò che accomuna tutti gli individui. 13

15 Egli rimane ancora oggi, per ciascuno di noi, maestro insuperato di chiarezza filosofica e di profondo impegno culturale e morale. Infatti Socrate era convinto che il sapere deve riuscire utile, interpretando questa utilità in senso concreto. Non si tratta di un sapere utile alla vita pubblica, ma utile all uomo in quanto essere ragionevole, e perciò utile a tutte le attività umane, anche alle più modeste; qualsiasi attività umana infatti deve trarre un immenso vantaggio dal diventare consapevole di se stesso. 14

16 CAPITOLO 2 - PLATONE LA VITA Platone nacque ad Atene nel 427 a.c. da nobile famiglia, che vantava una parentela con Solone. Il contesto storico in cui visse e operò porta i tratti della decadenza e della crisi politico-culturale. Platone morì nel 347 a.c., all età di 81 anni, senza vedere realizzato il suo sogno dell unione di tutta la Grecia nella forma di una federazione guidata da una polis egemone ispirata ai principi dell Accademia, la scuola che il filosofo aveva fondato nel 387 a.c. ad Atene, in un luogo sacro, ricco di monumenti e di tombe, nei pressi dei giardini dedicati all eroe Accademo. Essa fu uno dei massimi centri culturali dell antichità (venne chiusa da Giustiniano nel 529 d.c.). Da giovanissimo compose poesie, che più tardi però volle distruggere. Iniziato alla filosofia da Eraclito, passò poi nel circolo di Socrate e li rimase fino alla morte del maestro. Egli ne fu, quindi, discepolo e visse in prima persona l ingiusta condanna del maestro (della quale si fa portavoce nell Apologia): nasce proprio da questa esperienza la filosofia platonica. Perché Platone amasse tanto l oralità e il dialogo è facile intuirlo: il dialogo presenta parecchi vantaggi tra i quali la possibilità di interloquire e di modulare il discorso in 15

17 base a chi ci si rivolge: un libro, invece, non consente un dibattito e può finire nelle mani di persone che potrebbero fraintenderlo. Tuttavia egli stesso ha scritto molto. La sua attività di scrittore inizia poco prima del 395 con l Apologia di Socrate (una sorta di manifesto con cui si volle riscattare la memoria del maestro ingiustamente condannato). Scrisse poi diversi Dialoghi e alcune Lettere. Platone è il primo filosofo di cui ci siano pervenuti tutti gli scritti. Ma che funzione aveva la scrittura per Platone? Egli, pur prediligendo apertamente l oralità, sente il bisogno di scrivere, e lo fa mediante i miti. Può sembrare strano che un filosofo, che per definizione è chi cerca di dare spiegazioni razionali e scientifiche, si serva del mito, che non è nient altro che una spiegazione fondata sulla tradizione e sulla religione: la verità è che per Platone il mito è una cosa al di fuori del comune, che ha ben poco a che fare con la tradizione. Egli sapeva bene che l argomentazione razionale era migliore, ma sapeva altrettanto bene che un mito, una favola o una metafora possono sortire ottimi effetti: stimolano la fantasia, divertono e restano meglio impressi IL SIGNIFICATO DEL MITO Il mito della caverna Il racconto della caverna rappresenta uno dei miti più noti del settimo libro della Repubblica, e del platonismo in generale. Immaginiamo vi siano dei prigionieri incatenati in una caverna sotterranea e costretti a guardare solo davanti a sé. Sul fondo della caverna si riflettono ombre, che sporgono al di sopra di un muricciolo alle loro spalle e raffigurano tutti i generi di cose. Dietro il muro si muovono, senza essere visti, i portatori degli oggetti, e più in là brilla un fuoco che rende possibile il proiettarsi delle ombre sul fondo. I prigionieri scambiano quelle 16

18 ombre per la sola realtà esistente. Ma se uno di essi riuscisse a liberarsi dalle catene, voltandosi si accorgerebbe degli oggetti e capirebbe che essi, e non le ombre, sono la realtà. Se egli riuscisse in seguito a risalire all apertura della caverna scoprirebbe, con ulteriore stupore, che la vera realtà non sono nemmeno gli oggetti, poiché questi ultimi sono a loro volta imitazione di cose reali, nutrite e rese visibili dall astro solare. Dapprima, abbagliato da tanta luce, non riuscirà a distinguere bene gli oggetti e cercherà di guardarli riflessi nelle acque. Solo in un secondo tempo li scruterà direttamente. Ma, ancora incapace di volgere gli occhi verso il sole, guarderà le costellazioni e il firmamento durante la notte. Dopo un po sarà finalmente in grado di fissare il sole di giorno e di ammirare lo spettacolo scintillante delle cose reali. Ovviamente, il prigioniero vorrebbe rimanersene sempre là, a godere, rapito, di quel mondo di superiore bellezza, tanto che preferirebbe soffrire tutto piuttosto che tornare alla vita precedente. Ma se egli, per far partecipi i suoi antichi compagni di ciò che ha visto, tornasse nella caverna, i suoi occhi sarebbero offuscati dall oscurità e non saprebbero più discernere le ombre: perciò sarebbe deriso e spregiato dai compagni che, accusandolo di avere gli occhi guasti, continuerebbero ad attribuire i massimi onori a coloro che sanno più acutamente vedere le ombre della caverna. E alla fine, infastiditi dal suo tentativo di scioglierli e dei portarli fuori della caverna, lo ucciderebbero. Secondo Platone fa parte dell educazione del filosofo il ritorno alla caverna, che consiste nella riconsiderazione e nella rivalutazione del mondo umano alla luce di ciò che si è visto al di fuori di questo mondo. Ritornare alla caverna significa, per l uomo, porre ciò che ha visto a disposizione della comunità, rendersi conto egli stesso di quel 17

19 mondo, che, per quanto inferiore, è il mondo umano, quindi il suo mondo, e obbedire al vincolo di giustizia che lo lega all umanità nella propria persona e in quella degli altri. Dovrà dunque riabituarsi all oscurità della caverna; e allora vedrà meglio dei compagni che vi sono rimasti e riconoscerà la natura e i caratteri di ciascuna immagine per averne visto il vero esemplare. Soltanto con il ritorno nella caverna, soltanto cimentandosi nel mondo umano, l uomo avrà compiuto la sua educazione e sarà veramente filosofo LA FUNZIONE DEI MITI NELL EDUCAZIONE DEI GIOVANI Se da una parte, i miti vanno esclusi dal curricolo di studio dei futuri governanti, dall altra non si può fare a meno di divulgare quelle favole che presentano esempi positivi e che incitano al bene e alla virtù. Infatti, il criterio che deve presiedere alla selezione dei miti è quello della giustizia: i racconti devono contenere esempi positivi che colpiscano l immaginazione dei lettori al fine di predisporli a compiere azioni giuste e a ripudiare l ingiustizia. Platone accoglie il mito come strumento per esprimere in modo piacevole alcune verità che la ragione non sa cogliere con sufficiente chiarezza. La motivazione e il significato dell utilizzazione dei miti da parte di Platone costituiscono tuttora argomento di dibattito tra gli studiosi; in linea generale, si può affermare che il mito, in Platone, ha due significati fondamentali. Per una certa categoria di racconti, il mito è uno strumento di cui il filosofo si serve per comunicare in maniera più accessibile e intuitiva le proprie dottrine all interlocutore. Da questo punto di vista, esso è un mezzo didattico concepito proprio per facilitare la comunicazione intellettuale e la comprensione del pensiero: si tratta di miti inventati appositamente dallo stesso filosofo. Per un altro gruppo di racconti, invece, il mito assume un senso più profondo: è il mezzo utilizzato dal filosofo 18

20 per poter parlare di realtà che vanno al di là dei limiti cui l indagine rigorosamente razionale può spingersi. In tal senso, il mito risulta essere qualcosa che si inserisce nelle lacune della ricerca filosofica, permettendole, in alcuni casi, di formulare una teoria verosimile che, come tale, non è né una semplice favola né un argomentazione pienamente dimostrativa, bensì qualcosa che, pur essendo indimostrabile, si può ragionevolmente ritenere vero IL METODO MAIEUTICO NELL INTERPRETAZIONE DI PLATONE Il compito di fondamentale importanza che Platone attribuisce al filosofo è quello di infranger le catene della conoscenza sensibile e portarci al mondo delle idee. Questa radicale liberazione si potrà compiere con il metodo ereditato da Socrate, il metodo maieutico, ma in una rivisitazione del tutto nuova. Con esso, come sappiamo, Socrate mirava a risvegliare negli interlocutori la voce della coscienza. Platone invece lo interpreta come rivolto a condurre il discepolo a trovare in sé le verità razionali, contrapposte alle apparenze dei sensi. Tipico è il celebre esempio riferito nel Menone. Viene interrogato un giovane schiavo, totalmente privo di conoscenze geometriche; gli si pone un quesito ed egli, dopo qualche errore iniziale, trova da sé la soluzione richiesta. Si tratta di un applicazione del metodo maieutico ad un campo di problemi che non fu mai affrontato da Socrate. 19

21 CAPITOLO 3 - ARISTOTELE LA VITA Aristotele nacque a Stagira, una cittadina della penisola Calcifica nel nord della Grecia, nel 384 a.c. Il padre Nicomaco era medico presso la corte del re dei macedoni Aminta, ma morì quando Aristotele era ancora giovane. Egli fu quindi allevato da un parente più anziano, di nome Pirosseno. Nel 367, all età di 17 anni, andò ad Atene ed entrò nella scuola di Platone. Vi rimase sino alla morte del maestro ( ), cioè per 20 anni, svolgendo un attività di insegnamento. È probabile che Aristotele pensasse di assumere la direzione della Scuola, che venne invece assunta da Speusippo, nipote di Platone e successivamente da Senocrate. La sua formazione spirituale si compì dunque interamente sotto l influenza dell insegnamento e della personalità di Platone. Alla morte di Platone, Aristotele lasciò l Accademia, alla quale più nulla oramai lo legava, e si recò ad Asso, in Asia minore. In realtà se ne sarebbe già andato prima in quanto aveva idee divergenti da quelle del maestro, ma si trattenne fino alla sua morte per il rispetto che aveva nei confronti di Platone. Ad Asso, con altri due scolari di Platone, ricostituì una piccola comunità platonica, dove probabilmente egli tenne per la 20

22 prima volta un insegnamento autonomo, grazie ad Ermia, tiranno di Atarneo, che nutriva simpatie per la filosofia platonica. Nel 355, dopo 13 anni, Aristotele ritornò ad Atene. L amicizia del potente re metteva a sua disposizione mezzi di studio eccezionali, che facilitarono le ricerche che egli condusse in tutti i campi del sapere. La scuola che Aristotele fondò, il Liceo, comprendeva, oltre all edificio e al giardino, la passeggiata o peripato da cui prese il nome IL LICEO Il Liceo è considerato la prima scuola superiore della storia dell'umanità. Venne fondato nel ginnasio dedicato ad Apollo Licio, chiamato per questo motivo Liceo o Peripato. Si tramanda che Aristotele usasse insegnare passeggiando per trasmettere ai sui discepoli l'amore per tutto ciò che è il mondo e per far loro assorbire l'essenza della natura. Da ciò nacque il nome "peripatetica" per la scuola. Il Liceo teneva corsi regolari, mattina e pomeriggio. Nei primi il livello delle lezioni era normale, negli altri, riservati a pochissime persone, teneva lezioni dottissime ed esemplarmente preparate. Inoltre, organizzava anche il lavoro di approfondimento degli allievi, facendo eseguire ricerche di biologia, mineralogia, astronomia, matematica ed anatomia, e raccogliere testi di scrittori, soprattutto filosofi e pensatori saggi. Non sappiamo invece quali fossero le differenze di metodo rispetto all'accademia di Platone, che lo stesso Aristotele aveva frequentato per molti anni. Nel 323 però, morto Alessandro in Oriente, prese il sopravvento ad Atene la corrente avversaria capeggiata da Iperide. La tradizione vuole che Aristotele, accusato di empietà, abbia allora pronunciato la celebre frase: Non voglio che gli Ateniesi 21

23 commettano un secondo crimine contro la filosofia, alludendo alle vicende di Socrate. Di fatti egli si allontanò da Atene e si ritirò a Calcide, sull isola di Eubea. Qui nel 322 morì all età di 62 anni. E così il suo Liceo, diretto prima da Teofrasto e poi da Stratone pian piano perse di importanza e non ebbe più alcun peso nella cultura del mondo antico. In ogni caso, alla morte di Aristotele, il suo Liceo aveva circa duemila allievi e poteva essere considerato il primo esempio di istituto scientifico nel senso moderno del termine. La sua grandiosa biblioteca costituì il modello per tutte le grandi biblioteche dell antichità INSEGNAMENTO E CONOSCENZA Aristotele riteneva che conoscenza e insegnamento fossero inseparabili. Pensava infatti che non si potesse asserire di conoscere qualcosa se non si è capaci di trasmettere ad altri tale conoscenza e considerava l insegnamento la manifestazione specifica della conoscenza GLI SCRITTI Inoltre, oggi disponiamo di un enorme quantità di scritti aristotelici, riguardanti quasi tutti i campi del sapere. Ricordiamo: scritti di logica; scritti filosofici; scritti di fisica, di storia naturale, di matematica e di psicologia; scritti di etica, di politica, di economia e di poetica. Vediamo alcuni concetti trattati in questi scritti da Aristotele. 22

24 La logica Nella classificazione aristotelica delle scienze non trova posto la logica, poiché essa ha per oggetto la forma comune di tutte le scienze, cioè il procedimento dimostrativo, o le varie modalità di ragionamento, di cui esse si avvalgono. Infatti il termine logica allude allo studio del pensiero espresso nei lògoi o discorsi. Tuttavia, il termine non è aristotelico; egli per designare la sua dottrina del ragionamento, ovvero del sillogismo, usava piuttosto il termine analitica, alludendo con tale espressione, al metodo di risoluzione del ragionamento nei suoi elementi costitutivi. La teoria del sillogismo è esposta da Aristotele negli Analitici primi e negli Analitici secondi La dialettica I Topici, invece, sono dedicati allo studio della dialettica. La dialettica si distingue dalla scienza per la natura dei suoi principi: i principi della scienza sono necessari, cioè assolutamente veri, i principi della dialettica sono probabili cioè sembrano accettabili a tutti o ai più. Fondati su principi di questo genere sono i ragionamenti adoperati nell oratoria forense e politica, che Aristotele studia nella Retorica, oppure quelli che sono fatti allo scopo di esercitarsi nell arte di ragionare. A questo proposito Aristotele distingue, classifica e valuta nel loro valore dimostrativo i luoghi logici, cioè gli schemi argomentativi che sono usati nella discussione Psicologia e gnoseologia Per quanto riguarda la teoria della conoscenza, Aristotele comincia la sua analisi dalla sensibilità, affermando che, oltre ai cinque sensi specifici, ognuno dei quali fornisce 23

25 particolari sensazioni, c è un senso comune cui egli attribuisce una duplice funzione: quella di costituire la coscienza della sensazione; quella di percepire le determinazioni sensibili comuni a più sensi come il movimento. Dal senso si distingue l immaginazione, che è la facoltà di produrre, evocare o combinare immagini indipendentemente dagli oggetti cui esse si riferiscono. Pur derivando geneticamente dalla sensibilità, in quanto l immagine è una sorta di traccia o memoria lasciata nell anima dalla sensazione, l immaginazione si distingue strutturalmente da essa per la sua autonomia nei confronti dagli oggetti esterni. Più semplicemente l immagine generale rappresenta una sorta di antecedente all universale. Tuttavia, l universale sarebbe destinato a non venire mai alla luce, se non intervenisse l intelletto. Infatti, quest ultimo, agendo sui dati offerti dalla sensibilità e dall immaginazione, riesce a costruire i concetti universali su cui si basa tutta la nostra conoscenza L etica Ogni azione e ogni scelta sono fatte in vista di un fine che appare buono e desiderabile: il fine e il bene coincidono. I fini delle attività umane sono molteplici e alcuni di essi sono desiderati soltanto in vista di fini superiori; ad esempio, la ricchezza, la buona salute si desiderano per la soddisfazione e i piaceri che possono dare. Ma ci deve essere un fine supremo, un fine che è desiderato per se stesso, e non già in quanto condizione o mezzo di un fine ulteriore. Non c è dubbio, secondo Aristotele, che questo fine ultimo sia la felicità. La ricerca e la determinazione di esso è l oggetto primo e fondamentale della scienza politica, perché solo rispetto ad esso si può prescrivere ciò che gli uomini nella loro vita associata e come esseri singoli debbono fare o apprendere. 24

26 Ognuno è felice in quanto fa bene l opera sua. Ma il compito proprio dell uomo in quanto tale è la vita della ragione. L uomo dunque sarà felice solo se vive secondo ragione; e questa vita è la virtù. Ci sono due virtù fondamentali: la prima consiste nell esercizio stesso della ragione, quindi virtù intellettiva; l altra consiste nel dominio della ragione sugli impulsi sensibili, quindi virtù morale (etica) La politica Secondo Aristotele, l origine della vita associata è da ricercarsi nel fatto che l individuo non basta a se stesso; non solo nel senso che non può da solo provvedere ai suoi bisogni, ma anche nel senso che non può da solo, cioè al di fuori della disciplina imposta dalle leggi e dall educazione, giungere alla virtù. Per conseguenza, lo stato è una comunità che non ha in vista soltanto l esistenza umana, ma l esistenza materialmente e spiritualmente felice. 25

27 PARTE SECONDA La formazione ai giorni nostri: il gruppo 26

28 INTRODUZIONE Sono dell avviso che si stia assistendo in questi anni a un processo di profonda e radicale trasformazione dei metodi formativi. Ma in che cosa consiste esattamente questo cambiamento? Chiunque abbia presente la situazione della formazione credo non fatichi molto a ritrovare nel tema dei metodi un dibattito che può essere sintetizzato nelle tre opposizioni seguenti: a) accademismo vs. attivismo. Accademismo: significa distanza (rilevante ed eccessiva) tra docente e allievo, rigidità della relazione pedagogica, freddezza, impersonalità. Attivismo: significa coinvolgimento diretto dell allievo, riferimento al gruppo, imparare facendo esercizi, sperimentando, risolvendo problemi, alternanza di momenti di apprendimento, costruzione finalizzata e guidata dell apprendimento, discussione e confronto, vivacità, responsabilizzazione. L opposizione tra i due approcci si sintetizza così come differenza tra una modalità di conseguimento del sapere vincolata all ascolto e all attenzione ed una basata sul coinvolgimento in prima persona dell allievo; tra un sapere per trasmissione ed uno per elaborazione, per analisi, soluzione, discussione di problemi. b) contenuti vs. processi. Opposizione che contrappone chi punta su finalità di apprendimento e traguardi educativi espressi dal conoscere contenuti propri del cosiddetto know-how professionale (il bagaglio di sapere) e chi invece ritiene di importanza prioritaria traguardi educativi connessi ad un sapere dei comportamenti di lavoro e delle relazioni interpersonali, cioè quei processi 27

29 implicati nella relazione con gli altri (a fatti cioè di comunicazione, di comando e guida dei collaboratori, di esercizio di autorità, di conflitto e collaborazione, di decisione ). Questa differenza diviene reale opposizione proprio rispetto al metodo, come confronto tra una modalità di apprendimento basata prevalentemente sulla trasmissione di sapere ed una centrata sull elaborazione più personale. c) strutturazione vs. destrutturazione. Viene a configurarsi una più precisa opposizione di approcci didattici tra una formazione programmata nei dettagli ed una come contenitore di eventi: tra una modalità educativa espressa nel far compiere un certo percorso di apprendimento in modo logico e ordinato secondo una sequenza prestabilita, rigorosamente strutturata, ed una che è pensata come il percorso stesso, che si tratterà di costruire momento per momento e in quel momento, dove ciò che è prestabilito non sono i temi (o i mezzi, i materiali, le procedure nel dettaglio) ma solo ed esclusivamente i confini spazio-temporali (l aula fisicamente intesa o il gruppo e la durata degli incontri rispetto all arco temporale del seminario). Queste tre opposizioni, pur se molto schematicamente ricostruite, esprimono in definitiva caratteri e contenuti del dibattito e della riflessione sul metodo, oggetto di questa tesi. Guardando ai contributi in tema di metodologie didattiche, alcuni dei quali ormai decisamente classici, le classificazioni tra metodi tendono a ricorrere pressoché identiche. Si può anzi individuare una tipologia-standard nell elenco che segue: a) istruzione programmata: si concretizza in una sequenza di unità di 28

30 conoscenza in forma di altrettante domande per ciascuna delle quali è prevista risposta e possibilità di controllo della stessa: la risposta esatta consente la prosecuzione del percorso, la risposta errata esige riapprendimento. b/c/d) lezione/lettura/discussione. Queste metodologie configurano di fatto la tradizionale relazione di insegnamento: al soggetto è richiesta attenzione e ascolto. La lezione istituisce massima dipendenza dell allievo dal docente ma consente altresì basso controllo da parte di quest ultimo sull apprendimento del primo: chi potrebbe negare la possibilità sempre presente in questi casi per il soggetto di evadere mentalmente, di interrompere l ascolto indipendentemente dal fatto che il docente continui secondo lo schema che si era prefissato? A parziale integrazione della lezione, lettura e discussione consentono uno scambio più attivo tra docenti e allievi: un confronto, un interrogazione reciproca, una verifica. e/f) incident/caso. Un caso è una decisione da prendere, un intervento da proporre, un cambiamento da adottare come soluzione della situazione-problema. Esso costituisce il punto di passaggio dall approccio accademico a quello cosiddetto attivo: dove la relazione pedagogica tra docente e allievo privilegia la discussione ed il confronto al semplice ascolto. L incident invece lo si potrebbe definire un caso da completare. Ai soggetti, infatti, posti di fronte ad una situazione-problema delineata nei suoi tratti essenziali è anzitutto richiesto di ricostruire il caso, di individuare il tipo di dati e informazioni necessarie all analisi e di proporre una soluzione in ipotesi. g/h/i/l) simulazione/in-basket/role-play/esercitazione. Questi metodi segnalano il definitivo passaggio da un approccio accademico ad un attivo. La logica condivisa 29

31 è quella dell apprendimento per esercizio, sperimentazione, riproduzione (attiva) di problemi e situazioni. Riferimento altrettanto condiviso è ad un modello di apprendimento di tipo esperienziale che segue rigorosamente i passaggi di sperimentazione analisi concettualizzazione. In linea di principio si tratta dunque di metodi didattici che puntano su un più elevato e diretto coinvolgimento dei soggetti nel processo di apprendimento, che ridefiniscono il ruolo del docente in funzione di compiti e obiettivi di stimolazione, guida, conduzione del processo stesso. m) gruppo esperienziale. Il gruppo è momento e strumento, motivo e movente, soggetto e oggetto di apprendimento. Il riferimento classico è al T-group come scoperta originale e creativa delle possibilità e delle potenzialità formative del gruppo (come vedremo oltre). In generale, va precisato che il Gruppo Esperienziale si caratterizza come modalità formativa anzitutto per il tipo di apprendimento sollecitato, in termini di analisi e rielaborazione personale dell esperienza del soggetto nel gruppo ed in funzione di differenti livelli, da quello delle modalità di interazione o di rapportarsi con gli altri a quello dei vissuti emotivi suscitati o emergenti. Si caratterizza inoltre come progetto educativo in larga misura destrutturato, vincolato a ciò che succede qui e ora ovvero alle verbalizzazioni dei soggetti, al materiale da essi prodotto. Questo metodo si propone come soluzione formativa privilegiata a fronte di obiettivi di crescita e sviluppo personale. n/p/q) gruppo di studio/lavoro di progetto/autocaso. Proposito condiviso è quello di favorire un apprendimento maggiormente centrato sul soggetto sia rispetto ai processi attivati che ai contenuti del progetto educativo. 30

32 Il gruppo di studio si propone come lavoro di approfondimento di argomenti scelti dai soggetti e per cui è richiesto di raccogliere materiali, di organizzarli, rielaborarli e predisporre una relazione come sintesi del lavoro stesso. Nel lavoro di progetto l obiettivo del progetto educativo consiste essenzialmente nella stesura di un caso, nella ricostruzione dal vero di tali situazioni-problema e dove sono previsti momenti di lavoro sul campo per l acquisizione di dati e materiale informativo. L autocaso è un caso reale di uno dei partecipanti al progetto educativo ricostruito interamente in aula secondo modalità di lavoro che richiedono l acquisizione di strumenti concettuali di analisi e classificazione dei dati e la loro applicazione ai casi in oggetto. Questo tipo di metodi si propone di sollecitare più elevati livelli di coinvolgimento in funzione delle vicinanza e dell interesse per i contenuti di lavoro e di attivare percorsi di apprendimento complessi. Metodi invece, recenti e/o impraticati sono: a/b) outdoor development/outward bound. Si tratta di metodologie e progetti educativi al tempo stesso, caratterizzati da: - condizioni di apprendimento assolutamente estranee ai soggetti e prevalentemente del tipo territori naturali più o meno difficili (rapide, montagne, foreste, deserti e mari); - compiti di apprendimento legati per lo più ad esercizi di esplorazione o avventura o sopravvivenza nel territorio naturale scelto. 31

33 Le finalità dei metodi sono evidentemente quelle di proporre un percorso di apprendimento dalla realtà ma in situazioni-limite che richiedono un completo coinvolgimento del soggetto (anche fisico) e in condizioni in abituali assolutamente non familiari tali da richiedere al soggetto stesso l utilizzazione di tutte le sue risorse, la ricerca e la sperimentazione attiva in assenza di punti di riferimento stabili e rassicuranti. Tendono a proporsi come metodologie per lo sviluppo di specifiche capacità manageriali. La logica seguita è: un gruppo solo di fronte a problemi concreti può scoprire effettivamente che cosa è un gruppo. c/d) learning community/autonomy laboratory. L apprendimento non può che essere favorito dalla costituzione spontanea di un gruppo di soggetti che reciprocamente si scelgono, condividono gli stessi obiettivi di apprendimento e l intenzione di realizzare un progetto finalizzato. I due metodi sono assai simili, ma: - learning community si propone come progetto educativo vincolato al principio che ciascun soggetto è responsabile in prima persona dell identificazione e realizzazione dei propri obiettivi di apprendimento nonché della collaborazione con altri per identificare e realizzare i loro obiettivi. Il concetto di comunità di apprendimento fa riferimento piuttosto alla rete che collega i soggetti, non già alla loro disposizione o collocazione fisica nella stessa stanza. - Autonomy laboratory. Si lavora prevalentemente con materiali tradizionali anche se l obiettivo primario di apprende ad apprendere può richiedere mezzi e risorse le più diverse. Qui il docente ha ruolo di coordinatore e al tempo stesso di risorsa e tramite per l acquisizione di altre risorse. Il progetto educativo non tende pertanto a proporsi obiettivi di unidirezionalità e sequenzialità del processo di apprendimento in conformità con la linearità di rapporto 32

34 docente allievo. e/f) action learning/joint development activities. Per quanto riguarda il metodo AL viene definito la vera innovazione nel campo dei metodi, la svolta. I tratti essenziali sono: - il tentativo di saldare il momento dell apprendimento con quello dell azione ovvero della quotidiana attività di lavoro del soggetto, il tentativo di ristabilire quella circolarità sempre cruciale tra apprendere agire come identità inscindibile dei due momenti. - L ancoraggio del progetto educativo a problemi concreti di lavoro - La sollecitazione di processi di apprendimento complessi finalizzati a promuovere sapere non per semplice acquisizione dall esterno bensì per rielaborazione e scoperta originale. Quindi sviluppo e consapevolezza. Per quanto riguarda il metodo denominato Joint Development Activities (JDA) esso tende a coincidere in larga misura con AL. Unica differenza, per quanto di rilievo, ha a che vedere con l orientamento eminentemente propositivo dei progetti JDA rispetto a quello tendenzialmente risolutivo di AL: mentre questi ultimi vincolano il modello di apprendimento e la struttura del progetto a problemi nel senso proprio delle cose che non vanno o non funzionano e per le quali ricercare soluzione, i primi orientano piuttosto i soggetti nel senso di ricercare nuove idee finalizzate anzitutto alla crescita allo sviluppo alla realizzazione di nuove opportunità in riferimento al ruolo ricoperto dai soggetti stessi. g) metodi riflessivi. Si ritrovano in quest area in particolare due tipi di metodologie: 33

35 - MdA riflessivo: obiettivo educativo perseguito è quello di favorire una riflessione sulle modalità soggettive del conoscere e del costruire e la conoscenza - TM (Trascendental Meditation), Seminari anti-stress. Finalità di recupero psico-fisico, di integrazione mente-corpo, di controllo dei processi mentali, di espansione delle potenzialità di apprendimento. Più precisi riferimenti hanno a che vedere, tra l altro, con tecniche di rilassamento quali il Training-Autogeno, tecniche di Bioenergetica, di Meditazione, di Sviluppo della Creatività. Con queste precisazioni si tratta di riprendere il percorso attinente la formazione di gruppo, partendo dall analisi del formatore e proseguendo con l analisi del gruppo. 34

36 CAPITOLO 1 - IL FORMATORE Analizziamo ora la figura del formatore che conduce un gruppo di formazione, quale può essere l aula, e tutto ciò che deve essere contenuto nel suo bagaglio di tecniche e strategie comunicative, nonché di conoscenze relative al gruppo stesso. Ma andiamo con ordine CHI È IL FORMATORE La professionalità richiesta al conduttore di gruppo non è più quella dello specialista in gruppi che utilizza ripetutamente uno strumento in modo invariato rispetto ai partecipanti, al contesto e agli obiettivi della formazione. Egli è piuttosto un professionista che si colloca entro un contesto specifico e progetta situazioni di formazione entro le quali utilizza anche situazioni di gruppo al fine di promuovere e accompagnare processi di pensiero e di ricerca, sostenendo la fatica dei partecipanti di pensarsi all interno delle condizioni indagate. Questo almeno all interno di un orientamento formativo che enfatizzi l importanza della capacità di pensare, di apprendere più che l acquisizione passiva di nozioni e abilità; lo sviluppo della coscienza di sé e del mondo circostante più che la sottomissione a modelli del sapere e dell essere precodificati; la ricerca sui problemi più che la ripetizione. 35

37 Sul tema del formatore si riscontrano tre elementi di dibattito che sembra possibile segnalare come: a) l identità difficile. Scontata la centralità riconosciuta alla figura di docente un approfondimento delle caratteristiche professionali e di ruolo che vanno riconosciute viene spesso risolto per differenze : ragionando cioè in funzione del tentativo di chiarire ciò che non è il docente, anziché ciò che è. Di esse in particolare, utilizzando la formula delle opposizioni, si segnalano le seguenti: - docente vs. tutor: nel docente è riconosciuto l insegnante, il gestore dell aula, il responsabile del processo di apprendimento e nel tutor il coordinatore del corso. Il criterio utilizzato fa riferimento alle differenti responsabilità formative. - Docente vs. trainer: nel trainer si identifica un modo diverso di fare il docente, conforme ad un approccio pedagogico orientato all esperienza anziché alla semplice trasmissione di conoscenze. La differenza di basa sul ricorso ad un criterio di modello pedagogico. - Docente vs. gestore : prevale l impiego di un criterio di specializzazione funzionale: al gestore vengono riconosciuti e affidati compiti di controllo del progetto educativo anziché di insegnamento, compiti di programmazione dei corsi, di individuazione dei partecipanti - Docente vs. consulente: prevale il rimando ad un più generale criterio di tipologia di intervento: al consulente è riconosciuto un ambito di azione dai più ampi confini e per cui formazione significa non più attività didattica ma piuttosto strumento di intervento. 36

38 A questo punto sorge l interrogativo: dove si colloca esattamente il formatore? A quale delle figure indicate meglio corrisponde? È proprio a questo specifico interrogativo che sembra non esservi risposta soddisfacente. Per come ci è possibile rispondere, differenze di ruolo saranno semmai riconducibili ad altrettante differenze di disegno e di modalità di realizzazione: ad altrettanti tipi di progetto educativo. Per cui, ci si può proporre di articolare figure differenti in conformità con differenti modalità di presidiare e condurre attività formative. b) i rischi del mestiere. Ossia problematiche del fare formazione : difficoltà, ostacoli, ma anche regole e principi del mestiere. Tre temi in particolare vanno evidenziati come altrettanti motivi di fondo per tali riflessioni: - tema della manipolazione: ha a che vedere con la preoccupazione che fare formazione significhi in ogni caso esercitare influenza : che dunque l azione formativa possa tradursi non tanto nella sollecitazione, attivazione, guida e orientamento di processi di apprendimento, ma piuttosto che ciò possa essere praticato ricorrendo alla persuasione, al convincimento, alla suggestione. Problema superabile in quanto forse la preoccupazione maggiore è quella di non incidere affatto, invece che incidere troppo. - Tema delle fantasie: i rischi del formatore sarebbero sostanzialmente riconducibili all incapacità di riconoscere la pluralità di figure che per il tramite del formatore possono essere evocate. Quali ad esempio: terapeuta 37

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