FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN TECNICHE DI LABORATORIO BIOMEDICO TESI DI LAUREA RILEVAMENTO DEL VIRUS PANDEMICO INFLUENZALE H1N : CONFRONTO TRA DIVERSE TECNICHE MOLECOLARI RELATORE Prof. Giancarlo Icardi CANDIDATA Masala Flavia INDICE 1

2 PARTE COMPILATIVA 4 INTRODUZIONE 5 GENETICA DEL VIRUS INFLUENZALE 10 Classificazione virus influenzali 10 Struttura e morfologia 12 Ciclo di replicazione dei virus influenzali 16 Variabilità antigenica 20 Antigenic Shift 21 Antigenic Drift 25 LE PANDEMIE INFLUENZALI 27 ORIGINE DEL NUOVO VIRUS PANDEMICO H1N Trasmissione 34 Patogenesi 36 Epidemiologia 38 Sorveglianza virologica 41 Diagnosi 43 REAZIONE DELLA POLIMERASI A CATENA (PCR) : PRINCIPIO DEL METODO 48 TRASCRIZIONE INVERSA CON PCR (RT-PCR) : PRINCIPIO DEL METODO 51 PCR MULTIPLEX : PRINCIPIO DEL METODO 52 2

3 REAL-TIME PCR : PRINCIPIO DEL METODO 53 PARTE SPERIMENTALE 55 TECNICHE DI RILEVAMENTO DEL VIRUS PANDEMICO A/H1N Preparazione del campione 57 Estrazione del genoma virale (RNA) 58 PROTOCOLLO CDC PER REAL-TIME PCR PER IL RILEVAMENTO DI INFLUENZA SUINA 63 FAST SET H1N1v (Arrow Diagnostics) 73 SEEPLEX FluA ACE Subtyping (Seegene s Product) 81 VALUTAZIONE DELLE PERFORMANCE 92 Sensibilità Analitica 92 Sensibilità Clinica 94 Specificità 94 CONCLUSIONI 96 RINGRAZIAMENTI 99 BIBLIOGRAFIA 101 3

4 PARTE COMPILATIVA 4

5 INTRODUZIONE Che cos è l influenza? L influenza è una malattia infettiva acuta che interessa principalmente le vie aree superiori ed inferiori; è causata dai virus influenzali in grado di infettare sia l uomo che diverse specie animali. Tale malattia è diffusa prevalentemente nei mesi invernali, poiché il virus resiste molto bene in situazioni di bassa temperatura ed umidità (l aria fredda è un veicolo ideale per la trasmissione dello stesso). Sin dai tempi antichi i virus dell'influenza furono probabilmente una causa importante di malattia. Le prime descrizioni di epidemie caratterizzate da sintomi simil-influenzali risalgono al V sec. a.c., in Grecia, e sono continuate durante tutta l'era cristiana, evidenziando come l'influenza sia presente da millenni nella popolazione umana. Il primo isolamento di virus influenzale nell uomo, risale al 1933 in Inghilterra, anche se in precedenza erano stati isolati virus influenzali sia da polli che da suini. Dopo queste prime osservazioni venne chiarito che gli stessi virus dell influenza potevano essere trovati, oltre che nell uomo, in animali diversi : 5

6 suini, cavalli, uccelli. Da allora sono stati identificati tre tipi di virus influenzali antigenicamente differenti, costituenti il genere Orthomixovirus : il virus tipo A e il virus tipo B, responsabili della sintomatologia influenzale classica, e il tipo C, di scarsa rilevanza clinica (generalmente asintomatico). Trasmissione L influenza è una patologia altamente contagiosa e diffusiva, poiché il virus, trovandosi sia nella saliva che nel muco della persona infetta (sorgente d infezione), può trasmettersi ad altri individui direttamente per via aerea, cioè attraverso le goccioline (droplets) che si formano quando si starnutisce, si tossisce, si parla o si respira, oppure indirettamente per contatto, in quanto le goccioline possono viaggiare per qualche metro, rimanere a lungo sospese nell aria e ricadere poi sulle superfici, che diventano vettori d infezione. Il contagio avviene se si tocca una superficie contaminata e dopo si portano le mani al naso, alla bocca o agli occhi, le vie elettive per l ingresso nell organismo e la conseguente infezione virale. 6

7 Sintomi L influenza è contraddistinta da un repentino manifestarsi di sintomi generali e respiratori : febbre elevata (della durata di circa 3-4 giorni) che si manifesta bruscamente, accompagnata da brividi, dolori ossei e muscolari, mal di testa, grave malessere generale, mal di gola, raffreddore e tosse non catarrale. La febbre è generalmente più elevata nelle infezioni provocate dai virus del tipo A mentre, in quelle causate da quelli del tipo B, si mantiene a livelli più bassi Le manifestazioni cliniche si presentano in genere dopo un periodo di incubazione di 1-4 giorni. Nella maggior parte dei casi la guarigione completa si ha nel giro di una settimana, anche se tosse e malessere generale possono perdurare per due o più settimane. Possibili complicanze Se normalmente l'influenza è una malattia a evoluzione benigna, in alcuni soggetti, soprattutto i più deboli come gli anziani e lattanti, si possono sovrapporre altri disturbi, definiti complicanze. Le complicanze respiratorie sono le più frequenti, soprattutto le polmoniti a sovrapposizione batterica. Nella polmonite batterica, dopo che il paziente con influenza è migliorato, si assiste alla ricomparsa della febbre preceduta da brivido e le condizioni generali vanno rapidamente peggiorando. Insorge dispnea, 7

8 tachicardia, cianosi e ipotensione arteriosa. Oltre alle polmoniti batteriche, complicanze possono essere anche le polmoniti virali, di solito ad elevata mortalità. Esistono poi complicanze non polmonari tra cui di tipo cardiaco, (infatti, a seguito dell influenza, possono comparire alterazioni del ritmo cardiaco, dei toni cardiaci, segni di insufficienza cardiaca congestizia e soprattutto nel soggetto anziano, si può avere improvvisamente arresto cardiaco e morte), e, più rare, miositi, encefalopatie e alterazioni del sistema nervoso periferico (sindrome di Guillain-Barrè) L importanza dell impatto dell influenza sulla popolazione deriva dalla rapidità con cui evolvono le epidemie, dalla morbosità diffusa, dalla gravità delle complicazioni ma soprattutto dalla caratteristica dei virus influenzali di instabilità genetica, ovvero la capacità di acquisire continui cambiamenti nelle proprietà antigeniche legate principalmente alle glicoproteine di superficie tali da rendere il sistema immunitario incapace di reagire efficacemente all infezione. Tali cambiamenti, che nel corso delle ultime tre stagioni influenzali sembrano verificarsi con frequenza annuale, permettono loro di aggirare totalmente o parzialmente l immunità presente nella popolazione che in un passato più o meno recente ha subito l infezione influenzale o si è sottoposta a immunizzazione passiva. Questo significa che le difese che l organismo ha 8

9 sviluppato contro il virus dell influenza nel corso di una stagione, non sono più efficaci o lo sono solo parzialmente verso il virus dell anno successivo. Per questi motivi, la composizione del vaccino deve essere aggiornata tutti gli anni e la sorveglianza è fondamentale per preparare il vaccino per la stagione successiva in base ai ceppi che hanno avuto maggior diffusione nell ultimo periodo epidemico. I cambiamenti, di anno in anno, possono risultare più o meno rilevanti con conseguente assenza o parziale protezione immunitaria, come nel caso della nuova influenza A/H1N1. Ad importanti cambiamenti di struttura antigenica possono far seguito pandemie con rilevanti conseguenze in termini di sanità pubblica. Le pandemie si verificano ad intervalli temporali imprevedibili e nel secolo passato si sono realizzate nel 1918 (sostenuta dal sottotipo H1N1), nel 1957 (sostenuta dal sottotipo H2N2) e nel 1968 (sostenuta dal sottotipo H3N2); l epidemia più severa, delle tre menzionate, la cosiddetta Spagnola del 1918, ha provocato almeno 20 milioni di morti, soprattutto tra giovani-adulti. E importante sottolineare che la comparsa di un ceppo con proteine di superficie radicalmente nuove, quindi un virus influenzale completamente diverso da quelli 9

10 precedenti, non è di per sé sufficiente per l instaurarsi di una pandemia, ma occorre anche che il nuovo virus sia capace di trasmettersi da uomo a uomo in modo efficace. GENETICA DEL VIRUS INFLUENZALE 1) Classificazione virus influenzali I virus che causano l influenza appartengono alla famiglia degli Orthomyxoviridae e vengono classificati in tre tipi principali, A, B e C, sulla base delle proprietà antigeniche di proteine interne, la nucleoproteina (NP) e le proteine della matrice. I virus di tipo B e C hanno come serbatoio solo l uomo, mentre i virus di tipo A, ampiamente diffusi in natura, possono infettare oltre all uomo, anche varie specie animali (suini, equini, mammiferi marini e uccelli). I virus di tipo A e B sono responsabili della più comune sintomatologia, mentre il tipo C è stato associato a casi sporadici ed episodi minori. Il virus dell influenza A è ulteriormente suddiviso in sottotipi sulla base delle differenti strutture antigeniche delle due glicoproteine presenti sulla superficie della membrana, l emagglutinina (HA) e la neuraminidasi (NA). Fino ad oggi sono stati identificati 16 sottotipi 10

11 di HA e 9 di NA. L'emagglutinina e la neuraminidase sono i bersagli, oltre che del sistema immunitario, anche dei farmaci antivirali. Per i virus tipo B non esistono sottotipi da associare a HA e NA, anche se la deriva antigenica ha portato alla formazione di due sublineage distinti dal punto di vista sierologico e genotipico. Per quanto riguarda il virus tipo C, esso ha una scarsa importanza epidemiologica per la sua asintomaticità. Figura 1. Virus influenzale al microscopio a scansione. 11

12 2) Struttura e morfologia I virus influenzali hanno forma sferica, ovoidale, talvolta filamentosa con diametro di nm, e capside di forma elicoidale di diametro 9-15 nm. Il genoma, racchiuso dal capside, non è costituito da una singola porzione di acido nucleico, ma contiene otto segmenti (sette per virus C) di RNA a polarità negativa (complementare quindi all mrna), che codificano 11 proteine che si possono osservare descritte in dettaglio nella sottostante tabella 1. Tabella 1. Segmenti genomici di virus influenzali A, B e proteine codificate 12

13 Il capside è provvisto di un ulteriore rivestimento lipoproteico, l envelope, dal quale si proiettano superficialmente tre proteine : la proteina M2 con funzioni di canale ionico e le due glicoproteine transmembrana emoagglutinina e neuraminidasi. Entrambe queste proteine svolgono funzioni cruciali nel ciclo replicativo virale. L emoagglutinina è l antigene più importante essendo specifico per sottotipo, ceppo o variante; essa media il legame del virus alle cellule target e l'ingresso del suo genoma virale al loro interno in quanto costituisce il sito di legame per il recettore cellulare presente sulla superficie delle cellule ospiti. Rappresenta inoltre, il sito di legame per le emazie, proprietà che si è rivelata utile per l identificazione del virus nei test di laboratorio usati per la diagnosi. Gli anticorpi specifici diretti contro l emoagglutinina inibiscono il fenomeno di emoagglutinazione dei globuli rossi così come l infezione delle cellule bersaglio da parte del virus influenzale. L emoagglutinina è costituita da due catene distinte, HA1 e HA2, che originano da HA0 tramite processi di natura proteolitica. Le due catene sono legate in maniera covalente da un ponte disolfuro fra la posizione 14 di HA1 e la posizione 137 di HA2. L HA è composta da una porzione N-terminale idrofila esterna che ha funzione di sequenza segnale, una porzione C-terminale idrofobica che la 13

14 ancora alla membrana virale e un breve dominio intracitoplasmatico. La struttura della parte N-terminale è suddivisa in un dominio globulare, sul quale si localizzano i principali siti antigenici della proteina, e in una porzione lineare. La regione globulare (testa globulare) contiene solo una parte di HA1 mentre l altra parte di HA1 e l intera catena HA2 compongono la porzione lineare extracitoplasmatica e transmembrana. In una tasca della regione globulare si trova il sito di legame recettoriale attraverso il quale il virus si lega all acido sialico della membrana cellulare dell ospite. Il sito recettoriale è composto lateralmente da catene aminoacidiche altamente conservate nei differenti strain virali; altri residui conservati sono localizzati posteriormente la tasca e sembrano stabilizzare la struttura del sito stesso senza interagire col recettore. Il perimetro della superficie della tasca è invece composto da residui aminoacidici che vanno incontro a mutazioni frequenti (drift antigenico). Le mutazioni interessano prevalentemente cinque regioni della testa globulare (HA1) chiamate A, B, C, D ed E che corrispondono ai siti antigenici di legame per gli anticorpi. La neuraminidasi è un antigene specifico di sottotipo ed è un enzima che interviene nell ultima fase del ciclo replicativi, in quanto permette il rilascio dei virioni, appena sintetizzati, all'esterno delle cellule infette. 14

15 Figura 2. Rappresentazione schematica della struttura degli Orthomyxoviruses. All interno del capside si trova il core virale costituito da RNA segmentato in 8 frammenti per i tipi A e B e 7 per il tipo C. I segmenti di RNA sono incapsulati indipendentemente nella nucleoproteina virale e ognuno di essi è associato con un complesso polimerasico. La particella subvirale chiamata ribonucleoproteina (RNP) comprende perciò l RNA virale (vrna), la nucleoproteina del capside (NP) e tre proteine importanti per la replicazione del genoma: PB1, PB2 e PA ad attività polimerasica. Le ribonucleoproteine si trovano sprofondate in una matrice formata dalla proteina M1 che circonda internamente la membrana 15

16 lipidica virale, la quale si forma dalla membrana plasmatica della cellula infettata nel corso del processo di gemmazione. 3) Ciclo di replicazione dei virus influenzali Il ciclo di replicazione dei virus influenzali può essere suddiviso in 4 fasi: a) adsorbimento e penetrazione del virus; b) trascrizione del genoma virale e traduzione delle proteine virali; c) replicazione dell'rna virale; d) assemblaggio dei virioni e fuoriuscita delle particelle virali mature. Figura 3. Rappresentazione schematica della replicazione dei virus influenzali 16

17 a) Adsorbimento e penetrazione del virus. L adesione del virus sulla membrana plasmatica della cellula ospite, che corrisponde alla fase iniziale dell adsorbimento, avviene grazie all emagglutinina che riconosce il recettore mucoproteico specifico (acido sialico) presente sulla superficie delle cellule epiteliali dell apparato respiratorio. La particella virale, per endocitosi, viene inclusa in un lisosoma; nel momento in cui il ph raggiunge la sufficiente acidità, l emagglutinina subisce un cambio conformazionale tale da permettere la fusione tra la membrana endosomiale e il doppio strato lipidico virale. I complessi RNP penetrano nella cellula si posizionano vicino al nucleo e successivamente entrano nel nucleo della cellula ospite. b) Trascrizione del genoma virale e traduzione delle proteine virali. La trascrizione primaria del genoma virale avviene nel nucleo della cellula ospite ad opera della RNA polimerasi RNA dipendente (RNA-trascrittasi) ad essa associata, che trascrive il filamento di mrna a partire dal filamento a polarità negativa. Il complesso trascrizionale consiste di una polimerasi trimerica comprendente le proteine PB1, PB2 e PA. La componente PB1 è una trascrittasi che catalizza l addizione di nucleotidi nell iniziazione del trascritto di RNA. La componente PB2 è una 17

18 endonucleasi cap-dipendente la cui funzione è quella di legare l RNA incappucciato e di clivarlo per generare i primers per la sintesi dell mrna virale. La componente PA è fondamentale per la replicazione dell RNA virale ma il suo ruolo è ancora parzialmente sconosciuto; probabilmente trascrive copie dell RNA a filamento negativo che sarà il corredo gnomico dei virioni in maturazione. c) Replicazione dell RNA virale. L RNA messaggero trasloca nel citoplasma dove viene tradotto; si formano così le proteine del capside (NP) e gli enzimi PB1, PB2 e PA che saranno presenti nei virioni maturi. Alcuni prodotti della trascrizione subiscono un fenomeno di splicing determinando la formazione di mrna codificanti differenti proteine, come per esempio M1 e M2. Di recente si è scoperto che la proteina M1 è importante per la fase di liberazione del virus, che avviene tramite gemmazione. La proteina M2 è fondamentale durante la replicazione, poiché agendo a livello della pompa ionica modula il ph nella fase di rimozione dell involucro, consentendo cosí il trasporto del virus verso la membrana cellulare. d) Assemblaggio dei virioni e fuoriuscita delle particelle virali mature. Le proteine integrali di membrana dell involucro virale, 18

19 HA, NA, M2 e NB dei virus A e B, e HEF e CM2 del virus C, sono sintetizzate mediante il reticolo endoplasmatico e inserite nella membrana attraverso un meccanismo di riconoscimento particelladipendente. Nel corso del trasporto verso la superficie apicale della cellula, attraverso l apparato di Golgi, le proteine vengono assemblate nella loro struttura multimerica e vengono modificate con l aggiunta di catene di carboidrati e gruppi di acidi grassi. L assemblamento del virus con la membrana plasmatica della cellule infettata avviene mediante un processo di gemmazione attraverso il quale RNP ed M1 acquisiscono un involucro derivato dalle regioni della membrana cellulare modificate per esporre quasi esclusivamente proteine virali di membrana. Figura 4. Fuoriuscita per gemmazione di un virione da una cellula infetta 19

20 4) VARIABILITA ANTIGENICA La caratteristica principale dei virus influenzali è rappresentata dalla loro instabilità genetica che comporta continue variazioni delle caratteristiche base del virus. Tali mutazioni interessano gli antigeni di superficie emoagglutinina e neuraminidasi, rendendo più difficile il riconoscimento del virus da parte del nostro sistema immunitario. La novità antigenica di un virus differente rispetto ai ceppi che hanno circolato nelle precedenti stagioni, ha perciò un ruolo rilevante, poiché il sistema immunitario di parte della popolazione, risulta non essere in grado di fronteggiare il nuovo agente eziologico. Si possono riconoscere forme virali a potenzialità pandemica, che si generano attraverso un riarrangiamento genico definito antigenic shift o in seguito ad un fenomeno detto salto di specie, e forme interpandemiche determinate da mutazioni minori o antigenic drift. Le prime si verificano ogni anni e portano alla comparsa di un nuovo sottotipo virale (soltanto per i virus di tipo A) nei confronti della quale la popolazione è completamente suscettibile. Le seconde, le forme interpandemiche, si verificano ogni 2-4 anni e avvengono sia nei virus di tipo A che in quelli di tipo B. 20

21 ANTIGENIC SHIFT Lo shift antigenico è il meccanismo a cui fa seguito un radicale cambiamento delle strutture antigeniche di superficie del virus; è definita appunto come la variazione maggiore che avviene in seguito a riassortimento genetico. In seguito a tale mutazione un nuovo virus può presentare un involucro con antigeni totalmente diversi rispetto ai ceppi circolati fino a quel momento. Lo shift antigenico coinvolge solamente i virus influenzali di tipo A, mentre i virus di tipo B non possono andare incontro a shift antigenico poiché sono dotati di un unico tipo di HA a di NA e non possiedono un reservoir aviario né di altre specie animali. Il virus influenzale A trova infatti il suo reservoir naturale negli uccelli acquatici (anatre, oche, cigni, gabbiani, folaghe..) ma può colonizzare altri ospiti come polli, tacchini e quaglie. L infezione da virus influenzale decorre, in questi animali, in modo del tutto asintomatico, ad eccezione di alcune varianti caratterizzate da emoagglutinina di tipo 5 (H5) o di tipo 7 (H7) in grado di determinare epidemia con elevata letalità nei polli e nei tacchini. Inoltre, alcuni sottotipi circolano prevalentemente nell uomo, nei suini, nei mammiferi marini (foche, balene) e nei cavalli. Questo fenomeno, unito alla grande variabilità di HA e NA e al genoma segmentato può portare, durante l infezione delle cellule 21

22 ospiti, ad un fenomeno importantissimo dal punto di vista immunologico e, di conseguenza, epidemiologico: il riassortimento del materiale genetico, responsabile dell evoluzione del microrganismo e della genesi e diffusione di nuovi virus influenzali. Negli uccelli acquatici possono essere presenti, anche contemporaneamente, tutti i differenti sottotipi. Il virus influenzale, per poter infettare una cellula bersaglio, necessita di un recettore costituito da una glicoproteina supeficiale la cui parte glucidica termina con un legame Sia2-3Gal per i virus del clade aviario e Sia2-6Gal per i virus del clade umano: poiché le cellule target dei suini presentano entrambi i recettori, questi animali rendono possibile la co-infezione e rappresentano un importante tratto di unione tra i virus aviari e quelli che vedono come ospiti d elezione i mammiferi, tra cui l uomo. In queste condizioni la caratteristica organizzazione del genoma segmentato del virus influenzale, permette che uno, o più geni del virus aviario, possano essere incorporati nel genoma di un virus a tropismo umano, determinando la ricombinazione del materiale genetico del microrganismo. Questo meccanismo di riassortimento fra virus che infettano specie differenti, sembra responsabile dell origine delle pandemie influenzali che si sono verificate in questo secolo ad esempio, la 22

23 pandemia verificatasi nel 1957, la cosiddetta asiatica, è stata probabilmente originata dalla ricombinazione nel suino di un virus aviario circolante, di tipo A/H2N2, con un virus umano di tipo A/H1N1. Il virus risultante possedeva un corredo genetico caratterizzato da 3 geni di origine aviaria (HA, NA, PB1) e dai restanti 5 di origine umana. Il riassortimento, avendo coinvolto i geni codificanti i determinanti antigenici di maggior rilievo emoagglutinina e neuraminidasi, ha determinato la comparsa di un virus verso cui l intera popolazione era suscettibile, creando così le condizioni necessarie per l instaurarsi della pandemia. Analogo fenomeno si è avuto nel 1968 : il riassortimento tra il virus umano A/H2N2 e l aviario A/H3 portò alla formazione del sottotipo A/H3N2, responsabile della pandemia cosiddetta di Hong Kong. Esiste una seconda, ma molto più rara, possibile causa multifasica di pandemie umane ed è data dalla possibilità che virus animali (aviari o suini) facciano direttamente un salto inter-specie e vengano quindi trasmessi all uomo (prima fase), dove possono adattarsi acquisendo capacità di efficace trasmissione inter-umana (seconda fase). 23

24 Figura 5. Schema del riassortimento del materiale genetico responsabile dell evoluzione e diffusione di nuovi virus influenzali (Antigenic shift) 24

25 ANTIGENIC DRIFT Il drift antigenico è determinato dall accumulo di mutazioni puntiformi nella sequenza aminoacidica delle glicoproteine di superficie, in particolare l emoagglutinina, che ha come conseguenza la comparsa di ceppi virali immunologicamente differenti. Queste mutazioni puntiformi, chiamate drift antigenici, si verificano quasi annualmente e limitano il legame degli anticorpi formati durante precedenti circolazioni del sottotipo. In questo modo i drift antigenici contribuiscono alla capacità dei virus influenzali di causare epidemie annuali, in quanto la risposta antigenica alle nuove varianti risulta sempre ridotta o comunque non ottimale, in particolar modo in soggetti con un sistema immunitario deficitario (bambini, anziani, immunodepressi). È sufficiente che gli anticorpi riconoscano un solo sito antigenico per neutralizzare il microrganismo. Quindi, su un individuo in grado di produrre anticorpi che riconoscono tutti i cinque siti antigenici, si riduce notevolmente la possibilità di sopravvivenza per un escape mutant (virus con un aminoacido cambiato in un singolo sito antigenico). Tuttavia la maggior parte dei soggetti, soprattutto bambini ed anziani, non sintetizza anticorpi per tutti i cinque siti, facilitando così l emergere dei ceppi mutati. 25

26 Dall analisi delle sequenze dell emoagglutinina degli isolati A/H3N2 che hanno circolato dopo l introduzione di questo sottotipo nel 1968, è emersa la presenza di aminoacidi fortemente conservati nelle posizioni più profonde della proteina, la cui funzione è quella di ancorare gli aminoacidi superficiali e di garantire la conformazione secondaria e terziaria della catena aminoacidica. Gli aminoacidi superficiali mostrano invece un basso grado di conservazione e possono andare incontro all antigenic drift. Questi dati mettono in luce come la struttura tridimensionale della proteina rimanga costante durante l antigenic drift probabilmente affinché ne sia mantenuta la funzione biologica. Cambiamenti dell emoagglutinina interessano prevalentemente la testa globulare, dove si trovano i siti di legame del recettore cellulare e i cinque siti antigenici ipervariabili. L analisi di sequenza del gene del virus A sottotipo H3 ha infatti indicato che sostituzioni aminoacidiche, risultanti in drift antigenici, si accumulano principalmente in 5 regioni antigeniche, denominate da A ad E, localizzate sulla superficie del dominio HA1. Drift antigenici interessano anche la NA con meccanismo analogo a quanto avviene per HA. I virus influenzali di tipo B, nonostante la ridotta possibilità di mutazioni, possono andare anch essi incontro a drift. Sebbene non 26

27 siano suddivisi in sottotipi, l accumulo di mutazioni puntiformi ha determinato la formazione di due differenti lineages, sicuramente co-circolanti nella popolazione umana a partire dal Questi due gruppi filogenetici hanno come ceppi di riferimento i virus B/Victoria/2/1987 (Victoria-lineage) e B/Yamagata/16/1988 (Yamagata-lineage). I due lineages risultano così differenti antigenicamente da non presentare nessuna cross-protezione anticorpale. L insieme di tutti questi fenomeni è da tenere in considerazione nella formulazione di un vaccino efficace. LE PANDEMIE INFLUENZALI Una pandemia influenzale è un' epidemia di virus influenzale di tipo A che si espande su scala mondiale e infetta una grande porzione della popolazione umana. I virus influenzali mutano continuamente producendo nuovi ceppi; le pandemie avvengono proprio quando si sviluppa un virus completamente diverso da tutti i ceppi precedenti e quando viene trasmesso all'uomo da un'altra specie animale. 27

28 Questi nuovi ceppi non sono ostacolati dall'immunità delle persone poiché nessuno vi è stato esposto in precedenza, perciò tale condizione rende facilissima la loro diffusione e l infezione di moltissime persone. I virus di tipo A possono occasionalmente essere trasmessi dai volatili selvatici ad altre specie provocando focolai nel pollame domestico e potrebbero anche generare pandemie nell'uomo. A differenza delle regolari epidemie stagionali, le pandemie sono causate da sottotipi di virus influenzali nuovi o che non circolano tra la popolazione da molto tempo mentre le epidemie stagionali sono generate da sottotipi di virus influenzali già esistenti. Le pandemie, inoltre, a differenza delle epidemie stagionali che avvengono ogni inverno, avvengono irregolarmente, e ne compaiono circa 3 in ogni secolo. Possono provocare alti livelli di mortalità, come testimoniato dalle ultime pandemie influenzali che sono avvenute nel XX secolo: l'influenza spagnola del 1918 che causò oltre 50 milioni di morti, l'influenza asiatica del 1957 e l' influenza di Hong Kong del

29 Ultime pandemie influenzali Nome Data Decessi Sottotipo Asiatica (russa) milione H2N2 Spagnola milioni H1N1 Asiatica milioni H2N2 Hong Kong ,75-1 milioni H3N2 Influenza A (suina) 2009-? H1N1 La pandemia del 1918 a cui si riferisce il nome di influenza spagnola è stata considerata di categoria 5 (diffusione interumana del virus in almeno due Paesi di una delle Regioni OMS). Il virus fu identificato come virus di genere A, sierotipo H1N1, di probabile origine suina, che, dopo importanti modificazioni o ricombinazione dei geni fra virus animali e virus umani, riuscì ad acquisire le caratteristiche opportune per poter infettare l uomo ed essere efficiente nella trasmissione inter-umana. Alcuni studi condotti sulle proteine ottenute dai geni virali ricostruiti in laboratorio hanno permesso di capire le peculiari caratteristiche di questo agente 29

30 microbico: le vittime erano prevalentemente persone giovani e sane perché la polmonite emorragica era soprattutto dovuta alla reazione infiammatoria aspecifica prodotta dall ospite; la virulenza del virus era almeno cento volte superiore a quella dei virus influenzali usuali, ma i farmaci oggi in uso come antinfluenzali sarebbero comunque risultati efficaci. Il novecento è stato testimone di altre due importanti pandemie influenzali: la Asiatica che si manifestò all inizio del 1956 e durò fino al 1958 e la Hong Kong degli anni La pandemia asiatica fu causata da un ceppo virale, capace di infettare l uomo, che ebbe origine da una mutazione avvenuta nelle anatre selvatiche in combinazione con un ceppo umano già esistente. Il virus venne identificato per la prima volta nella provincia cinese di Guizhou e raggiunse Singapore nel febbraio 1957, Hong Kong ad aprile e gli Usa a giugno del Le stime mondiali di decessi dovute a tale infezione variano tra 1 milione e 4 milioni. La successiva pandemia del fu provocata da un ceppo del virus A del sottotipo H3N2. La contagiosità e la mortalità di tale ceppo virale fu molto lieve rispetto alle due precedenti. A partire dal 1997, in Estremo Oriente, Egitto, Iraq e Nigeria sono state notificate piccole epidemie di influenza aviaria (virus A H5N1) con trasmissione della infezione dal pollame all uomo e con 30

31 mortalità fra questi ultimi molto elevata (63% circa). Tali episodi hanno causato molto allarme fra le Autorità Sanitarie mondiali e nei media: la paura di una pandemia sembrava reale ma il virus pur modificandosi frequentemente non ha acquisito fino ad oggi le caratteristiche sufficienti e necessarie per il salto di specie. Una nuova possibilità di pandemia influenzale si è sviluppata recentemente in Messico e negli Stati Uniti. A partire da marzo 2009 sono stati osservati nuovi e sempre più frequenti episodi influenzali con epicentro in Messico e California. La diffusione della infezione è stata molto veloce ed estesa tanto da richiedere l innalzamento al livello 6 di allerta (pandemia propriamente detta, pandemia globale). Il virus, probabilmente in seguito a riassortimenti genici, ha caratteristiche suine, aviarie ed umane ed è del tipo A/H1N1. 31

32 ORIGINE DEL NUOVO VIRUS PANDEMICO H1N Origine Il virus della nuova influenza (H1N1) è stato per la prima volta identificato il 15 aprile 2009 negli Stati Uniti ed è stato dimostrato che è correlato geneticamente ai virus della recente influenza suina, ma ha una composizione genetica non precedentemente individuata tra i virus infettanti sia la popolazione suina che umana. Il virus H1N è una miscela di quattro ceppi conosciuti di virus influenza A : uno endemica negli esseri umani, uno endemico nei volatili e due endemici nei suini. E' stato in seguito provato che l'insorgenza di malattie respiratorie in diverse aree del Messico nel marzo e aprile 2009 erano dovute a questa nuova influenza virale. Successivamente il virus della nuova influenza A (H1N1) si è diffuso in diversi paesi a partire dal Nord America fino ad interessare 46 paesi nel mondo. Le analisi 32

33 filogenetiche dei geni dell HA e della NA aiutano a definire la relazione delle varianti antigeniche rispetto a quelle precedenti e a chiarire la base molecolare dei cambiamenti genetici. I test d inibizione dell'emoagglutinazione (HI) con l'antisiero di furetto hanno indicato che i virus della influenza A (H1N1) isolati in Nord America sono omogenei e antigenicamente distinti da quelli attualmente circolanti dell'influenza stagionale A (H1N1) e che sono più strettamente collegati con il virus A/California/7/2009 (H1N1)v. I virus emergenti sono antigenicamente simili al ceppo nord americano del virus della influenza suina triplo-riassortante A(H1N1), rappresentato da A/Illinois/09/2007, circolato tra i maiali durante gli ultimi 10 anni negli U.S.A. e che aveva occasionalmente infettato l uomo durante lo stesso periodo. L'analisi filogenetica degli otto segmenti genici indica che la nuova influenza virale A(H1N1) è un riassortante tra ceppi dell influenza suina del Nord America, che hanno segmenti genici originari dalla influenza virale A suina, umana e aviaria (H1N1,H1N2 e /o H3N2), e dell'eurasia. Gli alberi filogenetici dei geni delle HA e NA mostrano che, finora, le sequenze di diversi isolati della nuova influenza virale sono relativamente omogenee. Il gene HA è più strettamente correlato ai geni HA della H1N1 sw e ai virus H1N2 isolati dai suini in Nord America e Asia. Il gene NA è più strettamente correlato ai geni N1 33

34 dell'influenza virale A (H1N1) isolati dai maiali e dagli uccelli in Europa e Asia (influenza virale suina ceppo Euroasiatico). Figura 6. Origine del virus pandemico A/H1N1 34

35 Trasmissione La nuova influenza A/H1N1 è un infezione virale acuta dell apparato respiratorio con sintomi simili a quelli classici dell influenza: febbre ad esordio rapido, tosse, mal di gola, malessere generale. Come per l influenza classica sono possibili complicanze gravi, come la polmonite, ad esito talora mortale. I primi casi di questa nuova influenza umana da virus A/H1N1 sono stati legati a contatti ravvicinati tra maiali e uomo. Nell uomo infezioni da virus influenzali suini sono state riscontrate occasionalmente fin dagli anni 50 e sono legati ad esposizione e contatti ravvicinati ( 1-2 metri ) con suini, ma il nuovo virus A/H1N1 si è ora adattato all uomo ed è diventato trasmissibile da persona a persona. L influenza non viene trasmessa attraverso il cibo e non esiste alcun rischio di infezione attraverso il consumo di carne suina cotta o prodotti a base di carne suina. La trasmissione da uomo a uomo del nuovo virus dell influenza A/H1N1 avviene con gli stessi meccanismi con cui si trasmette l influenza stagionale : per via aerea, attraverso le goccioline di flugge e droplets,per contatto diretto fra un individuo infetto ed un 35

36 ospite suscettibile oppure per contatto indiretto, tramite superfici o oggetti contaminati. Patogenesi L influenza in generale ha un periodo di incubazione che varia da 1 a 4 giorni, durante i quali si ha l impianto del virus nelle mucose dell apparato respiratorio, che comporta necrosi del tratto respiratorio superiore, della trachea e dei bronchi. La sindrome influenzale insorge, con tutta probabilità, nel momento della moltiplicazione virale nell apparato respiratorio, causando il rilascio delle citochine in seguito al disfacimento delle cellule necrotiche e il successivo stato infiammatorio. In tale fase, la diagnosi di influenza da virus A(H1N1)v è basata sul solo criterio clinico e viene definita secondo i criteri stabiliti dall Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), come un affezione respiratoria acuta ad esordio brusco ed improvviso con febbre >38 C, accompagnata almeno da uno dei seguenti sintomi respiratori : tosse faringodinia congestione nasale 36

37 e da almeno uno tra questi disturbi : cefalea malessere generalizzato sensazione di febbre (sudorazione, brividi) astenia Tutti questi sintomi, però, sono riferibili ad una persona adulta. Nei bambini e negli anziani, invece, si hanno alcune caratteristiche differenti, come: una febbre lieve nei lattanti con vomito e diarrea; irritabilità, pianto, sonnolenza e inappetenza nei bambini molto piccoli che non sono ancora in grado di parlare; occhi arrossati, congiuntivite associata a febbre alta (spesso anche oltre i 39 C) nei bambini in età prescolare; laringotracheiti e bronchiti nei bambini sotto i 5 anni di età; febbre bassa, mancanza di forze, dolori articolari e disturbi neurologici negli anziani cosiddetti fragili di età superiore ai 75 anni. Negli anziani possono anche presentarsi stati di sopore, disorientamento, difficoltà nella coordinazione motoria ed uno stato confusionale. Il sospetto di influenza da nuovo virus A(H1N1)v deve essere preso in considerazione anche in assenza di viaggi all estero nei 7 giorni 37

38 precedenti l insorgenza della sintomatologia influenzale. Epidemiologia In tutto il mondo sono stati confermati casi di influenza A(H1N1) e la crescita è esponenziale con un tempo di raddoppio di circa 17 giorni. La maggior parte dei pazienti ha presentato solo sintomi lievi ed è guarita completamente, ma circa il 2% ha sviluppato patologie gravi. Si sono verificati circa 3917 decessi (fonti OMS aggiornata a fine settembre e Centre Disease Control (CDC) Europa aggiornata al 25 settembre). Il tasso di mortalità si aggira attorno allo 0,9% (contro l'1,1% dell'influenza normale), la remissione dei sintomi avviene in genere entro i 2-4 giorni dall'inizio delle manifestazioni respiratorie. La malattia sembra particolarmente aggressiva in Messico, paese di origine dell'epidemia, dove muore circa il 2% dei pazienti. La maggior parte dei casi ha colpito persone di età inferiore ai 25 anni, ma la maggioranza delle infezioni gravi e mortali ha riguardato adulti di età compresa tra 30 e 50 anni. I casi gravi si sono avuti per lo più in persone con condizioni patologiche croniche, tra cui malattie respiratorie, patologie cardiovascolari, diabete, malattie autoimmuni e obesità. 38

39 Figura 7. Diffusione della pandemia in Europa, aggiornato il 18/11/09 30% 3% 9% 38% 15% 5% Africa (AFRO) Americhe (AMRO) Mediterraneo Orientale (EMRO) Europa (EURO) Asia Sud-Orientale (SEARO) Pacifico Occidentale (WPRO) Figura 8. Casi confermati di infezione da virus influenzale 2009 A/H1N1 pandemico nel mondo, aggiornato al 18/11/09 39

40 Ungheria Svezia Spagna Slovacchia Repubblica Ceca Regno Unito Portogallo Polonia Paesi Bassi Norvegia Malta Lussemburgo Lettonia Italia Islanda Irlanda Grecia Germania Francia Finlandia Bulgaria Belgio Austria Morti Figura 9. Vittime correlate ad infezione da virus influenzale 2009 A/ H1N1 pandemico in Europa, aggiornato alle ore del 17/11/09 Questo grafico mostra la letalità del virus in alcuni paesi europei. Il paese in cui il virus ha colpito di più è il Regno Unito, con 186 morti, che però rappresentano lo 0,6% dei casi registrati. La situazione più critica si riscontra invece in Spagna con una letalità del 2,34% (88 morti su 1538 casi). 40

41 Sorveglianza virologica La sorveglianza virologica dell influenza gioca un ruolo fondamentale per la scelta dei ceppi da includere nella formulazione vaccinale. Ai giorni nostri la rete di sorveglianza è notevolmente estesa e comprende 4 centri internazionali di riferimento, 110 centri nazionali e numerosi laboratori che attivamente collaborano in 83 paesi alla raccolta e all isolamento dei virus influenzali e alla loro caratterizzazione molecolare e antigenica. L obiettivo della rete di sorveglianza è quello di: i) monitorare i ceppi circolanti per stabilire e raccomandare due volte l anno la composizione del vaccino antinfluenzale per la stagione successiva ii) rilevare precocemente l emergenza di virus potenzialmente pandemici. Per questi motivi è stato necessario nel corso degli anni implementare la rete di sorveglianza virologica nell uomo e integrarla con la sorveglianza clinico epidemiologica basati sulla presenza di un insieme di segni e sintomi, che costituiscono una sindrome. Questi sistemi hanno quindi l'obiettivo di identificare precocemente potenziali minacce per la salute pubblica, fondamentale per mettere in atto una risposta rapida per ridurre morbilità e mortalità e possono utilmente integrare le informazioni che derivano dai sistemi di sorveglianza classica già in vigore. 41

42 La diffusione senza precedenti della infezione da virus A(H1N1)v, favorita dai viaggi e scambi internazionali, che nell arco di poco più di sei settimane ha raggiunto le dimensioni che in precedenti pandemie si erano avute nell arco di 6 mesi, ha portato all attuazione di interventi diversificati di sorveglianza e approcci differenziati nelle modalità di prevenzione e controllo dell influenza. Considerato l incremento dei casi di influenza A(H1N1)v e la dichiarazione di fase pandemica 6, non si ritiene più indispensabile la conferma virologica di tutti i casi sospetti, pur mantenendo alta la vigilanza su quanto avviene nel territorio attraverso la segnalazione dei casi sospetti ai servizi di prevenzione e una successiva notifica dei casi che corrispondono ai criteri definiti. Per rispondere all incremento del numero dei casi osservato nell ultimo periodo, che impongono ai servizi sanitari un carico di lavoro sempre maggiore, l indagine epidemiologica per i casi ed i loro contatti stretti dovrà essere completata, nei casi confermati dal laboratorio, solo nell evenienza di episodi di trasmissione locale della malattia in assenza di viaggi all estero nei 7 giorni precedenti l insorgenza della sintomatologia influenzale e per i casi ospedalizzati. In linea con le indicazioni fornite dall OMS, fin dalla prima comparsa della nuova influenza da virus A(H1N1), i viaggi 42

43 internazionali non sono soggetti a restrizione (Circolare Ministeriale del 27/7/2009). Inoltre l indagine virologica dovrà essere effettuata, sia nei casi che presentano un quadro clinico impegnativo al punto tale da richiedere il ricovero, sia in quelli autoctoni che non hanno storia di viaggi o di contatti con casi confermati. A parte quanto definito sopra, per tutte le altre situazioni e, quindi, in presenza di quadro clinico influenzale modesto, e pur con anamnesi positiva per permanenza in Paesi esteri o contatto di caso, non verrà più effettuato tampone faringeo per la ricerca del virus. Al fine di evitare la diffusione del virus, si raccomanda di dare la massima importanza alle misure di isolamento domiciliare dei casi sospetti e di evitare che questi vengano a contatto con persone appartenenti alle categorie a rischio quali malati cronici, immunodepressi, anziani fragili, etc. Diagnosi L infezione da virus influenzale non può essere diagnosticata con certezza sulla base dei soli sintomi clinici. Lo scenario clinico può infatti essere difficile da distinguere dalle infezioni sostenute da 43

44 virus respiratorio sinciziale, virus parainfluenzali, adenovirus, coronavirus e metapneumovirus. La diagnosi laboratoristica di Influenza è importante per la prevenzione e gestione dell infezione, sia nel contesto dell epidemia stagionale che in quello pandemico. Una rapida e precisa diagnosi di Influenza migliora la gestione clinica consentendo in maniera tempestiva il ricorso alla terapia antivirale, alla profilassi e alle strategie per il controllo dell infezione. La diagnosi laboratoristica può essere compiuta attraverso la ricerca della presenza del virus (indagine diretta) o della risposta immune del paziente contro il virus (indagine indiretta). La diagnosi per influenza A/H1N1 prevede: Isolamento virale. L isolamento virale consente teoricamente di propagare in coltura anche un singolo virione infettivo presente in un campione e di espanderlo in una popolazione di oltre un miliardo. Attuali protocolli per l isolamento virale del virus dell influenza stagionale, che utilizzano cellule MDCK (linea cellulare d elezione per l isolamento dei virus influenzali) e uova gallate possono essere utilizzati per l isolamento del virus pandemico A/H1N1, anche se la loro sensibilità non è stata ancora determinata. 44

45 Test di inibizione dell emoagglutinazione (HI). Si basa sulla capacità degli anticorpi diretti verso l HA influenzale di impedire l agglutinazione degli eritrociti di particolari specie animali (pollo, tacchino, cavia, cavallo o umane) da parte dell antigene HA del virus. Risultati ottenuti utilizzando anticorpi monoclonali H1 nel kit WHO non devono essere considerati come conclusivi ed ulteriori verifiche sono raccomandate. Microscopia ad immunofluorescenza. Il rilevamento del virus influenzale mediante microscopia ad immunofluorescenza è stato inizialmente sviluppato negli anni 60 e rimane un metodo prezioso Test antigenici rapidi (point-of-care o POC). I più comuni test rapidi utilizzabili direttamente su campioni clinici si basano su tecniche di immunofluorescenza e immunoenzimatiche con anticorpi monoclonali tipo-specifici diretti contro gli antigeni conservati del virus influenzale. Sono test altamente rapidi in quanto i risultati sono disponibili entro un ora. La sensibilità di tali test varia in relazione al momento di raccolta del campione rispetto all esordio della malattia. Sensibilità ottimale è ottenuta quando i campioni sono raccolti entro i primi giorni di malattia, poiché lo 45

46 shedding virale raggiunge il suo picco entro 48 ore dall esordio dei sintomi, mentre i bambini presentano un alto titolo virale per un periodo di tempo più lungo. La sensibilità e la specificità dei test antigenici rapidi progettati per il rilevamento diretto dei virus dell influenza A sono attualmente sconosciuti. Inoltre tali test non permettono di differenziare l influenza stagionale dal virus pandemico A/H1N1. Rilevamento dell RNA virale. L RNA del virus influenzale A/H1N1 può essere rilevato in campioni clinici (tamponi faringei) attraverso analisi degli acidi nucleici basate sul principio della Reverse-transcription Polymerase Chain Reaction (RT-PCR). E il test più comune basato sul rilevamento degli acidi nucleici; è considerato il test con maggiore sensibilità, specificità e versatilità per la diagnosi di influenza e ha ormai sostituito l isolamento virale. Inoltre la qualità del campione, il tempo e le condizioni del trasporto, possono essere meno critici per il rilevamento dell RNA virale rispetto alle colture cellulari o i test di rilevamento degli antigeni, poiché non è necessario che le cellule infettate o i virus disponibili siano preservati vitali. L RNA virale viene estratto dal campione e attraverso la metodica di RT-PCR può essere utilizzato per confermare la presenza di virus 46

47 influenzale ma anche, grazie all analisi di sequenza, per determinarne il sottotipo e il ceppo virale. Sono note diverse metodiche di laboratorio basate sul principio della RT-PCR : - RT-PCR multiplex - Real-Time PCR 47

48 Reazione della Polimerasi a catena (PCR) : principio del metodo Ideata da Kary Mullis nel 1984, la, Polimerase Chain Reaction, PCR cioè reazione a catena mediata dalla DNA polimerasi, è una reazione che ha come risultato l amplificazione selettiva di una piccola sequenza genomica delimitata da due sequenze specifiche. Come il processo di replicazione naturale, il processo PCR crea copie multiple della sequenza scelta. Per permettere la replicazione del DNA nel processo di amplificazione, è necessario preparare una miscela di reazione contenente: - DNA bersaglio. - DNA polimerasi : enzima in grado di sintetizzare un filamento di DNA utilizzando come stampo un altro filamento di DNA generando quindi un filamento complementare al primo; la DNA polimerasi sintetizza il nuovo filamento aggiungendo deossiribonucleotidi (dntp) in direzione 5'- 3'. - Primer : corti frammenti di DNA della lunghezza di circa basi con la funzione di delimitare la sequenza da amplificare e fungere da innesco per la DNA polimerasi. I due primer sono definiti forward e reverse, a seconda che 48

49 siano complementari al filamento 3' 5' o a quello inverso 5' 3'. Le sequenze dei primer devono essere scelte in modo tale che l'ibridazione avvenga solo con le sequenze d'interesse del DNA stampo, evitanto l'adesione a sequenze simili, con la conseguente perdita di specificità. - Tampone, desossinucleosidi trifosfati (ATP, GTP, CTP, TTP) e MgCl 2. Un ciclo di PCR è composto dalle seguenti fasi : 1. fase di DENATURAZIONE : la soluzione contenente DNA da replicare, desossiribonucleotidi trifosfati, ioni magnesio, primer e TAQ polimerasi, viene portata ad una temperatura di 94 C; a tale temperatura la doppia elica del DNA viene completamente denaturata e i due filamenti di cui essa è composta, si separano rendendo disponibile lo stampo per la sintesi delle nuove catene complementari. 2. fase di ANNEALING : processo mediante il quale si ha l appaiamento dei primer ai filamenti di DNA denaturato. La temperatura di annealing o di ibridizzazione è stabilita sulla base della sequenza nucleotidica dei primer, in base alla loro lunghezza e al loro contenuto in G e C. Generalmente, la temperatura 49

50 di ibridazione per primer costituiti da oligonucleotidi di 20 basi e con contenuto di GC per il 50% è compresa tra 55 e 65 C. L ibridazione dei primer avviene in modo altamente specifico in quanto i primer si legano esattamente alla sequenza a loro complementare presente sul filamento di DNA bersaglio. Essi indicano il punto di inizio e di fine del nuovo filamento di DNA che sarà sintetizzato nella fase successiva. 3. fase di ALLUNGAMENTO (sintesi di nuovo DNA) : la sintesi di nuovo DNA complementare, DNAc, consiste nel copiare e quindi amplificare la sequenza di DNA di partenza ad opera della DNA polimerasi che è in grado di legare nuovi nucleotidi di seguito al primer, lavorando sempre in direzione 5-3. Per questa operazione si utilizza una DNA polimerasi termostabile ovvero la Taq polimerasi che è un enzima estratto da un batterio termofilo; infatti è in grado di rimanere attivo anche durante la fase di denaturazione con temperatura elevata di circa 95 C. Il processo di sintesi di DNA avviene a circa 72 C. 50

51 Queste fasi vengono ripetute volte consentendo un amplificazione esponenziale del tratto di DNA compreso tra i due primer. Tutto il processo di PCR ha luogo nel termociclatore, uno strumento che controlla automaticamente ed alterna le temperature, per periodi di tempo programmati e per il numero di cicli di PCR adeguati. Trascrizione inversa con PCR (RT-PCR) : principio del metodo La reazione a catena della polimerasi con trascrittasi inversa (RT- PCR) è un metodo molto sensibile e specifico utilizzato per rilevare trascritti di RNA. Non essendo l RNA un substrato efficiente per la Taq DNA polimeri, è necessario effettuare la trascrizione inversa prima di iniziare l amplificazione in PCR. La trascrizione inversa genera una copia del filamento di RNA sotto forma di filamento di DNA complementare (cdna). Tale filamento sarà utilizzato come substrato per l amplificazione in PCR. Il metodo prevede l utilizzo di una trascrittasi inversa termoresistente (Taq polimerasi) che ha notevolmente ottimizzato questa tecnica perché ha permesso di evitare di aggiungere enzima ad ogni ciclo perciò è possibile effettuare l intera operazione di amplificazione in maniera 51

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