Introduzione alla finanza islamica: concetti di base

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO Facoltà di Economia Corso di Laurea in Gestione Aziendale Tesi di laurea Introduzione alla finanza islamica: concetti di base Relatore: Prof. Franco Molinari Laureando: Shakir Durmishi Anno Accademico

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3 Indice Introduzione... 5 Capitolo L Islam e le sue fonti giuridiche Uno sviluppo economico difficile La ripresa economica del XX secolo Un sistema Interest-Free Capitolo La banca islamica I contratti di scambio Il contratto murabaha Il contratto di salam Il contratto di istisna I contratti di trasferimento dell usufrutto Il contratto di ijarah I contratti di partecipazione Il mudarabah Il musharakah Il modello di intermediazione della banca islamica Il modello two-tier mudarabah Il modello two-windows I due modelli a confronto Capitolo L obbligazione islamica: il sukuk La mutua assicurazione islamica Islam e microcredito

4 Conclusioni Bibliografia

5 Introduzione Il sistema economico islamico ha avuto negli ultimi anni un notevole sviluppo, attirando in tal modo l attenzione di molti investitori occidentali (Europa e Stati Uniti) pronti a contendersi le enormi risorse finanziarie presenti nei Paesi del Medio Oriente e del Sud-Est Asiatico. Infatti, con una popolazione di circa 1,5 miliardi di musulmani e migliaia di miliardi di dollari a disposizione, la realtà islamica rappresenta oggi un interlocutore ed una possibilità non trascurabile da parte del mondo occidentale. L Islam tuttavia rappresenta una realtà molto differenziata al suo interno sia per la mancanza di una autorità centrale in grado di interpretare le sacre scritture in maniera univoca e sia perché la popolazione musulmana è disseminata in differenti parti del mondo, avendo quindi un grado di sviluppo e cultura, oltre che ricchezza, differente a seconda dello Stato in cui vivono. L interpretazione univoca delle sacre scritture, però, ha rappresentato l ostacolo maggiore in quanto, come vedremo in seguito, l economia islamica fonda ogni suo concetto e principio su quanto scritto nel Corano e tramandato dal Profeta Maometto. Ciò nonostante si sono formati nel corso degli anni dei Consigli (come ad esempio l Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions) con il compito di studiare le sacre scritture e creare degli standard che possano regolamentare il più possibile gli strumenti finanziari islamici, fornendo in tal modo una certa stabilità all economia islamica in modo da potersi dimostrare un interlocutore attendibile agli occhi del mondo occidentale. Il mondo islamico, a differenza di quello occidentale, non sembra aver subito alcun processo di laicizzazione della popolazione nel corso degli anni e, come già riportato in precedenza, vi è una stretta relazione tra ambito religioso e normativo. Si parla perciò spesso di politica islamica, economia islamica, costituzione islamica arrivando a persino a creare anche una finanza islamica. Con questa ultima definizione si intende identificare tutti quegli strumenti finanziari che sono soggetti ai principi ed ai dettami della Shari a (la legge islamica); proprio il settore finanziario ha avuto negli ultimi anni dei tassi di crescita vertiginosi, tra il 10 e il 15% annui per quanto riguarda i contratti 5

6 finanziari che fanno riferimento alla Shari a, e con valori assoluti che superano i 750 miliardi di dollari in asset che dovrebbero arrivare tra i e i miliardi entro il Tali dati fanno riferimento principalmente alle zone del Medio Oriente, del Sud-Est Asiatico e Paesi del Golfo (in particolare Arabia Saudita e Malesia). Le strutture finanziarie totalmente islamiche o che presentano sportelli di questo tipo sono circa 600, mentre sono circa 500 i fondi di investimento che seguono i principi islamici. Questi dati danno un immagine di continua crescita a questo particolare ambito finanziario, con prospettive ancora più promettenti per gli anni a venire. Ciò è probabilmente in parte dovuto anche all attuale crisi che ha messo in dubbio i valori della finanza tradizionale facendone trasparire un immagine negativa agli occhi della popolazione; crisi che non sembra aver intaccato la crescita della finanza islamica in quanto quest ultima non prevede sistemi di leva finanziaria, debito (quindi tassi di interesse) o speculazioni di qualsiasi tipo in quanto esplicitamente vietate in ambito religioso. Si è evitato così un coinvolgimento delle banche islamiche nella crisi dei mutui Subprime del L obiettivo principale del mio lavoro è presentare i vari strumenti finanziari a disposizione dell economia islamica in modo da descrivere una valida alternativa al sistema di investimento tradizionale e le possibilità che offre un settore in continua ascesa. Il lavoro è strutturato in 3 capitoli, dei quali fornirò ora una breve introduzione. Nel primo capitolo introdurrò le fonti e i principi etici e religiosi alla base di questo sistema economico: in particolare si parlerà del divieto di interesse (ribà), il divieto d incertezza nei contratti (ghàrar) ed infine della speculazione (maysìr). Vi saranno inoltre cenni storici relativi allo sviluppo ed all evoluzione dell economia islamica, si vedrà in questo modo lo stretto legame che vi è tra etica, religione ed economia all interno dell Islam e di conseguenza anche nei contratti finanziari che sono maturati nel corso degli anni. Successivamente, nel secondo capitolo, verrà presentato in maniera generale il sistema bancario islamico e gli strumenti che utilizza maggiormente. Si parlerà quindi dei contratti di scambio, di partecipazione e del contratto di trasferimento dell'usufrutto descrivendo in che modo le banche islamiche strutturano la raccolta di fondi ed in quale modo vengono poi impiegate ed investite le somme ottenute. 6

7 Nel terzo, ed ultimo, capitolo verranno trattate le obbligazioni islamiche (sukuk) e le assicurazioni (takàful). Vi sarà inoltre un analisi riguardante i punti di contatto dell economia islamica con il microcredito tradizionale per poter individuare eventuali punti d incontro e differenze tra questi due sistemi nati e sviluppatisi in zone limitrofe. Con questo lavoro intendo dimostrare che l economia islamica non si basa solamente sulle restrizioni e proibizioni come in molti sono portati a pensare visti i numerosi divieti imposti ai musulmani. Ma voglio, anzi, far capire che questo particolare sistema economico presenta principalmente aspetti propositivi mantenendo comunque sempre degli alti standard etici e religiosi. La completa convivenza ed integrazione con la finanza tradizionale è forse ancora lontana, ma sicuramente non impossibile visto anche il grande interesse dimostrato da molti Paesi occidentali (Inghilterra in primis) ad adattare la propria legislazione per poter offrire alla propria popolazione di fede islamica una valida alternativa agli strumenti finanziari tradizionali. Resta indubbio, però, che la finanza islamica ha ancora ampi margini di miglioramento su cui lavorare come ad esempio: la regolamentazione, le conoscenze e la preparazione professionale. Solamente in seguito ad una completa maturazione vi potrà essere uno sviluppo completo e globale della finanza islamica. Per quanto riguarda la realtà in cui vivo, l Italia, ancora non si è dato avvio ad un convincente piano di coinvolgimento dei risparmiatori musulmani nel sistema bancario italiano. Ciò è probabilmente dovuto in parte alle pressioni e limitazioni imposte da una certa fazione politica che puntano più ad emarginare che ad unire; ed in parte al fatto che l Italia (essendo un Paese diventato solo recentemente polo di immigrazione) non ha ancora sviluppato sufficiente abitudine a vivere in una società multietnica ed in piena globalizzazione. Ciò nonostante alcune società come Intesa San Paolo e Unicredit hanno provato ad avviare dei programmi rivolti ai cittadini immigrati, avendo come target soprattutto le rimesse che questi ultimi inviano nei propri Paesi di origine per le proprie famiglie. Tutto ciò però non è sufficiente per gli immigrati di seconda generazione che cercano strumenti finanziari sempre più complessi ed evoluti e quindi più adeguati alle proprie esigenze senza dover andare contro a quelle che possono essere la propria fede o le proprie convinzioni etiche. Resta indubbio, tuttavia, che il processo di creazione di un sistema 7

8 finanziario parallelo a quello tradizionale richieda tempo ed un notevole sforzo legislativo, in particolare in ambito contabile per la diversa gestione dei conti nei due sistemi finanziari (in quello islamico per esempio non vi sono voci relative ad interessi passivi o attivi), ma resto comunque fiducioso su di una futura coesistenza di questi due sistemi finanziari, quantomeno non appena l economia musulmana raggiungerà la stabilità legislativa richiesta dai mercati occidentali. 8

9 Capitolo L Islam e le sue fonti giuridiche L Islam nasce nel VII secolo d.c. nella penisola araba, in una zona in cui le principali città erano Mecca e Medina entrambe con un economia di tipo mercantile. Proprio a Mecca nasce attorno al 570 d.c. colui che diverrà il Profeta dei musulmani e che nel corso dei secoli diventerà una delle persone che maggiormente hanno influenzato la storia dell umanità, stiamo parlando di Maometto del clan degli Hashim. Sin da piccolo Maometto vive in una realtà ed una famiglia che basava la propria esistenza sugli scambi mercantili, arrivando a divenire egli stesso un mercante e carovaniere per conto di colei che diverrà la sua prima moglie, Khadija, ed a gestirne quindi la ricchezza. La vita di Maometto subisce una svolta intorno ai 40 anni quando, secondo la tradizione, scende su di lui la rivelazione. Da quel momento in poi i suoi rapporti con i ricchi mercanti di Mecca diventano sempre più difficili e complessi, in quanto Maometto criticava i ricchi meccani per il loro modo di gestire la città e la propria ricchezza che non teneva conto delle condizioni in cui versavano i ceti meno abbienti. Come si può intuire l aspetto economico è da sempre stato tenuto in considerazione nella religione islamica, in particolare l equità e l etica negli affari. La carità (zekat) viene addirittura considerata uno dei cinque pilastri della religione islamica e rappresenta una tassa obbligatoria per ogni fedele da versare ogni anno; si tratta di una valore da donare in beneficienza pari al 2,5% del proprio patrimonio, partendo da una base imponibile minima ed al di sotto della quale l imposta non è dovuta. Da questi aspetti si evince il motivo per cui l economia islamica viene spesso definita economia etica o socialmente responsabile, anche se come definizione è alquanto restrittiva. I continui conflitti con i residenti di Mecca e la morte della prima moglie, portano nel 617 d.c. Maometto ed i suoi seguaci ad emigrare nella vicina città di Medina dove il Profeta godeva di tutt altra stima e dove avrebbe quindi potuto professare in pace la propria fede arrivando ad ottenere la protezione dei ricchi mercanti di Medina, contrariamente a quanto accaduto con i meccani. Con il passare degli 9

10 anni Maometto riesce ad instaurare a Medina un governo di tipo teocratico assumendo così il pieno controllo della città e portandola ad un rapido sviluppo. Tale crescita porta però inevitabilmente a scontri con la vicina città di Mecca che si concludono nel 630 d.c. con l ingresso pacifico di Maometto nella sua città d origine. Solamente due anni dopo, però, il Profeta muore aprendo una grande diatriba relativa alla sua successione, argomento che tutt ora è causa di dibattito tra i credenti musulmani e che porta a divergenze di tipo legislativo e quindi a quell incertezza a cui si accennava nell introduzione. Questa piccola introduzione di carattere storico è inevitabile per capire il peso della religione in ogni aspetto della vita di un credente musulmano, ciò comprende perciò anche gli aspetti economico-finanziari. Le fonti giuridiche principali diventano quindi il Corano e la Sunnah. Il primo è il libro sacro dei musulmani dove vengono raccolti tutti i dettami imposti da Allah e tramandati a Maometto tramite l arcangelo Gabriele, è facile intuire quindi l estrema importanza e sacralità che tale libro rappresenta per tutti i fedeli islamici ed il valore morale delle regole contenute in questo libro. La seconda fonte è, come detto, la Sunnah. Quest ultima è la raccolta di tutti i consigli, le consuetudini e gli aneddoti tramandati da Maometto. Mentre il Corano si sviluppa su argomenti molto generici e di difficile interpretazione, la Sunnah rappresenta elementi di facile comprensione ed applicazione in quanto basati sulla vita ordinaria, pur nella sua straordinarietà, del Profeta. Qualora sia i principi del Corano che della Sunnah fossero di difficile comprensione, ci si affida all interpretazione dei dettami fornita da profondi conoscitori della teologia islamica (i così detti Ulama). Una corrente minoritaria nel mondo islamico (gli sciiti) affida un peso giuridico e normativo anche alle parole ed alle azioni degli Imam, vale a dire coloro che sono il corrispettivo islamico dei sacerdoti cristiani, acuendo in tale modo le differenze in base alle diverse scuole coraniche sviluppatesi nel corso degli anni. Tali correnti di pensiero non verranno trattate ed analizzate in questo contesto in quanto poco influenti ai fini del mio lavoro trattandosi ad ogni modo di una fazione minoritaria all interno del mondo islamico. Gli sciiti si contrappongono alla fazione dei sunniti, che rappresentano i musulmani più moderati e coloro i quali riescono ad avere maggiori rapporti con il mondo occidentale favorendo così lo sviluppo della finanza islamica anche in Paesi non islamici. 10

11 1.2 Uno sviluppo economico difficile Almeno inizialmente, fino al X secolo d.c, e quindi vale a dire per i suoi primi 400 anni di vita, l economia islamica conobbe un notevole sviluppo ed una elevata crescita riuscendo ad imporsi a livello mondiale e risultando seconda solamente alla civiltà cinese, molto più antica e progredita. L Islam era riuscito a raggiungere grandi livelli nel campo tecnologico, quello agricolo ed infine anche per quanto riguardava l istruzione. Queste innovazioni portarono i mercanti arabi a dominare gli scambi con i paesi occidentali e l evoluzione agricola ed artigianale permise a costoro di avere una più ampia offerta che poteva soddisfare qualsiasi richiesta. Il popolo arabo, inoltre, importò dall India il sistema di misurazione decimale e lo esportò al resto dell Europa inventando materie di studio come algebra e trigonometria. Nei quattro secoli che partono dalla morte del Profeta alla massima espansione dell Impero arabo, che andava dall India alle coste della Spagna, trovarono finalmente una completa codificazione l apparato teologico, ideologico ed istituzionale che permisero di governare in modo più equo e giusto una zona così vasta e culturalmente diversificata al suo interno come quella della così detta nazione islamica. I principi di giustizia ed uguaglianza sociale, alla base del pensiero islamico, vennero rafforzate anche tra i popoli conquistati per riuscire a creare all interno della Nazione un sentimento di fiducia reciproco tra conquistatori e conquistati. Ciò permise una crescita ed un raffinamento degli strumenti economici, per poter venire incontro alle esigenze di una popolazione diffusa su di un territorio estremamente vasto. In questo modo si svilupparono istituzioni economiche come ad esempio i cambiavalute, i prestatori di denaro arabi ed i banchieri d affari. Tale crescita, però, subì una brusca interruzione nei secoli a seguire e le istituzioni economiche rimasero praticamente immutate per quasi mille anni, mentre in Europa e nel resto del Mondo vi fu uno straordinario sviluppo economico. Molti economisti hanno identificato nella religione musulmana la causa principale di questo mancato sviluppo. Essi ritengono, infatti, che siano stati alcuni principi religiosi ad impedire una crescita economica della popolazione araba. Principi quali il valore normativo attribuito alla tradizione, l influenza vincolante dei testi 11

12 sacri nello sviluppo del diritto e l attitudine a conservare piuttosto che innovare sarebbero elementi che hanno ostacolato in maniera determinante la crescita economica di questo popolo. A differenza della riforma protestante weberiana avvenuta in Europa, che può essere posta alla base del moderno capitalismo, la religione mussulmana ha invece, sempre secondo molti storici ed economisti, impedito una più completa maturazione dell economia nella penisola arabica. Questa tesi, però, non spiega come mai allora vi sia stato nei primi quattro secoli uno straordinario sviluppo economico della popolazione islamica ed è pertanto, a mio avviso, non totalmente esaustiva per spiegare mille anni di immobilismo nello sviluppo economico-finanziario. Io credo, invece, che le reali cause di questa lentezza evolutiva sono da attribuire ad altri fattori, primo tra tutti l inadeguatezza delle istituzioni che hanno guidato per secolo i popoli islamici. Il vero problema dei governi nei Paesi islamici è stato, in molti casi, applicare in maniera passiva i dettami religiosi alla vita quotidiana ed in ambito economico senza proporre delle valide alternative che permettessero uno sviluppo. La religione islamica prevede un certo margine interpretativo ed assolutamente non vieta l innovazione e la crescita economica, anzi questi due elementi vengono visti come aspetti positivi. Sono le persone che hanno governato nel corso degli anni nei Paesi islamici a non essersi mai applicate per favorire uno sviluppo reale ed uniforme dell economia musulmana, preferendo la staticità ed un facile governo (spesso dittatoriale e di tipo militare). La religione di per sé non ha mai rappresentato un ostacolo allo sviluppo. Basti pensare che anche la religione cristiana vieta il tasso di interesse ma, nel corso degli anni, tale vincolo è stato interpretato in maniera più flessibile. Vanno, inoltre, considerate anche le innegabili differenze che esistono tra i diversi Stati islamici. Esistono, infatti, più di 50 Paesi con governi basati sulla religione islamica, ma non tutti hanno avuto lo stesso sviluppo economico. Alcuni come ad esempio Yemen, Siria ed Egitto sono nettamente più poveri di altri come Arabia Saudita, Oman e Bahrain; ciò a dimostrare come la religione non rappresenti necessariamente un elemento che contrasta lo sviluppo, ma molto dipende dal tipo di guida che uno Stato possiede. 12

13 1.3 La ripresa economica del XX secolo La nascita della finanza islamica viene fatta coincidere con la nascita, avvenuta nel 1963, della Cassa di Risparmio di Mit Ghamr, piccolo villaggio egiziano sul delta del Nilo. Questa banca era basata sul modello delle banche cooperative europee, venne fondata dall economista egiziano Ahmad Al-Najjar e rappresenta il primo esempio di istituto finanziario islamico. Tale cassa di risparmio si basava su di un funzionamento molto semplice. In essa tutti i risparmiatori ed i prenditori di fondi erano soci dell istituto e ne condividevano rischi e profitti secondo i dettami dell etica musulmana. I movimenti e le azioni della banca erano monitorate da un consiglio religioso (shari a board) che controllava l operato della banca. Ciò rappresentava l incontro tra una realtà agricola egiziana e la corrente di sviluppo occidentale. Ben presto, però, questo istituto finanziario entrò in contrasto con il governo egiziano che ne ostacolò lo sviluppo. Ciò a conferma di quanto precedentemente detto e vale a dire che spesso furono i governi ad ostacolare la crescita e non la religione come da molti sostenuto. Secondo una differente corrente di pensiero, i primi istituti di finanza islamica nacquero ben 30 anni prima della Cassa di Risparmio di Mit Ghamar, nell India britannica. In quel periodo storico si faceva sempre più strada l idea che i musulmani dovessero avere uno Stato separato rispetto a quello indiano che era a maggioranza indù. Fu in questo periodo che vennero coniati i termini di politica islamica, economia islamica, finanza islamica ecc. Tra i più accesi sostenitori di tale separazione vi era Abu l- Ala al-mawdudi, il quale sosteneva la necessita per i musulmani di farsi distinguere e di riscoprire i valori dell islam. Ciò, però, non significava necessariamente la nascita di una società islamica improntata all ortodossia. Contrariamente a quanto si può pensare, invece, le idee di al-mawdudi prevedevano una rivalutazione e reinterpretazione delle vecchie prassi islamiche per adattarle ad un mondo moderno. Tali ideali, proposti sia da al- Mawdudi che dall economista Al-Najjar, vennero però presto dimenticati e soppiantati da ideali di isolamento di stampo fondamentalista che puntavano a negare ogni coinvolgimento della fede islamica con l occidente. 13

14 Ci vollero più di dieci anni dalla fondazione della prima Cassa Rurale di Mit Ghamr per ritornare a parlare di un vero e proprio istituto finanziario islamico. Nel 1975, su iniziativa di alcuni ministri delle Finanze di alcuni paesi arabi, venne creata la Islamic Development Bank (IdB) con sede a Jedda in Arabia Saudita. L obiettivo principale di questa istituzione era quello di favorire uno sviluppo economico e sociale dei paesi islamici nel mondo. Questo obiettivo era favorito in quel periodo dalle ingenti somme che i paesi del Medio Oriente riuscivano ad accumulare grazie alla vendita del petrolio. Gli investimenti dovevano sempre e comunque rispettare i dettami imposti dalla shari a ed erano focalizzati sullo sviluppo delle comunità musulmane di tutto il mondo, anche quelle non associate al IdB. In contemporanea all Islamic Development Bank nacque anche il primo istituto bancario islamico completamente privato, la Banca Islamica del Dubai. Quest ultima venne seguita negli anni successivi da molti altri istituti che videro la luce in diversi Paesi islamici. Nel 1979, invece, l Iran fu il primo Paese al mondo ad islamizzare tutto il sistema economico nazionale, seguito negli anni successivi da Pakistan e Sudan. Nel 1991 vi fu anche il primo fallimento di una banca islamica, si trattava della egiziana Bank of Credit and Commerce International, coinvolta in numerosi scandali sin dalla fine degli anni Ottanta. Nonostante questi piccoli incidenti di percorso, tipici di un processo di crescita, le istituzioni finanziarie islamiche crescono ad un tasso del 10-15% annuo ed i fondi gestiscono circa 750 miliardi di dollari (dati aggiornati al 2005). La seguente tabella espone i settori in cui vengono suddivisi questi ingenti fondi: Banche islamiche (attività in bilancio) 250 Sportelli islamici di banche tradizionali (attività in bilancio) 200 Altre istituzioni finanziare non bancarie 4 Sukuk Titoli islamici in circolazione 18 Titoli islamici emessi in Malaysia in circolazione 17 Fondi d investimento islamici 11 Azioni compatibili con la shari a 300 Takàful Assicurazioni islamiche (ammontare dei premi) 5 Totale 750 Fonte: Islamic Financial Services Board e Islamic Development Bank (dati stimati al 2005 in mld di dollari) 14

15 La maggior parte degli istituti finanziari islamici si trovano attualmente nel Sud-Est Asiatico e nei Paesi della Cooperazione del Golfo, questi ultimi però assorbono ben il 65% del totale dei fondi che raggiungono queste due zone. In tutti gli altri Stati islamici che hanno accettato l economia islamica, invece, ha prevalso una linea più moderata che fa convivere la finanza tradizionale con quella di stampo islamico. Andando ad analizzare gli elementi che hanno spinto il grande sviluppo dell economia di stampo islamico negli ultimi 30 anni si possono trovare tre cause principali. In primo luogo, l estrema povertà in cui le zone islamiche versavano hanno sollecitato una specie di riscatto sociale nei confronti dell occidente. Molto spesso, infatti, lo stato di miseria ed arretratezza economica in cui vivevano le popolazioni islamiche erano dovute ai periodi di colonialismo e di postcolonialismo che non hanno permesso lo sviluppo di molte regioni a maggioranza islamica. Persino le ingenti somme che entravano nelle casse di alcuni Stati per le loro risorse energetiche non hanno fatto altro che acuire le disuguaglianze tra le diverse regioni, ostacolando così un reale sviluppo capitalistico e favorendo la concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochi. Un contributo determinante alla rinascita del pensiero economico islamico è stato dato dalla caduta di molti regimi laico-socialisti. Tali regimi, infatti, si erano diffusi in molti Stati a maggioranza islamica non permettendo lo sviluppo del capitalismo o di un economia islamica ma favorendo, invece, economie di tipo comunista e che ostacolavano lo sviluppo. Da ciò si può comprendere quanto detto in precedenza in merito all importanza ed al peso che i governi hanno avuto nel processo di crescita e maturazione del sistema economico musulmano. Con la caduta e scomparsa di questi governi si fecero strada ideali nazionalisticoreligiosi, che favorirono così la riscoperta dei valori di uguaglianza e giustizia che stanno alla base delle fede islamica. Infine è innegabile che le continue guerre nel Medio Oriente e la corsa al petrolio che abbonda in queste zone della Terra non ha fatto altro che rafforzare ed accrescere una certa contrapposizione ideologica tra l Occidente e le popolazioni musulmane. Ciò ha fatto sì che venissero messe da parte le molte divergenze interne al mondo islamico per favorire la nascita di un identità che potesse 15

16 comprendere un vasto numero di persone e che si potesse opporre alle idee occidentali che sempre più si diffondevano nel Mondo. Tale contrapposizione non ha fatto altro che dare la spinta decisiva allo sviluppo di un sistema economico islamico che potesse tenere testa a quello occidentale. Questo non significa che tali sistemi non possano convivere, ma che semplicemente questa contrapposizione è stata fondamentale per il popolo musulmano per sviluppare e codificare un proprio sistema economico con strumenti finanziari che potessero competere in maniera convinta con quelli dell economia tradizionale pur rispettando i dettami shariatici. Gli strumenti che nacquero da questa improvvisa e tumultuosa fase evolutiva della finanza islamica verranno presentati ed analizzati attentamente nel corso del secondo capitolo di questo lavoro. Purtroppo questa situazione di acceso contrasto ha in alcuni casi favorito la nascita di governi fondamentalisti e spesso anche di organizzazioni non governative di stampo criminale. Da un punto di vista sociale ciò ha significato un periodo negativo per il mondo musulmano, dando anche origine a guerre tra le frange armate più estreme. Da un punto di vista economico però, il fondamentalismo ha favorito lo sviluppo economico islamico, in quanto la necessità di basare un sistema finanziario facendo affidamento solamente su quanto imposto dalla religione ha in qualche modo forzato la formazione degli attuali strumenti monetari divenuti tipici nel mondo musulmano. Perciò si può dire che, da un punto di vista economico, i sistemi fondamentalisti basati sulla religione siano stati una tappa necessaria affinché si arrivasse alla situazione di espansione attuale, seppure tali estremismi furono inizialmente condannati anche da molti Paesi islamici come Libia, Algeria, Siria e Iraq che in un primo momento ostacolarono lo sviluppo di un economia totalmente musulmana. Gli elementi suddetti spiegano come si è giunti all attuale grado di innovazione ed espansione dell economia islamica, ma il vero propellente che ne ha determinato l affermazione a livello mondiale è stato il petrolio. Le crisi petrolifere del 1973, 1979 e del hanno generato ingenti surplus finanziari per i paesi del Golfo. Si stima che grazie a questa risorsa naturale che abbonda in Medio Oriente ci sia stato un guadagno, per i paesi della penisola arabica e delle zone limitrofe, di circa 2 trilioni di dollari. Se inizialmente tale ricchezza è stata investita in strumenti finanziari tradizionali, con il passare degli anni i grossi investitori arabi 16

17 hanno sentito il bisogno di diversificare il proprio portafoglio di attività e la crescente economia islamica rappresentava la soluzione più adeguata. Tale necessità crebbe con gli attentati terroristici del 11 settembre 2001 alle Twin Towers di New York, che non fecero altro che accrescere la sfiducia reciproca tra Oriente ed Occidente (per paura di eventuali embarghi o sequestri dei propri investimenti) e favorire in questo modo lo sviluppo dell economia musulmana. 1.4 Un sistema Interest-Free Uno degli elementi che maggiormente caratterizzano il sistema economico islamico è l assenza totale di tassi d interesse in quanto categoricamente vietati dalla fede islamica. Secondo la religione musulmana, infatti, non vi possono essere profitti dovuti al semplice scorrere del tempo ed essendo i tassi d interesse legati allo scorrere dei giorni, sono stati perentoriamente vietati sin dagli albori dell Islam. In un primo momento si è voluto interpretare il tasso di interesse inteso come tasso usuraio, ponendo ciò dei limiti entro i quali gli interessi sui prestiti erano possibili senza incorrere in un peccato o una violazione della legge in quanto le due cose erano strettamente legate. Con il passare degli anni tali divieti, come vedremo tra poco, hanno subito delle piccole variazioni. Il termine arabo che identifica i tassi di interesse è la parola riba e comprende al suo interno diversi significati. In senso letterale con tale termine si intende un accrescimento oppure un aumento, ma è ormai consuetudine identificare il termine riba con i tassi d interesse, siano essi tassi d usura oppure no. Non viene, inoltre, fatta alcuna distinzione tra prestiti al consumo o prestiti produttivi. I primi, vista l importante componente etica dell economia islamica, potrebbero rappresentare un eccezione trattandosi di prestiti richiesti in uno stato di bisogno. Non essendoci però nel Corano alcuna distinzione tra le due tipologie di prestito, si è ritenuto di trattare allo stesso modo il credito al consumo e quello produttivo. Studiosi di economia islamica come Iqbal e Mirakhor ritengono, perciò, che qualsiasi imposizione di un tasso d interesse rappresenti riba e non può essere perciò applicato. Risulta impossibile quindi fare una distinzione tra un interesse equo ed uno usuraio, come invece avviene nel mondo occidentale. 17

18 Tale imposizione avrebbe potuto causare una paralisi del sistema economico islamico. Ciò avrebbe, infatti, potuto causare il fallimento delle istituzioni finanziarie che come obiettivo primario, al pari di quelle occidentali, hanno proprio la mobilitazione di denaro. Questo ha rappresentato un primo ed importante problema allo sviluppo del sistema finanziario islamico, a qui è stata trovata una soluzione con la distinzione della riba in differenti tipologie a seconda della gravità: Riba al-nasi a che rappresenta la forma più grave di riba. Questa tipologia rappresenta qualsiasi interesse richiesto per un prestito monetario, vale a dire qualsiasi aumento di denaro sulla somma prestata che fosse deciso a priori dal creditore e che fosse basata solo sullo scorrere del tempo. Tale divieto ha le sue origini in una pratica commerciale diffusa ai tempi del Profeta, secondo la quale alla mancata restituzione del prestito il creditore richiedeva un aumento del denaro dovuto (che poteva arrivare sino al 100% della somma prestata). Ciò viene anche riportato nel Corano alla Sura numero III, che dice: Non praticate l usura, doppiando e raddoppiando. Riba al-fadl, invece, rappresenta un divieto oramai superato in quanto era relativo allo scambio di beni, quindi relativo alle pratiche di baratto ormai pressoché scomparse. Tale divieto prevedeva una propensione all utilizzo del denaro per evitare disaccordi negli scambi relativi a qualità e quantità. Lo studio di una scala progressiva di gravità e, quindi, la distinzione tra riba più o meno grave ha permesso ai legislatori di alcuni Stati di imporre dei valori soglia nell applicazione dei tassi d interesse, oltre i quali si cade nella proibizione e quindi in riba. In altri Stati vi è stata un altra ed ulteriore distinzione, vale a dire tra persone fisiche e persone giuridiche. Secondo i legislatori di questi Paesi, infatti, le persone giuridiche essendo inanimate non possono incorrere in peccati religiosi a differenza delle persone fisiche, le quali devono sempre tenere presente nella loro vita l aspetto religioso. In Nazioni come gli Emirati Arabi, Kuwait, Oman, Qatar e Bahrein si sono sviluppati perciò due canali paralleli per quanto riguarda la legislazione della finanza. Vi è un primo canale dedicato alle persone fisiche e che quindi non possono né usufruire né subire tassi d interesse in quanto, secondo la legislazione, soggette ai precetti divini del Corano. Il secondo canale economico è 18

19 dedicato alle società che, non essendo entità viventi, possono essere liberamente strutturate secondo i modelli occidentali e facendo quindi anche uso di prestiti con tassi d interesse. La legislazione saudita, invece, presenta un approccio ai tassi d interesse completamente diverso agli Stati suddetti. In Arabia Saudita, in effetti, gli interessi sono formalmente vietati senza eccezioni. Si tratta più di una proibizione nella forma che per ciò che concerne la sostanza. Infatti basta sostituire nella formulazione dei contratti la parola interesse con termini come handling charges o special commission per non andare in contro a sanzioni legali. La presenza di tassi d interesse espliciti nei contratti, tuttavia, non porta alla totale nullità del contratto ma solamente ad una nullità della clausola relativa alla definizione dei tassi d interesse. Tralasciando le prassi del commercio e della finanza internazionale che è basata sull interesse, gli studiosi Iqbal e Mirakhor (2007) provano a discutere di riba da un punto di vista di teoria economica. Secondo i loro studi la proibizione sembra maggiormente legata ad un pratica che porti a fissare ex-ante il tasso d interesse che alla consistenza dello stesso. Ciò sta a significare che il vero problema risiede nell impostare un guadagno a priori, piuttosto che nel valore dello stesso. Secondo tale schema logico perciò, si incorre in casi di riba quando si presenta una delle seguenti ragioni: a) Vi sia un livello di tasso fissato in anticipo; b) Tale tasso sia legato al tempo ed all ammontare del prestito (interesse classico); c) Il tasso rappresenti un pagamento garantito a prescindere dal risultato economico e dagli scopi dell azienda finanziata. Risulta importante, in particolare, il punto c) che rappresenta il legame che deve esserci tra risultati economici dell azienda e profitti per l ente finanziatore. Alla base di tale condizione vi è una evidente ragione etica ed equitativa. Ciò sta a significare per esempio che se il mio debitore riesce a conseguire un risultato positivo, grazie anche al mio prestito, non è giusto che paghi un tasso d interesse predeterminato che potrebbe essere di molto inferiore rispetto al reale risultato che è riuscito a raggiungere e che non si sarebbe verificato senza il mio prestito. Lo stesso vale per il creditore che non dovesse riuscire ad ottenere un risultato 19

20 economico positivo, non è giusto che mi debba restituire una rendimento fisso indipendente dall andamento dell azienda rischiando di peggiorare la propria situazione e quindi il fallimento con conseguente perdita del denaro da me concessogli in prestito. Elemento fondamentale in questa seconda ipotesi è però la buona fede del creditore, in caso di comportamento fraudolento è giusto pretendere la restituzione della somma erogata. La religione islamica, tuttavia, ha una profonda base di condivisione e aiuto fraterno (tra i fedeli) e sconsiglia la richiesta di restituzione forzata di un debito. In base alla Shari a il prestito gratuito rappresenta una modalità di finanziamento utilizzabile per scopi solidaristici e cooperativi, ma che in ambito commerciale non risulta utile. Perciò chi desidera prestare denaro, deve decidere a priori se intende erogarlo a titolo gratuito oppure se intende partecipare ai futuri profitti dell azienda o della persona finanziata. La condivisione delle perdite e dei profitti (profit and loss sharing) rappresenta, come vedremo nel secondo capitolo relativo ai tipi di contratti finanziari, uno dei pilastri del sistema economico islamico. Secondo tale imposizione, perciò, fornendo denaro in prestito richiedendo solamente una tasso d interesse prefissato espone il finanziatore al rischio di credito e ciò non è accettabile secondo la legge islamica. Affrontare il rischio imprenditoriale, invece, viene vista come una pratica equa che spinge a selezionare solamente i progetti più promettenti ed a prescindere dalle garanzie fornite dal creditore. Ciò permette una selezione più accurata dei progetti ritenuti più fruttiferi in quanto l eventuale guadagno si basa su una percentuale dei profitti. Se su di un investimento di 100 euro, dopo un anno, se ne ricavano 10 euro si può certamente parlare di un tasso d interesse del 10%. Questo però non rappresenta riba, in quanto non è stato fissato a priori il guadagno di 10 euro, ma si è giunti a tale profitto solamente grazie al lavoro dell imprenditore e al denaro da noi fornitogli. Con profitti nulli, invece, avrei ricevuto un ritorno nullo. Il denaro nell economia islamica rappresenta, perciò, solamente un mezzo di scambio e non un asset finanziario. Deve, in pratica, essere investito per scopi produttivi e non può possedere una utilità intrinseca o produrre frutti in maniera autonoma. La finanza coranica rappresenta è perciò di tipo reale in quanto tesa alla creazione di asset reali (Usmani, 2002). Nel mondo occidentale, invece, nel corso dei secoli il concetto di prestito con tasso d interesse ha perso la sua 20

21 accezione negativa iniziale e di conseguenza anche il denaro ha perso la sua connotazione di sterilità, sostenuta persino dal filosofo greco Aristotele. Basandosi su questi elementi, poi, è facile capire la completa assenza di sistemi di speculazione (maysìr) e di incertezza nei contratti (ghàrar) in quanto nel mondo islamico ad ogni rapporto commerciale deve corrispondere un sottostante reale e che sia già in possesso delle parti che contrattano. Sono perciò vietate vendite allo scoperto, sistemi di arbitraggio o contratti in cui sia prevista una determinata prestazione al presentarsi di una determinata situazione, eccezion fatta per i contratti di mutua assicurazione. 21

22

23 Capitolo La banca islamica La banca islamica si può identificare come un modello di banca avanzato, piuttosto che di tipo tradizionale. Ciò sta a significare che predilige l offerta di strumenti finanziari piuttosto complessi, mentre il modus operandi di una banca basta su di un sistema tradizionale ha come scopo principale la conciliazione delle necessità di breve-medio termine delle famiglie risparmiatrici con quelle di medio-lungo termine delle aziende che finanzia. Quest ultimo modo di operare delle banche rappresenta, però, un modello ormai superato e la maggior parte delle società bancarie si affida a strumenti finanziari sempre più complessi. Come già anticipato nel precedente capitolo la shari a, su cui si basa l intero sistema finanziario islamico, vieta categoricamente la riba è ciò comporta che gli unici rendimenti accettabili siano quelli derivanti da attività reale e non monetarie. Deve inoltre esservi un rischio imprenditoriale da parte del finanziatore, banca o fondo d investimenti che sia, per poter giustificare il profitto ottenuto. Tutto questo fa della banca islamica un ente che, oltre a gestire e distribuire fondi, si dedica anche al management di attività e progetti. La banca islamica ha studiato diversi sistemi di deposito per i propri clienti in quanto questi ultimi diventano dei soci della banca e non dei semplici creditori. Gli istituti di credito musulmani, infatti, devono identificare i progetti più appropriati in cui investire il denaro proprio e dei propri soci considerato che questi ultimi non ricevono una remunerazione fissa con un tasso d interesse per i propri depositi ma, invece, hanno diritto ad un profitto basato sull andamento delle attività finanziate dalla banca. Per questo motivo vengono individuati semplici conti di deposito, che non generano profitti, conti d investimento, che incorrono in un rischio imprenditoriale, ed infine i conti d investimento vincolati che sono soggetti a determinate restrizioni. Coloro i quali decidono di depositare i propri risparmi in conti d investimento si configurano come una figura intermedia tra un azionista ed un semplice depositante di una banca moderna, incorrendo nel rischio di vedere il proprio patrimonio diminuire in caso di perdite economiche da parte dei progetti 23

24 sovvenzionati dalla banca. Risulta evidente come in questo modo la banca riesca a trasferire una parte del rischio sui suoi soci condividendo con questi ultimi il rischio d impresa. Le banche islamiche si possono distinguere in due principali categorie: banche commerciali e banche di sviluppo. Le prime offrono, pur nel rispetto dei dettami religiosi, gli stessi servizi offerti dalle banche occidentali. La seconda categoria, invece, si concentra maggiormente sullo sviluppo delle zone locali favorendone lo sviluppo economico tramite i sistemi islamici di credito e di investimento (per lo più nel settore agricolo). L evidente rischio a cui si espongono i soci delle banche islamiche ha reso necessario un più attento stanziamento dei fondi da parte degli istituti di credito musulmani. Ciò ha favorito il finanziamento ai progetti che risultavano più solidi e praticabili, senza tenere conto delle garanzie presentate da coloro i quali richiedevano il finanziamento. Il fatto di esporsi in prima persona, ed esporre anche i soci, al rischio imprenditoriale ha favorito una selezione naturale dei progetti ritenuti migliori. Spesso, nel mondo occidentale, molti buoni progetti e idee innovative non vengono supportate dalle banche in quanto vengono richieste garanzie per poter accedere al credito. Nel mondo islamico, invece, la presenza di eventuali garanzie non è una componente discriminante. La validità del progetto proposto rappresenta, assieme alle liceità di quest ultimo, l elemento cardine su cui si basa la decisione delle banca riguardo al voler finanziare o meno una determinata attività. Risulta quindi evidente che anche gli istituti di credito musulmani, come quelli tradizionali, ricercano un profitto nei progetti che finanziano ed una certa prospettiva di redditività. La differenza fondamentale sta, però, nella strada che scelgono di percorrere per giungere a tale profitto. Mentre la finanza tradizionale è più attenta alle garanzie fornite ed ai tassi d interesse, piuttosto che alla validità del progetto, la banca islamica favorisce progetti che rappresentino un rapporto accettabile tra rischio e possibile profitto, senza farsi influenzare dalle garanzie portate dall imprenditore. Come accennato in precedenza, vi è un altro elemento che riveste un ruolo importante nella scelta dei progetti da finanziare. Stiamo parlando della liceità di un progetto dal punto di vista religioso. A decidere su questo particolare aspetto vengono preposti organi autonomi in ogni istituto finanziario. Si tratta dei così 24

25 detti Consigli di Sorveglianza religiosi (o Shari a Board). A questi ultimi è affidato il compito di controllare le operazioni bancarie, in modo da garantire che siano conformi ai principi religiosi per poter tutelare i propri clienti da possibili investimenti che contravvengono ai dettami coranici. Gli Shari a Board arrivano persino a sovrastare il potere dei Consigli di Amministrazione, controllandone il lavoro e i settori in cui i soldi dei soci della banca vengono investiti. Vi sono infatti settori come quello del trattamento della carne suina o della pornografia che sono rigorosamente vietati. Le attività di una banca islamica, perciò, devono sempre essere conformi a due differenti istituti legislativi: la Shari a ed il sistema legislativo che si applica nello Stato in cui la transazione avviene. Una delle principali problematiche che caratterizza la banca islamica è l assenza di uno standard comune a tutte le banche. Ogni banca, infatti, è soggetta ad una differente legislazione relativa ai bilanci che dipende, come detto, dalla legislazione dello Stato in cui ha sede e dalla severità con cui vengono seguite le regole della Shari a; manca, insomma, uno standard che metta d accordo tutte le banche islamiche sul trattamento e la registrazione dei bilanci delle banche. Inutile dire che ciò rappresenta, chiaramente, un grave handicap agli occhi degli investitori occidentali poiché trasmette un senso di incertezza ed insicurezza. L Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions (AAOIFI) rappresenta oggi il maggiore organo responsabile della divulgazione di standard, o per meglio dire di raccomandazioni in termini di bilancio, che regola le banche islamiche. Se tali normative verranno accolte dai diversi istituti di risparmio islamici, ciò comporterà un enorme passo in avanti nello sviluppo della finanza islamica ed un accrescimento della propria forza a livello globale. Il problema fondamentale che si pone nella standardizzazione è principalmente di tipo religioso. La vera difficoltà, infatti, sta nel far convergere le interpretazioni dei Shari a Board in un unica direzione. Spesso, di fatto, i Consigli Sharitici hanno differenti opinioni relativamente ad una stessa situazione e ciò dipende molto dalla Nazione in cui hanno sede gli istituti finanziari. Regole chiare e procedure standardizzate, rappresentano probabilmente l ultimo ostacolo che le istituzioni bancarie islamiche devono affrontare per poter raggiungere una piena affidabilità internazionale ed una fiducia dei mercati occidentali permettendo, in tal modo, anche un collegamento degli istituti creditizi 25

26 musulmani all attuale sistema interbancario. Quest ultimo passaggio sancirebbe la definitiva consacrazione mondiale del sistema bancario islamico. Andiamo ora a trattare le tipologie di contratti che la finanza coranica offre. 2.2 I contratti di scambio I contratti di scambio regolano il trasferimento della proprietà di un bene da un determinato soggetto ad un altro e si suddividono in differenti tipologie contrattuali. Tutti questi contratti devono sempre rispettare le regole relative alla vendita di un bene prescritte dalla Shari a, che possono essere riassunte come segue (Usmani, 2002): Il bene deve essere già esistente; Il bene deve essere già in possesso del venditore. Qualora il venditore non possedesse già fisicamente il bene, per non rendere nullo il contratto deve quantomeno avere già assunto i doveri ed i diritti relativi al bene. La vendita deve avvenire al momento stesso della stipula del contratto, non deve perciò essere presente alcun vincolo con eventuali accadimenti futuri. Il bene in oggetto deve rispettare le norme di liceità dettate dalla Shari a; Il bene deve essere conosciuto ed identificato con certezza; Il prezzo e la consegna del bene devono essere certe e non collegati ad eventi futuri. Gli unici due contratti che contravvengono alle regole relative all esistenza ed al possesso del bene e che sono comunque permessi dal Corano prendono il nome di salam e istisna (verranno trattati nei successivi paragrafi) Il contratto murabaha Questo tipo di contratto prevede la comunicazione da parte del venditore, del prezzo pagato all origine per il bene ed il ricarico applicato. Il contratto di murabaha rappresenta perciò una trasferimento basato sul semplice principio del cost-plus. Il pagamento in un contratto di questo tipo deve avvenire in una soluzione unica, pur essendo prevista in ambito bancario anche un pagamento 26

27 rateizzato a patto che non comporti alcuna maggiorazione (interesse) per il differimento del debito. La peculiarità che caratterizza il murabaha dagli altri tipi di contratto è, come detto poc anzi, la necessità da parte del venditore di esprimere chiaramente il prezzo originario del bene in oggetto e la maggiorazione che intende applicare alla vendita del bene, vale a dire il profitto che intende ottenere. Qualora il venditore non intendesse presentare il prezzo originariamente pagato per l acquisizione del bene, si passa ad una differente tipologia di vendita che viene chiamata musawama. Tale contratto viene solitamente utilizzato dalle banche per finanziare le imprese nell acquisto delle materie prime o di semilavorati. Spesso, inoltre, viene anche utilizzato anche come contratto per prestare denaro per favorire il credito al consumo o per operazioni di investimento della liquidità. Questo tipo di accordo non può essere utilizzato per finanziare un cliente in carenza di liquidità oppure per ripianare i debiti precedentemente contratti da chi richiede il prestito in quanto, come detto, è necessario che il prestito sia finalizzato all acquisizione di un bene reale. Per sostituire i mutui ed i finanziamenti tout court vi sono altre tipologie contrattuali che verranno trattate in seguito. Una tipica operazione di murabaha coinvolge sostanzialmente tre soggetti, che sono: la banca, il venditore e l acquirente che acquista il bene (solitamente già cliente della banca). Il trasferimento del bene può essere riassunto in tre fasi fondamentali. Vale a dire: Il cliente, dopo aver scelto il bene che desidera acquistare dal venditore, si accorda con quest ultimo sul prezzo di vendita; Successivamente il cliente si accorda con la banca per stipulare un contratto di murabaha nel quale l istituto di credito si impegna ad acquistare per conto del proprio cliente il bene desiderato, per poi rivendere nuovamente il bene in oggetto al cliente stesso; La banca acquista il bene e, come accordato, lo rivende al proprio cliente con un contratto di murabaha ad un prezzo maggiorato del margine profitto per la banca, anch esso precedentemente accordato. Da evidenziare il fatto che il cliente sa, in ogni momento della contrattazione, quale sarà il valore complessivo che pagherà per il bene. Ciò significa che sa da subito il ricarico che applicherà la banca, eliminando così qualsiasi incertezza nel contratto. Ovviamente la banca offre la possibilità di rateizzare il debito tramite il 27

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