Rivelazione e misurazione delle fughe

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1 Rivelazione e misurazione delle fughe 5. Fughe di riferimento e loro taratura Viene completato il paragrafo 5.2 Sistemi primari di taratura I punti: a. Flussometri primari b. Metodologie di taratura c. Accordo di Mutuo Riconoscimento sono stati inseriti nella prima parte (vedi giornale 3/07) d. risultati delle taratura di fughe Negli ultimi anni l attività di taratura delle fughe ha permesso di costruire una piccola banca dati sulla tipologia delle fughe usate in ambito industriale in Italia. La taratura è stata eseguita su 33 fughe a permeazione, 63 capillari con riferimento al vuoto e 60 capillari con riferimento alla pressione atmosferica. Si deve constatare che in circa dieci anni il numero di tarature effettuate, nel nostro Paese, è abbastanza irrisorio (figura 21) e ne segue che la taratura è ritenuta erroneamente priva di significato nonostante il largo impiego per il controllo (addirittura taratura) dei rivelatori di perdite. Inserti sulla ricerca delle perdite. Questo numero del Giornale riporta la seconda parte di una serie di tre inserti su Rivelazione e misurazione delle fughe. parte 2: risultati esemplificativi di taratura delle fughe di riferimento e le loro interpretazioni e generalizzazioni, la metodologia di ricerca delle perdite e la più significativa strumentazione in uso. Key words: Leak testing Rivelazione e misurazione delle fughe Mercede Bergoglio, Anita Calcatelli Istituto di Ricerca Metrologica INRIM, Strada delle Cacce 91, Torino, m.bergoglio@inrim.it, a.calcatelli@inrim.it Parte seconda Figura 21 tarature negli anni dei vari tipi di fughe Purtroppo soltanto tre fughe del tipo a permeazione, sette capillari con riferimento alla pressione atmosferica e tre capillari con riferimento al vuoto sono ritornate in taratura nel corso degli anni, pertanto si ha una statistica povera per permettere un analisi della loro stabilità nel tempo. Tuttavia dai dati disponibili si può dire che le fughe a permeazione e i capillari con riferimento al vuoto hanno di- Speciale rivelazione e misurazione delle fughe Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007 1

2 mostrato, in due anni, una buona stabilità nel tempo; diverso è stato il comportamento dei capillari con riferimento alla pressione atmosferica e che utilizzano gas refrigerante. Infatti, solo tre di essi hanno dimostrato un buon indice di compatibilità. Nel seguito si esaminano in modo approfondito i risultati di studi eseguiti su vari capillari sia dal punto di vista sperimentale sia considerando i modelli di calcolo. d.1 Taratura di fughe a capillare L attività di taratura e lo studio delle caratteristiche metrologiche dei diversi capillari in acciaio e in vetro con i flussometri primari dell INRIM hanno permesso di descrivere e di comprendere i vari regimi di flusso che si instaurano all interno di questi manufatti. Nella figura 22 sono riportate, a titolo di esempio, le numerose misure condotte su un capillare pinzato avente valore nominale alla pressione di 100 kpa di elio pari a 1.3x10-4 Pam 3 /s. La caratterizzazione è stata condotta utilizzando le apparecchiature e le metodologie descritte nel capitolo 5 con riferimento al vuoto e alla pressione atmosferica, con vari tipi di gas (He, N 2, Ar, SF 6 ). La pressione a monte del capillare è stata variata fino a 1 MPa. I gas di misura sono inerti e con massa molare che varia in un intervallo piuttosto ampio tra 4 g/mol (elio) e 146 g/mol (esafloruro di zolfo). Figura 22: risultati delle misurazioni sperimentali condotte su un capillare pinzato con diversi tipi di gas In figura 23 sono riportate, accanto ai valori del flusso ottenuti sperimentalmente con riferimento al vuoto, per l elio e per l azoto, le curve calcolate supponendo che si instauri un regime molecolare e nell ipotesi di regime viscoso. Per l elio l ipotesi di regime molecolare consente una buona interpolazione di tutti i punti sperimentali essendo gli scarti relativi tra questi punti e i valori calcolati minori del 2%; nel caso dell azoto, invece, i punti alla pressione di ingresso di 80 kpa e di 100 kpa risultano meglio rappresentati dall ipotesi di regime viscoso con scarti relativi dell 8% mentre con l ipotesi del regime molecolare si hanno scarti relativi del 15%. Figura 23: flusso in funzione della pressione Per meglio comprendere il tipo di regime all interno del capillare è utile calcolare, dai valori di flusso misurati e riportati alla temperatura standard (o di riferimento T = 20 C), i corrispondenti valori della conduttanza. I dati della figura 22 convertiti in termini di conduttanza sono rappresentati nella figura 24 in funzione dell inverso del libero cammino medio λ: dove h è la viscosità del gas (Pa s), T è la temperatura assoluta (K), m è la massa molare del gas (g mol-1) e p a è la pressione media nel capillare (Pa). Dall analisi dei dati riportati in figura 24 si deduce che: quando l inverso del libero cammino medio è minore di 10 6 m -1 corrispondente a pressioni a monte del capillare inferiori a 13 kpa e il capillare è riferito al vuoto, la conduttanza è costante; ciò indica che all interno del capillare il gas è in regime molecolare (equazione 22). quando l inverso del libero cammino medio è maggiore di 10 7 m -1 corrispondente a pressioni a monte del capillare maggiori di 150 kpa e il capillare è riferito alla pressione atmosferica, la conduttanza varia linearmente con la pressione il che indica che all interno del capillare il gas è in regime viscoso (equazione 11). quando l inverso del libero cammino è compreso tra 10 6 e 10 7 m -1 corrispondente a pressioni a monte del capillare tra 13 kpa e 100 kpa e il capillare è riferito al vuoto la conduttanza aumenta in modo non lineare; ciò indica che all interno del capillare il gas è in regime di transizione. Figura 24: andamento della conduttanza del capillare in funzione dell inverso del libero cammino medio 2 Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007

3 I valori della conduttanza possono essere normalizzati, cioè resi indipendenti dalla specie molecolare, moltiplicandone i valori ricavati dalle misure di flusso per la radice quadrata della massa molare; in questo modo si viene ad avere un unica curva che rappresenta il comportamento del capillare indipendentemente dal tipo di gas di prova. Questa procedura è vantaggiosa perché la curva così ottenuta può essere utilizzata per il calcolo della conduttanza per gas diversi da quelli usati in fase di taratura. La curva ottenuta interpolando tutti i valori sperimentali con l equazione di Knudsen (equazione 34) è riportata in figura 25 che mostra anche i valori sperimentali della figura 24 modificati nel modo più sopra indicato; gli scarti tra i valori calcolati e quelli sperimentali sono sempre contenuti entro il 4%. In questa figura sono anche indicati i tipi di regime che si instaurano all interno del capillare al variare della pressione a monte e a valle del medesimo (vuoto o pressione atmosferica). evidenziato nel seguito. Questo processo interpretativo è utile perché la taratura del capillare con molti gas è molto costosa e, inoltre, non sempre è possibile a causa delle contaminazioni che il gas (è il caso dei refrigeranti con riferimento al vuoto) può provocare nell impianto di taratura. Figura 26: valori sperimentali e curva di interpolazione nella zona di regime molecolare ottenuta applicando l equazione di Knudsen Figura 25 conduttanza normalizzata in funzione del libero cammino medio, valori sperimentali e curva calcolata con la formula di Knudsen Nella figura 26 sono evidenziati i dati sperimentali della figura 25 relativamente ai valori di 1/λ fino a 10 6 m -1 (13 kpa). In essa si notano chiaramente le tre zone corrispondenti ai tre regimi di flusso: una zona in cui il valore della conduttanza è costante con media pari a 1.81x10-9 m 3 /s e scarto tipo 1.2% m 3 /s, una zona in cui la conduttanza diminuisce fino ad un minimo in corrispondenza di 1/λ = 1.6x10 5 m -1 (corrispondente ad una pressione di azoto a monte del capillare pari a 2085 Pa) ed una zona di rapido aumento del valore della conduttanza con il diminuire di l e quindi con l aumentare della pressione. La presenza del minimo è poco marcata, infatti la conduttanza risulta di poco inferiore (3%) al valore che presenta in regime molecolare. Questo comportamento è tipico dei capillari pinzati, mentre sperimentalmente è stato verificato che, nel caso di capillari non pinzati, il valore del minimo è più pronunciato. Ricavati raggio e lunghezza del capillare con il metodo di calcolo iterativo nell applicazione dell equazione di Knudsen, è possibile calcolare il valore della conduttanza corrispondente ad un certo valore del libero cammino medio delle molecole (che è funzione della pressione media all interno del capillare e della viscosità del gas) e, quindi, si può valutare il flusso per un altro gas come è Questo metodo di calcolo è stato sottoposto a verifica utilizzando per il calcolo i dati sperimentali ottenuti dalle tarature del capillare con elio, azoto ed esafloruro di zolfo. Mediante l interpolazione con l equazione di Knudsen, si sono ottenute le caratteristiche geometriche del capillare (raggio e lunghezza) con le quali sono stati calcolati i valori della conduttanza corrispondenti a diversi valori dell inverso del libero cammino medio e da questi è stato valutato il flusso corrispondente al gas argo. Le differenze relative tra i valori di flusso sperimentali e quelli calcolati non superano il 4%. Queste differenze devono essere considerate nella valutazione dell incertezza come contributo dovuto al modello di calcolo utilizzato. Essendo le differenze relative minori dell incertezza stimata si può ritenere valido applicare questa metodologia per calcolare la conduttanza e quindi il flusso associato ad un gas non utilizzato per la taratura del capillare; va, tuttavia, ricordata la condizione che la massa molare del gas deve essere compresa tra quelle dei gas utilizzati in fase di taratura. Per applicare la formula di Knudsen è necessario avere un numero consistente di misurazioni effettuate con diversi gas; nel caso esaminato erano disponibili i risultati di più di 90 misurazioni. Si supponga ora di avere effettuato solo poche misurazioni con due gas. I dati disponibili sono riportati in figura 27 in cui i primi cinque punti si riferiscono a misurazioni eseguite con riferimento al vuoto e con gas elio mentre gli ultimi due sono misure con riferimento alla pressione atmosferica e con esafloruro di zolfo. Il primo punto di misura indica il regime molecolare (pressione a monte del capillare 70 Pa, pressione a valle minore di 10-5 Pa), i quattro punti successivi si riferiscono al regime di transizione (infatti la conduttanza aumenta al variare della pressione) e gli ultimi punti si riferiscono ad un regime quasi completamente viscoso. Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007 3

4 Tabella 5: confronto tra valori sperimentali e calcolati per l elio Figura 27: dati sperimentali relativi ad un numero limitato di misurazioni e curva interpolatrice Dato che questi pochi dati non possono essere interpolati in modo significativo dall equazione di Knudsen, si può utilizzare un polinomio di terzo grado rinunciando a conoscere le caratteristiche geometriche del capillare ma ottenendo degli scarti relativi (rapporto tra la differenza del valore sperimentale e del valore calcolato e il valore sperimentale) accettabili (curva della figura 27 e tabella 5). Le differenze relative presentano un massimo pari al 13% (tabella 5) e, come detto in precedenza, di questo dato bisogna tenere conto nel valutare l incertezza estesa relativa di misura. Per la verifica di quanto ottenuto i valori calcolati di conduttanza per l argo sono stati confrontati con quelli ottenuti sperimentalmente e in tabella 6 sono riportati i valori sia sperimentali sia calcolati, le loro differenze e i valori di flusso calcolati. Resta così dimostrata la possibilità di condurre la taratura del capillare solo con due gas scelti opportunamente in modo da ricoprire un intervallo di masse molari ampio ed effettuando solo pochi punti di taratura opportunamente scelti nell intervallo di flussi di interesse. Dall interpolazione, con un polinomio di terzo grado, dei risultati sperimentali è possibile calcolare i valori della conduttanza normalizzata e da questa valutare il flusso per un qualsiasi gas differente dal gas di taratura. L incertezza associata ai valori di flusso calcolati varierà dal 15% al 1.5% che, per molte applicazioni industriali, può essere accettabile. Come ulteriore esempio di utilità dell interpolazione polinomiale, si consideri il caso in cui si voglia utilizzare un Tabella 6: confronto tra valori sperimentali e calcolati per l argo 4 Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007

5 capillare con un solo tipo di gas (ad esempio l elio) con pressioni a monte variabili tra 1 bar e 15 bar. Si sono presi in considerazione vari capillari che erogano flussi di gas elio pari a 1.2 x 10-7 Pa m 3 /s (A), 2.7 x 10-5 Pa m 3 /s (B), 4.8 x10-6 Pa m 3 /s (C), 5.1 x10-7 Pa m 3 /s (D), 2.0 x10-5 Pa m 3 /s (E), 7.7x10-7 Pa m 3 /s (F) con pressione a monte pari a 1 bar e a valle molto bassa (vuoto). Questi capillari sono stati tarati appunto variando la pressione dell elio a monte tra 1 bar e 15 bar ed i valori sperimentali sono riportati nella in figura 28. Figura 28: valori sperimentali del flusso di elio al variare della pressione a monte dei capillari. Per meglio visualizzare gli andamenti dei valori di flusso al variare della pressione, questi stessi dati sperimentali vengono presentati in Figura 29 su tre differenti grafici i cui assi sono lineari. E prassi abbastanza comune considerare che il flusso del gas nel capillare, nelle condizioni considerate, sia in regime molecolare e di conseguenza si suppone che al variare della pressione, per ottenere il flusso ad un altro valore di pressione a monte, sia sufficiente moltiplicare il valore sperimentale per il nuovo valore di pressione. Infatti ricordando l equazione 19, che descrive il flusso in regime molecolare, quando p 2 è trascurabile (perchè <10-3 mbar) si ottiene: q = cost p 1. Quindi, volendo il valore del flusso q 2 alla pressione p 2 in regime molecolare, è sufficiente applicare la relazione q 2 = q 1 p 2. Pertanto, noti q 1 e le pressioni p 1 e p 2, è immediato calcolare q 2. Figura 29: andamento dei valori sperimentali del flusso in funzione della pressione a monte del capillare Tabella 7: sintesi dei valori di flusso sperimentali e calcolati per i sei capillari presi in esame Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007 5

6 Per il capillare A, che eroga un flusso pari a 1.3 x 10-7 Pa m 3 /s con pressione p 1 pari a 1 bar, si ottiene alla pressione p 2 pari a 15 bar un flusso di 2.0 x10-6 Pa m 3 /s mentre il valore sperimentale è di 2.4x10-6 Pam 3 /s che corrisponde ad uno scostamento del 19% rispetto al valore calcolato. Per gli altri capillari i valori calcolati di flusso si discostano da quelli sperimentali dal 15% al 70%. Nella tabella 7 sono riportati, per tutti i capillari presi in esame, i valori di flusso sperimentali, quelli calcolati sotto l ipotesi del regime molecolare e le differenze relative. In figura 30 sono mostrati, oltre ai valori sperimentali, i valori del flusso di gas elio calcolati sotto l ipotesi che all interno del capillare si instauri un flusso di tipo molecolare. Questi risultati mettono in evidenza che è assolutamente necessario disporre della taratura almeno in tre punti di pressione equidistanziati nel campo di interesse in modo da avere una buona interpolazione e di conseguenza calcolare, con buona approssimazione, i valori del flusso per differenti valori di pressione. Per i casi presi in esame un polinomio del secondo ordine approssima i dati con differenze relative tra i valori calcolati e quelli sperimentali che variano tra qualche percento e il 20%. Quindi, quando è sufficiente conoscere il valore del flusso generato con incertezza relativa del 25% - 30% (data dalla somma lineare dell incertezza estesa di taratura e della deviazione), è possibile ridurre i punti di taratura e quindi i costi. 6. Metodologia di rivelazione delle perdite Per affrontare il problema della prova di tenuta si deve definire il tipo di leak-test necessario cioè se si desidera localizzare il punto di fuga o quantificare la perdita. Quindi occorre definire i limiti di perdita ammessi considerando le eventuali normative in vigore, per esempio per il rispetto dell ambiente. Nell industria del freddo, ad esempio, che utilizza refrigeranti, è d obbligo osservare il limite di 5 g/y nel rispetto dell ambiente ma questo limite diventa di circa 0.1 g/y se si vuole assicurare il funzionamento della cella frigorifera per tutta la vita utile richiesta [>10 anni]. Ai cerchioni delle automobili, in lega leggera, si richiede una tenuta non legata alla vita dell oggetto ma ad un periodo definito durante il quale l eventuale perdita non provochi lo sgonfiaggio del pneumatico; per esempio, durante lo stoccaggio dell auto nei piazzali della distribuzione che in genere varia tra 3 e 6 mesi, è richiesto che la fuga non superi il valore di 3 x 10-4 mbarl/s. Il requisito di ermeticità per i fusti per il contenimento ed il trasporto di sostanze inquinanti, per garantire che il prodotto per alcuni giorni o mesi non si disperda nell ambiente, si situa nel campo di 10-3 mbarl/s. Infine si deve scegliere, tra i vari metodi, il più adatto ai requisiti di tenuta del componente in prova: prova a bolle (bubbole test) (immersione o ricoprimento) che è riconosciuto solo per la localizzazione delle perdite, variazione di pressione nel tempo (a caduta o a risalita di pressione), rilevamento a ultrasuoni spontanei o indotti, analisi con gas traccianti (a conducibilità termica o a spettrometria di massa). Indipendentemente dalla strumentazione utilizzata distingueremo innanzi tutto le prove di tenuta in due grandi filoni: - localizzazione delle perdite - misurazione o quantificazione della perdita. Figura 30: flussi sperimentali e calcolati per gas elio 6.1 Localizzazione delle perdite Si tratta sempre di prove di tipo qualitativo il cui risultato è fortemente legato all abilità dello sperimentatore. Si possono seguire due vie: a. Prova in pressione b. Prova in vuoto 6 Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007

7 a. Prova in pressione In questo tipo di prove l oggetto in esame viene pressurizzato internamente con il gas tracciante quindi con una sonda o annusatore (che altro non è che una conduttanza) viene attentamente esaminato il manufatto dall esterno. In questo modo si può osservare il punto in cui si ha la perdita. La sonda trasferisce una parte del gas all elemento sensibile dello strumento di misura. Il processo è schematizzato nella figura 31a. è collegato il rivelatore; il gas tracciante, penetrato attraverso la microperdita,può uscire e raggiungere il rivelatore. Il segnale q m che il rivelatore dà non rappresenta direttamente la perdita reale che l oggetto avrebbe se fosse riempito solo di elio ad una determinata pressione ma viene correlato con un segnale corrispondente alla massima perdita accettabile (o valore di rigetto) q r. Se q m e q r (in mbar L/s) sono rispettivamente il segnale d uscita del rivelatore e la perdita accettabile, p p (nbar) la pressione di pressurizzazione, V(cm 3 ) il volume interno del pezzo, T i, tempo di immersione, T d, tempo di degassamento, T r, tempo di vuotatura (tutti in secondi), p.e percentuale di elio che entra nel pezzo, i due flusi di perdita sono legati a tutti qusti parametri da una relazione funzionale piuttosto complessa che viene semplificata nel modo seguente: Figura 31: localizzazione delle perdite, a con il metodo in pressione, b con il metodo in vuoto b. Prova in vuoto In questa prova l oggetto in cui si vogliono localizzare le perdite viene svuotato o con un sistema di pompaggio ausiliario o con lo stesso gruppo di pompe del rivelatore. Sull oggetto viene inviato un getto di gas tracciante che, in presenza di una microfessura, passa all interno e raggiunge l elemento sensibile del rivelatore, come indicato in figura 31b. 6.2 Misurazione o quantificazione della perdita Con questo tipo di prove si vuole dare un valore alla perdita che è stata o no localizzata in precedenza. Anche in questo caso si hanno due tipi di metodiche: a. Prova in pressione-vuoto b. Prova in vuoto Che esaminiamo brevemente. a. Prova in pressione-vuoto L oggetto in prova viene riempito con un gas tracciante ad una determinata pressione e quindi viene posto (figura 32 a) all interno di una camera in cui viene fatto il vuoto e alla quale è collegato lo strumento rivelatore. Se il pezzo in prova ha una perdita il gas in esso racchiuso fuoriesce e raggiunge il rivelatore. In questo modo si misura il flusso totale di gas che fuoriesce. Un accenno a parte merita la tecnica cosiddetta di bombing che è particolarmente adatta quando si voglia ricercare le perdite in oggetti sigillati, di volume piccolo e privi di attacchi sia per vuoto sia per pressione e in grado di sopportare sovra-pressioni esterne. L oggetto in prova viene posto in un contenitore in cui viene inserito, in sovra-pressione, il gas tracciante, che entrerà all interno dell oggetto in un suo eventuale punto di perdita. Ovviamente il flusso di gas che entra nell oggetto oltre a dipendere dall entità del difetto dipende anche dalla pressione del gas e dall intervallo di tempo in cui l oggetto è stato esposto al gas in sovra-pressione. Infine, l oggetto così preparato viene introdotto in un contenitore in cui viene fatto il vuoto e cui Inoltre si fa l ipotesi di base è che il flusso di gas tracciante che entra nel pezzo sia in regime viscoso mentre quello che esce verso la campana in vuoto sia in regime molecolare. Entrambe q m e q r sono dunque in regime molecolare. Quando il pezzo è immerso nella camera in cui si immette il gas di prova, in genere elio, la pressione dell elio che è elevata garantisce che la percentuale di elio che entra sia nettamente superiore a quella che fuoriesce. b. Prova in vuoto In questo caso l oggetto in prova è collegato al rivelatore, svuotato e contenuto in una camera in cui viene introdotto un quantitativo noto di gas tracciante (figura 32 b). Con questa metodica si possono eseguire sia misurazioni istantanee del flusso di gas che fuoriesce sia dopo aver fatto accumulare il gas. L una o l altra via vanno scelte con cura in dipendenza dal pezzo preso in esame e dai costi della prova. Figura 32: misurazione delle perdite, a prova in pressione-vuoto, b prova in vuoto 7. Tipi di rivelazione delle perdite e rivelatori Le tecniche e relativa strumentazione dedicate alla ricerca delle perdite, sia per la loro localizzazione sia per la loro quantificazione, sono innumerevoli e noi ne riporteremo solo alcune e ci soffermeremo, data la loro ampia diffusione, più approfonditamente su quelle basate su misu- Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007 7

8 razioni di pressione sia totale sia parziale. Alcuni strumenti sono modificazione e adattamento alla ricerca delle perdite di strumenti di uso più generale, altri sono di tipo specifico e concepiti appositamente per la ricerca delle perdite. Va sottolineato in questa sede che qualunque strumento che misuri la pressione sia alta sia bassa (vuoto) può essere utilizzato, con alcune precauzioni, per evidenziare perdite in quanto queste determinano comunque variazioni della pressione stessa. Alcune metodiche servono in particolare per localizzare le perdite e altre per la loro quantificazione. Molti sistemi impiegati per quest ultimo scopo servono, sovente, ma non sempre, anche per la loro localizzazione. 7.1 localizzazione Alcune tecniche/strumenti servono essenzialmente per localizzare le perdite (bolle e ultrasuoni) anche se talvolta è possibile associare un valore orientativo. a. prova a bolle Si tratta di una prova in pressione diffusa a livello industriale perché semplice ed economica. Il prodotto viene pressurizzato (figura 33) e immerso (o spruzzato) in un liquido avente bassa tensione superficiale in modo che esso non possa penetrare attraverso l eventuale difetto. In corrispondenza della perdita si ha la formazione di bolle che sono emesse quando la pressione interna supera la tensione superficiale del liquido esterno, permettendo così una corretta localizzazione del punto di fuoriuscita del gas sulla parete. Con liquidi aventi bassa tensione superficiale possono essere rilevati flussi di perdita da 1/50 a 1/100 del più piccolo flusso rilevabile quando le bolle sono formate in acqua. Le dimensioni delle bolle e la frequenza di emissione sono funzione del tipo di flusso di gas, della dimensioni della perdita, della tensione superficiale del liquido di ricoprimento. Le bolle possono essere rilevate direttamente dall operatore o con visione remota realizzata mediante l impiego di una telecamera. Questo tipo di rivelazione è adatto a evidenziare flussi di ( ) mbar L/s. Molto spesso il prodotto testato deve essere asciugato per il successivo impiego e ciò costituisce un notevole inconveniente. Nel caso di una cricca a forma di capillare di diametro r la bolla si forma quando la pressione del gas, p, che fuoriesce dalla fuga è maggiore della somma della pressione che si esercita sulla superficie del liquido, della pressione che esercita il liquido sul foro e della tensione superficiale del liquido. Questa pressione è data dalla seguente espressione: p = p a + ρ g h + 2γ/r (37) dove p a è la pressione al di sopra del liquido (pressione atmosferica) (Pa) ρ è la densità del liquido (kg/m 3 ) g è l accelerazione di gravità (m/s 2 ) h è la profondità di immersione dell oggetto (m) γ è la tensione superficiale del fluido (N/m) r è il raggio del foro (m). Nella figura 34 è riportato, in modo schematico, il meccanismo di formazione della bolla. Nell attimo in cui inizia a formarsi, alla fine del capillare (cricca), il raggio è minore del raggio del capillare (Figura 34 a), quindi diventa uguale al raggio del capillare e assume la forma di una semisfera (figura 34 b); in questa condizione la pressione p è uguale a 2γ/r. Infine si forma la bolla di volume (4/3) π r 3. Quando la forza di galleggiamento della bolla supera la forza dovuta alla tensione superficiale la bolla si stacca e raggiunge la superficie del liquido (fig. 34 c). Figura 34: formazione della bolla: a) bolla con raggio minore del raggio del capillare; b) bolla semisferica; c) bolla sferica I valori della pressione atmosferica e della pressione idrostatica possono essere calcolati a priori e quindi, ricordando l equazione 37, è possibile calcolare il limite dell applicazione della prova in quelle determinate condizioni di pressione: Δp = p (p a + ρ g h) = 2 γ/r da cui r = 2 γ / Δp (38) Figura 33: localizzazione della fuga con prova a bolle Quando tra l interno e l esterno della bolla si raggiunge quel determinato valore di Δp la bolla ha un raggio uguale al raggio del capillare (figura 34 b) che corrisponde alla più piccola bolla che può essere rivelata. Si supponga che il pezzo in esame sia immerso in una vasca di acqua alla pressione atmosferica (100 kpa) a 50 cm dal pelo libero, che la forza idrostatica sia pari a 5 kpa e che il pezzo in prova sia pressurizzato a 200 kpa. La tensione superficiale dell acqua è N/m e la differenza di pressione tra l interno del pezzo e l esterno è 100 kpa quindi si può determinare il raggio della bolla: 8 Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007

9 r = 2γ / Δp = 2 x / 1x10 5 = 1.46 μm Questo raggio è il più piccolo raggio (e quindi la più piccola cricca o difetto in generale) che si può rilevare con il metodo a bolle in acqua pura. Se la prova viene effettuato con un liquido a più bassa tensione superficiale, ad esempio con alcol etilico, la bolla si forma da cricche molto più piccole; infatti, ripetendo il calcolo precedente e considerando la stessa differenza di pressione, il raggio che si può rivelare è pari a 2 x / 1 x 10 5 = 0.46 μm. Si è così determinata la sensibilità della prova in quelle particolari condizioni di pressione e si è dimostrato che l utilizzo di un liquido a basso valore di tensione superficiale consente di aumentare la sensibilità. Infine, la sensibilità del metodo può essere incrementata aumentando la pressione all interno del pezzo in prova; in tal modo il termine Δp aumenta e r diminuisce. b. ultrasuoni Le onde ultrasonore 1, che sono inviate sul sistema da esaminare, vengono attenuate dalla materia che incontrano e da essa riflesse, deviate o assorbite a causa delle discontinuità presenti nella stessa. Il fascio d onde ultrasonore si propaga nel materiale da esaminare, con la stessa frequenza con cui è stato generato dal cristallo-generatore, e con una velocità che dipende dal materiale attraversato. In generale, nelle prove non-distruttive, si fa uso di una tecnica di pulse-echo analoga a quella applicata nella diagnostica medica. Un imperfezione, che comporta un cambiamento di materiale e quindi di velocità di propagazione, produce una riflessione e quindi un eco; la visualizzazione dell intensità dell eco in funzione della distanza all interno del solido permette di localizzare l imperfezione. La frequenza utilizzata è di pochi megahertz. Anche per l applicazione di questa metodologia il prodotto deve essere pressurizzato; se si è in presenza di una fuga il fluido fuoriesce dalla zona ad alta pressione e passa attraverso l imperfezione generando un flusso turbolento con frequenze dall udibile (tipico sibilo del pneumatico forato) fino ad oltre 20 khz (ultrasuono) che ha una notevole componente ultrasonora che viene rilevata con un apposito strumento. Con questo metodo si localizzano facilmente i punti di perdita ma solo se il flusso che si instaura nella perdita è nel campo tra 10-1 mbar L/s e qualche decina di mbar L/s. I controlli effettuabili possono essere di tipo passivo quando l utrasuono è emesso spontaneamente dall oggetto in esame (caso di perdite grosse) o di tipo attivo quando, invece, i controlli vengono effettuati mediante l ausilio di un generatore di ultrasuoni posto all interno del prodotto; questo controllo si applica quando si vuole aumentare la sensibilità ad esempio quando la perdita è nel campo di 10-1 mbar L/s. Attualmente tutti gli strumenti rivelatori d ultrasuoni di tipo attivo si compongono di due parti, unite o distinte: il generatore del segnale da inviare al materiale da esaminare ed il rivelatore, che riceve, amplifica, filtra e visualizza i segnali che ritornano alla sonda dopo la propagazione. In tal modo è possibile rivelare soltanto gli echi riflessi da eventuali difetti interni o gli echi di fondo (o della parete di confine del pezzo esaminato) più o meno attenuati in funzione dei difetti presenti. L elemento che genera e invia le onde ultrasonore nel componente da esaminare è costituito in genere da un pezzo di materiale piezoelettrico (quarzo, titanato di bario, titanato di zirconio, solfati di litio e altri) 2. Figura 35: esempio di applicazione di ultra suoni La propagazione degli ultrasuoni avviene per effetto della vibrazione delle molecole del fluido ed è una funzione inversa della densità del fluido quindi si propagano meno bene in gas, aria, vapore, bene nei liquidi, non si propagano nel vuoto. I principali vantaggi di questo metodo sono l utilizzo di sola aria compressa e l assenza di effetti di memoria a fine prova. È un metodo utilizzato, come si è detto, per rivelare fughe elevate, per esempio in condotte o cavi sotterranei, come in linee di trasporto gas (figura 36). Per la rivelazione di perdite da parte di uno scambiatore di calore, di compressori o altri simili componenti la sonda ultrasonora può essere usata per rivelare le fughe mediante la trasmissione di un unico tono ultrasonoro. Con gli ultrasuoni è possibile ispezionare le fughe sul componente in operazione o parzialmente carico, cioè non è necessario smontarlo dalla sua collocazione. Ricevitori microfonici sono molto usati anche nell industria automobilistica per la diagnosi rapida di freni, copertoni, valvole, sistema di raffreddamento, sistema di scarico del gas combusto. 1 Gli ultrasuoni sono onde elastiche la cui frequenza (compresa tra 100 khz e 150 khz) è maggiore del limite superiore di udibilità per l orecchio umano (il limite dell udibile, che varia da persona a persona e dipende anche dall età, è approssimativamente tra i 16 e i 20 khz). Un onda elastica è un onda che si propaga in un mezzo materiale con velocità v data da con E, σ e ρ moduli di Young e di Poisson e densità del mezzo in cui le onde si propagano 2 I materiali prieziresistivi hanno la proprietà di contrarsi od espandersi sotto l azione di un campo elettrico e quindi generare un onda meccanica o viceversa, sotto l effetto di un onda meccanica, di dare un segnale elettrico. Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007 9

10 Figura 36: localizzazione delle perdite in tubature in pressione sotterranee c. Metodo a conducibilità termica La perdita viene rilevata misurando il cambiamento della conducibilità termica dell aria dovuta alla presenza del gas tracciante che fuoriesce dalla perdita. Il gas viene inviato sull elemento sensibile (termistore) che, con un altro analogo elemento refrigerato dall aria atmosferica, completa un circuito a ponte. Quando l elemento sensibile viene colpito dall insieme aria atmosferica e gas tracciante (elio) cambia la sua resistenza elettrica e quindi il ponte si sbilancia. Lo strumento è costituito, dunque, da un unità di controllo e da una sonda. La sonda comprende il sensore, l annusatore dotato di un piccolo ventilatore che convoglia il gas che fuoriesce dalla fuga sul filamento caldo del sensore mantenuto in equilibrio termico. Il prodotto in prova può essere pressurizzato con gas tracciante o con miscele di gas (in genere miscele di idrogeno in azoto al 5%). Quando viene rivelata una perdita sull unità di controllo si illuminano i LED in numero proporzionale alla perdita. Il sistema, che può rivelare fughe anche nel campo di 10-4 mbar L/s, presenta il vantaggio di un costo contenuto e di una elevata maneggevolezza, ma presenta lo svantaggio che la misura può essere influenzata da gas estranei al processo. d. Metodo a spettrometria di massa e gas tracciante L applicazione della spettrometria di massa (che verrà trattata più in dettaglio nel seguito) con gas tracciante presenta una buona sensibilità e velocità di risposta. Il gas tracciante più comunemente utilizzato è l elio per le sue caratteristiche chimico-fisiche: non è tossico, non inquina, non disturba l ambiente, è chimicamente e fisicamente inerte, è incombustibile ed incomburente, è presente nell aria atmosferica in proporzioni minime (concentrazione di ). Per localizzare le perdite sono possibili tutte e due le metodiche in pressione ed in vuoto. 7.2 Misurazione delle perdite a. Metodo a variazione di pressione Δp Consiste nel pressurizzare il pezzo in prova e verificare la caduta di pressione, oppure ridurre la pressione nel pezzo (portandolo in condizioni di vuoto mediante una pompa) e controllarne poi la risalita di pressione. Le misure possono essere condotte con: - trasduttori di pressione assoluta - trasduttori di pressione differenziale (Δp misurato tra il pezzo ed un volume di riferimento pressurizzato insieme e poi separato). Dalla variazione di pressione (Δp) misurata nell intervallo di tempo (ΔT) e noto il volume (V) del manufatto in prova è possibile calcolare il valore del flusso di gas q = (Δp x V)/ΔT. Risulta evidente che maggiori sensibilità di misura si otterranno su volumi piccoli e intervalli di tempo prolungati. Se la prova si protrae per un tempo lungo è necessario registrare la temperatura; infatti una variazione di temperatura comporta una variazioni di pressione che si somma o si sottrae al valore effettivo della variazione di pressione dovuta alla perdita. Se il pezzo in prova è costituito da materiale elastico e si sceglie il metodo a variazione di pressione è bene considerare che si avranno delle variazioni nel volume del prodotto che poi incideranno sul calcolo del flusso di gas. Qualora si operi in vuoto (manufatto evacuato) è necessario considerare anche l effetto dovuto al desorbimento dalle pareti dell oggetto. Il desorbimento comporta un aumento della pressione che si somma a quello dovuto alla presenza della perdita. Nella figura 37 sono schematizzati gli andamenti della risalita di (fuga virtuale) fa sì che la pressione prima aumenti e poi si stabilizzi; la presenza di entrambe fuga reale e virtuale determina dapprima un aumento non lineare della pressione e poi un aumento continuo e lineare dello stesso parametro. Figura 37: andamento della pressione nel tempo in un contenitore portato in vuoto: a) fuga reale, b) fuga virtuale Per calcolare l entità della fuga si considerano i valori di pressione e dell intervallo di tempo nella zona lineare della curva. Figura 38: esempio di una possibile configurazione sperimentale per la misura di fughe con il metodo a risalita di pressione 10 Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007

11 Un applicazione tipica di questo metodo, in campo industriale, è la verifica della risalita di pressione in una campana che racchiude l oggetto in prova pressurizzato (metodo pressione-vuoto), limitando il volume interessato e aumentando quindi la sensibilità. Prendiamo in esame la prova in cui l oggetto da collaudare sia di dimensioni non molto grandi, sia pressurizzato con un gas ad esempio aria, e quindi posto in una camera (V) avente volume noto (3 L) che possa essere evacuata. Il vuoto limite raggiungibile sia pari a 10-3 mbar (figura 38). Prima di iniziare le prove di risalita di pressione dovuta all oggetto in prova è opportuno registrare la risalita della pressione dovuta al degassamento della camera di prova; ciò può essere fatto inserendo nella camera un oggetto analogo a quello da provare ma che non presenta fughe reali. In questo modo si quantifica il degassamento delle superfici della camera di misura e dell oggetto in prova e infine si procede alla registrazione della risalita di pressione con l oggetto da provare inserito nella camera. In tabella 8 sono riportati i valori ottenuti. L aumento della pressione dovuto ai degassamenti delle superfici (camera di misura e oggetto) non è lineare; inizialmente la pressione sale velocemente quindi tende a stabilizzarsi; in altri terminie, a parità di intervallo di tempo, la differenza di pressione diminuisce. Nell esempio trattato la risalita della pressione, dovuto alla presenza della fuga e sotto l ipotesi che nel corso della misurazione la temperatura sia costante, è data dalla differenza tra i valori della pressione riportati in colonna 3 e quelli in colonna 2. Tabella 8: risalita della pressione dovuta al degassamento della camera di misura, dell oggetto in prova e della perdita Per il flusso si ottiene, per esempio, mbar L/s considerando l intero intervallo di tempo (650 s). Nella figura 39 sono riportati gli andamenti della risalita di pressione in funzione del tempo per i diversi casi; in essa é chiaramente evidente la combinazione di fuga virtuale e fuga reale. Consideriamo ora l effetto della temperatura e supponiamo che il volume V (in assenza dell oggetto in prova) sia inizialmente alla temperatura T 1 e alla pressione p 1 e che, dopo un certo tempo, la temperatura sia T 2. Un aumento della temperatura del volume comporta un aumento della pressione, che dall equazione di stato dei gas risulta uguale a: dove le pressioni sono espresse in pascal e le temperature in kelvin. Figura 39: andamento della pressione in funzione del tempo in presenza di perdite virtuali e perdite reali Se nel volume V pressione p 1 e temperatura T 1 iniziali sono 40 Pa (0.4 mbar) e 22.0 C rispettivamente e se, dopo 30 minuti, la temperatura ha subito un aumento e il nuovo valore T 2 è pari 23.0 C; la pressione p 2 varrà Pa. Si consideri ancora il volume V alla temperatura T 1 pari a 22.0 C ma il gas all interno di esso sia ad una pressione p 1 pari a 100 kpa (1000 mbar) e, se, dopo 30 minuti la temperatura ha subito un aumento e il nuovo valore T 2 é pari a 23.0 C, la pressione p 2 sarà pari a Pa. Questo semplice esempio mette in evidenza l importanza della misura della temperatura quando si effettuano misure di pressione. Il principale vantaggio di questo metodo consiste nella sua economicità in quanto, in presenza di perdite elevate, si possono usare manometri abbastanza economici, aria compressa e, a fine prova, non si verificano fenomeni di memoria. Il principale svantaggio consiste, come si è visto, essenzialmente nella forte dipendenza dalla temperatura le cui variazioni durante le prove possono inficiare la misura. Inoltre volumi diversi nei pezzi in prova, a parità di tempo di misura, influenzano il risultato. Infine la misura di piccoli flussi richiede tempi di prova molto lunghi con conseguenti più consistenti variazioni di temperatura sicuramente non trascurabili. b. Metodo a spettrometria di massa e gas tracciante Si possono applicare le due diverse metodiche in pressione-vuoto ed in vuoto e le situazioni sono analoghe a quelle rappresentate nelle figure 32 a e b, ma il rivelatore è co- Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/

12 stituito da uno spettrometro di massa in genere dedicato a questo tipo di prove. L uso della spettrometria di massa consente di rivelare perdite anche molto piccole (anche di mbar L/s). Come nel caso della localizzazione e per le stesse motivazioni, il gas tracciante è a basso peso molecolare e quindi in genere è elio. Sia che si tratti di uno spettrometro dedicato, ossia inserito in un sistema di pompaggio autonome e connessioni varie, sia che si tratti di uno spettrometro collegato ai sistemi in prova rappresenta di gran lunga il rivelatore più diffuso e, per questo, appare opportuno soffermarcisi in un apposito capitolo. Ci sono vari modi di produrre gli ioni; il più comune fa uso di una sorgente calda costituita da un filamento mantenuto ad alta temperatura per passaggio di corrente e che quindi emette gli elettroni necessari al processo di ionizzazione (figura 41). 8. Lo spettrometro di massa Data la sua grande diffusione il rivelatore di perdita a spettrometro di massa merita un discorso a parte, come si è detto. Ad un paragrafo descrittivo di tipo generale ne seguirà uno di descrizione di un esempio di applicazione. 8.1 considerazioni generali In teoria qualunque spettrometro di massa può essere utilizzato per la ricerca delle perdite. Di fatto molti sistemi da vuoto piuttosto complessi (come acceleratori di particelle, impianti di impiantazione ionica, di produzione di film sottili, ecc) che hanno incorporato nel sistema un quadrupolo o una spettrometro a tempo di volo possono utilizzare questi stessi strumenti con qualsiasi gas di prova. Figura 40: parti costitutive di uno spettrometro di massa Tuttavia, in molti casi pratici per il controllo di componenti in fase di realizzazione o di assemblaggio risulta più pratico ed economico disporre di spettrometri dedicati che utilizzano come gas tracciante elio o idrogeno e comunque gas leggeri. In uno spettrometro di massa molecole e atomi neutri vengono ionizzati, in genere per urto con elettroni emessi da un filamento caldo, e, opportunamente accelerati, vengono immessi attraverso una fenditura nella zona di analisi in cui sono separati in base al loro rapporto massa/carica o massa specifica. Poi, attraverso un altra fenditura, vengono raccolti su di un collettore e rivelati come corrente ionica positiva. Pertanto uno spettrometro di massa è costituito, come indicato in figura 40, essenzialmente da tre complessi strumentali: produzione degli ioni e cioè trasformazione di atomi e molecole in ioni positivi, analisi (separazione e focalizzazione) degli ioni in base alla loro massa/carica, rivelazione degli ioni prodotti e separati. Figura 41: sorgente ionica; a schema Per quanto concerne la separazione ed analisi degli ioni esistono parecchie tecniche, Figura 42: separazione degli ioni con campo magnetico a 180 ma quelle più diffuse nell uso comune riguardano l impiego di campi elettrici e magnetici o l uso di campi quadrupolari. Per una trattazione dettagliata di questa parte caratteristica si invia alla letteratura specializzata volendo qui accennare soltanto agli spettrometri di massa dedicati alla rivelazione delle perdite che sono, in genere, basati sulla separazione di tipo magnetico, cioè si inserisce un campo magnetico perpendicolare al piano definito dal fascio di ioni e dal campo elettrico accelerante. Gli ioni accelerati vengono deviati in un campo magnetico di un angolo di 60, 90, 120 e 180 ; nel caso degli spettrometri dedicati alla rivelazione delle perdite si usa in genere la deflessione a 180. Come si può vedere dallo schema di figura 42, che si riferisce ad un analizzatore magnetico a 180, gli ioni positivi aventi carica q 3, formati nella camera di ionizzazione ed accelerati da un potenziale V hanno energia cinetica pari a e quindi velocità ; se essi vengono fatti penetrare in uno spazio con campo magnetico uniforme sono costretti a percorrere una traiettoria circolare di raggio r, assoggettati ad una forza centripeta che eguaglia la forza F B =Bqv esercitata dal campo magnetico. Come è noto, forza, velocità e campo magne- 3 q=ne, con e carica dell elettrone; in genere si ha la perdita di un solo elettrone e perciò n vale 1 12 Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2007

13 tico sono vettori e per essi vale la ben nota regola della mano sinistra. La direzione della forza che agisce sullo ione è così ad angolo retto sia con la direzione dello ione sia con la direzione del campo magnetico. Lo ione viene a trovarsi sotto l effetto di una forza costante la cui direzione forma un angolo retto con quella del moto della carica e, così, l orbita descritta dalla particella carica, ione, è una circonferenza. La forza che agisce sulla particella carica sarà, da quanto detto sopra. naturalmente bisogna utilizzare unità di misura coerenti con il Sistema Internazionale e quindi la massa sarà data in chilogrammi, la carica in coulomb, il raggio in metri, la tensione in volt e il campo magnetico in gauss. In pratica r è dato dalla distanza tra le due fenditure F 1 ed F 2. Come si può vedere dalla relazione 39, per un definito valore delle intensità dei campi elettrico e magnetico si ottiene un ben definito valore del rapporto massa/carica corrispondente ad un determinato tipo di ione. E così possibile evidenziare ioni di massa specifica diversa facendo variare uno di questi parametri; nel caso degli spettrometri dedicati alla rivelazione delle perdite si tratta di scegliere V e B in modo da avere il valore voluto di massa che, nel caso dell elio, sarà m = 4 x1, x kg (corrispondente a 4gmol -1 ). Nella camera di ionizzazione si formano ioni vari corrispondenti alle varie specie atomiche presenti, ma tutti quelli che non soddisfano al relazione 38 non percorrono la traiettoria che li porta in corrispondenza della fenditura F 2 e sono persi. Un generico spettrometro di massa è rappresentato da una serie di parametri che possono essere così sintetizzati: intervallo di masse specifiche, intervallo di pressione in cui può essere usato, risoluzione, sensibilità, minima pressione parziale rivelabile. La situazione è molto più semplice nel caso di uno spettrometro dedicato alla ricerca delle perdite perché perdono significato alcuni di questi parametri e rimangono importanti la sensibilità e l intervallo di pressione in cui lo strumento può essere usato senza essere danneggiato, per quanto riguarda il limite superiore, e con minima pressione parziale rivelabile per quanto il limite inferiore. La sensibilità è in genere definita come per i vacuometri a ionizzazione ed è quindi la sensibilità della sorgente ionica. Quando si consideri lo strumento nel suo insieme si definirà sensibilità il valore minimo di corrente misurabile e quindi lo si fa coincidere con la minima pressione parziale del gas tracciante che è rivelabile, avendo tenuto conto di tutti gli eventuali fattori di disturbo. Nell uso della spettrometria di massa per la rivelazione delle perdite, per lo strumento dedicato si utilizza la configurazione classica a flusso diretto o quella a counter flow. In Figura 43 è riportato uno schema di collegamento di uno spettrometro di massa dedicato alla camera di misura, dove si effettuano le prove sugli oggetti, o direttamente all oggetto in prova. dove v viene ad essere la velocità tangenziale e r è il raggio del cerchio traiettoria dello ione. Pertanto si può ricavare il rapporto massa/carica che sarà dato da: (39) Figura 43: schema di rivelatore di perdite a spettrometro di massa In questa configurazione una pompa turbomolecolare collegata alla sua pompa meccanica di pre-vuoto ha il compito di fare il vuoto nello spettrometro mentre un altra pompa meccanica esegue il pre-vuoto attraverso una valvola o nel pezzo in prova o nella camera in cui il pezzo pressurizzato viene inserito, a seconda della metologia di prova che si può adottare. Se il volume in cui si vogliono fare le prove è piccolo questa pompa non è necessaria e il vuoto nel pezzo in prova si esegue con il gruppo di pompaggio annesso allo spettometro di massa dedicato alla rivelazione delle perdite. Un tempo per il pompaggio nello spettrometro di massa si utilizzava una pompa a diffusione e relativa meccanica, ma a causa della presenza di olii che possono contaminare e lo spettrometro di massa e il pezzo in prova, oggi, si usa quasi completamente il pompaggio turbomolecolare. Con il pompaggio turbomolecolare i gas leggeri come l elio a causa del loro basso rapporto di compressione 4 non sono pompati bene quindi, per aumentare la Figura 44: schema di rivelatore di perdite a spettrometro di massa in counter flow sensibilità, viene eseguito il montaggio del sistema in counter flow, come indicato nella figura 44. In questo sistema il gas di prova (elio) viene introdotto nella linea di pre-vuoto anziché sull ingresso della pompa turbomolecolare come avviene nel caso di figura 43 e quindi diffonde (in counter flow) verso lo spettrometro di massa, in direzione contraria al flusso normale e questo permette di operare con pressioni nella camera di misura anche elevate per esempio nell intervallo tra 10 Pa e 2 kpa. 4 il rapporto di compressione di una pompa è dato dal rapporto tra la pressione in uscita e quella in ingresso. Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/

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