Appunti sul teorema di Modigliani-Miller

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1 Appunti sul teorema di odiliani-iller (di assimo A. De Francesco) In questi appunti provvisori deriviamo le due proposizioni (la Proposizione I e la Proposizione II) che sono state stabilite da odiliani e iller riuardo alla rilevanza della struttura patrimoniale dell impresa, proposizioni che costituiscono il cosiddetto "teorema di odiliani-iller". Lo faremo supponendo che non ci siano imposte sulle società. (Le due proposizioni possono essere riformulate per tenere conto dell esistenza di imposte societarie.) 1 La Proposizione I del teorema di odiliani-iller Consideriamo due imprese, l impresa ("unleveraed", che si nanzia interamente con capitale proprio) e l impresa L ("leveraed", che si - nanzia in parte con capitale proprio e in parte con debito, per esempio, emissione di obbliazioni). Le imprese enerano in oni anno futuro un usso perpetuo di redditi da capitale, di pertinenza di azionisti e creditori (obbliazionisti), usso che indichiamo con X ed X L, rispettivamente per l impresa e per l impresa L. Supponiamo che il prestito obbliazionario contratto dall impresa L sia irredimibile cosicché l onere che esso comporta per l impresa è costituito dal paamento dei soli interessi. Chiamiamo IN T l ammontare deli interessi che deve essere corrisposto annualmente (per ipotesi, al termine di ciascun anno) sull intero prestito obbliazionario. Supponiamo poi che X ed X L abbiano la medesima distribuzione di probabilità cosicché EX = EX L e V ar(x ) = V ar(x L ). Date le ipotesi, X è interamente di pertinenza deli azionisti per cui EX è il reddito atteso totale annuo deli azionisti di tale impresa. Per l impresa L, invece, il reddito totale annuo atteso deli azionisti è EX L rd L, dove D L è il valore di mercato del debito dell impresa L ed r è il tasso di interesse. (In altre parole, D L è il valore attuale, al tasso di interesse di mercato r, di una rendita perpetua INT, cioè D L = INT=r. Indichiamo poi con S e ; rispettivamente, 1

2 il valore di mercato del capitale azionario dell impresa e dell impresa L. Supponiamo che oni investitore possa indebitarsi per qualunque importo al tasso di interesse r. (Questa ipotesi è cruciale per la validità del teorema di odiliani-iller.) Indichiamo con = +D L il valore di mercato dell impresa L e con V = S il valore di mercato dell impresa. La PROPOSIZIONE I di odiliani-iller stabisce che, data l ipotesi EX = EX L, risulta = V : (1) Per dimostrare la Proposizione, supponiamo risulti invece > V e si consideri un investitore che attualmente detena una quota del capitale azionario dell impresa L. Eli ne ricava un reddito pari ad [X L rd L ]. In alternativa, potrebbe acquistare una quota dell impresa vendendo tutta la sua quota dell impresa L e potrebbe al tempo stesso contrarre un prestito (supponiamo, per semplicità, irredimibile) di entità D L allo scopo di investire in azioni dell impresa una somma di denaro pari ad + D L. Tale somma rappresenta una frazione del capitale dell impresa pari a [ + D L ]=S : Abbiamo quindi che il reddito netto atteso di questa operazione per il nostro investitore, tenuto conto deli interessi che dovrà corrispondere sul prestito contratto e tenendo conto di ciò a cui rinuncia disinvestendo dall impresa, sarà + D L S EX rd L [EX L rd L ]: Ricordando che EX = EX L, tale reddito netto può essere riscritto come SL + D L VL EX 1 = EX 1 : S V Essendo V > 1, il reddito netto dell operazione è positivo: si tratta, come vedremo, di un puro pro tto da arbitraio. La convenienza di tale operazione vale ovviamente per oni investitore che attualmente detena azioni dell impresa L per cui si determina certamente un eccesso di o erta di azioni dell impresa L e un eccesso di domanda di azioni dell impresa ; si avrà perciò una diminuzione di e un aumento di V, nché tali valori non saranno diventati tra loro uuali. Supponiamo ora invece < V e consideriamo un investitore che attualmente detena azioni dell impresa, per un valore complessivo che indichiamo con. Tale investitore troverà conveniente venderle 2

3 investendo parte dei proventi in azioni dell impresa L e parte in obbliazioni dell impresa L. Per esempio, potrà investire una frazione = di in azioni dell impresa L e la rimanente frazione D L = di in obbliazioni: Si noti che, così facendo, il nostro investitore si troverà a possedere una frazione ( = )= = = del capitale azionario dell impresa L. Pertanto, il suo reddito atteso totale, come azionista dell impresa L e come proprietario di obbliazioni di tale impresa, sarà [EX L rd L ] + r D L = EX L mentre in precedenza (come azionista dell impresa ) riceveva un reddito atteso pari a EX : V Tenuto conto che EX = EX L, si vede che il primo reddito atteso è maiore del secondo, data l ipotesi che V >. Quindi, l operazione h i in 1 1 questione dà luoo ad un puro pro tto di arbitraio, EX L = h i V EX L VL VL > 0. Dato che oni azionista dell impresa ha un tale incentivo, si determina un eccesso di o erta di azioni dell impresa e un eccesso di domanda di azioni dell impresa L, sicché V diminuisce e aumenta, no al punto in cui tali valori non saranno diventati tra loro uuali Prima di procedere, conviene chiarire in che senso le operazioni sopra descritte (convenienti quando V 6= ) sono operazioni di arbitraio. Poniamo le seuenti de nizioni: EX=V e L EX= ; e L sono cioè il tasso di rendimento atteso del capitale nelle due imprese ed L. Va notato come, mentre altro non è se non il tasso di rendimento atteso del capitale azionario dell impresa, L è invece un tasso di rendimento composito, essendo (come è facile controllare) una media ponderata del tasso di rendimento atteso delle azioni dell impresa L e del tasso di interesse r. Come che sia, la Proposizione I stabilische che deve essere = L. In e etti, laddove fosse, per esempio, < L (cioè V > ), ciò che conviene a chiunque oi possieda quote del capitale dell impresa è di vendere l attività in suo possesso per comprare il bene capitale "composito" azioni+obbliazioni dell impresa L dato che il tasso di rendimento di tale portafolio è L >. 2 La Proposizione II del teorema odiliani-iller Indichiamo con i L il tasso di rendimento atteso del capitale azionario dell impresa L: i L = EX L rd L. Tenendo conto che V = EX = EX L, 3

4 possiamo scrivere i L = V rd L : Inoltre, ricordando che V = e che = + D L, l equazione precedente può essere riscritta come i L = (+D L ) rd L da cui si ottiene i L = + ( r) D L : (2) Questa equazione rappresenta la PROPOSIZIONE II del teorema di odiliani-iller: il tasso di rendimento atteso sulle azioni dell impresa "leveraed" è uuale al tasso di rendimento atteso sulle azioni dell impresa "unleveraed" più un premio che è dato dalla di erenza tra il tasso di rendimento atteso sulle azioni dell impresa unleveraed e il tasso di interesse di mercato moltiplicata per il "leverae" (il rapporto tra il valore di mercato del debito dell impresa leveraed e il valore di mercato del suo capitale azionario). Onde evitare confusioni, va sottolineato che l equazione (2) discende direttamente dalla Proposizione I: in altre parole, laddove laddove la (2) non valesse sarebbero convenienti operazioni di puro arbitraio, le quali a loro volta tenderebbero a ristabilire la (2). Ciò nonostante, il lettore può essere sorpreso da questo risultato, che il tasso di rendimento atteso delle azioni risulti tanto più elevato quanto maiore è il leverae dell impresa. Come è possibile che ci siano investitori disposti a detenere azioni dell impresa nonostante il tasso di rendimento netto su tali azioni sia minore del tasso di rendimento delle azioni dell impresa L? Il punto è che l investimento di una medesima somma di denaro in azioni dell impresa L è cosa diversa dall investimento di quella somma in azioni dell impresa : è facile infatti dimostrare che il rischio fronteiato con la prima scelta di investimento tende ad essere superiore a quello connesso alla seconda scelta di investimento. Quindi, è raionevole che, se le azioni dell impresa L debbono essere detenute da alcuni investitori, il tasso di rendimento atteso su tali azioni dovrà essere superiore al tasso di rendimento atteso sulle azioni dell impresa. Dimostriamo tutto questo in termini formali. Confrontiamo i redditi derivanti dall investire una certa somma di denaro in azioni dell impresa ovvero in azioni dell impresa L. E supponiamo poi, nella nostra aromentazione per assurdo, che i L =. Investendo in azioni dell impresa, l investitore si trova a detenere una frazione V = E(X ) = E(X ) del capitale di questa impresa. Il reddito che ne deriva è X E(X ) ; il valore atteso di tale reddito è EX E(X ) = (come è ovvio) e la varianza di h 2 tale reddito è V ar X E(X ) = E(X )i V ar(x ). Invece, investendo in azioni dell impresa L l investitore si troverà a detenere una frazione 4

5 del capitale azionario dell impresa L. Data l ipotesi che i L =, tale frazione può essere scritta come EX L rd L = EX L rd L : Pertanto, il reddito derivante da tale investimento è EX L rd L [X L rd L ]. Il valore atteso di tale reddito è EX L rd L [EX L rd L ] = (come è pure h i 2 ovvio) mentre la varianza di tale reddito è rd L V ar(xl ). Si vede come h i 2 EX L rd L V ar(xl ) > EX L h E(X )i 2 V ar(x ) (si ricordi che V ar(x L ) = V ar(x )). Quindi, non è raionevole che il tasso di rendimento atteso sul capitale azionario dell impresa leveraed sia uuale al tasso di rendimento atteso sul capitale azionario dell impresa unleveraed: ove così fosse, investire in azioni dell impresa L darebbe lo stesso reddito atteso che investire in azioni dell impresa, ma il primo tipo di investimento sarebbe maiormente rischioso. 5

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