ARGOMENTO 10 Le false comunicazioni sociali

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1 ARGOMENTO 10 Le false comunicazioni sociali Sommario: 1. L istituto La sentenza. a. Cassazione penale, sezione V, 30 luglio 2015, n ; b. Cassazione penale, sezione V, 12 gennaio 2016, n. 890; c. Cassazione penale, sezione V, 22 febbraio 2016, n. 6916; d. Cassazione penale, Sezioni Unite, 31 marzo 2016, n. 7 (informazione provvisoria) Il tema svolto. 1. L istituto L art c.c., come modificato dalla l. 69/2015, dispone: Fuori dai casi previsti dall art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. L individuazione del bene giuridico protetto dalla norma in discorso risulta piuttosto controversa. Parte della dottrina, richiamando il contenuto della relazione governativa ritiene che lo stesso sia da identificare nella trasparenza dell informazione societaria (PULITANÒ); secondo invece un diverso orientamento (FLORA; LUNGHINI), più semplicemente, l oggettività giuridica è il patrimonio. Quanto ai soggetti attivi, il reato in commento è un reato proprio che annovera fra gli autori del fatto penalmente rilevante gli amministratori, i direttori generali, i sindaci, i liquidatori ed i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari. A tali soggetti vanno poi aggiunti coloro ai quali, per effetto di norme speciali, si applica il medesimo trattamento sanzionatorio tramite il richiamo disposto dall art c.c. Inoltre, l art. 199

2 argomenti probabili (diritto penale) 2639, co. 2, c.c. prevede che le disposizioni sugli amministratori debbano trovare applicazione anche con riguardo ai soggetti legalmente incaricati dall autorità giudiziaria o dall autorità di pubblica vigilanza di amministrare la società o i beni da essa posseduti o gestiti per conto di terzi. Infine, come detto più sopra, in forza dell art. 2639, co. 1, c.c., il reato può essere commesso anche dai soggetti che svolgono la medesima funzione indicata dalla norma incriminatrice, pur se diversamente qualificata, e da coloro che esercitano in via di fatto, purché in modo continuativo e significativo, i poteri tipici inerenti la qualifica o la funzione. In merito, invece, ai soggetti passivi, se si ritiene che il bene protetto sia la trasparenza societaria, essi si identificano non solo nei soci e nei creditori, ma in tutti coloro che vengono a contatto con la documentazione falsa rimanendovi ingannati (ad es.: i futuri soci o i futuri creditori); se invece si ritiene che il bene protetto sia il patrimonio, allora soggetti passivi sono soltanto i soci o i creditori, le cui risorse sono state esposte a pericolo a causa del comportamento incriminato. Sotto il profilo materiale, la condotta tipica può assumere due diverse forme: la prima è di tipo commissivo, e cioè l esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni; la seconda a carattere omissivo, consistente nell omettere informazioni imposte dalla legge. Il reato è quindi a condotta mista, potendo la medesima essere alternativamente omissiva o commissiva. La falsità di tipo ideologico o l omissione devono comunque riguardare la situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società o del gruppo al quale la medesima appartiene, ovvero le informazioni concernenti beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. Inoltre, le informazioni cui si riferisce la norma sono quelle che obbligatoriamente devono essere riportate nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico. Quanto alla categoria dei bilanci, essa ricomprende il bilancio di esercizio (o ordinario) e quello straordinario. Inoltre, considerato che per effetto dell art. 2, d.lgs. 9 aprile 1991, n. 127, il bilancio è la summa di tre documenti essendo costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa la falsità contenuta in uno di essi integra sotto il profilo materiale l illecito in esame. Parimenti, anche il bilancio consolidato, ossia il documento contabile destinato a fornire un quadro della situazione economica e finanziaria del gruppo societario unitariamente considerato, può contenere le falsità cui si riferisce l art c.c. Il termine relazione è invece usato nella disciplina civilistica per indicare dei particolari rapporti informativi dei soggetti qualificati, caratterizzati dalla forma scritta e obbligatori qualora ricorrano situazioni normativamente stabilite. 200

3 Argomento 10. Le false comunicazioni sociali inserendo il riferimento, quale oggetto anche della condotta omissiva, ai fatti materiali non rispondenti al vero - una successione di leggi con effetto abrogativo, peraltro limitato alle condotte di errata valutazione di una realtà effettivamente sussistente. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto escluse dall effetto parzialmente abrogativo l esposizione di crediti inesistenti perché originati da contratti fittizi, l esposizione di crediti concernenti i ricavi di competenza dell esercizio successivo, l esposizione di crediti relativi ad una fattura emessa per operazioni inesistenti). b. Cassazione Penale, Sezione V, 12 gennaio 2016, n. 890 Massima: In tema di bancarotta fraudolenta impropria da reato societario, di cui all art. 223, secondo comma, n. 1, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, la nuova formulazione dell art cod. civ., introdotta dalla L. 27 maggio 2015, n. 69, che ha soppresso l inciso «ancorché oggetto di valutazioni» con riferimento ai «fatti materiali non rispondenti al vero», non esclude la rilevanza penale della esposizione in bilancio di enunciati valutativi falsi, che violano parametri normativamente determinati o tecnicamente indiscussi. c. Cassazione Penale, Sezione V, 22 febbraio 2016, n Massima: In tema di false comunicazioni sociali, la nuova formulazione degli artt e 2622 cod. civ., introdotta dalla L. 27 maggio 2015, n. 69, ha determinato - eliminando l inciso ancorché oggetto di valutazioni, ed inserendo il riferimento, quale oggetto anche della condotta omissiva, ai fatti materiali non rispondenti al vero - una successione di leggi con effetto abrogativo, peraltro limitato alle condotte di errata valutazione di una realtà effettivamente sussistente. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto escluse dall effetto parzialmente abrogativo l esposizione di crediti materialmente falsi perché indicati con un valore difforme dal dato reale e perché descritti come certi, laddove, invece, essi avevano natura solo potenziale in quanto oggetto di contenzioso). d. Cassazione penale, Sezioni Unite, 31 marzo 2016, n. 7 (informazione provvisoria) Questione controversa: Se, ai fini della configurabilità del delitto di false comunicazioni sociali, abbia tuttora rilevanza il falso valutativo pur dopo la riforma di cui alla legge n. 69 del Soluzione adottata: Affermativa. Sussiste il delitto di false comunicazioni sociali, con riguardo all esposizione o alla omissione di fatti oggetto di valutazione, se, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, l agente da tali criteri si discosti consapevolmente e senza darne adeguata informazione giustifi- 203

4 argomenti probabili (diritto penale) cativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni. 3. Il tema svolto Premessi brevi cenni sul falso in bilancio, tratti in particolare il candidato della rilevanza penale del c.d. falso valutativo. La fattispecie di false comunicazioni sociali (c.d. falso in bilancio) pietra miliare del diritto penale societario è stata da sempre oggetto di scelte politico-criminali ondivaghe, che sono culminate nella legge 27 maggio 2015, n. 69 che ha riscritto completamente la disciplina in esame di cui agli articoli 2621 e 2622 c.c.. La suddetta riforma aspira a restituire severità ed effettività all intervento punitivo nell ambito dell inasprimento delle misure di contrasto alla corruzione, posto che tale reato rappresenta sempre più la spia di dinamiche corruttive alla base delle transazioni illecite. Nonostante i buoni propositi del legislatore mosso dalla speranza di porre fine al dibattito che aveva accompagnato la precedente riforma del 2002 la novella è apparsa sin da subito caratterizzata da incertezze interpretative destinate inevitabilmente a riversarsi sul piano applicativo. Prima di procedere all analisi della nuova fattispecie, occorre premettere che la riforma del 2002, nel riscrivere la materia del falso in bilancio, aveva comportato la trasformazione del reato de quo in contravvenzione, prevedendo il legislatore dell epoca una bipartizione declinata sulla diversa gradazione offensiva della condotta tra la l illecito contravvenzionale previsto dall originario articolo 2621 c.c. e il delitto di danno di cui all articolo 2622 c.c. (procedibile a querela di parte), nonché l introduzione di specifiche soglie di rilevanza penale scandite da precisi riferimenti percentuali al di sotto dei quali la falsità realizzata diveniva trascurabile. L assetto delineato dalla riforma del 2002 è stato oggetto, oltre che di un giudizio critico unanime da parte della dottrina, di cospicue censure di legittimità volte a denunciarne sia profili di irragionevolezza sul fronte costituzionale che profili di adeguatezza e compatibilità rispetto agli obblighi imposti dall Unione europea. Malgrado tali criticità, occorre rilevare che l assetto normativo del falso in bilancio è rimasto sostanzialmente invariato sino alla riforma del 2015, posto che le modifiche intervenute medio tempore hanno interessato solo aspetti limitati, senza stravolgere la struttura complessiva della norma. Più precisamente, nel 2005 si assisteva a un nuovo intervento del legislatore, che tuttavia si limitava ad ampliare il novero dei soggetti attivi dei reati di 204

5 Argomento 10. Le false comunicazioni sociali false comunicazioni sociali, introducendo al contempo alcune ipotesi di illecito amministrativo. La novella del 2015 ha invece profondamente inciso sulla precedente fisionomia della fattispecie di false comunicazioni sociale, prevedendo oggi una distinzione basata non più sul disvalore della condotta idonea a cagionare una danno patrimoniale (come richiedeva il vecchio articolo 2622 c.c.), bensì sulla differente tipologia del contesto societario ove può realizzarsi la falsità: il legislatore distingue infatti, agli articoli 2621 e 2622 c.c., due distinte tipologie di reato, a seconda che si tratti di società non quotate o quotate, entrambi concepiti come delitti di pericolo e procedibili d ufficio. Nell ottica di un significativo ripristino dell effettività della tutela penale della correttezza e della trasparenza nelle comunicazioni sociali, si segna dunque il passaggio da un reato contravvenzionale ad un delitto, con le inevitabili conseguenze (vantaggi) che ne derivano in tema di prescrizione. Un ulteriore intervento incisivo riguarda l eliminazione delle soglie di punibilità che sono state espunte dal nuovo testo, nonché l introduzione di due nuovi articoli: da un lato, l articolo 2621-bis c.c. che prevede una diminuzione di pena in caso di fatti lieve entità e, dall altro, l articolo ter c.c. che prevede la non punibilità per particolare tenuità del fatto, da valutare tenendo conto dell entità del danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori. Va detto che i primi commentatori hanno evidenziato come quest ultima norma sollevi qualche dubbio di compatibilità rispetto alla nuova fattispecie, dal momento che il legislatore, sovvertendo la riforma del 2002 mediante l eliminazione delle soglie di punibilità, ha configurato la fattispecie de qua come un reato di pericolo, non richiedendosi la verificazione di alcun danno per la realizzazione del fatto tipico. Tuttavia, l principale problema interpretativo sorto a seguito della riforma riguarda la soppressione negli articoli 2621 e 2622 c.c. della locuzione ancorché oggetto di valutazioni, che nella versione precedente contribuiva a delimitare l oggetto della condotta, seguendo nella descrizione del testo normativo l esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero. Ciò premesso, prima procedere all analisi della questione relativa alla rilevanza penale dei c.d. falsi valutativi, che tanto sta facendo discutere dottrina e giurisprudenza, occorre soffermarci sugli elementi costitutivi della nuova fattispecie di false comunicazioni sociali di cui all articolo 2621 c.c.. La norma in parola prevede la reclusione da uno a cinque anni per i soggetti qualificati dalla norma (si tratta di un reato proprio) che, al fine di conseguire per sé o altri un ingiusto profitto nei bilanci, nelle relazioni o in altre comunicazioni previste dalla legge dirette ai soci o al pubblico, consapevolmente, espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società, in modo concretamente idoneo da indurre altri in errore. 205

6 argomenti probabili (diritto penale) Alquanto discussa è l individuazione del bene giuridico tutelato dalla fattispecie incriminatrice. Mentre una parte della dottrina, richiamando il testo della relazione governativa, ritiene che esso sia da identificare nella trasparenza dell informazione societaria, altri autori individuano l oggettività giuridica della norma de qua nel patrimonio. Quanto alla condotta tipica, essa può consistere in una forma commissiva, quale l esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero, ovvero in un omissione, consistente nell omettere informazioni imposte ex lege. Si tratta dunque di un reato a condotta mista, atteso che la stessa può essere alternativamente commissiva oppure omissiva. Va aggiunto che la falsità o l omissione devono riguardare la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società ovvero le informazioni concernenti i beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. Le informazioni cui si riferisce la norma sono quelle che obbligatoriamente devono essere previste nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge. Giova osservare che la recente giurisprudenza, nonostante le incisive modifiche apportate dalla nuova riforma, ha sottolineato una sorta di continuità normativa tra la nuova e la vecchia fattispecie quanto meno per quanto concerne l esclusione dall alveo della tipicità della fattispecie delle comunicazioni c.d. atipiche, posto che entrambe le norme fanno esclusivamente riferimento alle comunicazioni sociali previste ex lege, e la categoria dei soggetti attivi del reato rimasti invariati rispetto alla precedente formulazione. Per quanto concerne l elemento soggettivo, la norma oltre a richiedere la coscienza e volontà della falsità dei dati esposti, esige il dolo specifico in quanto la condotta dell agente deve essere finalizzata allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto. Ciò detto, il vero nodo centrale della riforma che complica non poco i rapporti tra la vecchia e la nuova disposizione riguarda la riconducibilità dei falsi c.d. valutativi entro il perimetro di tipicità della fattispecie, ossia la rilevanza penale delle valutazioni scorrette inserite nelle scritture obbligatorie previste dalla legge. In altri termini, è controverso se la norma in parola incrimini solo la falsità concernente i dati oggettivi della realtà sensibile, ovvero anche le valutazioni di bilancio. La questione che da tempo ha alimentato il dibattito dottrinale e l esegesi giurisprudenziale sembrava aver trovato una definitiva risposta in senso positivo con la riforma del 2002 che, riscrivendo il testo dell articolo 2621 c.c., faceva riferimento a fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazione, disponendo una particolare soglia di punibilità per le valutazioni estimative. Attenta dottrina ha osservato come la riforma del 2002 avesse l intenzione di escludere la rilevanza penale delle mere valutazioni soggettive, posto che l inserimento della suddetta locuzione sembrava riferirsi esclusivamente a dati oggettivi. 206

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