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1 AGGIUNGI UN POSTO IN AUTOBUS 4 Rapporto sulla mobilità urbana in Italia Firenze, 12 aprile 2007

2 Lo studio è stato realizzato da un gruppo di lavoro di Isfort diretto da Carlo Carminucci. In particolare, Carlo Carminucci ha redatto la sezione introduttiva e la prima parte del Rapporto con l esclusione del cap. 6; Luca Trepiedi ha redatto la seconda parte del Rapporto e il cap. 6 della prima parte; Eleonora Pieralice ha curato le elaborazioni statistiche e l apparato grafico-tabellare. Si ringraziano Emanuele Proia, Francesca Pico ed Elisa Meko di ASSTRA per l assistenza fornita al gruppo di lavoro nel corso della preparazione del Rapporto.

3 INDICE La potenziale crescita del mercato urbano della mobilità sostenibile (considerazioni di sintesi) Pag. 1 Parte prima Resistere al declino strutturale Continua il ciclo espansivo della domanda Nelle grandi città la trincea del trasporto collettivo La ripresa della mobilità ecologica Il piacere di andare in macchina in città (nonostante il traffico e la congestione) Lo scatto d orgoglio del mezzo pubblico urbano: i clienti un po più soddisfatti Il giudizio critico dei cittadini sulle politiche di emergenza e la voglia di radicalità Ampliare i servizi per ampliare il mercato: il caso di giovani e anziani 48 Parte seconda L offerta di mobilità e la ricerca di alternative all auto. Le tendenze delle città italiane e il confronto con gli obiettivi comuni europei Considerazioni introduttive La situazione in campo europeo Un modello di mobilità centrato sul motore Differenze organizzative tra città in alcune stime Traffico e condizioni di utenza, un binomio difficile L autoproduzione del trasporto. Esternalità e costi per le famiglie Le preoccupazioni ambientali Le misure proposte in sede comunitaria per contrastare il dominio dell auto 87 i

4 3. Una rappresentazione delle tendenze italiane Pag Continuità e dinamiche della produzione di mobilità pubblica nel Gli incrementi qualitativi dei servizi Politiche tariffarie: l anno della svolta Infrastrutture urbane e performance del Tpl un rapporto ancora complicato Servizi integrativi e diversificazione dell offerta Mobilità ecologica: l alternativa possibile delle biciclette Il flebile impulso ai movimenti pedonali Prospettive ed esempi per una città con meno auto Il riepilogo delle evidenze emerse Orientamenti di proposta Esperienze internazionali di riferimento 125 ii

5 LA POTENZIALE CRESCITA DEL MERCATO URBANO DELLA MOBILITÀ SOSTENIBILE (considerazioni di sintesi)

6 1. Niente di nuovo sotto il sole verrebbe da commentare ad una rapida scorsa dei dati congiunturali sulla domanda di mobilità urbana del Automobili e automobilisti invadono sempre più i paesaggi delle nostre città, il trasporto pubblico è in declino inesorabile, l obiettivo mobilità sostenibile una chimera che si allontana. I macronumeri del monitoraggio Audimob segnalano in effetti il consolidamento di alcune tendenze forti, da inversione di ciclo, già avviate nel Due le coordinate di riferimento, in apparenza ben incise: la crescita della domanda da un lato, il monopolio delle quattro ruote dall altro. La domanda complessiva di mobilità continua ad espandersi, per effetto soprattutto della componente extra-urbana, secondo un modello che potremmo definire di sviluppo senza frammentazione. E il recupero di una dimensione dilatata del muoversi; crescono la lunghezza e i tempi medi dei viaggi, aumentano i consumi di trasporto misurati in passeggeri*km (+14,8% rispetto al 2005), mentre in modesta contrazione è il numero complessivo degli spostamenti, che si riallinea ai valori Per converso la dimensione della mobilità urbana tende a ripiegare. Le percorrenze di corto raggio (fino a 10 km) restano preponderanti, e di gran lunga, ma riducono il proprio peso di oltre 5 punti percentuali (dal 79% del totale nel 2005 al 73,8% nel 2006). Sul fronte del trasporto motorizzato, nel 2006 si è ulteriormente rafforzato il monopolio dell automobile; si va in macchina in città ormai per l 82,8% degli spostamenti, quota in crescita dal 2005 (81,9%); parallelamente sembra inarrestabile l erosione del trasporto pubblico che nel corso dell anno perde ancora uno 0,6% del mercato. E si attesta giusto sull asticella del 10%, uno share che può caricarsi di preoccupanti significati simbolici (una sorta di linea Maginot da difendere con tutte le forze). Il consolidamento della ripresa economica, e quindi della capacità di spesa per il trasporto, sostiene l evoluzione in atto nel modello di mobilità, come è evidente e come è stato già sottolineato lo scorso anno. 2. Niente di nuovo sotto il sole, dunque? In verità, scavando un po a fondo il quadro (apparentemente) monocolore evidenzia chiaroscuri non privi di luce per le prospettive della mobilità urbana. In particolare tre linee di tendenza meritano di essere esplicitate. La prima riguarda il trasporto delle grandi aree urbane. Nelle città con oltre abitanti gli spostamenti effettuati con modalità pubblica raggiungono nel 2006 il 29,3% del totale, segnando un +0,9% rispetto al 2005; viceversa, nei centri minori e medio-piccoli, con meno di abitanti, la quota del trasporto collettivo urbano, già molto esigua, crolla al 3,4%. 2

7 Le aree metropolitane rappresentano quindi una vera e propria trincea per il trasporto pubblico urbano. E questo forse il dato di sintesi più significativo dell intero monitoraggio della domanda condotto nel Ed è un dato che offre molteplici spunti di riflessione. Il rapido declino del mezzo pubblico per gli spostamenti urbani, non solo nei piccoli paesi ma anche nei comuni di piccolo-media dimensione, solleva interrogativi cruciali sulla cultura collettiva della mobilità. E necessario prendere consapevolezza fino in fondo che nei contesti territoriali a bassa densità abitativa, dove con la propria auto o la propria moto ci si muove con grande agio (niente traffico, ampia disponibilità di parcheggio), la domanda è poco influenzata da politiche di miglioramento dell offerta e semmai dipende più dalla disponibilità del cittadino a pagare la soluzione individuale di trasporto. Ed è anche bene sapere che, soprattutto nei piccoli centri, è sempre più difficile far leva su stili di mobilità che si vorrebbero evoluti per ricomporre il divario strutturale tra le propensioni del cittadino - a favore del trasporto pubblico e della mobilità sostenibile e le sue concrete prassi tutte schiacciate sulla motorizzazione individuale. Per inciso, una conferma di questa difficoltà viene dal quadro di motivazioni sottostanti alle scelte modali dei cittadini che nel monitoraggio del 2006 torna ad una fisiologia strutturale molto identificata e polarizzata: capillarità del servizio di trasporto pubblico, frequenza delle corse, velocità commerciale ( accessibilità e tempo ) sono e restano i punti deboli percepiti dal potenziale utente della mobilità collettiva. Se c è una discontinuità di dato, essa va piuttosto ricercata nella crescente incidenza del gruppo di motivazioni legato alla preferenza intrinseca per il viaggio effettuato con il proprio mezzo privato ( mi piace guidare, preferisco stare da solo dentro la mia auto ). E non a caso è tra i residenti nelle città con meno di abitanti che le ragioni di pura preferenza dell auto registrano un maggiore incremento di peso. In sostanza, il popolo dell automobile esce maggiormente allo scoperto esplicitando quella connessione profonda tra stile di vita, senso di libertà nello spostarsi e uso di vetture sempre più comode e accessoriate - a dispetto del traffico e della congestione! - che in ultima analisi è il nemico più difficile da combattere per un organizzazione del trasporto collettivo già alle prese con problemi e carenze strutturali di immane portata. Dove le politiche di contrasto del traffico e il favore riservato al mezzo pubblico negli angusti spazi urbani sono applicati in modo più pervasivo poco importa se per scelta o per necessità -, e questo accade come si sa soprattutto nelle grandi città, si ottiene un effetto positivo sul riequilibrio modale. Allo stesso tempo è presumibile che in questi contesti un governo del sistema della mobilità più attento ai problemi della congestione e dell inquinamento faciliti, almeno in parte, la crescita di una cultura collettiva vicina ad un idea di organizzazione sostenibile del trasporto urbano; e che quindi la domanda sia più permeabile alle sollecitazioni di un offerta (politiche, regolazione, servizi, reti dedicate) focalizzata sulle alternative alla pura mobilità privata. 3

8 Il secondo segnale positivo per la mobilità urbana è rappresentato dagli indicatori di qualità percepita del servizio pubblico di trasporto. Dopo un 2005 da archiviare come annus horribilis, nel 2006 i mezzi a più chiara vocazione urbana (autobus, tram, metropolitana) registrano movimenti positivi negli indici di soddisfazione, uscendo da una pericolosa deriva di crescente disaffezione degli utenti nella quale sembravano essersi avvitati. Nel complesso, il gradimento del servizio pubblico per autobus e tram sale a 6,25 in scala da 1 a 10 (6,11 nel 2005) e quello della metropolitana a 7,14 (6,94 nel 2005). Nelle sole medie e grandi città il punteggio medio assegnato dagli utenti ad autobus e tram torna sopra la sufficienza (6,07 contro il 5,88 del 2005 e il 6,04 del 2004), grazie soprattutto ad un incremento della fascia di clienti molto soddisfatti del servizio (il 23,3% ha assegnato punteggi da 8 a 10; nel 2005 erano il 18,2%). Positiva è anche la performance della metropolitana, il cui indice di soddisfazione continua il trend favorevole attestandosi a 7,19 (6,86 nel 2005 e 6,51 nel 2004); dal 2004 al 2006 la quota dei molto soddisfatti si è quasi raddoppiata, raggiungendo il 47% del totale. Dunque, uno scatto d orgoglio del trasporto pubblico urbano sul fronte della qualità, tanto più salutare e necessario considerando il periodo di forte pressione mediatica, tra tensioni sindacali, diffuse lamentele per i disservizi (veri o presunti) e reiterate battaglie sulle risorse necessarie per l ampliamento e il miglioramento dell offerta. Gli investimenti sostenuti negli anni passati - in particolare per il rinnovo delle flotte, ma più in generale per accrescere la fruibilità del servizio stanno dunque risollevando indici di gradimento del trasporto pubblico, comunque ancora attestati su livelli non adeguati. Si può qui ricordare che secondo un indagine svolta nel 2004 da Eurobarometer sui servizi di interesse generale (gas, acqua, telefonia fissa e mobile, energia elettrica, poste, trasporti) gli italiani intervistati insoddisfatti della qualità complessiva del trasporto municipale risultavano essere il doppio della media UE a 25. Si può ipotizzare che una più tangibile e diffusa estensione delle innovazioni sui mezzi e sui servizi abbia permesso di superare quel punto critico dovuto all effetto macchia di leopardo delle innovazioni stesse, sul quale ci è già soffermati nelle analisi degli ultimi due anni. In sostanza, in una certa fase l introduzione parziale di elementi di qualificazione del servizio (nuovi autobus, climatizzazione delle vetture, infomobilità ecc.) ha innalzato le aspettative degli utenti, aspettative però non soddisfatte in modo sistematico proprio a causa della diffusione limitata dei nuovi standard prestazionali. E poi da sottolineare che nelle grandi città, dove comunque l indice di soddisfazione per autobus e tram resta attestato al di sotto della sufficienza (5,91 dopo il picco negativo pari a 5,64 toccato nel 2005), il miglioramento degli indicatori di qualità interessa tutti i singoli requisiti del servizio, dalla 4

9 qualità intrinseca del viaggio (comfort e pulizia dei veicoli, disponibilità di spazio/affollamento) al miglioramento dei fattori strutturali di offerta (frequenza delle corse, regolarità, puntualità), dal costo di biglietti e abbonamenti alla sicurezza da furti e molestie. Siamo quindi all avvio di una tendenza finalmente strutturale di miglioramento della qualità percepita del servizio urbano di trasporto da parte della clientela? E possibile, oltre che auspicabile; tuttavia, le oscillazioni dei diversi indici monitorati a cui si è assistito negli ultimi anni consigliano più di una cautela nella formulazione di previsioni in questo senso. Non va d altra parte dimenticato che alcuni parametri oggettivi di qualità del servizio risultano ancora critici. La velocità commerciale del mezzo pubblico, ad esempio, secondo il monitoraggio Audimob continua a diminuire, seppur di poco (da 15,8 km/h nel 2005 a 15,3 km/h nel 2006), mentre cresce lievemente la velocità media dei mezzi privati (da 24,2 km/h a 24,5 km). Di nuovo, va però sottolineato che nelle grandi città la velocità media del vettore pubblico, in controtendenza, aumenta leggermente. La terza positiva osservazione della dinamica della domanda nel 2006 riguarda le soluzioni di trasporto alternative al blocco dominante costituito dai vettori motorizzati, individuali o collettivi, ovvero la mobilità ciclopedonale da un lato e gli spostamenti effettuati con combinazioni modali dall altro. Entrambe queste dimensioni dell organizzazione del trasporto urbano meriterebbero analisi e sperimentazioni di policy ben più diffuse e penetranti rispetto a quanto accade in concreto, la prima per l evidente irrilevanza sull impatto ambientale e sulla congestione degli spazi, la seconda perché tendenzialmente recupera alla mobilità collettiva spezzoni di viaggio altrimenti catturati per intero dal trasporto individuale. Il 2006 è stato un anno molto positivo in particolare per la mobilità ecologica. Complessivamente gli spostamenti effettuati in città a piedi o in bicicletta sono stati oltre un terzo (33,9%) del totale, il livello più alto dal E in crescita la mobilità pedonale, che si attesta nel 2006 al 28,1% delle percorrenze (26,3% nel 2005). Ma significativa anche l espansione del pedale: il 5,8% di tutti i tragitti sono coperti con le due ruote non motorizzate, valore in salita rispetto al 2005 (4,8%) e soprattutto rispetto al 2004, quando era stato toccato il punto più basso con uno share di appena il 2,2%. Quanto agli spostamenti effettuati con combinazioni di mezzi, nelle grandi città essi assorbono una quota pari al 3,9% del trasporto motorizzato, quota che si innalza al 7,2% in termini di passeggeri*km. Si tratta di numeri non trascurabili e, nell insieme, in fase di consolidamento. Nel trasporto combinato delle grandi aree urbane, inoltre, il ruolo della modalità collettiva è preponderante: circa 3 viaggi intermodali su 4 sono effettuati solo con mezzi di trasporto collettivo, il restante 25% - valore tendenzialmente in crescita - 5

10 riguarda combinazioni tra mezzi pubblici e mezzi privati, mentre del tutto irrilevante è l incidenza delle combinazioni tra soli mezzi privati. La prospettiva di sfruttare meglio le opportunità intermodali è dunque accolta favorevolmente dalla domanda e allo stesso tempo rappresenta un eccellente chance non solo per la razionalizzazione/ottimizzazione delle direttrici di collegamento origine-destinazione, ma anche per la promozione del trasporto pubblico, visto il ruolo cardine che esso svolge all interno delle combinazioni tra mezzi. Ovviamente una maggiore valorizzazione del trasporto intermodale richiede politiche adeguate di organizzazione del servizio e delle infrastrutture di supporto (le reti dedicate, ma soprattutto i nodi di interscambio). 3. Gli spiragli aperti sul versante della domanda su cui si è posta una generosa enfasi, con l obiettivo di sottolineare le increspature positive della congiuntura - si completano con alcuni segnali positivi anche dal lato dell offerta, come si evince il tradizionale monitoraggio condotto su un significativo campione di 46 aziende di trasporto pubblico aderenti ad ASSTRA e operanti nelle città di media e grande dimensione. L offerta di vetture*km e il numero di passeggeri trasportati riprendono a crescere nel 2005, seppure molto modestamente (siamo nell ordine dell 1% o anche meno), dopo anni di staticità. Allo stesso tempo si registra una costante diminuzione degli addetti dal 2002 al 2005 e una ripresa piuttosto marcata nel 2005 dell ampliamento del parco autobus dopo la flessione del Rispetto ad alcune voci critiche di bilancio è da sottolineare nel 2005 un aumento dei ricavi da traffico non trascurabile (attorno al 3%), di poco superiore all incremento delle compensazioni pubbliche per i servizi erogati. Sul fronte dei costi, si segnala invece una crescita degli oneri per il personale nettamente più contenuta rispetto alle uscite per acquisto di materie prime (energia e carburante) o di altri servizi (assicurazioni, costi di struttura, consulenze). Il quadro delle tendenze indica dunque una propensione positiva dei sistemi aziendali al recupero di efficienza e alla realizzazione di alcune economie di gestione, propensione più accentuata rispetto a quanto rilevato lo scorso anno, ma ancora troppo graduale rispetto all esigenza complessiva di recuperare risorse per sviluppare il mercato e contrastare il declino strutturale del settore. L incremento dei costi per l acquisto di beni e servizi da terzi, viste le accentuate dinamiche dei prezzi (carburanti, ma anche assicurazioni e manutenzioni), ha fortemente gravato sui conti delle aziende, determinando un aumento consistente dei costi unitari (oltre il 9% tra il 2002 e il 2005) che ha vanificato l incremento, più modesto ma significativo, di alcuni indici di produttività quali i ricavi da traffico per vettura*km (+8,8% nello stesso periodo) e per passeggero (ugualmente +8,8%) o i ricavi totali per addetto (+7,3%). 6

11 Ulteriori segnali positivi si registrano rispetto agli standard qualitativi dei mezzi di trasporto. Si cominciano ad avvertire i primi effetti degli sforzi di aziende e istituzioni locali per abbassare l età degli autobus circolanti. L età media dei veicoli di linea nelle città sopra 100 mila abitanti, cui si riferisce il campione aziendale ASSTRA, è scesa complessivamente, tra il 2002 e il 2005, da 9,7 a 8,1 anni, avvicinandosi ai livelli della maggior parte dei Paesi europei (anzianità media attorno ai 7 anni). E interessante sottolineare che, in coerenza con quanto evidenziato dal lato della domanda, il recupero è più marcato nei centri di maggiore dimensione dove l età media degli autobus si attesta sui 7,9 anni, con punte ben inferiori in alcune grandi aree urbane del Centro-Nord (Milano, Roma, Firenze). Un altro indice rivelatore dello sforzo compiuto in sede locale sul versante del rinnovo del materiale rotabile e dell attenzione al comfort di viaggio è la quota molto alta di autobus climatizzati, che nelle principali città del Centro-Nord è ormai superiore al 50% Nonostante questi dati positivi il ritmo degli investimenti nel complesso non riesce ad assicurare un sufficiente svecchiamento della flotta, come dimostra la crescita della quota di veicoli più anziani (sopra i 15 anni). E l effetto di scelte storiche di investimento pubblico nel settore poco incisive o troppo lente rispetto alle aspettative di crescita dell appeal dei servizi collettivi. L impegno per la qualità ambientale, infine, emerge dalla distribuzione degli autobus urbani per fonte di trazione. A fine 2005 l 86% della flotta funziona a gasolio, mentre l alimentazione a metano, sola vera alternativa al motore diesel, incide per poco meno del 10% (circa il 4% nel 2003). Si tratta di un passo in avanti, ma anche in questo caso di lunghezza insufficiente. Certamente i combustibili fossili (gasolio a basso tenore di zolfo) e le specifiche tecniche dei motori (dispositivi di abbattimento delle emissioni) hanno reso oggi i mezzi tradizionali notevolmente più puliti. Si calcola però che nel bacino di servizio urbano, la quota di mezzi a gasolio pre-euro è superiore al 40% in molte importanti centri, tra cui le principali realtà urbane meridionali (tranne Napoli). La situazione è però decisamente migliore in diverse importanti grandi città, soprattutto del Centro-Nord (Milano, Roma, Trieste, Firenze, ecc.). 4. Quali conclusioni trarre dallo scenario congiunturale della mobilità urbana qui sinteticamente abbozzato? Le tracce positive del quadro di evoluzione - tra le pieghe di linee strutturali di tendenza comunque ad alto rischio per la qualità della vita nelle nostre città - possono costituire altrettanti significativi punti di partenza per immaginare un futuro con più autobus e meno auto, più aree pedonali e piste ciclabili e meno parcheggi, più velocità di spostamento e meno traffico. Certo, l asse della domanda lancia messaggi contraddittori, o meglio si dovrebbe dire articolati. 7

12 Chi abita nelle aree metropolitane forse si sta abituando all idea che muoversi con un mezzo pubblico è più conveniente per tante ragioni, e comunque non ha vita facile con la propria auto. Non a caso, tra il 2000 e il 2005 nella maggior parte delle grandi città il numero di auto per abitante è diminuito (con punte del -9,4% a Milano e del - 7,3% a Firenze e Napoli), mentre si è registrato un incremento nella media nazionale (+4,8%). Chi invece vive nei piccoli centri non prende seriamente in considerazione le alternative pubbliche allo spostamento privato, a meno che non sia costretto a ridurre spese e consumi per esigenze di bilancio familiare. Allo stesso tempo, tutti sembrano essere più disponibili a muoversi a piedi o in bicicletta, anche perché dentro lo spazio urbano lo spostamento accentua il carattere della prossimità e si accorcia: meglio quindi sarebbe andare piedi, se l organizzazione della città fosse un po meno nemica della mobilità lenta! Il trasporto pubblico, per sua parte, cerca di sfruttare i residui margini di manovra lasciati da una clientela disaffezionata e poco educata alle pratiche della mobilità sostenibile, facendo leva sulle aree di maggiore ricettività delle misure di scoraggiamento del traffico privato - la domanda nelle grandi città, appunto -, ampliando (poco) l offerta, migliorando (un po ) la qualità dei servizi, rendendo (in parte) più confortevoli le vetture. E qualche risultato sulla soddisfazione dei clienti sembra arrivare. Infine, le Amministrazioni locali mettono in campo e sperimentano azioni di contrasto del traffico e dell inquinamento cercando soluzioni strutturali ma, a conti fatti, pagando il prezzo di un certo velleitarismo e della necessità di intervenire in emergenza (e sono misure sempre meno digerite dai cittadini). Resta invece l oggettiva difficoltà di elaborare piani di intervento di lungo respiro, basati sull analisi dei bisogni di mobilità della comunità cittadina, con obiettivi definiti da raggiungere e azioni integrate coerenti per il raggiungimento dei medesimi. Ad esempio, le positive propensioni della domanda verso la mobilità lenta da un lato, e verso lo sfruttamento delle opportunità offerte dal trasporto intermodale dall altro, dovrebbero stimolare politiche finalizzate, infrastrutturali e di servizio, come accade in gran parte delle città europee. Insomma, spazi più larghi di manovra per tutti i soggetti in campo sembrano aprirsi, e su diversi fronti. Si tratta ora di cogliere le potenzialità del mercato, magari nascoste o solo in embrione. L approfondimento condotto (vedi cap. 7 della prima parte) su due rilevanti segmenti di utenza del mezzo pubblico, i giovani e gli anziani, dimostra che attraverso una diversificazione dei servizi focalizzata sulle specifiche caratteristiche della domanda - più flessibilità per i giovani, più accessibilità per gli anziani si può studiare un ampliamento dell offerta del trasporto collettivo urbano, pur in assenza, totale o parziale, di compensazioni pubbliche aggiuntive. 8

13 E questa in fondo è la prospettiva a cui si deve guardare: far crescere il mercato della mobilità urbana sostenibile nelle sue componenti principali il vettore collettivo, il ciclopedonale, l intermodalità -, sfruttando una domanda complessiva in crescita e non completamente schiacciata sulla motorizzazione individuale (o almeno questo si è cercato di dimostrare!). Da queste pagine si è molto insistito, negli anni passati, sul tema delle risorse economiche per il settore. Senza una quota significativa di risorse aggiuntive, da destinare all ampliamento (infrastrutture dedicate, servizi) e alla qualificazione (rinnovo del materiale rotabile) dell offerta di mobilità collettiva, è impensabile si è ribadito più volte poter incidere sui fattori di debolezza competitiva del mezzo pubblico urbano: l insufficiente copertura del territorio, la bassa velocità commerciale, il comfort del viaggio. Ovviamente questa considerazione di fondo resta intatta. Tuttavia, il quadro più movimentato emerso dall analisi condotta per il 2006 lascia intendere che obiettivi di incremento delle quote di mercato urbano del trasporto pubblico e di quello non motorizzato, per segmenti territoriali e fasce di clientela, siano da subito perseguibili. Ma è necessario l innesco di un doppio circuito virtuoso: un sistema aziendale di offerta che sappia accelerare i processi di razionalizzazione e di efficientamento e sia in grado di organizzare servizi più flessibili e competitivi; e un sistema di Amministrazioni locali che a sua volta sia in grado di programmare meglio gli interventi sul trasporto urbano e, coerentemente, sia più determinato nell applicazione di misure strutturali a favore della mobilità sostenibile. 9

14 Parte prima RESISTERE AL DECLINO STRUTTURALE

15 1. Continua il ciclo espansivo della domanda Il Rapporto sulla mobilità urbana dello scorso anno apriva la sezione di commento dei dati congiunturali sottolineando l inversione di tendenza registrata nel 2005 rispetto alla dinamica della domanda 1. Dopo una prolungata fase di sostanziale stagnazione nei consumi complessivi di mobilità dei cittadini ( ), il giro di boa del decennio veniva a coincidere con una ripresa sia nel numero di spostamenti effettuati, sia nell ammontare dei passeggeri* km prodotti 2. Parallelamente, la contrazione della domanda di mobilità urbana, e quindi la diminuzione relativa di peso delle percorrenze dentro i confini comunali, lasciava intravedere il profilo di un possibile nuovo modello: Le percorrenze crescono in numero e in lunghezza, la domanda è espansiva, si torna alla logica del viaggio (dopo anni di estrema frammentazione dei comportamenti di mobilità): di conseguenza, ci si sposta di più fuori dai confini comunali e lo spazio urbano cede quote di concentrazione del trasporto in termini sia assoluti che relativi 3. 1 Come di consueto, si riportano di seguito le necessarie precisazioni metodologiche relative a questa prima sezione del rapporto. Dove non diversamente indicato tutti i dati di sono elaborati dall Osservatorio Audimob di Isfort. L Osservatorio Audimob si basa su un estesa indagine telefonica, realizzata con sistema CATI e alimentata da oltre interviste annue ripartite su 4 survey (una per stagione, tre/quattro settimane per ciascuna stagione). L Osservatorio è attivo dall inizio del 2000 e interessa un campione stratificato (per sesso, per età e per regione) statisticamente significativo della popolazione italiana compresa fra 14 e 80 anni. I campioni trimestrali sono indipendenti e gemelli (omogenei rispetto alle caratteristiche di base). L indagine registra in modo dettagliato e sistematico tutti gli spostamenti effettuati dall intervistato il giorno precedente l intervista (solo giorni feriali), ad eccezione delle percorrenze a piedi inferiori a 5 minuti. L indagine raccoglie anche informazioni, a livello prevalentemente percettivo/valutativo, sulle ragioni delle scelte modali, sulla soddisfazione per i diversi mezzi di trasporto, sugli atteggiamenti verso le politiche di mobilità sostenibile e così via. Per mobilità urbana si intende l insieme degli spostamenti feriali effettuati dai residenti intervistati, per i quali si dichiara che la destinazione finale del viaggio è all interno dei confini comunali e la cui lunghezza non è superiore ai 20 km. Le stime relative al quadro della mobilità urbana si riferiscono alla domanda generata dalla popolazione residente e non possono tener conto dei flussi in entrata e in uscita nei e dai diversi contesti urbani, i quali determinano (se di segno positivo) una pressione aggiuntiva sulla mobilità urbana. Questo effetto è particolarmente vero per le città di maggiore dimensione. 2 La stima sull ammontare dei passeggeri-km è elaborata a partire dal numero di spostamenti moltiplicati per la lunghezza, così come sono dichiarati dagli intervistati. Trattandosi di valutazioni percettive degli intervistati, in particolare i valori relativi alla lunghezza degli spostamenti possono essere soggetti ad un certo grado di approssimazione e, quindi, a variabilità di anno in anno. Con questa cautela interpretativa, le linee di tendenza delle dinamiche registrate anche per i passeggeri-km possono essere correttamente commentate. 3 Isfort-ASSTRA-Hermes Dove vanno a finire i passeggeri?. 3 Rapporto sulla mobilità urbana, marzo 2006, p

16 Il bilancio del 2006 assume dunque una particolare rilevanza, guardando agli elementi quantitativi della domanda. Si tratta infatti di capire se il cambiamento di ciclo avviato nella congiuntura del 2005 è proseguito nel nuovo anno o, più prosaicamente, va archiviato nelle variazioni di numero dovute a normale erraticità statistica o a concause straordinarie di cui sfuggono i contorni. Ebbene, i dati sembrano in effetti confermare che nei comportamenti di mobilità degli italiani, e si sta consolidando una nuova fase con tratti significativi di discontinuità rispetto ai primi anni Vediamone gli elementi qualificanti: - prosegue, in primo luogo, la dinamica di sviluppo della domanda 4, letta attraverso il numero dei passeggeri*km (+12,6% rispetto al 2005, +14,8% rispetto al 2000) (Graf. 1 e Tab. 1); Graf. 1 La dinamica della domanda di mobilità (*) (spostamenti e passeggeri*km - Numeri indice: anno 2000=100) ,8 102,0 100,0 96,9 95,6 97,3 94,7 97,7 94,7 90,2 85,9 88,7 75, Spostamenti Passeggeri*km Fonte: Isfort, Osservatorio Audimob sulla mobilità degli italiani (*) Dati riferiti alla mobilità feriale complessiva, urbana ed extraurbana Tab. 1 - Variazione percentuale degli spostamenti e dei passeggeri*km ( ) 2000/ / / / / / /2006 Spostamenti -3,1-1,3 1,8-2,8 3,2-3,0-5,3 Passeggeri*km -9,8-4,7 3,3-15,4 35,8 12,6 14,8 Fonte: Isfort, Osservatorio Audimob sulla mobilità degli italiani 4 Si ricorda che le stime si riferiscono alla domanda media giornaliera (solo feriale) di mobilità. 12

17 - gli spostamenti effettuati diminuiscono invece leggermente nel corso dell anno (-3,0%), attestandosi grosso modo al livello del 2004; - cresce, per coerenza, la lunghezza media dello spostamento (da 9,9 km nel 2005 a 11,7 km nel 2006), a cui si accompagna un incremento contestuale del tempo medio di percorrenza (da 19,4 a 20,8 minuti) e della velocità media del viaggio (da 24,7 a 27,9 km/h) (Graf. 2); Graf. 2 Le caratteristiche degli spostamenti La lunghezza media (in km) Il tempo medio di percorrenza (in minuti) ,7 9,7 9,9 8,8 8,6 8,8 7,5 4,7 4,7 4,7 5,1 5,0 4,3 4, ,8 19,2 19,2 19,0 19,4 19,1 18,4 16,0 16,0 15,6 15,6 15,4 14,4 14, La velocità media di percorrenza (in km/h) ,9 25,8 24,7 23,0 23,4 22,4 21,3 20,0 19,4 19,1 19,3 18,6 18,6 18, Totale spostamenti Spostamenti urbani Fonte: Isfort, Osservatorio Audimob sulla mobilità degli italiani 13

18 - la mobilità urbana accentua la dinamica di contrazione già avviata nel corso del 2005 come si può osservare, più impressivamente, dalla diminuzione di peso degli spostamenti di breve e brevissimo raggio, a spiccata vocazione urbana (Graf. 3): i tragitti di prossimità fino a 1 km sono nel 2006 il 21,3% del totale contro il 23,6% nel 2005 (erano il 26,1% nel picco del 2001); le percorrenze di corto raggio (1-5 km) scendono al 33,8% dal 37,8% del 2005; e nell insieme gli spostamenti non più lunghi di 10 km perdono in un anno oltre 5 punti percentuali di peso (Tab. 2), pur mantenendo l assoluta dominanza in senso assoluto (73,8% del totale, ma erano il 79% nel 2005); Graf. 3 La dinamica degli spostamenti per tipologia di distanza (quote % sul totale) (*) % 40 Spostamenti di prossimità (fino a 1 Km ) % 40 Spostamenti di corto raggio (da 2 a 5 Km ) % 40 Spostamenti di medio e medio-corto raggio (da 5 a 10 Km) % Spostamenti di media e media-lunga distanza (da 11 a 50 Km) % Spostamenti di lunga distanza (oltre 50 km) Fonte: Isfort, Osservatorio Audimob sulla mobilità degli italiani (*) Dati riferiti alla mobilità feriale complessiva, urbana ed extraurbana Tab. 2 La ripartizione degli spostamenti per lunghezza (val. %) Spostamenti a vocazione urbana (fino a 10 km) 73,8 79,0 82,3 79,8 Spostamenti di media distanza (10-50 km) 23,3 18,7 16,6 18,1 Spostamenti di lunga distanza (oltre 50 km) 2,8 2,3 1,0 2,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Isfort, Osservatorio Audimob sulla mobilità degli italiani 14

19 - le caratteristiche quantitative degli spostamenti urbani, inoltre, non disegnano le stesse curve degli spostamenti complessivi: sia la lunghezza che la velocità media tendono a diminuire tra il 2005 e il 2006 (in particolare la lunghezza media si attesta a 4 km, il valore più basso dal 2000), mentre il tempo medio cresce, ma in misura marginale (da 14,4 a 14,8 minuti). Solo in apparenza alcune tra queste linee dinamiche non sono sintonizzate con una cifra interpretativa coerente. Infatti, i cardini di un nuovo modello di mobilità dei cittadini, già prefigurati lo scorso anno, imprimono in modo più chiaro il proprio marchio di riconoscimento. E un modello caratterizzato in primo luogo da una crescita della domanda, si è detto. Ma i consumi aumentano senza accentuare quei processi di frammentazione che per una lunga fase hanno accompagnato il nuovo stile di mobilità delle società occidentali. La stabilità nel numero delle percorrenze lo conferma. Piuttosto i viaggi si allungano, nelle distanze e nei tempi, e la scelta del comportamento di mobilità tende a polarizzarsi: - da un lato c è l area della prossimità, tipica dell ambiente urbano, a cui si dedica una parte dominante (ma in diminuzione) del proprio tempospostamento, e all interno dei quali i tragitti si accorciano; - dall altro lato c è la dilatazione dello spazio, il recupero di una dimensione lunga del muoversi, verso cui viceversa si orienta una porzione della domanda ancora minoritaria ma crescente. Osservando le dinamiche dello spazio e del tempo dei viaggi dal 2000 ad oggi sono evidenti le impennate delle curve nell ultimo biennio, a dimostrazione di un ciclo nuovo della domanda, non solo espansivo (in senso generale) ma con una precisa riarticolazione in senso bipolare come si è appena detto. La mobilità tipicamente urbana, del corto raggio, si addensa ulteriormente ma perde quota; il trasporto di media e lunga percorrenza, in senso inverso, amplifica le distanze servite e guadagna spazi di mercato, pur esprimendo nell insieme un incidenza ancora abbastanza contenuta. Il consolidamento della ripresa economica, e quindi della capacità di spesa per trasporti e mobilità, sta incidendo su questo processo di riaggiustamento dei comportamenti, come è evidente e come è stato già sottolineato lo scorso anno. Non è tuttavia da escludere che fattori più strutturali si pensa ad esempio alla riorganizzazione degli spazi urbani e del territorio o all emergere di nuovi stili e comportamenti - stiano influenzando le trasformazioni in atto. 15

20 2. Nelle grandi città la trincea del trasporto collettivo Nelle quote di spostamenti motorizzati in ambito urbano, il trasporto pubblico tocca nel 2006, dopo un ulteriore leggera discesa, la soglia critica del 10%, punto più basso dal 2000 (Graf. 4). Graf. 4 Il mercato urbano dei mezzi pubblici (quote % spostamenti) 40 Tutta la popolazione ,8 11,7 13,6 12,3 12,7 10,6 10, ,7 27,4 30,5 28,5 28,6 28,4 29, ,3 22,5 24,7 22,4 22,7 22,2 22,6 10 7,2 7,3 9,1 8,3 8,8 5,4 3, Comuni con e più abitanti Grandi città Comuni < abitanti Fonte: Isfort, Osservatorio Audimob sulla mobilità degli italiani 16

21 Rispetto al 2005 le posizioni relative fra i tre macroaggregati dei mezzi motorizzati (trasporto pubblico appunto, moto/motorino e automobile) non si modificano di molto (Graf. 5), ma gli aggiustamenti registrati, ancorché modesti, sono significativi per la direzione imboccata. Le quattro ruote infatti rafforzano ulteriormente la propria posizione di monopolio raggiungendo uno share pari all 82,8%, ovvero quasi un punto in più rispetto al 2005 (82,8%). Arretrano invece sia il trasporto collettivo, come si è detto (- 0,6%), sia le due ruote (-0,3%, con una quota attestata al 7,2%). Rispetto al dato complessivo della domanda di mobilità, compresa cioè la componente extraurbana (Tab. 3), l ampliamento del mercato dell auto è ancora più pronunciato - l incidenza passa dall 81,4% del 2005 all 83,2% del , mentre la quota del trasporto pubblico subisce un ulteriore, non marginale, erosione di quasi un punto percentuale (dal 12,4% all 11,5%). Graf. 5 Il mercato urbano dei mezzi motorizzati di trasporto (quote % spostamenti) Grandi città Tutta la popolazione 81,9 82,8 10,6 7,6 7, Moto, ciclomotore o scooter Mezzi privati (auto) Mezzi pubblici 10, ,0 60,1 28,4 29,3 11,6 10, Comuni con oltre abitanti 68,0 67,6 22,2 22,6 9,8 9, Comuni < abitanti 88,0 90,8 6,6 5,4 5,8 3, Fonte: Isfort, Osservatorio Audimob sulla mobilità degli italiani 17

22 Tab. 3 Il mercato complessivo (urbano ed extraurbano) dei mezzi motorizzati di trasporto (quote % spostamenti) Moto o ciclomotore 5,3 6,2 7,3 7,2 Mezzi privati (auto) 83,2 81,4 79,0 80,1 Mezzi pubblici 11,5 12,4 13,7 12,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Isfort, Osservatorio Audimob sulla mobilità degli italiani Non ci sarebbe molto da aggiungere a questi pochi, ma fin troppo evidenti numeri. Si conferma fino in fondo la cesura nelle serie storiche dell Osservatorio Audimob di cui si era dato conto nel Rapporto dello scorso anno. Dopo una fase relativamente lunga ( ), contrassegnata da recuperi benché marginali e intermittenti delle quote di mercato del trasporto pubblico, le quattro ruote in un solo anno (2005) hanno riassorbito le piccole erosioni subite nel quinquennio precedente cavalcando i segnali della ripresa economica e a fronte di un robusto incremento dei consumi di mobilità. Nel 2006 semplicemente si è consolidata questa inversione di tendenza. D altra parte, l uso più intensivo dell automobile è confermato da altri indicatori; intanto, dalla crescita del numero medio di km percorsi dalle autovetture in possesso delle famiglie che secondo il monitoraggio Audimob si è attestato nel 2006 a km, con un incremento del 3,8% rispetto al 2005 (Tab. 4). Tab. 4 I km medi percorsi in un anno dalle automobili in possesso delle famiglie Anno Km percorsi Var. % sull anno precedente , , , , , ,8 Fonte: Isfort, Osservatorio Audimob sulla mobilità degli italiani 18

23 E poi, soprattutto, i dati dell ACI sulle immatricolazioni delle autovetture dimostrano in modo inequivocabile che il mercato dell auto, in ripresa da metà 2005 dopo diversi anni di crisi o stagnazione, nel corso del 2006 ha mantenuto un elevato ritmo di crescita segnando a fine anno un +4,8% di nuovi veicoli rispetto al 2005 (Tab. 5). L inizio del 2007 è altrettanto promettente: +3,7% a gennaio e +4,3% a febbraio, rispetto agli stessi mesi del Tab. 5 Prime iscrizioni di autovetture nuove di fabbrica per mese nel 2006 e inizio 2007 Mese Numero di autovetture immatricolate Var. % sul mese (anno) dell anno precedente 2006 Gennaio ,2 Febbraio ,2 Marzo ,9 Aprile ,4 Maggio ,8 Giugno ,2 Luglio ,9 Agosto ,4 Settembre ,0 Ottobre ,5 Novembre ,3 Dicembre ,8 Totale , Gennaio ,7 Febbraio ,3 Fonte: ACI Statistiche automobilistiche La consistenza del parco veicolare raggiunge così in Italia, nel 2005, 34,6 milioni di automobili e quasi 5 milioni di moto e motorini con incrementi negli ultimi 20 anni pari rispettivamente al 54,1% e al 146,9% (Tab. 6). D altra parte, il tasso di motorizzazione privata in Italia, pari nel 2005 a 590 autovetture ogni 1000 abitanti, è come noto tra i più alti al mondo (Tab. 7). Tra i Paesi dell Unione Europea solo il Lussemburgo registra livelli più elevati di possesso di auto; sia la media dell Unione a 15 Paesi (503 autovetture ogni 19

24 1000 abitanti) che quella dell Unione a 25 Paesi (476 autovetture ogni 1000 abitanti) si attestano su livelli ben più contenuti. Dal 2000 al 2005, in una fase cioè di sostanziale crisi del mercato dell auto, il tasso di motorizzazione in Italia è cresciuto del 4,8%, valore non lontano dalla media europea (+6,3%); è presumibile che nell ultimo anno (i dati Eurostat non sono ancora disponibili) l incremento sia stato ancora più pronunciato. Tab. 6 Consistenza del parco veicolare di autovetture e motocicli Autovetture Motocicli V.a. Numeri indice V.a. Numeri indice , , , , , , , , , , , , , , , , , ,9 Fonte: ACI Statistiche automobilistiche Tab. 7 Il tasso di motorizzazione (auto per 1000 abitanti) nei Paesi dell Unione Europea (anni 1990, 2000 e 2005) Lussemburgo Italia Germania Austria Francia Regno Unito Belgio Spagna Finlandia Svezia Olanda Portogallo Irlanda Grecia Danimarca Totale UE Totale UE Fonte: Eurostat 20

25 A fronte di una dotazione di reti infrastrutturali, urbane ed extraurbane, relativamente contenuta e di un territorio di particolare pregio ambientale (di nuovo: urbano ed extraurbano), è evidente che in Italia la concentrazione di mezzi privati, a prescindere dalla intensità di uso ma che ad essa comunque si correla, ha raggiunto livelli insopportabili per il sistema complessivo della mobilità. Eppure, come si è visto, il dominio della macchina esce rafforzato dal check congiunturale dell ultimo biennio e, almeno ad una valutazione complessiva, non si scorgono segni di cedimento di uno squilibrio ancora più netto a favore dell auto che va consolidandosi. In verità, scomponendo il dato medio generale per dimensione dei contesti urbani (vedi precedente Graf. 5) emerge una nettissima divaricazione di comportamenti: chi abita nelle grandi città infatti (centri con oltre 250mila residenti) esprime una propensione a servirsi del mezzo pubblico di gran lunga più alta rispetto a chi vive nei centri minori. Di per sé, si tratta di un evidenza né nuova, né sorprendente. Ma è la dinamica delle quote di mercato del trasporto collettivo nelle aree metropolitane rispetto alle piccole città ad offrire materia di riflessione. Infatti, nelle grandi città gli spostamenti effettuati con modalità pubblica raggiungono nel 2006 il 29,3% del totale, segnando un +0,9% rispetto al 2005, mentre nei centri con meno di abitanti la quota del trasporto collettivo, già molto esigua, crolla al 3,4%, poco più della metà rispetto al 2005 (5,4%) e poco più di un terzo rispetto al picco registrato nel 2002 (9,1%). In sostanza, i contesti urbani di media e grande dimensione, e in particolare le aree metropolitane, rappresentano ormai una vera e propria trincea per il trasporto pubblico 5. Già lo scorso anno era stata rilevata questa tenuta, a fronte di una perdita generale di quota di mercato del trasporto collettivo. Ora il divario tra grandi e piccoli centri si è dilatato a dismisura. Evidentemente, dove le politiche di contrasto del traffico e il favore riservato al mezzo pubblico negli angusti spazi urbani sono applicati in modo più pervasivo poco importa se per necessità o per virtù -, e questo accade come si sa soprattutto nelle aree urbane di media e grande dimensione, si ottiene un effetto positivo sul riequilibrio modale. Dove invece tali politiche sono deboli o del tutto assenti, il naturale comportamento del cittadino privilegia l automobile. Nei comuni con meno di abitanti, le quattro ruote 5 A margine, è utile ricordare che in molte grandi città tra il 2000 e il 2005 è diminuito anche il tasso di motorizzazione. In particolare a Milano si è registrato un decremento pari a -9,4%, a Firenze e Napoli pari a -7,3%. Tra i 12 comuni con oltre abitanti solo in 4 (Catania, Palermo, Roma Verona), il tasso di motorizzazione è aumentato modestamente tra il 2000 e il 2005 (Fonte: Istat, Osservatorio Ambientale sulle città, ACI) (vedi oltre nella seconda parte al par. 3.4) 21

26 assorbono il 92,2% degli spostamenti (Tab. 8), mentre la mobilità collettiva incide appena per il 2,2% (era al 4,5% nel 2005). Ma anche nei comuni un po più grandi la musica non cambia: si utilizza la macchina per il 92,8% dei tragitti nei piccoli centri tra e abitanti e per il 90,1% in quelli tra e abitanti, mentre il mezzo pubblico incide rispettivamente nei due contesti per il 2,5% e per il 3,9%. Tab. 8 Il mercato urbano dei mezzi motorizzati di trasporto per dimensione del contesto urbano (quota % spostamenti) Mezzi pubblici Mezzi privati (auto) Moto/ motorino Totale Mezzi pubblici Mezzi privati (auto) Moto/ motorino fino a abitanti 2,2 92,2 5,7 100,0 4,5 90,5 4,9 100,0 da a abitanti 2,5 92,8 4,7 100,0 5,6 89,1 5,3 100,0 da a abitanti 3,9 90,1 5,9 100,0 5,7 87,1 7,1 100,0 da a abitanti 4,8 87,7 7,5 100,0 5,5 84,4 10,1 100,0 da a abitanti 9,2 82,8 8,0 100,0 11,4 81,9 6,7 100,0 oltre abitanti 29,3 60,1 10,6 100,0 28,4 60,0 11,6 100,0 Totale 10,0 82,8 7,2 100,0 10,6 81,9 7,6 100,0 Fonte: Isfort, Osservatorio Audimob sulla mobilità degli italiani Totale Certo, i problemi di congestione dei comuni minori non sono lontanamente paragonabili a quelli delle grandi aree urbane. Questo non significa tuttavia che il servizio pubblico di trasporto qui debba essere abbandonato a se stesso. E opportuno perciò prendere coscienza del rapido declino, fino alla quasi scomparsa, della mobilità collettiva non solo nei piccoli paesi, ma anche nei comuni di piccolo-media dimensione. E bisogna altresì essere consapevoli che il comportamento della domanda, ovvero l approccio al problema della mobilità, nei contesti territoriali a bassa densità abitativa, dove con la propria macchina o la propria moto ci si muove con grande agio (poco traffico, ampia disponibilità di parcheggio), non gioca a favore del trasporto collettivo, la cui offerta è peraltro spesso inadeguata soprattutto per capillarità e frequenza del servizio. Uno sguardo infine al mercato urbano dei mezzi di trasporto nelle diverse circoscrizioni territoriali (Graf. 6). 22

27 Selezionando, come di consueto, i soli contesti urbani di media e grande dimensione (oltre abitanti), il dato più significativo che emerge è il rafforzamento delle quote del trasporto pubblico nelle regioni del Nord. In particolare, in quelle del Nord-Ovest il peso degli spostamenti effettuati con modalità collettive raggiunge il 35,7%, contro il 32,9% del 2005 e il 34,1% del 2004, mentre l automobile perde in un anno ben 6 punti di share di mercato. Nelle regioni del Nord-Est il consolidamento del mercato del trasporto collettivo è meno evidente, ma comunque non trascurabile: la quota passa dal 17,3% del 2005 al 18,4% del 2006 (si rafforza, ma di poco, anche il peso dell automobile). Sostanzialmente stabile la ripartizione delle percorrenze nelle città medie e grandi del Mezzogiorno, dove però strutturalmente il peso del mezzo pubblico è molto basso (14,6%) e non si registrano quindi segnali consistenti di recupero del divario. Infine, le note negative vengono dalle aree urbane del Centro Italia: la quota di mercato del trasporto collettivo scende nel 2006 al 22,9% dal 24,6% del 2005, a tutto vantaggio delle quattro ruote. Graf. 6 Il mercato urbano dei mezzi motorizzati di trasporto (quote % spostamenti) Nord-Ovest Nord-Est ,8 60,3 54,4 32,9 9, Centro 35, ,9 74,8 75,3 17,3 6, Sud e Isole 18, ,8 76, ,0 64, , ,6 22, ,6 9,9 14,3 20 8, Moto, ciclomotore o scooter Mezzi privati Mezzi pubblici 14,6 Fonte: Isfort, Osservatorio Audimob sulla mobilità degli italiani 23

28 3. La ripresa della mobilità ecologica Negli approfondimenti proposti dal Rapporto sulla mobilità urbana, uno spazio specifico è dedicato alle soluzioni di mobilità alternative al blocco dominante costituito dal trasporto motorizzato con mezzi privati e con mezzi pubblici. In particolare, l attenzione è rivolta a monitorare la mobilità ciclopedonale da un lato e gli spostamenti effettuati con combinazioni modali dall altro. Come già sottolineato nel Rapporto dello scorso anno, entrambe queste dimensioni dell organizzazione del trasporto urbano meriterebbero analisi e sperimentazioni di policy ben più diffuse e penetranti rispetto a quanto accade in concreto. E indubbio il beneficio di sostenibilità per i sistemi urbani che deriverebbe dall ampliamento delle quote di mercato del trasporto intermodale e di quello non motorizzato, il primo perché tendenzialmente recupera alla mobilità collettiva spezzoni di viaggio altrimenti catturati per intero dal trasporto individuale, il secondo per l evidente irrilevanza sull impatto ambientale e sulla congestione degli spazi. Ma oltre all assunto di principio, vale l osservazione del monitoraggio annuale che segnala, con qualche oscillazione di ciclo, un certo consolidamento dello spazio guadagnato da queste modalità di trasporto, tanto da ipotizzare (almeno tale è l auspicio) scelte strutturali di organizzazione della mobilità da parte dei cittadini che si orientino maggiormente su intermodalità e ciclopedonale. Il 2006 in particolare è stato un anno molto positivo per la mobilità ecologica (Tab. 9). Complessivamente gli spostamenti effettuati a piedi o in bicicletta sono stati oltre un terzo (33,9%) del totale, il livello più alto dal E in crescita la mobilità pedonale, che si attesta nel 2006 al 28,1% delle percorrenze (26,3% nel 2005). Ma è in significativa espansione anche il pedale: il 5,8% di tutti i tragitti sono coperti con le due ruote non motorizzate, valore in salita rispetto al 2005 (4,8%) e soprattutto rispetto al 2004, quando era stato toccato il punto più basso con uno share di appena il 2,2%. Si fa ricorso alla bicicletta più nei piccoli centri (6,4% degli spostamenti nei comuni con meno di abitanti) che in quelli medi e grandi (4,6% nei comuni con oltre abitanti) (Graf. 7). Molto bassa è la quota di mercato del pedale nelle grandi città, attestata ad appena il 2,7% comunque con una buona dinamica positiva nell ultimo biennio. 24

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