ELEMENTI DI TEORIA DEGLI INSIEMI Dispensa 2. Mauro Di Nasso

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ELEMENTI DI TEORIA DEGLI INSIEMI Dispensa 2 Mauro Di Nasso

CHAPTER 2 Cardinalità numerabile e cardinalità del continuo 1. Equipotenza Adesso che tutta la terminologia di base è stata introdotta, possiamo finalmente cominciare ad entrare nel vivo della teoria degli insiemi. Come anticipato nell Introduzione, in questa prima fase procederemo in modo semi-formale, così come si farebbe in una qualunque altra disciplina matematica, rimandando a più avanti le questioni legate ai fondamenti logici della teoria. Più precisamente, ci baseremo sui tre principi insiemistici formulati nel primo capitolo, ma assumeremo anche come noti nozioni e risultati di base che si usano nella pratica. In particolare, per il momento assumeremo come note le nozioni di insieme finito, insieme infinito, di numero naturale, intero, razionale, reale, e useremo direttamente le loro proprietà fondamentali, tra cui: Un sottoinsieme di un insieme finito è finito, e il soprainsieme di un insieme infinito è infinito. L unione di un numero finito di insiemi finiti, è un insieme finito. Il principio del buon ordinamento dei numeri naturali, cioè la proprietà che ogni insieme non vuoto A N ha minimo ; Il principio di induzione sui numeri naturali 1 ; Il procedimento di ricorsione (o di induzione, come si dice usualmente con termine improprio) per definire successioni ; La proprietà di completezza dei numeri reali ; La proprietà di densità dei numeri razionali nei numeri reali: Se r < r sono due numeri reali, allora esiste q Q tale che r < q < r. È bene chiarire che tutte queste nozioni, proprietà e principi saranno reintrodotti e dimostrati in modo formale più avanti. Inoltre, tutte le dimostrazioni date in questo capitolo, saranno formalizzabili all interno della teoria assiomatica che presenteremo, e quindi saranno da considerarsi del tutto rigorose. Introduciamo finalmente la cruciale nozione di equipotenza. Si tratta di un concetto introdotto da Cantor nella seconda metà del XIX per catturare l idea di grandezza o cardinalità di un insieme infinito. Per un insieme finito, la cardinalità è data da quel numero naturale che rappresenta la quantità dei suoi elementi. Partendo dalla considerazione che due insiemi finiti hanno lo stesso numero di elementi se e solo se esiste una bigezione tra di loro, Cantor propose la seguente definizione generale: 1 Vedremo in seguito che il principio di induzione e la proprietà del buon ordinamento sono in realtà proprietà equivalenti. 3

4 2. CARDINALITÀ NUMERABILE E CARDINALITÀ DEL CONTINUO Definizione 1.1. Due insiemi A e B sono equipotenti o hanno la stessa cardinalità se esiste una funzione biunivoca f : A B. In questo caso scriviamo A = B. Un primo esempio importante è il seguente: Proposizione 1.2. L insieme delle funzioni caratteristiche su un insieme X è equipotente all insieme delle parti, cioè 2 X = P(X). Dim. Sia Ψ : P(X) 2 X la funzione che associa ad ogni sottoinsieme A X la corrispondente funzione caratteristica χ A. Come abbiamo già osservato nel capitolo precedente, ogni funzione χ : X {0, 1} è la funzione caratteristica di uno ed un solo sottoinsieme A X, e quindi Ψ è biunivoca. Le seguenti proprietà dell equipotenza sono la controparte insiemistica delle uguaglianze algebriche a b a c = a b+c e (a b ) c = a bc, dove l unione disgiunta corrisponde alla somma, il prodotto cartesiano corrisponde al prodotto, e l esponenziale corrisponde all insieme delle funzioni. Esercizio 1.3. (1) A B A C = A B C quando A B =. (2) (A B ) C = A (B C). La nostra notazione A = B è giustificata dal fatto che l equipotenza gode delle tre proprietà di relazione di equivalenza. Proposizione 1.4. (1) Proprietà riflessiva: A = A ; (2) Proprietà simmetrica: Se A = B allora B = A ; (3) Proprietà transitiva: Se A = B e B = C allora A = C. Dim. (1) La funzione identità id A : A A è banalmente una bigezione. (2) Se f : A B è una bigezione, allora anche la sua inversa f 1 : B A è una bigezione. (3) Se f : A B e g : B C sono bigezioni, allora anche la composizione g f : A C è una bigezione. Attenzione! Non possiamo propriamente parlare dell equipotenza come di una relazione di equivalenza perché si tratterebbe di una relazione avente come dominio la collezione di tutti gli insiemi. Come vedremo fra poco (cf. Corollario 1.9), assumere che esista l insieme di tutti gli insiemi porta a contraddizioni. Attenzione! Abbiamo scritto A = B per intendere che A e B sono equipotenti, ma la scrittura A da sola non ha (per il momento) alcun significato. 2 È bene anticipare che, quando avremo sviluppato una teoria assiomatica degli insiemi, i problemi evidenziati sopra saranno superati. Avremo infatti un modo rigoroso per definire degli speciali oggetti, detti cardinali, che saranno i rappresentanti canonici delle classi di equipotenza. Precisamente, per ogni insieme A esisterà 2 L intuizione ci suggerirebbe di attribuirgliene uno come classe di equivalenza, definendo A = {B A = B }. Anche in questo caso però, assumere che una tale collezione sia un insieme condurrebbe a contraddizioni perché la sua unione sarebbe l insieme di tutti gli insiemi.

1. EQUIPOTENZA 5 ed unico un cardinale κ tale che A = κ. A quel punto scriveremo direttamente A = κ, e diremo che κ è la cardinalità dell insieme A. 3 La relazione di equipotenza è coerente con le operazioni insiemistiche di unione disgiunta, prodotto cartesiano, insieme delle funzioni, e insieme potenza. Esercizio 1.5. Supponiamo che A = A e B = B. Allora (1) A B = A B se A B = A B = ; (2) A B = A B ; (3) Fun(A, B) = Fun(A, B ) ; (4) P(A) = P(A ). Soluzione. Fissiamo due bigezioni f : A A e g : B B. (1). Consideriamo la funzione h : A B A B dove { f(x) se x A h(x) = g(x) se x B. Visto che A e B sono disgiunti, la definizione è ben posta. Si verifica facilmente che h è una bigezione (per avere l iniettività è necessario che A e B siano disgiunti). (2). La funzione h : A B A B dove h(a, b) = (f(a), g(b)) è la bigezione cercata. (3). Se ϕ : A B, denotiamo con ϕ : A B la composizione ϕ = g ϕ f 1, dove f 1 : B B è la bigezione inversa di f. A ϕ B f 1 g A ϕ B Si verifica facilmente che la funzione h : Fun(A, B) Fun(A, B ) dove h(ϕ) = ϕ è biunivoca. (4). Se f : A B è una funzione, definiamo f : P(A) P(B) ponendo f(x) = f(x) = {f(x) x X} B per ogni X A. La tesi segue allora dalle seguenti proprietà generali. Lemma 1.6. (1) f : A B è iniettiva se e solo se f è iniettiva. (2) f : A B è suriettiva se e solo se f è suriettiva. 3 Anche a questo riguardo è interessante il ruolo fondamentale rivestito dall assioma di scelta. Infatti si può dimostrare che senza assioma di scelta, non esiste alcun modo definibile per individuare un unico rappresentante in ogni classe di equipotenza (Teorema di Pincus del 1974).

6 2. CARDINALITÀ NUMERABILE E CARDINALITÀ DEL CONTINUO Dim. Lemma. (1). Se f non è iniettiva, allora esistono x y in A tali che f(x) = f(y). Ma allora {x} = {y} sono sottoinsiemi diversi di A con f({x}) = {f(x)} = {f(y)} = f({y}), e f non è iniettiva. Viceversa supponiamo che f(x) = f(y ) dove X Y sono sottoinsiemi diversi di A. Prendiamo un elemento x che testimonia il fatto che X Y, ad esempio prendiamo x X \ Y (altrimenti, prendiamo x Y \ X e la dimostrazione non cambia). Allora f(x) f(x) = f(y ), dunque esiste y Y con f(x) = f(y). Ma per ipotesi x / Y, dunque x y e perciò f non è iniettiva. (2). f non suriettiva significa che im(f) B è un sottoinsieme proprio di B. Adesso, per ogni X A, f(x) im(f) B, dunque f(x) B e f non è suriettiva. Viceversa, supponiamo che f sia suriettiva. Per ogni Y B, sia X Y = f 1 [Y ] = {x A f(x) Y }. Allora è facile verificare che f(x Y ) = Y, e questo dimostra la suriettività di f. Ciò che rende significativa la teoria delle cardinalità, è il fatto che non tutti gli insiemi infiniti sono tra loro equipotenti. Cantor dimostrò infatti che per ogni insieme assegnato, ne esiste uno di cardinalità diversa. Come primo esempio, consideriamo i numeri naturali N, e l insieme 2 N delle funzioni caratteristiche su N. Teorema 1.7. Non esistono funzioni suriettive Ψ : N 2 N, dunque N 2 N. Dim. Supponiamo data una funzione Ψ : N 2 N qualunque. Vogliamo dimostrare che Ψ non è suriettiva. Per ogni n N, denotiamo con a n,k k N la successione Ψ(n). Per ogni n, sia b n = 0 se a n,n = 1; e sia b n = 1 se invece a n,n = 0. Allora la successione b k k N non appartiene all immagine di Ψ. Infatti, per ogni n, Ψ(n) = a n,k k N = b k k N, visto che per la definizione data, l n-esimo elemento a n,n b n. Il metodo usato nella dimostrazione di sopra è noto come argomento diagonale. La successione b k k N è stata infatti definita a partire dagli elementi a n,n i cui indici stanno sulla diagonale di N N. Usando lo stesso procedimento diagonale, più in generale si dimostra che nessun insieme è equipotente al corrispondente insieme delle parti. 4 Teorema 1.8 (Cantor). Per ogni A, non esistono funzioni suriettive f : A P(A). Dunque A P(A). Dim. Data una funzione f : A P(A), dimostriamo che il seguente insieme non appartiene all immagine di f: X = {a A a / f(a)}. Supponiamo per assurdo che esista un elemento α A con f(α) = X. Si hanno due possibilità. Se α X, allora per definizione di X avremmo che α / f(α) = X, contro l ipotesi. Se invece α / X, di nuovo per la definizione di X, avremmo che 4 Ricordiamo che per ogni X, l insieme delle parti P(X) è equipotente all insieme delle funzioni caratteristiche 2 X (cf. Proposizione 1.2).

2. ORDINE TRA CARDINALITÀ 7 α f(α) = X, contro l ipotesi. Entrambi i casi ci portano ad una conseguenza assurda, e concludiamo che f non può essere suriettiva. Corollario 1.9. Non può esistere l insieme universale V = {x x = x} che contiene tutti gli insiemi. Dim. Se V fosse un insieme, allora avremmo che V = P(V ). Infatti, P(V ) V, perché banalmente ogni elemento di P(V ) è un insieme. Per vedere l altra inclusione ricordiamo che in conseguenza del principio di estensionalità non esistono atomi, e quindi per noi ogni insieme è in realtà un insieme di insiemi. Allora A V A V, e quindi V P(V ), come volevamo. Finalmente otteniamo un assurdo perché se V = P(V ), allora banalmente V = P(V ), contro il teorema di Cantor. 5 Abbiamo così trovato, dopo la proprietà di Russell x / x, un secondo esempio di proprietà non ammissibile, cioè la formula x = x, cui non possiamo applicare il principio di comprensione. 2. Ordine tra cardinalità Oltre alla nozione di uguaglianza tra grandezze data dall equipotenza, c è anche una naturale nozione di confrontabilità. Definizione 2.1. Diciamo che l insieme A ha cardinalità minore o uguale a quella di B, e scriviamo A B, se vale una delle due seguenti proprietà equivalenti: (1) Esiste un sottoinsieme A B tale che A = A ; (2) Esiste una funzione iniettiva f : A B. Che le due condizioni di sopra sono equivalenti, segue dalla ovvia osservazione che una funzione f : A B è iniettiva se e solo se f : A imm(f) è biunivoca. Notiamo inoltre che la definizione data è coerente con l equipotenza; vale infatti la seguente proprietà: Proposizione 2.2. Se A = A e B = B, allora A B A B. Dim. Siano f : A A e g : B B bigezioni. Se A B, prendiamo h : A B iniettiva. Allora anche g h f 1 : A B è iniettiva, perché composizione di funzioni iniettive. Analogamente per l altra implicazione. A h B f 1 g A g h f 1 B 5 Notiamo che, ripercorrendo la dimostrazione del Teorema di Cantor nel caso della funzione identità id : V P(V ), la collezione {x V x / id(x)} = {x x / x} è la collezione paradossale di Russell.

8 2. CARDINALITÀ NUMERABILE E CARDINALITÀ DEL CONTINUO Il prossimo teorema, oltre ad essere di importanza centrale nella teoria delle cardinalità, sarà anche molto utile nella pratica per dimostrare l equipotenza fra insiemi. La sua dimostrazione non è facile, ed è rimandata a quando tratteremo la teoria assiomatica degli insiemi. Teorema 2.3 (Cantor-Bernstein). Se esistono funzioni iniettive f : A B e g : B A, allora esiste una funzione biunivoca h : A B. In formula: A B e B A A = B. Il minore o uguale tra cardinalità gode delle tre proprietà di ordine parziale, e questo giustifica la scrittura A B. Proposizione 2.4. (1) Proprietà riflessiva: A A ; (2) Proprietà anti-simmetrica: Se A B e B A, allora A = B ; (3) Proprietà transitiva: Se A B e B C, allora A C. Proof. (1) è banale. (2) è il teorema di Cantor-Bernstein. (3). Basta notare che se f : A B e g : B C sono iniettive, allora anche la composizione g f : A C è iniettiva. In modo del tutto simile all equipotenza, anche la relazione di minore o uguale tra cardinalità è coerente con le operazioni insiemistiche di unione disgiunta, prodotto cartesiano, insieme delle funzioni, e insieme potenza. Esercizio 2.5. Supponiamo che A A e B B. Allora (1) A B A B se A B = A B = ; (2) A B A B ; (3) Fun(A, B) Fun(A, B ) ; (4) P(A) P(A ). Dati due insiemi A e B, nella pratica è spesso più facile trovare una funzione suriettiva g : B A piuttosto che una funzione iniettiva f : A B. Le due proprietà sono equivalenti, ma val la pena notare che per dimostrare una delle due implicazioni è necessario l uso dell assioma di scelta. Proposizione 2.6. (1) Se A B, allora esiste una funzione suriettiva g : B A. (2) (AC). Se esiste g : B A suriettiva, allora A B. Dim. (1). Prendiamo f : A B iniettiva. Per ogni b imm(f), sia g(b) A quell unico elemento tale che f(g(b)) = b (l unicità segue dall ipotesi di f iniettiva). Fissiamo poi un qualunque elemento a 0 A e poniamo g(b) = a 0 se b / immf. Resta così definita una funzione suriettiva g : B A. (2). Data una funzione g : B A suriettiva, usando l assioma di scelta, possiamo prendere una sua inversa destra f, cioè una funzione f : A B tale che g f = id A (cf. Proposizione??). Una tale f è necessariamente iniettiva, e quindi A B.

3. CARDINALITÀ NUMERABILE 9 Esercizio 2.7. (AC). Se R è una relazione binaria, allora dom(r) R e imm(r) R. Come curiosità, e come prima indicazione dell importanza dell assioma di scelta nella teoria delle cardinalità, anticipiamo qui un importante risultato che dimostreremo più avanti. Si tratta di un altra formulazione equivalente dell assioma di scelta che va ad aggiungersi a quelle già viste nella Proposizione??. Teorema. La seguente proprietà di ordine totale è equivalente all assioma di scelta: Per ogni A e B, si ha che A B o B A. 3. Cardinalità numerabile Iniziamo finalmente lo studio delle cardinalità, iniziando con il caso numerabile. Seguendo l uso comune in matematica, non includeremo il numero 0 tra i numeri naturali, cioè N = {1, 2, 3,..., n, n + 1,...}. Definizione 3.1. Un insieme A ha cardinalità numerabile se A = N. In questo caso scriviamo A = ℵ 0, che si legge: A ha cardinalità aleph-zero. 6 Proposizione 3.2. Se A N è un sottoinsieme infinito, allora A = ℵ 0. Dim. Procedendo per ricorsione, definiamo la successione: a 1 = min A ; a n+1 = min (A \ {a 1,..., a n }). Visto che A è infinito, per ogni n l insieme A \ {a 1,..., a n } non è vuoto, e dunque la definizione è ben posta. Chiaramente, la successione a n n N è crescente, e quindi iniettiva. Inoltre la sua immagine {a n n N} = A. Infatti, è immediato verificare per induzione che per ogni n, si ha {a 1,..., a n } = A [1, a n ], e quindi {a n n N} A = n N (A [1, a n ]) n N{a 1,..., a n } = {a n n N}. Resta così dimostrato che la sequenza a n n N è la bigezione cercata. Come è suggerito dal sottoindice zero, ℵ 0 rappresenta la più piccola delle cardinalità infinite. Vale infatti il Teorema 3.3. (AC) Se A è un insieme infinito, allora ℵ 0 A (cioè N A ). 6 Per il momento, per noi ℵ0 è solo un simbolo. Quando svilupperemo la teoria in modo assiomatico, ℵ 0 sarà uno speciale insieme che viene preso come rappresentante canonico di tutti gli insiemi numerabili.

10 2. CARDINALITÀ NUMERABILE E CARDINALITÀ DEL CONTINUO Dim. Per l assioma di scelta, possiamo prendere una funzione F tale che F (B) B per ogni sottoinsieme non vuoto B A. Adesso procediamo in modo del tutto simile a sopra, e definiamo per ricorsione la successione: a 1 = F (A) ; a n+1 = F (A \ {a 1,..., a n }). Visto che A è infinito, A \ {a 1,..., a n } per ogni n, e dunque il passo induttivo a n+1 è ben definito. È immediato verificare che gli elementi a n sono tutti distinti, e la successione a n n N è la funzione iniettiva cercata. C è una differenza importante tra la dimostrazione della Proposizione 3.2 e di quest ultimo teorema. Mentre nella proposizione ogni elemento a n è definito in modo univoco come il minimo di un certo insieme di numeri naturali, nella dimostrazione del teorema i termini a n sono stati scelti dentro certi insiemi non vuoti. Per definire la successione a n n N è stato quindi necessario usare una funzione di scelta su A, per la cui esistenza abbiamo applicato l assioma di scelta. Nel caso numerabile, la proprietà dell Esercizio 2.7 non richiede l assioma di scelta. Esercizio 3.4. Senza usare l assioma di scelta, dimostrare che se R è una relazione binaria numerabile, allora dom(r) R e imm(r) R. Mostriamo ora che togliere o aggiungere un numero finito di elementi da un insieme infinito, non ne cambia la cardinalità. Proposizione 3.5. (AC) Sia A un insieme infinito e B un insieme finito. Allora A \ B = A B = A. Dim. Siano B A = {b 1,..., b k } e B \ A = {b 1,..., b h }. Poiché A è infinito, anche A \ B è infinito, e per la proposizione precedente, esiste una successione iniettiva a n n N di elementi di A \ B. È immediato verificare che la seguente funzione f : A A \ B è una bigezione: a i se z = b i per qualche 1 i k f(z) = a n+k se z = a n per qualche n N z altrimenti. Analogamente, anche la seguente funzione g : A B A è una bigezione: a j se z = b j per qualche 1 j h g(z) = a n+h se z = a n per qualche n N z altrimenti. Come diretta conseguenza, si ottiene il Corollario 3.6. (AC) Sia X un insieme infinito. Se la differenza simmetrica X Y è finita, allora X = Y = X Y = X Y. 7 7 Ricordiamo la differenza simmetrica: X Y = (X \ Y ) (Y \ X).

3. CARDINALITÀ NUMERABILE 11 Dim. Basta notare che X = (X Y ) (X \ Y ), Y = (X Y ) (Y \ X), X Y = (X Y ) (X Y ), dove X \ Y, Y \ X X Y sono tutti insiemi finiti, ed applicare la Proposizione precedente. Nel caso numerabile, la proposizione precedente si può dimostrare senza alcun uso dell assioma di scelta. Esercizio 3.7. Senza usare l assioma di scelta, dimostrare che se A = N è numerabile e B è finito, allora A \ B = A B = N. Soluzione. Fissiamo una bigezione f : N A. Notiamo che B \ A = {b 1,..., b k } è finito perché sottoinsieme di B. Una bigezione σ : N A B si ottiene ponendo σ(i) = b i per i = 1,..., k e σ(i) = f(i k) per i > k. Per dimostrare che A \ B = N, procediamo per induzione sul numero k di elementi di A B. Se k = 0, allora A \ B = A e la tesi è banale. Se A B contiene k + 1 elementi, e prendiamo b A B, allora possiamo applicare l ipotesi induttiva con l insieme B = B \ {b}, visto che A B = k. Otteniamo così l esistenza di una bigezione g : N A \ B = (A \ B) {b}. Se m N è quel numero naturale tale che g(m) = b, allora la seguente funzione h : N A \ B è una bigezione: { g(n) se n < m h(n) = g(n + 1) se n m Immaginiamoci un albergo con infinite camere, numerate con i numeri naturali. Supponiamo che tutte le stanze dell albergo siano occupate, e che arrivi un nuovo cliente. Per quanto a prima vista possa sembrare impossibile, c è un modo per risistemare gli ospiti in modo da alloggiare anche il nuovo arrivato; infatti, tutto quello che ci occorre è una bigezione f : N N \ {1}. Ad esempio, se chiediamo ad ogni ospite di spostarsi nella camera successiva (cioè consideriamo la bigezione f : N N \ {1} dove f : n n + 1) allora si libera la camera 1, dove possiamo sistemare il nuovo cliente. Un simile procedimento si può adottare anche nel caso in cui arrivi un numero finito di nuovi ospiti, perchè sappiamo che esistono bigezioni f : N N \ {1,..., k} per ogni k. Consideriamo ora la situazione in cui si presentino infiniti nuovi clienti, uno per ogni numero naturale. Ci chiediamo se sia possibile anche in questo caso risistemare i vecchi clienti nelle camere in modo da liberare posti per tutti i nuovi arrivati. La risposta è positiva, basta far spostare ogni ospite nella camera avente numero doppio, così da lasciare libere tutte e sole le camere con numero dispari. A questo punto, il nuovo cliente corrispondente al numero n sarà alloggiato nella camera con l n-esimo numero dispari, cioè nella camera 2n 1. Notiamo che la strategia adottata sopra si basa sull esistenza di una bigezione tra l unione di due copie dei numeri naturali, cioè i vecchi ospiti e i nuovi clienti, e l insieme dei numeri naturali, cioè le stanze dell albergo. Più in generale, vale il seguente risultato. Proposizione 3.8. Se A e B sono numerabili, anche A B è numerabile.

12 2. CARDINALITÀ NUMERABILE E CARDINALITÀ DEL CONTINUO Dim. Per ipotesi esistono due bigezioni f : A N e g : B N. Allora si ottiene una funzione iniettiva h : A B N ponendo: 8 { 2 f(x) se x A h(x) = 2 g(x) 1 se x B \ A Dunque A B è equipotente ad un sottoinsieme infinito di N e, applicando la Proposizione 3.3, concludiamo che A B = ℵ 0. Come immediata conseguenza, otteniamo che anche l insieme degli interi è numerabile. Corollario 3.9. Z = ℵ 0. Dim. Basta osservare che Z = Z 0 N, dove Z 0 = { n n N} {0} è chiaramente numerabile. Sviluppando la storiella dell albergo, supponiamo ora di avere infiniti piani, uno per ogni numero naturale, in ciascuno dei quali ci siano infinite camere, una per ogni numero naturale. Se abbiamo due piani occupati, possiamo risistemare tutti gli ospiti dei due piani nelle camere di un solo piano; basta infatti ragionare come nell esempio precedente, dove i vecchi ospiti siano quelli di un piano, e i nuovi arrivati quelli dell altro. Supponiamo ora che tutte le camere di tutti i piani siano occupate. Ci chiediamo se sia possibile sistemare tutti i clienti in un unico piano. Anche in questo caso, per quanto appaia paradossale, la cosa è possibile, perchè esistono bigezioni tra il prodotto Cartesiano N N ed N (possiamo pensare alla coppia ordinata (n, m) come alla camera m posta al piano n). Proposizione 3.10. N N = ℵ 0. Vista la particolare importanza di questo risultato, ne diamo due dimostrazioni diverse. Dim. 1. L idea intuitiva di questa dimostrazione è quella della possibilità di enumerare tutte le coppie ordinate (n, m) N N procedendo nel modo diagonale rappresentato in figura: 8 Notiamo che h è anche suriettiva se e solo se A e B sono disgiunti.

3. CARDINALITÀ NUMERABILE 13 Prendiamo un generica coppia (n, m), e cerchiamo di stabilire quale posizione occupa nella enumerazione indicata in figura. Si comincia contando la coppia (1, 1); poi si contano le 2 coppie (1, 2) e (2, 1) la cui somma delle componenti è 3; poi si contano le 3 coppie (1, 3), (2, 2) e (3, 1) la cui somma delle componenti è 4; poi si contano le 4 coppie (1, 4), (2, 3), (3, 2) e (4, 1) la cui somma delle componenti è 5; e così via, fino ad arrivare a contare le m+n 2 coppie la cui somma delle componenti è m + n 1. Restano infine da contare n coppie dove la somma delle componenti è n + m, e cioè (1, m + n), (2, m + n 1),..., (n, m). Dunque, per arrivare fino alle coppia (n, m), in tutto abbiamo contato 1 + 2 + 3 +... + (n + m 2) + n coppie. Il numero della posizione che la coppia (n, m) occupa nella nostra enumerazione è allora il seguente: 9 (n + m 2)(n + m 1) f(n, m) = 1 + 2 + 3 +... + (n + m 2) + n = + n. 2 Che la funzione f : N N N così definita sia biunivoca, è evidente dalla sua definizione. Dim. 2. Ricordiamo che ogni naturale k N si scrive in modo unico nella forma k = 2 α (2β + 1) per opportuni interi α, β 0. Dunque, si ha una bigezione f : (N {0}) (N {0}) N dove f(n, m) = 2 n (2m+1). Verifichiamo questo fatto in dettaglio. Per ogni a N, sia g(a) = α il più grande esponente α N {0} tale che 2 α divide a (dunque α = 0 se e solo se a è dispari). Sia inoltre h(a) = 1 2 ( a 2 g(a) 1 ). Si può verificare direttamente che la funzione Ψ : N (N {0}) (N {0}) dove Ψ(a) = (g(a), h(a)), è la funzione inversa di f, che è dunque una bigezione. Visto che N {0} = N, ottieniamo la tesi. Come immediato corollario, ricaviamo anche che tutti i prodotti cartesiani finiti A 1... A k di insiemi A i numerabili, sono numerabili. Proposizione 3.11. L insieme dei numeri razionali Q è numerabile. Dim. Ogni numero razionale q Q si può scrivere in modo unico nella forma canonica q = n m dove n Z è un intero, m N è un naturale, e il massimo comune divisore MCD(n, m) = 1. La forma canonica determina così una funzione iniettiva Ψ : Q N Z, e perciò Q N Z = N N = ℵ 0. Inoltre, banalmente N Q, visto che N Q. Per Cantor-Bernstein, concludiamo che Q = ℵ 0. Col prossimo risultato mostriamo che un unione al più numerabile di insiemi al più numerabili è al più numerabile. Teorema 3.12. (AC) Sia A i i I una sequenza di insiemi dove I ℵ 0 e A i ℵ 0 per ogni i I. Allora anche l unione i I A i ℵ 0. 9 Ricordiamo che la somma dei primi k interi positivi è data da: 1 + 2 +... + k = k(k + 1). 2

14 2. CARDINALITÀ NUMERABILE E CARDINALITÀ DEL CONTINUO Dim. Per ogni i I, l insieme F i = {ψ ψ : A i N suriettiva} è non vuoto e quindi, grazie all assioma di scelta, esiste una I-sequenza ψ i i i I F i. Fissiamo inoltre una funzione suriettiva ϕ : N I. Definiamo ora F : N N i I A i ponendo F (n, m) = ψ ϕ(n) (m). Se a i I A i, allora a A j per un opportuno j, e possiamo prendere n N tale che ϕ(n) = j, e m N tale che ψ j (m) = a. Si verifica facilmente che F (n, m) = a. Questo dimostra la suriettività di F, e dunque i I A i N N = ℵ 0. Notazione 3.13. Dato un insieme non vuoto X, denotiamo con: FS(X) = {σ n N σ : [1, n] X} l insieme delle sequenze finite di elementi di X. Fin(X) = {A X A finito } l insieme dei sottoinsiemi finiti di X. Si usa spesso la scrittura a 1, a 2,..., a n per denotare la sequenza finita σ dove σ(i) = a i per i = 1, 2,..., n. Per convenzione, si impone che anche la sequenza vuota (cioè l insieme vuoto) appartenga a FS(X). Esercizio 3.14. Supponiamo che X Y. Allora FS(X) FS(Y ) e Fin(X) Fin(X). Lo stesso risultato vale se rimpiazziamo la relazione di minore o uguale tra cardinalità con l equipotenza. Proposizione 3.15. FS(N) = Fin(N) = ℵ 0. Dim. Associando ad ogni numero naturale n il corrispondente singoletto {n}, otteniamo una funzione iniettiva ϕ : N Fin(N), dunque N Fin(N). Dato un sottoinsieme finito A N, disponiamo i suoi elementi in ordine crescente A = {a 1 < a 2 <... < a n }, e definiamo ψ(a) = a 1, a 2,..., a n. Visto che ψ è iniettiva, abbiamo che Fin(N) FS(N). Usando Cantor-Berstein, per raggiungere la tesi resta da dimostrare la disuguaglianza FS(N) N. A questo scopo, consideriamo p n n N, la successione crescente dei numeri primi: p 1 = 2, p 2 = 3, p 3 = 5, etc. Per ogni sequenza finita a 1, a 2,..., a n di numeri naturali, poniamo: ϑ( a 1, a 2,..., a n ) = p a1 1 pa2 2... pan n. Nel caso della sequenza vuota, poniamo ϑ( ) = 1. L unicità della scomposizione in fattori primi garantisce l iniettività di ϑ, e dunque FS(N) N, come volevamo. Proposizione 3.16. L insieme Z[X] dei polinomi a coefficienti interi è numerabile. Dim. Ad ogni polinomio P (X) = a 0 + a 1 X +... + a n X n a coefficienti interi, si può associare la sequenza finita a 0, a 1,..., a n. Questa corrispondenza determina una funzione iniettiva Ψ : Z[X] FS(Z), dunque Z[X] FS(Z) = FS(N) = N. L altra disuguaglianza è banale perché N Z[X], e la tesi segue dal Teorema di Cantor-Bernstein. Il prossimo risultato è un famoso teorema dimostrato da Cantor. Fu una delle prime importanti applicazioni della sua teoria delle cardinalità.

4. CARDINALITÀ DEL CONTINUO 15 Proposizione 3.17. L insieme dei numeri algebrici è numerabile. 10 Dim. È un risultato noto dell algebra che ogni polinomio P (X) Z[X] di grado n ha al più n radici reali; dunque Root(P (X)) = {r R P (r) = 0} è finito. Notiamo che l insieme A dei numeri algebrici si ottiene come la seguente unione A = Root(P (X)). P (X) Z[X] Visto che Z[X] = ℵ 0, l insieme A è al più numerabile perché è unione numerabile di insiemi finiti. Che A sia infinito è immediato, e dunque otteniamo la tesi per il Teorema di Cantor-Bernstein. Come vedremo nel prossimo paragrafo, i numeri reali non sono numerabili, e dunque, come conseguenza diretta del teorema di sopra, si ottiene l esistenza di numeri trascendenti. 4. Cardinalità del continuo Un risultato fondamentale che lega la cardinalità dei numeri naturali a quella dei numeri reali è il seguente. Teorema 4.1. R = 2 N. Dim. Per ogni successione binaria a n 2 N, poniamo a n ϕ( a n ) = 10 n. Visto che la successione S N = N n=1 a n/10 n è crescente e limitata, per la completezza di R esiste il limite lim N S N = n=1 a n/10 n, e dunque la nostra definizione è ben posta (si osservi che ϕ( a n ) è il numero reale la cui scrittura decimale è 0, a 1 a 2 a 3 a 4...). Dimostriamo ora che la funzione ϕ : 2 N R così definita è iniettiva, e dunque 2 N R. Se a n b n, prendiamo k = min{n a n b n }, e denotiamo con r = n<k a n = n<k b n (se k = 1, conveniamo che r = 0). Supponiamo che a k = 1 e b k = 0 (nell altro caso in cui a k = 0 e b k = 1 la dimostrazione è del tutto analoga). Valgono le disuguaglianze a n ϕ( a n ) r = 10 n 1 10 k > 1 10 n b n 10 n = ϕ( b n ) r, n=k n=1 n=k+1 n=k+1 e dunque ϕ( a n ) ϕ( b n ). Consideriamo ora la funzione ψ : R P(Q) definita ponendo ψ(r) = {q Q q < r}. Dalla densità di Q in R segue che ψ è iniettiva. Infatti se r < r, prendendo un numero razionale q con r < q < r, si ha che q ψ(r ) ma q / ψ(r), e quindi ψ(r) ψ(r ). Concludiamo che R P(Q) = P(N) = 2 N, e la tesi si ottiene applicando il Teorema di Cantor-Bernstein. Visto che N < 2 N, nel senso preciso delle cardinalità possiamo dire che i numeri reali sono più dei numeri naturali. 10 Ricordare che un numero r R si dice algebrico se esiste un polinomio a coefficienti interi P (X) Z[X] tale che P (r) = 0, e si dice trascendente se non è algebrico.

16 2. CARDINALITÀ NUMERABILE E CARDINALITÀ DEL CONTINUO Definizione 4.2. Un insieme A ha la cardinalità del continuo se A = R. In questo caso si usa la notazione A = c. Visto il teorema precedente, si scrive anche c = 2 ℵ0. È naturale chiedersi se esistano cardinalità intermedie comprese tra ℵ 0 e c. L ipotesi che questo non accada è nota come Ipotesi del continuo. Se A R è un sottoinsieme infinito di reali, allora A = N oppure A = R. L ipotesi del continuo è probabilmente l esempio più famoso di proprietà indecidibile, cioè di una proprietà che non può essere nè dimostrata nè confutata a partire dai principi matematici comunemente accettati. 11 Analogamente a quanto già visto per l insieme N dei numeri naturali, il prodotto cartesiano R R è equipotente ad R. Proposizione 4.3. R R = c. Dim. Un modo veloce (ma non certo l unico) per dimostrare la tesi è il seguente. Siano D l insieme dei numeri naturali dispari e P l insieme dei numeri naturali pari. Visto che D = P = N, dal Teorema 4.1 segue che R = 2 N = 2 D = 2 P, da cui R R = 2 D 2 P = 2 D N = 2 N = c. Ricordiamo che un unione al più numerabile di insiemi al più numerabili è al più numerabile. La stessa proprietà vale col continuo. Esercizio 4.4. (AC) Sia A i i I una sequenza di insiemi dove I c e A i c per ogni i I. Allora anche l unione i I A i c. Soluzione. Basta ricalcare la dimostrazione già vista per il caso numerabile. Per ogni i I, l insieme F i = {ψ ψ : A i R suriettiva} è non vuoto e quindi, grazie all assioma di scelta, esiste una I-sequenza ψ i i i I F i. Fissiamo inoltre una funzione suriettiva ϕ : R I. Definiamo ora F : R R i I A i ponendo F (r, s) = ψ ϕ(r) (s). Se a i I A i, allora a A j per un opportuno j, e possiamo prendere r R tale che ϕ(r) = j, e s R tale che ψ j (s) = a. Si verifica facilmente che F (r, s) = a. Questo dimostra la suriettività di F, e dunque i I A i R R = c. Elenchiamo nei prossimi esercizi alcuni tra i più importanti insiemi aventi la cardinalità del continuo. Esercizio 4.5. Dimostrare che i seguenti insiemi hanno tutti la cardinalità del continuo: (1) Le parti finite dei reali Fin(R). (2) Le sequenze finite di reali FS(R). 11 A breve, cominceremo a dare un senso preciso alle espressioni usate qua sopra. Ad esempio, per principi matematici comunemente accettati, intenderemo le proprietà formalizzate dagli assiomi della teoria degli insiemi ZFC di Zermelo-Fraenkel con scelta. Anche i concetti di dimostrabilità e confutabilità dovranno essere resi precisi. E tali concetti sono in effetti quelli fondamentali di cui si occupa la logica matematica.

4. CARDINALITÀ DEL CONTINUO 17 (3) Le successioni di numeri naturali N N = Fun(N, N). (4) Le successioni di numeri reali R N = Fun(N, R). (5) Le parti numerabili dei reali [R] ℵ0 = {A R A = ℵ 0 }. (6) Le parti al più numerabili dei reali [R] ℵ0 = {A R A ℵ 0 }. Esercizio 4.6. Sia C 0 (R) l insieme di tutte le funzioni continue f : R R. Allora C 0 (R) = c. Soluzione. Per ogni numero reale r R, la funzione costante c r : R R è continua. La corrispondenza r c r è una funzione iniettiva, e questo dimostra la disuguaglianza R C 0 (R). Viceversa, consideriamo l applicazione Ψ : C 0 (R) R Q che associa ad ogni funzione continua f : R R, la sua restrizione ai numeri razionali f Q. Notiamo che Ψ è iniettiva, perché due funzioni continue che coincidono sui numeri razionali, coincidono necessariamente su tutto R. Allora C 0 (R) R Q = R N = R, e la tesi è dimostrata. Esercizio 4.7. Sia O(R k ) l insieme di tutti i sottoinsiemi aperti ( open ) di R k. Allora O(R k ) = c. Soluzione. Per semplicità, consideriamo solo il caso k = 2 del piano euclideo R R (il caso generale è del tutto simile). Una base di aperti della topologia è costituito dalle palle B((q 1, q 2 ), r) = {(x 1, x 2 ) R R d((x 1, x 2 ), (q 1, q 2 )) < r} dove il centro (q 1, q 2 ) ha coordinate razionali, e il raggio r > 0 è razionale. Consideriamo ora la funzione Ψ : O(R R) P(Q Q Q + ) dove Ψ(A) = {(q 1, q 2, r) Q Q Q + B((q 1, q 2 ), r) A}. Per dimostrare che Ψ è iniettiva, fissiamo due aperti distinti A A. Prendiamo un punto (x 1, x 2 ) che ne testimonia la differenza, ad esempio (x 1, x 2 ) A ma (x 1, x 2 ) / A. Per la proprietà di insieme aperto, esiste una palla B((q 1, q 2 ), r) con centro (q 1, q 2 ) di coordinate razionali, e raggio r > 0 razionale, tale che (x 1, x 2 ) B((q 1, q 2 ), r) A. In particolare B((q 1, q 2 ), r) A, dunque (q 1, q 2, r) Ψ(A) ma (q 1, q 2, r) / Ψ(A ), e perciò Ψ(A) Ψ(A ). Concludiamo che O(R R) P(Q Q Q + ) = P(N N N) = P(N) = c. L altra disuguaglianza c O(R R) è immediata. Togliendo un sottoinsieme numerabile da un insieme che ha la cardinalità del continuo, ciò che rimane ha ancora la cardinalità del continuo. Più in generale, lo stesso risultato vale anche se togliamo un qualunque insieme purché di cardinalità minore del continuo, ma quest ultima proprietà richiede l uso dell assioma di scelta. Proposizione 4.8. (1) Sia A B dove A ℵ 0 e B = c. Allora anche B \ A = c. (2) (AC) Sia A B dove A < c e B = c. Allora anche B \ A = c. Notiamo che, assumendo l ipotesi del continuo, il contenuto delle due proprietà di sopra è identico; altrimenti, la proprietà (2) è chiaramente più generale.

18 2. CARDINALITÀ NUMERABILE E CARDINALITÀ DEL CONTINUO Dim. Per comodità, supponiamo prima che B = R R. In questo caso A B è una relazione binaria (un insieme di coppie ordinate); consideriamone il dominio A = dom(a) = {x R y R (x, y) A}. Abbiamo già visto, senza uso dell assioma di scelta, che se A ℵ 0, allora anche A ℵ 0. Se invece A < c, questa volta usando l assioma di scelta, possiamo concludere che A A < c. In entrambi i casi, segue necessariamente che A R, e quindi possiamo prendere un elemento a R \ A. Notiamo che {a} R (R R) \ A, dunque (R R) \ A c. Per il caso generale, basta fissare una bigezione Ψ : B R R, ed applicare quanto già dimostrato sopra, prendendo l immagine Ψ(A) R R al posto di A. Infatti Ψ(A) = A, ed otteniamo così c = (R R) \ Ψ(A) = Ψ(B \ A) = B \ A. Come immediato corollario, si ottengono i seguenti risultati, che non richiedeno l assioma di scelta. Proposizione 4.9. (1) L insieme dei numeri irrazionali ha la cardinalità del continuo. (2) L insieme dei numeri trascendenti ha la cardinalità del continuo. Dim. Basta notare che gli irrazionali sono la differenza R \ Q, che i numeri trascendenti sono la differenza R \ A dove A è l insieme dei numeri algebrici, e infine ricordare che Q = A = ℵ 0.. Facciamo ora un ulteriore passo in avanti con le cardinalità, e denotiamo 2 c = 2 R = P(R). Chiaramente 2 c > c per il teorema di Cantor. Esercizio 4.10. Dimostrare che il seguente insieme ha cardinalità 2 c : [R] c = {A R A = c} Esercizio 4.11. Dimostrare che se A 2 c contiene almeno due elementi, allora A R = 2 c. In particolare, N R = R R = P(R) R = 2 c. Esercizio 4.12. Senza usare l assioma di scelta, dimostrare che se A B dove A c e B = 2 c, allora B \ A = 2 c. Come immediata conseguenza, visto l esercizio 4.6, l insieme di tutte le funzioni discontinue f : R R ha cardinalità 2 c. Vedremo più avanti nel corso che, usando l assioma di scelta, la proprietà dell esercizio precedente si generalizza nel modo seguente: Proposizione 4.13. (AC) Se A B e A < B, allora B \ A = B. Chiudiamo menzionando un altra proprietà indecidibile: 12 Se P(A) = P(B), allora A = B? 12 Provare a dimostrarla può essere istruttivo, basta non illudersi di riuscirci!