Un utopia dualistica: come limitare l accumulazione di capitale e il lavoro eteronomo



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Un utopia dualistica: come limitare l accumulazione di capitale e il lavoro eteronomo Nicolò Bellanca 1. MEGLIO LAVORARE CHE OZIARE? Keynes (1930, p.64) profetizza che, quando il tempo libero aumenterà, l uomo si troverà di fronte al suo vero, costante problema: come impiegare la sua libertà dalle cure economiche più pressanti, come impiegare il tempo libero che la scienza e l interesse composto gli avranno guadagnato, per vivere bene, piacevolmente e con saggezza. [...] Per troppo tempo, infatti, siamo stati abituati a faticare anziché godere. Per l uomo comune, privo di particolari talenti, il problema di darsi un occupazione è pauroso. Nello stesso anno, in una lunga e serrata riflessione sul tema della felicità, Bertrand Russell (1930, pp.190 e 193, parentesi quadre aggiunte) rafforza l argomentazione keynesiana: La maggior parte delle persone, quando sono libere di occupare il tempo a seconda dei loro gusti, non sanno che cosa escogitare di sufficientemente piacevole perché valga la pena di essere fatto. [... Due principali elementi rendono il lavoro una fonte di felicità:] l esercizio di un abilità e il costruire. [...] Essere capaci di riempire intelligentemente le ore di ozio è l ultimo prodotto della civiltà, e al giorno d oggi pochissime persone hanno raggiunto questo livello. Hannah Arendt (1958, pp.4-5) appare ancora più drastica: Relazione presentata al Convegno Tra natura e cultura: la teoria economica alla prova della crisi, 12 aprile 2013, Università di Firenze. 1

È una società di lavoratori quella che sta per essere liberata dalle pastoie del lavoro, ed è una società che non conosce più quelle attività superiori e più significative in nome delle quali tale libertà meriterebbe di essere conquistata. [...] Ci troviamo di fronte alla prospettiva di una società di lavoratori senza lavoro, privati cioè della sola attività rimasta loro. Certamente non potrebbe esserci niente di peggio. Infine Tibor Scitovsky spiega, riprendendo il filo di simili argomentazioni, perché gli individui scelgono di aumentare il proprio tempo di lavoro. Il salario non è soltanto il prezzo del lavoro, ma pure quello del tempo libero. Finché il livello retributivo è basso, un suo incremento comporta la riduzione del consumo di tempo libero, ovvero l aumento dell offerta di lavoro: infatti la decisione di consumare un ora aggiuntiva di tempo libero equivale alla rinuncia del reddito che si guadagnerebbe lavorando; poiché tale rinuncia è diventata più onerosa, l effetto di sostituzione supera quello di reddito 1. D altro canto, quanto più la retribuzione raggiunge un livello elevato, tanto più facilmente il lavoratore decide, al crescere del salario, di impiegare il reddito addizionale per domandare tempo libero: stavolta l effetto di reddito supera quello di sostituzione. Questo modello, nota Scitovsky (1976, p.174), assume che il lavoro sia un attività spiacevole. Supponiamo invece che lavoro e non-lavoro siano entrambi spiacevoli: può non verificarsi alcun effetto di reddito, perché il denaro non può comprare più tempo. L effetto sostituzione, quindi, sarebbe l unico effetto dell aumento nei guadagni che, in tal modo, condurrebbe necessariamente ad un allungamento della settimana lavorativa. Scitovsky coglie un implicazione sottile e paradossale. Siamo abituati a pensare che lavoro e tempo libero non possano che opporsi l uno all altro, presentando quindi segni diversi per il wellbeing soggettivo. Ma se per l individuo l ozio (o lo svago, o il non-lavoro) è in definitiva una condizione penosa, può succedere che lavoro e tempo libero abbiano il medesimo segno; addirittura può accadere che il soggetto preferisca riempire il proprio tempo con un qualsiasi lavoro, anziché impegnarsi in attività a cui dovrebbe, senza riuscirci, conferire un significato. Insomma, pur nell ambito di differenti impostazioni teoriche, Keynes, Russell, Arendt e Scitovsky condividono l idea che l essere umano medio non sia avvezzo a esprimere i propri 1 L effetto di sostituzione è, in microeconomia, la variazione della domanda dovuta alla variazione dei prezzi relativi, a parità del potere d acquisto; mentre l effetto di reddito è la variazione della domanda dovuta alla variazione del potere d acquisto, restando costanti i prezzi relativi. 2

talenti e a dispiegare la propria progettualità; e che, lasciato in balia di se stesso, oscilli tra noia ed eccitazione, tra intervalli di vuoto esistenziale e istanti di consumo compulsivo. Per gran parte degli individui un maggior tempo libero sarebbe una condanna, poiché l ozio, che sollecita a scegliere e ad agire, è più gravoso del lavoro monotono, che impone cosa fare e come farlo. Naturalmente, aggiungono i nostri autori, sulla lunga corsa gli esseri umani potrebbero cambiare, acquisendo maggiore cultura, nuove abitudini e valorizzando la creatività che abita in ciascuno di loro. Il punto problematico, tuttavia, rimane: occorre capire, qui e adesso, se davvero la possibilità di lavorare meno ci rende più felici, e se dunque costituisce un obiettivo appropriato delle politiche sociali. 2. UN UTOPIA DUALISTICA: JOHN ROEMER E ANDRÉ GORZ Qualche elemento di risposta proviene dal pensiero utopistico. Quando le utopie sono feconde, contribuiscono a farci immaginare un orizzonte che è già percorribile, ma che non riuscivamo a concepire e legittimare nel quadro delle argomentazioni consuete. Richiamiamo qui due importanti elaborazioni, dovute a John Roemer e André Gorz, accomunate dall idea che il capitalismo non vada abolito da qualche decreto legge, né soppresso con qualche presa del potere politico, né svuotato da qualche miracoloso rovesciamento dei valori e della cultura, bensì riformisticamente articolato a favore di forme di dualismo economico. A misura che l azione collettiva promuove e sostiene forme economiche plurali, il capitalismo cessa di dominare l intero spazio sociale. La proposta di John Roemer (1994) non tocca direttamente il nesso lavoro-ozio, che è al centro di questa nota, ma affronta, come verificheremo più avanti, un aspetto senza il quale quel nesso non può essere modificato. Per Roemer si tratterebbe d introdurre nel capitalismo due tipi di moneta: quello ordinario sarebbe dedicato a compravendere le merci, mentre ai coupon spetterebbe l acquisto dei diritti di proprietà nelle corporations. Sarebbe illegale scambiare coupon con euro, o usare euro per acquistare partecipazioni in una corporation. Le imprese (e soltanto loro) venderebbero azioni in cambio di coupon; potrebbero poi scambiare, presso una banca pubblica, coupon con euro per acquistare beni capitali. Il saggio di scambio tra euro e coupon verrebbe determinato dalla banca centrale, che potrebbe manovrarlo per indirizzare gli investimenti in 3

particolari direzioni. Le imprese competerebbero per tenere alto il valore dei propri coupon, poiché così potrebbero ottenere più capitali. Il valore in coupon dell economia sarebbe all inizio diviso in quote eguali per il numero dei cittadini adulti. A 18 anni, ognuno riceverebbe la sua quota. Potrebbe spenderla per comprare azioni, che gli darebbero maggiori o minori dividendi e il diritto di voto nelle assemblee, o per collocarla in qualche fondo d investimento. Le azioni non sarebbero vendibili da una persona all altra, né sarebbero ereditabili: quindi i differenti guadagni in borsa durante la vita, non si accumulerebbero nel tempo. L utopia dualistica di Roemer consiste nel creare circuiti di scambio reciprocamente separati, uno per i beni e l altro per il capitale. Il circuito del denaro avrebbe natura no profit, in quanto chi si muove in esso avrebbe, proprio come gli enti no profit, un vincolo di distribuzione degli utili, che dovrebbero essere obbligatoriamente reinvestiti nell attività. Inoltre il dualismo impedirebbe di assommare le asimmetrie di potere, usando il vantaggio conseguito in una sfera per acquisire un vantaggio nell altra. Ovviamente, il lettore perplesso si può chiedere cosa motiverebbe gli scambi sul mercato del capitale, non essendo possibile convertire i guadagni in valuta spendibile nel mercato delle merci. Michael Walzer (1983, p.303) risponde così: Spesso si sente dire che nessun imprenditore economico si farà mai avanti se non può sperare di possedere l azienda che fonderà; ma questo è come dire che nessuno cercherebbe la grazia o la conoscenza divina se non sperasse di entrare in possesso di (e poi trasmettere agli eredi) una chiesa, o che nessuno fonderebbe nuovi ospedali o scuole sperimentali se non sperasse di lasciarli in eredità ai figli, o, ancora, che nessuno finanzierebbe innovazioni e riforme politiche se non fosse possibile possedere lo stato. Un utopia dualistica riguardante il tema prospettato nel paragrafo 1 è stata suggerita da André Gorz (1980). La esponiamo in una nostra riformulazione, pur preservandone la fisionomia. Immaginiamo un governo democraticamente eletto che permetta ad ogni cittadino adulto di provare a stare meglio ad incrementare il proprio well-being mediante volontarie variazioni della propria dotazione originaria di tempo libero. Questa dotazione, uguale per tutti, sarebbe di 24 ore di non-lavoro a settimana, ossia consisterebbe in una riduzione erga omnes della durata dell impegno lavorativo a mezza giornata. Ma nessuna autorità e nessuna legge obbligherebbero il singolo a lavorare effettivamente quell ammontare di ore. Ciascuno potrebbe decidere in maniera autonoma come allocare il suo asset di non-lavoro. Le ore disponibili potrebbero venire vendute, accrescendo il proprio reddito monetario: si formerebbero delle Borse per lo scambio dei lavori, 4

in cui ognuno potrebbe talvolta lavorare di più, e talvolta di meno, nella stessa impresa; oppure ognuno potrebbe affiancare, alle 24 ore dell impiego principale, alcune altre ore di lavoro nei comparti meno specialistici dell economia (agricoltura, edilizia, commercio o artigianato). Le ore disponibili potrebbero altresì essere dedicate ad attività non-mercantili, per aumentare il wellbeing extramonetario: talvolta i cittadini progetterebbero autonomamente le proprie attività (come accade quando si legge un libro), talvolta creerebbero attività cooperative o comunalcomunitarie, talvolta infine nascerebbero delle Borse del tempo (nelle quali si presta adesso la propria opera in un ottica di reciprocità indiretta, per la quale qualcun altro, di fronte ad un nostro bisogno, potrà domani ricambiare). Un lavoro la cui durata sia ridotta a meno di mille ore all anno non è più della stessa natura e non ha più lo stesso senso di un lavoro svolto per quaranta o più ore settimanali, a orario fisso, anno dopo anno. [ ] Si può spartire compiti con altri, condurre assieme o alternare varie occupazioni, combinare il lavoro eteronomo con attività liberamente scelte (Gorz 1983, p.69). Avremmo un rovesciamento nella sequenza della riproduzione dell economia. Nel capitalismo la condizione subalterna originaria è quella del disoccupato: vi è un lavoratore potenziale che cerca occasioni d impiego retribuito e che, essendo tipicamente privo di patrimoni che gli fruttino redditi non da lavoro, è motivato a offrire lavoro per tutto il tempo che gli viene richiesto. Nell utopia dualistica di Gorz, piuttosto, la condizione iniziale è quella del famoso slogan lavorare meno, per lavorare tutti. Non vi sono disoccupati perché tutti hanno un orario lavorativo dimezzato. Sulla base di questa premessa, ogni cittadino adulto può decidere sia quanto lavorare, sia quali lavori svolgere. Il suo impegno può essere costituito da un mosaico di attività, in parte eteronome, effettuate per denaro, e in parte autodeterminate, svolte per passione. A sua volta, tuttavia, questa libertà di scelta presuppone un estensione adeguata un uscita dalla marginalità delle attività che hanno in sé la propria finalità e ricompensa. Finché tale estensione non si va affermando, il tempo libero rimane il tempo vuoto del riposo e dello svago, e le difficoltà considerate nel paragrafo 1 restano al centro della scena. È a questo punto che l utopia di Roemer appare preliminare a quella di Gorz. Entrambe sono dualistiche: puntano a separare o due tipi di denaro (la moneta e il capitale), oppure due tipi di risorse (il reddito monetario e la dotazione di non-lavoro) che nel capitalismo sono uniti (la 5

moneta cerca l investimento profittevole che la trasformi in capitale; il non-lavoro cerca l impiego mercantile che lo trasformi in reddito monetario). Mentre la separazione di Roemer interviene per incapsulare la spinta propulsiva dell accumulazione del capitale, la separazione di Gorz rende non necessario il legame tra lavoro e salario. Mentre la prima utopia intende valorizzare un circuito mercantile non-capitalistico, la seconda propugna la fioritura di attività autonome svincolate dall esigenza del guadagno. Ma il punto teorico è che la seconda richiede la prima: soltanto se l imperativo dell accumulazione è stato posto entro precisi confini istituzionali, diventa possibile la promozione di lavori socialmente utili, che non soddisfano la domanda solvibile e non creano profitti, e di attività che ci gratificano in quanto tali. L utopia dualistica di Roemer e Gorz ci ricorda che mentre il mercato è un meccanismo di regolazione, il capitalismo è un tipo di società economica. L uno può stare senza l altro. Soltanto nel capitalismo viene conferita al mercato la funzione di allocare (anche) la considerazione sociale: la quantità di denaro, grazie all universalità delle transazioni, coincide con il livello del successo, dell approvazione altrui e del potere. La costruzione dell identità soggettiva, poggiando esclusivamente sulla capacità di ciascuno di ottenere denaro sui mercati, genera l inversione tra persona e cosa chiamata da Marx alienazione economica. Per sradicare l alienazione occorre pertanto allentare il legame tra denaro e virtù, reddito e prestigio, possesso di merci e realizzazione individuale. La sola possibilità di abolire i rapporti di dominio è riconoscere che il potere funzionale è inevitabile e assegnargli uno spazio circoscritto, anticipatamente determinato, in modo da dissociare potere e dominio, e da proteggere le rispettive autonomie della società civile, della società politica e dello Stato (Gorz 1980, p.73). Qualche anno dopo Claudio Napoleoni (1986, pp.215-16) ribadisce la stessa tesi in modo estremamente suggestivo: La possibilità, che il capitale realizza, di ridurre il tempo di lavoro occorrente a produrre i mezzi di vita, può essere utilizzata per mutare il rapporto tra il tempo che gli uomini dedicano alla produzione e il tempo che essi dedicano a se stessi. [ ] Non si tratta di uscire dal capitalismo per entrare in un altra cosa, ma di allargare nella massima misura possibile la differenza tra società e capitalismo, di allargare cioè la zona di non identificazione dell uomo con la soggettività capovolta (Napoleoni 1986, pp.215-16). 6

3. DIRITTO ALL OZIO COME RIVENDICAZIONE POLITICA? Nel paragrafo 2 abbiamo delineato un ragionamento utopistico, secondo cui la riduzione della durata del lavoro e la congiunta limitazione dell accumulazione del capitale, rappresentano la condizione necessaria per la liberazione del nostro tempo di vita. Affinché quei processi ne siano anche condizione sufficiente, occorrerebbe che il tempo messo a nostra disposizione non comporti il passaggio dall alienazione del produttore all alienazione del consumatore. Il diritto all ozio contribuisce alla nostra felicità se, parafrasando Ezra Pound, l ozio è tempo libero liberato dalla noia. Ma nulla e nessuno possono fornirci garanzie al riguardo, poiché l ozio conferisce un ampia libertà di scelta e l esercizio della libertà è sempre rischioso. L utopia dualistica di Roemer e Gorz diventerà un progetto politico praticabile quando molti di noi riterranno che misurarsi con quel rischio sia in quanto tale un miglioramento della propria condizione. Riferimenti bibliografici Arendt, H. (1958), Vita activa, Bompiani, Milano, 1964. Gorz, A. (1980), Addio al proletariato, Edizioni Lavoro, Roma, 1982. Gorz, A. (1983), La strada del paradiso, Edizioni Lavoro, Roma, 1984. Keynes, J. M. (1930), Prospettive economiche per i nostri nipoti, in Id., La fine del laissez-faire e altri scritti, Bollati Boringhieri, Torino, 1991. Napoleoni C. (1986), Critica ai critici, poi in Id., Dalla scienza all utopia, Bollati Boringhieri, Torino, 1992. Roemer, J. E. (1994), Un futuro per il socialismo, Feltrinelli, Milano, 1996. Russell, B. (1930), La conquista della felicità, TEA, Milano, 1991. Scitovsky, T. (1976), L economia senza gioia, Città Nuova Editore, Roma, 2007. Walzer M. (1983), Sfere di giustizia, Feltrinelli, Milano, 1987. 7