È TRASCORSA UNA SETTIMANA DALL INFARTO: ANGIOPLASTICA O TERAPIA MEDICA?

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Transcript:

È TRASCORSA UNA SETTIMANA DALL INFARTO: ANGIOPLASTICA O TERAPIA MEDICA? D. Antoniucci SOD Cardiologia e Cardiologia Invasiva 1, Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, Firenze. Le linee guida per il trattamento dell infarto miocardico dell ACC/AHA indicano per il paziente con recente infarto miocardico che è completamente asintomatico, una stratificazione del rischio il cui risultato porta alla decisione di dimettere il paziente con terapia farmacologica, od invece di eseguire un esame angiografico nella prospettiva di una rivascolarizzazione chirugica o percutanea 1. Una valutazione funzionale (test ergometrico o stress farmacologico) predimissione è indicata in tutti i soggetti senza disfunzione ventricolare significativa e con un profilo di rischio basso: la dimostrazione strumentale di ischemia inducibile indica l esame coronarografico. L indicazione alla coronarografia ed all eventuale rivascolarizzazione prescinde da una valutazione funzionale in ogni caso di disfunzione ventricolare moderata o severa (frazione di eiezione ventricolare <40%) anche se asintomatica; ed ancora, se il paziente presenta un profilo di elevato rischio anche in presenza di una frazione di eiezione ventricolare sinistra 40%. Non esiste però una definizione univoca del rischio elevato nella fase subacuta di un infarto miocardico decorso senza alcuna complicazione nei primi 7 giorni; quindi l indicazione all esame angiografico nella prospettiva di una rivascolarizzazione non è sottoposta a criteri rigidi di definizione, potendo nel singolo caso pesare la coesistenza di più fattori di rischio coronarico, di localizzazioni clinicamente manifeste o accertate di aterosclerosi in altri distretti vascolari, del rischio di reinfarto. Quest ultima variabile non è identificabile con una valutazione funzionale, anche se è quella che pesa maggiormente ai fini prognostici, essendo il reinfarto gravato da elevata mortalità. In una metanalisi degli studi TIMI 4, TIMI 9, TIMI10B, e IN-TIME II comprendente oltre 20000 pazienti sottoposti a fibrinolisi, il reinfarto occorreva nel 4.2% dei pazienti ed era associato ad un drammatico aumento di mortalità qualunque fosse il rischio TIMI: TIMI score 0-2 mortalità 7,9% per i pazienti con reinfarto e 3,0% per i pazienti senza reinfarto; per un TIMI score 3-4, 15.4% vs 9.2%; per un TIMI score 5, 39.5% vs 25.1 2. Man- 177

cano dati relativi alla mortalità per reinfarto nei pazienti non sottoposti a trattamento riperfusivo e completamente asintomatici, ma sicuramente il reinfarto può realizzarsi anche nei soggetti spontaneamente riperfusi e con una valutazione funzionale negativa. La presenza di miocardio vitale nell area sottesa al vaso di necrosi spontanemente ricanalizzato e la persistenza di una placca rotta sono il substrato fisiopatologico per una trombosi ricorrente complicata da reinfarto. Nei soggetti non spontaneamente riperfusi, la possibilità di reinfarto a breve termine si realizza solo nei soggetti con più placche vulnerabili suscettibili di rottura e trombosi. Anche questa condizione non è identificabile con la classica valutazione funzionale con ergometria o stress farmacologico. Le limitazioni di questo approccio tradizionale della stratificazione del rischio nel soggetto con infarto subacuto e completamente asintomatico, sono ancora maggiori quando l esclusione da una rivascolarizzazione è basata soltanto sull assenza di un ischemia inducibile dallo sforzo o da stress farmacologico. Molti pazienti con infarto miocardico non sottoposti a trattamento fibrinolitico o di angioplastica primaria per ritardo di oltre 12 ore dall esordio dei sintomi mostrano significative quote di miocardio vitale ipoperfuse. Una strategia di rivascolarizzazione meccanica tardiva può ancora determinare un importante salvataggio miocardico con riduzione dell area finale dell infarto e, verosimilmente, una riduzione del rischio di rimodellamento ventricolare e degli eventi clinici a questo associati, l insufficienza cardiaca e la morte a medio-lungo termine. Lo studio BRAVE-2 ha randomizzato a terapia farmacologica o a rivascolarizzazione 365 pazienti con infarto miocardico ammessi oltre le 12 ore dall esordio dei sintomi ed entro 48 ore e completamente asintomatici 3. L end point primario dello studio era il salvataggio miocardico definito dalle dimensioni finali dell infarto valutate con una scintigrafia predimissione. Nei pazienti randomizzati ad una strategia invasiva, le dimensioni finali dell infarto erano inferiori a quelle dei soggetti randomizzati a terapia farmacologica: 8% della superficie dell intero ventricolo nei pazienti rivascolarizzati e 13% nei soggetti randomizzati a terapia farmacologica (P <0.001). Il sottostudio scintigrafico che prevedeva l esecuzione di scintigrafie appaiate per ogni paziente, una prima della randomizzazione e la seconda alla dimissione, ha dimostrato che le dimensioni inferiori dell infarto nei pazienti rivascolarizzati erano dovute al salvataggio di significative quote di miocardio vitale (indice di salvataggio miocardico 0,44 nel gruppo randomizzato a rivascolarizzazione, e 0,23 nel gruppo randomizzato a terapia farmacologica, P <0.001) 4. La dimostrazione di significative quote di miocardio vitale disfunzionante e suscettibile di una ripresa funzionale con la rivascolarizzazione, può essere ottenuta con sufficiente accuratezza predittiva da una varietà di tecniche. Tuttavia la ricerca di vitalità come indicazione alla rivascolarizzazione non è considerata dalle linee guida dell ACC/AHA uno standard diagnostico per l assenza di studi che dimostrano nei soggetti asintomatici un significativo beneficio clinico della rivascolarizzazione 1. I risultati degli studi successivi alla pubblicazione delle linee guida non sembrano giustificare un approccio aggressivo sistematico nei pazienti con infarto subacuto non complicato ed asintomatici. Lo studio BRAVE-2 ha dimostrato che importanti quote di miocardio vitale sono suscettibili di salvataggio con la rivascolarizzazione; ma questo ri- 178

sultato, per il modesto numero dei pazienti ed il breve follow-up (30 giorni) non poteva tradursi in un significativo vantaggio clinico: l incidenza di morte, reinfarto e stroke era del 4.4% nei soggetti rivascolarizzati e 6.6% nei soggetti randomizzati alla terapia farmacologica (P = 0.37) 3. Ancora, lo studio OAT non ha dimostrato alcun beneficio della rivascolarizzazione nei soggetti asintomatici con vaso di necrosi persistentemente occluso a distanza di 3-28 giorni dall infarto 5. L ipotesi di questo studio era che la rivascolarizzazione percutanea, rispetto alla terapia farmacologica, determinasse una riduzione dell incidenza di morte, di reinfarto, di grave insufficienza cardiaca. Sono stati randomizzati 2166 pazienti. L incidenza dell end point composito di morte, reinfarto, insufficienza cardiaca grave, è risultata ad un follow-up di 3 anni del 17.2% nel gruppo randomizzato alla rivascolarizzazione e 15.6% nel gruppo randomizzato a terapia farmacologica (P=0.20). Lo studio rilevava una significativa quota di necrosi periprocedurali nei soggetti sottoposti ad angioplastica (10%) e che l embolizzazione di materiale aterotrombotico durante la procedura può avere impedito una effettiva riperfusione miocardica, malgrado la riapertura del vaso di necrosi ed il ristabilimento di un flusso anterogrado. I risultati di questo studio meritano un commento specifico per la difficoltà di interpretazione. Il primo punto da rimarcare è relativo alla selezione dei pazienti. Lo studio escludeva i pazienti sintomatici o con grave ischemia inducibile, o con malattia del tronco comune o dei 3 vasi coronarici. Il periodo di arruolamento è stato abnormemente lungo (6 anni) con una media di arruolamento per centro molto bassa. Ancora, l età della popolazione eccessivamente bassa rispetto al mondo reale, con un valore mediano inferiore a 59 anni in entrambi i gruppi. Questo elemento può avere condizionato fortemente i risultati finali: nell analisi per sottogruppi era rilevabile una interazione significativa del tipo di trattamento con l età (P=0.05): nei pazienti di età superiore a 65 anni e randomizzati a rivascolarizzazione l incidenza dell end point primario era più bassa di quella dei pazienti randomizzati a terapia farmacologica (17.8% vs 21.3%). La percentuale di successo della procedura di angioplastica è relativamente bassa (87%), ed è ancora più bassa quando si considera la definizione di successo procedurale usata nello studio: stenosi residua <50% ed un flusso TIMI 2 o 3, od anche 1 se dovuto esclusivamente alla ostruzione del microcircolo coronarico. Un sottostudio angiografico, TOSCA- 2, che prevedeva un controllo ventricolocoronarografico ad 1 anno dalla randomizzazione e comprendente 380 pazienti (195 randomizzati ad angioplastica e 185 a terapia farmacologica), ha dimostrato una patency rate più alta nel gruppo angioplastica (83% vs 25%, P <0.001), ma questo risultato non si associava ad un incremento significativamente maggiore della frazione di eiezione ventricolare sinistra (4.2% vs 3.5%, P = 0.47) 6. Altri 4 studi randomizzati di confronto della riperfusione meccanica nella fase subacuta dell infarto miocardico, hanno fornito risultati contrastanti. Lo studio TAMI 6, condotto più di 15 anni fa, era basato su un campione molto piccolo di pazienti (71 pazienti) e non ha dimostrato alcun effetto dell angioplastica a 6 mesi 7. Uno studio giapponese condotto su 83 pazienti con infarto anteriore e seguiti con un follow-up di 5 anni, ha dimostrato una marcata riduzione di eventi cardiaci avversi (morte, reinfarto, insufficienza cardiaca congestizia) nei pazienti sottoposti ad angioplastica (9% vs 49%, P <0.0001) ri- 179

spetto ai pazienti randomizzati a terapia farmacologica 8. Lo studio TOAT, basato su un piccolo campione di 66 pazienti con infarto anteriore e occlusione della discendente anteriore ha dimostrato un effetto negativo della ricanalizzazione meccanica sul rimodellamento ventricolare 9. Uno studio multicentrico francese basato su 212 pazienti ha fornito risultati diversi: a 6 mesi, i pazienti randomizzati ad angioplastica avevano un incremento significativamente maggiore della frazione di eiezione ventricolare sinistra (5%, P=0.013) 10. A 34 mesi l incidenza del composito di morte, reinfarto, tachiaritmie ventricolari e ricovero ospedaliero per insufficienza cardiaca, era più bassa nel gruppo angioplastica rispetto al gruppo controllo; ma questa differenza, per la bassa potenza dello studio, non raggiungeva significatività statistica (10.1% vs 12.6%, P=0.56). All incertezza o all evidenza negativa di questi studi randomizzati si contrappone un evidenza positiva fornita da importanti studi retrospettivi. Uno studio di Cigarroa et al condotto su 179 pazienti con infarto miocardico seguiti con un follow-up di circa 4 anni ha dimostrato che nei pazienti che in fase subacuta all angiografia dimostravano un ripristino spontaneo del flusso anterogrado (64 pazienti), la mortalità era 0; di contro, i pazienti con arteria occlusa avevano una mortalità del 18% (P <0.001) 11. Galvani et al in una serie di 172 pazienti con un primo infarto Q, seguiti per un periodo medio di 43 mesi hanno dimostrato risultati analoghi. Nell intero campione si sono verificate 16 morti, e di queste 15 erano in pazienti con vaso di necrosi occluso 12. All analisi multivariata, la pervietà del vaso di necrosi era indipendentemente correlata con la sopravvivenza (z = 2.24, P <0.05). Nello studio SAVE, un sottogruppo di 946 pazienti sottoposti a coronarografia ed in parte non rivascolarizzati (162 pazienti) la persistenza di un vaso di necrosi occluso era predittiva di mortalità ad un follow-up medio di 3.5 anni (RR 1.49, P < 0.05) 13. Infine, un analisi su 11.228 pazienti dello studio GUSTO 1 ha dimostrato che un vaso di necrosi pervio è indipendentemente correlato con la sopravvivenza ad 1 mese (P <0.001) 14. Un analisi critica dei risultati di questi studi non consente di affermare che nel paziente asintomatico e con infarto subacuto non sottoposto a trattamento riperfusivo nella fase acuta, la terapia farmacologica sia la migliore opzione. I risultati negativi sugli effetti della ricanalizzazione meccanica tardiva possono essere spiegati dalla bassa potenza di alcuni studi, dalla inefficacia della riperfusione in molti pazienti con un microcircolo già distrutto oppure danneggiato dalla procedura interventistica per embolizzazione. Certamente, alla luce dei risultati dello studio OAT, la late artery hypothesis deve essere riconsiderata. Probabilmente, in assenza di miocardio vitale (stordito o ibernato) il vaso di necrosi pervio non assicura i benefici clinici che si ipotizzava potessero derivare da un effetto meccanico antirimodellamento ventricolare, un effetto antiaritmico, ed un effetto protettivo in caso di chiusura acuta di un altro vaso epicardico. Riesce difficile credere che il recupero funzionale di aree significative di miocardio ibernato non possa avere un impatto clinico a distanza. Lo studio BRAVE 2 ha dimostrato che anche oltre le 12 ore dall inizio dei sintomi, la ricanalizzazione del vaso di necrosi può determinare una marcata riduzione dell area a rischio 4. Il potere statistico dello studio non consentiva di riconoscere un impatto clinico significativo in un follow-up di breve termine. Tuttavia, già questo risultato giustifica l adozione di una strategia in- 180

vasiva nei pazienti che dimostrino significative quote di miocardio vitale, con tecniche di immagine con elevata predittività diagnostica. La rivascolarizzazione percutanea nell infarto subacuto, per essere efficace dovrà tenere conto di alcuni aspetti tecnici specifici di questa condizione. Lo spettro angiografico in un paziente con infarto subacuto e asintomatico può essere molto variabile. In alcuni casi, i più semplici, l angiografia può dimostrare una riperfusione spontanea ed una placca instabile senza evidenza di trombosi. In questi casi lo stent diretto del vaso ha un basso rischio di embolizzazione. All estremo opposto, il vaso può essere completamente chiuso e con un forte carico trombotico ed alto rischio di embolizzazione e reinfarto. Tra questi due estremi esiste un ampio spettro di possibilità (stenosi severa e trombo post-stenosi non organizzato, e quindi altamente friabile, trombosi subocclusiva con trombo in fase avanzata di organizzazione con relativa maggiore resistenza alla trombectomia, ma con alto potenziale emboligeno durante stenting). Tutti questi casi devono essere affrontati con le tecniche più appropriate (trombectomia reolitica o meccanica diretta, sistemi di protezione antiembolica con basso profilo, terapia aggiuntiva antitrombotica) se si vuole ottenere una riperfusione efficace ed evitare il sommarsi di un danno iatrogeno (reinfarto) al primo danno spontaneo (infarto). BIBLIOGRAFIA 11) Antman EM, Anbe DT, Armstrong PW, et al. ACC/AHA guidelines for the management of patients with ST elevation myocardial infarction: a report of the ACC/AHA Task Force on practice guidelines (writing committee to revise the 1999 guidelines for the management of patients with acute myocardial infarction). J Am Coll Cardiol 2004; 44:671-719 12) Gibson CM,Karha J, Murphy SA, et al. Early and long-term clinical outcomes associated with reinfarction following fibrinolytic administration in the Thrombolysis in Myocardial Infarction Trials. J Am Coll Cardiol 2003; 42:7-16 13) Schomig A, Mehilli J, Antoniucci D, et al. Mechanical reperfusion in patients with acute myocardial infarction presenting more than 12 hours from symptom onset. JAMA 2005; 293:2865-72 14) Parodi G, Ndrepepa G, Castrati A, et al. Ability of mechanical reperfusion to salvage myocardium in patients with acute myocardial infarction presenting beyond 12 hours after onset of symptoms. Am Heart J 2006 (in press) 15) Hochman JS, Lamas GA, Buller CE, et al. Coronary intervention for persistent occlusion after myocardial infarction. N Engl J Med 2006; 355 (in press) 16) Dzavik V, Buller CE, Lamas GA et al. Late revascularization of occluded infarctrelated arteries to achieve long-term patency and improve ventricular function : the Total Occlusion Study of Canada (TOSCA)-2 trial. Circulation 2006; 114 (in press) 17) Topol EJ, Califf RM, Vandormael M, et al. A randomized trial of late reperfusion therapy for myocardial infarction. Thrombolysis and Angioplasty in Myocardial Infarction Study Group. Circulation 1992; 85:2090-9 18) Horie H, TakahashiM, Minai K, et al. Long-term beneficial effect of late reperfusion for acute anterior myocardial infarction with percutaneous transluminal coronary angioplasty. Circulation 1998; 98:2377-82 181

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