EPATITE DA VIRUS C: LA DIAGNOSTICA MORFOLOGICA. Maria Guido Istituto di Anatomia Patologica Azienda Ospedale-Università Padova

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EPATITE DA VIRUS C: LA DIAGNOSTICA MORFOLOGICA Maria Guido Istituto di Anatomia Patologica Azienda Ospedale-Università Padova

INTRODUZIONE È importante, ai fini dell uso appropriato dell esame bioptico, conoscere, nel contesto clinico di cui ci occupiamo, quali informazioni possono essere ottenute con l esame morfologico. Tali informazioni sono: 1. La diagnosi di epatite cronica e la caratterizzazione etiologica 2. La valutazione della gravità del danno epatitico (Grading e Staging) 3. La identificazione di lesioni accessorie, clinicamente non rilevabili, ma potenzialmente utili. 1. La diagnosi di epatite cronica e la caratterizzazione etiologia La valutazione dei tests di funzionalità epatica e la ricerca sierologia dei marcatori virali (anticorpi e/o genomi virali) consentono di formulare la diagnosi di epatite cronica da virus C con elevata affidabilità. Pertanto, la biopsia epatica non rappresenta il test di scelta per la diagnosi di epatite cronica e per la identificazione della etiologia virale, ad eccezione che in ben definiti contesti clinici. Questi sono rappresentati da: a. status anti-hcv positivo in pazienti con insufficienza renale, sottoposti ad emodialisi b. sindrome da immunodeficienza acquisita o congenita c. terapia immunosoppressiva (post-trapianto) d. sospetto clinico di fattori etiologici multipli 2. La estensione del danno epatitico (Grading e Staging) Pur con i limiti impliciti in un campione che rappresenta una parte molto piccola (circa 1/50.000) dell organo da esaminare, la agobiopsia epatica è considerata il gold standard per la valutazione della gravità del danno epatitico. È infatti accettato che esiste una scarsa correlazione

tra i valori dei tests di funzionalità epatica e la estensione, sia delle lesioni necro-infiammatorie, sia (e in misura più rilevante) della fibrosi. Tecniche di immagine e tecniche biochimiche sono state studiate al fine di identificare strumenti non invasivi per la quantificazione del danno epatitico, ma nessuna di esse trova oggi applicazione nella routine clinica. La quantificazione del danno necro-infiammatorio rappresenta la graduazione della attività di malattia (Grading). La quantificazione della fibrosi rappresenta lo stadio di progressione della malattia nell ipotetico itinerario che dalla epatite conduce alla cirrosi ( Staging). Nella epatite C lo stadio è considerato il fattore prognostico più importante e influenza gli effetti della terapia. Esistono diversi sistemi di score per la valutazione dello stadio e del grado della epatite, tutti basati su una valutazione di tipo semiquantitativo delle singole lesioni elementari. I criteri che devono guidare nella scelta del sistema di score da utilizzare nella pratica diagnostica sono in primo luogo la sua riproducibilità e la utilità clinica. Per i differenti obiettivi che si propongono, i metodi di score adottati nella pratica diagnostica non devono necessariamente essere quelli utilizzati nella ricerca. Mentre nella pratica diagnostica è fondamentale la riproducibilità intra-observer, nella ricerca, specie se condotta con studi multicentrici non centralizzati, l accordo intra-observer è imprescindibile. 3. La identificazione di lesioni accessorie, clinicamente non evidenti, ma potenzialmente utili. Accanto alle lesioni necro-infiammatorie che caratterizzano in senso stretto il quadro epatitico e che concorrono a definire il grado e lo stadio della malattia, è possibile osservare lesioni morfologiche accessorie, il cui rilievo può suggerire al clinico comportamenti utili nei singoli casi.

a. Depositi di ferro. Sono facilmente identificati con l uso di una metodica istochimica dotata di assoluta specificità (Metodo di Perls), che viene generalmente eseguita di routine. La presenza di siderosi parenchimale che può essere osservata nella epatite C è stata correlata con la risposta alla terapia con interferone. b. Steatosi. La steatosi è frequente nella epatite C. La sua presenza, soprattutto nella recidiva di infezione post-trapianto, è stata correlata con una evoluzione più severa della fibrosi. c. Displasia epatocitaria. La displasia epatocitaria costituisce fattore di rischio per lo sviluppo di epatocarcinoma. Il suo rilievo, specie nel contesto di noduli cirrotici, può suggerire la necessità di uno stretto follow-up. ASPETTI TECNICI Affinché l esame morfologico produca tutte le informazioni per le quali è stato eseguito, è indispensabile che il campionamento bioptico sia adeguato. Pure non esistendo un consenso internazionale, è generalmente accettato che per la valutazione del grado di attività e dello stadio di epatite cronica virale è adeguato un campione bioptico: a) non sottocapsulare, b) di lunghezza non inferire a cm.1,5, c) comprendente un numero di spazi portali completi non inferiore a 4. Esistono evidenze che dimostrano che, con un campione bioptico di lunghezza inferiore a cm.1.5, il rischio di sottostimare il grado di attività e lo stadio è elevato. L utilizzo di aghi sottili è sconsigliato poiché il loro diametro è spesso inferiore alla ampiezza media degli spazi portali che risultano incompleti e pertanto non adeguati alla corretta interpretazione e quantificazione delle lesioni.

Considerata la invasività dell esame bioptico, il campionamento adeguato costituisce un obiettivo etico tanto quanto la corretta selezione dei pazienti da sottoporre a biopsia epatica.

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