Presentazione La relazione esistente tra la competenza sociale e lo sviluppo comunicativo e linguistico rappresenta l oggetto del presente lavoro, nato dall interesse per un particolare contesto di vita quotidiano dei bambini: l asilo nido. Oggi, oltre all aumento delle richieste di iscrizioni al nido, dovute alle notevoli modificazioni della società, è emersa una maggiore attenzione anche per l aspetto qualitativo di questi ambienti. In particolare, il ruolo dell educatore si è modificato, richiedendo sempre più una grande sensibilità ed attenzione. Prima fra tutte, la capacità osservativa, vale a dire il saper rilevare i cambiamenti e le caratteristiche che contraddistinguono ogni singolo bambino nel percorso evolutivo individuale. La fase di ricerca si è avvalsa proprio di questa abilità delle educatrici che hanno partecipato al progetto. Nel primo capitolo sono state descritte le varie tappe di acquisizione del linguaggio e il loro progressivo sviluppo: una prima fase caratterizzata dalla produzione delle prime parole; una seconda in cui il lessico diventa sempre più ampio per poi arrivare alla produzione delle prime frasi. Nel secondo capitolo, sono stati presentati alcuni metodi di rilevazione del linguaggio infantile. È stata descritta l osservazione diretta, il suo evolversi nel corso degli anni, per arrivare a garantire ai resoconti una sistematicità e validità tipica delle ricerche scientifiche. Sono stati poi descritti i metodi di osservazione di tipo indiretto, prendendo in esame alcuni degli strumenti utilizzati. È stato illustrato il Questionario sullo sviluppo comunicativo e linguistico nel secondo anno di vita (QSCL; Camaioni, Caselli, Volterra, Luchenti, 1992; Camaioni, Caselli, Volterra, Longobardi, Luchenti, 2008) e Il Primo Vocabolario del Bambino (PVB; 2
Caselli, Casadio, 1995; Caselli, Pasqualetti, Stefanini, 2007). L ultima parte del secondo capitolo è stata dedicata all osservazione nel contesto educativo, in particolare nell asilo nido, dando rilevanza anche alle abilità sociali mostrate dai bambini, strettamente connesse alla competenza linguistica. È stato quindi descritto il Questionario per la valutazione del comportamento sociale all asilo nido di D Odorico, Cassibba e Buono, (2000). Nel terzo capitolo viene presentata la ricerca e successivamente vengono discussi i dati raccolti, presso due asili nido, tramite il PVB e il Questionario per la valutazione del comportamento sociale all asilo nido, su un gruppo di 53 bambini, di età cronologica differente (età media = 27,9 mesi). L obiettivo del lavoro è stato quello di analizzare lo sviluppo comunicativo e linguistico e della competenza sociale e di verificare il tipo di relazione esistente tra queste due abilità. Sono state prese in considerazione le variabili relative al PVB in termini di ampiezza di vocabolario, lunghezza media dell enunciato (LME), il numero di frasi prodotte nella sezione Complessità e la percentuale di frasi complete dal punto di vista morfosintattico. Per quanto riguarda il questionario sulla competenza sociale è stato considerato il punteggio complessivo ottenuto da ciascuno dei bambini osservati, l età di inserimento al nido e il periodo di frequenza del nido. Dall analisi dei dati è emersa una correlazione significativa tra i punteggi dei due questionari utilizzati ad eccezione dell Età d inserimento al nido e del Periodo di frequenza al nido che non sono risultate correlate significativamente con le altre variabili esaminate. Un aspetto importante evidenziato riguarda il poter considerare le educatrici una fonte attendibile per la rilevazione dei dati e allo stesso tempo l aver permesso loro di incrementare la capacità osservativa e di 3
conseguenza la sensibilità nei confronti delle piccole ma, a volte sostanziali, modifiche che si verificano nel progredire dello sviluppo di ogni bambino. Il presente lavoro va inserito comunque in un progetto di ricerca più ampio, avendo un carattere per lo più esplorativo. 4
1. LO SVILUPPO COMUNICATIVO E LINGUISTICO NEI PRIMI 3 ANNI DI VITA 1.1. La comunicazione pre-verbale La produzione della prima parola di un bambino rappresenta un momento atteso con ansia da parte dei genitori. È una tappa importante dello sviluppo che segna il passaggio del piccolo da una comunicazione caratterizzata da vocalizzi e gesti ad una comunicazione di tipo verbale. Il bambino riesce ad imparare in pochissimo tempo la lingua a cui è esposto, senza il bisogno di un insegnamento specifico. La capacità di comunicazione, non si realizza soltanto tramite l uso del linguaggio parlato, ma anche attraverso la modalità gestuale. È infatti, proprio questo tipo di comunicazione che il bambino usa prima di iniziare a formulare le prime le parole. Nei primi mesi di vita, il neonato stabilisce un tipo di comunicazione diadica con il caregiver (di solito la madre), al quale spetta il compito importantissimo di interpretare prontamente e correttamente i messaggi lanciati dal bambino. È la madre che in realtà costruisce la comunicazione, trattando il bambino come se fosse in grado di comunicare in modo intenzionale (Camaioni, 1996). I primi segnali prodotti, sono di tipo riflesso: il bambino piange, sorride o emette dei vocalizzi. Il compito della madre è di adattare le sue risposte in modo adeguato, nonostante questi segnali non siano ancora usati intenzionalmente dal piccolo. Le caratteristiche di intenzionalità e di reciprocità sono, infatti, due importanti 5
pre-requisiti della comunicazione, basilari per lo sviluppo linguistico e comunicativo in generale. Il processo di acquisizione del linguaggio, nel quale il bambino gioca un ruolo attivo, è caratterizzato da una certa continuità e da un ampia variabilità inter e intra-individuale. Lo sviluppo fonologico inizia dalla nascita e i primi suoni prodotti dal neonato sono concomitanti al pianto e finalizzati alla soddisfazione delle sue esigenze fisiologiche primarie (fame, sete, dolore, freddo ecc.). Tra i 2 e i 6 mesi d età si presentano, in modo stabile, i suoni vocalici, le vocalizzazioni non di pianto, che entrano a far parte delle sequenze protoconversazionali (Camaioni, 1993). Comincia a comparire, sempre più di frequente, l alternanza di turni linguistici con i genitori o con gli adulti che si prendono cura del bambino. Intorno ai 6-7 mesi compare il babbling canonico o lallazione, che consiste nella capacità del bambino di produrre delle sequenze formate da consonante-vocale (CV, CVCV). A questo punto dello sviluppo si stabilizza la produzione degli elementi fonetici caratteristici della lingua materna. L insieme dei suoni prodotti dal piccolo si modifica, riducendosi a quelli che caratterizzano la lingua parlata nel contesto in cui è inserito (circa 30 per la lingua italiana). Nello stesso periodo, inizia a comparire la prosodia. D Odorico (2005) riporta alcuni dei lavori che hanno verificato quanto e in che modo la complessità e la struttura delle sillabe prodotte dai bambini a quest età possono essere considerate dei validi predittori del successivo sviluppo linguistico. Ad esempio già Kagan in un suo lavoro del 1971, aveva evidenziato che le vocalizzazioni prodotte a 4 mesi correlavano con l ampiezza del vocabolario a 27 mesi. Una ricerca più recente, di Camp, Burgess, Morgan e Zerbe (1987), ha confermato i risultati riportati in precedenza, 6
evidenziando che le vocalizzazioni, prodotte tra i 4 e i 6 mesi di età, in un gruppo di bambini osservati longitudinalmente fino a 12 mesi, sono i migliori predittori dello sviluppo linguistico a 12 mesi. Nella ricerca condotta da D Odorico Bortolini, De Gasperi, e Assanelli, (1999), è emerso che la presenza di lallazioni a 7 mesi è correlata significativamente con il numero di parole prodotte a 12 mesi. I primi 6-8 mesi di vita del bambino fanno parte della fase pre-intenzionale. Questo periodo è caratterizzato dall incapacità di realizzare una sequenza di tipo triadico bambino-oggetto-altra persona, nonostante il bambino sia già in grado di instaurare degli scambi e di interagire con le persone. I tipi di interazioni che è possibile rilevare a quest età sono due: quella diadica, tra il bambino e il genitore, e un tipo di interazione, sotto forma di gioco esplorativo, con gli oggetti. In quest ultimo caso, il piccolo non è ancora in grado di condividere intenzionalmente la sua attenzione con l adulto presente. Solo in seguito il bambino usa un mezzo per usare un mezzo per raggiungere uno scopo (Camaioni, Volterra, Bates, 1976; 1986) e quindi si realizza la capacità di comunicare intenzionalmente. La funzione d intermediario, in questa fase, può essere svolta non solo da un oggetto, ma anche da un altra persona che interviene per soddisfare le richieste del bambino. Il mezzo intermedio può essere un segnale, gestuale e/o vocale, prodotto intenzionalmente per comunicare con l adulto di riferimento e quindi, permettere di raggiungere l oggetto, tramite il suo intervento. Le modalità usate più di frequente dal bambino per comunicare, in questa fase dello sviluppo, sono due: la richiesta, che si esprime mediante l indicare o la vocalizzazione verso l oggetto desiderato e la denominazione, caratterizzata dai gesti dell indicare, del mostrare o del dare l oggetto 7
all adulto. Quando formula una richiesta, il bambino cerca di influenzare il comportamento dell adulto e di usarlo strumentalmente per raggiungere uno scopo; con la dichiarazione, egli intende, invece, influenzare lo stato mentale dell adulto, rispetto a qualche aspetto della realtà. Possono essere prodotti uno per volta o in successione e sono solitamente accompagnati dallo sguardo rivolto all adulto. L uso dello sguardo viene a ridursi nel momento in cui il bambino diviene sicuro della reazione e dell effetto che i suoi segnali provocheranno sull adulto. Questi gesti, identificati inizialmente come performativi (Camaioni, Volterra, Bates, 1976; 1986), sono stati definiti gesti comunicativi intenzionali deittici, (Caselli, Casadio, 1995) ed esprimono l'intenzione comunicativa del bambino. Verso i 10-12 mesi, compare il babbling variato, cioè la capacità del bambino di produrre strutture sillabiche lunghe e complesse (VCV, CVCCV) e cominciano a presentarsi le prime protoparole, quei suoni simili a parole, usati in contesti caratteristici e che assumono perciò, una funzione comunicativa specifica. In questa fase dello sviluppo, un ruolo importante è giocato dagli scambi vocali con l adulto, finalizzati all acquisizione da parte del bambino della capacità di rispettare l alternanza dei turni dialogici, su cui successivamente si baserà la competenza conversazionale (Camaioni, Volterra, Bates, 1976; 1986). Oltre alla produzione di questi segnali, il bambino comincia ad esprimersi anche mediante i gesti comunicativi intenzionali referenziali (Caselli, Casadio, 1995) o simbolici, il cui significato è convenzionalizzato dal bambino e dai suoi interlocutori e non varia al variare del contesto (es.: fare ciao con la manina, scuotere la testa per dire di no, ecc.). In uno studio longitudinale su 23 bambini, di Caselli, Volterra, Camaioni e Longobardi 8
(1993), è emersa la presenza di gesti referenziali già all età di 12 mesi. In due ricerche precedenti, analizzando lo sviluppo comunicativo e linguistico di un gruppo di 23 bambini a 12, 16 e 20 mesi, Camaioni, Caselli, Longobardi e Volterra (1991a; 1991b) hanno verificato che all aumentare dell ampiezza del vocabolario, i gesti referenziali diminuiscono gradualmente. Questo risultato evidenzia che le due modalità di comunicazione, dopo essersi sviluppate in parallelo (a 16 mesi il numero di gesti e parole prodotte è all incirca lo stesso), tendono a differenziarsi ed infine a divergere. La spiegazione data a questa progressione fa riferimento alle influenze che l ambiente sociale esercita sull apprendimento, favorendo e fornendo in misura maggiore dei modelli vocali, rispetto a quelli gestuali, soprattutto col crescere dell età del bambino. I gesti intenzionali deittici e referenziali sono stati oggetto di numerose ricerche, essendo predittivi dello sviluppo comunicativo e linguistico. Come numerosi autori hanno evidenziato (Camaioni et al., 1991a; Camaioni et al., 1991b; Camaioni et al., 1992; Tomasoni, Manfredi, Della Vedova, Mahony e Imbasciati, 1998; Capirci, Iverson, Montanari e Volterra, 2002; Iverson, Goldin-Meadow, 2005; Salley, Dixon, 2007), l indicazione, i gesti referenziali e il ricorso all adulto sono tre importanti fattori che correlano positivamente con il successivo ampliarsi del vocabolario. Nello studio di Tomasoni et al., (1998), i gesti deittici sono stati definiti come i precursori delle prime parole, proprio perché esprimono l intenzione comunicativa del bambino. Dall analisi dei dati raccolti è emerso che i bambini che utilizzano pochi gesti comunicativi all età di 10 mesi, tendono ad usare poco anche il gesto dell indicazione, nonostante a 18 mesi, sia stato evidenziato un recupero di questa capacità. 9
Inoltre, la difficoltà nell acquisire e nell utilizzare i gesti, si riflette sul linguaggio, risultando meno sviluppato nei soggetti caratterizzati da un basso uso dei gesti comunicativi, rispetto al gruppo di controllo. I bambini del gruppo di controllo, a 10 mesi, ma non a 18, possedendo una migliore capacità nell utilizzo della comunicazione gestuale, sono anche in grado di usare di più l adulto, rispetto al gruppo che presentano un impiego minore della comunicazione non-verbale. Anche le variabili cognitive legate all acquisizione della capacità comunicativa e linguistica, sono state studiate in modo approfondito, per verificare quali domini cognitivi avessero una significatività maggiore. La permanenza dell oggetto e le relazioni spaziali non sembrano avere una correlazione significativa con lo sviluppo della comunicazione sia gestuale che linguistica, mentre la relazione mezzi-scopi, l imitazione e il gioco simbolico correlano in modo positivo con entrambe le modalità comunicative. La prima fase dello sviluppo linguistico è contraddistinta quindi, dalla comunicazione gestuale. Nel momento in cui compare la caratteristica d intenzionalità, il linguaggio procede in parallelo rispetto allo sviluppo della causalità e delle relazioni mezzi-scopi. Questo passaggio avviene, infatti, nel corso del quinto stadio dello sviluppo sensomotorio individuato da Piaget. È inoltre possibile affermare che, l intenzionalità comunicativa si sviluppa prima rispetto al linguaggio parlato, essendo presente prima che il lessico del bambino inizi a formarsi (Camaioni, 1996). 10