Corso di laurea in Fisica A.A. 2008/09 Contenuto sintetico del corso di Analisi Matematica II-B 1 Massimi e minimi per funzioni di n variabili 1.1 Massimi e minimi relativi 1.1.1 Condizioni al primo ordine Definizione. Sia f una funzione definita in un sottoinsieme A di R n. Un punto x interno ad A si dice di massimo (minimo) relativo, o locale, per f se esiste un intorno sferico di x di raggio r > 0, I r, tale che f(y) f(x) (f(y) f(x)) y I r. Un punto di massimo o minimo relativo si dice di estremo relativo. Proposizione. Se x è un punto di estremo locale per f e f ammette derivata direzionale lungo una direzione v in x allora f (x) = 0. v Corollario. Se x è un punto di estremo locale per f e f ammette gradiente in x allora f(x) = 0. Proposizione (dim.). Se x è un punto di massimo (minimo) locale per f e v è una qualsiasi direzione, allora la funzione di una variabile reale t φ(t) = f(x + tv) (ovvero la restrizione di f alla retta per x parallela a v), ha un massimo (minimo) per t = 0. 1.1.2 Condizioni al secondo ordine Sia M = (m ij ) i,j=1,...,n una matrice quadrata di ordine n e sia X = (X 1,...,X n ) un elemento di R n ; indichiamo con X T il vettore trasposto di X. Allora il prodotto XMX T può essere scritto come n XMX T = m ij X i X j. Definizione. Una matrice quadrata M di ordine n si dice semi definita positiva se i,j=1 XMX T 0 X R n. Analoga definizione si da per matrici semi definite negative. Una matrice quadrata M di ordine n si dice definita positiva se esiste una costante λ > 0 tale che XMX T λ X 2 X R n. Analoga definizione si da per matrici definite negative.
Notazione. Sia M una matrice n n simmetrica. Se M è semi definita positiva (rispettivamente, definita positiva), scriviamo M 0 (rispettivamente M > 0). Notazione analoga per matrici semi definite e definite negative. Teorema. Sia M una matrice quadrata simmetrica di ordine n e siano λ 1,...,λ n i suoi autovalori. M è semi definita positiva se e solo se λ i 0, per i = 1,...,n; M è definita positiva se e solo se λ i > 0, per i = 1,...,n. Un enunciato analogo vale per matrici semi definite e definite negative. Osservazione. Sia M una matrice quadrata simmetrica di ordine 2. Condizione necessaria affinché M 0 è che det(m) 0 e tr(m) 0. Condizione sufficiente affinché M > 0 è che det(m) > 0 e tr(m) > 0. Teorema (dim.). Sia f C 2 (A), A R n, e sia x un punto interno a A tale che f(x) = 0. Se x è un punto di massimo (minimo) relativo per f, si ha D 2 f(x) 0 (D 2 f(x) 0). Se D 2 f(x) < 0 (D 2 f(x) > 0) allora x è un punto di massimo (minimo) relativo per f. Sia f C 2 (A), A R 2 e sia (x,y) un punto interno a A tale che f(x,y) = 0. Supponiamo che det(d 2 f(x,y)) 0. Se det(d 2 f(x,y) > 0 e tr(d 2 f(x,y)) > 0 allora (x,y) è un punto di minimo locale per f. Se det(d 2 f(x,y) > 0 e tr(d 2 f(x,y)) < 0 allora (x,y) è un punto di massimo locale per f. Se det(d 2 f(x,y) < 0 allora (x,y) non è né un punto di minimo né un punto di massimo locale per f. 1.2 Massimi e minimi vincolati in dimensione n = 2 e n = 3 1.2.1 Il caso n = 2 Teorema (della funzione implicita in dimensione n = 2) (dim.). Sia A un sottoinsieme aperto di R 2 e sia F C 1 (A). Sia ( x,ȳ) A tale che F ( x,ȳ) 0. y Allora esistono r 1,r 2 > 0 ed una funzione f = f(x) definita in [ x r 1, x+r 1 ] a valori in [ȳ r 2,ȳ+r 2 ] tali che R {(x,y) A : F(x,y) = 0} = {(x,y) : x [ x r 1, x + r 1 ], y = f(x)}, dove R = [ x r 1, x + r 1 ] [ȳ r 2,ȳ + r 2 ]. Inoltre f C 1 ([ x r 1, x + r 1 ]) e f f x (x) = (x,f(x)) f y (x,f(x)) x [ x r 1, x + r 1 ]. Definizione. Sia A R 2 un insieme aperto e sia F C 1 (A); consideriamo l insieme C = {(x,y) A : F(x,y) = 0}. C si dice un vincolo regolare se: (i) C ; (ii) F(x, y) (0, 0) per ogni (x, y) C.
Definizione. Sia A R 2 un insieme aperto, sia C A un vincolo regolare e sia f una funzione definita in A. Un punto ( x,ȳ) C si dice punto di massimo (minimo) vincolato per f su C se esiste r > 0 tale che f( x,ȳ) f(x,y) (f( x,ȳ) f(x,y)) (x,y) C I r ( x,ȳ), dove I r ( x,ȳ) indica l intorno circolare di ( x,ȳ) di raggio r. Teorema (dei moltiplicatori di Lagrange in dimensione n = 2) (dim.). Sia A R 2 un insieme aperto, sia C A un vincolo regolare e sia f C 1 (A). Se ( x,ȳ) C è un punto di massimo o minimo vincolato per f su C, esiste un numero reale λ tale che f( x,ȳ) = λ F( x,ȳ). Osservazione. Sia A R 2 un insieme aperto, sia C A un vincolo regolare. Supponiamo che C sia il supporto di una curva parametrica regolare γ di equazioni parametriche { x = x(t) t (a,b). y = y(t) Sia f C 1 (A). Un punto (x 0,y 0 ) = (x(t 0 ),y(t 0 )) C è un punto di massimo (minimo) vincolato per f su C se e solo se t 0 è un punto di massimo (minimo) relativo per la funzione t φ(t) = f(x(t),y(t)), t (a,b). 1.2.2 Il caso n = 3 con vincolo bidimensionale Definizione. Sia A R 3 un insieme aperto e sia F C 1 (A); consideriamo l insieme C = {(x,y,z) A : F(x,y,z) = 0}. C si dice un vincolo regolare bidimensionale se: (i) C ; (ii) F(x,y,z) (0,0,0) per ogni (x,y,z) C. Definizione. Sia A R 3 un insieme aperto, sia C A un vincolo regolare bidimensionale e sia f una funzione definita in A. Un punto ( x,ȳ, z) C si dice punto di massimo (minimo) vincolato per f su C se esiste r > 0 tale che f( x,ȳ, z) f(x,y,z) (f( x,ȳ, z) f(x,y,z)) (x,y,z) C I r ( x,ȳ, z), dove I r ( x,ȳ, z) indica l intorno sferico di ( x,ȳ, z) di raggio r. Teorema (dei moltiplicatori di Lagrange in dimensione n = 3, con vincolo bidimensionale). Sia A R 3 un insieme aperto, sia C = {(x,y,z) A : F(x,y,z) = 0} un vincolo regolare bidimensionale. Sia f C 1 (A). Se ( x,ȳ, z) C è un punto di massimo o minimo vincolato per f su C, esiste un numero reale λ tale che f( x,ȳ, z) = λ F( x,ȳ, z).
1.2.3 Il caso n = 3 con vincolo unidimensionale Definizione. Sia A R 3 un insieme aperto e siano F,G C 1 (A); consideriamo l insieme C = {(x,y,z) A : F(x,y,z) = 0, G(x,y,z) = 0}. C si dice un vincolo regolare unidimensionale se: (i) C ; (ii) F(x,y,z) e G(x,y,z) sono linearmente indipendenti per ogni (x,y,z) C. Definizione. Sia A R 3 un insieme aperto, sia C A un vincolo regolare bidimensionale e sia f una funzione definita in A. Un punto ( x,ȳ, z) C si dice punto di massimo (minimo) vincolato per f su C se esiste r > 0 tale che f( x,ȳ, z) f(x,y,z) (f( x,ȳ, z) f(x,y,z)) dove I r ( x,ȳ, z) indica l intorno sferico di ( x,ȳ, z) di raggio r. (x,y,z) C I r ( x,ȳ, z), Teorema (dei moltiplicatori di Lagrange in dimensione n = 3, con vincolo unidimensionale). Sia A R 3 un insieme aperto, sia C = {(x,y,z) A : F(x,y,z) = 0, G(x,y,z) = 0} un vincolo regolare unidimensionale. Sia f C 1 (A). Se ( x,ȳ, z) C è un punto di massimo o minimo vincolato per f su C, esistono λ, µ R tali che 1.2.4 Osservazioni f( x,ȳ, z) = λ F( x,ȳ, z) + µ G( x,ȳ, z). Osservazione. Sia A R n (n = 2,3) un insieme aperto, sia C A un vincolo regolare (unidimensionale o bidimensionale nel caso n = 3), e sia f definita in A. Se P C è un punto di massimo (minimo) relativo per f allora P è un punto di massimo (minimo) vincolato per f su C. Osservazione. Sia A R 3 un insieme aperto, sia C A un vincolo regolare unidimensionale, e sia f definita in A. Supponiamo che C sia il supporto di una curva parametrica regolare γ di equazioni parametriche: x = x(t) y = y(t) t (a,b). z = z(t) Un punto (x 0,y 0,z 0 ) = (x(t 0 ),y(t 0 ),z(t 0 )) C è un punto di massimo (minimo) vincolato per f su C se e solo se t 0 è un punto di massimo (minimo) relativo per la funzione t φ(t) = f(x(t),y(t),z(t)), t (a,b). Osservazione. Sia A R 3 un insieme aperto, sia C A un vincolo regolare bidimensionale, e sia f definita in A. Supponiamo che C sia il supporto di una superficie parametrica regolare Σ di equazioni parametriche: x = x(t,s) y = y(t,s) (t,s) Ω, z = z(t,s) con Ω sottoinsieme aperto di R 2. Un punto (x 0,y 0,z 0 ) = (x(t 0,s 0 ),y(t 0,s 0 ),z(t 0,s 0 )) C è un punto di massimo (minimo) vincolato per f su C se e solo se (t 0,s 0 ) è un punto di massimo (minimo) relativo per la funzione (t,s) φ(t,s) = f(x(t,s),y(t,s),z(t,s)), (t,s) Ω.
2 Serie numeriche Sia a n, n N, una successione di numeri reali. La scrittura an denota la serie numerica generata da a n. Definizione (somme parziali, o ridotte, di una serie). Data la serie numerica an, per ogni N N la sommatoria S N = indica l N esima somma parziale (o ridotta) della serie. Le somme parziali di una serie formano una successione di numeri reali. Definizione (carattere di una serie). Data la serie numerica N n=0 a n an sia S N, N N, la successione delle sue somme parziali. La serie si dice convergente se la successione S N ammette limite finito. In questo caso il limite si chiama somma della serie. La serie si dice divergente se la successione S n ammette limite uguale a oppure a. La serie si dice indeterminata se la successione S N non ammette limite, finito o infinito. Sia α un numero reale; consideriamo la serie geometrica di ragione α: α n. Questa serie è: divergente per α 1; convergente per α < 1; indeterminata per α 1. Osservazione. Siano a n e b n due successioni che differiscono solo per un numero finito di termini; allora le serie generate dalle due successioni hanno lo stesso carattere. Proposizione (dim.). Condizione necessaria affinchè la serie an, sia convergente è che lim a n = 0. n
2.1 Serie a termini positivi Definizione. La serie numerica an, si dice a termini positivi se a n 0 per ogni n N. Proposizione (dim.). Sia a n una serie a termini positivi; allora questa serie è convergente oppure divergente (con limite della successione delle somme parziali uguale a ). Teorema (criterio del confronto) (dim.). Siano a n e b n due successioni di numeri reali non negativi tali che a n b n n N. Allora se b n è convergente anche a n lo è; se a n è divergente anche b n lo è. Teorema (criterio del confronto asintotico). Siano a n e b n due successioni di numeri reali non negativi e in particolare supponiamo b n > 0 per ogni n. Se esiste finito il limite a n lim = L n b n e L > 0, allora le serie an, bn hanno lo stesso carattere. Teorema (criterio del rapporto) (dim.). Data la serie a termini positivi a n, supponiamo che a n > 0 per ogni n e che esista il limite (finito o infinito) a n+1 lim = L. n a n Allora: se L > 1 (incluso il caso L = ) la serie è divergente; se L < 1 la serie è convergente. Teorema (criterio della radice). Data la serie a termini positivi a n, supponiamo che esista il limite (finito o infinito) n an = L. Allora: lim n se L > 1 (incluso il caso L = ) la serie è divergente; se L < 1 la serie è convergente. Teorema (criterio dell integrale) (dim.). Sia f C((0, )) positiva e non crescente. Sia I l integrale improprio I = 1 f(x)dx. Allora I è finito se e solo se è convergente la serie f(n).
Proposizione (carattere della serie armonica generalizzata) (dim.). La serie armonica generalizzata 1 con α R è: convergente per α > 1; divergente per α 1. 2.2 Serie con termine generico di segno arbitrario Teorema (criterio della convergenza assoluta) (dim.). Data una successione a n, se la serie n α an converge allora converge anche la serie an. Una serie numerica si dice a segno alterno se è della forma ( 1) n a n, dove a n è una successione di numeri reali non negativi. Teorema (criterio di Leibnitz per serie a segno alterno) (dim. solo della prima parte). Sia a n una successione di numeri reali con le seguenti proprietà: a n 0 per ogni n; a n a n+1 per ogni n; lim n a n = 0. Allora la serie numerica ( 1) n a n è convergente. Inoltre, indicata con S la somma della serie e con S N, N N, la successione delle somme parziali, si ha 3 Successioni e serie di funzioni 3.1 Successioni di funzioni S S N a N+1 N N. Definizione. Una successione di funzioni è una famiglia numerabile f n, n N, di funzioni. Considereremo solo successioni di funzioni f n, n N, dipendenti da una sola variabile reale, definite tutte in uno stesso sottoinsieme I di R. Definizione. Data una successione di funzioni f n, n N, definite in I R, si dice che questa è puntualmente convergente ad una funzione f, anch essa definita in I, se lim f n(x) = f(x), x I. n
3.1.1 Norma C 0 di una funzione e convergenza uniforme Definizione. Sia f una funzione definita in I R. La norma C 0 (I) di f è definita da f C 0 (I) = sup f. I Si possono definire varie norme di una funzione; noi utilizzeremo soltanto la norma appena introdotta e, per semplicità di notazione, nel seguito scriveremo f al posto di f C 0 (I) (quando non possono esservi ambiguità sull insieme I a cui ci si riferisce). Proposizione. La norma appena introdotta soddisfa le seguenti proprietà: 1. f 0 per ogni f e f = 0 se e solo se f è identicamente nulla in I. 2. αf = α f per ogni f e per ogni α R. 3. f + g f + g per ogni f e g. Definizione. Siano f e g funzioni definite in I R; la distanza tra f e g è definita da: dist(f,g) = f g. La distanza appena definita soddisfa le seguenti proprietà: 1. dist(f,g) 0 per ogni f e g e dist(f,g) = 0 se e solo se f e g coincidono identicamente in I. 2. dist(f,g) = dist(g,f) per ogni f e g. 3. dist(f,g) dist(f,h) + dist(h,g) per ogni f, g e h. Definizione. Sia f n, n N, una successione di funzioni definite in I R e sia f definita in I. Si dice che f n converge uniformemente ad f in I se lim dist(f n,f) = 0. n In base alla definizione di distanza tra funzioni che abbiamo dato, una successione di funzioni f n, n N, converge uniformemente a una funzione f in I se e solo se lim sup f n f = 0. n I Questa condizione viene frequentemente utilizzata come definizione di convergenza uniforme. Proposizione (dim.). Se una successione di funzioni f n, n N, converge uniformemente ad una funzione f in I R, allora la successione converge ad f puntualmente in I. Teorema (dim.). Se una successione di funzioni f n, n N, converge uniformemente ad una funzione f in I R e f n C(I) per ogni n, allora f C(I). Teorema (dim.). Se una successione di funzioni f n, n N, converge uniformemente ad una funzione f in I = [a,b] e f n C(I) per ogni n, allora b lim n a f n (x)dx = b a f(x)dx.
Teorema (dim.). Sia I = [a,b] e sia f n, n N, una successione di funzioni tali che f n C 1 (I) per ogni n. Se f n converge uniformemente ad una funzione f in I e la successione f n converge uniformemente ad una funzione g in I, allora f C 1 (I) e f = g in I. Definizione. Una successione di funzioni f n, n N, si dice uniformemente di Cauchy in I R se per ogni ǫ > 0 esiste n tale che dist(f n,f m ) = sup f n f m ǫ n,m n. I Proposizione (dim.). Sia f n, n N, una successione di funzioni definite in I R; f n converge uniformemente ad una funzione f in I se e solo se è uniformemente di Cauchy in I. 3.1.2 Lo spazio C 0 ([a,b]) Definizione. Sia X un insieme; X si dice uno spazio metrico, con distanza dist se è definita una funzione dist : X X R + tale che 1. dist(x,y) 0 per ogni x,y X e dist(x,y) = 0 se e solo se x = y. 2. dist(x,y) = dist(y,x) per ogni x,y X. 3. dist(x,y) dist(x,z) + dist(z,y) per ogni x,y,z X. Definizione. Sia X uno spazio metrico e sia x n, n N una successione di punti in X; x n si dice una successione di Cauchy se per ogni ǫ > 0 esiste n tale che dist(x n,x m ) ǫ per ogni n,m n. Definizione. Uno spazio metrico X si dice completo se, data comunque una successione di Cauchy x n, n N, in X esiste x X tale che lim dist(x n,x) = 0. n Teorema (dim.). C([a, b]) è uno spazio metrico completo (con la distanza introdotta precedentemente). 3.2 Serie di funzioni Definizione. Sia f n, n N, una successione di funzioni definite in I R; il simbolo n=1 denota la serie di funzioni generata dalla successione f n. Definizione. Sia f n, n N, una successione di funzioni definite in I R. Data la serie di funzioni f n, e dato un numero naturale N definiamo la somma parziale N esima n=1 S N = f n N f n. n=1
La serie si dice puntualmente (risp. uniformemente) convergente in I se la successione di funzioni S N converge puntualmente (risp. uniformemente) ad una funzione S in I. S si chiama funzione somma (puntuale o uniforme) della serie. Definizione. Sia f n, n N, una successione di funzioni definite in I R. La serie di funzioni f n, si dice totalmente convergente in I se è convergente la serie numerica n=1 n=1 sup f n. I Teorema (dim.). Se una serie di funzioni converge totalmente in I allora converge anche uniformemente (e puntualmente) in I. Teorema. Data una successione di funzioni f n C(I), dove I R è un intervallo, si consideri la serie di funzioni f(x) = n N f n (x). Supponiamo che la serie converga uniformemente in I e indichiamo con f la funzione somma. Allora: 1. f è continua in I; 2. se I = [a,b] allora I f(x)dx = n N I f n (x)dx. 3. Se f n C 1 (I) per ogni n e la serie f n è uniformemente convergente in I ad una funzione g, allora f è derivabile e f = g. 3.2.1 Serie di potenze e serie di Taylor Definizione. Dato un punto x 0 R e una successione reale (a n ) n N, si dice serie di potenze centrata in x 0 e di coefficienti (a n ) n N la serie di funzioni an (x x 0 ) n. Nel seguito, considereremo spesso serie di potenze centrate nell origine, ovvero serie della forma: an x n. Osserviamo che ogni serie di potenze può essere ricondotta ad una serie centrata nelll origine con una traslazione della variabile indipendente. Teorema (dim.). Data la serie di potenze a n x n,
1. se la serie converge in y R, y 0, allora converge in ogni x R per cui x < y, 2. se la serie converge in y R, y 0, allora converge totalmente in ogni intervallo chiuso contenuto in ( y, y ), 3. se la serie non converge in y R, allora non converge in ogni x R per cui x > y. Corollario. L insieme di convergenza di una serie di potenze a n (x x 0 ) n, cioè l insieme dei valori di x per cui la serie converge, è un intervallo simmetrico centrato in x 0. Definizione. Data la serie di potenze a n x n, posto n L = lim sup an, n si dice raggio di convergenza della serie il numero + se L = 0, R = 1 L se L (0, ), 0 se L = +. Teorema (dim.). Data una serie di potenze a n x n, detto R il suo raggio di convergenza, allora ( R,R) {x R : a n x n converge} [ R,R]. Teorema (di Abel). Data una serie di potenze a n x n, detto R il suo raggio di convergenza, se la serie converge in x = R, allora la convergenza della serie è uniforme in [0,R]. Teorema. Data una serie di potenze an x n sia R > 0 il suo raggio di convergenza e sia f la somma della serie, definita in ( R,R). Allora f è di classe C ( R,R). Inoltre, per ogni k N la serie n(n 1)... (n k + 1)an x n k ha raggio di convergenza uguale a R e la funzione somma di tale serie è la derivata k esima di f. Definizione. Una funzione f : I R su un intervallo aperto I si dice analitica se la serie di Taylor centrata in ogni punto x I ha raggio di convergenza positivo e converge a f(x) nel suo intervallo di convergenza. Più precisamente, f è analitica se per ogni x 0 I esiste R > 0 tale che f(x) = n=0 f (n) (x 0 ) (x x 0 ) n x (x 0 R,x 0 + R). n! Teorema. Sia data una funzione f di classe C per cui esistano M > 0 e r > 0 tali che sup f (n) (x) M n! x x 0 r r n n N. Allora la serie di Taylor di f centrata in x 0 converge a f e ha raggio convergenza R r.
4 Equazioni differenziali Un equazione differenziale è un equazione in cui compare una funzione incognita y, dipendente da una variabile reale x, le derivate di y e la variabile indipendente x. L ordine di un equazione differenziale è l ordine massimo di derivata della funzione incognita che compare nell equazione. 4.1 Equazioni del primo ordine Definizione. Un equazione differenziale del primo ordine si dice in forma normale se è della forma y (x) = F(x,y(x)), dove F è una funzione assegnata di due variabili. Esempio. Un equazione differenziale del primo ordine in forma normale si dice a variabili separabili se è della forma y (x) = H(x)G(y(x)), dove H e G sono due funzioni assegnate di una variabile reale. Osserviamo che se ȳ R è tale che G(ȳ) = 0, la funzione costante y ȳ è una soluzione dell equazione. Soluzioni di questo tipo vengono dette soluzioni stazionarie. Altre soluzioni dell equazione possono essere trovate con il seguente procedimento. Supponendo che y = y(x) sia una soluzione e che G(y(x)) 0 in un certo intervallo, l equazione è equivalente a Siano ora g una primitiva di 1 G y (x) G(y(x)) = H(x). e h una primitiva di H; l equazione può essere scritta nella forma (g(y(x))) = (h(x)) g(y(x)) = h(x) + cost. Infine, dall ultima uguaglianza, se la funzione g è invertibile, può essere ottenuta la funzione incognita y: y(x) = g 1 (h(x) + cost.). Esempio. Un equazione differenziale del primo ordine lineare è un equazione della forma y (x) = a(x)y(x) + b(x), dove a e b sono funzioni assegnate, definite entrambe in un sottoinsieme I di R. Le equazioni lineari sono in particolare equazioni in forma normale. Proposizione (dim. solo di una parte). Siano a,b C(I) con I intervallo di R e siano A,B C 1 (I) tali che A = a, B = be A. Le soluzioni dell equazione differenziale sono tutte e sole le funzioni della forma dove C è una costante reale. y (x) = a(x)y(x) + b(x), y(x) = e A(x) [C + B(x)],
Definizione. Un problema di Cauchy (o problema al valore iniziale) è formato da un equazione differenziale del primo ordine in forma normale e da una condizione iniziale sulla soluzione: { y (x) = F(x,y(x)), (1) y(x 0 ) = y 0. Teorema (di esistenza e unicità locale) (dim.). Siano x 0,y 0 R, r 1,r 2 > 0 e sia R = [x 0 r 1,x 0 + r 1 ] [y 0 r 2,y 0 + r 2 ]. Supponiamo che: F C(R); esista L > 0 tale che F(x,y 1 ) F(x,y 2 ) L y 1 y 2 (x,y 1 ), (x,y 2 ) R. Indichiamo con { r = min r 1, M, 1 }, r 2 L dove M = max R F. Allora, per ogni r < r il problema (1) ammette una e una soluzione definita in (x 0 r,x 0 + r). Osservazione. Nelle notazioni del precedente teorema, se abbiamo M = 0 allora la funzione F è identicamente nulla in R e il problema (1) ammette la soluzione costante y y 0. Osservazione. Supponiamo che F ammetta derivata parziale rispetto a y in R e che esista una costante K 0 tale che F y (x,y) K (x,y) R. Allora la seconda ipotesi del teorema precedente risulta verificata con L = K. Più in generale le ipotesi del Teorema di esistenza e unicità locale sono verificate se F è di classe C 1 in un intorno del punto (x 0,y 0 ). Teorema (di esistenza e unicità globale). Sia I R un intervallo aperto (eventualmente illimitato) e sia F C 1 (I R). Supponiamo che per ogni sottoinsieme compatto K di I esistano A, B 0 tali che F(x,y) A y + B (x,y) K R. Allora, scelti comunque x 0 I e y 0 R, il problema di Cauchy (1) ammette una e una sola soluzione definita in I. 4.2 Sistemi di equazioni del primo ordine Un sistema di equazioni differenziali del primo ordine in forma normale è un sistema del tipo y 1 (x) = F 1(x,y 1 (x),y 2 (x),...,y n (x)) y 2 (x) = F 2(x,y 1 (x),y 2 (x),...,y n (x)). y n(x) = F n (x,y 1 (x),y 2 (x),...,y n (x)) (2) in cui F 1,F 2,...,F n sono funzioni assegnate, definite in un sottoinsieme D di R n+1, e le funzioni y 1,y 2,...,y n sono le incognite. Il sistema può essere scritto in forma vettoriale utilizzando le notazioni seguenti. y(x) = (y 1 (x),y 2 (x),...,y n (x)), y (x) = (y 1 (x),y 2 (x),...,y n(x)), F(x,y 1,y 2,...,y n ) = (F 1 (x,y 1,y 2,...,y n ),F 2 (x,y 1,y 2,...,y n ),...,F n (x,y 1,y 2,...,y n )).
In particolare la funzione vettoriale F è definita in D e assume valori in R n. In questo modo il sistema (2) diventa: y (x) = F(x,y(x)). (3) Per condizione iniziale per un sistema di equazioni del primo ordine si intende prescrivere il valore di tutte le funzioni incognite in un medesimo punto. Quindi il problema di Cauchy per il sistema (3) si scrive nella forma { y (x) = F(x,y(x)) y(x 0 ) = y 0 (4) dove x 0 e y 0 sono punti di R e R n rispettivamente. I due teoremi che seguono mostrano come per il problema di Cauchy per sistemi del primo ordine in forma normale valgano gli stessi risultati che abbiamo visto nel caso di una sola equazione. Teorema (di esistenza e unicità locale per sistemi). Siano x 0 R, y 0 R n, r 1,r 2 > 0 e sia Supponiamo che: R = [x 0 r 1,x 0 + r 1 ] {y R n : y y 0 r 2 } F = F(x,y) sia una funzione a valori in in R n con componenti definite e continue in R; esista L > 0 tale che F(x,y 1 ) F(x,y 2 ) L y 1 y 2 (x,y 1 ), (x,y 2 ) R. Indichiamo con { r = min r 1, M, 1 }, r 2 L dove M = max R F. Allora, per ogni r < r il problema (4) ammette una e una soluzione definita in (x 0 r,x 0 + r). Teorema (di esistenza e unicità globale per sistemi). Sia I R un intervallo aperto (eventualmente illimitato) e sia F C 1 (I R n ). Supponiamo che per ogni sottoinsieme compatto K di I esistano A, B 0 tali che F(x,y) A y + B (x,y) K R n. Allora, scelti comunque x 0 I e y 0 R n, il problema di Cauchy (4) ammette una e una sola soluzione definita in I. Un sistema lineare di equazioni differenziali del primo ordine è un sistema della forma y 1 (x) = a 11(x)y 1 (x) + a 12 (x)y 2 (x) + + a 1n (x)y n (x) + b 1 (x) y 2 (x) = a 21(x)y 1 (x) + a 22 (x)y 2 (x) + + a 1n (x)y 2 (x) + b 2 (x). y n(x) = a n1 (x)y 1 (x) + a n2 (x)y 2 (x) + + a nn (x)y n (x) + b n (x) (5) in cui a ij, i,j = 1,2,...,n, b k, k = 1,2,...,n, sono funzioni assegnate che supporremo tutte definite in uno stesso intervallo I di R. Come applicazione del Teorema di esistenza e unicità globale per sistemi, abbiamo che, se a ij,b k C 1 (I), i,j = 1,2,...,n, k = 1,2,...,n, allora per ogni x 0 I e per ogni y 0 R n esiste una e una sola soluzione y = (y 1,y 2,...,y n ) del sistema (5), definita in I.
4.3 Equazioni lineari di ordine superiore al primo Consideriamo equazioni differenziali di ordine n, n N, in forma normale, ovvero equazioni che possono essere scritte come y (n) (x) = F(x,y (n 1) (x),y (n 2) (x),...,y (x),y(x)), (6) dove F è una funzione assegnata dipendente da (n + 1) variabili. Ogni equazione del tipo (6) è equivalente ad un sistema di equazioni differenziali del primo ordine in forma normale. Infatti, data la (6) poniamo y 1 (x) = y(x), y 2 (x) = y (x), y 3 (x) = y (x),..., y n (x) = y (n 1) (x). L equazione (6) equivale al sistema y 1 (x) = y 2(x) y 2 (x) = y 3(x). y n 1 (x) = y n(x) y n (x) = F n(x,y 1 (x),y 2 (x),...,y n (x)) In base al punto precedente ed a quanto si è visto per il problema di Cauchy per sistemi di equazioni del primo ordine, risulta che la condizione iniziale naturale da abbinare all equazione (6) per avere esistenza e unicità della soluzione, è quella di prescrivere il valore della soluzione e delle sue derivate fino alla (n 1) esima, in un punto fissato. Quindi il problema di Cauchy per equazioni di ordine n in forma normale si scrive come { y (n) (x) = F(x,y (n 1) (x),y (n 2) (x),...,y (x),y(x)), y(x 0 ) = y 0,0, y (x 0 ) = y 1,0,..., y (n 1) (7) (x 0 ) = y n 1,0. con x 0,y 0,0,y 1,0,..., y n 1,0 R. Teorema (di esistenza e unicità locale per equazioni di ordine n). Se la funzione F è di classe C 1 in un intorno del punto (x 0,y 0,0,y 1,0,..., y n 1,0 ) R n+1, allora esiste una e una sola soluzione del problema (7), definita in un intorno del punto x 0. 4.3.1 Equazioni lineari di ordine n Un equazione differenziale lineare di ordine n ha la forma y (n) (x) + a n 1 (x)y (n 1) (x) + a n 2 (x)y (n 2) (x) + + a 1 (x)y (x) + a 0 (x)y(x) = f(x). (8) Supporremo che le funzioni a i, i = 0,1,...,n 1 e f siano tutte definite in un medesimo intervallo I di R. Le funzioni a i, i = 0,1,...,n 1 si chiamano coefficienti dell equazione mentre f si chiama termine noto. Se in particolare f 0 allora l equazione si dice omogenea. Teorema (di esistenza e unicità globale per equazioni lineari) (dim.). Supponiamo che le funzioni a i, i = 0,1,...,n 1, e f appartengano a C 1 (I), dove I è un intervallo di R. Fissati comunque x 0 interno a I e y 0,0,y 1,0,..., y n 1,0 R, esiste una e una sola soluzione y dell equazione (8), definita in I, che verifica la condizione iniziale y(x 0 ) = y 0,0, y (x 0 ) = y 1,0,..., y (n 1) (x 0 ) = y n 1,0.
Teorema (dim.). Sia I un intervallo di R, siano a i C 1 (I), i = 0,1,...,n 1, e sia W l insieme delle funzioni y di classe C n (I) soluzioni dell equazione y (n) (x) + a n 1 (x)y (n 1) (x) + a n 2 (x)y (n 2) (x) + + a 1 (x)y (x) + a 0 (x)y(x) = 0 in I. W è uno spazio vettoriale di dimensione n. Teorema (dim.). Sia I un intervallo di R, siano a i,f C 1 (I), i = 0,1,...,n 1, e siano V e W gli insiemi delle funzioni y di classe C n (I) soluzioni rispettivamente delle equazioni e y (n) (x) + a n 1 (x)y (n 1) (x) + a n 2 (x)y (n 2) (x) + + a 1 (x)y (x) + a 0 (x)y(x) = f(x) y (n) (x) + a n 1 (x)y (n 1) (x) + a n 2 (x)y (n 2) (x) + + a 1 (x)y (x) + a 0 (x)y(x) = 0 in I. Allora, fissato un qualunque elemento y p di V si ha che Data l equazione V = y p + W = {y = y p + ȳ ȳ W }. y (n) (x) + a n 1 (x)y (n 1) (x) + a n 2 (x)y (n 2) (x) + + a 1 (x)y (x) + a 0 (x)y(x) = f(x) (9) l equazione omogenea y (n) (x) + a n 1 (x)y (n 1) (x) + a n 2 (x)y (n 2) (x) + + a 1 (x)y (x) + a 0 (x)y(x) = 0 (10) si chiama equazione omogenea associata alla (9). In base ai due ultimi teoremi visti, se y p è una qualsiasi soluzione di (9) e se y 1,y 2,...,y n, sono soluzioni linearmente indipendenti dell omogenea associata (10), allora le soluzioni di (9) sono tutte e sole le funzioni che si scrivono nella forma y(x) = c 1 y 1 (x) + c 2 y 2 (x) + + c n y n (x) + y p (x), c 1,c 2,...,c n R. (11) 4.3.2 Alcune considerazioni aggiuntive sulle equazioni di secondo grado Consideriamo equazioni della forma dove a,b,f sono funzioni di classe C 1 in un intervallo I. y (x) + a(x)y (x) + b(x)y(x) = f(x) (12) Nel caso di un equazione omogenea (f 0) e a coefficienti costanti: a(x) = a, b(x) = b per ogni x I, si considera il polinomio di secondo grado p(t) = t 2 + at + b. Se p ammette due radici reali distinte t 1, t 2, allora le due funzioni y 1 (x) = e t 1x, y 2 (x) = e t 2x, sono due soluzioni linearmente indipendenti di (12). Se p ammette una sola radice reale t di molteplicità 2, le due funzioni y 1 (x) = e tx, y 2 (x) = xe tx, sono due soluzioni linearmente indipendenti di (12).
Se p ammette due radici complesse coniugate t ± iω, t,ω R, allora le funzioni y 1 (x) = e tx cos ωx, y 2 (x) = e tx sin ωx, sono due soluzioni linearmente indipendenti di (12). Consideriamo l equazione omogenea y (x) + a(x)y (x) + b(x)y(x) = 0 e supponiamo di conoscerne una soluzione (non banale) y 1. Possiamo cercare una seconda soluzione y 2, linearmente indipendente da y 1, della forma y 2 (x) = v(x)y 1 (x), con v funzione da determinare. In particolare ciò equivale a determinare v tale che sia una soluzione, non costante, dell equazione v y 1 + v (2y 1 + ay 1) = 0. Osserviamo che quest ultima è un equazione del primo ordine nella incognita v, lineare, omogenea. Teorema (variazione della costante arbitraria) (dim.). Siano y 1, y 2 due soluzioni linearmente indipendenti dell equazione omogenea associata all equazione (12). Se α e β sono funzioni di classe C 1 (I) che risolvono il sistema { α (x)y 1 (x) + β (x)y 2 (x) = 0 α (x)y 1 (x) + β (x)y 2 (x) = f(x) per ogni x I, allora la funzione è una soluzione di (12). y p = αy 1 + βy 2,