Focus di pratica professionale di Paolo Meneghetti La disciplina delle perdite sui crediti alla luce della C.M. n.26/e parte seconda La circolare n.26/e/13 nella seconda parte analizza le novità fiscali introdotte dal D.L. n.83/12 e affronta non solo i temi interessanti rappresentati dalla correlazione delle perdite su crediti con gli art.106 del Tuir in tema di svalutazioni forfettarie e art.109 sempre Tuir in tema di principio di derivazione, ma anche la problematica delle deduzione delle perdite a fronte di debitori sottoposti a procedura concorsuale. I crediti di modesto importo Il passaggio più atteso da parte degli operatori tributari era certamente rappresentato dalla interpretazione in materia di corretto calcolo della soglia di 2.500 (o 5.000 a seconda della dimensione aziendale del creditore), quale importo che definisce il credito di modesta entità che, se scaduto da almeno 6 mesi, determina la possibilità di dedurre la perdita senza necessità di dimostrare la sussistenza degli elementi certi e precisi. Il dibattito sorto a seguito dell introduzione della novella normativa nell art.101, co.5 del Tuir aveva individuato due possibili posizioni: posizione soggettiva posizione oggettiva il tetto soglia va individuato avendo riguardo a ciascun debitore il tetto soglia va individuato con riguardo al singolo credito derivante dalla singola obbligazione Prima di arrivare a trattare il punto, tuttavia, l Agenzia chiarisce 2 passaggi forse scontati ma opportunamente trattati. In primo luogo l entità della soglia comprende anche l Iva, conclusione ineccepibile dato che la norma parla di credito e tale denominazione prescinde dalla distinzione tra imponibile e Iva. In secondo luogo per valutare il tetto soglia si assume sempre il valore nominale del credito, quindi non hanno rilevanza le eventuali svalutazioni civilistiche eseguite. In pratica, se un credito era pari a 3.000, ed è stato svalutato a 2.000, non potrà essere dedotta la perdita poiché la soglia va commisurata all entità ante svalutazione, quindi 3.000. Altro discorso, a parere di chi scrive, va fatto per gli abbuoni passivi, nel senso che essi riducono il valore del credito anche sotto il profilo fiscale, sicché un credito pari a 2510, laddove venga riconosciuto un abbuono passivo pari a 10, rientra nell alveo dei crediti di modesta entità la cui perdita è deducibile. Sul fonte delle molteplici posizioni creditorie verso un unico debitore la C.M. n.26/e assume la posizione auspicata dalla dottrina e fatta propria dalla circolare Assonime n.15/13: il tetto soglia va computato considerando il singolo credito derivante dalla singola obbligazione, a nulla rilevando il fatto che si tratti dello stesso debitore. Pertanto due crediti pari a 2.000 ciascuno verso lo stesso debitore, rientrano entrambi nella disposizione della nuova norma che permette la deduzione per un importo, in questo caso, di 4.000. Fa eccezione a questo principio il caso dei crediti che derivano da un rapporto giuridico unitario tra le parti. La circolare al riguardo fa l esempio dei contratti di somministrazione 29
o dei premi assicurativi, ma potrebbe essere anche il caso del contratto di locazione, forse più frequente dei primi due casi citati. In questi casi l ammontare dei crediti si somma ai fini del controllo della soglia. Sul punto, però vi sono due esempi significativi dai quali si possono trarre interessanti considerazioni generali. Esempio 1 Due crediti scaduti da almeno 6 mesi per 1000 ciascuno, oltre a un terzo credito non scaduto da almeno 6 mesi per ulteriori 1000. Il rapporto è continuativo, quindi il saldo finale verso il debitore è pari a 3.000 (importo sopra soglia), tuttavia si potrà dedurre il valore di 2000 (somma dei crediti scaduti da almeno 6 mesi) poiché l importo del credito non scaduto da almeno 6 mesi non partecipa al controllo della soglia. Esempio 2 Due crediti sorti nel 2012 e scaduti da almeno 6 mesi per 1000 ciascuno, oltre a un terzo credito non scaduto da almeno 6 mesi per ulteriori 1000. Nel 2012 non viene operata alcuna deduzione poiché manca il passaggio a conto economico. Nel 2013 viene operato il passaggio a Conto economico delle perdite relative ai crediti scaduti nel 2012 oltre a eseguire la svalutazione dell ultimo credito, per il quale il requisito temporale si manifesta nel 2013. Quindi, nel 2013 avremo perdite per 3.000 nei confronti del medesimo debitore, ma tutte deducibili secondo la C.M. n.26/e perché il presupposto temporale dei primi due crediti si è manifestato nel 2012 e quindi tali importi non partecipano al computo della soglia nel 2013. Resta fermo, ovviamente, che come nel caso di prima si parla di rapporti giuridici unitari, poiché diversamente ciascun credito va analizzato isolatamente dagli altri. Per quanto attiene alla caratteristiche dimensionali per essere considerati soggetti di grandi dimensioni (tetto massimo 5.000), l impresa creditrice deve aver conseguito ricavi non inferiori a 100 milioni di euro. Coordinamento con le svalutazioni forfettarie: l articolo 106 del Tuir Come è noto l art.106 del Tuir dispone la possibilità di operare deduzioni forfettarie in riferimento alle avvenute svalutazioni dei crediti o accantonamento ai fondi rischi: si tratta dell importo pari allo 0,5% dell ammontare dei crediti esistenti alla fine di ciascun esercizio e derivanti da cessione di beni o prestazioni di servizi. La deduzione non è più ammessa quando il fondo abbia raggiunto il valore pari al 5% del totale dei crediti. Nel caso in cui si manifestino perdite su crediti aventi i requisiti della deducibilità ex art.101, co.5 del Tuir, in presenza di deduzioni ex art.106, occorre preliminarmente utilizzare il fondo fiscale e poi eventualmente dedurre l eccedenza della perdita rispetto al fondo. Da questa disposizione emerge la nozione di fondo fiscale, cioè l insieme delle deduzioni forfettarie operate: esso vien descritto dalla circolare come un fondo indistinto che prescinde dalla analisi del singolo credito svalutato. La circolare chiarisce che il fondo fiscale di cui all art.106 del Tuir (insieme delle deduzione forfettarie dello 0,5%) è un fondo indistinto che va utilizzato di fronte a qualunque perdita su credito che abbia i requisiti della deducibilità ex art.101, co.5 del Tuir. Ciò a prescindere dalla circostanza che il fondo sia stato alimentato dalla svalutazione del credito verso Tizio e la perdita deducibile si sia verificata nel confronti del debitore Caio. Il fondo fiscale, viene così diminuito dagli utilizzi per perdite, e solo a questo punto il dato netto va confrontato con l ammontare del 5% dei crediti per valutarne la capienza. L utilizzo per perdite deducibili va eseguito anche se il fondo è stato costituito 30
senza analizzare il singolo credito ma operando per masse: in tal caso la perdita va comunque imputata al fondo dedotto e risulta deducibile solo per eventuale eccedenza rispetto al prima dato. Un problema che invece non è affrontato è la valutazione della deducibilità forfettaria ex art.106 del Tuir per quelle perdite su crediti (non svalutazioni o accantonamenti) che non presentano i requisiti per la deducibilità integrale: un esempio potrebbe essere rappresentato dalla remissione di un debito che non presenta i requisiti richiesti dalla circolare. Letteralmente tale operazione sembra esclusa da quelle che generano la deducibilità forfettaria ma una conferma delle Entrate sul punto sarebbe opportuna. Altro passaggio chiarito rispetto alla dinamica gestionale dell art.106 del Tuir riguarda il fatto che le perdite su crediti fiscalmente deducibili vanno determinate avendo riguardo al dato nominale del credito, quindi non considerando eventuali svalutazioni. Esempio Se, ad esempio, un credito nominale di 5.000 è stato svalutato a 2000 nell esercizio X, e poi nell esercizio X+1, si manifesta una condizione per dedurlo integralmente ( 3.000 come variazione diminutiva e 2000 in base al principio di derivazione), ai fini dell utilizzo del fondo occorre considerare l importo di 5.000. Similmente nel calcolo del totale dei crediti ai fini delle percentuali dello 0,5% (importo deducibile nell esercizio) e 5% (tetto del fondo fiscale), entrano gli importo per il valore fiscalmente riconosciuto, cioè quello nominale senza considerare eventuali svalutazioni. Questi chiarimenti non considerano, però l impatto con il modello Unico e più precisamente con il prospetto dei crediti inserito nel quadro RS, la cui compilazione, seguendo le istruzioni ministeriali risulta complessa. Sul punto torneremo a commento del 4.2 della C.M. n.26/e. Perdite su crediti e principio di derivazione Un altro passaggio atteso nei chiarimenti ufficiali riguardava la necessità o meno di applicare il principio di derivazione per poter dedurre le perdite su crediti di modesto importo; in altre parole l obbligo di imputare previamente a Conto economico il componente negativo per poterlo dedurre fiscalmente ai sensi dell art.109, co.44 del Tuir. Tale obbligo viene confermato dalla C.M. n.26/e 1, la quale si sofferma sulla ipotesi in cui scaduto il semestre per il pagamento del credito non sia stata imputata alcuna perdita o svalutazione a conto economico, bensì tale comportamento avvenga in esercizi successivi. Sul punto viene confermato che la deducibilità è figlia del comportamento contabile, nel senso che se e quando sia imputato a Conto economico il componente negativo, allora si potrà avere la deducibilità della perdita sul credito di modesto importo. Peraltro, potrebbe aversi anche il caso contrario in cui prima del maturare del semestre il credito sia stato svalutato: in questo caso risulta corretta la variazione diminutiva nel modello Unico. Resta però dubbio il caso in cui sia il semestre di quiescenza del credito, sia l imputazione del componente negativo nel conto economico sia avvenuta ante 2012: in tale ipotesi non è chiaro se sia possibile eseguire la variazione diminutiva nel modello Unico 2013, come ha sostenuto parte della dottrina. Chi scrive propende per un comportamento prudente, atteso che non essendovi una norma speciale di decorrenza, dovrebbe convenirsi che la novità introdotta dal D.L. n.83/12 spieghi efficacia solo 1 Ovviamente stiamo parlando delle imprese in contabilità ordinaria, poiché per le imprese minori in contabilità semplificata vale la regola stabilita dall art.66, co.2 del Tuir, secondo il quale è possibile dedurre le perdite sui crediti ex art.101 del Tuir. Quindi, le novità legislative relative ai piccoli crediti devono ritenersi applicabili anche alle imprese in contabilità semplificata, senza però che abbia rilevanza l aspetto contabile del costo. 31
quando i presupposti (semestre ed entità del credito) si manifestino a partire dal 2012. Vero è che per dedurre questa perdita occorrerebbe attendere il verificarsi dei presupposti di cui all art.101, co.5 del Tuir, e tra questi, oggi, vi è anche lo status del credito di modesta entità scaduto da almeno 6 mesi. Sul punto vi è un passaggio della circolare che sembrerebbe deporre per la tesi negativa, quando nel 4.3 si sostiene che le novità relative ai piccoli crediti entrano in vigore nel 2012, nel senso che i presupposti (entità e semestre) si verifichino nel 2012. Viene altresì autorizzata la deduzione quando i presupposti siano verificati precedentemente e il componente negativo sia stato inserito nel Conto economico nel 2012, mentre nulla viene detto (e ciò fa pensare alla tesi negativa) quando anche il componente negativo è transitato a Conto economico prima del 2012. Il punto resta oggettivamente dubbio e si auspica un chiarimento ulteriore delle Entrate. Altra questione controversa era valutare se per passaggio a Conto economico si intendesse la vera e propria perdita ( B 14) ovvero anche la svalutazione (B 10 b). Chi scrive ritiene decisamente di propendere per la seconda tesi, la quale secondo una lettura fornita da alcuni della C.M. n.26/e, verrebbe avallata dall Agenzia delle Entrate. Per la verità dalla lettura della circolare emerge un passaggio alquanto criptico, poiché si cita la svalutazione quale legittimo passaggio a Conto economico del costo, ma solo con riferimento all ipotesi in cui la svalutazione stessa sia eseguita in un esercizio e non sia stata dedotta nello stesso esercizio. Al di là del non chiarissimo passaggio della C.M. n.26/e, tuttavia, va affermato senza ombra di dubbio che il principio di derivazione risulta soddisfatto sia con l imputazione della perdita, sia con l imputazione della svalutazione. Quanto ai risvolti relativi alla compilazione del modello Unico, e segnatamente del prospetto dei crediti, va segnalato che quest ultimo (inserito nel quadro RS di Unico 2013) si presenta come la fotografia dei crediti sia dal punto di vista civilistico (colonna 1) sia dal punto di vista fiscale (colonna 2), ma le istruzioni alla compilazione andrebbero aggiornate alle novità legislative. Infatti, si presenta il problema della corretta compilazione del prospetto, nel senso che le svalutazioni sono trattate come componenti negativi sempre e necessariamente disciplinati dall art.106 del Tuir, quindi con una deducibilità limitata al dato forfettario dello 0,5% del totale dei crediti esistenti alla fine di un esercizio. Nel prospetto inserito nel quadro RS di Unico, infatti, si parla di svalutazioni contabili solo associandole alla disciplina della deduzione forfettaria: nel rigo RS 67 colonna 1 va indicato il dato contabile, mentre nella colonna 2 l ammontare deducibile che non può superare lo 0,5% del valore totale dei crediti al 31/12/12. Pertanto una svalutazione di un credito di modesto entità scaduto da 6 mesi, se collocato nella parte contabile del prospetto al rigo RS 67 colonna 1, poi incontra il blocco alla deducibilità se lo 0,5% dell ammontare dei crediti non è capiente. Il problema, già segnalato su queste pagine, è superabile solo considerando queste svalutazioni, in realtà, come perdite vere e proprie, e quindi da inserire nel rigo RS 65, dato che non incontra alcun limite alla deducibilità. Si potrebbe, pertanto decodificare nel seguente modo le istruzioni al prospetto del modello Unico: al rigo RS 65 colonna 1 le perdite su crediti e le svalutazioni che presentano e requisiti per la deducibilità integrale, al rigo RS 67 le svalutazioni che non presentano i requisiti per la deducibilità integrale, ma solo quelli per la deducibilità forfettaria. Crediti prescritti Tra le novità contemplate nel novellato art.101, co.5 del Tuir, vi è anche la precisazione che se la perdita deriva dall intervenuta prescrizione del credito è deducibile poiché gli elementi di certezza e precisione sono, per così dire, in re ipsa. È evidente che sotto 32
questo profilo non era necessario attendere una conferma legislativa, e che la norma non può che essere letta come una sorta di enfatizzazione di una situazione già vigente prima del 2012: se il credito è prescritto la perdita è certa e deducibile, e ciò anche prima del 2012. Resta però leggermente inquietante la chiusura del 5, quando si sostiene che l Amministrazione Finanziaria potrà valutare il comportamento inerte del creditore quale elemento che potrebbe dimostrare liberalità, nel qual caso la perdita per prescrizione non sarebbe deducibile. Crediti verso debitori assoggettati a procedure concorsuali Tra le novità del D.L. n.83/12 vi è anche l inserimento degli accordi di ristrutturazione del debito ex art.182-bis L.F., tra le situazione soggettive del debitore che ammettono la deducibilità del credito in capo al creditore. In presenza di queste situazioni opera un automatismo (parole testuali della C.M. n.26/e, 6) che permette di prescindere dalla dimostrazione della sussistenza di elementi certi e precisi. La questione della novità normativa non è molto problematica dovendosi solo aggiornare l'inserimento degli accordi di ristrutturazione del debito tra le procedure che determinano l automatismo della deducibilità della perdita. L aspetto più interessante della circolare è l analisi del momento nel quale verificatasi la procedura concorsuale, sia possibile dedurre il costo. Il dibattito attuale annoverava sia la tesi di chi ritiene che tale periodo non possa essere individuato arbitrariamente nel corso della procedura, e chi invece, appellandosi al dato normativo in cui si cita che il debitore si considera assoggettato alla procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento e non alla data, ritiene che la deducibilità possa avvenire in un qualunque esercizio perdurando la procedura concorsuale e chi infine individua il solo periodo di apertura della procedura quale periodo idoneo a dedurre il costo. La tesi delle Entrate è convincente e si rifà al principio di competenza applicabile anche in questa fattispecie. La condizione della deducibilità è che il debitore sia assoggettato a procedura concorsuale, ma poi il momento della stessa deducibilità è comunque condizionato alla corretta applicazione del principio di competenza, il che tradotto, potrebbe voler dire che la deduzione non avviene necessariamente quando viene aperta la procedura ma anche in un periodo successivo. Ciò ovviamente sulla base di idonea documentazione e non sulla base di scelta arbitraria del contribuente e, per tale documentazione, la circolare cita: a. inventario redatto dal curatore fallimentare; b. piano del concordato preventivo; c. situazione patrimoniale redatta dal commissario della liquidazione coatta amministrativa e d. relazione del commissario giudiziale nell amministrazione straordinaria. Pertanto, devono intendersi superate le tesi più restrittive emanate dalla C.M. n.8/e/09 e dalla C.M. n.42/e/10. Altro passaggio interessante nel 6 è quello in cui si afferma che ai fini della quantificazione della perdita deducibile a fronte di debitore assoggettato a procedura, vale sempre il principio di derivazione, quindi, sostanzialmente, la scelta bilancistica governa quella fiscale. Più precisamente, è legittimo dedurre anche una parte del credito se questa è la stima eseguita dal redattore del bilancio ed imputata a Conto economico. A questo argomento è collegata la vicenda dell inserimento dell Iva nella perdita civilistica e fiscale. È chiaro che l Iva è parte integrante del credito, così come affermato nel 4 della C.M. n.26/e, però occorre riflettere sul fatto che ove si ritenesse che il totale del 33
credito fosse incassabile, l Iva sarebbe incassabile e quindi non sarebbe corretto imputarla a perdita. Se al contrario si ritenesse che l Iva non fosse incassabile come la restante parte del credito, alla fine della procedura il creditore e autorizzato ad emettere nota di accredito ex art.26, co.2 del DPR n.633/72 nei confronti della curatela (si veda la C.M. n.77/e/00), quindi recuperando il credito per Iva, importo quindi che nemmeno in questo caso potrebbe essere considerato una perdita. La citata C.M. n.77/e ricorda che la nota di variazione riguarda sia l imponibile che l Iva e da ciò discende che in caso di incasso parziale si dovrebbe imputare tale incasso proporzionalmente sia all imponibile sia all Iva. Se in ipotesi, il creditore che detiene un credito pari a 100 più Iva al 10%, quindi 110, pensa di incassare 40, il residuo credito paria 70 è formato da 63 (imponibile) e 7 (Iva). Dal momento che la residua parte è oggetto di nota di accredito sarebbe corretto imputare a perdita solo l importo di 63, poiché 7 verranno restituiti come Iva a credito spendibile in compensazione verticale od orizzontale. 34