Il nuovo accordo di Basilea: una simulazione dell impatto del calcolo del coefficiente di capitale sulle Banche di Credito Cooperativo



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SAGGIO PUBBLICATO SU COOPERAZIONE DI CREDITO N. 181 Il nuovo accordo di Basilea: una simulazione dell impatto del calcolo del coefficiente di capitale sulle Banche di Credito Cooperativo JUAN SERGIO LOPEZ Funzione Studi e Ricerche Federcasse jlopez@federcasse.bcc.it Introduzione L introduzione di una regolamentazione sui requisiti di capitale, uniforme a livello internazionale, è relativamente recente. E infatti con l Accordo di Basilea del 1988 (Basilea I) che i maggiori attori in campo finanziario 1 si sono spinti a definire un insieme organico di regole condivise con la finalità di migliorare la stabilità del sistema in un contesto di crescente globalizzazione. L evoluzione dei mercati finanziari internazionali negli anni settanta e ottanta aveva infatti indotto il timore che, in assenza di un adeguato quadro regolamentare, i singoli paesi avrebbero potuto rendere più elastiche le regole sui requisiti di capitale al fine di favorire la competitività delle banche nazionali 2. L accordo raggiunto nel 1988 era limitato al solo rischio di credito e richiedeva alle banche attive a livello internazionale di detenere un capitale minimo dell otto per cento in relazione alle attività di rischio ponderate. Le poste fuori bilancio, come lettere di credito, impegni e strumenti derivati venivano convertite nell equivalente creditizio 3 e poi ponderate secondo il peso appropriato. Negli anni l Accordo ha subito modifiche e revisioni. La più rilevante è quella del 1996 che richiedeva alle banche di accantonare capitale anche a fronte dei rischi di mercato. Questa revisione ha introdotto aspetti metodologici innovativi consentendo l utilizzo di modelli interni di valutazione dei rischi di mercato (modelli VAR). Fin dalla sua approvazione Basilea 1 ha suscitato, oltre a consensi e a una crescente accettazione, anche perplessità e critiche. Uno degli elementi maggiormente controversi è la scarsa sensibilità del coefficiente di capitale al rischio effettivo; prestiti ad imprese molto diverse sotto il profilo del rischio subiscono infatti la stessa ponderazione. Questo fatto oltre a non garantire una corrispondenza tra capitale e rischio, può incentivare comportamenti di arbitraggio tra capitale economico e capitale regolamentare. Questo arbitraggio si spiega con la necessità delle banche di contenere il più possibile il costo del funding. Come forma di finanziamento il capitale è più costoso del debito per cui l eccesso di capitale regolamentare, rispetto a quello ritenuto necessario, viene assimilato ad una forma di imposta. Le banche sono così incentivate a trovare metodi per offrire servizi minimizzando questa tipologia di tassazione 4. Un classico esempio, riportato spesso in letteratura, si riferisce alla possibilità di migliorare la redditività del capitale sostituendo impieghi a basso rischio con impieghi ad alto rischio (cherry picking): il rischio aumenta, la redditività cresce ma il capitale regolamentare assorbito rimane invariato facendo salire il ROE. Un ulteriore argomento di critica riguarda la crescente inefficacia di Basilea 1. Lo sviluppo dell innovazione finanziaria ha consentito alle banche di aggirare ed eludere le norme di Basilea 1 ad esempio con le cartolarizzazioni ed in generale con strumenti di ingegneria finanziaria che 1 Inizialmente l accordo fu tra le banche centrali dei 10 maggiori paesi (G-10) e fu successivamente adottato su larga scala (più di 100 paesi). 2 Secondo alcuni studiosi l obiettivo principale del primo accordo di Basilea fu quello di frenare la forte espansione delle banche giapponesi il cui livello di capitalizzazione era molto contenuto. 3 L equivalente creditizio viene definito come la somma dell esposizione potenziale dello strumento, che riflette il rischio di default futuro della controparte, e l esposizione corrente che riflette il costo di rimpiazzo del contratto se la controparte dovesse fallire oggi. 4 Cfr. Basel Commettee on Banking Supervision 1999 1

trasformano poste di bilancio in poste fuori bilancio ma che non modificano necessariamente il profilo di rischio. Infine un elemento di debolezza dell Accordo ora in vigore è stato individuato nella mancanza di un adeguato riconoscimento delle moderne metodologie e tecniche di valutazione, gestione e mitigazione del rischio. Paradossalmente una banca potrebbe essere riluttante ad investire in questo campo stante l assenza di benefici dal lato del coefficiente di capitale. Basilea 1 ha comunque raggiunto alcuni degli obiettivi prefissati come la convergenza internazionale degli standard di capitale nonché la diffusione e il miglioramento degli stessi standard. Di pari passo è andata crescendo la consapevolezza dei problemi insiti nell Accordo inducendo le autorità di vigilanza a ridefinire l Accordo del 1988 al fine di a) rafforzare il legame tra capitale e rischi sottostanti; b) riconoscere gli sviluppi nella misurazione e gestione dei rischi bancari Nel 1999 il Comitato di Basilea ha pubblicato il primo documento consultativo per la revisione dell accordo del 1988 nel quale veniva delineato l approccio basato sui tre pilastri: il primo riguarda le nuove regole sul calcolo del coefficiente di capitale; il secondo l attività di monitoraggio e supervisione delle autorità di vigilanza ed il terzo la trasparenza e la disciplina del mercato. Basilea II - I tre pilastri dell accordo Conviene, molto brevemente, richiamare il significato dei tre pilastri del nuovo accordo di Basilea. Il primo è relativo ai requisiti patrimoniali minimi: è rimasta invariata sia la definizione di patrimonio di vigilanza sia il requisito minimo del coefficiente di solvibilità (8% delle attività ponderate per il rischio) a fronte del rischio di credito, di mercato e operativo (quest ultimo viene esplicitamente inserito per la prima volta); viene invece modificata radicalmente la metodologia di valutazione del rischio offrendo la scelta di due differenti approcci. Il più semplice, definito approccio standardizzato, ricalca la metodologia di Basilea 1 ma consente di utilizzare i rating esterni per permettere una valutazione più articolata del rischio e quindi una maggiore varietà di ponderazioni; il più complesso, basato sullo sviluppo di rating interni, consente l utilizzo del patrimonio informativo non pubblico della banca 5 al fine di determinare una più efficace corrispondenza tra capitale e rischio. Il secondo pilastro si riferisce all attività di supervisione sull adeguatezza del capitale delle banche. Tale attività deve essere volta non solo ad assicurare che le banche abbiano un adeguato livello di capitale per sostenere la loro attività ma anche a incoraggiare le banche a sviluppare ed usare efficaci tecniche di valutazione, monitoraggio e gestione dei rischi. L ultimo pilastro si occupa di definire degli standard di informazione e trasparenza al fine di facilitare l operare della disciplina di mercato. Le informazioni sono relative ai rischi assunti dalla banca nel suo operare nonché alle metodologie di misurazione e gestione degli stessi rischi. Sintetizzando in maniera estrema, la novità nella filosofia del nuovo accordo sui requisiti di capitale è quella di incentivare le capacità degli operatori bancari (e degli organi di supervisione) di riconoscere, misurare e gestire le diverse tipologie di rischio connesse con l attività bancaria. Naturalmente anche la proposta di revisione di Basilea 1 ha provocato un intenso dibattito che ha prodotto successive revisioni (al momento si è giunti alla terza revisione con il Third Consultative Paper di aprile 2003). Il dibattito ha toccato aspetti rilevanti come la possibile prociclicità del sistema basato sui rating interni, la definizione dei parametri di ponderazione, il ruolo delle autorità di vigilanza nazionali, ecc. Non essendo questa la sede per una rassegna complessiva conviene riportare brevemente solo alcune tematiche inerenti alle piccole banche. L accordo di Basilea e le piccole banche Inizialmente il progetto di revisione di Basilea 1, proprio perché definito sulle caratteristiche delle grandi banche ad operatività internazionale, sembrava trascurare i possibili effetti sfavorevoli sulle piccole banche, in particolare nel calcolo del coefficiente di capitale. Per quanto concerne 5 A sua volta la metodologia dei rating interni consente la scelta tra il metodo semplificato e il metodo avanzato. 2

l Approccio Standard, la possibilità di articolare il peso del rischio di una impresa affidata sulla base di un rating esterno è praticamente usufruibile solo da banche la cui clientela è, almeno in parte, costituita di grandi imprese. Anche se attualmente le imprese dotate di rating sono poche, in prospettiva l incentivo offerto dalle nuove regole dovrebbe condurre ad una maggiore convenienza per le imprese di medie e grandi dimensione (e di buona qualità posto che per avere un peso inferiore al 100% è necessario ottenere un rating non inferiore a A-) a dotarsi di un rating esterno. L approccio alternativo, basato sullo sviluppo di un sistema di rating interni (IRB), è perseguibile solo da banche di grandi dimensioni a causa delle intrinseche complessità tecniche e organizzative. La piccola banca, a cui è implicitamente indirizzato l Approccio Standard, rimane quindi legata ad una ponderazione che non diversifica secondo la qualità del prenditore e soprattutto non consente di utilizzare, ai fini del calcolo del coefficiente di capitale, il patrimonio informativo informale accumulato sulla clientela di piccole e micro imprese. Parallelamente e in maniera complementare si è creato il timore di una penalizzazione delle piccole e medie imprese. Questa tipologia di imprese viene definita nella letteratura economica come opaca dal punto di vista informativo nel senso che generalmente produce un tipo di informazione poco strutturata e poco adatta ad essere inserita in sistemi formali, matematico-statistici, per la valutazione del rischio di credito. Si è quindi generato il timore che la nuova regolamentazione potesse indurre le banche dotate di un sistema IRB ad aumentare il costo del credito per le piccole imprese non tanto perché più rischiose ma in quanto la strumentazione utilizzata non è del tutto adeguata alla specificità delle piccole imprese. Un ulteriore elemento di dibattito ha riguardato i potenziali effetti macroeconomici dovuti alla compresenza di sistemi differenti come quello standard e quello IRB: le grandi banche, dotate di sistemi IRB, saranno soggette ad un requisito di capitale sensibile al rischio della clientela affidata mentre le piccole banche, che utilizzano il metodo standard, avranno un coefficiente di capitale indipendente dalla rischiosità della clientela. A parità di rischio del prenditore l assorbimento di capitale regolamentare può essere differente per le due tipologie di banche. 6 Questo comporta da un lato una distorsione della concorrenza e dall altro il rischio di una migrazione di clientela ad elevata rischiosità verso banche utilizzatrici del metodo standard con possibili riflessi sulla stessa stabilità sistemica. Infine il nuovo Accordo di Basilea sembrava non tener conto di elementi importanti relativi alle piccole banche come: - Esternalità positive dei sistemi organizzativi a network propri di gran parte delle piccole banche indipendenti (sistemi di garanzia etc.); - Funzione economica anticiclica dell attività creditizio-finanziaria delle piccole banche indipendenti; - Correlazione inversa tra rischio sistematico (il rischio legato alle condizioni economiche generali) e dimensione delle imprese. A parità di altri parametri un portafoglio di piccole imprese è meno sensibile al ciclo economico rispetto ad un portafoglio di grandi imprese 7. Il dibattito che si è acceso su queste tematiche nonché l azione di sensibilizzazione delle autorità nelle sedi competenti da parte di associazioni di piccole imprese e gruppi bancari ha prodotto una revisione che ha reso più neutrale l applicazione del nuovo accordo, in particolare nella considerazione delle piccole imprese 8. Anche se il dibattito si è concentrato principalmente sulla revisione delle procedure per il calcolo del coefficiente di capitale contenute nel primo pilastro, è dal secondo pilastro che verranno le novità forse più rilevanti per le piccole banche. Il documento di Basilea 2 afferma chiaramente che un adeguato livello di capitale non sostituisce una gestione attiva di tutti gli aspetti inerenti i fattori di rischio, e in particolare del rischio di credito. Così anche le banche minori si troveranno nella 6 Cfr. Rime 2001, Carosio 2002, Sironi e Zazzara 2002. 7 Lopez 2002, Dullmann 2003. 8 Di Salvo 2002. 3

condizione di dover sviluppare dei sistemi avanzati di controllo dei rischi, anche se opteranno per l Approccio Standard per il calcolo del coefficiente di capitale. In questa prospettiva il sistema del Credito cooperativo sta mettendo a punto una metodologia di analisi a carattere quali-quantitativo per la produzione finale di un punteggio ( score ) su aree di indagine predefinite (ad es. bilanci delle imprese, schede andamentali dei rapporti, Centrali dei rischi, analisi dei settori di appartenenza) al fine di ottenere una valutazione delle controparti affidate. Il giudizio complessivo finale, definito rating di controparte, rappresenta una valutazione del merito creditizio di ciascun cliente affidato, da non confondersi con la determinazione di tipo matematico dei tassi attesi di default o insolvenza, propria invece dei Sistemi IRB definiti dal Comitato di Basilea. Il sistema di classificazione così strutturato, può rappresentare una base comune di strumentazione per il controllo dei rischi di credito delle BCC e un valido supporto per il miglioramento della valutazione del merito creditizio in sintonia con le caratteristiche gestionali del Credito Cooperativo. La simulazione dell impatto per le BCC Un passo rilevante del processo di consultazione si è realizzato con lo studio di impatto promosso dal Comitato di Basilea nell ottobre del 2002 (il Quantitative Impact Study-3). La finalità di questa simulazione era di verificare, prima della pubblicazione dell ultimo documento consultativo (CP3), l impatto della nuova regolamentazione sui requisiti di capitale delle banche. Lo studio ha coinvolto circa 350 banche in 43 paesi (12 banche in Italia). Posta la rilevante differenza dimensionale e operativa tra le banche incluse nel campione e le BCC, Federcasse ha ritenuto opportuno sviluppare una simulazione che consentisse un primo momento di verifica dell impatto di Basilea II sul coefficiente di capitale. Federcasse ha quindi istituito un gruppo di lavoro, con le Federazioni Locali e i centri servizi informatici, per definire la metodologia e raccogliere le basi dati necessarie. Metodologia I passi rilevanti nella definizione della simulazione si possono così sintetizzare: - Assunzione dell approccio standardizzato sia per il rischio di credito che per il rischio operativo; - Individuazione delle differenze più rilevanti tra la regolamentazione attuale e quella prevista da Basilea 2 in relazione alla ponderazione delle attività a rischio; - Utilizzo della sezione della matrice PUMA relativa al calcolo del coefficiente di capitale (sezione 9.2), applicando le nuove ponderazioni previste da Basilea 2. Analizzando il contenuto della nuova regolamentazione proposta dal Comitato di Basilea, e alla luce della struttura dell attivo delle BCC, il gruppo di lavoro ha concordato che l impatto della nuova regolamentazione si concentra in tre aree: 1. i crediti su immobili; nella regolamentazione attuale la ponderazione è pari al 50%. Nella nuova regolamentazione si introduce una diversificazione: la ponderazione sugli immobili ad uso residenziale scende al 35% mentre quella sugli immobili ad uso commerciale sale al 100% (a meno di apposite valutazioni che possano consentire un peso del 50%). 2. il portafoglio retail; sulla base delle informazioni fornite nell ultimo documento di consultazione (CP3) tutte le esposizioni verso individui e piccole imprese 9 possono usufruire di una ponderazione del 75% invece che del 100% a condizione che l esposizione non superi un milione di Euro. Si delega alle autorità nazionali di vigilanza l eventuale inserimento di una ulteriore norma restrittiva (principio di granularità) cioè che il valore dell esposizione 9 La definizione di piccola-media impresa include le imprese con fatturato inferiore ai 50 milioni di euro. 4

non sia superiore allo 0,2% del portafoglio retail stesso (le sofferenze e gli sconfini non contribuiscono al calcolo del portafoglio retail) 10. 3. crediti con ritardi di pagamento superiori ai 90 giorni. La nuova regolamentazione impone la definizione di default su tutti i crediti e sconfinamenti con ritardo di pagamento superiore a 90 giorni anche se prevede, solo per l Italia, un periodo transitorio di 5 anni in cui si può mantenere il limite di 180 giorni. Lo studio di impatto si è svolto in due fasi: nella prima si è stimata la dimensione del portafoglio retail in quanto tale definizione non viene prevista nella regolamentazione attuale; successivamente si è stimato l impatto complessivo sul coefficiente di capitale. La stima è stata condotta su un campione di 190 banche, diffuse su tutto il territorio nazionale, che rappresentano quasi il 45% degli impieghi e dell attivo delle BCC. Il calcolo del portafoglio retail e dei requisiti prudenziali per i rischi di credito Al fine di comprendere l impatto delle nuove regole è opportuno mostrare la composizione del coefficiente minimo di capitale. Tale coefficiente è formato dal rapporto tra patrimonio di vigilanza (il cui calcolo non ha subito alcuna modifica) e attività di rischio ponderate. Queste ultime sono determinate dai requisiti prudenziali di vigilanza che si suddividono in tre categorie: rischi di credito, rischi di mercato, altri requisiti prudenziali. Il peso di queste tre categorie è molto diseguale: considerando, ad esempio, le BCC come una sola banca si evince che l 84,1% dei requisiti prudenziali è relativo ai rischi di credito, il 7,5% ai rischi di mercato e il restante 4,9% ad altri requisiti. E evidente quindi come il cambiamento della ponderazione dei rischi di credito influisca in maniera determinante sul coefficiente di vigilanza. A loro volta i rischi di credito sono determinati dalle attività di rischio per cassa la cui composizione è riportata nella tabella 1 11. Anche in questo caso il peso delle singole voci è molto disomogeneo: sono infatti i crediti nei confronti del settore privato che determinano più dell 80% del valore ponderato delle attività di rischio per cassa e sono queste le esposizioni per le quali sono stati introdotti i maggiori cambiamenti rispetto alla normativa attuale. Tab. 1 - Composizione delle attività di rischio per cassa - 31 dicembre 2002 Valore contabile Valore ponderato Sett. pubblico e banche multilaterali 9,6% 0,3% Crediti nei confronti di banche 9,3% 2,5% Crediti nei confronti del settore privato immobili Residenziali 10,2% 6,8% immobili non residenziali 1,8% 2,0% altri crediti 63,1% 83,6% Attività materiali 2,0% 2,6% Partecipazioni 1,1% 1,4% Altro 2,8% 0,8% Totale 100,0% 100,0% NB. Elaborazione su dati di 465 BCC In conclusione, quindi, il processo di stima è stato svolto come segue: - stima della quota degli altri crediti che ricade nella definizione di portafoglio retail; tale quota viene ponderata al 75% mentre la rimanente parte al 100%; si sono analizzati ambedue i casi previsti dalla nuova normativa, il portafoglio retail con e senza il principio di granularità (la stima del portafoglio retail è riportata nell allegato A); 10 Nel precedente documento tecnico (QIS3) redatto come riferimento per la simulazione d impatto il principio di granularità non era facoltativo ma obbligatorio. 11 La composizione delle attività di rischio per cassa del campione di banche utilizzato per la simulazione è praticamente identica a quella dell insieme delle BCC (tav. A1 in allegato statistico). 5

- ponderazione degli immobili residenziali al 35% (invece che al 50%) - ponderazione degli immobili non residenziali al 100% (invece che al 50%) Un primo effetto immediatamente tangibile della nuova ponderazione delle singole voci è sintetizzato dalla ponderazione media del totale delle attività di rischio per cassa 12 (tab.2) che scende di circa 15 punti percentuali Tab. 2 - Ponderazione media delle attività di rischio per cassa Basilea 1 75,0% Basilea 2 60,7% Basilea 2 con granularità 64,4% In termini di fabbisogno di capitale (che si calcola applicando l 8% al totale delle attività di rischio ponderate) tale modifica comporta un risparmio di circa il 18%, se non si applica il principio di granularità (tab. 3), ed un risparmio medio per banca di circa due milioni di euro. Tab. 3 - Stima del fabbisogno di capitale generato dalle attività di rischio per cassa Fabbisogno di capitale (mgl. di Euro) Basilea 1 2.196.335 Basilea 2 senza granularità 1.800.698 Basilea 2 con granularità 1.903.263 Differenza senza granularità -395.637 Differenza con granularità -293.072 Incidenza % Basilea 2 senza gr./basilea1 82,0% Incidenza % Basilea 2 con gr./basilea1 86,7% Risparmio medio per banca con granularità -2.082 Risparmio medio per banca senza granularità -1.542 Elaborazioni su dati del campione di 190 banche Il contributo più rilevante a questo risparmio è dato dalla voce altri crediti (tab.4), ed è ascrivibile alla nuova ponderazione definita per il portafoglio retail. Gli immobili residenziali contribuiscono per il 10% circa mentre l aumento di ponderazione previsto per gli immobili commerciali ha un effetto negativo molto limitato. Tab. 4 - Contributo % al risparmio di capitale Immobili residenziali 10,6% Immobili non residenziali -2,6% Altri crediti 92,1% La stima del coefficiente di vigilanza Definito l impatto della nuova ponderazione sulle attività di rischio per cassa diviene agevole calcolare il coefficiente di vigilanza complessivo per le banche del campione. Ai requisiti patrimoniali per il rischio di credito, così come stimati, vanno aggiunti i requisiti patrimoniali per i rischi di mercato e gli altri requisiti (il cui calcolo è rimasto invariato) nonché i requisiti relativi ai rischi operativi, non presenti nella regolamentazione attuale. Nella simulazione si è calcolato tale requisito con la metodologia più semplificata che prevede di aggiungere tra i requisiti prudenziali il 15% del margine di intermediazione calcolato come media di tre anni. Sulla base della simulazione così effettuata la tabella 5 mostra i valori delle componenti del coefficiente di vigilanza nei tre differenti scenari previsti (Basilea 1, Basilea 2 con e senza granularità). 12 La ponderazione media del totale delle attività di rischio per cassa è il risultato della media di voci a ponderazione differente in relazione al diverso grado di rischio (dallo 0% al 200%). Le voci principali sono quelle riportate in tabella 1. 6

Tabella 5 - Simulazione del nuovi requisiti prudenziali e del coefficiente di vigilanza Categorie/valori BASILEA 1 BASILEA 2 (CP3) Senza granularità Con granularità Patrimonio di vigilanza Patrimonio di base 5.080.287 5.080.287 5.080.287 Patrimonio supplementare 318.941 318.941 318.941 Elementi da dedurre 23.212 23.212 23.212 Patrimonio di vigilanza 5.422.441 5.422.441 5.422.441 Requisiti prudenziali di vigilanza Rischi di credito 2.196.335 1.800.698 1.903.263 Rischi di mercato 76.204 76.204 76.204 Altri requisiti prudenziali 88.322 88.322 88.322 Rischi operativi 252.610 252.610 Totale requisiti prudenziali 2.360.861 2.217.835 2.320.400 Attività di rischio e coefficienti di vigilanza Attività di rischio ponderate 29.510.768 27.722.932 29.004.995 Patrimonio di base/attività di rischio ponderate 17,22% 18,33% 17,52% Patrimonio di vigilanza/attività di rischio ponderate 18,37% 19,56% 18,69% Il risultato più evidente è il forte peso dei requisiti prudenziali sui rischi operativi che, in sostanza, assorbe gran parte del risparmio di capitale generato dalla nuova ponderazione sui rischi di credito. Il dato riportato nella tavola è calcolato come media ponderata (cioè come se le banche del campione fossero una sola banca). In questa accezione il coefficiente di vigilanza sui requisiti patrimoniali migliora di poco più di un punto percentuale se il portafoglio retail viene calcolato senza granularità e rimane quasi inalterato includendo il principio di granularità. E però rilevante osservare cosa succede anche ai coefficienti delle singole banche. Nel caso della simulazione senza granularità 180 banche vedono migliorare il coefficiente di capitale (tabella 6); la maggior parte (102) di queste banche ottiene un miglioramento compreso tra l 1% il 2%. Applicando la granularità solo 87 banche vedono migliorare il loro coefficiente mentre per altre 100 peggiora. Tabella 6 - Variazione del coefficiente di vigilanza con Basilea 2 Simulazione senza granularità con granularità Numero di banche il cui coefficiente aumenta 180 87 diminuisce 7 100 Totale 187 187 Numero di banche il cui coefficiente aumenta: più del 2% 35 1 tra l'1% e il 2% 102 8 meno dell'1% 43 78 Totale 180 87 Numero di banche il cui coefficiente diminuisce: più del 2% 2 19 tra l'1% e il 2% 2 13 meno dell'1% 3 68 Totale 7 100 La stima dell impatto della nuova regolamentazione proposta dal comitato di Basilea effettuata su un campione di 190 BCC ha evidenziato in sintesi i seguenti aspetti: la nuova ponderazione delle attività di rischio conduce ad un risparmio di capitale mediamente consistente; 7

il maggiore contributo a questo risparmio viene dalla definizione (e ponderazione) del portafoglio retail ; l applicazione del principio di granularità al portafoglio retail comporta un minor risparmio di capitale e penalizza soprattutto le piccole BCC; l istituzione dei requisiti patrimoniali per il rischio operativo calcolati con la metodologia semplificata assorbe gran parte del risparmio di capitale generato dalla nuova ponderazione delle attività di rischio per cassa; l impatto finale sul coefficiente di vigilanza è sicuramente positivo (con un aumento del coefficiente di circa un punto percentuale) se il portafoglio retail viene calcolato senza principio di granularità mentre è incerto (con un maggiore numero di casi di peggioramento del coefficiente) se si tiene conto del principio di granularità; questo risultato è in linea con i risultati delle simulazioni svolte dalle altre banche e pubblicate recentemente dal Comitato di Basilea e dalla Commissione Europea; una sintesi viene presentata nell allegato B; è necessario ricordare che la simulazione non ha potuto tener conto delle variazioni nei requisiti di capitale indotte da un più efficace trattamento delle garanzie, dalla presenza di imprese rated nel portafoglio delle BCC, da una più precisa valutazione dei mutui residenziali, dall applicazione di un metodo più avanzato per i rischi operativi e in generale da tutte quelle variabili non esplicitamente considerate nella stima effettuata. Conclusioni Il quadro che scaturisce dall analisi del nuovo Accordo di Basilea, per quanto concerne le banche locali, potrebbe apparire rassicurante. La simulazione del calcolo del coefficiente di capitale mostra che in media, per le BCC, non si dovrebbe verificare un aumento del fabbisogno di capitale. Contemporaneamente i principi inseriti nel secondo pilastro si riveleranno decisivi per incentivare l introduzione di più solidi presidi di controllo e in particolare per lo sviluppo di sistemi di misurazione e gestione dei rischi di credito. Tutto ciò non esaurisce però le problematiche aperte. Il nuovo accordo si inserisce infatti in un contesto di mercato in cui la gestione del rischio è divenuta una variabile strategica per il miglioramento della competitività e della redditività. In questo senso la nuova regolamentazione non fa che riconoscere un percorso sul quale alcune grandi banche già si sono indirizzate: una efficace valutazione del rischio di credito che consenta da un lato di preservare la stabilità della banca e dall altro di applicare prezzi concorrenziali ma remunerativi. In questo quadro, più che una suddivisione del mercato (piccole imprese alle piccole banche e grandi imprese alle grandi banche) è realistico attendersi un inasprimento delle condizioni concorrenziali su alcuni segmenti di clientela imprese, in particolare le buone PMI. Come emerge anche dai risultati dello studio di impatto promosso dal Comitato di Basilea è in questa categoria di clientela che si concentra il risparmio di capitale regolamentare anche delle grandi banche; inoltre le PMI rappresentano il segmento di imprese che in Italia continua a mantenere una elevata dipendenza dal finanziamento bancario 13 a fronte delle imprese maggiori che hanno sviluppato canali di finanziamento presso altri intermediari e sul mercato dei capitali. E prevedibile che le grandi banche tenderanno da un lato ad incrementare l efficienza operativa ed i volumi per contenere i costi per unità di prodotto e dall altro ad allocare in maniera efficiente il capitale al fine di poter offrire prezzi concorrenziali. La crescente capacità di valutazione del rischio ottenuta con le nuove metodologie consentirà anche delle economie di diversificazione, posto che un sempre maggior numero di attività generatrici di commissioni da servizi hanno alla base la gestione del rischio (proprio e di terzi). Rimane per le BCC la necessità di capire con quale strategia inserirsi in questo contesto. E evidente che si debba 13 Cfr. CER 2002. 8

partire dai tradizionali punti di forza delle banche a forte vocazione locale. In primo luogo il rapporto con la clientela e lo sviluppo del relationship banking. Il radicamento nel territorio e la conoscenza del suo tessuto socio-economico sono e saranno anche in futuro uno degli elementi chiave per il mantenimento della competitività delle banche locali. Come messo in evidenza anche in letteratura l aumento della concorrenza e l adozione di moderne metodologie di gestione del rischio non mettono necessariamente in crisi le forme tradizionali di relazione con la clientela ma al contrario ne possono aumentare l efficacia. D altra parte anche le banche locali non possono più prescindere dall adozione di sistemi avanzati (anche quantitativi) di valutazione e gestione dei rischi e in particolare dei rischi di credito proprio perché la concorrenza su alcuni segmenti di mercato sarà sempre più serrata. La sfida per le BCC sarà quindi quella di integrare, in un modello originale, la tradizionale capacità di valutazione del rischio basata sulla conoscenza del territorio con il contributo offerto dalle tecniche formalizzate di valutazione e gestione del rischio (in particolare le tecniche di scoring). Un ruolo fondamentale per la riuscita di questa operazione spetta all organizzazione a rete che, se opportunamente sfruttata, consente di usufruire di economie di scala e di diversificazione nella conservazione dell indispensabile localismo. Bibliografia Basel Committee on Banking Supervision, 1999, Capital requirement and bank behaviour: the impact of the Basel Accord; working paper n.1; www.bis.org Basel Committee on Banking Supervision, 2002, Quantitative Impact Study 3 Technical Guidance; www.bis.org Basel Committee on Banking Supervision, 2003, The new Basel Capital Accord Consultative document 3; www.bis.org Boot, Arnoud W.A., 1999. Relationship banking: what do we know? Journal of Financial Intermediation 9, 7-25. Carosio G., 2002, Il nuovo Accordo di Basilea nelle strategie della Vigilanza, in Bancaria, 12/2002. CER, 2002, Rapporto Banche, maggio. Chami R., Khan M.S., Sharma S., 2003, Emerging issues in banking regulation, IMF Working Paper. Di Salvo R., 2002, Rischio di credito, Basilea 2 e piccole banche (cooperative): quale sviluppo per i controlli prudenziali? In Cooperazione di Credito 176/7. Dullmann K., Scheule H., 2003, Asset correlation of German Corporate obligors: its estimation, its drivers and implications for regulatory capital, BIS Working Paper. European Commission, 2003, Review of the capital requirements for credit institutions and investment firms Third Quantitative Impact Study: EU results; www.europa.eu.int/comm/internal_market/regcapital/index_en.htm Lopez José A., 2003, The empirical relationship between average asset correlation, firm size probability of default and asset size; Working Paper presentato al BIS Workshop Basel II: an economic assessment, 2002. Rime B., 2001, Revision of the Basel Accord: implications of the co-existence between the standardized approach and the internal ratings-based approach. Paper presentato alla EFMA Annual Conference. Saindenberg M., Schuermann T., 2003, The new Basel capital accord and questions for research; Federal Reserve Bank of New York Working Paper. Santos J.A.C. 2001, Bank capital regulation in contemporary banking theory: A review of the literature. In Financial Markets, Institutions & Instruments, vol.i 10(2), pp.41-84. Sironi A., Zazzara C., 2002, Le proposte del Comitato di Basilea in tema di riforma dei requisiti patrimoniali: implicazioni per banche e autorità di vigilanza; Banche e Banchieri n.1. 9

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