/(',0(16,21,'(,&$1$/,',',675,%8=,21( Abbiamo visto, nel paragrafo precedente, quali sono le figure e le strutture che possono costituire i canali di vendita per l impresa produttrice di olio di oliva, e quali sono i passaggi che possono portare il prodotto al consumatore finale. Dall azienda produttrice si passa così, attraverso agenti e grossisti, ai dettaglianti ed ai consumatori finali. Per quanto riguarda gli agenti, c è da specificare che essi possono essere sia diretti sia indiretti. Nel primo caso sono agenti che fanno parte dell impresa e vendono solo ed esclusivamente i suoi prodotti. Sono remunerati attraverso una formula che può andare dal solo stipendio fisso, al fisso più provvigione, alla sola provvigione. Gli agenti indiretti sono invece autonomi e lavorano per più imprese, su una base remunerativa provvigionale. In questo caso però, il controllo dell attività dell agente indiretto è più limitato rispetto a quello dell agente diretto, quest ultimo, infatti, lavorando esclusivamente per l impresa, deve eseguire in modo più determinato la linea strategica ed i programmi da essa sviluppati. La scelta dell uno o dell altro da parte dell'impresa, dipende però da diverse variabili, le quali fanno anche riferimento ad una convenienza economica finale, oltre che alle modalità con cui intende proporsi al mercato. Bisognerà valutare quale delle due formule ha un migliore ritorno dell investimento che l impresa attua per l avvio di un agente, sia diretto che indiretto. La formula dell agente diretto è più costosa ma l impresa può avere un controllo maggiore della performance della sua attività di marketing sviluppata, e la si può attuare quando si pensa di poter raggiungere con sicurezza un obiettivi di vendita. TAB. 4.1 180(52'(*/,$*(17,'(/6(7725()22' ITALIA 14.321 CALABRIA 485 VIBO VALENTIA 21 COSENZA 145 CATANZARO 149 CROTONE 29 REGGIO CALABRIA 141 Fonte:HODERUD]LRQH$JURSURPRWLRQVXGDWL&&,$$9LER9DOHQWLD E chiaro che, sia l agente diretto sia quello indiretto, possono proporre il prodotto a qualsiasi mercato di riferimento. Possono vendere ad altri intermediari (Grossisti e Dettaglianti), al catering, così come al mercato industriale. Sarebbe però opportuno, visto che le esigenze, le caratteristiche ed i prodotti richiesti sono diversi ed influiscono sulle attività strategiche di vendita, che per ogni tipo di mercato ci fosse una figura specializzata per affrontare le differenze esistenti, e poter seguire le linee ed i programmi che l impresa avrà preparato. 150
In ogni caso, come abbiamo già avuto modo di ribadire, l agente compie solamente un intermediazione del prodotto, dando la possibilità all impresa di poter individuare meglio il suo percorso, e da quale mercato di riferimento è infine acquistato. Se la vendita è affidata a grossisti, sia con o senza agenti, l impresa potrebbe non sapere effettivamente a quale mercato di riferimento tale intermediario rivende poi il prodotto, e nemmeno le modalità ed i processi di vendita ed eventuale valorizzazione dei prodotti che userà, visto che, tra l altro, le marche di prodotto che può trattare possono essere diverse. Il grossista può così rivendere il prodotto sia al dettagliante, sia al catering, sia al mercato industriale. Potrebbe però non usare dei criteri di differenziazione, potrebbe non prendere in considerazione le diverse esigenze presenti nei diversi mercati considerati, così come le differenze esistenti tra i prodotti delle diverse imprese. L impresa può così raggiungere il mercato del catering e quello industriale direttamente o tramite agenti e grossisti. L importante è sapere però che per questi due segmenti occorre una linea strategica di vendita diversa da quella del mercato di consumo. FIG. 4.2,OSRVL]LRQDPHQWRGHOFLFORGLYLWDGHOOHIRUPHGLVWULEXWLYHJURFHU\LQ,WDOLD 9(1',7( &DVKDQG&DUU\ ÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃ6XSHUHWWHÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃ*URVVLVWL 7UDG ÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃ ÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃ1HJR]L 7UDG ÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃÃ6XSHUPHUFDWR,SHUPHUFDWR Introduzione Sviluppo Maturità Declino 7(032 Fonte: 'DQLHOH)RUQDULLQ³/HVWUDWHJLHGLWUDGHPDUNHWLQJ 151
La vendita al dettagliante, sia tramite intermediari sia direttamente, presuppone pertanto una proposta del prodotto al mercato di consumo, visto che, appunto, tali distributori vendono esclusivamente ai consumatori finali. In questo caso l impresa deve sapere come queste strutture sono organizzate, le loro dimensioni, le politiche che adottano ed i metodi di acquisto utilizzati. Come abbiamo avuto modo di osservare, la distribuzione alimentare italiana si distingue principalmente in Dettaglio Tradizionale, Dettaglio Organizzato e Grande Distribuzione. Queste ultime due sintetizzate in G.D.O. (Grande Distribuzione Organizzata). Un altra differenziazione che bisogna fare è quella dimensionale e l ampiezza degli assortimenti che ha a disposizione.,o 'HWWDJOLR 7UDGL]LRQDOH ha una dimensione che non supera i 200 mq ed un assortimento limitato. Rappresenta il tipo di punto vendita alimentare numericamente più consistente, anche se comunque è in declino, visto la concorrenza sempre più agguerrita della Distribuzione Moderna. Questo tipo di dettaglio è generalmente rifornito da grossisti ed agenti, attraverso un canale lungo o medio, proprio per la capillarità di cui sono caratterizzati, ed il basso volume di affari unitario che riescono a sviluppare. /H6XSHUHWWH sono dei punti vendita di prodotti alimentari con una dimensione che va dai 200 ai 400 mq. Il loro assortimento è un po' più elevato del Dettaglio Tradizionale (circa 1500-1700 unità), con una tecnica di vendita mista, in cui il self-service è abbinato ad un servizio al banco per la vendita di salumi e formaggi. Hanno un bacino di utenza di circa 4000-5000 abitanti e sono facilmente raggiungibili a piedi con un percorso di 5-10 minuti. Può rappresentare quel dettaglio in cui il consumatore realizza acquisti fuori programma, durante la settimana. TAB. 4.2 /DVWUXWWXUDGLVWULEXWLYDLQ,WDOLD 7,32/2*,$ 1ƒ3817,9(1',7$ *,52',$))$5, IPERMERCATI 400 15,7 SUPERMERCATI 6000 36,0 DISCOUNT 2.450 8,0 SUPERETTES 12.000 15,6 GROCERY 83.000 13,7 MARGINALI 42.675 11,0 TOTALE 146.525 100,0 Fonte: 1LHOVHQ 152
,O6XSHUPHUFDWR, nato negli Usa negli anni 30, è un punto vendita operante nel settore grocery, con una dimensione che va dai 400 ai 2500 mq, con un vasto assortimento di prodotti di largo consumo in massima parte preconfezionati ed una percentuale di prodotti non alimentari, con un'attività di vendita prevalentemente di tipo self-service. Tale tipologia distributiva ha preso piede in Italia negli anni 50 e si è rapidamente diffusa in tutto il territorio raggiungendo, negli anni 90, il 30% della quota di mercato del settore grocery, ed uno scontrino medio che va dai 30.000 lire per quelli con una superficie di 600 mq, a 50.000 lire per quelli con una superficie da 1500 mq. (In Calabria sono presenti 190 Supermercati). Una caratteristica è il numero di referenze gestite rispetto ai supermercati degli Stati Uniti. Mentre negli USA, infatti, un supermercato di 1200-1500 mq gestisce circa 8000 referenze, in Italia non supera le 3000-4000 referenze. Questa divergenza è dovuta molto probabilmente alla gestione di prodotto, aspetto che potrebbe nel tempo migliorare, lasciando spazio ai prodotti particolari e connotati di una certa tipicità. /,SHUPHUFDWR, nato in Francia, è una delle forme distributive sviluppatesi recentemente. E caratterizzato da una dimensione di oltre 2500 mq, tutte in un unico piano. L assortimento è vasto, ma non necessariamente profondo, con la presenza di alcuni reparti assistiti, anche se prevale il libero servizio. La loro politica commerciale è basata sulla vendita discount, con la realizzazione di margini più bassi. Sono strutture localizzate quasi sempre nelle aree periferiche della città, proprio perché necessitano di spazi ampi, con parcheggi di certe dimensioni (In Calabria sono presenti 8 Ipermercati). FIG. 4.3 5LSDUWL]LRQHGHLVXSHUPHUFDWLSHUDUHDJHRJUDILFD 1RUG(VW 6XGH,VROH 1RUG2YHVW &HQWUR Fonte: 0LQLVWHURGHOO,QGXVWULD L evoluzione del settore distributivo alimentare al dettaglio, vede pertanto una diminuzione dei punti vendita tradizionali, circa 20.000 in meno nell anno 1993, insieme con una contrazione dei punti vendita all ingrosso e degli ambulanti. In 153
aumento invece le strutture moderne di grandi dimensioni, in particolare gli ipermercati, aumentati dell 11,5%, e dei supermercati, aumentati di circa il 6%. Con l andare del tempo si assisterà sempre di più ad una diminuzione dei punti vendita tradizionali e meno organizzati, a favore di quelle strutture di più grandi dimensioni che operano su un territorio più vasto e che appartengono ad un sistema organizzato nazionale. Possiamo evidenziare, pertanto, la capacità di giro d'affari delle strutture organizzate a libero servizio rispetto a quelle non organizzate. I Supermercati, insieme con gli Ipermercati, realizzano oltre il 50% del fatturato del settore, pur essendo il 4,2% del totale dei punti vendita alimentare. Se ad essi si aggiungono gli altri negozi a libero servizio, Superettes e Discount, si arriva al 14%, con un giro d'affari di circa il 75% di tutto il settore alimentare italiano (Tab. 4.2). E chiaro che in un contesto così strutturato, è molto più interessante per le aziende produttrici essere presenti in tale tipologia distributiva, perché la copertura di pochi punti vendita consente loro di realizzare già un buon fatturato, in relazione all'alta capacità di rotazione che essi presentano. In aggiunta, sarà anche ridotto il numero delle negoziazioni, realizzate direttamente con le centrali, le quali acquistano, appunto, per tutti i punti vendita associati. In questo modo, con pochi punti di trattativa dell impresa produttrice, si riuscirebbe a coprire un numero consistente di negozi, eliminando anche alcune figure intermedie. Tuttavia, la negoziazione con la Grande Distribuzione Organizzata, in funzione dei quantitativi più elevati che sono commercializzati, è certamente più professionale e coinvolgente, con la richiesta, da parte delle centrali di acquisto, di agevolazioni varie, come l offerta di sevizi specifici, condizioni economiche vantaggiose oppure la proposta di strumenti promozionali, aspetti che rendono necessario, da parte dell'impresa produttrice, il ricorso ad una figura più esperta e professionale di quanto possa essere l agente o il rappresentante. Si è così formato nel tempo, in relazione a questo processo di vendita, la figura del Key Account, un esperto responsabile clienti, che affianca il responsabile prodotti, che ha il compito di negoziare specificatamente con la G.D.O. e proporre i prodotti dell impresa. Dal punto di vista organizzativo il Key Account Manager risponde al Direttore Vendite, al quale si riferisce nell attuazione delle politiche dell impresa (Daniele Fornari, Le strategie di Trade Marketing). In particolare, le funzioni di tale figura sono: 4XHOOHGLVWDELOLUHOHFRQGL]LRQLGLYHQGLWDFRQOHRUJDQL]]D]LRQLGLVWULEXWLYH 3URSRUUH H VYLOXSSDUH DWWLYLWj GL PDUNHWLQJ H FRPXQLFD]LRQH LQ VLQHUJLD FRQ OH VWUXWWXUHFRPPHUFLDOL $QDOLVLGHOOHULFKLHVWHGHOOHD]LHQGHGLVWULEXWLYH &RQWUROORGHOOHSROLWLFKHGLYHQGLWDSURJUDPPDWHFRQOHVRFLHWjGLGLVWULEX]LRQH 9HULILFKHGHOO RSHUDWRGHOODIRU]DYHQGLWHLQUHOD]LRQHDOOHD]LRQLGLPHUFKDQGLVLQJ 9DOXWD]LRQHGHOODSHUIRUPDQFHGHLFOLHQWLSLLPSRUWDQWL 154
Il potere contrattuale del Trade Organizzato impone alle imprese produttrici di attrezzarsi e programmarsi, in relazione alla capacità di sostituzione del fornitore da parte dei grandi acquirenti, nonché alla possibilità di sviluppare anche una propria marca. Laddove la Brand Loyalty da parte del consumatore è più ridotta a favore della Store Loyalty, il potere contrattuale della G.D.O. diventa più consistente e le aziende fornitrici, se vogliono essere presenti in questi punti vendita, devono attenersi alle loro condizioni. Bisogna in ogni modo tenere conto di alcune differenze che ci sono tra la Grande distribuzione e la Distribuzione Organizzata. Nella seconda, essendo costituita da più proprietari, rifacendosi in ogni modo ad un unica centrale per gli acquisti, possono esserci da parte delle singole associate, lo sviluppo di iniziative individuali, sia negli acquisti, sia nelle attività di marketing che intendono realizzare nei confronti dei consumatori. Per la prima forma di distribuzione il tutto è sviluppato sotto un unico programma. TAB. 3 /HFRQGL]LRQLGLUHGGLWLYLWjGHOOHSULQFLSDOLFDWHJRULHGLSURGRWWLFKH IRUPDQRO DVVRUWLPHQWRFRPPHUFLDOHQHLPHUFDWLJURFHU\LQ,WDOLD CATEGORIA DI PRODOTTI % Vendite su totale % Spazio occupato su totale Margini % Tassi di rotazione (n. rigiri stock medio) Bevande analcoliche 10,2 8,0 13,9 17 Bevande alcoliche 9,1 9,5 8,4 9 Pasta 7,8 10,6 11,5 18 Caffè-tè 6,1 3,4 9,2 15 2OLR$FHWR Biscotti 5,7 6,7 14,3 15 Merendine 3,8 3,4 15,2 22 Derivati pomodoro 2,9 2,5 13,0 11 Prodotti forno 2,5 4,1 14,5 19 Dolciumi 2,3 2,5 16,0 14 Confetture, creme 1,9 1,7 14,4 13 Fonte:,)25 Queste strutture organizzate lavorano pertanto sulla base di specifici criteri di redditività, è formulano il loro assortimento in relazione ai risultati di vendita ed ai riferimenti che sussistono con la loro politica e strategia aziendale. Tasso di rotazione, rapporto vendite/spazio e livello del margine commerciale rappresentano gli aspetti attraverso i quali gli acquirenti commerciali creano i loro 155
assortimenti, insieme con ciò che può rappresentare elemento di miglioramento, anche in termini qualitativi e di immagine per il punto vendita. Dagli anni 80 in poi si è verificato, da parte delle aziende produttrici nei confronti delle società di distribuzione, un allungamento dei tempi del credito, un aumento di offerta di servizi e dei contributi in termini di marketing, con un minor peso attribuito alla scontistica ed una maggiore offerta di tutti quei servizi che avrebbero potuto favorire l attività di Sell Out dei prodotti da parte delle imprese commerciali. Nonostante la moderna distribuzione ha avuto in Italia uno sviluppo considerevole, la loro quota di mercato è tuttavia ad un livello inferiore rispetto a quella degli altri paesi europei. Infatti, la quota di mercato dei supermercati della Gran Bretagna arriva a circa l 81% del settore grocery, quella della Francia al 66% e quella della Germania al 59%. L aumento dimensionale e di potere da parte della G.D.O., li hanno portati a sviluppare delle proprie strategie di marketing nei confronti dei consumatori, questo per definire e migliorare la Store Loyalty, con la conseguente crescita delle marche commerciali, aspetto che in Italia non ha raggiunto, anche in questo caso, i livelli degli altri paesi europei. TAB. 4.4 'LQDPLFDHSHVRGHOOHPDUFKHSULYDWHLQ(XURSD 3$(6, 4XRWDVXWRWDOH 4XRWDWUDWWDQWL JLURGLDIIDUL FRANCIA 17,0 24,0 GRAN BRETAGNA 25,0 33,0 GERMANIA 16,0 25,0 SVIZZERA 11,0 52,0 SPAGNA 11,0 40,0 ITALIA 5,3 22,0 Fonte: 1LHOVHQ E interessante osservare la performance che i vari prodotti grocery hanno nei punti vendita della G.D.O., i margini che spuntano, le vendite e lo spazio occupato (tab. 4.4). Lo sviluppo della Moderna Distribuzione self-service, Grande Distribuzione e Distribuzione Organizzata, ha ulteriormente specializzato il ruolo del buyer (figura predisposta agli acquisti nelle strutture della Moderna Distribuzione), il quale adotta e segue quelle che sono le politiche e le strategie dell impresa commerciale, strutturando e determinando di conseguenza le referenze che devono far parte dell assortimento sulla base di convenienze che non sono più eventualmente di prezzo, ma anche di servizi offerti, così come abbiamo già avuto modo di specificare. I criteri di scelta del buyer puntano soprattutto su aspetti di marketing, con lo scopo di conquistare l attenzione e la fedeltà del consumatore e nel cercare dei vantaggi competitivi rispetto alla concorrenza. I fornitori che si adegueranno a tali esigenze hanno una maggiore possibilità di essere scelti e di vedere inseriti i loro prodotti tra le referenze che costituiscono l assortimento 156
delle imprese commerciali. La qualità della marca, il prezzo al consumo, le attività promo-pubblicitarie rappresentano gli strumenti sui quali le insegne ed i loro dirigenti fanno maggiormente leva per accrescere la vendibilità dei prodotti ed aumentare la fedeltà al punto vendita da parte dei consumatori. I diversi punti vendita della G.D.O., fanno pertanto riferimento a delle proprietà o centrali di acquisto, le quali si occupano della negoziazione e contrattazione con i fornitori dei prodotti che costituiscono i loro assortimenti. In Italia le principali strutture sono: 67$1'$&200(5&,$/( 6(/(;&200(5&,$/( 5,1$6&(17($8&+$1,17(50(',$,16,(0( 0(&$'(6 *6,17(5',6 6,&21 6,5,2 (66(/81*$ &223,7$/,$ FIG 4.4 1XPHURGHLSXQWLYHQGLWDGHOGHWWDJOLRDOLPHQWDUHLQUHOD]LRQH DJOLDELWDQWLLQDOFXQLSDHVLHXURSHL 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 )UDQFLD *UDQÃ%UHWDJQD *HUPDQLD,WDOLD Punti vendita ogni 10.000 abitanti Fonte: 1LHOVHQ 157
Alcuni di questi gruppi operano anche a livello internazionale. A queste strutture si vanno ad aggiungere altri punti vendita appartenenti alla categoria delle superettes, supermercati ed ipermercati i quali sono però indipendenti, non fanno parte in pratica di nessuna delle centrali di acquisto su elencate, e sono costituite da un numero limitato di esercizi per ciascuna proprietà. A testimonianza del livello raggiunto attualmente dalla crescita della moderna distribuzione in Italia rispetto ai paesi esteri, è il numero di punti vendita presenti in ciascun paese in relazione alla popolazione presente. L Italia è quella che ha il numero più alto, con precisione circa 17 ogni diecimila abitanti. A determinare tale consistenza sono ancora la presenza dei punti vendita tradizionali, più numerosi rispetto agli altri paesi esteri (Fig. 4.4) 158