Diagnostica per immagini della fibrosi miocardica con risonanza magnetica

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1 Diagnostica per immagini della fibrosi miocardica con risonanza magnetica Andrea Barison 1,2, Pier Giorgio Masci 1, Giovanni Donato Aquaro 1 1Fondazione CNR - Regione Toscana G. Monasterio, Pisa 2Scuola Superiore Sant Anna, Pisa RIASSUNTO La fisiopatologia della cardiopatia ischemica e non ischemica coinvolge non solo i miociti, ma anche la matrice extracellulare, che può rimodellarsi come conseguenza dell edema interstiziale, di una fibrosi interstiziale diffusa, di una fibrosi riparativa post-necrotica oppure di un accumulo di proteine patologiche (come l amiloidosi). Se la biopsia endomiocardica rappresenta il metodo gold standard per valutare il rimodellamento miocitario e interstitiziale, la risonanza magnetica cardiovascolare reppresenta la controparte clinica non invasiva per la caratterizzazione tissutale: la fibrosi macroscopica puo essere visualizzata con la tecnica del Late Gadolinium Enhancement (LGE) e l edema con la tecnica STIR (Short-Tau Inversion Recovery); le recenti tecniche del T1 mapping e del T2 mapping forniscono una stima quantitativa del rimodellamento interstitiziale, con il calcolo del volume extracellulare del miocardio (ECV) e con la quantificazione dell edema, con ricadute diagnostiche e terapeutiche in diverse cardiomiopatie. Molti studi hanno correlato la fibrosi macroscopica (visualizzata con LGE) e l edema miocardico (valutato con STIR) con i rilievi bioptici, ma anche con lo stadio di malattia e con la prognosi in molte cardiopatie ischemiche e non ischemiche; studi molto recenti hanno invece validato istologicamente le nuove techiche del T1 e del T2 mapping usando diverse sequenze e diversi protocolli. Inoltre, dopo la misura dei valori normali di T1, T2 ed ECV miocardici in popolazioni sane di controllo, molti studi hanno recentemente comparato i dati normali con le cardiopatie ischemiche e non ischemiche, correlandoli con la severità di malattia e con la prognosi e mostrando come queste tecniche possano risultare piu sensibili delle precedenti STIR e LGE in specifici contesti clinici. La risonanza magnetica cardiovascolare è in grado di fornire preziose informazioni sulla caratterizzazione tissutale del miocardico in maniera non invasiva, basandosi sia su tecniche tradizionali e consolidate (STIR, LGE), sia su tecniche nuove (T1, T2 mapping). Ulteriori studi sono attualmente in corso per confermare l utilità clinica dei dati di diagnostica per immagini per la diagnosi precoce, la prognosi e la gestione terapeutica dei pazienti con cardiopatia ischemica e non ischemica. Parole chiave: Risonanza magnetica; Fibrosi; Interstizio ABSTRACT Imaging myocardial fibrosis with magnetic resonance. Myocardial remodelling in ischaemic and non-ischaemic cardiomyopathies involves not only the myocytes, but also non-myocyte cells and the extracellular matrix, which constitutes around 6% of the normal heart and includes fluid, collagen and glycoproteins. In pathological states, the cardiac interstitium increases as a result of myocardial oedema, diffuse interstitial (microscopic) fibrosis, post-necrotic replacement (macroscopic) fibrosis or pathological infiltration (e.g. amyloid). The activation of the renin-angiotensin-aldosterone system is a major determinant of fibroblasts activation and collagen deposition, with the transforming growth factor b as the downstream signal mediator. Endomyocardial biopsy still represents the current reference method for interstitial and replacement myocardial fibrosis assessment, but Cardiovascular Magnetic Resonance (CMR) allows in vivo detection of macroscopic fibrosis with postcontrast Late Gadolinium Enhancement (LGE) imaging and of myocardial oedema with Short-Tau Inversion Recovery (STIR) imaging. Novel T1 mapping and T2 mapping CMR techniques provide a quantitative estimation of myocardial interstitial remodelling (of the extracellular volume fraction ECV and of myocardial oedema, respectively), with a potential diagnostic and prognostic clinical utility in a wide range of cardiomyopathies. In early technical work, the T1 and T2 mapping sequences were developed, generating a range of normal values from healthy subjects. Results from different ischaemic and non-ischaemic cardiomyopathies were then compared to normal values, and proved to correlate with disease severity and prognosis. Moreover, ECV measurements showed excellent agreement with histological collagen volume fraction in small cohorts of patients, using different sequences and different gadolinium administration protocols. Cardiovascular magnetic resonance provide unique in vivo characterization of the myocardium, using both traditional (STIR, LGE) and novel (T1, T2 mapping) approaches. Future studies are expected to confirm its clinical utility in early diagnosis, prognostic stratification and therapeutic monitoring in a wider range of cardiac diseases. Key-words: Magnetic resonance; Fibrosis; Interstitium 40 LigandAssay 19 (1) 2014

2 IL RIMODELLAMENTO CARDIACO E LA FIBROSI La cardiopatia ischemica rappresenta la più frequente patologia del miocardio e la più frequente causa di scompenso a frazione di eiezione ridotta e di trapianto cardiaco (Tab. 1). Essa deriva da una patologia che coinvolge primariamente le coronarie, secondariamente il cuore: durante l evento ischemico acuto, i miociti vanno incontro a necrosi e successivamente sono sostituiti da tessuto cicatriziale (fibrosi riparativa o sostitutiva), che rappresenta un area di disfunzione sistolica, diastolica e di aumentata suscettibilità aritmica all interno del miocardio 1. La cardiopatia ipertensiva rappresenta invece la principale causa di scompenso a frazione di eiezione conservata e, insieme alle patologie valvolari, pericardiche ed endocardiche, risulta anch essa secondaria a una malattia primitivamente extramiocardica: sottoposto a un sovraccarico di volume, di pressione e/o a una rigidità endocardica o pericardica, il miocardio risponde con un ispessimento e/o una dilatazione, meccanismi che alla lunga provocano disfunzione e rimodellamento con aree di necrosi miocitaria e fibrosi interstiziale. Le cardiomiopatie primitive, invece, sono rappresentate dalla cardiomiopatia dilatativa primitiva (DCM), ipertrofica (HCM) e restrittiva (RCM), e costituiscono la seconda causa di scompenso e di trapianto cardiaco: esse sono patologie primitive del miocardio, in cui diverse noxae patogene producono un danno diretto ai miociti e/o alla matrice extracellulare (Tab. 1). Nonostante la terapia medica ottimale e la terapia elettrica resincronizzante/ antiaritmica, la maggior parte dei pazienti con cardiomiopatia primitiva va inesorabilmente incontro a una progressiva disfunzione sistolica e diastolica del ventricolo sinistro, a insufficienza cardiaca e ad aritmie fatali. Da un lato la prognosi a medio e lungo termine delle cardiopatie non ischemiche è tuttora gravata da una ridotta sopravvivenza, non molto dissimile dalla cardiopatia ischemica 2 ; dall altro, i pazienti con cardiomiopatia primitiva possono rimanere asintomatici per anni, grazie a meccanismi di compenso (attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone e del sistema catecolaminergico) che inizialmente sono adattativi, ma a lungo andare possono diventare maladattativi e promuovere un ulteriore rimodellamento patologico del miocardio. In particolare, il rimodellamento biomolecolare 3, l ipertrofia dei cardiomiociti e la deposizione di matrice extracellulare 4 6 possono essere sostenuti non solo dalla noxa originale (infettiva, tossica, autoimmune ), ma anche dal sovraccarico meccanico, dall ischemia miocardica (microvascolare) 7 9, dall attivazione dei sistemi neuroendocrini e citochinici. Risulta pertanto fondamentale identificare i pazienti ad alto rischio, che necessitano di follow-up ravvicinati e di massimizzazione terapeutica, particolarmente negli stadi precoci di malattia, in cui l assenza di sintomi e l iniziale disfunzione meccanica del ventricolo rendono difficile la diagnosi precoce della malattia e la previsione della sua evoluzione clinica. Per questo motivo, il rimodellamento miocardico è stato ed è tuttora oggetto di numerosi studi sperimentali e clinici, alla ricerca di tecniche sensibili, riproducibili, possibilmente non invasive ed economicamente sostenibili, per la migliorare la diagnosi e la stratificazione prognostica dei pazienti con cardiopatia ischemica e non ischemica. Oltre al rimodellamento dei miociti, è recentemente rinato un Tabella 1. Classificazione eziologica delle cardiopatie 1. Coronaropatia 2. Ipertensione 3. Cardiomiopatie (dilatativa/ ipertrofica/ restrittiva/ aritmogena/ non compattazione) familiare infettiva (miocardite) autoimmune sarcoidosi miocardite gigantocellulare eosinofila (Churg-Strauss) chemioterapici cocaina alcoolica metalli pesanti endocrina (feocromocitoma, avitaminosi ) peripartum infiltrativa (amiloidosi) tumorale (primitiva, secondaria) 4. Valvulopatie 5. Malattie del pericardio (pericarditi, versamento pericardico, costrizione pericardica ) 6. Malattie dell endocardio (endocarditi, sindrome iperosinofila, fibrosi endomiocardica ) 7. Cardiopatie congenite 8. Aritmie 9. Blocchi Modificata da rif. 1 particolare interesse per il rimodellamento della matrice extracellulare. Fisiologia della matrice extracellulare La matrice extracellulare costituisce all incirca il 6% del miocardio normale ed è formata da fluido, collagene, fibre elastiche e glicoproteine 10. Tra le sue funzioni ci sono l ancoraggio reciproco delle cellule muscolari cardiache, la riserva di fattori di crescita e la meccanica tissutale 11. La matrice extracellulare si trova a tre livelli nel miocardio: l epimisio copre l endocardio e l epicardio, il perimisio circonda i fasci muscolari, l endomisio ricopre le singole cellule (Fig. 1). Il collegene di tipo 1 e 3 costituisce la maggior parte della matrice extracellulare negli animali (80% e 11% rispettivamente) 12 : il collagene tipo 1 è più spesso e fornisce resistenza, mentre il tipo 3 fornisce elasticità. Il collagene viene secreto dai fibroblasti come procollagene (Fig. 2) e viene successivamente elaborato da alcune proteasi che rimuovono i frammenti amino- e carbossi-terminali 13. Il collagene viene successivamente degradato dalle metalloproteasi (MMP), che sono a loro volta regolate dai loro inibitori tissutali (TIMP) 14. MMP, TIMP e propeptidasi del collagene possono essere misurati nel plasma e riflettono l attività di formazione e degradazione di collagene 15. LigandAssay 19 (1)

3 Rimodellamento cardiaco e fibrosi miocardica Figura 1. Rappresentazione schematica della matrice extracellulare. Il perimisio circonda gruppi di miociti a formare miofibre o fasci muscolari; l endomiosio comprende le connessioni intercellulari e circonda le singole cellule; l epimisio ricopre gli strati endocardici ed epicardici. Riprodotta da rif. 117 Figure 2. Il ciclo normale di produzione e degradazione del collagene. Riprodotta da rif. 118 Figura 3. L interstizio miocardico può andare incontro a diversi processi di rimodellamento: fibrosi interstiziale diffusa (a sinistra), fibrosi sostitutiva conseguente a necrosi/apoptosi dei cardiomiociti (al centro), espansione interstiziale non fibrotica per accumulo di amiloide o sostanze analoghe (a destra). Riprodotta da rif. 17 Patologia della matrice extracellulare Nel cuore sano, la matrice extracellulare è plastica e può aumentare in risposta a diverse condizioni ambientali, come succede nell attività fisica agonistica protratta16. In condizioni patologiche sia ischemiche che non ischemiche, la matrice tipicamente si espande sia per edema 42 interstitiziale (fase acuta), sia per deposito di collagene (fase cronica) (Fig. 3). Inoltre la matrice può espandersi per infiltrazione di sostanze diverse, come succede nell amiloidosi cardiaca, in cui le proteine amiloidogeniche si accumulano nell interstitizio e provocano pseudoipertrofia miocardica, disfunzione sistolica e diastolica, aritmie e morte17. Precedenti studi hanno dimostrato che nella fibroligandassay 19 (1) 2014

4 si miocardica predomina il collagene di tipo 1, con un conseguente aumento del rapporto collagene di tipo 1 rispetto al tipo 3, soprattutto nel perimisio e nell endomiosio 18. Esistono due principali quadri di fibrosi, ciascuno con una fisiopatologia diversa 17,19. La fibrosi riparativa (o sostitutiva) è conseguente alla perdita di miociti, come nell infarto miocardico: i miociti necrotici non possono essere rigenerati e la cicatrice riparativa permette di conservare l integrità strutturale del miocardio. La fibrosi sostitutiva può essere sia localizzata (cardiopatia ischemica, miocardite, cardiomiopatia ipertrofica, sarcoidosi), sia diffusa (insufficienza renale cronica, cardiotossicità, malattie infiammatorie croniche) a seconda della fisiopatologia sottostante. Il secondo tipo di fibrosi è quella reattiva (interstiziale): a differenza della fibrosi sostitutiva, si tratta di una risposta non alla perdita di miociti, ma a un danno diretto meccanico, tossico, infettivo o autoimmune ed è di solito distribuita omogeneamente nel miocardio. La fibrosi interstitiziale è stata descritta soprattutto nella cardiopatia ipertensiva e diabetica, ma anche nell invecchiamento, nella cardiopatia dilatativa primitiva, ipertrofica primitiva, nella cardiopatia valvolare con sovraccarico di volume o di pressione, e nel miocardio remoto (apparentemente sano) dopo infarto miocardico. Nella cardiopatia ipertensiva, è stato dimostrato che la fibrosi interstiziale è un indice di gravità di malattia, può precedere lo sviluppo di fibrosi sostitutiva e può regredire con specifica terapia 20. Meccanismi fisiopatologici della fibrosi miocardica La fibrosi miocardica diffusa può essere promossa da diversi fattori: stress meccanico (ipertensione, rimodellamento post-infartuale del miocardio remoto ), sostanze tossiche (antracicline, chemioterapici ), malattie autoimmunitarie (sclerosi sistemica ) e infezioni (Chagas, virus, batteri ) Il danno cellulare locale scatena l espressione di chemochine e di integrine endoteliali, che insieme al Transforming Growth Factor Beta (TGFb), all angiotensina 2, al procollagene e alle MMP, promuovono l attivazione e la migrazione nell interstizio delle cellule infiammatorie 24. I leucociti, a loro volta, rilasciano citochine e neuroormoni che attivano i fibroblasti miocardici residenti: questi sono morfologicamente diversi dai fibroblasti che si trovano negli altri organi, in quanto sono allungati e presentano un reticolo endoplasmatico estremamente elaborato. In condizioni fisiologiche, i fibroblasti miocardici formano un complesso sincizio, in grado di regolare il turnover di collagene, di fornire una struttura di supporto e di comunicare con i miociti. Tuttavia, in condizioni patologiche (in risposta all infiammazione, alle citochine e agli stress precedentemente descritti), essi si differenziano in miofibroblasti e migrano nelle aree di danno miocardico, dove secernono ulteriori chemochine, citochine e fattori di crescita, che promuovono e sostengono una risposta infiammatoria cronica 25,26. Mentre l ipertrofia dei miociti dipende dal sovraccarico pressorio e/o volumetrico, l attivazione dei fibroblasti dipende principalmente dal sistema renina-angiotensinaaldosterone 5, che si avvale del TGF-b come mediatore di segnale 27. In modelli animali sperimentali di insufficienza cardiaca ad alta gittata (per esempio fistole artero-venose), il rimodellamento miocardico coinvolge esclusivamente i miociti senza produrre fibrosi, mentre i modelli di insufficienza cardiaca a bassa gittata (per esempio stimolazione cardiaca ad alta frequenza) sono caratterizzati da un iperattivazione neuroendocrina e da un estesa fibrosi interstiziale 28. L angiotensina 2 agisce tramite il TGFb, che attiva la produzione di procollagene di tipo 1 e 3 e diminuisce l attività delle MMP che degradano il collagene 29 : si forma pertanto un eccesso di collagene interstiziale e di fibrosi. In modelli murini che iperesprimevano TGFb, è stata dimostrata ipertrofia miocitaria e fibrosi interstiziale 30. In studi clinici di cardiomiopatia dilativa e ipertrofica, all interno del miocardio sono stati riscontrati livelli elevati di TGFb 18. Tuttavia, per la complessità dei suoi meccanismi d azione con diversi effetti positivi e negativi, il TGFb rappresenta un difficile bersaglio terapeutico per le malattie cardiovascolari. E stata ipotizzata una relazione tra perfusione miocardica e fibrosi anche nei pazienti con cardiopatia non ischemica, ma i dati sono contrastanti. In particolare, nei pazienti con cardiopatia non ischemica sia la perfusione miocardica basale 31 sia la perfusione miocardica da stress 32 risultano ridotte, a causa della ridotta densità capillare, dell aumentato stress meccanico e della disfunzione endoteliale. Recentemente è stato dimostrato che i pazienti con DCM e movimento asincrono del setto interventricolare da blocco di branca sinistra presentano un alterazione del flusso miocardico e del metabolismo, che correlano con lo stress di parete ma non con la fibrosi miocardica 33. D altra parta, in un altro studio su 62 pazienti con HCM la riduzione del flusso coronarico basale correlava con la presenza di fibrosi, aritmie e prognosi peggiore 34. L interazione tra patologia del microcircolo, ridotta perfusione sia basale sia da stress, metabolismo miocardico e rimodellamento interstiziale nelle cardiopatia non ischemiche presenta ancora numerosi punti oscuri 35. Caratterizzazione istologica del rimodellamento interstiziale La biopsia endomiocardica rappresenta tuttora il metodo di riferimento per la valutazione della fibrosi macro- e microscopica, della densità capillare e degli infiltrati infiammatori. Dopo aver prelevato diversi campioni di miocardio dal setto interventricolare, la quantità di collagene miocardico può essere determinata sottoponendo i campioni a proteolisi e quantificando il contenuto dell idrossiprolina, che rappresenta un amminoacido specifico per il collagene. In alternativa, la valutazione morfometrica del tessuto connettivo può essere eseguita con diverse colorazioni istochimiche, come la colorazione aspecifica tricromica e la colorazione specifica con rosso Sirio (Fig. 4). Inoltre, l immunoistochimica è in grado di discriminare i diversi tipi di collagene: il collagene di tipo 1 e 3 costituisce la maggior parte del collagene miocardico; il collagene di tipo 4, tipico delle membrane basali, e di tipo 5, tipico dello spazio pericellulare, sono presenti in proporzioni molto modeste. Infine, l integrità della rete fibrillare è cruciale per l interconnesione dei miociti, per la coordinazione della loro contrazione (funzione sistolica) e del loro rilasciamento (funzione diastolica): questa complessa struttura tridimensionale, come la distinzione tra l endomisio, LigandAssay 19 (1)

5 Figura 4. Fibrosi miocardica lieve (A) ed estesa (B) alla colorazione con rosso Sirio. Riprodotta da rif. 92 l epimisio e il perimisio, può essere studiata con tecniche di microscopia elettronica a scansione e di microscopia a luce polarizzata 5. CARATTERIZZAZIONE DELL INTERSTIZIO MIOCARDICO CON RISONANZA MAGNETICA Nell ultimo decennio la risonanza magnetica cardiovascolare (CMR) ha assunto un ruolo fondamentale non solo per lo studio dei volumi, della morfologia e della funzione sistolica biventricolare, ma anche per la caratterizzazione tissutale del cuore. Nelle immagini di risonanza, il segnale deriva dal rilassamento dei nuclei di idrogeno immersi in un campo statico, tipicamente 1,5 o 3,0 Tesla (T). Dopo l applicazione di un impulso a radiofrequenza, i nuclei di idrogeno si rilassano con una cinetica diversa a seconda dei tessuti emettendo a loro volta un segnale in radiofrequenza che viene captato per formare le immagini. In particolare, i tessuti sono distinti in base alla cinetica di rilassamento dei protoni, descritta da due variabili: 1) il tempo di rilassamento longitudinale (T1) o spin-reticolo, che corrisponde alla costante di tempo durante la quale i protoni recuperano il 63% della magnetizzazione longitudinale all equilibrio; 2) il tempo di rilassamento trasversale (T2) o spin-spin, che corrisponde alla costante di tempo in cui i protoni perdono la loro magnetizzazione trasversale arrivando al 37% del valore originale. Entrambi questi valori sono misurati in millisecondi. L ulteriore parametro su cui si basa la diversa intensità di segnale dei tessuti è la densità dei nuclei di idrogeno all interno del voxel di tessuto, chiamata densità protonica (PD) 36. Sia il tempo T1 sia il tempo T2 dipendono dall ambiente molecolare degli atomi di idrogeno (presenti principalmente nelle molecole d acqua e di grasso) e caratterizzano ogni tessuto in maniera abbastanza specifica da poter essere distinto dagli altri. Il T1 e T2 cambiano non solo da un tessuto all altro, ma anche all interno dello stesso tessuto a seconda degli stati patologici (infiammazione, edema, fibrosi). Numerose sequenze possono essere impiegate per creare immagini con diverso contrasto tra i tessuti, sulla base dei diversi tempi T1 e T2. In particolare, l edema miocardico puo essere rilevato con la sequenza STIR (short-tau inversion recovery) e la fibrosi miocardica con la sequenza LGE (late gadolinium enhancement). Le sequenze STIR T2-pesate rappresentano la tecnica ideale per l identificazione dell edema tissutale grazie all applicazione di un triplo impulso di presaturazione che consente di combinare la soppressione del segnale dei fluidi in movimento e del tessuto adiposo 37. Esse rilevano un incremento focale o diffuso del contenuto di acqua libera intramiocardica e/o extramiocardica sulla base del suo lungo valore T2 e forniscono preziose informazioni cliniche. Per esempio, nell infarto miocardico acuto e nelle miocarditi acute, l edema tissutale rappresenta un marcatore di danno miocardico in corso e definisce l area di miocardio a rischio (sofferente) che contiene sia tessuto necrotico sia tessuto potenzialmente recuperabile, per poi scomparire gradualmente a distanza di settimane/mesi dall evento acuto. L edema tissutale può essere inoltre osservato in numerose altre cardiopatie non ischemiche, come varie cardiomiopatie primitive e secondarie, pericarditi acute, l ipertensione polmonare ed il rigetto di trapianto cardiaco 38. Le immagini T1-pesate permettono di distinguere il grasso (caratterizzato da un T1 breve), il muscolo (T1 intermedio), la fibrosi (T1 lungo) e i liquidi (T1 lungo). I mezzi di contrasto paramagnetici contenenti gadolinio permettono di amplificare il contrasto tra tessuti diversi nelle immagini T1-pesate: essi riducono drasticamente il tempo di rilassamento T1 e il segnale finale dipende soprattutto dalla cinetica e dalla quantità di contrasto presente nei tessuti al momento dell acquisizione delle immagini. I mezzi di contrasto paramagnetici comunemente usati sono extracellulari: nelle sequenze di primo passaggio visualizzano i vasi e la perfusione dei tessuti; nelle sequenze acquisite tardivamente (LGE) identificano le aree di aumento dell interstizio, che possono tipicamente derivare dalla riduzione della componente miocitaria (necrosi) oppure dalla deposizione di collagene (fibrosi). Il presupposto fisiopatologico dell LGE è l aumentato volume di distribuzione (accumulo) del mezzo di contrasto e il suo lento rilascio (wash-out) dal tessuto fibrotico rispetto al miocardio sano 39. L accumulo di gadolinio provoca un accorciamento del T1 che si evidenzia nelle sequenze T1-pesate come un area iperintensa. L applicazione di un impulso di inversione nella stessa sequenza LGE permette di annullare il segnale del miocardio sano e incrementare il segnale dalla cicatrice fibrotica. I mezzi di contrasto paramagnetici non sono specifici per la fibrosi, ma si accumulano in tutte le condizioni in cui l interstizio è aumentato rispetto alla componente cellulare, come nella necrosi acuta, nell edema interstiziale, nell accumulo di proteine amiloidi. 44 LigandAssay 19 (1) 2014

6 Rimodellamento cardiaco e fibrosi miocardica Significato dell LGE Nei modelli sperimentali e clinici di cardiopatia ischemica, l estensione di LGE si è dimostrata correlare strettamente con l estensione della cicatrice infartuale all istologia40 e con la disfunzione sistolica41. La risoluzione spaziale e temporale della risonanza magnetica permette di visualizzare e quantificare anche l infarto subendocardico, difficilmente valutabile con altre metodiche di diagnostica per immagini (Fig. 5). Numerosi studi di risonanza magnetica hanno dimostrato la presenza di LGE anche nei pazienti con cardiomiopatia primitiva e l hanno correlato con la presenza di fibrosi all istologia4,6 (Figg 6 e 7). Diverse tipologie di distribuzione intramiocardica del mezzo di contrasto (pattern di Figura 5. Rappresentazione schematica (a sinistra) e immagine gradient-echo inversion recovery acquisita dopo somministrazione di contrasto (a destra) di necrosi ischemica subendocardica (in alto) e transmurale (in basso). Riprodotta da rif. 42 Figura 6. Rappresentazione schematica (a sinistra) e immagine gradient-echo inversion recovery acquisita dopo somministrazione di contrasto (a destra) di fibrosi non-ischemica intramurale (in alto) e focale giunzionale (in basso). Riprodotta da rif. 42 LigandAssay 19 (1) 2014 enhancement) sono state descritte, a seconda della diversa eziologia delle cardiomiopatie, tanto che la risonanza magnetica è attualmente usata come strumento non invasivo per indagare l eziologia delle cardiopatie non ischemiche (idiopatiche, post-infiammatorie, post-ischemiche misconosciute )42,43. In particolare, nei pazienti con DCM l accumulo tardivo del mezzo di contrasto (late enhancement) è presente nel 20-40% dei casi, con una distribuzione intramurale, focale o diffusa, diversamente dalla cardiopatia ischemica in cui l LGE presenta un estensione subendocardica o transmurale44. Inoltre, l estensione dell LGE è stata associata a una peggiore funzione sistolica e diastolica45,46 e ad una maggiore incidenza di aritmie 47. Uno studio di Assomull48 su 101 pazienti con DCM e insufficienza cardiaca ha riscontrato la presenza di fibrosi intramurale nel 35% dei pazienti: l LGE riscontrato in risonanza correlava con la presenza e la distribuzione della fibrosi all esame autoptico e risultava predittore indipendente di mortalità per tutte le cause e ospedalizzazione per causa cardiaca, anche dopo correzione per l età e per la funzione sistolica ventricolare sinistra. Inoltre, la presenza di LGE era associata a una più alta incidenza di morte improvvisa e di aritmie ventricolari sostenute. In un analogo studio su 65 pazienti con DCM candidati all impianto elettivo di un defibrillatore, Wu e collaboratori 49 hanno trovato una simile prevalenza di LGE (42%) e ne hanno dimostrato il ruolo prognostico indipendente nel prevedere morte cardiaca, shock appropriati e scompenso cardiaco. Successivamente, altri studi hanno dimostrato il ruolo prognostico indipendente dell LGE nei pazienti con DCM50,51, anche se non è stata ancora completamente valutata la relazione con altri indici clinici, elettrocardiografici, ecocardiografici, bioumorali o funzionali di malattia. In particolare, Hombach e collaboratori 52 hanno trovato che l LGE era presente nel 26% di 141 pazienti con DCM, che correlava con un aumentato rischio di morte o ospedalizzazione per scompenso, ma che all analisi multivariata non risultava indipendente dalla durata del QRS, dalla durata del QT, Figura 7. Rappresentazione schematica (a sinistra) e immagine gradient-echo inversion recovery acquisita dopo somministrazione di contrasto (a destra) di fibrosi non-ischemica subepicardica in un soggetto con miocardite (in alto) e di fibrosi subendocardica diffusa in un soggetto con amiloidosi (in basso) Riprodotta da rif

7 dal diabete, dall indice cardiaco e dal volume telediastolico del ventricolo destro. Nella cardiomiopatia ipertrofica, l LGE è strettamente associato alle aritmie ventricolari e a una prognosi peggiore, in maniera indipendente da altri fattori di rischio 53,54. Similmente, l LGE è associato in maniera indipendente all incidenza di eventi avversi nei pazienti con amiloidosi 55, nei pazienti sottoposti a sostituzione di valvola aortica 56, nei pazienti ipertesi 57 e diabetici 58 senza sintomi cardiaci e con frazione di eiezione conservata. In un recente studio sull evoluzione della fibrosi nei pazienti con DCM 59, i pazienti senza LGE, indipendentemente dal grado di dilatazione e disfunzione iniziale, presentavano un successivo miglioramento dei volumi e della funzione sistolica ventricolare e difficilmente sviluppavano LGE in un follow-up di due anni; viceversa, i pazienti con LGE presentavano una persistenza o un aumento progressivo dello stesso, associato a una progressione della dilatazione e della disfunzione ventricolare sinsitra. La progressione della fibrosi miocardica e la sua associazione con una progressiva dilatazione e disfunzione sistolica sono stati confermati da altri studi su pazienti con DCM 60,61, ma anche con HCM 62. Anche per questo motivo, l LGE si sta rivelando utile per la gestione clinica dei pazienti con cardiomiopatia, in particolare per la temporizzazione dell utilizzo di terapie più aggressive e dell eventuale impianto di defibrillatore/biventricolare. Limiti dell LGE nella caratterizzazione dell interstizio L attuale tecnica dell LGE, per quanto validata, accurata e diffusa, presenta diversi limiti: a) gli attuali mezzi di contrasto paramagnetici sono extracellulari, e pertanto non consentono di distinguere tra le diverse componenti biochimiche dell interstizio; b) l LGE è influenzato non solo dal rapporto tra volume intra- ed extracellulare, ma anche dalla diversa cinetica di ingresso (wash-in) e rilascio (wash-out) del contrasto nei compartimenti extracellulari, a sua volta dipendente dalla vascolarizzazione (macro e micro circolatoria) del tessuto; c) l attuale diagnostica con LGE presenta una risoluzione spaziale di circa 1-2 x 1-2 x 4-8 mm e permette di identificare in maniera accurata la fibrosi macroscopica, ma non consente di rilevare la fibrosi interstiziale diffusa; d) la tecnica dell LGE visualizza l interstizio miocardico sulla base della diversa intensità di segnale tra l area cicatriziale e il miocardio remoto circostante; viceversa, la fibrosi diffusa senza eterogeneità tra diverse aree di miocardio può non essere vista dalla risonanza magnetica; e) non esiste tuttora un consenso univoco sulle modalità di quantificazione della fibrosi miocardica nelle immagini LGE, e questo si riflette sull eterogeneità dei dati descriti in letteratura. Recentemente, dagli studi clinici è emerso un nuovo termine: la zona grigia è stata definita in alcuni studi come il miocardio con intensità di segnale intermedia tra quello completamente fibrotico e quello remoto 63. Quest area intermedia è particolarmente rappresentata ai bordi della cicatrice ischemica ed è stata dimostrata correlare con l inducibilità di aritmie ventricolari e con la mortalità, ma è particolarmente frequente anche nelle cardiopatie non ischemiche 64. Il termine zona grigia rappresenta infatti lo sforzo di andare oltre la semplice definizione binaria di tessuto sano/ cicatriziale nella valutazione della fibrosi miocardica. Nuove tecniche di risonanza magnetica: T1 mapping Le nuove tecniche di T1 mapping permettono di superare molti limiti dell LGE, di misurare direttamente i valori assoluti di T1 dei tessuti (e non semplicemente l intensità di segnale, che dipende da numerosi parametri della sequenza) e di ricavare le concentrazione di contrasto nei tessuti e la frazione extracellulare dei tessuti (ECV). Le mappe di T1 sono immagini parametriche in cui ogni voxel presenta un intensità di segnale proporzionale al valore di T1 (in millisecondi) su una scala di colori standardizzata. Dopo i primi studi che utilizzavano sequenze spin-cho che richiedevano lunghi tempi acquisizione, sono state sviluppate sequenze cine inversion- recovery 65 e successivamente sequenze Modified Look-Locker Inversion Recovery (MOLLI) 66 68, shortened MOLLI (ShMOLLI) 69 e sequenze Saturation Recovery (SR) 70,71. Grazie alla velocità e alla versatilità di queste nuove sequenze, il T1 mapping sta entrando nella pratica clinica per la caratterizzazione delle cardiomiopatie. Le mappe di T1 acquisite prima della somministrazione del contrasto misurano il T1 nativo o pre-contrasto, che è altamente sensibile nel rilevare l edema miocardico 72,73 ma anche la fibrosi miocardica 74. Similmente, altre sequenze sono state sviluppate per valutare il T2 dei tessuti, che correla direttamente con il contenuto di acqua libera (edema intra ed extracellulare): esiste una stretta correlazione tra il T1 e il T2 pre-contrasto, tanto che in molti casi forniscono informazioni sovrapponibili 73. L acquisizione delle mappe di T1 dopo la somministrazione di mezzo di contrasto (mdc) permette di valutare la quantità di gadolinio che si distribuisce nello spazio extracellulare e, se acquisita a diversi tempi dalla somministrazione del contrasto, permette di valutarne la cinetica di ingresso e rilascio 75. A circa 15 minuti dalla somministrazione di mdc oppure a circa minuti durante infusione continua di mdc è stato dimostrato che esiste un equilibrio dinamico tra il contrasto presente nel plasma (la porzione extracellulare del sangue) e nell interstizio (la porzione extracellulare del miocardio): dal rapporto tra i valori di T1 miocardici (pre- e post-contasto) e i valori di T1 del sangue (pre- e post-contrasto) e correggendo per l ematocrito dei pazienti, è possibile quantificare l ECV del miocardio 75,76. Ulteriori evoluzioni tecnologiche permettono di limitare gli artefatti respiratori e da movimento durate l acquisizione delle immagini, con algoritmi di correzione automatica e di coregistrazione delle immagini, fino alla possibilità di visualizzare direttamente una mappa parametrica dell ECV in pochi secondi, senza lunghi post-processing 75 (Fig. 8). 46 LigandAssay 19 (1) 2014

8 Figura 8. In alto, immagini T1 (mappe dei valori di T1, in scala di grigio) acquisite pre- e post contrasto (Gd, gadolinio). In basso, rappresentazione della trasformazione delle stesse immagini in mappe derivate di R1 (=1/T1), ΔR1 (=R1 post -R1 pre ) e ECV. Riprodotta da rif Figura 9. Correlazione tra la percentuale di collagene (collagen volume fraction) e il volume extracellulare calcolato alla risonanza magnetica (CMR myocardial Vd). Riprodotto da rif. 76 Significato del T1 e dell ECV Diversi studi hanno fornito una validazione istologica al calcolo dell ECV con risonanza magnetica, confrontando diverse sequenze e diversi protocolli di somministrazione del mdc 77,78. In particolare, in uno studio su 18 pazienti sottoposti a sostituzione valvolare aortica per stenosi e 8 pazienti sottoposti a miectomia settale per HCM, è stato confrontata la fibrosi all esame istologico di alcuni campioni prelevati dal setto interventricolare con l ECV calcolato nella stessa sede con risonanza magnetica: la fibrosi istologica risultava del 21±11% nei pazienti con stenosi aortica e del 17±7% nei pazienti con HCM, e in entrambi correlava con l ECV (Fig. 9). Nella popolazione sana, il T1 del miocardio pre-contrasto risulta 962 ± 25 ms a 1,5T, con una lieve differenza di genere: le donne fino a 45 anni presentano un T1 lievemente più lungo (di circa 24 ms), oltre 45 anni le differenze si appianano 79. Similmente, l ECV è più alto nelle donne e negli anziani: risulta infatti all incirca 24±5% negli uomini e 28±5% nelle donne 80 e aumenta di circa l 1% ogni 10 anni di età 81. Mentre la fibrosi interstiziale senile è nota dagli studi bioptici ed autoptici, l aumento dell interstizio (non necessariamente fibrotico) nel genere femminile potrebbe essere spiegato con alcuni meccanismi 80 : a) un artefatto volume parziale dovuto al minore spessore parietale del miocardio femminile, che provoca un aumento dei valori precontrasto e un abbassamento dei valori post-contrasto di T1 miocardico; b) una differenza di genere nell ematocrito; c) un artefatto dovuto a diverso segnale per diversa altezza, peso e frequenza cardiaca tra uomini e donne; d) un reale aumento dell interstizio nelle donne per una diversa struttura macro e microvascolare o per un effetto degli ormoni sessuali sul miocardio. La tecnica del T1 mapping è stata introdotta inizialmente per quantificare il rimodellamento interstiziale nella cardiopatia ischemica, in modelli di infarto miocardico acuto e cronico 82,83. Successivamente, sia il T1 mapping precontrasto, sia post-contrasto è stato dimostrato correlare con la presenza di fibrosi miocardica in diversi contesti clinici 74,77,78. Il T1 pre-contrasto risulta aumentato sia nell infarto acuto e nella miocardite acuta come espressione di edema tissutale 72,73,84, sia nei pazienti con cardiomiopatia dilatativa, ipertrofica, cardiopatia valvolare, sclerosi sistemica, come espressione di fibrosi miocardica 74,85,86 (Fig. 10). Inoltre, il T1 pre-contrasto risulta accorciato nei pazienti con malattia di Anderson-Fabry 87 e nei pazienti con emocromatosi 88, dove l accumulo di lipidi e di ferro rispettivamente accorciano il T1 del miocardio. Analogamente, diversi studi hanno trovato un elevato valore di T2 miocardico nei pazienti con infarto miocardico acuto, miocardite acuta, Tako-tsubo e altre malattie infiammatorie acute 89, ma anche nei pazienti con cardiomiopatia dilalativa primitiva 90 ; la diversa accutarezza diagnostica e utilità clinica del T1 e del T2 mapping è ancora oggetto di studi 72,73,91. LigandAssay 19 (1)

9 Figura 10. Risonanza magnetica di un uomo di 46 anni con infarto miocardico inferiore, a 3T. In prima giornata dall'evento acuto, nell'area infartuata è presente edema (iperintenso nelle immagini T2-pesate, C), necrosi (iperintenso nelle immagini LGE, D) e aumento dei valori di T1 (E, F). A sei mesi di distanza, rimangono soltanto alcune aree subendocardiche di edema (G), fibrosi (H) e aumento dei valori di T1 (I, L). Riprodotto da rif. 84 Altri studi hanno valutato il T1 post-contrasto, da cui si può derivare l ECV (Fig. 11). In 25 pazienti con insufficienza cardiaca, già i valori grezzi di T1 del miocardio postcontrasto (non corretti né per i valori pre-contrasto, né per i valori del sangue) correlavano con la disfunzione diastolica e con la fibrosi interstiziale all esame istologico della biopsia endomiocardica, e un alterazione di tali valori era presente anche nei pazienti senza LGE 92. Altri studi hanno calcolato l ECV del miocardio dopo correzione dei valori pre- e post-contrasto cardiaci per i rispettivi valori del sangue e per l ematocrito, dimonstrando un aumento dell ECV nei pazienti e la sua associazione con una bassa frazione di eiezione e con un alterata perfusione miocardica; in particolare, quest ultimo risultato differisce dai precedenti studi istologici che non trovavano correlazione tra la fibrosi miocardica e l ipoperfusione 31,32. In uno studio su 31 pazienti con DCM, l ECV miocardico risultava lievemente aumentato (28±4%) rispetto ai controlli (25±4%; p<0,01) 80 ; similmente, l ECV risultava elevato in 27 pazienti con DCM studiati su uno scanner 3T 86 e in 42 pazienti in terapia con cardiopatia da antracicline (36±3% vs 28±2%; p <0,001) 94. Tra le forme genetiche di DCM, la mutazione del gene della lamina A/C (LMNA) ne rappresenta la forma più frequente, provocando dilatazione e disfunzione ventricolare sinistra, blocchi atrioventricolari ed interventricolari e aritmie maligne 95. Oltre ad avere un ruolo strutturale nel mantenimento dell architettura nucleare delle cellulare, la lamina contribuisce a regolare la replicazione nucleare, l espressione genica e l apoptosi 96. Si pensa che la fragilità nucleare e l alterazione dell espressione genica secondaria alle mutazioni del gene LMNA possano provocare necrosi, fibrosi, metaplasia adiposa e degenerazione miocardica, con conseguente dilatazione e disfunzione meccanica, ma anche degenerazione del sistema di conduzione cardiaco e predisposizione alle aritmie. Poiché la morte improvvisa può rappresentare la manifestazione d esordio della malattia senza prodromi, recenti studi hanno cercato di trovare dei marcatori precoci di malattia. In particolare, diversi studi hanno mostrato un elevata prevalenza di LGE nei pazienti con laminopatia 97,98, mentre un recente studio 99 ha mostrato un aumento dell ECV nei pazienti con mutazione LMNA (28±3%) rispetto ai controlli (23±3%; p<0,001), anche nei pazienti senza apparente LGE e nei pazienti senza disfunzione ventricolare sinistra. La fibrosi miocardica rappresenta pertanto una caratteristica peculiare delle laminopatie e delle cardiomiopatia familiari in generale, può essere rilevata con la risonanza magnetica e può rappresentare un marcatore precoce di coinvolgimento cardiaco. La risonanza magnetica e la quantificazione dell ECV stanno trovando un impiego clinico particolarmente florido nell amiloidosi cardiaca. La deposizione extracellulare di proteine come le catene leggere delle immunoglobuline (AL) o la transtiretina (ATTR) provoca un aumento dell interstizio e del volume di distribuzione del gadolinio, che si visualizza con la classica tecnica dell LGE e si quantifica con il T1 mapping. L amiloidosi cardiaca provoca non solo un allugamento del T1 pre-contrasto 100, ma anche un aumento dell interstizio cardiaco 101, con correlazioni quasi lineari tra stadio di malattia ed ECV. Se la biopsia endomiocardica ha da sempre rappresentato il gold standard necessario per la diagnosi e la terapia dell amiloidosi cardiaca, la risonanza magnetica sta progressivamente acquistando rilevaza clinica tanto da sostituirsi, in alcuni contesti clinici, alla biopsia stessa 102. L ECV rappresenta una stima non solo del rimodellamento microscopico, ma anche del rimodellamento presente nelle cicatrici macroscopiche già visualizzabili con l LGE: in uno studio recente 103, l ECV medio all interno di una cicatrice infartuale cronica (senza ostruzione microvascolare) risultava 69±9% (p<0,001 vs i controlli, dove l ECV era 25±3%) e altri studi stanno valutando il rimodellamento interstiziale nei dievrsi tipi di fibrosi ischemica e non ischemica. In un ampio studio su 793 pazienti con cardiopatia sia ischemica sia non ischemica, l ECV miocardico è risultato 48 LigandAssay 19 (1) 2014

10 Figura 11. Volume extracellulare del miocardio nei soggetti sani e in diverse patologie: AFD, malattia di Anderson-Fabry; HCM, cardiomiopatia ipertrofica; DCM, cardiomiopatia dilatativa; AS, stenosi aortica. Riprodotta da rif. 80 predittore indipendente di mortalità 104, mentre studi specifici sul valore prognostico indipendente dell ECV nei diversi tipi di cardiomiopatia sono tuttora in corso. Limiti del T1 mapping Vanno ricordati alcuni limiti intrinseci nel calcolo dell ECV con le tecniche di T1 mapping. In primo luogo, nell ECV viene incluso non solo l interstizio extracellulare extravascolare, ma anche lo spazio intravascolare capillare, che viene stimato nel 5% del volume miocardico totale 93 ; in pratica, l ECV considera tutto lo spazio extracellulare del miocardio, corrispondente al volume di distribuzione degli attuali mezzi di contrasto paramagnetici. Nonostante la stretta correlazione tra la quantitià di fibrosi interstiziale all istologia e la stima dell ECV con risonanza magnetica, l ECV risulta sistematicamente maggiore della percentuale interstiziale di collagene, proprio perché l ECV include tutte le componenti (fibrotiche e non fibrotiche) dell interstizio. Similmente l ECV comprende anche l eventuale contenuto di amiloide e non lo distingue dal contenuto di collagene, ma studi di validazione istologica dell ECV in pazienti con amiloidosi o con altre forme estreme di espansione interstiziale non sono ancora disponibili. Inoltre, precedenti studi hanno fornito evidenze discordanti se l LGE corrisponda al contenuto di fibrosi 105 o di amiloidosi 106 dell interstizio, ma le evidenze più recenti sembrano mostrare come l LGE e l ECV non distinguano tra i due, se non per una diversa cinetica del contrasto (Fig. 12). Inoltre, nel calcolo dell ECV si assume che la relassività del gadolinio (cioè l effetto paramagnetico del gadolinio nei tessuti) sia costante all interno del sangue e del miocardio, e che l effetto paramagnetico del gadolinio non si trasmetta ai protoni intracellulari (il gadolinio è un contrasto indiretto, che si visualizza indirettamente tramite il suo effetto di accorciamento del T1 dei protoni adiacenti, che però possono essere scambiati liberamente tra interstizio e cellula). In uno studio precedente 107, il coefficiente di partizione del gadolinio non differiva a seconda della dose (0,1 o 0,2 mmol/kg), ma risultava più alto a 3T rispetto a 1,5T probabilmente per una diversa relassività del contrasto. Infine, il calcolo dell ECV richiede che sia raggiunto un LigandAssay 19 (1)

11 Figura 12. Biopsia endomiocardica (200x) di un paziente con amiloidosi cardiaca: alla colorazione rosso Congo con luce normale (sinistra), l amiloide appare rossa (freccia rossa) e il collagene grigio (freccia nera); alla stessa colorazione con luce polarizzata (destra), l amiloide appare verde mela (freccia rossa) e il colagene bianco (freccia nera). equilibrio dinamico della distribuzione del gadolinio tra interstizio miocardico e plasma, generalmente presente a 5-20 minuti dall iniezione di un bolo di contrasto, ma che è potenzialmente sensibile ad eventuali fattori che alterino la cinetica del contrasto (perfusione, distribuzione ). In particolare, sono necessarie diverse acquisizioni post-contrasto per dimostrare un equilibrio del contrasto tra miocardio e sangue, soprattutto in condizioni di estremo rimodellamento interstiziale come l amiloidosi cardiaca, dove è presente anche un rapido rilascio del contrasto sia dal miocardio sia dal sangue 106. Tecniche sperimentali di risonanza magnetica In modelli sperimentali, è stato calcolato anche il volume intracapillare, ossia la percentuale di interstizio miocardico occupata dai piccoli vasi; a tal fine, sono stati usati mezzi di contrasto intravascolari, che non fuoriescono nell interstizio 108,109, ma non ci sono ancora evidenze cliniche e i risultati non sono completamente concordanti, anche per l indisponibilità di mezzi di contrasto paramagnetici intravascolari nella comune pratica clinica. Un approccio più specifico per rilevare e quantificare la fibrosi miocardica rispetto alla quantificazione generica dell ECV consiste nell uso di nuovi mezzi di contrasto paramagnetici, disegnati specificamente per legarsi alla matrice di collagene. Per esempio, l EP-3533 è un mezzo di contrasto che è stato testato in modello murino di infarto del miocardio e che ha dimostrato di legarsi specificamente alla cicatrice di collagene 110,111. Altre metodiche di diagnostica per immagini L ecocardiografia rappresenta la diagnostica per immagini cardiaca più importante nella pratica clinica, per la sua completezza (valutazione della morfologia cardiaca, della funzione sistolica e diastolica, delle valvulopatie, dei gradi vasi), la sua versatibilità d impego e la sua ampia diffusione. La tecnica ecocardiografica dell analisi integrata del backscatter è stata usata in studi sperimentali e clinici per la caratterizzazione tissutale, in particolare per la valutazione della fibrosi miocardica, che non è direttamente valutabile con le tecniche ecografiche convenzionali. In particolare, l analisi backscatter può valutare la presenza e l estensione della fibrosi miocardica nei pazienti con DCM, mostrando una buona correlazione con i risultati della biopsia miocardica 112,113, ma presenta diversi limiti tecnici, necessita di un buon allineamento della sonda e di una buona finestra acustica del paziente. La PET (Positron Emission Tomography) rappresenta una metodica specialistica, talora usata per valutare il metabolismo e/o la perfusione cardiaca mediante l iniezione dei radiofarmaci specifici. Essa permette anche di stimare il rimodellamento interstiziale del cuore, mediante la determinazione dell indice di perfusione tessutale (perfusable tissue index), cioè della percentuale di tessuto che viene perfusa dal monossido di carbonio: seppur con i limiti di una ridotta risoluzione spaziale rispetto alla risonanza, una riduzione di tale indice fornisce una stima della fibrosi nei pazienti con DCM, correla con la funzione sistolica regionale, ma non correla né con l LGE, né con la perfusione regionale 114. Inoltre, il peptide Cy5.5 RGD (CRIP) si lega alle integrine dei miofibroblasti e, quando viene marcato con tecnezio-99m, può essere usato in scintigrafia per quantificare l estensione del collagene in modelli sperimentali animali, anche se non si lega alle fibre mature di collagene tipo 1 o tipo La collagelina è un altro peptide sintetico che si lega al collagene, e quando viene marcato con tecnezio- 99m, può essere usato per la visualizzazione delle cicatrici fibrotiche 116. CONCLUSIONI La risonanza magnetica cardiaca permette un accurata caratterizzazione tissutale, in particolare con la tecnica del LGE per visualizzare e quantificare la fibrosi miocardica. Le più recenti tecniche del T1 mapping pre- e post-contrasto e del T2 mapping precontrasto permettono di valutare la presenza e l estensione anche della fibrosi interstiziale microscopica, e numerosi studi hanno recentemente mostrato come essa rappresenti uno dei primi segni di coinvolgimento cardiaco in numerose condizioni cliniche. BIBLIOGRAFIA 1. McMurray JJ V, Adamopoulos S, Anker SD, et al.. ESC guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure 2012: The Task Force for the Diagnosis and Treatment of Acute and Chronic Heart 50 LigandAssay 19 (1) 2014

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