STUDIO CONSONNI NADIA
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- Raffaello Fiore
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1 Cernusco Lombardone, 14 Marzo 2015 JOBS ACT: CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO A TUTELE CRESCENTI Al di là del dibattito dottrinale già apertosi in ordine alla reale portata delle disposizioni recate dal decreto legislativo in commento, si ritiene utile evidenziare, sul piano generale, che lo stesso contiene importanti disposizioni per le imprese ed i lavoratori, in quanto risulta nuovamente modificato (dopo quanto avvenuto con la legge 28 giugno 2012, n. 92, di riforma del mercato del lavoro) il regime sanzionatorio correlato ai licenziamenti dichiarati illegittimi dal giudice del lavoro. Cerchiamo di riassumere quelle che sono le principali disposizioni introdotte dal provvedimento legislativo in questione che si rende applicabile ai: lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e a prescindere dalla dimensione dell impresa datrice di lavoro; dipendenti occupati prima dell entrata in vigore del decreto, nel caso in cui l azienda datrice di lavoro, in conseguenza di assunzioni successive al decreto stesso, superi la soglia dimensionale dei 15 dipendenti, di cui all art. 18, commi 8 e 9, della legge n. 300 del 1970; datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione, ovvero di religione o di culto. Il decreto stabilisce, inoltre, che le nuove disposizioni si applicano anche nei casi di conversione in contratto a tempo indeterminato, di contratti di lavoro a tempo determinato o di contratti di apprendistato, avvenute successivamente all entrata in vigore del decreto in commento. La nuova normativa non si applica: ai dipendenti assunti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo in commento, fatta salva l eccezione di cui al precedente punto 2); al personale dirigente; relativamente a detto personale, segnaliamo peraltro - in virtù di quanto stabilito dalla circolare INPS n. 17/ che ai relativi contratti di lavoro a tempo indeterminato posti in essere dall 1/1/2015, si applica l esonero contributivo previsto dalla Legge di stabilità 2015; ai contratti di apprendistato; tali lavoratori, come noto, erano già stati esclusi dall ambito di applicazione della disciplina in materia di licenziamento individuale (v. art. 10 della Legge n. 604/1966) che, con formulazione pressoché identica a quella utilizzata dal decreto in commento, disponeva che le relative norme si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio, ai sensi dell'art c.c.. E bene tuttavia ricordare che, una successiva pronuncia della Corte Costituzionale aveva dichiarato l incostituzionalità del predetto art.10, proprio nella parte in cui non ricomprendeva gli apprendisti e tale circostanza potrebbe ora far riproporre la questione di incostituzionalità con riferimento all esclusione dei lavoratori apprendisti dal campo di applicazione del decreto in esame. In ogni caso, le disposizioni contenute nel provvedimento oggetto di commento comporteranno comunque la coesistenza di due diversi regimi giuridici : uno, valido per i lavoratori in servizio alla data di entrata in vigore del nuovo decreto legislativo, l altro applicabile invece ai lavoratori assunti a far data dalla sua entrata in vigore. Tale diversità riguarderà, non solo l applicabilità (o meno) della tutela reintegratoria a fronte di fattispecie giuridiche identiche, ma anche l applicabilità (o meno) del requisito procedurale di cui all art. 7 della legge n. 604/1966 (come riformulato dalla legge n. 92/2012) riguardante il preventivo tentativo obbligatorio di conciliazione presso la Direzione territoriale del lavoro dalla stessa disciplinato.
2 Licenziamenti discriminatori, nulli o intimati oralmente Per queste tipologie di licenziamenti, laddove dichiarati illegittimi, è stata sostanzialmente confermata la vigente disciplina sanzionatoria e, quindi, l obbligo di reintegrazione sul posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente adottato per il licenziamento. In aggiunta alla reintegra, il datore di lavoro continua ad esser tenuto a versare un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso, la misura di detto risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di tale retribuzione di riferimento e il datore di lavoro sarà tenuto, per il medesimo periodo (dal licenziamento alla reintegra), al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. Nel complesso, la formulazione della norma non dovrebbe comportare particolari questioni in ordine alla individuazione delle tre tipologie di licenziamenti, dai quali può - come detto - conseguire la reintegrazione sul posto di lavoro. In particolare, il licenziamento discriminatorio è quello definito dall art. 3 della legge n. 108/1990 che, a sua volta, rinvia a due norme specifiche, l art. 4 della legge n. 604/1966 e l art. 15 della legge n. 300/1970 e, quanto al licenziamento nullo, possono essere menzionati - a titolo esemplificativo, ma non esaustivo - il licenziamento delle lavoratrici dall inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino, od il licenziamento in occasione di matrimonio (ossia intimato nel periodo che va dalla richiesta di pubblicazione dello stesso ad un anno dopo la sua celebrazione). Il decreto prevede inoltre che, nei suddetti casi di reintegra a seguito di licenziamento dichiarato illegittimo, il lavoratore (e soltanto il lavoratore) possa chiedere, in luogo della reintegrazione stabilita dal giudice, la corresponsione di un indennità sostitutiva pari a 15 mensilità dell ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, senza aggravio di contributi; in tali ipotesi, l erogazione della predetta indennità determina, in via automatica, la risoluzione del rapporto di lavoro. La richiesta in tal senso deve essere presentata dal lavoratore entro 30 gg. dalla comunicazione del deposito della sentenza o dall invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore. Infine, il decreto precisa che l obbligo di reintegra (nei medesimi termini di quanto ora esposto) è previsto anche per i casi in cui il licenziamento sia intimato per ragioni consistenti nell inidoneità fisica o psichica del lavoratore. A titolo esemplificativo, avrà quindi diritto alla reintegrazione il lavoratore disabile assunto per obbligo di legge, che venga licenziato per aggravamento delle sue condizioni di salute, incompatibile con lo svolgimento delle sue mansioni, oppure il lavoratore divenuto inabile allo svolgimento delle mansioni a seguito di infortunio e malattia, sempreché il licenziamento sia stato disposto senza che il datore di lavoro abbia preventivamente verificata la possibilità di assegnare il dipendente a mansioni equivalenti o inferiori. Licenziamento per giustificato motivo oggettivo (c.d. economico), per giustificato motivo soggettivo e per giusta causa (c.d. disciplinare) Con riferimento a tali fattispecie - che, in via generale, rappresentano la gran parte delle tipologie rescissorie dei rapporti di lavoro ad iniziativa dei datori di lavoro - il decreto ha introdotto importanti nuove disposizioni stabilendo che, qualora il giudice accerti l illegittimità di tali licenziamenti, dichiara estinto il rapporto di lavoro, condannando il datore al pagamento di un indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale, pari a due mensilità dell ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, per ogni anno di servizio, entro un minimo comunque garantito di 4 mensilità ed un massimo di 24 mensilità. Sul punto, appare evidente la portata innovativa delle sopra richiamate disposizioni del decreto legislativo che - fatto salvo quanto di seguito precisato in ordine a talune specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare - elimina, in buona sostanza, dal nostro ordinamento la reintegrazione sul posto di lavoro, sostituendola con un indennizzo certo e crescente, in relazione all anzianità di servizio del lavoratore. Fanno, come detto, eccezione a tale nuovo regime sanzionatorio, esclusivamente indennitario, i casi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa, per i quali sia dimostrata direttamente in giudizio l insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta comunque estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento.
3 In tali ipotesi, resta pertanto in vigore la possibilità di reintegrazione del dipendente sul posto di lavoro, unitamente all obbligo di versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, nonché al pagamento di un indennità risarcitoria parametrata all ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, dalla data del licenziamento fino a quella dell effettiva reintegra, nel limite massimo di 12 mensilità dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro. Il decreto in commento, fermo restando quanto precisato per il personale in servizio alla data di entrata in vigore del provvedimento medesimo, sancisce poi espressamente l inapplicabilità della procedura obbligatoria preventiva di conciliazione dinanzi alla Direzione territoriale del lavoro (prevista dalla legge n. 604/1966 e poi novellata dalla legge n. 92/2012, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo). Da ultimo, riteniamo opportuno evidenziare che la formulazione della norma, pur prendendo in esame la tipologia dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo e soggettivo e per giusta causa, non fa alcun cenno ai licenziamenti per scarso rendimento o per superamento del periodo di comporto per malattia e, di conseguenza, non risultano chiare le sanzioni applicabili in caso di illegittimità di detti recessi. A tal riguardo e con riferimento specifico al recesso dovuto a scarso rendimento, ricordiamo che fino ad oggi la prassi è stata quella di ricondurre tale fattispecie nell ambito del licenziamento disciplinare, quale diretta conseguenza di un comportamento negligente del lavoratore, prolungatosi nel tempo e tale da causare minore o cattiva produzione. In tale contesto, è intervenuta anche la Cassazione che, con la sentenza n del 4 settembre 2014 ha affermato, la legittimità del recesso datoriale intimato al dipendente per scarso rendimento qualora sia provata una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dallo stesso, ed a lui imputabile, in conseguenza della enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione e quanto effettivamente realizzato, avuto riguardo al confronto dei dati globali riferiti ad una media di attività tra i vari dipendenti e indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione, riconducendo di fatto la motivazione del licenziamento a ragioni tecnicoorganizzative. Vizi formali e procedurali del licenziamento Viene previsto che, in caso di licenziamenti illegittimi per violazione dell obbligo di motivazione ex art. 2, co. 2, della Legge n. 604/1966 (ai sensi del quale la comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato ) o del procedimento disciplinare di cui all art. 7 della legge n. 300/1970, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro, condannando il datore all erogazione di un indennità non assoggettata a contribuzione, pari ad una mensilità dell ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, per ciascun anno di servizio, con un minimo di 2 mensilità ed un massimo di 12. Al riguardo, si segnala che la più volte menzionata legge n. 92/2012 aveva già riconosciuto, per queste tipologie di licenziamenti, una tutela esclusivamente indennitaria e che la nuova disciplina, nel confermare il tipo di sanzione, attenua tuttavia l entità dell indennizzo. Offerta di conciliazione e modalità di comunicazione del licenziamento agli Enti competenti Il decreto legislativo in commento introduce una disposizione che incentiva ulteriormente la soluzione stragiudiziale di controversie relative ad ogni tipologia di licenziamento. In particolare, l articolo 6 stabilisce che - fermi restando gli strumenti conciliativi attualmente previsti dalla legge - il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro il termine di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (ossia entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento espulsivo), un importo - totalmente esente da prelievo fiscale e non soggetto a contribuzione previdenziale - pari ad una mensilità dell ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, per ogni anno di servizio, con un minimo di 2 ed un massimo di 18, mediante consegna di un assegno circolare, la cui accettazione da parte del lavoratore comporta l estinzione del rapporto dalla data del licenziamento e la rinuncia all impugnazione anche qualora il lavoratore l abbia già proposta. Tale procedura conciliativa potrà essere svolta esclusivamente in una delle sedi di cui all art. 2113, co. 4, del codice civile (vale a dire, dinanzi alla Direzione territoriale del lavoro, o difronte alle commissioni di certificazione o, naturalmente, in sede sindacale). Trattasi, a tutta evidenza, di una procedura di conciliazione facoltativa che, di fatto, sostituisce integralmente (ovviamente solo con riferimento ai lavoratori assunti a far data dall entrata in vigore del decreto legislativo in questione) quella obbligatoria preventiva dinanzi alla Direzione territoriale del lavoro.
4 Al riguardo, si ritiene utile segnalare che questa nuova procedura conciliativa si presenta diversa da quella obbligatoria in due importanti aspetti: una prima diversità riguarda l ambito di applicazione che, se nel caso della procedura obbligatoria è limitato ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, in questa nuova ipotesi potrà essere utilizzata dall impresa in ogni caso di licenziamento; una seconda differenza riguarda i tempi e le finalità ; mentre la procedura obbligatoria si svolge prima che sia intimato il licenziamento, allo scopo di evitare la risoluzione del rapporto di lavoro, la menzionata nuova conciliazione facoltativa interviene in un momento successivo, ossia quando il licenziamento è già stato intimato ed ha, pertanto, uno scopo diverso, vale a dire quello di prevenire l avvio di una causa di lavoro da parte del dipendente licenziato. Peraltro, in sede di definitiva approvazione del decreto legislativo in parola e su segnalazione delle associazioni datoriali, è stato precisato dal legislatore che nella suddetta sede conciliativa potranno anche essere definite eventuali altre pendenze connesse all intercorso rapporto di lavoro con il lavoratore. Le relative somme che saranno riconosciute al riguardo verranno tuttavia assoggettate al regime fiscale della c.d. tassazione separata, previsto al riguardo dalla vigente normativa. Un'altra novità dell ultima ora riguarda l introduzione di un nuovo onere amministrativo a carico del datore di lavoro che effettui il licenziamento; in particolare, entro 65 gg. dalla risoluzione del rapporto di lavoro, egli dovrà effettuare - oltre quelle già previste verso gli stessi Enti - una ulteriore comunicazione in via telematica, indicando se la conciliazione sia (o meno) avvenuta; laddove tale ulteriore adempimento non sia effettuato dal datore di lavoro, allo stesso sarà irrogata una sanzione amministrativa, il cui importo va da 100 a 500 euro per ogni lavoratore. Computo dell anzianità Il decreto interviene anche in merito alle modalità da adottarsi per il computo dell anzianità di servizio ai fini del calcolo dell indennità sostitutiva della reintegra e dell importo offerto in sede di conciliazione, stabilendo che: 1) negli appalti, qualora il dipendente passi alle dipendenza di un impresa che subentra nell appalto, si conteggia l intero periodo nel quale il lavoratore è stato impiegato nell attività appaltata ; 2) in via generale, i periodi pari o superiori a 15 giorni si computano come mese intero. Riduzione dell indennità sostitutiva della reintegra Con riferimento all erogazione dell indennità sostitutiva della reintegra e avuto riguardo alle imprese con un numero di dipendenti inferiore a 16 (alle quali, come illustrato in precedenza, si rende applicabile la nuova disciplina), l articolo 9 del provvedimento prevede una riduzione della relativa entità, stabilendo in particolare: 1) l esclusione dalla reintegra prevista per l insussistenza del fatto materiale, in caso di illegittimo licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa; 2) il dimezzamento dell importo dell indennità per le fattispecie di licenziamento illegittimo sopra esaminate, nonché il dimezzamento dell importo per l offerta di conciliazione; per tutti questi casi, inoltre, viene fissato un tetto massimo di 6 mensilità. Estensione delle nuove norme al licenziamento collettivo ex Legge n. 223/1991 Il decreto dispone espressamente che la nuova disciplina sanzionatoria si applica anche ai c.d. licenziamenti collettivi, prevedendo, peraltro, un diverso regime a seconda delle fattispecie considerate; in particolare: 1) applicazione dell art. 2 (reintegra con tutela indennitaria piena ) per il caso di licenziamento intimato oralmente; 2) applicazione delle norme sull indennizzo sostitutivo della reintegra (vedi art. 3 del decreto in esame per il caso di giustificato motivo oggettivo o giusta causa), in caso di violazione delle procedure sindacali di cui all art. 4, co. 12 della legge n. 223/91 o dei criteri di scelta (legali o convenzionali) di cui all art. 5, co. 1 della legge medesima.
5 Norma processuale Il decreto si chiude con una disposizione di ordine processuale, in base alla quale ai licenziamenti disciplinati dal decreto medesimo non si applicano le norme di cui alla legge n. 92/2012 (e segnatamente l art. 1, commi da 48 a 68 della legge medesima), vale a dire quelle con le quali era stato introdotto un rito speciale per i licenziamenti dei lavoratori. Lo Studio resta a disposizione per ogni chiarimento. Cordialità. Nadia Consonni
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