DELLO SVILUPPO E AUTISMO: valutazione e intervento cognitivo e comportamentale
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- Camillo Petrucci
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1 Autismo: disturbo dello sviluppo comunicativo, sociale, dei comportamenti e degli interessi, che esordisce nell infanzia; è il principale fra i Disturbi Generalizzati o Pervasivi dello Sviluppo (vedi). Abilità: Capacità di fare qualcosa nel migliore dei modi. DISTURBI DELLO SVILUPPO E AUTISMO: valutazione e intervento cognitivo e comportamentale Diagnosi: analisi di una situazione e identificazione di una malattia o di un altra condizione problematica in base a segni caratteristici o {tinline linktext:="sintomi" width:="260" height:="80" inlineid:="sintomi"} Ritrovo un grande significato nella vita e non ho desiderio di essere guarito da me stesso. (Jim Sinclair) Sintomi: segni o segnali che, quando vengono identificati in associazioni tipiche, segnalano la presenza di particolari condizioni, classificate come patologiche o problematiche Con la denominazione di spettro autistico si indica oggi una condizione che caratterizza alcuni individui fin da bambini. Questa condizione viene spesso più brevemente definita {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} ma sarebbe più corretto parlare di Disturbi dello Spettro Autistico. Pur essendo molto variabili, le caratteristiche dello spettro autistico riguardano tre aree fondamentali per lo sviluppo di ogni persona: l area sociale e relazionale, quella comunicativa e quella degli interessi. Per la particolarità che contraddistinguono le persone dello spettro autistico, si usa indicare le tre aree dello sviluppo implicate nel disturbo come triade sintomatologica. La presenza delle caratteristiche nelle tre aree può essere invalidante per i bambini che mostrano in maniera più marcata i {tinline linktext:="sintomi" width:="260" height:="80" inlineid:="sintomi"} dell {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} ed {tinline linktext:="abilità" width:="260" height:="40" inlineid:="abilita"} differenti e deficitarie rispetto a quelle dei coetanei senza {tinline linktext:="sintomi" width:="260" height:="80" inlineid:="sintomi"}. Quando i deficit nelle tre aree compromettono l adattamento di un individuo, viene posta generalmente una {tinline linktext:="diagnosi" width:="260" height:="80" inlineid:="diagnosi"} che colloca la persona all interno dello spettro autistico, ovvero viene posta una {tinline linktext:="diagnosi" width:="260" height:="80" inlineid:="diagnosi"} di Disturbo Generalizzato dello Sviluppo, secondo la classificazione internazionale ICD 10, oppure una {tinline linktext:="diagnosi" width:="260" height:="80" inlineid:="diagnosi"} equivalente, di Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, secondo la classificazione del DSM IV TR. 1 / 8
2 Tale {tinline linktext:="diagnosi" width:="260" height:="80" inlineid:="diagnosi"} rappresenta la cornice all interno della quale vengono collocate le caratteristiche di persone anche molto diverse fra loro, che possono ricevere etichette diagnostiche specifiche e differenti, a seconda delle particolarità dei {tinline linktext:="sintomi" width:="260" height:="80" inlineid:="sintomi"} e delle {tinline linktext:="abilità" width:="260" height:="40" inlineid:="abilita"}. Il più noto fra i disturbi dello sviluppo, è l {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"}, denominato anche Disturbo Autistico, o, in maniera parzialmente fuorviante in quanto esordisce in età infantile, ma perdura in età adulta {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} Infantile. Accanto all {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"}, viene considerato un disturbo generalizzato o pervasivo dello sviluppo anche la Sindrome di Asperger, che si differenzia dall {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} essenzialmente per le buone capacità linguistiche delle persone che ricevono la {tinline linktext:="diagnosi" width:="260" height:="80" inlineid:="diagnosi"}, che mostrano anche un livello intellettivo nella norma, e, generalmente, una minore problematicità dei {tinline linktext:="sintomi" width:="260" height:="80" inlineid:="sintomi"} tipici dell {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"}. Quando le caratteristiche delle tre aree non appaiono clinicamente rilevanti - ovvero quando la persona mostra un buon adattamento e buone capacità intellettive - la neurodiversità della persona, in condizioni sociali favorevoli, non dovrebbe essere considerata una patologia. Al momento attuale, numerose persone con una neurodiversità sono in grado di parlare della propria condizione, per la quale richiedono riconoscimento e rispetto. È dai resoconti di queste persone che viene la maggior parte delle informazioni sulle particolarità sensoriali e cognitive dell {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"}. In effetti, nel mondo scientifico ci si chiede se l {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} a basso funzionamento e la Sindrome di Asperger siano effettivamente collocati lungo lo stesso continuum: il confine fra neurodiversità, Sindrome di Asperger ed {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} ad alto funzionamento non è al momento del tutto definito e non è chiaro quanto queste condizioni siano rappresentative di altre maggiormente invalidanti. 2 / 8
3 Anche le cause dell {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} sono al momento sconosciute, sebbene nella comunità scientifica vi sia la diffusa convinzione, basata su evidenze sperimentali, che si tratti di un disturbo di tipo neurobiologico, con una probabile base genetica multifattoriale. In effetti, per quanto la produzione scientifica sull {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} sia vastissima, bisogna considerare che permane una condizione di disaccordo - particolarmente presente in ambito italiano, minore in contesti di cultura anglosassone - sulle caratteristiche, sulle cause, e sul trattamento dei Disturbi dello Spettro Autistico. Per comprendere tale disaccordo, è necessario considerare che la storia dell {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} è piuttosto recente, e prende avvio da considerazioni molto distanti da quelle attuali, in particolare sulle cause dell {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"}. Fin dalla prima descrizione dei {tinline linktext:="sintomi" width:="260" height:="80" inlineid:="sintomi"}, negli anni 40 del secolo scorso, l accento è stato posto sulla responsabilità delle famiglie nella genesi del problema. Le madri dei bambini con {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} sono state indicate per decenni, e a volte lo sono ancora, come le maggiori responsabili delle difficoltà del figlio. Il dolore provocato da queste accuse si è sommato negli anni alla difficoltà ad ottenere informazioni su come intervenire per aiutare il bambino, e all opera di persone senza scrupoli, che hanno trovato nelle famiglie colpite un fertile mercato della disperazione. Fortunatamente, al momento attuale, le teorie legate alla patologia materna sono considerate del tutto infondate dalla comunità scientifica internazionale, che orienta la ricerca sperimentale verso altre ipotesi, per quanto riguarda sia l eziologia sia le condizioni cognitive ed affettive delle persone nello spettro (ad esempio: il ruolo dell empatia e il legame di questa con i neuroni specchio). La relazione fra professionisti e genitori si è fortemente modificata negli ultimi venti anni. Da un lato, i genitori sono molto più informati di quanto avveniva in passato, sono in grado di rivolgere ai professionisti richieste precise, e sono organizzati in associazioni. Dall altro lato, i 3 / 8
4 professionisti riconoscono ai familiari un ruolo di collaborazione e di scambio, che si concretizza nel parent training e nei gruppi di aiuto. I gruppi di formazione o di aiuto, che coinvolgono genitori o fratelli, sempre più spesso sono sollecitati o organizzati dagli stessi genitori, e contribuiscono alla diffusione di una cultura dell autismo. È questa diffusione culturale - sulle caratteristiche, sulle cause e sulle possibilità di intervento - che appare il motore più forte per una reale inclusione delle persone dello spettro autistico nella vita sociale. Rispetto al trattamento dei {tinline linktext:="sintomi" width:="260" height:="80" inlineid:="sintomi"} e delle disabilità legate alla {tinline linktext:="diagnosi" width:="260" height:="80" inlineid:="diagnosi"}, benché nella comunità scientifica non si discuta di guarigione, si osservano in misura crescente condizioni di miglioramento tali da incoraggiare fortemente l avvio, più precoce possibile, di un intervento specifico per i bambini diagnosticati. Per effetto di diverse variabili, la popolazione delle persone con le caratteristiche dello spettro appare oggi estesa a bambini, adolescenti ed adulti che mostrano particolarità talmente sfumate da garantire loro una esistenza non differente da quella di tutti gli altri. La domanda che ogni genitore si pone è dunque: quale intervento?. La risposta a questa domanda non è semplice, per diversi motivi legati all organizzazione dei servizi, ma anche perché le particolarità di ogni persona dello spettro rendono l argomento molto complesso. Per cercare di rispondere, è possibile ricorrere alle clinical evidence, che indicano gli interventi al momento sottoposti a sperimentazioni controllate e maggiormente promettenti, come il Denver Model, l intervento comportamentale e il programma TEACCH. La ricerca sperimentale e le clinical evidence aiutano i professionisti a rendersi conto della necessità di adottare le linee guida per l {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} già elaborate in ambito nazionale ed internazionale, che si ispirano ed accompagnano una vastissima letteratura specialistica, facilmente reperibile, e in parte accessibile anche in italiano attraverso i testi che costituiscono la bibliografia italiana ai Disturbi dello Spettro Autistico. Le linee guida appaiono al momento come qualcosa di potenzialmente perfettibile, e sicuramente soggette a costanti adattamenti alla rapidissima evoluzione della letteratura specialistica, ma forniscono una base di discussione e confronto. Sebbene in Italia siano state promosse da una particolare categoria professionale (quella dei neuropsichiatri infantili) e non vengano condivise da tutti i professionisti, le linee guida per l {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} chiariscono oggi come dovrebbe avvenire il processo di valutazione e {tinline linktext:="diagnosi" width:="260" height:="80" inlineid:="diagnosi"} dell {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} offrendo a professionisti e genitori la possibilità di condividere un linguaggio 4 / 8
5 sui sintomi dell autismo e di confrontare gli strumenti clinici usati da medici, psicologi, educatori e riabilitatori. La condivisione di linguaggi e strumenti appare di importanza fondamentale, perché è solo a partire da questa che è possibile identificare le caratteristiche di un buon intervento psicoeducativo. L intervento psicoeducativo rappresenta la modalità di trattamento a disposizione di insegnanti, educatori, riabilitatori e genitori che ha mostrato, nei decenni, la maggiore solidità. Il segreto della solidità dell intervento psicoeducativo sta nei principi a cui si ispira, ovvero nell individualizzazione, nella flessibilità, nel coinvolgimento di tutti i caregiver e in particolare dei familiari, nel rispetto della persona e della sua famiglia, nell adattamento dell ambiente fisico e relazionale alle caratteristiche della persona, e nell adozione di modalità di intervento di rete, ispirate agli approcci cognitivi e comportamentali. Caratteristica degli approcci cognitivi e comportamentali è quella di mantenere un atteggiamento sperimentale, controllando in maniera rigorosa le variazioni che l intervento produce, ovvero, in pratica, dando un particolare rilievo alla componente valutativa. Con una finalità di costante raffronto, la valutazione sintomatologia viene affiancata ad una valutazione normativa ma soprattutto ad una valutazione funzionale. I tre tipi di valutazione vengono effettuati con strumenti adeguati in situazioni controllate, e ripetuti nel tempo, insieme alla valutazione dei comportamenti problematici, per verificare quali siano i cambiamenti mostrati dalla persona, e, in situazioni ulteriormente controllate, quali siano i cambiamenti prodotti dall intervento. Gli approcci cognitivi e comportamentali ai disturbi dello sviluppo assumono generalmente un ottica funzionale, ovvero un ottica che mira all acquisizione di abilità funzionali, spendibili in età adulta per la maggiore indipendenza possibile della persona. Benché l ottica funzionale (anche definita ecologica ) sia dominante negli approcci cognitivi e comportamentali, con i bambini più piccoli (al di sotto dei tre anni, ad esempio) si preferisce partire adottando il più possibile una prospettiva evolutiva, ovvero una prospettiva che tenga conto dello sviluppo tipico, così come delle particolarità della triade, e che miri ad avvicinare il bambino piccolo, per quanto è possibile, allo sviluppo tipico. Nella prospettiva evolutiva, un intervento sull intersoggettività, con il coinvolgimento dei caregiver naturali del bambino, appare fondamentale. Con il bambino piccolo, dunque, viene affrontato essenzialmente un intervento sulle componenti della relazione e sul gioco, oltre che 5 / 8
6 sui {tinline linktext:="sintomi" width:="260" height:="80" inlineid:="sintomi"} mostrati nella situazione di valutazione e sulle abilità funzionali. In effetti, l intervento sul gioco deve essere proseguito per tutta l infanzia, e continuare con un aiuto alla gestione del tempo libero per gli adolescenti e gli adulti, in quanto l acquisizione di abilità funzionali, di gioco come di lavoro, contrasta l evoluzione dei {tinline linktext:="sintomi" width:="260" height:="80" inlineid:="sintomi"} della terza area della triade sintomatologica, quella che riguarda i comportamenti e gli interessi ristretti e ripetitivi. Attraverso l intervento sul gioco, inoltre, vengono poste le basi per il miglioramento delle capacità di comunicazione e di relazione. Il miglioramento delle capacità di comunicazione costituisce un'altra finalità fondamentale dell intervento. È noto che alcune persone con {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} parlano, mentre altre non lo fanno. Le difficoltà presenti nell area della comunicazione, però, non si limitano alle difficoltà nel linguaggio verbale, ma coinvolgono tutto l ambito comunicativo. Per questo motivo, le persone con un disturbo dello sviluppo necessitano di aiuto per il miglioramento di tutte le componenti sociali e comunicative, a partire dalle più semplici, come prestare attenzione all interlocutore, per arrivare alle più complesse, come cogliere significati impliciti durante le conversazioni. Per le persone che non comprendono o non utilizzano il linguaggio parlato, sono state negli ultimi anni adottate con successo modalità di comunicazione aumentativa che aiutano la persona ad anticipare e comprendere gli eventi, così come ad esprimere preferenze e necessità, in maniera semplice e concreta, generalmente attraverso una visualizzazione dei diversi contenuti comunicativi. Di prioritaria importanza nella scelta degli obiettivi è anche l intervento volto a colmare le difficoltà sociali e relazionali. Il lavoro sulle {tinline linktext:="abilità" width:="260" height:="40" inlineid:="abilita"} sociali parte dall intervento sull intersoggettività nei bambini piccoli, e può arrivare a comprendere componenti comportamentali, cognitive ed affettive molto complesse, per i bambini più grandi. Anche le persone adulte con un disturbo dello spettro ed un alto funzionamento hanno spesso bisogno di aiuto per formarsi delle idee su cosa pensa in genere un interlocutore e su come si sente, migliorando le reazioni empatiche e mostrando un miglior adattamento rispetto ad affettività e sessualità. 6 / 8
7 Le basi per l intervento psicoeducativo dovrebbero essere poste in ambito scolastico, a partire dalla scuola materna. L integrazione scolastica non dovrebbe fermarsi al trasferimento di {tinline linktext:="abilità" width:="260" height:="40" inlineid:="abilita"} cognitive e curricolari, comunque fondamentali per la crescita di ogni bambino, né a collocare il bambino con {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} all interno del gruppo di coetanei. Al contrario, la scuola dovrebbe rappresentare il primo luogo di crescita del bambino, dopo quello domestico, ed occupare un posto speciale nella rete di interventi intorno al bambino. La scuola dovrebbe occuparsi anche di garantire al bambino la formazione di una buona autostima e di quelle competenze che dovrebbero servirgli, una volta adulto, ad integrarsi concretamente nel tessuto sociale, come le {tinline linktext:="abilità" width:="260" height:="40" inlineid:="abilita"} di autonomia personale e l avviamento al lavoro. La possibilità di effettuare un attività lavorativa produttiva, insieme ad una buona condizione abitativa ed alla possibilità di gestire il proprio tempo libero, è una delle condizioni da prevedere in maniera prioritaria per la maggior parte degli adulti. Esperienze condotte in altri Paesi dimostrano che le persone con un disturbo dello sviluppo possono e devono lavorare, e questo rende così importante la job education da far sì che le {tinline linktext:="abilità" width:="260" height:="40" inlineid:="abilita"} prerequisite al lavoro indipendente vengano incluse nei programmi ispirati agli approcci cognitivi e comportamentali fin dall inizio della frequenza scolastica. Quello che appare importante dunque per le persone dello spettro autistico, e per le loro famiglie, è che venga garantita loro una buona qualità della vita, gli stessi diritti di tutti e un rispetto speciale per loro caratteristiche, ormai non più così invisibili come fino ad alcuni anni fa. Per i professionisti e per le famiglie coinvolte, c è dunque tanto da fare: oggi si ritiene indispensabile che, per ogni persona con un disturbo dello spettro autistico, venga elaborata una programmazione proattiva, che preveda un concreto passaggio di {tinline linktext:="abilità" width:="260" height:="40" inlineid:="abilita"} alla persona e ai suoi caregiver, con uno sguardo a quello che sarà la futura vita di adulto della persona. Una posizione che si fermi all intervento sui comportamenti problematici non è più giustificabile, 7 / 8
8 e tutti i professionisti che si occupano di {tinline linktext:="autismo" width:="260" height:="90" inlineid:="autismo"} devono imparare a non limitare la loro competenza ai tentativi di impedire le espressioni più problematiche dei {tinline linktext:="sintomi" width:="260" height:="80" inlineid:="sintomi"}. Non ci sono scorciatoie, né pacchetti preconfezionati di soluzioni miracolistiche. Per gli operatori, i genitori e le persone colpite la strada non è facile, ma le prospettive sono tutt altro che prive di speranze. 28 agosto 2009 Abilità: capacità di fare qualcosa nel migliore dei modi SEO by Artio 8 / 8
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