La Rivista dei Combustibili e dell Industria Chimica

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1 volume 67 - n. 1 ISSN La Rivista dei Combustibili e dell Industria Chimica a cura della Stazione Sperimentale per i Combustibili Ricerca & Sviluppo per il rispetto dell ambiente

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3 Volume 67 Fascicolo 1 Anno 2013 SOMMARIO La Rivista dei Combustibili e dell Industria Chimica a cura della Stazione Sperimentale per i Combustibili APPROFONDIMENTI SSC BIO vs. FOSSILI: sustainable o sustainababble? Perché il metro della bio-sostenibilità non può essere la CO2 T. Zerlia, G. Pinelli pag. 2 NORMAZIONE Andamento del primo circuito di correlazione interlaboratorio relativo alla determinazione del fattore k Tubo di Pitot P. Lopinto pag. 9 APPROFONDIMENTI SSC Metano, Gas Naturale, Biogas, Biometano Non tutto il gas è uguale. P. Comotti, S. Bertagna pag. 12 ATTUALITA 31 maggio 2013: prossima scadenza per il REACH L. Gigante pag. 18 RESPONSABILITA SOCIALE Salute, sicurezza sul lavoro e tutela ambientale alla luce della norma UNI ISO 26000:10 P. Lopinto pag. 21 WEB SSC statistiche 2012 T. Zerlia, M. Frittoli pag Documentazione OnLine per tematiche dal 2001 al pag. 29 SERVIZI ALLE IMPRESE La rete ENTERPRISE EUROPE NETWORK pag. 31 NOTIZIE SSC Nuova strumentazione alla Divisione SSC: analizzatore specifico per mercurio M. Priola pag. 32 SEGNALAZIONI Generazione elettrica da carbone: un piano d azione per tecnologie ad elevata efficienza e basse emissioni G. Pinelli pag. 33 IL MARE - Supplemento al Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse Anno LVII N Febbraio 2013 T. Zerlia pag. 34 NOTIZIE Fondazione EnergyLab Laboratorio dell Energia: L impatto dell e-mobility sul sistema di distribuzione elettrico S. Casadei pag. 36 LEGGI.LE ULTIME USCITE (GENNAIO-MARZO 2013) A cura di S. Bertagna pag. 39 Volume 67 - fascicolo n

4 approfondimenti BIO vs. FOSSILI: sustainable o sustain_a_babble? Perchè il metro della bio-sostenibilità non può essere la CO2 Tiziana Zerlia, Giacomo Pinelli ISSI - Divisione Stazione Sperimentale per i Combustibili Viale A. De Gasperi 3, San Donato Milanese (MI) zerlia@ssc.it RIASSUNTO Nello State of the World 2013: Is Sustainability Still Possible?, il Worldwatch Institute si chiede se non stiamo scivolando dal sustainable al sustainababble. Il problema è di ovvio rilievo anche nel caso di biocarburanti/bioenergie sui quali focalizzeremo nuovamente l attenzione. A partire dalla quantificazione degli effetti diretti/indiretti del cambio d uso del suolo (LUC/ILUC), sono infatti ancora molte le problematiche aperte. Emergono ad esempio numerose perplessità sui dati relativi al bilancio del carbonio (v. CO2 e emissioni non_co2 ), tutt ora oggetto di programmi di ricerca a livello mondiale. La domanda dunque è: se i dati sul ciclo del carbonio non sono ancora affidabili, si possono definire sostenibili le filiere bio rispetto alle corrispondenti fossili sulla base di vincoli legati alle emissioni di CO2 evitate nel ciclo di vita? Sustainable or sustainababble : la domanda posta dal Worldwatch report è più che aperta! BIO vs. FOSSIL: sustainable or sustain_a_babble? Why you cannot measure sustainability by CO2 In front of the so much range of products and activities labeled as sustainable from green cleaning supplies to carbon offsets, the Worldwatch Institute ( State of the World 2013: Is Sustainability Still Possible? ) wonders if we can really find an accurate way to measure sustainability. Obviously, the matter involves biofuels and bioenergy, too. In this paper, the focus will then turned again to critical aspects such as the way to quantify carbon effect related to Land Use Change (LIUC) and Indirect Land Use Change (ILUC). Infact, there are still many doubts about Carbon-cycle data (as well as about CO2 and on non-co2 emissions) as the degree of uncertainty regarding their magnitude is very large. So, the question is: if we do not know carbon data (and surely their accuracy), can we really define sustainable a biofuel on the basis of CO2 reduction in their life-cycle with respect the corresponding fossil products? Sustainable or sustainababble : the Worldwatch question is open! Nella presentazione del suo State of the World 2013: Is Sustainability Still Possible? (in uscita il 16 aprile 2013), il Worldwatch Institute, a fronte di un numero sempre più elevato di attività e prodotti proposti sul mercato con l etichetta sostenibile, si chiede se non stiamo scivolando dal sustainable al sustainababble [1]. Il problema è di rilievo anche nel caso di biocarburanti/bioenergie. 2 La Rivista dei Combustibili

5 Vediamo perchè. Con la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell uso dell energia da fonti rinnovabili (la cosiddetta RED) 1 l Unione Europea si è imposta di raggiungere entro il 2020 i seguenti obiettivi: - 20% di energia da fonti rinnovabili; - 10% di energia da fonti rinnovabili nei trasporti. Sempre nel 2009, con la direttiva 2009/30/CE sulla qualità dei carburanti 2 l Unione Europea si è data l obbligo di ridurre del 6% entro il 2020 le emissioni GHG legate ai carburanti utilizzati nei trasporti. Per rispettare questi obiettivi è previsto un aumento del consumo di biocarburanti, i quali, al fine di evitare che la cura sia peggiore della malattia, dovranno essere prodotti in maniera sostenibile. A garanzia di questo aspetto entrambe le direttive introducono un regime vincolante di sostenibilità, che prevede una serie di criteri che i biocarburanti devono rispettare per rientrare negli obiettivi vincolanti e beneficiare dei regimi di sostegno. Il tema sostenibilità dei biocarburanti in base alle direttive comunitarie è legato alla riduzione dei gas serra rispetto alle omologhe filiere dei prodotti fossili. Tale tema che ha per altro implicazioni economiche, ambientali e sociali ha provocato accesi dibattiti specie in relazione ai biocarburanti di prima generazione. Uno dei punti più dibattuti riguarda l utilizzo del suolo, soprattutto dopo che numerosi STUDI (Scheda 1) e i risultati di una CONSULTAZIONE PUBBLICA a livello europeo [2], avevano evidenziato criticità e incertezze sulle filiere bio e fatto emergere numerose perplessità [3]. L utilizzo del terreno, o meglio il cambio d uso del terreno, comporta infatti una potenziale variazione della riserva di carbonio del suolo (carbon stock) 3, carbonio che partecipa al complesso meccanismo di scambio bidirezionale tra biosfera ed atmosfera (v. CO2) ed è tuttora oggetto di studio a livello mondiale (come diremo nel seguito). Scheda 1 IL CAMBIAMENTO DI USO DEL SUOLO: EFFETTI DIRETTI E INDIRETTI Il costante aumento della popolazione mondiale determinerà un aumento della richiesta di prodotti alimentari e, di riflesso, di materie prime agricole, la cui domanda, d altro canto, sarà ulteriormente incrementata da una maggior richiesta di prodotti agricoli ad uso biocarburanti. Poiché la resa del suolo in biocarburanti (cioè la quantità di energia prodotta sottoforma di biocarburanti per ettaro coltivato) è piuttosto bassa, per ottenere quantità rilevanti di biocarburanti sono necessarie consistenti estensioni di terreno [4]. Il cambio d uso di un suolo a favore di coltivazioni ad uso biofuel comporta una potenziale 1 recepita in ambito nazionale dal D. L. 3 marzo 2011, n modifica la direttiva 98/70/CE, ed è stata recepita in ambito nazionale dal D. L 31 marzo 2011, n CARBON STOCK: riserva di carbonio che deriva dal processo di fotosintesi col quale le piante, assorbendo anidride carbonica (CO2), fissano il carbonio nella propria biomassa e nel suolo (vere e proprie riserve di carbonio sulla superficie terrestre). Il carbonio del suolo partecipa al complesso equilibrio dinamico bidirezionale tra biosfera e atmosfera. Volume 67 - fascicolo n

6 approfondimenti PROBLEMATICHE APERTE variazione delle riserve di carbonio del terreno. Nel caso in cui le coltivazioni ad uso bio non sostituiscono coltivazioni ad uso alimentare, gli effetti del cambio di destinazione del suolo (LUC) 4 vengono definiti effetti diretti. Quando invece le coltivazioni ad uso biofuel rimpiazzano coltivazioni ad uso alimentare (umano/animale), sottraggono potenzialmente terreno alla produzione di cibo e rendono necessaria la conversione di altri terreni da dedicare all agricoltura con potenziali effetti indiretti (il cosiddetto ILUC) 4 più o meno marcati a seconda dell entità della variazione di carbon stock e di perdita di biodiversità. Scheda 2 Le direttive 2009/28/CE e 2009/30/CE hanno cercato di tener conto degli effetti diretti associati al cambio di destinazione d uso dei terreni: sono stati considerati non sostenibili, i biocombustibili derivati da coltivazioni di terreni ad alta biodiversità (foreste primarie, aree protette, terreni erbosi al alta biodiversità) nonchè ad alta riserva di carbonio (terre umide ed ampie aree forestali) - requisiti che dovevano essere posseduti al 1 gennaio Bisogna tuttavia osservare che permangono molte incertezza sulla stima delle emissioni LUC, incertezze che derivano oltre che dalla numerosità dei parametri e dalla scarsa conoscenza di aspetti quali/quantitativi concomitanti (ad es. limiti del sistema, distribuzione dell impatto tra prodotti primari, co-prodotti e residui, ipotesi sugli scenari politici futuri, sulle dimensioni e caratteristiche del mercato, variazioni prestazionali di nuove tecnologie, diversi metodi previsionali di stima e di modellizzazione impiegati) [5]. Ancora più complessa si è rivelata la valutazione degli effetti indiretti dei cambi di destinazione d uso dei terreni (fattori ILUC), per i quali le direttive citate non prevedono l inserimento nelle metodologie di calcolo (Scheda 2). Come avevamo segnalato in precedenza [3] la Commissione - preso atto di tali criticità - aveva ritenuto opportuno attendere ulteriori verifiche scientifiche fino a pubblicare nell ottobre 2012 una PROPOSTA di Direttiva [6], sintetizzata nella Scheda 3, che avrebbe dovuto emendare le due precedenti sopra citate (QUA- LITA dei COMBUSTIBILI e RINNOVABILI ). Complessivamente, i risultati degli studi (arrivati a quota 15) richiesti dalla Commissione, hanno confermato che il parametro ILUC ha un impatto reale in termini di GHG: in altre parole, risulta che, quando si rimpiazzano colture alimentari con coltivazioni destinate ai biofuel, e, per mantenere la produzione alimentare (feed/food: ad uso umano/animale), si mette in atto un cambio d uso del suolo a spese di un area forestale (ovunque sia geograficamente collocata), ciò comporta una deforestazione, una perdita di biodiversità e una perdita netta di carbonio nella riserva del suolo con aumento netto delle emissioni GHG in atmosfera. Se dunque i fattori ILUC agiscono negativamente, inserendo tali fattori nella valutazione della sostenibilità delle filiere bio, la maggior parte delle filiere biodiesel non rientrerà nei criteri di sostenibilità. Dunque, tali carburanti non potranno rientrare nel conteggio del previsto 4 LUC e ILUC acronimi Land Use Change e IndirectLUC 4 La Rivista dei Combustibili

7 Scheda 3 cap del 5% (nelle miscele bio/carburanti fossili). Tutto ciò dovrebbe secondo uno studio IEEP [7] aprire opportunità all industria del bioetanolo poichè le filiere legate a quest ultimo avrebbero il vantaggio rispetto alle filiere biodiesel [8] di una riduzione marcata delle emissioni GHG. Viceversa, nell ipotesi che i fattori ILUC non vengano ritenuti vincolanti (e non vengano conteggiati) e che si mantenga il cap del 5%, allora le opportunità per l industria del bioetanolo si ridurrebbero a fronte di un mercato dominato attualmente dal biodiesel. E dunque probabile secondo IEEP che le due lobby industriali mantengano una posizione comune puntando sull abolizione del cap del 5% [7]. E evidente che le emissioni ILUC rappresentano un fattore discriminante, peraltro tuttora irrisolto, che inevitabilmente si ripercuoterà sui sistemi di certificazione dei biocarburanti (Scheda 4). LE INCERTEZZE SUL BILANCIO DEL CARBONIO Mentre la proposta di direttiva è in progress e la disputa europea sui biocarburanti continua, quanto è stato riportato più sopra indica chiaramente che diretti o indiretti che siano gli effetti del cambio d uso del suolo si ripercuotono sul calcolo delle emissioni, calcolo che sta alla base della sostenibilità delle filiere e che, in definitiva, chiama in causa i dati legati al bilancio del carbonio, il vero punto debole del castello di emissioni. Volume 67 - fascicolo n

8 approfondimenti Scheda 4 Già in precedenza avevamo segnalato incertezze e criticità legate al bilancio del carbonio [9,10]. Ulteriore conferme arrivano indirettamente da una notizia riportata nel marzo scorso dalla prestigiosa NATURE [11] che segnalava che, data la ristrettezza di fondi, uno solo di 3 progetti dell Agenzia Spaziale Europea (CoReH2O, PREMIER, BIOMASS) potrà ricevere finanziamenti: tra i tre selezionati, BIOMASS punta alla determinazione del carbon stock del suolo e dei flussi di carbonio (biosfera/atmosfera), parametri chiave per calcolare il bilancio del carbonio attraverso dati acquisiti at a resolution and accuracy compatible with the needs of international reporting on carbon stocks and terrestrial carbon model [12], la cui conoscenza è appunto essenziale visto l indirizzo della politica energetico-climatica europea. 6 La Rivista dei Combustibili

9 Gli studi più recenti avvalorano le ipotesi che gli effetti diretti o indiretti del cambio d uso del suolo influenzano gli stock di carbonio dei terreni e, di rimando, i flussi e il bilancio globale del carbonio (v. CO2). Detto questo, suscita non poche perplessità l idea di certificare la sostenibilità delle filiere dei biocarburanti rispetto ai corrispondenti carburanti fossili con il vincolo discriminante della riduzione delle emissioni di gas serra poiché i dati sul bilancio del carbonio che pesano sui biocarburanti semplicemente ancora non si conoscono. Per inciso, i dati relativi alle emissioni GHG diverse dalla CO2 ( non-co2 emissions : CH4 e N2O) presentano un incertezza ancora maggiore [9, e lett. citata]. L Europa era partita in quarta [13] introducendo immediatamente i sistemi di certificazione e dando il via già nel 2010 alla macchina della certificazione. Venne infatti subito promosso in rete il progetto BioGrace (incredibilmente già attivo in ambito Intelligent Energy Europe Programme) pronto a fornire valori di riferimento ed esempi di calcolo delle emissioni evitate [14]. Negli intenti (lodevoli), i sistemi di certificazione dovevano infatti servire quale strumento di garanzia al regime vincolante di sostenibilità più completo e avanzato al mondo nel suo genere. Purtroppo gli stop&go della politica europea sulla strategia BIOFUEL [3], oltre a confermare la complessità dell argomento e, probabilmente, la difficoltà della politica di comprenderne in toto la portata, hanno introdotto elementi di instabilità nella già travagliata politica energetica europea specie in un momento di particolare fragilità economica come l attuale. Per inciso, la roadmap del settore trasporti, per traghettare il settore verso consumi a minor intensità di carbonio ed emissioni di gas serra più contenute, da tempo punta sui biofuel del futuro (o di seconda generazione ) [v. ad es. 15,16]. Le filiere dei biocarburanti di seconda generazione dovrebbero infatti ridurre consistentemente molte delle criticità sopra menzionate (ad esempio, la potenziale competizio- CONSIDERAZIONI FINALI Volume 67 - fascicolo n

10 approfondimenti ne food-feed/biofuels) essendo basate su materie prime di partenza costituite da coltivazioni non-edibili (ad es. scarti derivati da coltivazioni agricole o forestali quali paglia, residui di potatura, ecc.), ad alta resa di produzione, e bassi consumi d acqua. Dunque, in uno scenario che va verso la seconda generazione di biofuel, oltre ad adottare precauzioni (regolamentare il mercato e i prodotti finanziari legati al carbonio) per evitare i rischi - geopolitici in primis - che caratterizzano da sempre il mercato dei combustibili - già ora si possono intraprendere numerose azioni che anche il buon senso indica come positive ed efficaci in termini di sostenibilità a livello globale e che anche la politica europea sull ambiente ritiene rilevanti [3]. E visto che gli incentivi alle fonti energetiche (bio e non-bio) sono - direttamente o indirettamente - a carico di tutti noi, come cittadini-consumatori dovremmo pretendere o, almeno avere la ragionevole certezza, di pagare l oro quando è oro davvero, non solo se luccica. E la sostenibilità, solo e quando è davvero sostenibilità. E non si tratta di arroccarsi sull incertezza scientifica dei dati per non agire, ma di prendere atto delle criticità per ridefinire le priorità e canalizzare le risorse europee verso interventi di reale efficacia. sustainable o sustainababble - come suggerisce il Worldwatch Institute? [1]. BIBLIOGRAFIA [1] [2] [3] L (in)sostenibile ciclo del BIO Osservazioni su biocarburanti&sostenibilità [4] Technology Roadmap Biofuel for Transport IEA 2011 [5] [6] Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 98/70/CE relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel e la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell uso dell energia da fonti rinnovabili [7] _Commission_s_ILUC_proposal.pdf [8] Assessing the Land Use Change Consequences of European Biofuel Policies, IFPRI, Final Report, October 2011 [9] [10] [11] [12] [13] Comunicazioni del 19/06/ XC0619(02):EN:NOT EN:NOT [14] (Sito visitato il ) [15] [16] 8 La Rivista dei Combustibili

11 normazione Andamento del primo circuito di correlazione interlaboratorio relativo alla determinazione del fattore k Tubo di Pitot Paolo Lopinto ISSI Divisione Stazione Sperimentale per i Combustibili Viale A. De Gasperi 3, San Donato Milanese (MI) lopinto@ssc.it Nel febbraio 2013 è stata emessa la relazione conclusiva del primo circuito di correlazione interlaboratorio di determinazione del fattore k del tubo di Pitot, svoltosi a partire dal 27 agosto 2012 e terminato sperimentalmente a fine dicembre Il circuito ha visto la partecipazione di 15 laboratori privati in tutto il territorio nazionale con una prevalenza dal centro-nord Italia. L organizzazione e l elaborazione statistica dei risultati è stata gestita dal Laboratorio Combustione e Ambiente della Divisione SSC di Innovhub-Stazioni Sperimentali per l Industria, con la collaborazione della funzione Normazione della stessa Divisione. L attività vuole diventare un servizio di assicurazione qualità dei risultati nel campo delle misurazioni di emissioni da sorgente fissa per tutti i laboratori che hanno un sistema di gestione accreditato dall organismo di riferimento (ACCREDIA). La verifica dell affidabilità dei dati ottenuti dalla determinazione del parametro oggetto di verifica avviene mediante il confronto con altri laboratori mediante test definiti Circuito interlaboratorio. L adesione al circuito e il confronto con altri laboratori consente di fornire un elevato grado di affidabilità al risultato analitico emesso e conseguentemente di contribuire alla standardizzazione delle procedure operative di ogni singolo laboratorio partecipante. Nello specifico progetto portato avanti dal Laboratorio Combustione e Ambiente, si è trattato di determinare il valore di un parametro chiave (il fattore k) nella Taratura dei tubi di Pitot come riportato in della norma UNI 10169:01 la quale descrive un metodo manuale per determinare la velocità e la portata dei flussi gassosi convogliati che si immettono nell atmosfera, a fini di valutazioni di carattere ambientale. Il circuito si è svolto regolarmente nel corso del 2012 secondo il calendario prestabilito all inizio da SSC, Istituto organizzatore del circuito, (Tabella 1), seguendo il protocollo definito nel corso della riunione di apertura svoltasi in data 27 giugno 2012, ovvero effettuando n 3 prove relative a n 3 letture di differenza di pressione differenziale (Δp), tramite micromanometro differenziale, per confronto tra un tubo di Pitot da verificare ed il tubo di Pitot di riferimento, o primario, utilizzato da ogni singolo laboratorio partecipante. Non si è trattato dunque di un circuito interconfronto relativo ad una norma nella sua completezza ma centrato su di una sua parte, sebbene la determinazione di tale fattore sia inscindibilmente legata alla correttezza ed all affidabilità della misurazione finale della velocità di un flusso gassoso convogliato. La norma UNI 10169:01 prevede l utilizzo di due tipi di tubi di Pitot, il tipo L e il tipo S e ne prescrive le condizioni di impiego. Volume 67 - fascicolo n

12 normazione Il tubo di Pitot usato come riferimento è un tubo di tipo S (n serie 0311) il cui schema è del tipo di cui alla figura B1 (Appendice B norma UNI 10169:01) tarato da VSL (Dutch Metrology Institute), un centro metrologico riconosciuto a livello europeo, con uno standard primario per la velocità (Primary Standard of Air Velocity Measurement). Figura 1 Tubo di Pitot di riferimento Tale dispositivo è stato messo a disposizione, inviandolo da laboratorio a laboratorio coinvolto nel circuito, tramite spedizione a mezzo corriere, al fine di garantire stesse condizioni di conduzione del circuito e limitare al tubo di Pitot di prova di ogni laboratorio (il primario) coinvolto ed alla procedura stessa le uniche variabili nel principio di svolgimento del circuito. Il circuito ha visto la partecipazione di 15 laboratori privati in tutto il territorio nazionale con una prevalenza dal centro-nord Italia. In Tabella 1 se ne riporta l elenco ed il periodo di prova di ciascuno considerando anche un rientro alla base del tubo in SSC per effettuare prove di stabilità e controllo. Tabella 1 Calendario finale delle prove di correlazione 2012 con Pitot di riferimento di tipo S (n serie 0311) Al fine di garantire l anonimato è stata inviata ad ogni singolo laboratorio una lettera alfabetica distintiva con cui si sono poi divulgati ed inviati i risultati. I dati delle prove sono stati prima predisposti dai laboratori partecipanti su un format excel appositamente preparato da SSC ed inviato ad ogni laboratorio prima della conduzione delle prove. Successivamente, gli stessi dati sono stati elaborati tramite fogli elettronici excel, applicando un primo trattamento statistico di base (1 livello) e successivamente, alla fine del circuito, un trattamento statistico più approfondito (2 livello), secondo la norma ISO 5725:04 parte 2, con l individuazione dei dati sospetti (straggler) e anomali (outlier). Sono stati pertanto calcolati gli scarti tipo di ripetibilità ( r ) e di riproducibilità ( R ), dopo aver individuato ed eliminato i dati statisticamente anomali. E stato determinato il valore assegnato (ovvero il valore di consenso dei laboratori par- 10 La Rivista dei Combustibili

13 tecipanti) come media delle prove e lo scarto tipo assegnato come scarto tipo della prova necessari per il calcolo dello z-score. Infine, per ogni laboratorio, è stato individuato il punteggio z-score conseguito, relativo a tutti i parametri misurati. Questo parametro statistico indica il grado di bontà dei risultati ottenuti dal laboratorio rispetto a quelli medi del circuito di correlazione. Il grafico conclusivo comprendente gli z-score dei laboratori partecipanti è proposto sotto: L analisi porta a concludere come il circuito abbia dato un esito complessivamente soddisfacente. La buona riuscita del circuito è da attribuire anche all attenzione messa da ogni singolo laboratorio partecipante attraverso una particolare dedizione e cura nell utilizzo dei dispositivi messi a loro disposizione da SSC, puntualità nel rispetto dei tempi e elevata professionalità generale dimostrata. Figura 2 Grafico z-score laboratori aderenti al circuito (indicati con una lettera al fine di garantirne l anonimato) Un ringraziamento particolare va all Ing. Francesco Avella dai cui lavori su tematiche analoghe nel campo degli interconfronti tra laboratori, sono stati mossi i principi del progetto e da cui non è mancata l assistenza sugli aspetti statistici più delicati nella gestione dei dati. Volume 67 - fascicolo n

14 approfondimenti Metano, Gas Naturale, Biogas, Biometano Non tutto il gas è uguale. Paola Comotti, Silvia Bertagna ISSI - Divisione Stazione Sperimentale per i Combustibili Viale A. De Gasperi 3, San Donato Milanese (MI) comotti@ssc.it Nei discorsi di vita quotidiana sembra che dicendo la parola metano sia immediatamente chiaro di cosa si stia parlando, ma in effetti non è proprio così scontato e molto spesso la parola metano viene riferita a contesti e a concetti non molto simili tra loro e questo può dar luogo a fraintendimenti o ad errate interpretazioni: - in un dialogo tra due chimici puri, quando si dice metano l oggetto del discorso è la molecola organica CH4 costituita da un atomo di carbonio e 4 atomi di idrogeno, oppure un insieme di molecole costituito al 100 % da molecole di metano; - in un dialogo tra due cittadini che confrontano le tariffe di due bollette del metano in realtà l oggetto del discorso è il gas naturale (GN) il cui componente principale è il metano, che in Italia è presente nella miscela distribuita di gas naturale in percentuale variabile tra l 85% e il 99%; - in un dialogo il cui tema è biogas e/o biometano spesso si usano questi termini come sinonimi, o quasi, del metano puro, ma in realtà la percentuale di metano presente varia tra il 50 e il 75% circa nel caso del biogas e tra il 95 e il 98% nel caso del biometano. E abbastanza evidente quindi che metano, gas naturale, biogas, biometano dal punto di vista tecnico non sono esattamente la stessa cosa, quindi i termini non sono sinonimi, ma ognuno di essi definisce un quid che ha caratteristiche chimicofisiche e commerciali proprie e come tale trova riscontro in definizioni riportate nella normativa e nella legislazione sia già pubblicata che in via di pubblicazione. Metano. Su qualsiasi testo didattico di chimica organica si trovano i concetti-base associati al metano: brevissimamente si può ricordare che si tratta di un idrocarburo, in particolare la più semplice molecola (CH4) della famiglia degli alcani, costituita esclusivamente da carbonio e idrogeno i cui legami formano una struttura tetraedrica (angolo 109,5 ) perfettamente simmetrica in cui la polarità dei singoli legami carbonio-idrogeno viene annullata. Gas naturale. In base a quanto riportato nella Norma UNI EN ISO 14532, conosciuta anche come Vocabolario del Gas Naturale il gas naturale non è sinonimo di metano, bensì si tratta di una miscela complessa di idrocarburi, composta principalmente da metano, ma che generalmente include, quantità sensibilmente minori di etano, propano e idrocarburi superiori e alcuni gas non combustibili come ad esempio azoto e anidride carbonica. Per la definizione delle caratteristiche del gas naturale da immettere in rete in Italia è stata emanata la regola tecnica del gas combustibile, contenuta nel D.M 19/2/2007, che indica i valori di accettabilità nel gas naturale di anidride carbonica, solfuro di idrogeno, zolfo tota- 12 La Rivista dei Combustibili

15 le, zolfo da mercaptani, ossigeno e azoto. Tale regola tecnica impone inoltre il rispetto dei valori di accettabilità delle proprietà chimico-fisiche quali il potere calorifico superiore, l indice di Wobbe, la densità relativa, il punto di rugiada degli idrocarburi e il punto di rugiada dell acqua per quanto riguarda la miscela di idrocarburi che fa parte del gas naturale e cioè metano, etano, propano, iso-butano, esano e superiori, inoltre il gas naturale da immettere in rete deve essere tecnicamente libero da componenti non espressamente citati nella regola tecnica. Il rispetto dell indice di Wobbe è di fondamentale importanza per il corretto funzionamento in sicurezza degli apparecchi utilizzatori di gas che devono rispondere ai requisiti imposti dalla norma UNI EN 437 riguardante i gas di prova, le pressioni di prova e le categorie di apparecchi relativamente all utilizzo di gas combustibili; essa costituisce un documento di riferimento per le norme specifiche relative agli apparecchi che rientrano nello scopo della Direttiva del Consiglio (Europeo) sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri inerente gli apparecchi a gas. Fonte: Biogas. Il biogas è costituito da una miscela di gas provenienti dalla degradazione biologica da parte di specifici batteri di substrati organici di varia origine (frazione organica dei RSU, scarti di produzione agroalimentare, biomasse agroforestali, reflui zootecnici) mediante un processo di digestione anaerobica. Secondo la norma UNI 10458:2011 il biogas viene definito come miscela gassosa prodotta nel corso del processo di digestione anaerobica costituita in prevalenza da metano (>50% v/v), anidride carbonica e, in piccole quantità, da impurezze quali idrogeno, azoto, ossigeno, acido solfidrico, mercaptani, ammoniaca e acqua. La digestione anaerobica è un processo biochimico che avviene mediante fasi successive (idrolisi, acidogenesi, acetogenesi e metanogenesi) per le quali si cerca di ottimizzare mediante l impiego di appositi reattori, i parametri di processo che influenzano la velocità delle reazioni biochimiche coinvolte, primo fra tutti la temperatura. Da questo punto di vista il processo di produzione del biogas da parte dei batteri anaerobi coinvolti può avvenire in campo psicrofilo (5-25 C), mesofilo (32-42 C) o termofilo (50-57 C). Il gas che si ottiene è costituito da metano (in percentuali comprese tra 50 e 75%), anidride carbonica (25-45%), vapor d acqua (2-7%) e altri gas denominati componenti minori, presenti in percentuali molto basse. Le principali tipologie di digestione anaerobica sono: Processo termofilo e mesofilo il processo mesofilo si svolge a una temperatura di circa 35 C, mentre il sistema termofilo prevede un riscaldamento della massa da digerire fino a temperature attorno ai 55 C, in questo modo il processo di digestione avviene più velocemente e con maggiori rese. Volume 67 - fascicolo n

16 approfondimenti Sistemi a singolo stadio o multistadio un digestore a singolo stadio svolge tutte le fasi del processo di digestione in un unico reattore, mentre il digestore multistadio ottimizza il processo in diversi reattori (pre-digestore, digestore, post-digestore). Sistemi in batch (discontinui) o sistemi in continuo come suggerisce la definizione alcuni sistemi funzionano in modalità discontinua: in questo caso la materia prima è caricata nel digestore in una sola tornata e viene asportata completamente una volta trascorso il tempo di ritenzione necessario, mentre i sistemi a flusso continuo comportano un introduzione continua di materia prima nel sistema ed una contemporanea estrazione di gas e digestato. Il processo di digestione, inteso come tempo di residenza nel reattore, varia tra i 15 e i 30 giorni a seconda della materia prima e della tecnologia utilizzata; in generale tempi più brevi saranno associati a processi termofili, tempi un po più lunghi a processi di tipo mesofilo. Il biogas sottoposto a un processo di purificazione (deidratazione, desolforazione, rimozione di ammoniaca, mercaptani e polveri) e di upgrading (rimozione dell anidride carbonica) muta le sue caratteristiche composizionali e prende il nome di biometano, costituito da una miscela di gas che contiene prevalentemente metano (mediamente circa il 98%) Biometano. Il biometano viene definito nel D.Lsg 28/11, a sua volta recepimento della Direttiva 2009/28/CE, come gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo alla immissione nella rete del gas naturale. Figura 1 Filiera schematica biogas/biometano A differenza dell Italia, in alcuni Paesi Europei il biometano è già utilizzato come combustibile per autotrazione o immesso in rete. Dato che la tipologia e i limiti di accettabilità dei componenti minori presenti nel biometano è differente tra i vari Stati Membri, la Comunità Europea ha deciso di uniformare la qualità del biometano in Europa e a questo proposito ha emanato il Mandato M 475 in base al quale il CEN, attraverso la costituzione del Project Committee CEN/TC 408 Biomethane for use in transport and injection into the natural gas grid ha in corso la definizione delle caratteristiche del biometano da usare per autotrazione e da immettere in rete di gas naturale. Per soddisfare i requisiti di sicurezza previsti dalla Direttiva 2009/73/CE il biometano deve rispettare quanto già richiesto al gas naturale ed inoltre, per quei composti minori non presenti nel gas naturale, rientrare nei limiti di accettabilità che verranno definiti dal CEN TC 408; tra i composti minori potenzialmente più frequentemente presenti si ricordano ad es. NH3, F, Cl, HCl, CO, CO2, HCN, O2, H2S, H2, COS, mercaptani, composti siliconici, idrocarburi superiori. Ulteriore compito del CEN/TC 408 è la definizione dei metodi analitici necessari per il controllo del rispetto di tali limiti. Attualmente i vari Stati Membri sono sottoposti alla regola dello standstill per cui non possono emanare norme nazionali su questo argomento. DAL BIOGAS AL BIOMETANO Per ottemperare ai requisiti richiesti dalla futura qualità del biometano che verrà definita in sede europea, è evidente che sia per l immissione in rete, sia per utilizzo come combustibile per autotrazione, il biogas deve, in primo luogo, essere sottoposto a un processo che preveda la rimozione delle sue cosiddette componenti minori (purificazione): 14 La Rivista dei Combustibili

17 - Deidratazione o deumidificazione. L operazione di rimozione del vapor d acqua presente nel biogas prodotto dal processo di digestione anaerobica si rende necessaria per evitare fenomeni di condensazione dell umidità nelle condotte e conseguenti problemi di corrosione delle tubazioni. Tale rimozione può avvenire attraverso sistemi di raffreddamento, compressione, oppure attraverso l adsorbimento su carboni attivi o ossido di silicio, l uso di sali igroscopici o ancora mediante assorbimento in soluzioni a base di glicoli. - Desolforazione. La rimozione dell acido solfidrico (H2S) si rende anch essa necessaria per evitare fenomeni di corrosione dei metalli nei sistemi di stoccaggio e nelle condotte di trasporto e di distribuzione del gas. Il processo di desolforazione può essere attuato sia in fase di digestione anaerobica, sia in una fase successiva sul biogas già prodotto; nel primo caso, è possibile attuare un trattamento biologico parallelo a quello che vede coinvolti i batteri metanigeni, introducendo quantità controllate di ossigeno che permettano lo sviluppo e l azione di micro-organismi ossidanti (della specie Thiobacillus o Solfolobus), oppure mediante l addizione nel digestore di agenti che favoriscano la precipitazione chimico-fisica della componente da rimuovere (ad esempio, cloruro ferrico FeCl3 o cloruro ferroso FeCl2). La desolforazione operata sul biogas può essere invece attuata mediante tecniche di adsorbimento fisico su carboni attivi, assorbimento chimico (ad es. su ossido ferrico Fe2O3) oppure durante il processo di upgrading contestualmente alla rimozione della CO2. - Eliminazione di polveri, mercaptani, ammoniaca e altre componenti. La rimozione di quantità residue di ossigeno e azoto (talvolta introdotti nelle fasi, ad esempio, di desolforazione biologica, v.di sopra) così come quella di sostanze siliconiche, quali ad esempio i silossani, avviene per lo più mediante utilizzo di carboni attivi. L ammoniaca viene rimossa mediante strippaggio e successivamente allontanata come prodotto di reazione con altre componenti, come i prodotti di ossidazione dell H2S, con formazione di solfato di ammonio. Il residuo di materiale particolato presente nel biogas, indesiderato perché potenzialmente dannoso per le parti meccaniche del sistema in cui il gas verrà utilizzato, viene infine rimosso mediante l impiego di filtri meccanici. Il processo di rimozione dell anidride carbonica del biogas prende il nome di upgrading. Tale processo può avvenire attraverso diverse metodologie, alcune consolidate, altre ancora in via di ottimizzazione. Le principali tecniche attualmente in uso sono: - Adsorbimento a pressione oscillante. Questo sistema opera la rimozione della CO2 per adsorbimento di tale gas in colonne operanti in parallelo contenenti carboni attivi o zeoliti. A elevate pressioni (4-7 bar) l anidride carbonica viene adsorbita dal materiale di riempimento, che viene poi rigenerato mediante una diminuzione progressiva della pressione applicata. Questo tipo di impianto ha lo svantaggio di richiedere necessariamente la rimozione preventiva di H2S e di H2O dal biogas da trattare, pena la compromissione del materiale adsorbente, ma presenta una relativa semplicità e compattezza impiantistica che ne permette l utilizzo anche in impianti di piccola taglia. - Lavaggio ad acqua in pressione. Questa tecnica di upgrading è quella più comunemente utilizzata e prevede il passaggio del biogas da trattare in una torre di lavaggio dove esso viene a contatto con un liquido assorbente, in modo da sfruttare la maggiore solubilità della CO2 rispetto al metano. Il gas in uscita dalle torri di lavaggio sarà costituito prevalentemente da metano ma sarà anche ricco di umidità e dovrà pertanto subire un processo di essiccazione. Per contro, l acqua in uscita dagli scrubber sarà ricca di CO2 e pertanto per essere ricircolata alle torri si dovrà prevedere a livello impiantistico un altra torre di desorbimento mediante passaggio in flusso d aria (rilascio della CO2 in aria). - Lavaggio chimico o con solventi. Lo stesso principio delle torri di lavaggio ad acqua può essere impiegato utilizzando come liquido assorbente ammine (lavaggio amminico), il Volume 67 - fascicolo n

18 approfondimenti quale assicura anche una reazione chimica con l anidride carbonica, che rende il gas in uscita di elevata qualità e permette di ridurre al minimo le perdite di metano. Infine è possibile utilizzare nel processo di assorbimento anche solventi organici (es. glicole etilenico) nei quali la CO2 risulta maggiormente solubile che nell acqua e permette quindi a livello impiantistico risparmi in termini di portata di solvente da utilizzare e una maggiore compattezza dell impianto di upgrading stesso. Figura 2 Fasi del processo di purificazione e upgrading del biogas - Utilizzo di membrane. L impiego di membrane separatrici sfrutta la permeabilità di alcuni materiali nei confronti della CO2, dell acqua e dell ammoniaca (in misura minore per H2S e ossigeno) e la contemporanea bassa permeabilità nei confronti dell azoto e del metano. Mediante l uso di questo tipo di trattamento, ancora allo studio e in via di ottimizzazione, è possibile ottenere concentrazioni di metano intorno all 85%; spesso il processo di separazione così attuato viene svolto in due fasi, in quanto prima del passaggio attraverso le membrane, il biogas viene sotto posto ad un processo di pre-trattamento nel quale viene eliminata l acqua, l H2S e altri contaminanti eventualmente presenti in forma di aerosol. Questo tipo di trattamento è il metodo più utilizzato per il trattamento del biogas da discarica. Complessivamente, va osservato che i costi di purificazione e di upgrading del biogas a biometano risultano ad oggi ancora molto elevati e, anche nei paesi in cui il biometano è già una realtà, un costo di investimento alto risulta giustificato solo per impianti di una certa taglia (almeno sopra i 500 kwe). E doveroso sottolineare, infine, che prima dell eventuale immissione nella rete del gas naturale il biometano ottenuto in seguito al processo di upgrading del biogas deve essere sottoposto ad alcuni ulteriori trattamenti che comprendono il condizionamento (addizione di GPL per rientrare nell intervallo di indice di Wobbe richiesto per il funzionamento in sicurezza degli apparecchi utilizzatori), l odorizzazione e la regolazione della pressione, in funzione della pressione presente nella rete di distribuzione e/o trasporto. Per quanto riguarda le modalità di allacciamento alla rete è necessario rispettare, oltre ai requisiti di qualità del prodotto, anche tutte le normative relative all interconnessione previste dal sistema distributivo e/o di trasporto, nonché le disposizioni regolatorie emanate dagli organismi preposti. In sintesi, per riassumere, si può affermare che il metano, quando viene preso in considerazione come molecola, è sempre uguale a se stesso, perché la struttura chimico-fisica è 16 La Rivista dei Combustibili

19 Tabella 1 Vantaggi e svantaggi delle diverse tecnologie di upgrading del biogas I) Maassen et al, 2008: II) Persson, 2003; III) Mc Donald e Mezei, 2007 Fonte: [1] definita e costante; il gas naturale, anche se spesso impropriamente chiamato metano, è in realtà una miscela di gas combustibile di origine fossile a differenza del biogas e del biometano che sono combustibili ottenuti dalla degradazione, in tempi recenti, di materiale di origine biologica; per inciso si può ricordare che un combustibile fossile può essere distinto da uno biologico di origine recente ad esempio tramite la datazione mediante 14 C. In particolare il biogas è una miscela gassosa abbastanza complessa che, prima dell utilizzo come combustibile, viene purificata in maniera più o meno spinta a seconda della destinazione d uso finale e della sostenibilità economica. Una volta raggiunto un determinato livello di purificazione e upgrading il biogas prende il nome di biometano, che, tuttavia, per essere usato tal quale come combustibile per autotrazione o essere immesso nelle reti del gas naturale dovrà rispettare quanto in sede europea andrà a definire il CEN/TC 408. RIFERIMENTI [1] Purificazione e upgrading del biogas in biometano. Veneto agricoltura, AIEL, con il patrocinio di Ascopiave e Provincia di Treviso, [2] Biomass Energy Report. Il business delle biomasse e dei biocarburanti nel sistema industriale italiano [3] Biometano. CTI per Intelligent Energy, Bionett. Biometano_ITA.pdf [4] P. Comotti, S. Bertagna Dal biogas al biometano: un percorso in evoluzione Rivista dei Combustibili Vol (2012) [5] Norma UNI 10458:2011 Impianti per la produzione e l impiego di gas biologico (biogas) - Classificazione, requisiti essenziali, regole per l offerta, l ordinazione, la costruzione e il collaudo [6] Norma UNI EN 437:2009 Gas di prova - Pressioni di prova - Categorie di apparecchi Volume 67 - fascicolo n

20 attualità 31 maggio 2013: prossima scadenza per il REACH Lucia Gigante ISSI - Divisione Stazione Sperimentale per i Combustibili Viale A. De Gasperi 3, San Donato Milanese (MI) gigante@ssc.it Figura 1 Il REACH (Registration, Evaluation and Authorization of Chemicals) è il regolamento entrato in vigore il 1 giugno 2007 che riguarda la produzione, l importazione e la circolazione delle sostanze chimiche. Lo scopo principale del REACH è quello di garantire una maggiore e migliore tutela della salute umana e dell ambiente. L impatto economico e sul tessuto industriale del Reach è stato oggetto di attenti studi sin dalla pubblicazione del libro bianco nel 2001, tuttavia il legislatore europeo ha ritenuto che i vantaggi per la salute e per il complesso del sistema industriale superassero i costi. Sono stati stimati pari a circa 50 bilioni di euro in 30 anni i risparmi sui costi per la cura della salute: diminuiranno infatti malattie come allergie, tumori, problemi respiratori, asma, ecc. Inoltre l Europa beneficerà del fatto che con il REACH i saggi sulle sostanze nuove o esistenti saranno condotti sistematicamente sulla base della valutazione dell impatto ambientale derivante dai rischi e dall esposizione. Gli obbiettivi del REACH verranno raggiunti attraverso diverse azioni, obblighi e adempimenti: - la valutazione della sicurezza chimica; - la preregistrazione; - la registrazione; - la valutazione; - l autorizzazione; - la restrizione. La Rivista dei Combustibili ha più volte trattato i principali punti del REACH [1]. Il 31 maggio 2013 rappresenta la prossima scadenza per la registrazione delle sostanze prodotte o importate in quantità comprese fra 100 e 1000 t/anno. In vista di tale scadenza, l Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) ha pubblicato la lista delle sostanze che sono state individuate per tale registrazione. La lista comprende attualmente 3083 sostanze che saranno registrate per la prima volta entro la prossima scaden- 18 La Rivista dei Combustibili

21 za di registrazione e sarà oggetto di periodici aggiornamenti. Questa lista può essere molto utile non solo per i produttori e gli importatori, ma anche per gli utilizzatori a valle che volessero verificare, per le sostanze di loro interesse, l intenzione di registrazione alla prossima scadenza [2,3]. Per le sostanze sopra la tonnellata, la scadenza di registrazione è il Abbassandosi la classe di tonnellaggio, si amplierà il campo di applicazione del Regolamento, comprendendo molte aziende che, nella prima fase, non sono state coinvolte. Già la scadenza del 2013 ( t/a) sta comportando per molte Piccole e Medie Imprese (PMI) un onere importante. I laboratori di analisi che eseguono test per il REACH dovranno fornire opportuna assistenza alle aziende coinvolte soprattutto in termini di consulenza e sensibilizzazione verso queste problematiche. INNOVHUB-STAZIONI SPERIMENTALI PER L INDUSTRIA E REACH La Divisione Stazione Sperimentale per i Combustibili si occupa di Reach sin dalla fase di definizione del Regolamento (pubblicazione del Libro Bianco Strategia per una politica futura in materia di sostanze chimiche del 2001). Nel 2003 è stata infatti siglata una convenzione tra il Ministero Attività Produttive, Direzione Generale per lo Sviluppo Produttivo e la Competitività ed i Presidenti delle otto Stazioni Sperimentali per l Industria, finalizzata alla valutazione dell impatto del Reach sui settori produttivi di riferimento delle varie Stazioni Sperimentali. Inoltre, il Decreto 22 novembre 2007 del Ministero della Salute sugli adempimenti previsti dal regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) ha incaricato il Ministero dello Sviluppo Economico di realizzare un Help desk a livello nazionale per l implementazione del regolamento. Il decreto si riferisce esplicitamente alle Stazioni Sperimentali per l Industria [4]. A seguito di alcune segnalazioni relativamente ad imprecisioni e mancanze sulle linee guida per la compilazione dei dossier di registrazione, l ECHA ha invitato i ricercatori della Divisione Combustibili a partecipare ad un gruppo di esperti per la revisione delle linee guida. Scopo del gruppo di lavoro è in particolare la revisione delle linee guida R.7 sulle proprietà chimicofisiche delle sostanze e sulla parte E di valutazione del rischio per le sostanze sotto REACH [5]. Dal punto di vista sperimentale, Innovhub-SSI è in grado di offrire una serie di servizi per la classificazione delle sostanze (Tabella 1) In data 17 novembre 2011 è stato siglato tra il Ministero dello Sviluppo Economico e Innovhub Stazioni Sperimentali per l Industria, in qualità di membro della rete Enterprise Europe Network italiana, un protocollo di intesa che individua in Innovhub-SSI uno Sportello Informativo Territoriale (SIT) per il REACH. I compiti del SIT sono di seguito riassunti: identificare referenti cui affidare l attività di servizio informativo alle imprese sul Regolamento REACH-SIT REACH; mettere a disposizione delle imprese uno sportello informativo; partecipare ai corsi di formazione e di eventuale aggiornamento organizzati dal Ministero, anche in collaborazione con gli altri soggetti istituzionali nazionali competenti; fornire alle imprese informazioni sul Regolamento REACH in particolare: o fornire risposte di primo indirizzo a quesiti sull applicazione del Regolamento (es. scadenze, moduli, tariffe etc.), o orientare le imprese in relazione alle fonti di informazione disponibili, in particolare il sito dell Helpdesk Reach [6] e gli strumenti dell Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), in primo luogo le FAQ e le linee guida, o indirizzare le imprese ad inoltrare i quesiti complessi, e/o rispetto ai quali non sono in grado di fornire risposta, all Helpdesk nazionale attraverso la piattaforma informatica accessibile dal sito dell Helpdesk; impegnarsi a rispettare la normativa sulla privacy; raccogliere dati a fini statistici sulle imprese che richiedono informazioni (dimensione Volume 67 - fascicolo n

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