RAPPORTO FINALE aprile 2014

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1 SECONDGEN : SECOND GENERATIONS: MIGRATION PROCESSES AND MECHANISMS OF INTEGRATION OF FOREIGNERS AND ITALIANS ( ) Regione Piemonte - Bando Scienze umane e sociali Settore: Scienze Sociali PARTECIPANTI: Università degli Studi del Piemonte Orientale - Dipartimento di Ricerca Sociale Università degli Studi di Torino - Dipartimento di studi Politici Università degli Studi di Torino - Dipartimento di Storia FIERI - Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull Immigrazione Associazione Gruppo Abele ONLUS RAPPORTO FINALE aprile 2014 L interdisciplinarietà nei metodi e nella costruzione teorica è il tratto caratterizzante della ricerca che si è sviluppata in un processo di integrazione e di interazione di competenze, saperi e metodologie. Il lavoro dei vari partecipanti alla ricerca è così presentato nella sua reale unità. Il presente rapporto intende illustrare i molteplici approcci e l uso delle fonti quantitative e qualitative che sono state fatte interagire con l obiettivo di interpretare i dati quantitativi e di chiarire i meccanismi sociali in gioco nei fenomeni migratori. Si è voluto fornire al lettore sia un quadro delle varie operazioni svolte durante il lavoro di ricerca, sia alcuni risultati selezionati. Questi ultimi sono esposti in modo sintetico, l elenco delle pubblicazioni rimanda alle esposizioni più complete. In generale, nell organizzazione del testo, la descrizione del lavoro svolto è separata dalla presentazione dei risultati e si alterna con essa.

2 INDICE 1. PERCHE STUDIARE LE MIGRAZIONI DEL PASSATO E DEL PRESENTE La specificità dei processi migratori Oltre la prospettiva nazional culturale Un approccio focalizzato sulle relazioni e sulle reti sociali PERCORSI NELLA SCUOLA E NELL AVVIAMENTO AL LAVORO Seconde generazioni delle migrazioni interne del passato... 9 Il lavoro svolto... 9 Alcuni risultati Seconde generazioni delle migrazioni internazionali contemporanee Il lavoro svolto Alcuni risultati Analisi Vie di radicamento e scelte di vita: migranti italiane e straniere a confronto - A.Badino L istruzione dei figli nei progetti delle famiglie immigrate. Elementi per una comparazione tra anni Sessanta e oggi - F.Ramella Allievi stranieri nelle circoscrizioni torinesi - R.Ricucci Ricette per il futuro: gli studenti di seconda generazione negli istituti alberghieri - E.Allasino Effetti d origine nel sistema di istruzione piemontese - L.Donato I consigli orientativi agli studenti di origine straniera. Un caso a parte? - M.Romito Famiglie immigrate e interazioni con le scuole - M.Perino, E.Allasino Le relazioni scuola-famiglia nelle rappresentazioni dei genitori migranti - A.Santero Legami matrimoniali e di convivenza. Le pratiche transnazionali - C.Bergaglio, M.Perino, M.Eve Discorsi sulle seconde generazioni in Italia e prospettiva identitaria nazional-culturale - M.Perino GIOVANI, STRADE, QUARTIERI. OSSERVAZIONE ETNOGRAFICA E PARTECIPAZIONE ALLE DINAMICHE DI GRUPPO La ricostruzione della vita di quartiere dei figli di immigrati interni negli anni Settanta a Torino L osservazione partecipante in un giardino pubblico di Torino: giovani non inseriti in circuiti ricreativi, culturali, educativi e sportivi istituzionali e con percorsi di vita devianti L osservazione partecipante e le interviste ai ragazzi incontrati attraverso attività educativa di strada in un giardino pubblico di Torino Analisi Giovani e vita di strada nella Torino della grande migrazione interna - D.Basile Anatomia di un contesto deviante : reti e carriere di Fahmi e dei suoi amici - S.Caristia L osservazione partecipante e le interviste ai ragazzi incontrati attraverso attività educativa di strada in un giardino pubblico di Torino - S.Randino, F.Rascazzo, M.Reynaudo et al INTERVENTI PER IMMIGRATI? APPENDICE - Alcune pubblicazioni sui risultati di ricerca

3 1. PERCHE STUDIARE LE MIGRAZIONI DEL PASSATO E DEL PRESENTE 1.1 La specificità dei processi migratori La ricerca Secondgen indaga la collocazione sociale e le carriere scolastiche e lavorative dei figli degli immigrati in Piemonte. Lo fa in un ottica insolita in quanto mette a confronto i percorsi dei figli degli immigrati regionali arrivati attorno agli anni Sessanta con quelli dei figli degli immigrati stranieri oggi. L obiettivo di base infatti è di esaminare alcune condizioni strutturali associate alle migrazioni di massa anche indipendentemente dalle specificità culturali e origini nazionali delle famiglie immigrate. Perché comparare l immigrazione regionale e quella internazionale? Nel dibattito pubblico odierno il confronto tra l immigrazione regionale del passato e quella degli immigrati stranieri in Italia di tanto in tanto viene accennato, spesso con l intento implicito di ricordare le sofferenze sperimentate dagli immigrati italiani ed di evocare la solidarietà con gli immigrati di oggi. Come illustrazione della vasta diffusione di una simile prospettiva un po miserabilista, è pertinente ricordare quanto sono note le immagini degli immigrati dal Sud in arrivo alla stazione torinese di Porta Nuova con le valigie di cartone legate con lo spago. Le rappresentazioni della durezza dell esperienza di molti immigrati hanno un chiaro senso politico e civile, ma l intento dell attuale ricerca è diverso. Nel nostro caso il confronto serve soprattutto per capire meglio i meccanismi sociali in atto: infatti l esistenza di profonde similarità tra l esperienza dei figli degli immigrati regionali e di quelli internazionali nella scuola, nei quartieri, negli spazi pubblici, all interno della stessa famiglia, suggerisce che le cause di tali similarità non si trovano unicamente nelle caratteristiche culturali degli immigrati e nemmeno nel loro status giuridico. Riconosciamo, naturalmente, l importanza di molti aspetti tradizionalmente al centro del dibattito sull integrazione degli immigrati e dei loro figli, come appunto lo status giuridico (fondamentale infatti il dibattito in corso sull accesso alla cittadinanza dei figli degli immigrati). Ma l impostazione della ricerca Secondgen, spostandosi tra migrazioni regionali e internazionali, costringe a focalizzare l attenzione sull immigrazione in sé, su ciò che si può chiamare il processo migratorio. Cosa si intende con questa espressione? Innanzitutto va notato quanto le migrazioni, comprese quelle regionali, hanno effetti duraturi. Come si vede nelle pagine che seguono, l esame dei dati censuari e anagrafici per la città di Torino mostra quanto le migrazioni regionali abbiano inciso sulla stratificazione sociale della città. E ben conosciuto che gli immigrati stessi arrivati negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta si sono inseriti prevalentemente in posizioni di operai generici (nelle fabbriche, ma anche nei servizi e nell edilizia), quindi in fondo alla gerarchia sociale e del mercato del lavoro. Ma è meno conosciuta l esistenza di una seconda generazione di figli di immigrati regionali, anch essi sovente in posizioni meno avvantaggiate rispetto ai figli dei locali. Infatti nel 2001 (momento in cui gli immigrati stranieri erano ancora relativamente pochi), la grande maggioranza degli operai e assimilati a Torino tra i quarantenni, trentenni e ventenni era costituita da figli di immigrati meridionali. Invece nelle professioni più qualificate, retribuite e prestigiose i figli di immigrati regionali (soprattutto meridionali) si trovavano fortemente sottorappresentati. La ragione principale di questo svantaggio relativo dei figli degli immigrati regionali riguarda il basso titolo di studio raggiunto, soprattutto da chi è nato al Sud (o, negli anni precedenti, al Nord Est) e da chi è arrivato in città da ragazzo. Non si tratta semplicemente di un effetto delle 3

4 caratteristiche individuali dei genitori: la sociologia ha spesso dimostrato il legame tra genitori operai o genitori poco istruiti e titoli di studio i dei figli inferiori rispetto a figli di genitori delle classi medio-alte. La regressione logistica condotta da questa ricerca permette di separare questi normali effetti di classe, dimostrando uno svantaggio specifico: si vede che i figli degli immigrati regionali non sono stati svantaggiati solo dal fatto che i genitori erano spesso operai con poca istruzione, ma anche dal fatto di essere figli di immigrati e si vede che lo svantaggio è maggiore per chi arriva in città da ragazzo. Le dimensioni dello svantaggio scolastico dei figli degli immigrati regionali e gli effetti che questo ha sulla vita adulta trovano un forte parallelo nello svantaggio dei figli di immigrati stranieri in Italia oggi, come del resto in molti dati internazionali. E proprio l esistenza di molti casi di difficoltà scolastiche, emersi tra popolazioni immigrate molto differenti tra loro in termini di caratteristiche culturali (e posizione giuridica), che spinge ad indagare a fondo il rapporto tra la famiglia immigrata e la scuola. Nel dibattito pubblico attorno all immigrazione, la scuola è spesso vista come una formidabile macchina di integrazione dei figli degli immigrati. Tuttavia vanno distinte diverse dimensioni. Da una parte la scuola è l ambiente in cui i bambini socializzano, formano amicizie, imparano una lingua come veicolo di comunicazione quotidiana e così via. Dall altra parte è ciò che ha definito Sorokin (1927): in primo luogo un agenzia di selezione e smistamento degli allievi, quindi un istituzione che crea e consolida disuguaglianze. Attirare l attenzione su questo aspetto della scuola non è abbracciare utopistici progetti di uguaglianza totale. Si tratta più concretamente di capire come migliorare il capitale umano della forza lavoro futura che sarà molto probabilmente cruciale per la crescita economica (Hanushek 2013; Cipollone, Sestito 2010) e come contenere profonde diseguaglianze che possono avere vaste conseguenze non solo per i singoli interessati ma per il funzionamento della società e dell economia nel suo complesso. I risultati scolastici dei figli degli immigrati delle molte migrazioni nei vari paesi d immigrazione sono abbastanza variabili (Portes, Rumbaut 2001; Marks 2009; Crul et al. 2012). Proprio per questo sembra importante capire i meccanismi sociali in gioco. L attenzione ai fattori di rischio di esclusione dei giovani di origine immigrata non è una novità nell ambito della ricerca e delle politiche. Le cause che possono produrre percorsi di integrazione verso il basso sono ampiamente discusse e generalmente condivise, tuttavia le indagini in merito presentano frequentemente due limiti fondamentali. Si ricorre spesso a una spiegazione culturalista e non si spiegano concretamente il processo di selezione e i meccanismi sociali che lo caratterizzano. E infatti facile constatare che la ricerca frequentemente considera lo svantaggio etnico, costituito dall origine nazionale, dalla religione, o da tratti somatici, come chiave esplicativa dei percorsi, soffermandosi quindi su elementi dati, ascritti, assunti in modo non problematico come scontati, piuttosto che sull interazione e sulla azione delle persone. Poca attenzione viene rivolta alla posizione e al percorso fatto di azioni e interazioni nella società di arrivo e determinato dalle risorse relazionali, dai tempi sociali, dalle caratteristiche della famiglia immigrata. Nella scuola e nel mercato del lavoro i giovani di origine immigrata si inseriscono in determinate posizioni non tanto per le loro origini nazionali e le loro specificità culturali, ma per altre specificità delle reti sociali, del mercato del lavoro, dei quartieri e della famiglia (Wimmer, 2009). Una domanda di fondo che percorre tutto il lavoro potrebbe essere così sintetizzata: quali aspetti delle migrazioni comportano svantaggi? 4

5 1.2. Oltre la prospettiva nazional culturale L approccio che la ricerca adotta, basato sull attenzione dettagliata al modo in cui le migrazioni incidono sulle relazioni sociali tessute nel luogo di immigrazione (i quartieri, le scuole, i luoghi di lavoro, i luoghi del tempo libero) distingue Secondgen da molti studi, più focalizzati sulle identità nazionali e sulla specificità culturale. Nel dibattito pubblico sulle migrazioni, in Italia come altrove, esiste una tendenza molto diffusa a classificare le persone a partire dalle loro origini, utilizzando le categorie etniche o nazionali come se fossero delle entità naturali con potenzialità euristiche e efficaci chiavi di lettura per ordinare le informazioni e spiegare comportamenti e processi sociali. Malgrado le perplessità da più parti espresse nei confronti delle interpretazioni culturaliste, le pratiche metodologiche spesso forgiano l analisi al punto di spiegare ciò che invece dovrebbe essere spiegato, come nel caso, per esempio, delle interpretazioni che riconducono ad una presunta natura intrinseca di determinate comunità nazionali i diversi risultati ottenuti a scuola dai minori di origine straniera o la concentrazione in una certa attività lavorativa. Raramente tali nozioni vengono esplicitate con chiarezza; ci si limita quasi sempre alla semplice constatazione della differenza. Il risultato però è di dare l impressione a chi legge che la nazionalità in se stessa abbia un valore esplicativo. Lo sguardo nazionale e il criterio della discendenza sono adoperati anche per leggere la realtà riferita al mondo dei minori di origine straniera. I giovani immigrati, o figli di immigrati, si trovano ad essere sovraccaricati di attribuzioni di significati culturali, acquisiti naturalmente dai genitori (Marazzi, 2006). Nell ambito degli studi sulle immigrazioni, importanti filoni di ricerca - dalla teoria assimilazionistica, anche nella variante dell assimilazione segmentata, al multiculturalismo e agli ethnic studies - ritengono infatti che sia analiticamente proficuo pensare le società divise in gruppi etnici/nazionali caratterizzati da una specifica cultura, dense reti di solidarietà e un identità condivisa. Benché l attenzione sia da tempo orientata ai meccanismi di costruzione dei confini, tuttavia non solo nel senso comune il riferimento all appartenenza nazionale è un frequentissimo rimando al quale si danno poteri esplicativi, ma anche la ricerca sociale continua ad essere influenzata dal nazionalismo metodologico (Wimmer, Glick Schiller, 2002) che presuppone la corrispondenza tra stato, nazione, società entro i confini di un territorio, con conseguenze fondamentali sulla concettualizzazione delle migrazioni come movimenti di appartenenti ad altri popoli che si inseriscono in una unitaria comunità solidale di cittadini. I figli degli immigrati sarebbero pertanto in una situazione di tensione tra adesione alla cultura nazionale della maggioranza e riferimento alle tradizioni familiari, secondo la frequente immagine del giovane di seconda generazione sospeso tra due culture e dei gruppi nazionali, i gruppi etnici, come realtà omogenee, costituenti della vita sociale, protagonisti dei conflitti sociali e fondamentali unità di analisi. Questo senso comune così pervasivo, invece di essere oggetto di analisi sistematiche, è un diffuso quadro interpretativo (Brubaker, 2004) che stabilisce nello sguardo nazionale e nella discendenza i criteri per leggere la realtà del fenomeno migratorio e dei giovani di origine straniera. Nella prospettiva che abbiamo chiamato "nazional culturale" (Eve, Perino, 2011), si tende a focalizzare l attenzione sulle reciproche influenze e contatti tra persone di diverse origini nazionali, sul grado di mescolamento o separazione tra due unità-comunità immaginate in termini essenzialmente nazionali (o nel caso delle migrazioni regionali, unità regionali con tratti culturali differenti). Nel concreto, l'attenzione dei ricercatori è quindi su questioni come il numero di amici connazionali che un giovane ha, sul grado di endogamia, sulla specificità del modo di vestirsi o di pensare in termini nazionali, sull'intensità dei legami con il paese di origine. Nonostante l'interesse di domande del genere, esse tendono a lasciare nell'ombra altri aspetti più cruciali. Infatti, dal punto di vista dell'impatto che l'immigrazione ha sulla società locale, e sulle vite dei singoli, ciò 5

6 che è fondamentale non è necessariamente la nazionalità delle persone con cui si fa amicizia ma piuttosto le attività e le capacità sviluppate con queste persone Un approccio focalizzato sulle relazioni e sulle reti sociali L'idea che i figli degli immigrati si integrino in un'indifferenziata "società" nazionale ("la società americana", "la società italiana", ecc.) è una semplificazione ingannevole. Ciò che conta dal punto di vista della carriera effettivamente seguita da un giovane è piuttosto in "quale parte" della società (in questo caso, la società italiana) si inserisce. Per questo motivo l'attuale ricerca si è focalizzata sugli ambienti sociali: in quali scuole, spazi pubblici, associazioni, gruppi amicali i giovani sono presenti, e quali azioni e interazioni sviluppano? Il tentativo della ricerca Secondgen è stato quindi quello di esplorare il modo in cui "il processo migratorio" abbia inciso sulle relazioni costruite dai giovani e dalle famiglie. Le migrazioni hanno profondi effetti su molti aspetti della vita. Come si vedrà, incidono sul quartiere in cui si va ad abitare, sull esperienza scolastica (basti ricordare che, per molti bambini, le migrazioni implicano diversi cambiamenti di scuola, che possono avere conseguenze sulla scolarità, in particolare a determinate età), ma anche sul modo in cui si organizza la vita familiare e la cura dei figli, su alcuni aspetti del tempo libero dei giovani. Gli spostamenti geografici provocano una generale riorganizzazione della rete sociale che ha vaste conseguenze sociali. A sua volta, il carattere delle reti sociali create nel luogo di immigrazione ha profonde conseguenze per le informazioni di cui le famiglie dispongono, per esempio, rispetto alla scuola e al mercato del lavoro. E ha conseguenze anche sugli atteggiamenti e orientamenti che i giovani sviluppano. Con la sua domanda di fondo, Quali aspetti accomunano l esperienza dei figli degli immigrati regionali e internazionali?, la ricerca Secondgen ha cercato di individuare i molti modi in cui le migrazioni in sé plasmano le vite delle persone. Com è noto, in tutte le immigrazioni di massa (Piore 1979), gli immigrati tendono ad inserirsi in nicchie abbastanza specifiche del mercato del lavoro, quelle in cui esiste una domanda di lavoro non interamente soddisfatta dai lavoratori locali. I lavoratori immigrati si distinguono anche per i tempi necessari per trovare una certa stabilità: la scarsità di contatti nel locale mercato del lavoro e l inadeguatezza delle informazioni tendono a richiedere tempi lunghi prima di arrivare ad un inserimento stabile anche per chi non ha i molteplici problemi legati alla regolarizzazione della propria posizione giuridica. Tipicamente infatti, l immigrato si inserisce in primo luogo in un posto di lavoro piuttosto marginale, poi cambia diverse volte prima di accedere a una maggiore stabilità (spesso sempre a livelli modesti). La specificità di questo tipo di inserimento lavorativo osservato tra gli immigrati di epoche e contesti storici diversi ha importanti conseguenze anche per la storia abitativa delle famiglie immigrate. Infatti anche l inserimento degli immigrati nel tessuto urbano tende ad essere molto caratteristico. L'analisi dei dati censuari torinesi ha permesso di illustrare un modello che è probabilmente valido, nei suoi termini più generali, anche per altre città. Come si vede dalle mappe riprodotte per la ricerca, una prima fase di concentrazione nel vecchio centro storico, in case spesso disagevoli e sovraffollate ma ad affitti bassi, è stata seguita (magari dopo diversi traslochi) dal trasferimento in zone di forte connotazione popolare, abitate prevalentemente da altre famiglie immigrate. Questo modello di movimento attraverso il tessuto urbano (prima in quartieri degradati poi tendenzialmente verso quartieri popolari, che in alcuni casi corrispondono a complessi di edilizia popolare) è stato descritto da molti resoconti di migrazioni internazionali. E negli anni recenti, l'immigrazione straniera a Torino e in altre città piemontesi ha seguito traiettorie simili. Infatti il tipo di percorso è così simile che non di rado gli stessi palazzi abitati trenta o quaranta anni fa da immigrati meridionali sono ora occupati da famiglie straniere. Ma il fatto che il modello emerga con tanta chiarezza anche nel caso 6

7 dell'immigrazione regionale sembra suggerire che si tratta di dinamiche del mercato immobiliare legate all'immigrazione stessa, ai prezzi degli affitti, poco accessibili agli immigrati nella prima fase dell'immigrazione, ai criteri di accesso alle case popolari (che tendono a favorire gli immigrati se abitano case sovraffollate o degradate), alla relativa mancanza di canali alternativi, di cui i locali spesso godono, come l'accesso a case di parenti. Vale la pena riflettere sulle conseguenze sociologiche di questa dinamica urbana per le famiglie e per le carriere scolastiche dei figli. Innanzitutto va ricordato che la scuola elementare e anche media è normalmente quella del quartiere: l analisi dei dati comunali torinesi conferma quanto questo localismo rimanga forte anche oggi nonostante il fatto che i genitori abbiano margini di scelta maggiore rispetto al passato. La scuola frequentata è importante per le competenze che fornisce (e non tutte le scuole forniscono le stesse competenze, come si vede anche oggi dai dati Invalsi piemontesi analizzati per l attuale ricerca). E importante anche per i legami amicali che si formano, perché gli interessi e le aspirazioni dei giovani si formano in attività e conversazioni con altri. Da questo punto di vista, ciò che è cruciale per i nostri obiettivi non sono tanto le origini nazionali degli amici, tema su cui si tende a focalizzare l attenzione in modo anche eccessivo, ma piuttosto le capacità e gli orientamenti verso un tipo di carriera sociale piuttosto che un altro. Va ricordato inoltre che il palazzo e il quartiere dove abita la famiglia non sono importanti solo perché abitando in una certa via si frequenterà quella scuola. Alcuni intervistati, soprattutto maschi, sia tra i figli di immigrati regionali sia tra i figli di immigrati stranieri, hanno raccontato di una vita sociale estremamente locale, centrata su un giardino davanti casa e amicizie con compagni di scuola che sono anche vicini di casa. Altri intervistati hanno costruito a partire dall università o dalla scuola superiore frequentata, o da un associazione reti sociali assai poco localizzate. Non a caso le carriere di queste persone sono diverse. Anche i rapporti familiari e parentali tendono a cambiare proprio a causa dello spostamento geografico. Nelle migrazioni è frequente che un nucleo familiare si sposti solo a tappe. Questo era vero anche per le migrazioni regionali: le interviste con i figli degli immigrati regionali e con i loro genitori dimostrano che in generale partiva un membro della famiglia, e solo dopo aver trovato un posto di lavoro più stabile e un alloggio adatto ad accomodare altri membri, si procedeva al ricongiungimento, magari gradualmente. Queste storie trovano riscontro anche nei racconti degli intervistati stranieri, suggerendo che le separazioni e successivi ricongiungimenti dipendono in parte dalle difficoltà strutturali di inserimento nel mercato del lavoro e in quello immobiliare. Tuttavia, gli stranieri hanno dovuto superare anche i notevoli ostacoli giuridici e burocratici posti dalle leggi sull immigrazione. I costi elevati del viaggio, i problemi di regolarizzazione del primo membro della famiglia che arriva, le difficoltà di ottenere e dimostrare di avere una casa e un reddito sufficiente per poter chiedere il ricongiungimento familiare, sono fattori che complicano enormemente il problema del ricongiungimento. Così in alcuni casi un ragazzo che arriva ricongiunto, oltre ad inserirsi in una nuova scuola e in un nuovo contesto linguistico, deve anche adattarsi a nuovi rapporti familiari con genitori (e a volte fratelli) con cui, in alcuni casi, non ha convissuto da anni. Tali separazioni e ricombinazioni non sono necessariamente negative: come hanno ricordato molti sociologi della famiglia, esiste una grande varietà di forme familiari funzionali. E le nostre interviste con figli di immigrati che hanno sperimentato separazioni e ricongiungimenti non hanno fatto emergere rapporti familiari patologici, tuttavia tra le varie specificità della famiglia immigrata vanno tenuti in conto anche i periodi di distacco dai genitori. Le migrazioni cambiano anche i rapporti con altre figure al di fuori del nucleo genitori-figli. In generale i nonni non si trasferiscono e quindi non è possibile un modello di cura quotidiana dei bambini in cui la nonna funge da perno fondamentale. E più facile che le catene migratorie portino gli zii e i cugini al nuovo posto d immigrazione; ma ci sono molti casi in cui le migrazioni tagliano anche questi scambi quotidiani. 7

8 La trasformazione che accompagna lo spostamento geografico è ancor più generale in quanto tendono a cambiare anche una serie di rapporti con figure che, nel luogo di emigrazione, erano significative nel mantenimento di un determinato stile di rapporti familiari. Basti pensare ai vicini di casa, che magari tenevano d occhio i ragazzi quando erano fuori casa e esercitavano un po di controllo, oppure agli amici del marito che costituivano il centro della sua vita sociale. A volte, come testimoniato da alcune interviste, la perdita di questi legami favorisce uno stile di vita molto più centrato sulla casa e sul nucleo familiare. Senza dubbio i possibili cambiamenti sono molti. Il corpus delle interviste testimonia, sia con figli di immigrati regionali sia con figli di immigrati internazionali, che raramente i rapporti all interno della famiglia restano immutati quando la famiglia cambia il suo contesto. 8

9 2. PERCORSI NELLA SCUOLA E NELL AVVIAMENTO AL LAVORO 2.1. Seconde generazioni delle migrazioni interne del passato Il lavoro svolto Fonti archivistiche Gli archivi scolastici di alcune scuole elementari e medie situate in quartieri della vecchia periferia operaia cittadina che all epoca hanno accolto molti immigrati al loro arrivo: l archivio della scuola Padre Gemelli anch essa di Torino (quartiere Lucento) - che negli anni Sessanta e Settanta era una scuola speciale e differenziale. Sono stati rilevati dati e informazioni di vario genere relativi al periodo : in particolare sono state consultate: le Schede alunni, anni campione le Relazioni medico-psico-pedagogiche, anni campione le Relazioni degli alunni inseribili in scuola normale, anni campione. I registri scolastici delle seconde e quinte elementari delle scuole del circolo didattico Pestalozzi (quartiere di Barriera di Milano) a Torino per gli anni scolastici , , , e Lo stesso lavoro è stato compiuto nella scuola elementare Margherita di Savoia (quartiere Lucento) a Torino, dove sono stati consultati i registri scolastici delle classi dal 1960 al della scuola media Viotti di Torino (quartiere Barriera di Milano) degli anni , e Ricerche e inchieste, soprattutto sociologiche e pedagogiche, condotte negli anni Settanta Il corpus di indagini inedite costituito dalle tesi di ricerca della Scuola per assistenti sociali di Torino (UNSAS). Si tratta di casi di studio, frutto di osservazione diretta su diversi aspetti della realtà urbana realizzati tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Ottanta dalle studentesse al termine di un tirocinio sul campo. Le tesi forniscono minuziose descrizioni delle situazioni studiate e a esse sono sovente allegati in versione integrale preziosi materiali di ricerca, come interviste in profondità, relazioni di operatori nel campo dei servizi sociali e verbali di riunioni. Lo Studio Longitudinale Torinese E stato stipulato un accordo di collaborazione di ricerca con il Servizio regionale di epidemiologia (SEPI) dell ASL TO3, titolare della custodia e del trattamento dei dati per conto del Comune di Torino, grazie al quale i ricercatori di Secondgen hanno potuto accedere ai dati censuari e anagrafici dello Studio longitudinale torinese (Slt). L obiettivo di questa collaborazione sta nell approfondire il rapporto tra migrazioni, stratificazione sociale e indicatori correlati. Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche Sono state rilevate dagli Annuari statistici del Comune di Torino le iscrizioni e le cancellazioni anagrafiche, che corrispondono agli immigrati in città e agli emigrati dalla città, nei venti anni compresi tra il 1956 e il 1975, distinti in base al sesso per provenienza geografica e per fasce di età. 9

10 Le schede di famiglia del censimento della popolazione di Torino del 1971 Su questa fonte, utile a studiare l inserimento di individui e famiglie meridionali nella società urbana, sono stati compiuti sondaggi: sono state rilevate le informazioni contenute nelle schede di famiglia del censimento della popolazione di Torino del 1971 relative a cinque campioni di individui residenti in caseggiati in altrettanti quartieri della città per un totale di più di 7000 persone: Barriera di Milano, Borgo S. Paolo, Vanchiglia, Mirafiori Sud, Mirafiori Nord. I dati raccolti, che distinguono gli individui per origine geografica (intendendo per origine geografica il luogo di nascita dei genitori) e per sesso, hanno riguardato per ogni gruppo: il numero medio di componenti della famiglia, la composizione per fasce di età, il titolo di studio dei maggiori di 14 anni, la condizione professionale dei maggiori di 14 anni, il titolo di studio e la condizione professionale degli individui tra 14 e 19 anni. E stato possibile mettere a confronto i profili sociali e demografici degli abitanti immigrati e locali e formulare ipotesi sulle reali possibilità di integrazione e interazione tra le due popolazioni che in certi quartieri si trovavano a vivere a stretto contatto. Le interviste in profondità per ricostruire i percorsi biografici dei figli dell immigrazione meridionale e ottenere informazioni che il dato statistico non è in grado di fornire soprattutto sotto il profilo delle relazioni sociali degli individui: sono state realizzate 30 interviste in profondità a uomini e donne di origine meridionale nati tra gli anni Cinquanta e i primi anni Settanta del Novecento, alcuni arrivati a Torino in età infantile o adolescenziale, altri nati in città da genitori immigrati. La maggior parte dei testimoni è cresciuta nel quartiere della vecchia periferia operaia in cui è situato il circolo scolastico di cui si è consultato l archivio altre 14 interviste sono state realizzate per una tesi di laurea (relatori Anna Badino e Michael Eve) mirata a indagare le migrazioni familiari negli anni sessanta e settanta e i percorsi dei figli in un contesto di provincia, quella astigiana. sono state realizzate 30 nuove interviste a protagonisti dell immigrazione meridionale a Torino, che si aggiungono alle oltre cinquanta interviste raccolte da Anna Badino dal 2004 al 2008, andando a costituire un ricco corpus donne della prima generazione di immigrate meridionali di testimonianze relative all esperienza dei genitori immigrati. Grazie a tali materiali biografici in alcuni casi si è potuto mettere in relazione le vicende di fratelli e sorelle, mogli e mariti, genitori e figli all interno di una stessa famiglia e contestualizzare con maggiore precisione il mondo sociale in cui si sono sviluppati i percorsi di vita delle seconde generazioni di immigrati. attualmente è in corso la realizzazione di una serie di interviste a immigrati e figli di immigrati regionali piemontesi nati tra gli anni Cinquanta e i primi anni Settanta del Novecento. Questo ulteriore materiale biografico dovrebbe servire ad approfondire il confronto tra i percorsi sociali delle seconde generazioni di meridionali e quelli delle seconde generazioni di piemontesi. 10

11 Alcuni risultati Uno sguardo ravvicinato sulla realtà scolastica delle elementari I registri scolastici hanno permesso due tipi di analisi. In primo luogo, la rilevazione di dati relativi al decennio Sessanta e ai primi anni del decennio successivo ( ) ha consentito di analizzare da vicino per più anni le forme in cui in quel periodo storico si manifestava lo svantaggio scolastico dei bambini nati in famiglie di immigrati dal Sud rispetto a quello dei coetanei di altra origine: sono gli alunni meridionali a registrare il maggior numero di bocciature, di ritardi scolastici di uno o più anni e di iscrizioni nelle classi in corso d anno. Quest ultimo fattore rendeva più difficile sia il loro inserimento dal punto di vista relazionale tra i nuovi compagni sia, sul piano dell apprendimento, il mettersi in pari con il programma scolastico. In secondo luogo, i ricchi appunti delle maestre presenti nella sezione dei registri denominata cronaca di vita della scuola hanno fornito informazioni molto interessanti sul tipo di accoglienza riservata ai bambini meridionali da parte del corpo insegnante, oltre a notizie sulle situazioni familiari degli alunni immigrati. Da questi commenti emergono: - Una frenetica mobilità territoriale delle famiglie immigrate (per l arrivo a Torino o per il trasferimento in un quartiere diverso) che potevano comportare per i bambini l abbandono della classe frequentata nel corso dell anno. Scrive un insegnante di una seconda elementare nel marzo 1962: «C., iscritta in questa scuola ad anno inoltrato e proveniente dalle Puglie, stenta ancora a mettersi in carreggiata. Legge sempre sillabando e scrive in modo disordinato e con moltissimi errori». - Il ricorso da parte dei genitori immigrati ai collegi a Torino per affrontare difficoltà che sono accentuate dalla specifica condizione della migrazione, in primis l impoverimento della rete famigliare. «8 febbraio 1962: per la seconda volta si assenta per un lungo periodo. La casa (a Torino) è chiusa. Ho saputo dalle compagne che tutta la famiglia era andata in Sicilia e che la bambina era stata messa in collegio. È tornata accompagnata dalla mamma che non ha saputo rispondere in quale collegio la bambina era stata e cosa avesse fatto». Specificità di genere nelle responsabilità familiari e nelle aspettative nei confronti dell istruzione. Le bambine erano spesso investite dai genitori di responsabilità di cura nei confronti dei fratelli minori. Scrive una maestra: «12 dicembre La mamma (di T., nata a Brindisi, che fa troppe assenze e per questo è stata fatta chiamare la madre, n. d. r.) si scusa dicendo che è sfrattata dall alloggio e le è molto difficile trovarne un altro perciò è costretta a lasciare i fratellini più piccoli in custodia alla sorella maggiore per poter darsi con tranquillità alla ricerca di una casa». Inoltre, maschi e femmine sembrano distinguersi nei comportamenti verso la scuola. Le descrizioni delle maestre riportano spesso condotte degli uni e delle altre molto diverse. Le bambine si dimostrano in generale più tranquille, ubbidienti e volenterose. - Un atteggiamento ostile di insegnanti poco preparati ad affrontare il fenomeno migratorio, che finisce per demotivare bambini e famiglie. Spesso i figli di meridionali appaiono diversi agli occhi di certi insegnanti, compagni e, non raramente, della stessa istituzione scolastica. Nei 11

12 registri scolastici appaiono frequentemente lamentele sulla loro scarsa disciplina ed educazione, sulla loro poca pulizia. Scrive una maestra di una seconda elementare nel 1961: «L alunno C. (nato a Barletta) non ha fatto l antivaiolosa. Viene accompagnato dalla sorella che mi ha detto che loro non possono recarsi all ufficio di Igiene perché vanno a lavorare tutti. In realtà queste sono soltanto delle scuse». - Il biasimo nei confronti delle famiglie e delle madri in particolare: soprattutto se lavorano, queste donne sono accusate di trascurare i figli e di tenere in scarsa considerazione la scuola: ogni occasione è buona per rimarcare che il lavoro fuori casa arreca danno ai figli e alla scuola. Scrive una maestra nel febbraio del 1962 che molte mamme, pur di parcheggiare i figli nella classe per essere libere di andare a lavorare (nella sua interpretazione), li mandano «febbricitanti e con qualche malessere» e in questo modo contribuirebbero a diffondere tra gli alunni i germi di «malattie infettive come il morbillo o la varicella...» «25 gennaio Visita del direttore che mi ha consigliato per quanto riguarda i bambini provenienti da altre scuole e che sono arrivati in seconda senza saper leggere e scrivere di fare tutto ciò che è nelle mie possibilità. Sono una quindicina (su 33) le cui mamme non si fanno mai vedere e non s interessano minimamente dei loro figli con la scusa che vanno a lavorare». - Retrocessioni e classi differenziali, diffusa pratica che colpisce, al momento dell arrivo, invariabilmente coloro che hanno già frequentato una o più classi al paese di origine. Lo svantaggio dei figli di immigrati meridionali sembra confermarsi nella scuola media riformata della fine degli anni Settanta. Qui colpisce l effetto di dissuasione dal continuare gli studi giocato dal giudizio che gli insegnanti erano tenuti a esprimere al termine della scuola dell obbligo. Dai nostri sondaggi realizzati i giudizi scritti frequentemente sono: «Si consiglia l immediata immissione nel mondo del lavoro»; «Non lo si ritiene idoneo al proseguimento degli studi»; «Si consiglia un breve corso di formazione professionale». Emerge una significativa differenza tra maschi e femmine a favore di queste ultime: le ragazze che sono invitate a proseguire gli studi sono il 26% sul totale delle studentesse; i ragazzi solo il 16%. 12

13 Lo svantaggio nei titoli di studio Non meno dei figli degli immigrati stranieri oggi, i figli degli immigrati regionali erano nettamente svantaggiati in termini di titolo di studio raggiunto. È quanto emerge dalle analisi realizzate sui dati dell Slt, in cui è stato operato un doppio confronto che ha accostato, da un lato, i percorsi scolastici dei figli di meridionali e dei coetanei locali e di altra origine e, dall altro, quelli di maschi e femmine all interno dei diversi gruppi. Sintetizziamo di seguito i principali risultati emersi. Vediamo i titoli di studio conseguiti dai giovani che al censimento del 1981 hanno tra i 20 e i 25 anni (tabella 1). Gli appartenenti a questa coorte (nati tra il 1956 e il 1961) entrano nella scuola elementare nel corso degli anni Sessanta e accedono alla scuola media trasformata dalla riforma del 1962 che è ormai funzionante a pieno regime da tempo. Hanno potuto cioè beneficiare di opportunità di istruzione inedite per le classi popolari poiché si è aperta la strada a gradi di scolarizzazione a cui i bambini e i ragazzi appartenenti alle famiglie collocate più in basso nella gerarchia sociale non avevano mai avuto un accesso generalizzato nella storia del Paese. I nostri dati mostrano che a Torino di questa opportunità i figli degli immigrati meridionali hanno approfittato molto meno degli altri. Il loro svantaggio scolastico rispetto ai coetanei di diversa provenienza è molto netto. Tra i giovani di famiglie del Sud e delle isole addirittura un individuo su cinque dichiara al censimento un titolo di studio che non va oltre la licenza elementare (e in qualche caso non ha neppure avuto quella), mentre i coetanei di altra origine in questa condizione sono in numero assolutamente irrisorio. Se si guarda alle superiori (comprese le scuole oltre la media inferiore che danno una qualifica professionale) il divario tra i figli degli immigrati meridionali e gli altri gruppi è tale da balzare agli occhi: tra chi ha continuato e terminato gli studi oltre la licenza media, un abisso separa i giovani di famiglie del Mezzogiorno e i figli di padre nato in città e di padre arrivato a Torino dalla regione. Ma la distanza è grande anche con i giovani delle altre origini. Tab. 1 - Grado di istruzione al 1981 dei 20-25enni residenti a Torino per origine geografica e per sesso origine geografica* titolo di studio Torino e Piemonte Sud e isole altre provenienze** n. % n. % n. % licenza elementare F 217 2, , ,6 O meno M 273 2, , ,4 licenza media F , , ,9 Inferiore M , , ,2 diploma o qualifica F , , ,0 Professionale M , , ,2 Laurea F 214 2,0 64 0,4 88 1,5 M 192 1,6 48 0,3 82 1,2 Totale F M Fonte: elaborazioni del gruppo di ricerca Secondgen su dati SLT. * In questa tabella e in quella successiva per origine geografica s intende l area di nascita del padre. **Per altre provenienze si intendono le altre regioni italiane e i Paesi esteri. 13

14 La scolarità dei giovani di origine meridionale sorprendentemente bassa della coorte suggerisce l ipotesi che una certa quota di giovanissimi di entrambi i sessi si siano scolarizzati a livelli minimi al Sud e siano emigrati al Nord in età da lavoro e quindi non siano neppure passati per la scuola a Torino. Ma un certo numero di figli di immigrati meridionali ha cominciato la scuola al paese e l ha poi continuata in città: sono fra coloro che hanno incontrato le maggiori difficoltà scolastiche (documentate anche dai dati che abbiamo raccolto attraverso l analisi dei registri scolastici e attraverso le interviste in profondità). Con il passare del tempo questa componente si riduce a vantaggio dei figli che nascono in città. Vi è quindi da chiedersi quanto queste peculiarità della coorte abbiano inciso sui livelli medi di scolarità così abnormi al 1981 generando le dimensioni dello svantaggio dei figli degli immigrati meridionali nei confronti dei coetanei che abbiamo sottolineato. In realtà, i dati relativi alla coorte successiva, quella dei nati tra il 1966 e il 1971 che hanno da 20 a 25 anni al censimento del 1991 (tab. 2), ci dicono che la situazione denunciata al censimento precedente non è molto cambiata nella sostanza. Tab. 2 - Grado di istruzione al 1991 dei 20-25enni residenti a Torino per origine geografica e per sesso origine geografica* titolo di studio Torino e Piemonte Sud e isole altre provenienze** n. % n. % n. % licenza elementare F 109 0, ,4 86 1,4 O meno M 151 1, , ,4 licenza media F , , ,3 Inferiore M , , ,8 diploma o qualifica F , , ,8 Professionale M , , ,4 Laurea F 452 3, , ,5 M 270 2, ,5 93 1,4 Totale F Fonte: idem. M Al 1991 si riscontra un innalzamento del livello di scolarità dei giovani meridionali che va collocato nel contesto di tendenziale aumento del grado di istruzione generale a Torino (e in Italia). Ma i 20-25enni di questa origine che non vanno oltre la licenza media sono a quella data ben più della metà tra i maschi e la metà tra le femmine. Dunque, nonostante il raggiungimento della licenza media sia diventato un obiettivo largamente acquisito dalle famiglie immigrate dal Mezzogiorno e dai loro figli, perdura il loro svantaggio scolastico: il proseguimento degli studi alle superiori fino al loro completamento riguarda ancora una minoranza, a differenza di quanto si 14

15 verifica nei giovani delle altre origini: la continuazione degli studi oltre la licenza della scuola dell obbligo arriva sia al 1981 che al 1991 ad interessare fino ai tre quarti (tra le ragazze) dei figli di torinesi e piemontesi. L interpretazione dello svantaggio con la regressione logistica Grazie all accordo di collaborazione di ricerca con il Servizio regionale di epidemiologia (SEPI) dell ASL TO3, la ricerca Secondgen ha potuto accedere ai dati censuari e anagrafici dello Studio longitudinale torinese (Slt) che contiene dati provenienti dai censimenti 1971, 1981, 1991 e 2001 e dall anagrafe per il comune di Torino. I dati possono essere messi in relazione fornendo una fonte semi-longitudinale per i censiti nel comune di Torino nel periodo fra il 1971 e il Questo strumento di lavoro si rivela prezioso per tracciare le carriere scolastiche e occupazionali dei residenti della città ed analizzare le condizioni abitative e altri aspetti. La struttura di relazione delle informazioni consente non solo di sapere quale sia il luogo di nascita dei soggetti ma anche quello dei genitori. Si tratta di informazioni particolarmente utili per gli scopi della nostra ricerca perché consentono di individuare chi è nato a Torino da genitori meridionali ad esempio come figlio di immigrati, mentre gran parte delle fonti statistiche permettono di distinguere le persone solo in base al luogo di nascita del soggetto. Per procedere all elaborazione dei dati è stato tuttavia necessario compiere alcune operazioni di predisposizione della matrice dati. La fonte ha richiesto un trattamento preventivo di riorganizzazione delle informazioni e l istituzione di controlli di congruenza che sono stati effettuati per consolidare statisticamente ogni singola variabile utilizzata nelle analisi. Il numero di casi esclusi o mancanti non eccede mai le consuete soglie di significatività statistica I ricercatori di Secondgen, con la collaborazione dei colleghi del SEPI, hanno così costruito un nuovo file relazionale a partire dalle informazioni disponibili che permette di definire con maggiore precisione la provenienza e la collocazione sociale degli immigrati regionali e internazionali a Torino. In questo modo non solo è stato possibile distinguere fra immigrati di prima e seconda generazione (nati a Torino), ma anche fra differenti ondate migratorie: quelle italiane dal Nord Est e dalle regioni del Sud e quella internazionale. Così è stato possibile descrivere lo svantaggio educativo dei migranti (fig.1).. 15

16 Figura 1 - Lo svantaggio educativo dei migranti ( ). Rapporto fra percentuale di persone che hanno un titolo superiore o universitario contro coloro che hanno completato al massimo le scuole medie (distribuito per piemontesi e migranti appartenenti alle differenti ondate migratorie). Come mostra il grafico, fra i piemontesi l incidenza relativa di titoli di scuola superiore o universitari cresce nel tempo molto più velocemente rispetto a tutte le altre popolazioni prese in considerazione. Invece i bambini nati al Sud e arrivati con i genitori (indicati nel grafico come Born in South) hanno il rapporto meno favorevole fin dall inizio e questo svantaggio dura nel tempo e rimane assai forte anche nel I figli dei meridionali nati a Torino (G2.0 South) sono meno svantaggiati ma la loro posizione migliora solo gradualmente tra i vari censimenti. La situazione dell ondata migratoria del Nord Est è intermedia fra quella dei piemontesi e quella dei figli degli immigrati dal Sud. Coerentemente con le nostre ipotesi, queste differenze potrebbero essere lette come un effetto del grado di stabilizzazione dei flussi migratori. Infatti l ondata dal Nord Est si è stabilita prima a Torino e per questo ha gradatamente avuto il tempo di colmare parte dello svantaggio strutturale rispetto ai piemontesi, quella dal Sud è più recente e quindi il percorso di integrazione strutturale è in una fase più arretrata. Nel grafico non sono ancora inseriti i flussi dall estero perché la loro numerosità negli anni presi in considerazione è troppo ridotta. Per capire meglio quali siano i fattori che influenzano lo svantaggio educativo raggiunto dai figli degli immigrati meridionali rispetto ai figli dei locali piemontesi abbiamo costruito modelli di regressione logistica. Questa tecnica di analisi dei dati è stata utilizzata per poter isolare l effetto dovuto al fatto di provenire da una famiglia immigrata al netto di altri fattori che sono già noti per la loro capacità di influenzare i risultati scolastici. In particolare, sono state prese in considerazione la coorte di nascita; il genere; la classe sociale della famiglia; il titolo di studio del padre e della madre; il numero dei fratelli. Le regressioni costruite per i vari anni di censimento mostrano gli effetti tipici sull istruzione di tutte queste variabili, in conformità con i risultati consolidati della ricerca nazionale e internazionale sui determinanti sociali dell istruzione. I modelli tuttavia mostrano anche un significativo effetto riconducibile al fatto di essere immigrato in città al netto di tutte questi altri fattori. La tecnica ci ha consentito di stimare alcune misure di 16

17 questo svantaggio relativo. Ancora nel 2001, un trentenne figlio di meridionali nato al Sud, a parità di tutte le altre condizioni, ha circa un terzo in meno (- 34 %) delle probabilità rispetto al figlio di un piemontese di ottenere la laurea e un quarto in meno di ottenere il diploma superiore. Il modello mostra inoltre come lo svantaggio dei figli degli immigrati colpisce maggiormente chi è arrivato in città da ragazzo o bambino, mentre lo svantaggio è molto minore per chi nasce a Torino. Per i figli di immigrati dal Sud nati a Torino la differenza di probabilità di conseguire la laurea rispetto ai piemontesi nel 2001 si riduce a solo il 10% in meno e appena al 7% per il diploma superiore. Questi effetti sono depurati da quelli di classe e da quelli del capitale culturale dei genitori che comunque hanno un influenza piuttosto forte: ad esempio il fatto di avere un genitore laureato raddoppia le probabilità di conseguire la laurea. Ma l esistenza di effetti significativi e piuttosto grossi al netto di queste ben note variabili sociologiche sottolinea l importanza del processo migratorio in sé. Infine i modelli di regressione fanno vedere come lo svantaggio cambia nel tempo. Così lo svantaggio dei figli degli immigrati delle province dell Italia nord-orientale non è più statisticamente significativo (al netto di altre fattori) nel 1991 per i ragazzi nati a Torino. Lo svantaggio dei figli dei meridionali le famiglie dei quali sono generalmente arrivate in anni successivi rispetto ai veneti rimane consistente nel 2001 ma è comunque molto meno forte rispetto al Questa regolare diminuzione dello svantaggio nel tempo sembra compatibile con l ipotesi di uno svantaggio che, in media, tende a smorzarsi man mano che le famiglie si stabilizzano, migliorano la loro capacità di accedere alle informazioni rispetto alle possibilità di istruzione e di collocazione sul mercato del lavoro locale in modo da adottare le strategie educative e formative più opportune. Per ulteriori dettagli sul modello di regressione e sul ragionamento, si rimanda al paper di M. Eve e F. Ceravolo, A case of second generation disadvantage in internal migration: a challenge to theory? scaricabile dal sito (voce: Programme, Friday, April 12, , Session E12, Second Generation - 3) oppure più direttamente da: Tra i passi compiuti per capire meglio l effetto dei percorsi migratori sull istruzione dei figli, abbiamo voluto indagare in quali quartieri della città le famiglie hanno abitato. Come già accennato nell introduzione, si ipotizza che la zona di residenza abbia potuto avere effetti significativi sulle competenze acquisite a scuola e anche sulla rete sociale costruita localmente. Sono state costruite delle mappe per sezione di censimento (un unità territoriale di dimensioni variabili in corrispondenza alla densità della popolazione, ma comunque piccola e in molti casi con solo un paio di isolati). Dalle mappe riprodotte a titolo esemplificativo, che mostrano la distribuzione sul territorio torinese delle famiglie operaie meridionali nel 1971 e nel 1991, si può vedere la tendenza ad un insediamento prima concentrato nel centro storico, all epoca zona degradata di case a basso affitto, e in seguito in quartieri di marcata connotazione popolare. A volte si tratta di quartieri prevalentemente di edilizia pubblica (Le Vallette, Falchera, Mirafiori Sud), a volte prevalentemente privata (Barriera di Milano). Ma in entrambi i casi, si tratta di zone ben connotate sia in termini delle professioni svolte dai residenti (in prevalenza professioni manuali) sia in termini di provenienza geografica. Molti figli di immigrati meridionali sono pertanto cresciuti in quartieri abitati in gran parte da operai o assimilati, ma anche da quegli operai specifici che erano 17

18 gli immigrati meridionali. Frequentando scuole dove molti iscritti provenivano da famiglie con caratteristiche simili, formando amicizie e magari fidanzandosi con vicini di quartiere, sembra possibile che le aspirazioni professionali siano state plasmate in questi contesti e che la creatività e le competenze delle persone si sono orientate in direzione diverse dalla scuola. Le mappe per gli operai piemontesi invece mostrano una distribuzione molto più uniforme (indicata nelle mappe dai colori meno intensi) sul territorio cittadino, senza la forte concentrazione in zone popolari abitate in gran parte da famiglie immigrate. Sembra probabile insomma che il figlio di un piemontese, anche se operaio, tendesse a crescere in un quartiere dove non mancavano persone che potevano rappresentare un modello di altre possibilità rispetto alla vita di fabbrica. 18

19 DISTRIBUZIONE NELLE SEZIONI DI CENSIMENTO TORINESI DEGLI OPERAI PIEMONTESI E MERIDIONALI. Elaborazione dati Slt Censimento 1971 Fig. 2 - Operai piemontesi Fig. 3 Operai meridionali 19

20 Censimento 1981 Fig. 4 Operai piemontesi Fig. 5 Operai meridionali 20

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