Capitolo 16. Meccanica hamiltoniana
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- Silvia Moroni
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1 65. sistemi hamiltoniani 143 Capitolo 16. Meccanica hamiltoniana sec Sistemi Hamiltoniani p.65.1 p p a Introduzione Definizione (Trasformata di Legendre) Sia f : R R una funzione di classe C 2 convessa (f (x) > 0). La funzione è chiamata la trasformata di Legendre della funzione f. g(y) =sup(xy f(x)). (65.1) x R Se in (65.1) l estremo superiore è anche un massimo, allora viene raggiunto in corrispondenza di un punto x = x(y) talechef (x(y)) = y. Possiamoallorascrivere g(y) =yx(y) f(x(y)), f (x(y)) = y, (65.2) in alternativa alla (65.1). La trasformata di Legendre ha una chiara interpretazione grafica: x(y) rappresentailpuntoincuilatangenteallafunzionef(x) hapendenza y; cfr.lafigura65.1. f(x) x(y) x Figura Interpretazione grafica della trasformata di Legendre. La retta di pendenza y è tangente al grafico della funzione f(x) nel punto x(y), così che f (x(y)) = y.
2 144 CAPITOLO 16. meccanica hamiltoniana Si ha che g è u n a f u n z i o n e c o n v e s s a d i c l a s s e C 2. Infatti risulta g (y) =(f ) 1 (y) (cfr. l esercizio 1), e quindi, per la regola di derivazione della funzione inversa, g (y) = 1/f (x(y)) > 0(cfr.l esercizio2). p p La trasformata di Legendre è una trasformazione involutiva (o involuzione), cioè la trasformata di Legendre della funzione (65.1) è la funzione f stessa: questo vuol dire che se g(y) èdefinitacomein(65.1)allorasiha(cfr. l esercizio3) f(x) =sup(yx g(y)). (65.3) y R esel estremosuperioreèunmassimoalloraèraggiuntoincorrispondenza di un valore y = y(x) talecheg (y(x)) = x In più dimensioni, data una funzione f(x) diclassec 2 convessa, cioè tale che ( 2 ) f det > 0, (65.4) i x j si definisce g(y) = sup x R n ( x, y f(x)) (65.5) la sua trasformata di Legendre. Di nuovo anche la funzione g(y) è convessa, e la sua trasformata di Legendre è la funzione f(x). p Esempio. f(x) = ax, a > 0 (non strettamente convessa). Allora (cfr. l esercizio 4) { 0, y = a, 65.5 g(y) = (65.6), y a, p.65.7 p p a Esempio. f(x) =ax 2 /2, a>0(strettamenteconvessa).allora(cr.l esercizio 5) g(y) =y 2 /2a Esempio. Data la lagrangiana L(q, q) = 1 q, A(q) q U(q), (65.7) 2 epostop = L/ q, sidefinisceh(q, p) lasuatrasformatadilegendrerispetto q. Risulta H(q, p) = 1 2 q, A(q) q + U(q) = 1 p, A 1 (q)p + U(q). (65.8) 2 Se q Σ, si ha (q, q) T Σ, dove T ΣindicailfibratotangentediΣ. Siponeallora z =(q, p) T ΣesichiamaT Σilcofibrato tangente di Σ. Si chiama spazio delle fasi l insieme di definizione delle variabili (q, p) Definizione (Hamiltoniana) Data la lagrangiana L(q, q, t) definiamo hamiltoniana la funzione H(q, p) = sup ( p, η L(q, η, t)), (65.9) η R n
3 65. sistemi hamiltoniani 145 i.e. la trasformata di Legendre della lagrangiana. p.65.9a Definizione (Coordinate canoniche) Date la coordinate q, chiameremo momenti coniugati le variabili p definite attraverso la definizione (65.9). Se la lagrangiana è una funzione di classe C 2 si ha 65.7b p = L(q, q, t). (65.10) q Chiameremo coordinate canoniche le variabili (q, p). p.65.9c Osservazione. La lagrangiana è a sua volta la trasformata di Legendre della hamiltoniana (cfr. il paragrafo 65.4). In particolare si ha q = H p, (65.11) dal momento che H è l a t r a s f o r m a t a d i L e g e n d r e d i L rispetto alla variabile q. Inoltre si vede facilemente che si ha 65.9 dove si è usata la (65.11). ṗ = d L dt q = L q = ( p, q H(p, q)) q p = q, q H H q p, p = H q q, (65.12) p.65.9b Osservazione. Si noti che la Hamiltoniana è definita a meno di una costante additiva. La situazione è quindi diversa dal caso della lagrangiana, che è invece definita a meno di una derivata totale (cfr. l osservazione 47.29). p Definizione (Equazioni hamiltoniane). Data una Hamiltoniana H = H(q, p, t) di classe C 2 si definiscono equazioni di Hamilton le equazioni q = H p, ṗ = H q, (65.13) che costituiscono un sistema di 2n equazioni differenziali del primo ordine. p Definizione (Matrice simplettica standard). Chiamiamo matrice simplettica standard la matrice 2n 2n E = ( ) 0 11, (65.14) 11 0
4 146 CAPITOLO 16. meccanica hamiltoniana dove 0, 11 sono matrici n n. p Osservazione. Data la matrice simplettica standard E si ha E T = E, E 1 = E, E 2 = 11, (65.15) come è immediato verificare (cfr. l esercizio 6). p p p Definizione (Equazioni canoniche). Sia un sistema dinamico in R 2n descritto dalle equazioni ż = f(z). Diremochetaliequazionisonoequazioni canoniche se esiste una funzione H di classe C 2 in R 2n tale che si abbia f = E H/ z Osservazione. La definizione di hamiltoniana si estende facilmente al caso di un sistema lagrangiano definito su una varietà. In generale si parlerà di sistema hamiltoniano, in accordo con la seguente definizione Definizione (Sistema hamiltoniano). Data una varietà Σ eunafunzione H : T Σ R R di classe C 2 si definisce sistema hamiltoniano la coppia (Σ,H). p Definizione (Campo vettoriale hamiltoniano). Si definisce campo vettoriale hamiltoniano associato all Hamiltoniana H il campo vettoriale f H = E H ( H z = p, H ) 65.13, (65.16) q dove z =(q, p) R 2n e / z =( / z 1,..., / z 2n ). p Osservazione. Èfacilevederecheilcampovettorialehamiltonianoèuncampo vettoriale a divergenza nulla, i.e. div f H = 2n 2n E kj k=1 j=1 2 H =0, (65.17) z k z j dove f H (z)èdefinitoin(65.16)esièutilizzatal antisimmetriadie (i.e. E ik = E ki ). p Definizione (Trasformazione che conserva il volume). Sia Ω R N un insieme aperto. Dato un dominio D Ω chiamiamo Vol(D) = dx (65.18) il volume del dominio D. Diremo che una trasformazione ϕ :Ω Ω che dipende dal parametro continuo t è una trasformazione che conserva il volume se per ogni sottoinsieme D Ω, seindichiamocon D(t) =ϕ(t, D) = ϕ(t, x) (65.19) D x D
5 65. sistemi hamiltoniani 147 l insieme ottenuto facendo evolvere i punti di D = D(0) al tempo t, siha Vol(D(t)) = Vol(D) (65.20) per ogni t. p p Teorema (Liouville). Il flusso hamiltoniano conserva il volume Dimostrazione. Dimostreremo più in generale che, dato un campo vettoriale ẋ = f(x) inω R N,adivergenzanulla(i.e. divf =0),allorailflussocorrispondente conserva il volume. Sia D Ωundominiodellospaziodellefasi,esiaD(t) l insiemeottenutofacendo evolvere D al tempo t (cf. la (65.19)). Vogliamo quindi dimostrare che vale la (65.20). Possiamo scrivere Vol(D(t)) = D(t) dx = ϕ( t,d(t)) dx det = D dx det, (65.21) dove / è la matrice jacobiana della trasformazione x ϕ(t, x). Quindi d dt Vol(D(t)) = t= t D dx d dt det t= t. (65.22) Per la regola di derivazione della funzione composta e per la proprietà dei determinanti det AB =deta det B, siha d dt det t= t = d det dt ϕ( t, x) t= t det ϕ( t, x), (65.23) dove, utilizzando la proprietà ϕ(t + t, x) = ϕ(t, ϕ( t, x)), d dt det ϕ( t, x) t= t = d dt det ϕ(t t, ϕ( t, x)) ϕ( t, x) t= t = d dt det ϕ(t t, y) = d y dt t= t det ϕ(t, y) y, (65.24) t= dove y = ϕ( t, x), così che è sufficiente dimostrare che d dt det =0, x Ω, (65.25) t=0 per dedurre la legge di conservazione del volume. In (65.25) possiamo sviluppare ϕ(t, x) =x + f(x) t + O(t 2 ), (65.26)
6 148 CAPITOLO 16. meccanica hamiltoniana avendo tenuto conto che dϕ(t, x)/dt t=0 = f(ϕ(0,x)) = f(x), in modo da ottenere = 11+At+ O(t 2 ), A ij = f i(x) j. (65.27) Si vede facilmente (cf. l esercizio 8) che det(11+ta) =1+trAt+ O(t 2 ) (65.28) da cui segue che det =1+ N i=1 f i (x) i t + O(t 2 ), (65.29) equindi d dt det = t=0 N i=1 f i (x) i =divf, (65.30) che implica la (65.25) sotto l ipotesi che il campo f sia a divergenza nulla. p p p Osservazione. Il teorema di Liouville implica, in particolare, l assenza di cicli limite e di punti d equilibrio asintoticamente stabili per sistemi Hamiltoniani Teorema (Teorema del ritorno di Poincaré). Sia Ω R N un insieme compatto e sia ϕ: Ω Ω una trasformazione che conserva il volume. Per ogni aperto U Ω eognitempoτ>0 esiste x U e t τ tali che ϕ(t, x) U Dimostrazione. Fissato un tempo τ consideriamo l insieme ϕ(τ,u); cfr. la definizione (65.19)). Se ϕ(τ,u) U l asserto è dimostrato. Supponiamo quindi che si abbia ϕ(τ,u) U =. Introduciamo gli insiemi U n = ϕ(nτ, U) pern Z + ;ovviamenteu 0 = U. Supponiamoperassurdochesiabbia U n U = n 1. (65.31) Questo implica U n U m = n>m 0. (65.32) Se m =0la(65.32)èovviaperchécoincideconla(65.31). Altrimenti, se m> 0, supponiamo che (65.32) non sia soddisfatta per qualche n, m. Si avrebbe allora U n U m. Questo però implicherebbe U n 1 U m 1 (cfr. la figura 65.2): infatti se si avesse z U n U m, e U n 1 U m 1 =, allora dovrebbe risultare z = ϕ(τ,z n )ez = ϕ(t, z m ), con z n U n 1 e z m U m 1,cosìchez n z m,che violerebbe il teorema di unicità delle soluzioni. Iterando l argomentositroverebbe
7 65. sistemi hamiltoniani 149 U n 1 U m 1 U n U m Figura Se due insiemi U n e U m si intersecano allora anche le loro preimmagini U n 1 e U m 1 si intersecano. quindi U n m U, control ipotesichestiamofacendochegliinsiemiu n abbiano tutti intersezione nulla con U. La (65.31) implica allora p p n=0 ( Vol(U n )=Vol n=0 D altra parte la trasformazione ϕ conserva il volume, così che quindi = n=0 U n ). (65.33) Vol(U n )=Vol(U) n 1, (65.34) ( Vol(U) =Vol n=0 U n ) Vol(Ω) <, (65.35) dove l ultima disuguaglianza segue dall ipotesi di compattezza su Ω. Siamo quindi arrivati a una contraddizione Osservazione. Il teorema mostra quindi che facendo evolvere un qualsiasi intorno (piccolo quanto si voglia) di uno spazio compatto Ω sotto l azione di una trasformazione che conservi il volume, allora prima o poi l insieme evoluto interseca l intorno di partenza; cfr. la figura Possiamo interpretare tale risultato dicendo che, fissato un qualsiasidatoiniziale x eunε arbitrariamente piccolo, esiste un dato iniziale x distante meno di ε da x, tale che la traiettoria che parte da x ritorna vicino entro ε a x. Infatti, facendo evolvere l intorno B ε (x), esiste un tempo t tale che ϕ(t, B ε (x)) interseca B ε (x), come conseguenza del teorema Se quindi x ϕ(t, B ε (x)) B ε (x) bastaprendere x = ϕ( t, x ): per costruzione x B ε (x) eϕ(t, x ) B ε (x) Osservazione. Il teorema ha delle conseguenze tutt altro che intuitive. Si immagini il seguente Gedankenexperiment, noto come esperimento di Maxwell. Un
8 150 CAPITOLO 16. meccanica hamiltoniana U 1 U U 2 U n U 3 U n 1... Figura Situazione descritta dal teorema del ritorno di Poincaré: l insieme che si ottiene facendo evolvere un insieme fissato U prima o poi dovrà intersecare U. parallelelipedo è diviso in due parti (camera A e camera B) da unaparete:ungasdi molecole è collocato inizialmente nella camera A. A un certo istantesiapreunforo nella parete, permettendo così alle molecole del gas di passare nella camera B; cfr. la figura Ovviamente ci si aspetta che dopo un po di tempo le molecole tendano a equidistribuirsi tra le due camere: in media circa la metà di esse viene atrovarsinellacameraae l altra metà viene a trovarsi nella camera B. Che a un certo punto le molecole vengano atrovarsinuovamentetuttenellacamerabparemoltopocoprobabile. Tuttavia, il teorema afferma proprio che tale probabilità non è nulla. Anzi, a un certo istante questo deve necessariamente succedere. (Si verifica facilmentechesiamonelle condizioni sotto cui il teorema si applica; cfr. l esercizio 9). La spiegazione di questo apparente paradosso è la seguente. Ilteorema65.25afferma che esiste un tempo in cui il sistema ritorna arbitrariamentevicinoallaconfigurazione iniziale (quale essa sia), ma non specifica quanto grande tale tempopossaessere. In particolare, il tempo richiesto perché questo succeda nell esperimento di Maxwell è enorme (maggiore dell età dell universo). Si aggiunga anche il fatto che per applicare il teorema il sistema deve essere isolato (in altre parole stiamo considerando solo il gas di molecole nel parallelipedo), ed è difficile, se non impossibile, immaginare una
9 65. sistemi hamiltoniani 151 A B Figura Esperimento di Maxwell: inizialmente tutte le molecole del gas sono nella camera A, eauncertopuntosicreaun aperturanellaparete che separa le due camere A e B. situazione in cui un sistema di questo tipo rimanga isolato, senza subire perturbazioni dall esterno, soprattutto su tempi così lunghi. Questo spiega perché, qualora si cercasse di realizzare un esprimento del tipo descritto, non si vedrebbe mai il gas tornare interamente nella camera A. p p Metodo di Routh nel formalismo hamiltoniano. Abbiamo visto (cfr. il paragrafo 54) che nel formalismo lagrangiano, in presenza di una variabile ciclica (per esempio q N ), è possibile ricondursi a un sistema lagrangiano con un grado di libertà in meno, con conseguente semplificazione del problema. L esistenza della variabile ciclica q N consente di esperimere la variabile q N in funzione delle altre variabili lagrangiane edelmomentoconservatop N = L/ q N ;cfr.la(54.6). TuttavialalagrangianaL R del nuovo sistema (lagrangiana ridotta) non si ottiene dalla lagrangiana originale semplicemente con la sostituzione (54.6). Infatti si ha L R = L p N q N,con q N data dalla (54.6); cfr. la (54.5). Al contrario, nel formalismo hamiltoniano, se esiste una variabile ciclica q N (e quindi p N è u n a c o s t a n t e d e l m o t o ) p o s s i a m o s t u d i a r e i l m o t o delle altre variabili attraverso le equazioni di Hamilton di un sistema con un grado di libertà in meno, la cui hamiltoniana H R si ottiene da H semplicemente considerando p N come parametro fissato. Vale infatti il seguente risultato Teorema (Routh). Se un sistema hamiltoniano con hamiltoniana H è tale che (1) q N sia una variabile ciclica nel sistema di coordinate q 1,...,q N,p 1,...,p N,e (2) 2 H/ p 2 N 0,
10 152 CAPITOLO 16. meccanica hamiltoniana allora l evoluzione delle altre coordinate è determinata dalla hamiltoniana H R (q 1,...,q N 1,p 1,...,p N,t), (65.36) dove p N è c o s t a n t e. p Dimostrazione. Sotto le ipotesi fatte possiamo applicare il teorema Infatti la condizione 2 H/ p 2 N 0,èsoddisfattaseesolose 2 L/ q N 2 0. Quindi il moto delle variabili q 1,...,q N 1 è d e t e r m i n a t o d a l l a l a g r a n g i a n a r i d o t t a ( ). L a corrispondente hamiltoniana sarà allora data da H R (q 1,...,q N 1,p 1,...,p N 1,p N,t) = N 1 k=1 q k p k L R (q 1,...,q N 1, q 1,..., q N 1,t; p N ), così che, utilizzando la definzione (54.5) di L R,sitrova H R (q 1,...,q N 1,p 1,...,p N1,p N,t) = N 1 k=1 q k p k L(q 1,...,q N 1, q 1,..., q N 1, q N,t)+ q N p N, (65.37) (65.38) dove q N = f(q 1,...,q N 1, q 1,..., q N 1,t; p N ), in accordo con la (54.6). Quindi H R (q 1,...,q N 1,p 1,...,p N1,p N,t) = q, p L(q 1,...,q N 1, q 1,..., q N 1, q N,t) = H(q 1,...,q N 1,p 1,...,p N 1,p N,t), (65.39) ovvero H R si ottiene da H semplicemente fissando la variabile p N al valore costante che essa assume lungo il moto. sec Secondo principio variazionale di Hamilton p.66.1 p Introduzione. Indichiamo con N (q (1),t 1 ; q (2),t 2 )lospaziodelletraiettorie t [t 1,t 2 ] (q(t),p(t)) di classe C 1 tali che q(t 1 )=q (1) e q(t 2 )=q (2). Indichiamo con N 0 lo spazio delle deformazioni, cioè delle traiettorie t [t 1,t 2 ] (u(t),v(t)) di classe C 1 tali che u(t 1 )=u(t 2 )=0ev(t 1 )=v(t 2 )=0;cfr. lafigura Definizione (Funzionale d azione) Definiamo funzionale d azione il funzionale J(γ) = t2 t 1 dt ( p(t), q(t) H(q(t),p(t),t)), (66.1)
11 66. secondo principio variazionale di hamilton 153 p q (1) q (2) q Figura Rappresentazione schematica di alcune traiettorie dello spazio N (q (1),t 1 ; q (2),t 2 ). L asse delle ascisse e l asse delle ordinate rappresentano, rispettivamente, le n coordinate q elen coordinate p. definito sullo spazio delle traiettorie N (q (1),t 1 ; q (2),t 2 )avaloriinr. p.66.3 p Teorema. Il differenziale del funzionale d azione è uguale a zero se e solo se valgono le equazioni di Hamilton (65.8) Dimostrazione. Si ha DJ γ (h) =0perognideformazioneh =(u, v) seesolose risulta t2 ( dt v(t), q(t) + p(t), u(t) t 1 ) H H q (q(t),p(t),t),u(t) p (q(t),p(t),t),v(t) =0, (66.2) e, integrando per parti, si può riscrivere t2 t 1 t2 dt p(t), u(t) = p(t),u(t) t2 t 1 dt ṗ(t),u(t) t 1 t2 = dt ṗ(t),u(t) t 1 dove si è utilizzato che u(t 1 )=u(t 2 )=0. Quindila(66.2)diventa t2 t 1 ( dt v(t), q(t) H p (q(t),p(t),t) u(t), ṗ(t)+ H q (q(t),p(t),t) ) =0, (66.3) (66.4)
12 154 CAPITOLO 16. meccanica hamiltoniana edatal arbitrarietàdelladeformazioneh, siottengonole(65.13). p Principio (Secondo principio variazionale di Hamilton). Dato un sistema meccanico conservativo, eventualmente soggetto a vincoli olonomi bilateri, le traiettorie che descrivono il moto sono i punti stazionari del funzionale d azione. p Osservazione. Si noti che si può restringere lo spazio N (q (1),t 1 ; q (2),t 2 )alle traiettorie che verificano l ulteriore condizione p(t 1 )=p (1) e p(t 2 )=p (2),conp (1) e p (2) fissati, e quindi lo spazio delle deformazioni N 0 alle traiettorie t (u(t),v(t)) con v(t 1 )=v(t 2 )=0(oltrecheu(t 1 )=u(t 2 )=0). IlfunzionaleJ(γ) datodalla (66.1) risulta stazionario anche se ristretto a tale spazio. Nota bibliografica Esercizi Esercizio 1. Dimostrare che se g(y) èlatrasformatadilegendre(65.2)dellafunzioneconvessa f(x) allora g (y) =(f ) 1 (y). [Soluzione. Dalla (65.2) si ha g (y) =x(y) +yx (y) f (x(y))x (y), dove denota derivazione rispetto al proprio argomento. Quindi g (y) =x(y) +x (y)(y f (x)) = x(y) poiché y = f (x).] Esercizio 2. Dimostrare che se g(y) èlatrasformatadilegendre(65.2)dellafunzioneconvessa f(x) allorag (y) =1/f (x(y)). [Soluzione. Poiché G(y) =g (y) =F 1 (y), dove F (x) =f (x), si ha (F G)(y) =F (G(y)) = y, quindi,derivandorispettoay otteniamo F (G(y))G (y) =1. Di conseguenza G (y) =1/F (G(y)) = 1/F (g (y)) = 1/F (x(y)).] Esercizio 3. Dimostrare che la trasformata di Legendre è una trasformazione involutiva. [Soluzione. Siano g(y) latrasformatadilegendredif(x) e f(z) latrasformatadilegendredig(y): allora g(y) = yx(y) f(x(y)), dove f (x(y)) = y, e f(z) =zy(z) g(y(z)) = zy(z) y(z) x(y(z)) + f(x(y(z))), dove g (y(z)) = z. Quindil assertosiottienesedimostriamochex(y(z)) = z. Questoseguedalfatto che x(y(z)) = x((g ) 1 (z)) = (f ) 1 ((g ) 1 (z)) = ((f ) 1 (g ) 1 )(z) =z, poichéf g = 11.] Esercizio 4. Dimostrare che la trasformata di Legendre g(y) dellafunzionef(x) =ax, cona R, è data dalla ( ). Esercizio 5. Dimostrare che la trasformata di Legendre g(y) dellafunzionef(x) =ax 2 /2, con a>0, è data da g(y) =y 2 /2a. Esercizio 6. Dimostrare le relazioni (65.15). Esercizio 7. Esercizio 8. Dimostrare la (65.28). [Soluzione. Siha 1+A 11 t A 12 t... A 1N t 11 + At = A 21 t 1+A 22 t...a 2N, A N1 t A N2 t... 1+A NN t
13 esercizi 155 quindi il determinante è un polinomio di ordine N in t. Ilterminediordine0siottienepert =0,ed è il determinante dell idenentità, i.e. 1. Il termine lineare in t si ottiene prendendo il termine lineare in t dal prodotto degli elementi diagonali N N (1 + A ii t)=1+ A ii t + O(t 2 ), i=1 ed è quindi (A A NN )t. TuttiglialtriterminicoinvolgonoalmenodueelementiA ij ta i j t esonoquindialmenoquadraticiint. Inconclusionedet(11 + At) =1+(A A NN )t + O(t 2 ).] Esercizio 9. Dimostrare che il teorema si applica al sistema descritto nell osservazione [Suggerimento. Ilvolumeincuisimuovolemolecoleèfinito,eseleinterazioni tra le molecole sono sufficientemente regolari la conservazione dell energia garantisce che anche le velocità non possono crescere indefinitamente. Quindi lo spazio delle fasi è limitato.] Esercizio 10. i=1
14 156 CAPITOLO 16. meccanica hamiltoniana
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