Prima del Caseificio SPUNTI TECNICI PER I PRODUTTORI DI LATTE PER IL PARMIGIANO REGGIANO

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1 SPUNTI TECNICI PER I PRODUTTORI DI LATTE PER IL PARMIGIANO REGGIANO Numero gennaio 019 Estratto da Ruminantia ( A cura del Consorzio del Parmigiano Reggiano

2 Alessandro Fantini Dairy Production Medicine Specialist Fantini Professional Advice srl Nel 194 McCay e Savage, della Cornell University (USA), pubblicarono sul Journal of Dairy Science (5: ) un corposo e argomentato lavoro intitolato The nutrition of calves: una review, destinato a diventare il nuovo paradigma dello svezzamento delle vitelle destinate a diventare bovine in lattazione essenzialmente della razza frisona. In estrema sintesi, il nuovo paradigma consisteva nel ridurre al 10% del peso corporeo alla nascita la quantità di latte da somministrare alle vitelle, per incoraggiare l ingestione dei concentrati in modo da arrivare a svezzare a 7-8 settimane. Questa nuova tecnica nutrizionale ebbe una diffusione virale in tutto il mondo, associandosi via via a nuove tecniche di gestione, come l allontanamento alla nascita della vitella dalla madre, e quindi la somministrazione manuale del colostro, e il ricovero in gabbie singole fino allo svezzamento per evitare la diffusione delle malattie infettive e parassitarie. A testimonianza di tutto ciò, i dati contenuti nel recente Dairy 014 del NAHMS che fotografano puntualmente ciò che avviene nel 76.7% degli allevamenti e nell 80.3% delle bovine allevate negli USA. Da questo report si evidenzia che negli Stati Uniti le vitelle holstein si svezzano mediamente a 63 giorni, anche se il 18% degli allevamenti lo fa a 49 giorni. In pratica, il 50.% degli allevamenti segue il calendario, il 1% segue il raggiungimento del peso stabilito e il 1.5% quando il consumo di concentrato (starter) è di circa kg 1 di mangime per almeno tre giorni consecutivi. La scelta del latte da utilizzare è piuttosto diversificata. Il 49.9% degli allevamenti utilizza solo succedanei del latte, di cui il 40.4% medicato (principalmente con tetracicline, neomicina, decoquinato e lasalocid), il 55.7% usa latte materno non pastorizzato, il 7.4% usa invece quello pastorizzato e il 14.4% utilizza indifferentemente succedanei e latte materno. Chi utilizza succedanei del latte nel 58.7% dei casi li sceglie al 0% di proteina, nel 30.5% tra il 1 e il 4% di proteina e il 10.3% li sceglie con una concentrazione proteica > 5%. L 81.7% degli allevatori utilizza latte al 0% di grasso. Il 94.6% degli allevamenti somministra il latte volte al giorno, l 1.5% lo dà a volontà e lo 0.8% usa un mono pasto. In ogni caso l 88.9% delle vitelle riceve il latte volte al giorno, il 6.8% 3 volte, il.8% a volontà e lo 0.3 una volta al giorno. Il 77.% lo somministra tramite bottiglie e il 7.3% con secchi. L acqua viene messa a disposizione al 17 giorno, il concentrato dall 11 e i foraggi dal 36 giorno. Non abbiamo informazioni esatte su ciò che avviene in Italia ma è ragionevole pensare che non si discosti molto da quanto avviene negli Stati Uniti. I paradigmi non sono verità eterne perché la ricerca continua il suo incessante lavoro e il contesto nel quale si allevano gli animali e la genetica evolvono molto rapidamente. L evoluzione delle conoscenze sulle migliori tecniche d allevamento da adottare convergono sul fatto che tanto più esse si avvicinano alla fisiologia e all etologia degli animali tanto più saranno efficaci. Inoltre, una quota sempre crescente della gente desidera che gli animali da reddito facciano una vita più simile possibile a quella che avrebbero fatto in natura e la vitellaia ha molti aspetti che disturbano la sensibilità etica dei consumatori. Si è però notato con l esperienza di questi ultimi anni come un miglior rispetto dell etologia e della fisiologia della bovina da latte porti ad un miglioramento delle sue performance. E un po come se il metodo Montessori fosse il toccasana per il benessere degli animali e, conseguentemente, per quello degli allevatori. Pertanto, il paradigma di McGay e Savage, dopo ben 75 anni, dovrà essere sostituito da uno più nuovo e aggiornato. 1

3 Per capire se si può gestire diversamente la vitellaia è bene approfondire alcuni aspetti comportamentali del vitello e la sua relazione con la madre. Relativamente alla razza Frisona, in condizioni di allattamento naturale, durante la prima settimana di vita la vitella ingerisce kg 6 di latte al giorno in 8-1 pasti giornalieri di circa 10 minuti. Alla nona settimana il latte ingerito raggiunge i kg 1 al giorno. Già dal primo mese il numero delle sessioni giornaliere d allattamento si riduce a 4. I vitelli delle bovine al pascolo iniziano a pascolare e ruminare a 3 settimane di vita ed al 4-6 mese hanno un comportamento alimentare simile agli adulti. Le attuali tecniche di gestione, per raggiungere l obiettivo di uno svezzamento entro i 60 giorni di vita, prevedono la somministrazione di una ridotta quantità di latte, sia materno che artificiale, che è in genere di kg 4-5 al giorno, per incoraggiare una precoce assunzione di concentrati. Si tratta in pratica di circa kg 0.5 di polvere di latte, in genere al 0-% di proteina e al 15-0% di grasso. Dai molti studi recentemente pubblicati si evince che questo razionamento del latte determina nei vitelli una cronica sensazione di fame, un alto rischio di patologie, alterazioni comportamentali e scarso welfare. Se il latte venisse somministrato ad libitum le vitelle ne berrebbero una quantità pari al 0% del loro peso corporeo, cosa che allungherebbe però di molto la data di svezzamento. Con il latte a volontà infatti l animale non avrebbe interesse a mangiare il concentrato e lo sviluppo del rumine avverrebbe quindi più tardivamente. Una maggiore quantità di latte somministrata ai vitelli prima dello svezzamento garantisce un maggior accrescimento medio giornaliero che ha come effetti misurabili un accorciamento dell età alla prima fecondazione e una maggior produzione in prima lattazione. Ogni 100 gr di accrescimento medio giornaliero in più prima dello svezzamento corrispondono ad un aumento della produzione in prima lattazione di kg 107 di latte. Quello che avviene nel parenchima mammario delle vitelle alimentate con una maggior quantità di latte è un aumento del DNA mammario, ossia di cellule epiteliali secernenti. Tale incremento può raggiungere anche il 40%. Medesimo effetto si ha quando si utilizza solo latte materno, oppure succedanei del latte, con una concentrazione proteica > 5%. Conclusioni Il paradigma di McGay del 194 ha forse terminato il suo tempo. Accelerare l età dello svezzamento limitando la quantità di latte somministrato alle vitelle ha molti effetti collaterali negativi e il solo beneficio di ridurre la quantità di latte da somministrare nella lunga vita produttiva delle bovine è economicamente ininfluente. La zootecnia ha ormai condiviso l idea per cui tanto più le condizioni di allevamento e di gestione si avvicinano a quello che avverrebbe in natura migliori saranno i risultati tecnici ed economici ottenuti. La storia della zootecnia è piena di forzature o soluzioni estreme ma nessuna di esse è resistita nel tempo. In termini scientifici si chiamano distorsioni o bias che spesso n realtà non sono casuali ma condizionate da motivazioni commerciali, ossia creare curiosità con nuovi argomenti di vendita e nuovi prodotti.

4 I requisiti minimi di legge per la protezione dei vitelli in allevamento Marco Spagnolo Negli ultimi 10 anni è cresciuto l interesse dell opinione pubblica e degli organi legislativi e di controllo nei confronti della salvaguardia del benessere animale. In particolare, i vitelli sono dei soggetti ad elevato impatto emotivo sul consumatore e sono quindi costantemente sotto i riflettori quando si parla di benessere e allevamento intensivo. Il decreto legislativo n. 16 del 7 Luglio 011, attuazione della Direttiva 008/119/CE, fissa i requisiti minimi per la protezione dei vitelli negli allevamenti. È compito dell allevatore adeguare la vitellaia alle disposizioni di legge, in modo da non incorrere in sanzioni pecuniarie piuttosto pesanti accompagnate dalla decurtazione dei premi PAC in seguito alle segnalazioni di non conformità legislativa. Il decreto identifica come vitello un animale della specie bovina fino a 6 mesi di età e le disposizioni non si applicano ad aziende con meno di 6 vitelli e ai soggetti mantenuti presso le madri (linea vacca-vitello). Dal momento che viene riconosciuto il bisogno di specie di raggrupparsi in mandrie è fatto divieto di mantenere i vitelli in recinti individuali dopo le 8 settimane di vita, a meno che un Medico Veterinario non certifichi la necessità di farlo per motivi sanitari o comportamentali. I recinti individuali devono avere le pareti divisorie traforate in modo da permettere un contatto diretto, visivo e tattile, tra i vitelli. Questa raccomandazione impone necessariamente di elevare gli standard sanitari dell allevamento a causa della maggiore possibilità di contaminazione e trasmissione di agenti patogeni. Particolare attenzione è posta al rispetto delle misure dei ricoveri che devono permettere ai vitelli di coricarsi, muoversi ed alzarsi senza difficoltà (punto 7 dell allegato 1). Per verificare che il box destinato ai vitelli sia adeguato alla normativa è necessario munirsi di metro e prendere le seguenti due misure: 1. altezza al garrese del vitello,. lunghezza del vitello dalla punta del naso alla tuberosità ischiatica. È molto importante prendere come riferimento vitelli di età prossima alle 8 settimane, termine ultimo di permanenza nel box singolo. Il box a norma avrà una larghezza almeno pari all altezza al garrese e una lunghezza almeno pari alla lunghezza del vitello moltiplicata per 1,1. Per i vitelli allevati in gruppo lo spazio a disposizione deve rispettare i parametri della seguente tabella: Vitello di peso < 150 kg Vitello di peso 150 kg ma a 0 kg Vitello di peso > 0 kg 1,5 mq a capo 1,7 mq a capo 1,8 m a capo I materiali utilizzati per la costruzione non devono essere nocivi per il vitello e devono essere regolarmente puliti e disinfettati. I pavimenti non devono essere sdrucciolevoli e devono essere costruiti in modo da non provocare lesioni o sofferenza. Il punto 3 dell allegato 1 impone di mantenere temperatura, umidità e ventilazione entro limiti non dannosi per i vitelli. Fornirsi di un termometro e igrometro permette di poter intervenire tempestivamente quando temperatura e umidità raggiungono valori critici. Se presente un impianto di ventilazione artificiale è necessario prevedere sia un sistema di allarme di malfunzionamento che un opportuno impianto sostitutivo.

5 I requisiti minimi di legge per la protezione dei vitelli in allevamento Un attenzione particolare è rivolta all illuminazione che dovrebbe essere garantita dalle ore 9:00 alle ore 17:00. I vitelli non possono restare continuamente al buio. Dovrà essere disponibile una fonte di illuminazione (es. una torcia) in modo da poter controllare i vitelli in qualsiasi momento. È fatto assoluto divieto dell uso della museruola. I vitelli non devono essere legati. Per quelli stabulati in gruppo, e limitatamente alla somministrazione del latte, è possibile farlo per non più di un ora al giorno. È sottolineata l importanza della colostratura che deve avvenire al massimo entro 6 ore dalla nascita. Tutti i vitelli vanno nutriti almeno volte al giorno e, se sono allevati in gruppo senza allattatrice automatica, va garantito che ciascuno di loro abbia accesso contemporaneamente agli alimenti. A partire dalla seconda settimana di vita i vitelli devono disporre di acqua fresca e alimento fibroso adeguato all età e al loro peso. Il proprietario, o un addetto qualificato, dovranno assicurare almeno due controlli giornalieri ai vitelli alloggiati in un locale di stabulazione, uno se i vitelli sono allevati all esterno. La cura del vitello è un aspetto strategico dell intero allevamento della vacca da latte. Negli ultimi anni la consapevolezza della sua importanza è progressivamente aumentata negli allevatori, che ne riconoscono le caratteristiche di investimento e non più di spesa fine a se stessa. Sono nate figure professionali specializzate in gestione della vitellaia, corsi di formazione e aggiornamento, sia per medici veterinari che per gli allevatori, ed è presente un attenzione specifica da parte dei consumatori e del sistema legislativo comunitario. Allevare rispettando le esigenze di benessere animale non è un freno alla redditività ma una sfida che tutti gli operatori zootecnici hanno l obbligo morale di raccogliere. Produrre latte non è più sufficiente, serve venderlo. Tentare di vendere un prodotto che non soddisfa le esigenze del consumatore è molto difficile. Capire ciò è il primo passo necessario a non farsi schiacciare da un mercato che è sempre più ampio ma anche sempre più esigente.

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