L evoluzione dei flussi di traffico nell area mediterranea e le implicazioni per i porti liguri

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1 Fondazione IRSO L evoluzione dei flussi di traffico nell area mediterranea e le implicazioni per i porti liguri Claudio Ferrari Università di Genova Abstract Il Mediterraneo solve un ruolo cruciale nella struttura dei traffici mondiali. Attraverso di esso si svolgono i servizi di linea che collegano l Asia con l Europa, è un luogo di transito per gran parte delle rotte che solcano l Atlantico. E inoltre l area in cui sono maggiormente sviluppati i traffici roro, per dire del traffico crocieristico rispetto al quale rappresenta il secondo mercato mondiale. Scopo di questo lavoro è tracciare le principali tendenze degli scambi via mare che interessano il Mediterraneo per mettere in luce punti di forza, debolezze, opportunità e minacce per la portualità nazionale e in particolare per il sistema dei porti liguri. Sommario L evoluzione dei flussi di traffico nell area mediterranea e le implicazioni per i porti liguri Introduzione Il traffico containerizzato Il traffico rotabile Implicazioni per i porti liguri... 10

2 1. Introduzione Il Mediterraneo ha da sempre svolto un ruolo di primo piano nelle relazioni commerciali marittime sia per quelle che trovano nei numerosi porti che ospita i punti terminali di tali relazioni sia, dall apertura del Canale di Suez (1869), per le relazioni che vi transitano, indipendentemente dalla possibilità di farvi scalo. Per le finalità di questo studio è utile quindi distinguere tra flussi di merci e passeggeri che riguardano paesi che si affacciano sul Mediterraneo dai flussi di merci e passeggeri che originano o terminano in uno di questi paesi che hanno termine od origine in un paese non mediterraneo così come occorre distinguere ancora i flussi che hanno sia origine che termine in una regione che non si affaccia sul Mediterraneo ma che per ragioni legate a tempi e costi di navigazione trovano più conveniente solcare una rotta che transita nel Mediterraneo. Questa tripartizione dei flussi di traffico in ragione del modo in cui la rotta marittima solca il Mediterraneo consente, pur con le dovute approssimazioni, anche di assegnare a ciascuna tipologia di flusso un diverso settore del trasporto via mare, in ragione del naviglio utilizzato. Infatti, per quanto concerne i flussi di traffico merci che hanno origine e destinazione interna al Mediterraneo si tratta di flussi che impiegano navi traghetto o navi full container di piccola dimensione trattandosi probabilmente di servizi feeder (cioè di alimentazione e/o distribuzione di porti di transhipment interni al Mediterraneo). A questi si aggiungono taluni servizi di trasporto di rinfuse liquide che pur non essendo linee vengono eserciti in modo regolare e continuo nel tempo. I principali flussi di merci che transitano nel Mediterraneo o che in esso trovano solo il punto di origine o di destinazione sono prevalentemente flussi di linea containerizzati. Il Mediterraneo inteso come l insieme delle economie dei paesi che si affacciano su di esso, rappresenta circa il 4% del valore delle merci in container importate dall insieme dei porti liguri, ma il 23% delle merci che non viaggiano in container. 2. Il traffico containerizzato Com è noto il traffico di container è cresciuto enormemente nel corso degli anni Novanta e per i primi anni del secondo Millennio segnando una battuta di arresto solo in occasione della crisi finanziaria, successivamente tramutatasi in crisi dell economia reale, manifestatasi a Settembre La brusca caduta della domanda (-11% il traffico container mondiale), intervenuta come spesso è accaduto nella storia del trasporto via mare nel momento di picco degli ordini ai cantieri per nuove e sempre più grandi navi, ha portato ad una caduta dei noli cosicché le maggiori compagnie di linea hanno registrato ingenti perdite che le hanno portate a reagire immediatamente usando diverse leve : - Ponendo in lay-up o demolendo una quota significativa del naviglio; - Sospendendo o differendo parte degli ordini ai cantieri; - Riducendo la velocità di navigazione (cd. slow steaming) per risparmiare sul costo del carburante e per ridurre l offerta di trasporto; - Ristrutturando i servizi offerti. 2

3 Il segnale più clamoroso della crisi economica del 2008 che ha avuto immediate ripercussioni sul trasporto marittimo di linea è rintracciabile nell andamento delle demolizioni di navi, riportato nella Tabella 1 che mette in evidenza la punta registratasi nel corso del 2009 con una capacità di carico inviata alla demolizione che supera di oltre tre volte il dato medio del precedente quinquennio. Tabella 1 Andamento delle demolizioni (capacità di trasporto espressa in 000 teu) Anno Capacità di trasporto (teu) demolita Fonte: Drewry, Container Forecaster (2012) Nel corso del 2010 la domanda per servizi di trasporto di linea è ripresa a crescere (+15%), ma le ultime stime lasciano intravedere ancora segnali non particolarmente confortanti per il prossimo futuro (nel 2012 il tasso di crescita dovrebbe assestarsi su un valore pari a circa un terzo di quello del 2010). A ciò si aggiunga che quasi paradossalmente si segnala una netta ripresa degli ordini ai cantieri per nuove navi. A marzo 2012 il numero di navi full-container in consegna nel 2012 e nei due anni successivi è calcolato da Containerisation International in 358 per una capacità dichiarata di carico pari a 2,79 milioni di teu, pari al 16,7% della attuale capacità di trasporto. Sorprende ancor di più il fatto che delle 358 navi in ordinazione, 186 (pari al 52%) riguardino navi con una capacità di carico superiore agli 8000 teu. Drewry (2012) stima che il 72% degli ordini espressi in termini di capacità di trasporto (misurata in teu) riguardi navi da 8000 o più teu. Le ragioni alla base di tali comportamenti da parte delle compagnie di shipping sono da ricercarsi nel tentativo di ottenere ulteriori economie di scala oltre all ossequio alla regola di comprare quando il prezzo è basso. L impiego di navi più grandi modifica la struttura dei costi di gestione della nave come indicato nella Tabella 2. Tabella 2 - Struttura dei costi di gestione di navi full-container di diversa capacità Capacità (TEU) Equipaggio 10% 6% Mantainance 11% 9% Insurance 9% 13% Administration 2% 1% Carburante 41% 45% Altri costi operativi 27% 25% Costo totale 100% 100% Fonte: Elaborazione propria su dati Drewry (2012) 3

4 In conseguenza di comportamenti molto aggressivi sul mercato da parte delle compagnie di linea e della perdurante situazione di incertezza della domanda è facile prevedere nei prossimi mesi una selezione dell offerta e quindi l uscita dal mercato di alcuni operatori come accaduto per la compagni malese MISC a fine 2011 e/o nuovi processi di M&As, oltre ad un rafforzamento delle forme di cooperazione tra carrier (che ormai riguardano anche quegli operatori storicamente considerati indipendenti). Questi processi sono di interesse per il Mediterraneo in quanto la principale rotta mondiale continua ad essere quella che collega l Europa con l Estremo Oriente. E questa la rotta sulla quale si applica ormai da alcuni anni la pratica del slow steaming e sulla quale sono impiegate le navi porta-contenitori più grandi. Di seguito si analizzano le principali conseguenze. La pratica del slow steaming consiste nella riduzione della velocità di navigazione rispetto ad una normale navigazione a nodi di velocità. Tale pratica introdotta da Maersk e Cma-Cgm nel 2007, seguite l anno successivo dalla New Wolrd Alliance e più tardi da quasi tutti gli operatori presenti sulla rotta Europe-Far East, consiste nel far viaggiare le navi a 18 nodi o addirittura a 14 nodi (cd. super slow steaming) conseguendo così un risparmio nel consumo di carburante fino al 30% (con relativa forte riduzione nei costi operativi della nave). Questa pratica comporta una riduzione delle emissioni e quindi contribuisce a rendere più green il trasporto via mare. La pratica quindi di far viaggiare le navi ad una velocità inferiore comporta la necessità, rispetto alla struttura dei servizi precedente il 2007, di impiegare un maggior numero di navi in uno stesso servizio così da mantenere inalterata la frequenza del servizio (generalmente una toccata a settimana) e il numero di porti scalati. Occorre rilevare che questa pratica può essere impiegata anche soltanto nella direzione di ritorno del viaggio, quella in cui la domanda è inferiore così da modulare la qualità del servizio in ragione dei diversi livelli di domanda. Nel caso della compagnia Maersk, la più grande in ragione del numero di navi e della capacità di carico, si osservano le seguenti tre diverse situazioni: servizi per i quali si riducono le velocità medie ed aumentano i transit times; servizi per i quali aumentano gli scali (es. FM3 Far East-Middle East) grazie ad un maggior numero di navi impiegate nel servizio; servizi che non hanno cambiato caratteristiche (es. AE6 e AE7) in termini di transit times e numero di scali. La Tabella 3 mette in evidenza il fenomeno dello slow steaming osservando il numero di navi mediamente impiegate su una rotta e come esso è variato nel corso degli ultimi anni. La tendenza all aumento del numero di navi impiegate in media in un servizio evidenzia, pur se indirettamente, i minori transit times e quindi la ridotta velocità media tenuta dalle navi. 4

5 Tabella 3 Numero navi impiegate per ogni servizi sulla rotta Mediterraneo-Asia Numero navi T T T T T altri Num. Navi: totale Num. Navi: media 7,6 8,0 9,1 9,2 9,1 Fonte: Drewry Shipping Consultants, diverse annate Per quanto concerne la tendenza alla crescita del naviglio è interessante osservare che tale tendenza è generalizzata, come dimostra la Figura 1. Occorre precisare che la figura mostra un valore medio per tutte le rotte servite da servizi di linea containerizzati. Tale tendenza è destinata a continuare come dimostrano i dati, sopra ricordati, relativi agli ordini per nuove navi e in particolare alla capacità di carico delle navi attualmente in costruzione. Figura 1 Dimensione media della navi full container Fonte: Elaborazione su dati Containerisation International 5

6 Con riferimento alle rotte principali la situazione è decisamente più accentuata come mostra la Figura 2 nella quale si nota che nei porti del Mediterraneo scalano mediamente navi di oltre 3500 teu; tale capacità media risulta essere più che raddoppiata nel periodo Figura 2 Evoluzione della capacità media delle navi impiegate in alcune aree geografiche June 2001 June Northern Europe Far East Mediterranean Sea Fonte: Elaborazione su dati Containerisation International Tale valore è destinato a salire ulteriormente in considerazione anche della tendenza dei principali carrier a mettere fuori servizio le navi più piccole sostituendole con navi più grandi (e ben più grandi delle medie riportate in figura). La crescita del naviglio ha ripercussioni anche sul crescente impiego del transhipment necessario per garantire i volumi sufficienti a determinare uno scalo lungo la rotta, tenuto conto che la crescente rigidità dei costi, derivante dall impiego di navi mediamente più grandi, comporta un crescente costo per ogni ora che la nave non trascorre in navigazione. Su questo fronte negli ultimi anni si è assistito ad una forte competizione portata dagli porti della penisola iberica - che hanno eroso quote di traffico ai porti italiani, specialmente quelli tirrenici - e dall apertura di nuovi scali nei paesi in via di sviluppo, come nel caso dei paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo e che possono offrire rispetto agli incumbent europei costi del lavoro decisamente più modesti e quindi tariffe portuali più basse rispetto a quelle offerte dai porti e terminali europei. La loro progressiva apertura nei prossimi anni potrà avere importanti riflessi sul traffico di transhipment interno al Mediterraneo. 3. Il traffico rotabile Un secondo settore di interesse per i porti liguri e dell intero Mediterraneo è costituito dalla navigazione ro-ro, ovvero i servizi di traghetto. Tra questi servizi ricadono quelli che vanno sotto la 6

7 nozione di autostrade del mare, ovvero servizi marittimi che si pongono in alternativa a servizi tutto strada. Come si vedrà subito dopo, la gran parte di questi traffici è interna al Mediterraneo, cioè trova in esso sia i terminali marittimi di origine che di destinazione. Come evidenziato in Figura 3 e Tabella 4, la rete di servizi ro-ro interessa i principali porti centrosettentrionali del paese se si osservano i flussi internazionali, mentre si concentra sui porti del Tirreno per quanto concerne i traffici domestici. Il traffico internazionale interessa la penisola iberica, il Nord Africa e ad est la Grecia e la Turchia ed è previsto che soprattutto nella direzione nord-sud tale traffico si possa intensificare a seguito della stabilizzazione della situazione politico-sociale della sponda africana. Figura 3 Mappa dei flussi internazionali ro-ro (media trimestrale, , gross weight, tonn.) Fonte: CIELI (2011) Studi a supporto del Piano Nazionale della Logistica Ancora è da osservare che il traffico domestico si svolge prevalentemente da/verso le isole e solo con poche eccezioni, sostanzialmente concentrate nei collegamenti tra la Sicilia e la Campania, si configura come alternativo al trasporto tutto strada (cfr. Figura 4). 7

8 Tabella 4 - traffici domestici Ro-Ro e per specifiche categorie rotabili (1.000 tonn., gross weight) Campione di porti Totale domestico* Unità rotabili con codifica 51 e 61** Altre unità rotabili*** Totale domestico* Unità rotabili con codifica 51 e 61é* Altre unità rotabili*** Cagliari Catania Civitavecchia Genova Livorno Messina Napoli Olbia Palermo Salerno Totale campione N.B.: * Il totale domestico riportato da ISTAT coincide con il dato Eurostat. ** Le codifiche 51 e 61 corrispondono rispettivamente a autoveicoli stradali destinati al trasporto di merci, anche accompagnati da rimorchi e a rimorchi e semirimorchi stradali per il trasporto merci, non accompagnati semi-trailers. *** Le altre unità rotabili comprendono le tipologie riportate in nota 14 e 15. Fonte: CIELI (2011) Studi a supporto del Piano Nazionale della Logistica In linea generale il traffico ro-ro presenta una forte stagionalità che porta molti servizi a modificare la frequenze al fine di dimensionare il servizio sulla domanda. Non soltanto cambiano molto spesso le frequenze del servizio ma con quasi altrettanta rapidità cambiano gli itinerari seguiti. Ciò appare un elemento che contrasta con la necessità di ulteriormente incrementare, soprattutto sulle rotte domestiche, la quota di carico non accompagnato rispetto all accompagnato per consentire alle navi di utilizzare meglio la capacità di stiva (ad oggi riempita per poco più della metà) e per contenere i costi del trasporto. Occorre però ricordare che in parte la quota di carichi accompagnati, ancora consistente su alcune direttrici, dipende dalle carenze logisticoinfrastrutturali di alcuni dei porti toccati. 8

9 Figura 4 - Traffico nazionale 2009 di «autoveicoli stradali destinati al trasporto di merci, anche accompagnati da rimorchi» e «rimorchi e semirimorchi stradali per il trasporto merci, non accompagnati semi-trailers», % in gross weight (principali relazioni) Fonte: CIELI (2011) Studi a supporto del Piano Nazionale della Logistica Questa categoria di traffici è molto importante per i porti liguri, particolarmente per quello genovese, che aspirano a divenire punti di terminale per gli scambi nord-sud (e viceversa) interni al Mediterraneo. La principale caratteristica sotto il profilo del naviglio impiegato da questi servizi è la netta prevalenza di navi miste- quindi traghetti ro-pax che rappresentano in termini di metri lineari quasi l 80% della capacità di trasporto offerta dalle navi, percentuale che sale all 85% se misurata in termini di gross tons (sulla base di dati forniti da Confitarma). Ciò è il risultato di un progressivo processo di sostituzione del naviglio cargo con naviglio misto come sembrano dimostrare i dati relativi all età media del naviglio stesso. Infatti, l età media del naviglio ponderata sulla base del tonnellaggio è di 18 anni per le navi cargo e di 12 anni per le navi ro-pax. Questo elemento è da tenere presente nel valutare gli scenari futuri del traffico in questione. 9

10 4. Implicazioni per i porti liguri Le tendenze illustrate nei precedenti paragrafi portano a ritenere che nel prossimo futuro a scalare i porti liguri saranno mediamente navi piuttosto grandi che quindi necessitano di sufficienti fondali e terminali con caratteristiche idonee ad accoglierle (in termini di lunghezza delle banchine, numero e sbraccio delle gru, etc.). Rispetto a ciò i porti liguri si stanno attrezzando in modo adeguato, come dimostrano i lavori in corso in diversi specchi acquei e la scelta di Savona di realizzare la piattaforma Maersk. Più problematica è la ormai cronica incapacità del governo centrale a scegliere gli scali prioritari sui quali concentrare gli investimenti. E indubbio che la tendenza di medio-lungo periodo dello shipping è verso la ricerca di crescenti economie di scala e i porti non possono che assecondare tale tendenza pena la esclusione dalle principali rotte internazionali. La mancanza di una chiara politica portuale come dimostra anche l incapacità di portare a termine i diversi disegni di legge di riforma della legge 84/94, come ormai si chiede da più parti e da diverso tempo comporta come corollario l assecondare la proliferazione di molti terminali di dimensioni medio-piccole e quindi di (relativamente) scarso interesse per i grandi carrier. In quest ottica appare ragionevole procedere nel ragionamento utilizzando come unità di analisi i sistemi portuali. Infatti la domanda si rivolge ad un range geografico sul quale insistono uno o più porti i quali competono per acquisire la maggior quota possibile di quella domanda (competizione interportuale). La rilevanza del sistema dei porti liguri per l economia del paese è evidenziata dalle cifre relative al traffico in import ed export con, rispettivamente, destinazione e origine le diverse province italiane. Se si guarda al traffico containerizzato, i porti liguri nel corso del 2011 hanno movimentato i due terzi del valore delle importazioni destinate al Nord-Ovest (esclusi gli scambi intracomunitari). Tale cifra sfiora il 90% per il solo Piemonte; ma quote significative riguardano anche il Veneto, l Emilia Romagna e la Toscana. Relativamente al traffico in esportazione, le quote sono ancora maggiori. Oltre l 85% del valore dell export containerizzato dell Italia Nord-Occidentale passa per i porti liguri, così come oltre la metà dell export di Toscana ed Emilia Romagna. Con riferimento al traffico non containerizzato, le quote dei porti liguri sia del traffico in import che di quello in export sono più basse ma segnano pur sempre valori molto consistenti. Le cifre riportate dimostrano, pur nella loro sintesi, la rilevanza del sistema dei porti liguri per una larga fetta del sistema economico e produttivo nazionale; dimostrano pertanto come questi punti di terminale esplichino i propri effetti su un territorio che è ben più ampio, non solo dell insieme delle aree portuali, ma delle regioni marittimo-portuali stesse. Tale rilevanza spesso sfugge al sistema produttivo anche per come si è venuta strutturando nel tempo quella che oggi si definisce la supply chain, ovvero la catena di servizi materiali e immateriali che legano materie prime, luoghi di produzione e clientela. 10

11 Come si può osservare dalla l hinterland dei porti liguri non si ferma al solo comparto dell Italia Nord-Occidentale, quote significative di traffico in import come in export, sia di merci containerizzate che non provengono e sono destinate ad alcune regioni del Centro e del Nord- Est; in particolare oltre un quarto del valore delle merci containerizzate ha come origine o destinazione l Italia nord-orientale. Figura 5 Quota % del valore delle merci per comparti territoriali di origine e destinazione dei traffici dei porti liguri Imp. Non containerizzato Imp. Containerizzato Exp. Containerizzato Exp. Non Containerizzato Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole Fonte: Elaborazione su database Aida, Agenzia delle Dogane Sul versante marittimo della supply chain, come si è cercato di evidenziare, si è affermata - e va intensificandosi in questi ultimi anni - una tendenza alla concentrazione e alla ricerca di economie di scala. Sul fronte portuale è più difficile almeno con riferimento alla situazione italiana riprodurre la medesima tendenza per una molteplicità di ragioni tra le quali, non certo ultima, vi è anche la circostanza che la gran parte degli scali nazionali si trova inserita in contesti urbanizzati nei quali nuovi spazi per le attività portuali possono essere realizzati solo se sottratti al mare (come nel caso di Savona-Vado), quindi a fronte di consistenti investimenti. Occorre però avere presente quale sia il possibile prezzo da pagare in questa sorta di autolimitazione alla ricerca delle economie di scala; in questo senso la minore crescita dei porti italiani rispetto ai concorrenti spagnoli sembra costituirne una conseguenza. D altra parte non si può non rimarcare come il sistema dei porti liguri sia ancora piuttosto lontano, grazie agli interventi compiuti in questi ultimi anni, dai limiti di 11

12 saturazione, presentando, nel settore del traffico containerizzato, quello maggiormente dinamico, una capacità di movimentazione ancora disponibile che gli studi a supporto del Piano Regionale della Logistica stimano oscillare al 2015 tra 1 e 2 milioni di teu a seconda dei diversi scenari di crescita (e la crisi del 2008 ha portato il throughput ad assestarsi su valori simili a quelli descritti dallo scenario di bassa crescita almeno nel triennio ). Sempre con riferimento al fronte portuale della supply chain va sottolineato come i porti italiani abbiano saputo colmare, nel corso degli ultimi due decenni, il deficit di efficienza delle operazioni di banchina rispetto ai principali concorrenti europei. Resta, come si vedrà anche nella relazione che seguirà, un gap di efficienza nel passaggio dei contenitori dal piazzale ai gate e loro successivo inoltro via terra (e viceversa, nel caso dei flussi in export). La competitività dei porti italiani e liguri si gioca oggi sul fronte che guarda verso terra, più che sul fronte delle operazioni di banchina, dove grazie anche alla spinta all innovazione garantita dalla legge di riforma del 1984 e al successivo ingresso di operatori privati internazionali si sono raggiunti, come detto, livelli di efficienza del tutto comparabili a quelli che si registrano nei principali porti nel nord Europa. Sul fronte terrestre invece la mappa degli hinterland portuali ricavabile, pur se sinteticamente, dalle successive tabelle - evidenzia chiaramente i gap tuttora esistenti. Si tratta di tre diversi tipi di bottleneck che operano a scala diversa che contribuiscono tutti a contenere i margini di crescita del sistema dei porti liguri. Si va dalla scala locale portuale, rispetto alla quale occorre ancora lavorare sui tempi di resa della merce e su una più efficiente gestione dei collegamenti città e porto; alla scala regionale nella quale entrano in gioco gli interporti o inland terminal, fino alla scala macroregionale che rileva per la gestione dei corridoi e delle reti di trasporto. Il miglioramento della competitività dei porti liguri dipenderà in futuro dalla capacità di realizzare interventi ad alto e basso impiego di capitale, ovvero: tra gli interventi ad alto contenuto di capitale rientrano le infrastrutture portuali e di trasporto necessarie per ampliare la capacità di movimentazione e smaltimento dei flussi di merce (dragaggi, riempimenti, terzo valico, etc.); negli interventi a basso impiego di capitale rientrano la necessità di rivedere, al fine di adeguarli alle mutate condizioni del mercato, i modelli di governance dei porti e dei terminali di trasporto così come delle reti infrastrutturali, l organizzazione interna delle operazioni portuali (es. sportello unico doganale), la maggiore autonomia finanziaria dei porti. Questi temi, oggetto delle successive relazioni, in diversi casi esulano dalle competenze delle singole autorità portuali. Essi devono essere affrontati attraverso la costruzione di una visione e strategia d azione condivisa dai diversi attori, non solo istituzionali, interessati alla competitività dell economia del Nord. 12

13 Tabella 5 Import porto di Genova prime 10 province Merci in container Merci non in container Provincia Valore % Provincia valore % Milano ,4% Pavia ,0% Torino ,6% Genova ,6% Bergamo ,7% Milano ,7% Brescia ,6% Torino ,2% Varese ,5% Roma ,9% Genova ,3% Piacenza ,6% Cuneo ,7% Cuneo ,3% Como ,5% Bologna ,1% Treviso ,2% Cremona ,0% Lodi ,1% Bergamo ,6% 68,6% 78% Fonte: Elaborazione su database Aida, Agenzia delle Dogane Tabella 6 Import porto di La Spezia prime 10 province Merci in container Merci non in container Provincia valore % Provincia valore % Milano ,3% Milano ,9% La Spezia ,3% Roma ,9% Bologna ,6% Biella ,1% Modena ,6% Bologna ,4% Reggio Emilia ,4% Brescia ,8% Vicenza ,1% Verona ,8% Firenze ,7% La Spezia ,6% Treviso ,4% Bergamo ,6% Verona ,4% Firenze ,5% Prato ,3% Torino ,0% 60,0% 60,7% Fonte: Elaborazione su database Aida, Agenzia delle Dogane Tabella 7 Import porto di Savona prime 10 province Merci in container Merci non in container Provincia valore % Provincia valore % Milano ,89% Savona ,37% Torino ,51% Torino ,50% Reggio Emilia ,96% Milano ,41% Varese ,12% Genova ,02% Piacenza ,69% Varese ,62% Verbania ,70% Ravenna ,12% Savona ,69% Roma ,11% Sondrio ,53% Cuneo ,11% Roma ,46% Pavia ,71% Aosta ,54% Napoli ,69% 76,1% 95,3% Fonte: Elaborazione su database Aida, Agenzia delle Dogane 13

14 Tabella 8 Export containerizzato porti liguri prime 10 province Savona Genova Provincia valore % Provincia valore % Torino ,9% Milano ,8% Milano ,9% Torino ,8% Bergamo ,7% Bergamo ,6% Varese ,5% Brescia ,8% Cuneo ,2% Varese ,6% Brescia ,1% Cuneo ,3% Vicenza ,8% Genova ,3% Como ,4% Vicenza ,9% Bologna ,4% Como ,9% Monza-Brian ,4% Modena ,1% 78,1% 66,0% La Spezia Milano ,7% Modena ,4% Bologna ,2% Vicenza ,9% Reggio Emilia ,9% Brescia ,7% Parma ,1% Verona ,0% Treviso ,0% Bergamo ,9% 52,8% Fonte: Elaborazione su database Aida, Agenzia delle Dogane 14

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