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1 editoriale L eccezione tedesca? In un quadro europeo di grave preoccupazione per il lavoro, soprattutto giovanile, la Germania sembra fare storia a sé. Quasi come se il nucleo economico del sistema europeo potesse reggere isolato dal resto, nonostante l integrazione dei mercati e la convergenza delle regole. Le elezioni tedesche di settembre hanno in qualche modo riflesso questa contraddizione: la campagna elettorale è stata quasi totalmente ripiegata su questioni domestiche che hanno giustamente premiato il partito della cancelliera. In una fase molto delicata per la ripresa annunciata dell eurozona, le difficoltà dei principali partner della Germania sono rimaste in secondo piano. Questo non significa, d altra parte, che il pubblico tedesco sia ormai su posizioni euroscettiche: come dimostrano i sondaggi più accreditati (e come ha confermato il successo solo relativo di Alternative für Deutschland) una maggioranza certa e consistente di cittadini tedeschi resta a favore dell euro. Il punto è se questa stessa maggioranza sia anche disposta a compiere le scelte politiche conseguenti per tenere in vita l eurozona. Angela Merkel interpreta perfettamente queste inclinazioni di un elettorato che non a caso si fida di lei convinzione nel modello tedesco, combinata a un atteggiamento pragmatico e a tratti un po distaccato verso l Europa. La continuità, tuttavia, non è un opzione praticabile dopo la vittoria elettorale. Per ragioni interne (la sconfitta dei liberali, suoi vecchi alleati), si è resa necessaria una nuova coalizione. Ma sul piano europeo l attendismo non potrà durare ancora a lungo: se anche

2 6 la Germania volesse continuare a sperare nell eccezione tedesca, la sua economia non potrà restare per sempre al riparo della fragilità generale della zona euro. Negli ultimi anni, in realtà, la Germania ha giocato le sue carte con grande efficacia: la performance dell economia tedesca è apparsa in radicale controtendenza rispetto all andamento complessivo dell eurozona. Grazie a una serie di fattori a cominciare dalla sua forza competitiva sui mercati emergenti e dagli effetti delle riforme strutturali la Repubblica di Berlino ha vissuto una sorta di nuovo miracolo economico (dopo quello a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta) proprio mentre soffrivano i suoi principali partner europei, a cominciare da Francia e Italia. Il calo della disoccupazione tedesca è, in termini comparati, davvero impressionante: è arrivata a livelli record, con il 6,8% quest anno e addirittura il 3,7% in Baviera, cioè una cifra vicina a quella che gli economisti definiscono di pieno impiego. Anche in termini qualitativi, la situazione del mercato del lavoro è evoluta in senso positivo per la Germania: ad esempio, il settore dei lavori scarsamente retribuiti è attestata dal 2005 intorno al 22% del totale dei lavoratori attivi, e la disoccupazione giovanile è stata dimezzata nello stesso periodo. Nel frattempo, ha cominciato a modificarsi il mix di componenti che hanno trainato la crescita tedesca nell ultimo quindicennio. L incidenza del commercio con l estero si è infatti stabilizzata (quando il declino relativo della crescita dei brics si è sommato alla debolezza del consumatore europeo). Mentre il consumo pubblico e privato, un tempo cronica debolezza dell economia tedesca, è diventato uno degli elementi chiave della crescita. Ciò si deve, in buona misura, proprio ai tassi di occupazione da record (oltre 41,5 milioni di persone in attività) e ai generosi aumenti salariali sui cui le parti sociali sono riuscite ad accordarsi (salari e stipendi lordi sono aumentati del 12% dal 2008). In altri termini: dalla fine degli anni Novanta a oggi, ossia dopo le riforme strutturali di Schröder, la Germania ha vissuto due cicli di espansione economica. Il primo largamente costruito sull export (mercati emer-

3 genti e consumatori europei), il secondo recente e ancora non testato costruito su una parziale ripresa dei consumi interni. È questo il trend che la Germania di oggi deve riuscire a consolidare. Se il record passato è così positivo, le prospettive lo sono di meno. La Germania può e deve certamente fare di più per liberalizzare il settore dei servizi, aumentare la competizione sul mercato dell energia e gli investimenti in infrastrutture. Solo per questa via la via della domanda interna la crescita tedesca funzionerà anche da incentivo per la ripresa in Europa. Non dimentichiamo infine a correzione della tesi sulla Germania come storia a sé che esistono alcuni fattori strutturali che uniscono, invece di dividere, i paesi europei. Si pensi al fattore demografico, che peraltro fa pesare un altra nota di cautela proprio sulla tenuta del modello tedesco: il rapido invecchiamento della popolazione e la crisi delle nascite, infatti, potrebbero presto mettere in crisi la sostenibilità del sistema di welfare. Ulteriori interventi in materia pensionistica potrebbero quindi rendersi necessari, mentre sul fronte delle nascite i sussidi varati negli anni passati sembrano non aver sortito particolari effetti positivi. Nessun governo può sottovalutare a lungo un problema di questa portata: lo sanno benissimo paesi come l Italia. Eccezione tedesca? Yes, but. 7 Visto dal resto del continente, il punto è se il leader de facto dell Europa di oggi, Angela Merkel, riuscirà ad affrontare un tipico dilemma della leadership: fino a che punto la principale economia europea che è stata a lungo avvantaggiata dai differenziali sui tassi di interesse riuscirà anche a pensarsi come motore dell ue? Fino a che punto, insomma, la Germania riuscirà a bilanciare oneri e onori della sua posizione dominante in Europa? E il vecchio continente, su questo non c è dubbio, deve oggi temere la carenza della leadership tedesca, non i suoi eccessi. Guardando oltre i confini tedeschi, il problema di fondo è come riuscire a ridurre gli squilibri interni all eurozona causati sia dalla mancanza

4 8 di riforme strutturali in alcuni paesi chiave, come il nostro, sia dall architettura dell unione economica e monetaria disegnata negli anni Novanta. Il graduale riequilibrio della zona euro è diventato un obiettivo dichiarato del governo federale; e costituisce un tassello fondamentale di un nuovo consenso europeo. Fino a settembre, le scadenze elettorali hanno permesso a Berlino di giocare di rimessa. Poi c è stato un ulteriore rinvio per dare vita a una nuova coalizione, oltre alle difficoltà interne di Francia e Italia. La realtà, tuttavia, è che lo stato dell economia europea ha bisogno di decisioni rapide: sia per ciò che riguarda l Unione bancaria sia verso una riduzione dei differenziali tra i tassi di interesse a livello europeo, in modo che le imprese dell Europa del Sud non siano eccessivamente svantaggiate nel ricorso al credito. Il tentativo, in altri termini, non potrà che essere quello di facilitare finalmente una progressiva convergenza virtuosa tra i membri dell eurozona. Nella concezione di Berlino, virtuosa significa largamente ricalcata sul modello della Germania stessa. Il punto è se la ricetta tedesca sia applicabile, simultaneamente, all insieme del continente. Fino a oggi, il risultato complessivo non è stato incoraggiante. Il binomio predicato da Berlino all Europa la disciplina, agli Stati-membri le riforme e la crescita non ha funzionato: un aggiustamento è indispensabile, anche guardando a elezioni europee (maggio 2014) che rischiano di segnare un successo del non voto o di voti euroscettici. I principali indicatori della fiducia sull economia europea registrano peraltro un primo lieve rialzo, non solo nel paese che sembra non avere conosciuto vera crisi ma anche negli altri. Questo auspicato miglioramento della congiuntura economica europea potrebbe facilitare le cose, visto che dovrebbe rendere meno costosi, anche dal punto di vista politico, gli inevitabili compromessi: con una performance meno anemica dei partner europei, e con una coalizione di governo che sarà in ogni caso più orientata all Europa della coalizione precedente, la cancelliera Merkel avrà maggiore spazio di manovra nel gestire il delicato trade-off tra disciplina fiscale e crescita, con la sua incidenza sui problemi del lavoro. Da parte loro, i paesi membri dovran-

5 no attuare le riforme indispensabili per rendere credibile (e possibile) un compromesso del genere: il rinvio è finito per tutti. L evoluzione del modello tedesco sottolinea l importanza delle politiche del lavoro nelle scelte dei governi. Non solo per ragioni economiche ma anche per l ottima ragione che da un certo tasso di occupazione dipende anche la stabilità sociale e dunque il consenso politico. Questo numero di Aspenia discute di questo: del modo in cui l occupazione e la mancanza di occupazione stanno cambiando sotto i nostri occhi, anche se spesso pensiamo al lavoro in modo tradizionale e statico. Perseguire l obiettivo (almeno tendenziale) della piena occupazione, coinvolge naturalmente diverse linee di intervento simultanee, dall istruzione alle forme contrattuali, dalle politiche fiscali ai servizi per l internazionalizzazione delle imprese. È chiaro poi che la dimensione europea gioca oggi un ruolo essenziale nel creare un ambiente favorevole o meno alla crescita dell occupazione: i governi europei ne hanno almeno sulla carta preso atto, come dimostra la decisione fortemente voluta dall Italia di creare una facility europea per l occupazione giovanile. È una delle priorità per un Europa che voglia consolidare i primi segnali di ripresa e che voglia tutelare, negli anni, un grado accettabile di solidarietà intergenerazionale. Come spiegano alcuni dei nostri autori, la qualità del lavoro è un altro fattore da tenere in considerazione in una fase storica in cui il costo del lavoro nei paesi più avanzati è alto e risente della forte pressione competitiva dovuta ai mercati globali. C è poi l importante capitolo delle nuove tecnologie, che ovviamente consentono grandi aumenti di produttività ma possono anche provocare nuove fratture nel mercato del lavoro, rischiose soprattutto per i lavoratori meno giovani e meno qualificati. Una crescita senza lavoro è una delle minacce evidenti per le società attuali. In chiave comparata, dagli Stati Uniti alla Cina, e dal Brasile all In- 9

6 10 dia, una lezione fondamentale da ricordare è che non esiste un modello statico di successo da applicare senza correttivi. La storia, antica e recente, mostra che la sperimentazione e l adattabilità sono ingredienti cruciali della crescita economica e del miglioramento delle condizioni di lavoro. Le forme dell occupazione devono evolvere con la società, pur in una cornice di diritti e tutele acquisite con un lungo percorso storico. Tuttavia, se le tutele per gli occupati o altre rigidità diventano barriere all ingresso, finendo così per tenere ai margini le nuove generazioni, il sistema non è più sostenibile. Ecco perché un dato comune a ogni economia è comunque l esigenza costante di un buon inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, da cui dipende in ultima analisi il pieno sviluppo di un rapporto di cittadinanza costruttivo. A questa sfida nessuno può davvero sottrarsi, a prescindere dalle peculiarità sociali e culturali o perfino di sistema dei contratti sociali nelle diverse parti del mondo.

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