BASILEA 3 NELL UNIONE EUROPEA Elisabetta Montanaro

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1 BASILEA 3 NELL UNIONE EUROPEA Elisabetta Montanaro A.A LE PRINCIPALI CRITICITÀ DI BASILEA II ALLA LUCE DELLA CRISI FINANZIARIA DEL La recente crisi finanziaria ha reso evidenti non solo rilevanti fattori di fragilità sistemica insiti nella struttura, nella composizione e nei modi di operare dei sistemi finanziari (mercati e intermediari), ma anche alcune importanti criticità dell impianto regolamentare di Basilea. Il Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria (BCBS), con le nuove regole sull adeguatezza patrimoniale e di liquidità emanate il 16 dicembre 2010 (Basel III A global regulatory framework for more resilient banks and banking systems, December 2010, rev June 2011), ha inteso correggere alcuni fra i principali difetti della regolamentazione prudenziale messi in evidenza dalla crisi. Basilea III non solo rende più severa la disciplina del capitale dettata da Basilea II, ma introduce anche regole nuove, fra cui le principali sono quelle sui requisiti di liquidità e sul leverage. Le regole del II e del III Pilastro sono state rafforzate. Capitale delle banche La severità della crisi finanziaria è imputabile in larga misura al fatto che in molti paesi le banche avevano assunto rischi eccessivi senza un proporzionale incremento del livello di capitalizzazione. A questo si deve aggiungere che il capitale era in larga misura di qualità insufficiente dal punto di vista della capacità di assorbimento delle perdite sia on a going sia on a gone concern. Leverage I requisiti di capitale rapportati all attivo ponderato per il rischio non hanno frenato la crescita del leverage delle banche, per le ampie divergenze fra volume dell intermediazione e attività ponderate per il rischio consentite soprattutto dai modelli più avanzati di misurazione del rischio. L eccesso di leverage ha implicazioni sia sulla solvibilità della singola banca sia a livello sistemico. Misura e copertura dei rischi I criteri di calcolo dell esposizione e dei coefficienti di ponderazione definiti da Basilea sottovalutavano i rischi degli impieghi di natura finanziaria (in particolare, con riferimento alle esposizioni del trading book, al rischio di controparte, alle cartolarizzazioni e a varie operazioni fuori bilancio). Il trattamento privilegiato delle attività finanziarie, in termini di assorbimento di capitale, era basato sull ipotesi che i mercati in cui sono trattate queste attività fossero costantemente liquidi ed efficienti. La fragilità di questa ipotesi è stata dimostrata dalla crisi: un aliquota rilevante delle perdite subite dalle banche e dagli altri intermediari è derivata proprio dalle attività di mercato. Anche il rischio di molte delle poste 1

2 fuori bilancio era stato sottovalutato. In particolare, le banche e i regolatori non avevano adeguatamente valutato il rischio di re-intermediazione delle esposizioni fuori bilancio, ossia il rischio che queste operazioni si possano trasformare in attivi per cassa di bassa qualità in situazioni di stress dei mercati, com è avvenuto per gli impegni a concedere liquidità ai veicoli (SPV) nei processi di cartolarizzazione 1. Liquidità Durante gli anni precedenti la crisi, molte banche si erano abituate a operare con uno sbilancio di scadenze e di valute molto consistente e con margini ridotti di disponibilità liquide, confidando nella costante possibilità di approvvigionarsi di liquidità sul mercato facilmente e a costi contenuti. All esplodere della crisi, per effetto della perdita di fiducia nella liquidità delle banche, l offerta di risorse liquide delle controparti di mercato si è ridotta drasticamente, generando severi problemi di funding e obbligando le banche centrali ad erogare volumi consistenti di credito di emergenza. Profili macroprudenziali Uno dei principali limiti del modello di regolamentazione prudenziale di Basilea è l ottica micro-prudenziale, come se garantire la solvibilità della singola banca equivalesse a garantire la stabilità del sistema bancario come aggregato. La crisi ha dimostrato che un approccio solo micro-prudenziale non è sufficiente a correggere i fattori di vulnerabilità sistemica. I principali fattori di rischio sistemico non adeguatamente coperti da Basilea II sono: la pro-ciclicità 2, ossia la tendenza delle banche, in larga misura per effetto della regolamentazione del capitale, a comportarsi in modo da amplificare le fasi cicliche dell economia; la interconnessione, ossia la concentrazione di rischi all interno di settori del sistema finanziario (banche e altri intermediari, come le società di assicurazione) fra loro legati da contratti di scambio e di copertura dei rischi 3 ; i fenomeni di azzardo morale 1 E molto frequente che la banca originante accordi al veicolo (acquirente dei crediti cartolarizzati ed emittente degli ABS) linee di credito (liquidity facilities) che hanno una duplice finalità: migliorare il giudizio sul merito creditizio delle emissioni (credit enhancement); fornire al veicolo un vero e proprio supporto creditizio da utilizzare quando le scadenze dei pagamenti sugli ABS non coincidano con i flussi finanziari (per interessi e rimborsi di capitale) prodotti dal portafoglio cartolarizzato. In pratica le due finalità tendono spesso a sommarsi: infatti, qualora il veicolo abbia difficoltà a collocare i titoli, utilizza le linee di credito dell originante, ritrasferendo a carico della banca i rischi del portafoglio ceduto. Basilea II sottovalutava questo rischio di reintermediazione, prevedendo per le linee di credito con finalità di credit enhancement e con scadenza breve fattori di conversione (coefficienti di equivalente creditizio) molto bassi (20%). 2 Basilea II aveva in realtà già previsto una serie di presidi contro l eccessiva ciclicità dei requisiti patrimoniali minimi, fa cui: l obbligo di utilizzare serie storiche di lungo periodo per stimare la PD; l introduzione di stime della LGD in condizioni economiche avverse (la cosiddetta downturn LGD); l associazione inversa fra PD e coefficiente di correlazione R nel modello adottato per il calcolo dei requisiti di capitale con i metodi IRB. 3 Un esempio d interconnessione che è divenuto famoso è la storia del salvataggio della American International Group (AIG). Alla fine di giugno del 2008, AIG deteneva un esposizione pari a circa metà di un trilione di dollari come venditore di protezione mediante credit default swaps (contratti che garantiscono l acquirente di protezione contro il default o la ristrutturazione di obbligazioni). Tale esposizione comportava una ingente concentrazione di rischio di credito presso un unico intermediario che non aveva le risorse di capitale per far fronte alle potenziali perdite. Quando scoppiò la crisi, dopo il fallimento di Lehman, AIG subì perdite ingenti e fu oggetto di salvataggio da parte del governo USA, per evitare che la sua insolvenza si trasmettesse a tutti gli intermediari ai quali aveva venduto protezione. 2

3 originati da banche divenute di dimensioni troppo grandi - e troppo interconnesse fra di loro - per essere lasciate fallire. La rilevanza sistemica delle banche implica che, in caso di crisi, il loro fallimento deve essere evitato con interventi a carico dei bilanci pubblici. L effetto è di trasferire dagli azionisti ai contribuenti i costi dei salvataggi delle banche too big and too interconnected to fail. 2. BASILEA III NELLA REGOLAMENTAZIONE EUROPEA La CRDIV/CRR Obiettivi principali di Basilea III sono rafforzare la regolamentazione micro-prudenziale delle banche e ridurre i rischi sistemici, con meccanismi di controllo macro-prudenziale. In Europa, la riforma della regolamentazione prudenziale introdotta per implementare Basilea 3 si propone di conseguire gli stessi obiettivi, ma con varie specificità: esse si spiegano in particolare: - Per il fatto nell UE la regolamentazione di Basilea si applica a tutte le banche e le imprese di investimento 4, e non solo alle grandi banche internazionali; - Per il fatto che, all interno dell UE, le caratteristiche dei diversi sistemi finanziari nazionali sono molto diverse, in termini di dimensioni, modelli di business, rilevanza per l economia reale e per le minori imprese. Queste specificità nazionali comportano che le regole decise dall UE siano spesso frutto di compromessi tra le posizioni dei diversi Paesi e che siano previsti ampi margini di discrezionalità per le regolamentazioni nazionali. La regolamentazione che implementa Basilea 3 nell UE è contenuta in una Direttiva (la CRDIV) e in un Regolamento (CRR), entrambi del giugno 2013, con entrata in vigore dal gennaio La Direttiva deve essere recepita dalle autorità nazionali con specifiche norme di legge: contiene le regole sulla vigilanza prudenziale, in linea con quanto previsto dal Comitato di Basilea e dagli altri regolatori internazionali, fra cui il Financial Stability Board. I destinatari delle norme della Direttiva sono prevalentemente le autorità di vigilanza nazionali. Il Regolamento (Capital Requirements Regulation) è invece immediatamente applicabile senza la necessità di leggi nazionali di recepimento: contiene tutti i principali profili della nuova regolamentazione sul capitale a cui le banche e le imprese di investimento con sede legale nell UE sono assoggettate. Per vari contenuti della disciplina prudenziale del pacchetto CRDIV/CRR è previsto che le Autorità di Vigilanza Europee, in particolare l EBA (European Banking Authority), emanino specifiche norme di attuazione, vincolanti per tutti i Paesi dell UE. In più, per i Paesi dell area euro, che fanno parte del Meccanismo Unico di Vigilanza, specifiche regole di implementazione della regolamentazione prudenziale sono emanate dalla Banca Centrale Europea. La disciplina prudenziale per le banche è quindi definita dalle norme di legge e dalle regole delle autorità di vigilanza, a livello europeo, nazionale, e specifico (per la singola banca nell ambito del II Pilastro o per gruppi di banche, per finalità macro-prudenziali). 4 Si ricorda che le imprese di investimento sono gli intermediari mobiliari (in Italia, sono le SIM), i broker/dealers e le banche di investimento. 3

4 Per vari requisiti prudenziali - in particolare per quanto concerne la composizione del capitale regolamentare - è prevista una fase di transizione (grandfathering). Ciò comporta che, fino al termine del periodo di transizione, essa rifletta ancora le regole previste da Basilea 2, sia pure in misura ogni anno decrescente. I requisiti prudenziali più innovativi di Basilea 3, ossia quelli di liquidità e di leverage, hanno tempi di implementazione diversi: il requisito di liquidità di breve termine è entrato in vigore (sia pure nella misura attenuata del 60%, come previsto dal Comitato di Basilea) da gennaio Quello di liquidità a lungo termine sarà applicato dal gennaio Il coefficiente minimo di leverage è per ora in fase di studio; la data di effettiva implementazione sarà decisa entro il 2017, anche se varie autorità di vigilanza ne richiedono il rispetto fin da ora, utilizzando i poteri previsti nell ambito del II Pilastro. La successiva Tav. 1 presenta una sintesi dei principali strumenti prudenziali previsti nella CRDIV/CRR. Tav. I OBIETTIVI SPECIFICI 1. Accrescere la quantità del capitale (obiettivi micro-prudenziali) 2. Migliorare la qualità del capitale (obiettivi micro-prudenziali) 3. Buffer di capitale (Obiettivi macro e micro-prudenziali): Ridurre la pro-ciclicità della regolamentazione del capitale. Contenere la crescita del credito che può generare bolle speculative. Coprire i rischi sistemici. Aumentare la capitalizzazione delle banche sistemiche. STRUMENTI CRDIV/CRR Nuove soglie minime del Primo Pilastro rispetto a quelle previste da Basilea 2. Ricomposizione del capitale a favore del Common Equity (CET1); adozione di criteri più stringenti per la computabilità degli strumenti ibridi nel patrimonio di vigilanza; armonizzazione delle deduzioni. Il capitale deve essere in eccesso rispetto ai minimi ( buffer di conservazione del capitale ), pena vincoli da parte della Vigilanza alla distribuzione dei dividendi, cedole su AT1 e/o al pagamento di bonus ai dipendenti (Obbligatorio per tutte le banche perché previsto da Basilea 3). 5 Nei periodi di espansione eccessiva del credito all economia, alle banche può essere richiesto un addizionale buffer anticiclico (a discrezione delle autorità di vigilanza nazionali, per tutte le banche). Anche questo buffer è previsto da Basilea 3. Per le banche classificate come G-SIIs (global systemically important institutions) sono previsti 5 I requisiti di capitale per le esposizioni nei confronti delle imprese piccole e medie (PMI) sono ridotti moltiplicandoli per un fattore di supporto pari a 0,7619, pari al rapporto fra il coefficiente minimo di solvibilità 8% e il coefficiente di solvibilità comprensivo del buffer di conservazione (10,5%). Tale supporto (che entrerà in vigore quando il conservation buffer sarà a regime) equivale ad azzerare l effetto di questo buffer per il calcolo del requisito di capitale sui finanziamenti alle PMI. 4

5 buffer addizionali di capitale (Obbligatori per tutte le G-SIBs, perché previsto da Basilea 3) 6. Possono essere previsti, su decisione delle autorità nazionali, buffer sistemici per la copertura di rischi sistemici (a discrezione delle autorità nazionali, per tutte le banche o per determinate categorie). Questo buffer non è previsto da Basilea 3, ma è un opzione prevista dalla CRDIV/CRR. Ulteriori buffer rispetto ai minimi possono essere previsti dalle autorità nazionali nell ambito del II Pilastro (a discrezione delle autorità di vigilanza, per specifiche banche, in misure diverse in funzione della rischiosità specifica). 4. Aumento della copertura dei rischi (RW) (Obiettivi micro-e macro-prudenziali) 5. Coefficiente di leverage (leverage ratio) (Obiettivi micro- e macro-prudenziali) 6. Requisiti a fronte del rischio di liquidità (funding e market) e degli squilibri di scadenze fra attivo e passivo (obiettivi micro- e macro-prudenziali) Aumento dei requisiti patrimoniali per il rischio di mercato e il rischio di controparte, per le cartolarizzazioni e per le operazioni fuori bilancio (Obbligatori per tutte le banche). Aumento dei coefficienti di ponderazione di specifiche categorie di prestiti (es. mutui residenziali) (a discrezione delle autorità nazionali, per finalità di tipo macroprudenziale). Opzione prevista dalla CRDIV/CRR. Livello minimo del 3% del coefficiente di leverage, calcolato come rapporto fra il T1 e l attivo non ponderato, comprensivo delle poste fuori bilancio. Tale vincolo è previsto da Basilea 3. Il leverage ratio verrà incluso nelle regole del Primo Pilastro dal Vincoli sul livello del leverage possono essere imposti per finalità micro- o macro-prudenziale nell ambito del II Pilastro. Introduzione di due regole quantitative sulla liquidità: 1) un indicatore di breve termine, liquidity coverage ratio (LCR); 2) un indicatore strutturale, net stable funding ratio (NSFR) (saranno obbligatori per tutte le banche quando 6 Nel linguaggio del BCBS si parla di G-SIBs, (Global Systemically Important Banks), perché il riferimento è alle banche globali di rilevanza sistemica. Nella CRDIV/CRR si parla di SIFIs (Systemically Important Financial Institutions), ossia di istituzioni finanziarie sistemiche (non necessariamente banche e non necessariamente multinazionali); e di G-SIIs (Global Systemically Important Institutions), che sono banche e imprese finanziarie multinazionali di rilevanza sistemica. Questa infelice confusione terminologica si associa a problemi di trasparenza regolamentare, dato che le tre categorie ovviamente non coincidono. 5

6 7. Limiti alle grandi esposizioni (rischio di concentrazione e interconnessione) 7 : obiettivi micro-e macro-prudenziali migreranno nel I Pilastro). Tali vincoli sono previsti da Basilea 3. Vincoli di liquidità possono essere previsti per finalità micro- o macro-prudenziali nell ambito del II Pilastro. Le grandi esposizioni verso una singola controparte o un gruppo di controparti connesse sono quelle pari o superiori al 10% del capitale della banca. La somma di tutte le grandi esposizioni di una banca verso singole controparti o gruppi di controparti fra loro connesse non può essere superiore del 25% del capitale della banca, misurato come T1. Questa soglia è fissata al 15% per le esposizioni di una G-SIBs verso un altra G-SIBs. Le esposizioni sono calcolate con riferimento sia al banking book sia al trading book e i derivati. Sono previste esenzioni per specifici strumenti (covered bonds), per specifiche controparti (stati sovrani) e per le esposizioni interbancarie intraday derivanti dai sistemi di pagamento e compensazione. Sono consentite le forme di mitigazione delle esposizioni previste per il calcolo dei requisiti di capitale. Il rischio di concentrazione deve essere inoltre coperto con capitale nell ambito del II Pilastro. 3. Strumenti micro- e macro-prudenziali: previsti da CRDIV/CRR e/o a discrezione delle autorità nazionali Come risulta dalla precedente Tav. 1, vari strumenti possono avere obiettivi sia micro- sia macro-prudenziale. Gli obiettivi sono micro-prudenziali se lo strumento intende ridurre la probabilità e i costi dell insolvenza delle banche. Sono invece macro-prudenziali se lo strumento è utilizzato per far fronte a rischi sistemici che possono compromettere non tanto la solvibilità della singola banca, ma la stabilità dell intero sistema bancario e finanziario. I rischi sistemici nascono in particolare: dalla pro-ciclicità del comportamento delle banche e degli altri intermediari finanziari, che crea un accumulo di rischi nelle fasi favorevoli del ciclo; dal trasferimento (o contaminazione) di rischi fra le banche e gli altri intermediari derivanti dai nessi di connessione reciproci. Le politiche macro-prudenziali sono attivate dalle autorità che hanno la responsabilità del controllo di stabilità macroprudenziale: tali autorità possono essere le stesse che hanno il compito degli interventi di vigilanza tradizionali (micro-prudenziali), ma possono essere anche autorità diverse. 8 7 La disciplina europea è ancora in fase di completamento. Quella riportata fa riferimento alle indicazioni del Comitato di Basilea del 2014, che valgono solo per le banche attive a livello internazionale. 8 Nell area euro, nell ambito del Meccanismo Unico di Supervisione, le autorità responsabili della vigilanza macro-prudenziali sono quelle nazionali, ma la ECB ha il diritto di applicare, se lo ritenga opportuno, 6

7 Per il settore bancario, i principali obiettivi intermedi 9 delle politiche macro-prudenziali sono quelli di limitare: - Eccessiva crescita del credito e leverage: l eccessiva crescita del credito, amplificata dal leverage, è stata la causa delle bolle speculative sui prezzi degli attivi e in particolare di quelli immobiliari, che in passato sono stati fra i fattori determinanti della crisi. - Eccessiva trasformazione delle scadenze e illiquidità dei mercati: una eccessiva dipendenza delle banche da raccolta volatile e a breve termine può generare la necessità di svendita degli attivi (fire sale), quindi illiquidità dei mercati (market liquidity risk) e processi di contagio quando il ciclo si inverte; - Concentrazione delle esposizioni: la concentrazione delle esposizioni in alcuni comparti del sistema finanziario li rende vulnerabili a shocks comuni, sia direttamente, attraverso le esposizioni in bilancio, sia indirettamente per effetto degli effetti di contagio; - Incentivi inappropriati e azzardo morale: ciò include i rischi associati alle istituzioni finanziarie di rilevanza sistemica e il ruolo delle garanzie implicite dei governi. Strumenti Macro-prudenziali previsti dalla CRDIV/CRR: - Buffer anticiclico, leverage ratio, buffer sistemico; - Vincoli di liquidità (in particolare il NSFR); - Vincoli addizionali alle grandi esposizioni e requisiti addizionali di capitale sulle esposizioni fra intermediari: per ora tali strumenti, pur previsti, non stati ancora definitivamente regolamentati; - Buffer per le G-IIs Strumenti macro-prudenziali non previsti dalla CRDIV/CRR - Limiti quantitativi al rapporto fra l ammontare dei mutui immobiliari e il valore degli immobili dati in garanzia (Loan-to-value ratio, LTV); limiti quantitativi fra l ammontare dei prestiti e il reddito disponibile degli affidati (loan-to-income ratio, LTI). 4. Buffer di capitale I buffer di capitale sono surplus di capitale al di sopra dei minimi regolamentari. Il buffer di conservazione del capitale è obbligatorio per tutte le banche. In aggiunta a questo, tutte le banche classificate come sistematicamente rilevanti devono tenere un ulteriore buffer, variabile secondo le loro caratteristiche. A discrezione delle autorità nazionali, possono inoltre essere prescritti per tutte le banche del Paese due ulteriori buffer: quello anticiclico e strumenti più restrittivi di quelli adottati dalle autorità nazionali quelli previsti dalla CRDIV/CRR. Gli strumenti macro-prudenziali non previsti dalla CRDIV/CRR sono invece di esclusiva competenza delle autorità di vigilanza macro-prudenziali nazionali, che hanno comunque l obbligo di darne informazione alle autorità europee (il Comitato Europeo per il Rischio Sistemico, European Systemic Risk Board, ESRB; e, in alcuni casi, la Commissione Europea). 9 Si parla di obiettivi intermedi perché a ciascuno di essi sono collegati specifici strumenti. L obiettivo finale è la stabilità finanziaria. 7

8 quello sistemico. I buffer sono costituiti da CET1 e si commisurano all ARP calcolato in genere su base consolidata (quindi tenendo conto dell ARP del gruppo, comprensivo delle filiali e delle partecipate all estero). Il mancato rispetto di questi buffer comporta limiti alla distribuzione delle remunerazioni discrezionali (dividendi e cedole dell AT1 nonché bonus ai dirigenti legati ai profitti). Buffer addizionali per specifiche banche possono poi essere definiti dalle autorità di vigilanza nell ambito del II Pilastro, per finalità micro- o macro-prudenziali. 4.I Buffer di conservazione del capitale (Conservation Buffer) Questo buffer ha l obiettivo di vincolare le banche a detenere un eccesso di capitale rispetto ai minimi per far fronte a perdite che si dovessero verificare in condizioni di stress. Qualora tale buffer sia utilizzato, dovrà essere ricostituito mediante l accantonamento a riserve di utili non distribuiti. Il buffer di conservazione del capitale introdotto da Basilea III è pari al 2,5% di ARP ed è costituito da CET1, da detenere in aggiunta al 4,5% che rappresenta il requisito minimo 10. Qualora il patrimonio scenda sotto a questo livello, la banca non è tenuta a ricapitalizzarsi e può continuare la propria operatività, ma sarà assoggettata a vincoli alla distribuzione del capitale. I vincoli alla distribuzione del capitale aumentano man mano che il capitale si avvicina ai requisiti minimi (cfr. Tav. 3). Tav. 2 - Requisiti minimi di conservazione del capitale relativi ad una singola banca Coefficiente CET1 Coefficienti minimi (% ARP) di conservazione del capitale (% utili) 4,5% - 5,125% (all interno del 1 quartile del buffer) 100% >5,125%- 5,75% (all interno del 2 quartile del buffer) 80% >5,75%-6,375% (all interno del 3 quartile del buffer) 60% >6,375%-7% (all interno del 4 quartile del buffer) 40% >7% (>100% del buffer) 0% I livelli di surplus di capitale rispetto al minimo CET1 ratio sono divisi in quartili. 11 Ad esempio, se, a causa di perdite, il buffer si colloca nella fascia corrispondente al terzo quartile, con un coefficiente CET1 maggiore del 5,75%, ma minore del 6,375% (4,5% + 75%*2,5%), la banca dovrà accantonare a capitale il 60% dell utile; il che significa che il tasso di pay-out, ossia la percentuale di pagamenti discrezionali sull utile netto non potrà essere superiore al 40%. Solo quando il capitale in eccesso rispetto ai minimi eccede il 100% del conservation buffer (ossia quando il coefficiente CET1 > 7%), non è prevista alcuna restrizione nella distribuzione dei profitti. 10 Il CET1 deve essere utilizzato in via prioritaria per soddisfare i requisiti patrimoniali minimi (inclusi quelli relativi al T1 ratio del 6% e del Total Capital Ratio dell 8% se necessario), prima di poter contribuire al rispetto del buffer di conservazione del capitale. Ad esempio, una banca con un CET1 pari all 8% e con AT1 e T2 pari a zero, soddisferebbe i requisiti minimi, ma non avrebbe nessun buffer aggiuntivo: quindi sarebbe soggetta a un vincolo del 100% alla distribuzione del capitale. 11 La differenza fra CET1 con il buffer di conservazione (7%) e il CET1 minimo (4,5%) è pari al 2,5%: quindi ogni quartile è pari a 0,625%/ARP. 8

9 4.II Buffer anticiclico (Countercyclical Buffer) Questo buffer di capitale ha una finalità prevalentemente macro-prudenziale, ossia quella di proteggere il sistema bancario dai rischi sistemici associati a un eccesso di offerta aggregata di credito. A differenza del buffer di conservazione che ha un obiettivo tipicamente micro- prudenziale 12, il buffer anticiclico intende invece assicurare che il sistema bancario come aggregato conservi riserve di capitale in eccesso rispetto ai minimi, che permettano di mantenere l offerta di finanziamenti all economia anche nelle fasi congiunturali negative, durante le quali può essere necessario fronteggiare perdite su crediti particolarmente ingenti, se nella fase di espansione l offerta di credito sia stata eccessiva. Questo requisito di capitale addizionale normalmente è pari a zero; sarà applicato solo quando in un determinato paese si registri un espansione del credito giudicata anomala, alla quale potrebbero seguire, se le banche si trovano ad affrontare l inversione del ciclo senza un adeguata capitalizzazione, crisi di liquidità associate a fenomeni di deleveraging di dimensioni sistemiche. L obiettivo di questo buffer è quindi principalmente quello di ridurre i rischi sistemici della pro-ciclicità della regolamentazione del capitale. La responsabilità di imporre a un sistema bancario l obbligo di costituzione di buffer anticiclici, in un intervallo compreso fra zero e il 2,5% di ARP, spetta alle Autorità di vigilanza nazionali 13, che decideranno se e quando prescrivere/eliminare il buffer in funzione dell andamento del differenziale fra il valore corrente del rapporto credito/pil e il suo trend di lungo periodo. Il buffer anticiclico, quando applicato, opera come un estensione del buffer di conservazione del capitale. L entità dei vincoli alla distribuzione degli utili è graduata per fasce discrete (quartili) di surplus di CET1 addizionali rispetto al minimo 4,5%. Ovviamente, poiché i quartili sono calcolati con riferimento alla somma dei due buffer, i coefficienti di conservazione del capitale sono imposti per livelli di CET1 maggiori di quelli riportati nella precedente Tav. 3, in funzione del livello previsto per il buffer anticiclico. La seguente Tav. 4 illustra i coefficienti minimi di conservazione del capitale in percentuale degli utili che una banca dovrebbe rispettare in corrispondenza ai diversi livelli del coefficiente di CET1, ipotizzando che il buffer anticiclico sia fissato nella misura massima del 2,5% (buffer di conservazione + buffer anticiclico = 5%). Se, ad esempio, la banca registra un CET1 maggiore del 7% ma inferiore all 8,25%, ossia con un surplus di capitale rispetto al minimo che si colloca all interno del 3 quartile (4,5%+ 75%*5% = 8,25%), il coefficiente minimo di conservazione del capitale sarà pari al 60%. Solo quando il CET1 sia superiore al 9,5%, la banca non sarà vincolata nella distribuzione dei profitti. 12 Il buffer di conservazione intende tutelare la solvibilità della singola banca in situazioni di stress: l effetto è quindi anche quello di attenuare la pro-ciclicità del requisito minimo di capitale. 13 La CRDIV/CRR prevede che le autorità di vigilanza nazionali, in particolari condizioni, possano imporre buffer anche superiori al 2,5% di ARP se ciò sia considerato necessario in relazione allo specifico contesto macroeconomico. Il buffer anticiclico opera a livello nazionale e si applica sia alle banche domestiche sia alle sussidiarie estere operanti nel paese. 9

10 Tav. 3 - Requisiti minimi di conservazione del capitale se la banca è soggetta ad un buffer anticiclico del 2,5% Coefficiente CET1 Coefficienti minimi (% ARP) di conservazione del capitale (% degli utili) 4,5%-5,75% (all interno del 1 quartile del buffer totale) 100% >5,75%-7% (all interno del 2 quartile del buffer totale) 80% >7%-8,25% (all interno del 3 quartile del buffer totale) 60% >8,25%-9,5 (all interno del 4 quartile del buffer totale) 40% >9,5% (>100% del buffer totale) 0% 4.III - Buffer per le G-SIIs Le banche e le altre istituzioni finanziarie di rilevanza sistemica (Global systemically important institutions, G-SIIs), che ogni autorità di vigilanza nazionale deve indicare specificamente 14, devono detenere un buffer addizionale di CET1, compreso fra l 1% e il 3,5% dell ARP. Questo buffer serve per tener conto dei maggiori rischi che esse pongono per il sistema finanziario nonché del potenziale impatto che una loro insolvenza può generare per i contribuenti e i risparmiatori. Nell ipotesi che le autorità nazionali decidano di appplicare il buffer sistemico, alle G-SIIs sarà prescritto il più elevato fra il buffer G-SIIs e quello sistemico. 4.IV - Buffer sistemico Ogni autorità nazionale può introdurre un ulteriore buffer sistemico a carico di tutte le banche o di particolari comparti di banche per prevenire o mitigare rischi sistemici o macroprudenziali diversi da quelli ciclici. Questo buffer, costituito da CET1, può variare a discrezione delle autorità nazionali fra l 1 e il 3% dell ARP, ivi comprese le esposizioni situate in altri paesi; valori superiori, fino ad un massimo del 5% devono essere autorizzati dalla Commissione Europea. 14 Sono considerati dalla CRDIV/CRR intermediari finanziari sistemici non solo le banche G-SIBs identificate dal Financial Stability Board a livello mondiale ma anche le banche definite sistemiche dallo specifico Paese. I criteri con cui le autorità di vigilanza dei singoli stati membri identificano la lista delle G-SIIs devono tener conto delle dimensioni, dell interconnessione, della sostituibilità dei servizi forniti all economia, della complessità e dell attività internazionale svolta dal gruppo. Sono individuate almeno 5 subcategorie di G-SIIs, con buffer crescenti da quella più bassa a quella più alta. 10

11 Calibrazione dei requisiti di capitale 5. INDICE DI LEVA FINANZIARIA Basilea III, oltre ai requisiti di capitale ponderati per il rischio, introduce un indicatore minimo di leva finanziaria (leverage ratio) non aggiustato per il rischio pari al 3%. Leverage Ratio = T1 esposizione totale 3% Dove: T1 = Capitale Primario al netto delle deduzioni (cosi come calcolato ai fini del T1 ratio previsto dal I Pilastro di Basilea III); Esposizione totale = Totale delle attività in bilancio, dei derivati, delle operazioni a termine e delle operazioni fuori bilancio. La misura dell esposizione totale dovrà essere calcolata secondo gli stessi metodi utilizzati per misurare l esposizione ai rischi di credito, di controparte e di mercato ai fini dell applicazione dei requisiti di capitale ponderati per il rischio. L esposizione su derivati e sulle operazioni a termine si calcola quindi utilizzando il relativo costo di sostituzione (corrente e potenziale); l esposizione per operazioni fuori bilancio si calcola in base ai fattori di equivalente creditizio previsti per le diverse tipologie di contratti. Gli obiettivi del leverage ratio sono: - Limitare la crescita del leverage delle banche e quindi gli effetti destabilizzanti dei processi di deleveraging per il sistema finanziario e l economia; 11

12 - Rafforzare i requisiti di capitale ponderati per il rischio, fissando una soglia oltre la quale il T1 non può essere ridotto, quale che sia il valore medio del coefficiente di ponderazione per il rischio; - Limitare l effetto dei possibili errori di modello impliciti nel calcolo dell attivo ponderato per il rischio. Relazione fra leverage ratio e T1 ratio: Le banche sono vincolate a rispettare congiuntamente i valori minimi del leverage ratio e del T1 ratio. Il rispetto congiunto dei due vincoli definisce la misura del T1 minimo di cui le banche devono essere dotate. Ponendo EAD l esposizione totale, e RW il coefficiente medio di ponderazione per il rischio, la seguente relazione: 3%* EAD = 8,5%*EAD*RW definisce l uguaglianza fra il T1 minimo necessario per il coefficiente di leverage e il T1 minimo necessario per il T1 ratio (T1/ARP 8,5%, secondo Basilea III). L uguaglianza si realizza se RW = 3%/8,5% = 35,29%. Se RW < 35,29%, il T1 minimo per rispettare il leverage ratio è maggiore di quello necessario per T1 capital ratio (ossia il requisito di T1 ponderato per il rischio). Il valore di RW pari a 35,29% è quindi la soglia del coefficiente medio di ponderazione dell attivo al di sotto della quale il leverage ratio morde, ossia obbliga la banca a dotarsi di un T1 maggiore di quello che sarebbe necessario per rispettare solo il requisito di capitale ponderato per il rischio. In questo senso, il coefficiente di leverage definisce quella si potrebbe definire una misura di sicurezza contro gli eccessivi livelli di leverage consentiti dai requisiti di capitale ponderato per il rischio in presenza di valori molto bassi di RW 15. Esempio: EAD = 1000 ARP = 400, con RW = 0,40 La differenza fra il T1 necessario per soddisfare il vincolo del coefficiente di leverage e il T1 necessario per rispettare il minimo T1 ratio è: EAD*(3% - 8,5%*0,40) = 1000* (3% - 3,4%) = *0,40% = -0,4 Con RW pari a 0,40, il T1 necessario per il T1 ratio è superiore di 0,4 rispetto a quello richiesto per il leverage ratio. Quest ultimo quindi non morde, ossia non implica un fabbisogno addizionale di capitale regolamentare. Se RW = 0,30 T1 minimo per rispettare il leverage ratio = 30 T1 minimo necessario per il T1 ratio = 25,5 La differenza: 1000* (3% - *30%*8,5%) = 30 25,5 = 4,5 misura l incremento di T1 di cui la banca deve dotarsi per rispettare il coefficiente di leverage. 15 Cfr. Montanaro E. (2015), Leverage e regolamentazione del capitale 12

13 6. INDICATORI DI LIQUIDITÀ I requisiti quantitativi minimi di liquidità intendono conseguire due obiettivi complementari. Il primo è di promuovere la resilienza di breve periodo, assicurando che le banche dispongano di risorse sufficienti a superare situazioni di grave tensione di liquidità di durata limitata (un mese). A tal fine è stato definito il Liquidity Coverage Ratio (LCR). Il secondo obiettivo è quello di promuovere la resilienza strutturale delle banche al rischio di liquidità, incentivandole a finanziare l attivo con fonti di provvista stabili, minimizzando i rischi della trasformazione delle scadenze. L indicatore di liquidità strutturale, il Net Stable Funding ratio (NSFR), ha un orizzonte di un anno e intende garantire l equilibrio per scadenze dell intermediazione. Gli indicatori si basano su parametri di rischio prudenziali, armonizzati a livello internazionale. Alcuni parametri contengono, però, elementi che saranno definiti discrezionalmente dalle Autorità di vigilanza nazionali, per tener conto delle caratteristiche specifiche dei diversi sistemi finanziari. 6.I Indicatore di breve termine (Liquidity Coverage Ratio LCR) LCR = HQLA Deflussi netti di cassa attesi nei successivi 30 gg 100% Alle banche sarà richiesto di detenere stabilmente (in ogni tempo t) uno stock di attivi liquidi di alta qualità (High Quality Liquidity Assets, HQLA) sufficiente a resistere a 30 giorni di potenziali deflussi netti 16 di tesoreria in situazioni di stress, sia idiosincratiche (specifiche della singola banca) sia sistemiche (proprie di tutto il sistema finanziario). Lo scenario utilizzato per la stima dei deflussi netti di cassa nei futuri 30 giorni deve tener conto, ad esempio, di prelievi in proporzioni elevate della raccolta da clientela, dell eventualità di una riduzione della capacità di raccolta sul mercato interbancario per effetto di situazioni di crisi di liquidità specifiche o di sistemiche, di un utilizzo più elevato di quello normale delle linee di credito da parte della clientela affidata, dei deflussi di cassa che potrebbero originare da un deterioramento del rating della banca, della possibilità che la banca si trovi nella necessità di rimborsare propri debiti per mitigare il rischio di reputazione. Le HQLA ammesse a formare il numeratore dell indice devono essere dotate di liquidità anche in condizioni di stress e virtualmente ammissibili come garanzie da parte delle banche centrali. Devono essere strumenti non vincolati e facilmente liquidabili: quindi con basso rischio di credito e di mercato 17, di semplice valutazione (questo esclude i prodotti sintetici 16 Il LCR è stato introdotto nella regolamentazione europea a decorrere dal 1 gennaio 2015, con un valore minimo del 60%, e sarà aumentato annualmente del 10%, fino ad arrivare a regime (100%) nel Attività finanziarie a bassa duration, bassa volatilità, basso rischio d inflazione e denominate in una valuta con basso rischio di cambio. 13

14 o esotici), caratterizzati da bassa correlazione con le condizioni di stress di liquidità 18, quotati e scambiati su mercati efficienti. 19 I deflussi netti di cassa attesi nei 30 giorni si calcolano come differenza fra deflussi e afflussi di cassa attesi nei 30 gg. I deflussi di cassa attesi possono derivare sia dalla volatilità (prelievi superiori al normale) delle passività di bilancio sia dall utilizzo imprevisto delle garanzie concesse e degli impegni a finanziare (iscritti fuori bilancio). Si calcolano quindi: a) Moltiplicando l ammontare delle diverse passività per un fattore di run-off (fuga), crescente al crescere della volatilità delle fonti di raccolta: ad esempio, il fattore di run-off è 0% per i depositi a vista; 5% per i depositi assicurati a scadenza; 25% per i depositi e la raccolta non assicurata di imprese; 100% per la raccolta interbancaria e le passività sull estero. b) Moltiplicando l importo non utilizzato delle garanzie e degli impegni a finanziare per un coefficiente crescente al crescere della probabilità di utilizzo: il coefficiente è pari al 5% per le linee di credito non vincolanti verso privati e imprese minori; al 30% per le linee di credito verso le imprese maggiori; al 40% per quelle verso banche o altre controparti finanziarie etc. Gli afflussi di cassa attesi si calcolano moltiplicando le attività in bilancio (crediti e pronti contro termine attivi), che scadono contrattualmente (o che danno origine a pagamenti contrattuali in capitale e/o interesse) nei 30 giorni successivi, per un fattore che misura il tasso di rientro monetario atteso per le attività a scadenza nei 30 giorni. 20 Il peso dipende dalla probabilità di insolvenza del debitore e dal tipo di garanzia. Basilea III fissa comunque per la stima degli afflussi attesi un massimale pari al 75% dei deflussi, quale che sia il tasso di rientro monetario previsto per le attività in scadenza nei 30 gg. Questo massimale comporta che almeno il 25% dei deflussi deve essere coperto con HQLA. Tanto maggiore è il rischio di liquidità, quantificato al denominatore, tanto maggiore deve essere lo stock di attività liquide HQLA (a rendimento relativamente basso, quindi con elevato costo opportunità) detenute a copertura dello stesso. 18 Questo esclude i titoli emessi dalla stessa banca, che diventano poco liquidi in condizioni di tensione di liquidità. 19 Il Comitato di Basilea definisce due classi di attività liquide ammissibili come attività liquide di elevata qualità. La prima classe comprende strumenti ammessi senza limite al valore di mercato, non soggetti ad haircut: ad esempio, la cassa, le riserve mobilizzabili presso banche centrali, titoli negoziabili garantiti da governi e banche centrali con rating che comporta una ponderazione dello 0% secondo Basilea II o, se il rating è inferiore, emessi nella valuta nazionale in cui la banca ha assunto il rischio di liquidità. La seconda classe comprende strumenti di minore qualità, ammessi fino al 40% dello stock complessivo e soggetti ad un haircut sul valore di mercato non inferiore al 15%. Rientrano in questa categoria i titoli pubblici con coefficiente di ponderazione pari al 20% secondo Basilea II, scambiati su mercati larghi e caratterizzati da elevata liquidità, e le obbligazioni societarie e i covered bonds (non emessi dalla stessa banca), con sottostante il cui rating è almeno pari a AA- (se IRB, la PD deve essere corrispondente a quella associata al rating AA-, ossia inferiore all 1% ad un anno). 20 I crediti in sofferenza hanno peso zero. 14

15 6.II Indicatore di liquidità strutturale (Net Stable funding ratio NSFR) Ammontare disponibile di raccolta stabile Ammontare richiesto di raccolta stabile > 100% Obiettivo dell indicatore è di imporre alle banche un bilanciamento fra le fonti (numeratore) e gli impieghi (denominatore) di risorse stabili, al fine di minimizzare il gap di scadenze fra attivo e passivo. L ammontare della raccolta stabile disponibile (numeratore) corrisponde a quella parte di finanziamenti a titolo di capitale e di debito di cui si prevede di poter disporre in un orizzonte temporale di un anno in condizioni di stress (situazioni derivanti, ad esempio, da significative riduzioni nella redditività o nella solvibilità della banca per il peggioramento dei rischi di credito, di mercato o operativi; o dal possibile downgrading del debito emesso dalla banca). Ad ogni componente del passivo è attribuito un fattore di disponibilità nel lungo termine, pari, ad esempio, al 100% per il capitale e le passività con scadenza maggiore di un anno; al 90% per depositi al dettaglio a vista o con scadenza inferiore ad un anno; allo 0% per la raccolta interbancaria. L ammontare necessario di raccolta stabile (denominatore) è una stima del fabbisogno di finanziamenti stabili, che dipende dalla dimensione delle varie classi di attività e degli impegni fuori bilancio, ciascuna ponderata in funzione della liquidità e della vita residua (mediante fattori di required stable funding, RSF). Un attivo con grado di liquidità elevato è più facilmente utilizzabile come fonte di risorse monetarie in condizioni di stress (es. utilizzo come garanzia di operazioni di rifinanziamento) e quindi riceverà un coefficiente di ponderazione RSF inferiore rispetto a quello assegnato alle attività meno liquide, che richiedono un finanziamento più stabile. I fattori RSF sono parametri definiti dal Comitato di Basilea che approssimano, per ogni tipologia di attivi, la quota che si ritiene non potrebbe essere monetizzata mediante la vendita o l impiego come garanzia in condizioni protratte di tensione di liquidità (1 anno), e che quindi deve essere coperta con raccolta stabile. I fattori RSF variano quindi da 0 per la cassa; al % per i titoli accettati dalle banche centrali per i finanziamenti di liquidità, in funzione del rating e del RW degli stessi; al 100% per i titoli emessi da banche; al 100%-65% per i prestiti, in funzione della durata, del rating e di RW; etc. 7. AUMENTO DELLA COPERTURA DEI RISCHI (RW) Come risposta immediata alla crisi, il Comitato di Basilea già nel luglio 2009 decise un incremento rilevante dei requisiti patrimoniali per il rischio di mercato, con l obiettivo di rimuovere gli incentivi agli arbitraggi regolamentari fra banking e trading book. Le nuove regole, note come Basilea II.5, sono entrate in vigore dalla fine del Le nuove regole sono state recepite dall Unione Europea con la Direttiva 2010/76/EU del 24 novembre 2010 (CRD3). Il fabbisogno di capitale per il rischio di mercato è stato incrementato di tre/quattro volte rispetto a quello richiesto dalla versione originaria di Basilea II. 21 Si usa definire Basilea II.5 l insieme delle modifiche introdotte dal BCBS al trattamento prudenziale del rischio di mercato e delle cartolarizzazioni, contenute nel documento Enhancement to the Basel II framework del luglio

16 Basilea III e la CRDIV/CRR aggiungono a quanto già previsto da Basilea II.5 un aumento dei requisiti patrimoniali per il rischio di controparte originato dai derivati OTC e in generale dalle esposizioni verso controparti finanziarie: a tale scopo le soluzioni adottate sono, in particolare: a) Aumento del coefficiente di correlazione: per il calcolo delle perdite inattese su esposizioni nel banking book (metodo IRB) nei confronti d intermediari finanziari sistemici 22, il coefficiente di correlazione è aumentato applicando un moltiplicatore di 1,25 ai valori correnti (che quindi passano da 12-24% a 15-30%). b) La stima mediante modelli interni del costo di sostituzione dei contratti (Expected Positive Exposition, EPE) - che corrisponde alla misura dell EAD per il rischio di credito dei derivati OTC - deve tener conto della potenziale volatilità e illiquidità dei mercati in condizioni di stress (calcolo dello stressed VAR). c) Introduzione nel Primo Pilastro di uno specifico requisito patrimoniale a copertura di potenziali perdite dovute alle variazioni dei prezzi di mercato causate dal deterioramento del merito di credito (ossia dall aumento degli spread per il rischio di credito sui mercati OTC) delle controparti (rischio di rettifiche di valore della componente creditizia dei contratti derivati, credit valuation adjustment, CVA). 23 Per fronteggiare il rischio sistemico derivante dall interconnessione fra banche e altre istituzioni finanziarie tramite i mercati dei derivati, il Comitato introduce una serie di incentivi a trasferire le esposizioni in derivati verso le Controparti Centrali (Central Counterparties, CCP) 24 caratterizzate da robusti standard patrimoniali ed operativi. Il nuovo trattamento del rischio di controparte è stato introdotto dalla CRDIV/CRR con applicazione immediata. Un ulteriore possibile aumento del valore di RW può derivare da maggiorazioni dei coefficienti di ponderazione per i finanziamenti immobiliari (mutui) che le autorità di vigilanza possono imporre alle banche nazionali (o a comparti specifici del sistema bancario). L obiettivo è tipicamente macro-prudenziale. La CRDIV/CRR prevede invece, per favorire i finanziamenti alle PMI, la riduzione del corrispondente attivo ponderato per il rischio di credito mediante la moltiplicazione per un fattore di supporto (pari a 0,7619), che ha l effetto di azzerare per questi finanziamenti 22 Sono considerati intermediari finanziari di dimensioni sistemici le banche G-SIBs, i brokers/dealers, e le società di assicurazioni con attività non inferiori a 25 miliardi di dollari, nonché tutti gli hedge funds. 23 Basilea II contempla il rischio di insolvenza della controparte, ma non quello di CVA che, durante la crisi finanziaria, ha causato alle banche perdite maggiori rispetto a quelle relative ai casi di vero e proprio default. Il CVA misura il capitale necessario per coprire le perdite potenziali derivanti dalla volatilità degli spread per il rischio di credito. Il requisito di capitale complessivo minimo per il rischio di controparte dei derivati OTC è quindi la somma dell 8% dell esposizione ponderata, calcolata in base al costo di sostituzione attuale e futuro + il CVA. 24 Le Controparti Centrali (CCP) sono istituzioni giuridicamente indipendenti che si interpongono fra compratore e venditore di un contratto derivato. Quando un derivato è negoziato mediante una CCP, il contratto originario è sostituito da due contratti: fra la CCP e ciascuno dei due contraenti. A questo punto, venditore e compratore non sono più controparti uno dell altro: il ruolo di controparte per ciascuno dei due è assunto dalla CCP. Questo comporta tre principali vantaggi. In primo luogo, migliora la gestione del rischio di controparte. In secondo luogo, la CCP è in grado di svolgere una compensazione multilaterale delle esposizioni e dei pagamenti. In terzo luogo, migliora la trasparenza, consentendo alle autorità di regolazione dei mercati e agli investitori di avere informazioni sui prezzi e le quantità dei contratti. 16

17 l assorbimento di capitale derivante dal buffer di conservazione. Il fattore di supporto è pari al rapporto fra il requisito minimo di capitale (8%) e il requisito di capitale comprensivo del buffer di conservazione del capitale (10,5%). Esempio: Portafoglio finanziamenti PMI, valore dell esposizione (EAD)= 1000 RW (metodo standardizzato, portafoglio retail): 75% RWA = 750 Requisito minimo di capitale (comprensivo del buffer di conservazione): 10,5% RWA PV/EAD (senza il supporto) = 10,5%*RW = 7,875% RWA corretto per il fattore di supporto = (8%/10,5%)*RW*EAD = 0,7619*75%*1000 = 571,425 RWA corretto/ead (coefficiente medio di ponderazione dopo il supporto) = (8%/10,5%)*75% = 0,5714 PV/EAD (calcolato con il buffer di conservazione su RWA corretto per fattore di supporto) = 10,5%*(8%/10,5%)*75% = 8%*75% = 6% Per effetto del fattore di supporto, il fabbisogno di capitale per i finanziamenti alle PMI è quindi pari all 8%*RWA, ossia a quello calcolato senza il buffer di conservazione. 8. IMPATTO DI BASILEA III 25 L implementazione di Basilea III ha comportato per le banche la necessità di coprire il deficit di capitale per adeguarsi ai nuovi più stringenti vincoli di capitalizzazione. Il deficit di capitale ossia il fabbisogno di capitale regolamentare originato dal passaggio da Basilea 2 a Basilea 3 - deriva da: a) l aumento dei requisiti minimi per il CET1 e T1, incluso il buffer di conservazione (per tutte le banche), quello per le banche sistemiche, e gli altri buffer, quando applicati. b) la nuova definizione degli strumenti ammessi nelle diverse componenti del patrimonio di vigilanza. c) le maggiori deduzioni, che riducono l ammontare del capitale computabile ai fini del rispetto dei requisiti; d) l impatto del leverage ratio, in particolare per le banche caratterizzate da un valore di RW medio particolarmente basso; d) l aumento dell ARP (attivo di rischio ponderato), e, in particolare, dei coefficienti di ponderazione per il rischio per il trading book, le cartolarizzazioni e il rischio di controparte (che si traducono in aumento del rapporto fra attivo di rischio ponderato e totale attivo, comprese le poste fuori bilancio). Particolarmente rilevante è altresì l impatto previsto per nuovi requisiti di liquidità (la cui applicazione è, non a caso, posticipata rispetto all entrata in vigore delle nuove regole sul capitale). La minore trasformazione delle scadenze e l aumento della detenzione di attività liquide derivanti dalla necessità di rispettare i nuovi indicatori di liquidità sono destinati ad 25 L impatto di Basilea III sul costo e la quantità dell offerta di credito è stato analizzato in molti studi, anche alla luce dei criteri in base ai quali le banche definiscono il volume desiderato del capitale, dati i vincoli regolamentari e gli obiettivi di profitto e di crescita dell intermediazione. Fra questi lavori, si suggerisce in particolare: Cosimano T. e Hakura D. (2011) Bank behavior in response to Basel III: A cross-country analysis, IMF Working Paper WP/11/119; e Cecchetti S. (2014), The Jury is in, CEPR Policy Insight No

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