FEDELTÀ E DISTANZA DELLA LINGUA POETICA GIUDICI TRADUTTORE DI ELIOT LAURA NERI

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1 1 FEDELTÀ E DISTANZA DELLA LINGUA POETICA GIUDICI TRADUTTORE DI ELIOT LAURA NERI Risale a tempi remoti, addirittura al 1946 o al 1947, il primo lavoro di traduzione che Giudici compie sui testi di Eliot; in particolare, per sua stessa dichiarazione, la prima sezione di Mercoledì delle ceneri (1930) è tradotta molto precocemente, e ripresentata cinquant anni dopo, «completamente rifatta», in un libro che ospita prevalentemente poesia inglese. 1 Il titolo della raccolta, A una casa non sua, è l ultimo verso di una composizione di Robert Graves, Frightened men, qui inclusa e tradotta. 2 Giudici si appropria di tale espressione, per identificare con essa il lavoro del traduttore, costantemente proiettato verso la dimensione straniante di una lingua non sua, e contemporaneamente teso verso la ricerca di un contatto tra i due mondi. Lungo i decenni del secondo novecento, infatti, parallelamente all attività creativa, emerge frequentemente, nei saggi, nelle pagine di critica militante e di riflessione sulla letteratura, il problema della traduzione. Il discorso di Giudici ruota quasi ossessivamente intorno a due concetti fondamentali, che costituiscono il presupposto del suo lavoro: innanzitutto afferma che una distanza ineludibile deve sussistere tra la poesia originaria e il testo tradotto, quale condizione primaria perché si instauri un rapporto dialettico, ma al contempo affronta una questione conflittuale e controversa, quella dell affinità tra il poeta e il suo traduttore: La cosiddetta affinità non sempre è elemento utile, e tanto meno necessario, alla riuscita di una decente traduzione in versi. [ ] E, del resto, non è forse da una grande lontananza o diversità che più facilmente può nascere, se non un amore, almeno la curiosità di capire? Ecco: questa «distanza». Essa sì che può essere una condizione utile al tradurre. 3 1 GIOVANNI GIUDICI, A una casa non sua. Nuovi versi tradotti ( ), Milano, Mondadori, Si tratta di una breve poesia, il cui titolo in italiano è Uomini spaventati, che mette in scena il difficile e talora irrisolto rapporto tra i sessi, metaforicamente rappresentato dalle immagini dei felini e dei topi (GIOVANNI GIUDICI, A una casa non sua, cit., pp ). 3 GIOVANNI GIUDICI, Addio, proibito piangere e altri versi tradotti ( ), Torino, Einaudi, 1982, p. IX.

2 2 La distanza finisce per diventare, nei testi teorici di Giudici e all interno delle sue considerazioni sulla letteratura, una condizione necessaria alla traduzione stessa. Non versi dal francese o dallo spagnolo, dunque, possono figurare nei suoi libri, perché impossibile sarebbe sentire Baudelaire o Machado «abbastanza stranieri, abbastanza lontani»; 4 l inglese, il russo, il ceco, invece, sono lingue che trovano, nell argomentazione del poeta ligure, una ragione per essere tradotte in italiano. La metafora della casa come immagine del fare poetico, difatti, sorregge il percorso che Giudici compie, affrontando la poesia di lingua inglese; e l attenzione che egli dedica a Eliot non è certamente nuova. Non solo i suoi esperimenti giovanili di traduzione avevano già incontrato una sezione di Mercoledì delle ceneri, ma in un saggio del 1982 aveva celebrato i sessant anni di The Waste Land, identificando in quest opera il mito di un intera generazione. 5 Nella «poco anglofona Italia» degli anni venti, trenta e quaranta, Eliot si collocava a una distanza planetaria, sostiene Giudici, sia linguisticamente che ideologicamente; eppure, quando viene in Italia nel dopoguerra, raduna una folla di persone che vogliono ascoltare i suoi versi e la sua voce, perché la poesia si consegna liberamente alla «forza della parola». Questo, infatti, è il punto cruciale: la lingua poetica assume per Giudici una connotazione stilistica ma anche una consistenza materiale; la sua ricerca espressiva si rivolge sempre più verso la «scoperta della lingua come entità fisica». 6 Fare poesia, scrive in una serie di appunti del 1988, significa «utilizzare un materiale di esperienze fisiche e sentimentali per fabbricare oggetti linguistici multi-uso». 7 La natura complessa della poesia, dunque, non può limitarsi all azione di un meccanismo sintattico, ma è piuttosto un sistema articolato di componenti connesse fra loro: Una poesia non è fatta soltanto di parole e di nessi sintattici il cui senso è dato dalle cose e persone e situazioni alle quali si riferiscono e che perciò vanno sotto il nome di referenti; ma è fatta anche dei modi in cui suonano all orecchio, del ritmo che si può cogliere nella lettura, dei procedimenti retorici 4 GIOVANNI GIUDICI, ibidem. 5 GIOVANNI GIUDICI, Per forza e per amore. Critica e letteratura ( ), Milano, Garzanti, 1996, pp GIOVANNI GIUDICI, Andare in Cina a piedi. Racconto sulla poesia, Roma, Edizioni e/o, 1992, p GIOVANNI GIUDICI, ibidem.

3 3 (per esempio: le rime) attraverso i quali parole e nessi sintattici vengono organizzati, nonché dei riferimenti individuabili rispetto al contesto storico-culturale dell autore e/o del lettore. 8 Ne consegue necessariamente che il lavoro di traduzione diventa un interrogativo aperto per Giudici, il quale, sul piano teorico della scrittura saggistica, non può che affrontarlo attraverso un argomentazione che procede per coppie oppositive. 9 Così, emerge il diverso atteggiamento di fronte alle lingue affini rispetto alle lingue lontane; la traduzione interlineare contrasta con la traduzione poetica; la tendenza a ritenere impraticabile la trasposizione di una poesia si afferma parallelamente al contemporaneo frequente esercizio traduttorio. L obiettivo, in questo senso, è evidente, in un poeta che traduce un altro poeta: una ragionevole fedeltà all originale deve convivere con l idea per cui non si passa tanto da una lingua a un altra, bensì da lingua poetica a lingua poetica. A maggior ragione, di fronte alla «densa lingua poetica eliotiana», il problema della traduzione si profila particolarmente delicato. Il concetto di distanza torna a costituirsi, in questo senso, come una componente fondamentale dell atto di traduzione, poiché diventa il luogo dove è possibile articolare e cogliere la dinamica tra il senso del testo originale, e i registri del ritmo, l insorgere delle rime, la musica, la varietà dei toni. La prima sezione di Ash-Wednesday, composta da strofe irregolari di varia lunghezza, è densa di citazioni, a cominciare dal primo verso, Because I do not hope to turn again, che evoca la Ballata di Guido Cavalcanti, Perch i no spero di tornar giammai. Osserva Massimo Bacigalupo che, proprio perché l autore compie una riscrittura di un verso italiano, «è un rompicapo tradurre i primi versi di Ash-Wednsday»: Eliot, infatti, rischia il falso amico, poiché «scrive turn per tornare, e non si tratta affatto dello stesso significato». 10 Di conseguenza, Giudici si trova ad affrontare un doppio livello, e dall inglese, almeno in questo inizio di strofa, deve ritornare a un ipotetica lingua d origine della citazione, cioè l italiano. Ma Cavalcanti offre solo l incipit ai versi di Eliot, che affrontano poi un tema ricorrente, già molto presente in The Waste Land, cioè quello della relativizzazione del tempo rispetto allo scorrere cronologico dell esistenza: 8 Ivi, p Cfr. Tradurre poesia, in GIOVANNI GIUDICI, Andare in Cina a piedi, cit., pp MASSIMO BACIGALUPO, Giudici e le case strane del poeta traduttore, in GIOVANNI GIUDICI, A una casa non sua, cit., p. 202

4 4 Because I do not hope to turn again Because I do not hope Because I do not hope to turn Desiring this man s gift and that man s scope I no longer strive to strive towards such things (Why should the agèd eagle stretch its wings?) Why should I mourn The vanished power of the usual reign? Perch io non spero di tornare ancora Perch io non spero Perch io non spero di tornare Di questo o quello bramando il talento o il valore A tali cose non aspiro ad aspirare (Perché la vecchia aquila si leverebbe in volo?) E io perché dovrei Piangere su un perduto potere consueto? Una struttura evidentemente anaforica sorregge la prima strofa, dove i tre versi iniziali si sviluppano attorno a una ripetizione non identica. E se il parallelismo costitutivo di questo incipit attribuisce subito alla poesia un tono rituale, la traduzione di Giudici ripropone fedelmente il ritmo alternato dell iterazione. Diversa è la scelta per il verso successivo, poiché la distribuzione degli elementi presenta un ordine che modifica, anche se non palesemente, la struttura dell originale. A this man s gift and that man s scope corrisponde, infatti, una forma più discorsiva, che affida l attribuzione delle qualità umane a un rapporto più casuale tra l individuo e il molteplice: Di questo o quello bramando il talento o il valore. Tipica e ricorrente situazione nella poesia di Giudici, d altra parte, è la rappresentazione di un io che sceglie, con diversi gradi di consapevolezza, questa posizione di straniamento dal mondo degli altri, e contemporaneamente assume un punto di vista interno ma differenziato. In realtà Giudici non corregge mai drasticamente Eliot, lo legge piuttosto secondo la propria sensibilità poetica e, in primo luogo, secondo la sua percezione ritmico-musicale. La ripetizione, motivo fondante e ricorsivo in Eliot, è invece ossessivamente mantenuta, in virtù di una fedeltà non solo stilistica ma ritmica e semantica. Il sapiente uso del poliptoto di «non aspiro ad aspirare» restituisce il parallelismo del verso originale da un lato, e l enfasi posta sul soggetto enunciativo dall altro. La stessa modalità simbolica e allegorica che appartiene fin dall inizio alla poesia di Eliot si presenta anche qui, già dalla prima strofa, con l immagine dell aquila, a cui il traduttore accosta contrastivamente la forma esplicita del pronome di prima persona singolare («E

5 5 io perché dovrei»). Non solo: Giudici introduce liberamente un altra forma di iterazione fonica a chiusura della strofa, nella cadenza allitterativa dell ultimo verso (Piangere su un perduto potere), figura che invece è totalmente assente nell originale. Ancora fedele al verso eliotiano, in particolare nell eco di ripetizioni e assonanze, è la seconda strofa. Il ritmo e la musicalità prevalgono sull attenzione al metro, poiché Giudici non conta generalmente le sillabe. Si alternano endecasillabi a settenari, ma anche versi di misura variabile, lunghi o corti. L inglese, è noto, è una lingua sintetica, a differenza dell italiano, dunque il concetto stesso di fedeltà deve essere declinato secondo questa variabile. Eppure, lungo il percorso di ricerca di una ricorsività musicale, Giudici lavora anche sulla rima. Non sono certo frequenti le rime in questo testo, ma i verbi che in inglese non risultano associati da un legame fonico, né da alcuna identità di suono, costituiscono in italiano catene lunghe o brevi di infiniti che rimano tra loro. Tale presenza, lieve nella prima strofa (tornare:aspirare), diventa più incisiva nella seconda (sapere:potere:bere), con un effetto di maggiore concentrazione semantica intorno al soggetto enunciativo: Because I do not hope to know again The infirm glory of the positive hour Because I do not think Because I know I shall not know The one veritable transitory power Because I cannot drink There, where tree flowers, and springs flow, for there is nothing again Perch io non spero di conoscere ancora La dubbia gloria dell ora positiva Perch io non penso Perch io so che mai potrò sapere Il solo e vero e labile potere Perch io non posso bere Là dove è in fiore l albero e sgorga la sorgente perché niente ritorna Il confronto con la più nota traduzione di Roberto Sanesi mostra, lungo tutta la sezione ma in particolare in questa seconda strofa, una differenza rilevante proprio a livello di scelte lessicali. 11 Il principio della variatio è introdotto rispetto alla quasi ossessiva ricorrenza del Because I a inizio verso nel testo originale: così, mentre Giudici ripete senza timore Perch io, Sanesi passa dal Perché al Poi che causale. Anche i primi versi delle due rispettive strofe sono presentate da Giudici in una traduzione aderente all originale, nella struttura parallela e nella distribuzione delle parole, al fine di 11 THOMAS STEARNS ELIOT, Opere , (a cura di Roberto Sanesi), Milano, Bompiani, 2001.

6 6 evidenziare un ritmo identico e ripetitivo negli incipit del discorso poetico, con un evidente epifora nell iterazione di quell ancora, che d altra parte rispecchia la posizione dei due again. Invece Sanesi preferisce variare il ritmo, e di conseguenza quasi annullare il parallelismo dei due versi che introducono le strofe. Altri sono i mutamenti, talvolta significativi, talvolta riducibili a dettagli, che si possono rilevare fra le due traduzioni, riconducibili probabilmente a una scansione ritmica e temporale che finisce per configurare diversamente non solo il dettato poetico, ma il tono e l andamento dei versi, più cantilenanti in un senso, più narrativi nell altro. Da notare che i plurali del testo inglese, trees flower, and springs flow, diventano soggetti singolari, e qui Giudici è certo meno aderente all originale: Là dove è in fiore l albero e sgorga la sorgente. Anche la clausola finale è più liberamente gestita (for there is nothing again perché niente ritorna), ma non manca, in questa scelta espressiva, il riferimento circolare alla formula d apertura. Il nucleo tematico che investe direttamente la questione del tempo e dello spazio si sviluppa in modo esplicito nella terza strofa. Eliot rappresenta le due dimensioni attraverso una grande tautologia, filtrata dalla percezione soggettiva e modulata ancora una volta nei primi due versi su una struttura parallela: Because I know that time is always time And place is always and only place And what is actual is actual only for one time And only for one place I rejoice that things are as they are and I renounce the blessèd face And renounce the voice Because I cannot hope to turn again Consequently I rejoice, having to construct something Upon which to rejoice Perch io so che il tempo è sempre tempo E che lo spazio è sempre e solo spazio E l attuale è tale per un solo Tempo e in un solo spazio Io mi accontento delle cose come stanno e Rinunzio al santo volto E rinunzio alla voce Perch io non spero di tornare ancora Perciò mi allieta il dover costruite Qualcosa di cui gioire La traduzione italiana deve ovviamente compiere una scelta non insignificante di fronte ai termini time e place, cioè riportarli con l articolo determinativo o senza. Giudici neutralizza gli articoli, producendo l effetto, in questo caso, di una considerazione sentenziosa che si attualizza nell immagine seguente, e in un processo deduttivo che dal generale si volge al particolare.

7 7 Tempo e spazio, ora oggetti privilegiati del discorso poetico, si costituiscono per aggregazioni successive, intorno a un io che, nel tentativo continuo di rappresentarsi, cerca, si annulla, gioisce di nuovo. Ash-Wednesday si colloca nel periodo della conversione di Eliot all anglicanesimo, caratterizzata dall'ispirazione religiosa e da accenni di speranza, dopo una fase di profondo pessimismo. Accanto dunque all autoaccusa, al pentimento, compaiono i segni più propositivi della volontà e della possibilità di una rigenerazione. Sull elaborazione poetica e personale del cattolico Giudici, sempre in conflitto con il cattolicesimo stesso, il percorso ideologico del poemetto risultava particolarmente influente. Di nuovo Massimo Bacigalupo, riflettendo sulle scelte di traduzione, sostiene che «forse l anglocattolico Eliot è più vicino alla sensibilità di Giudici del neopagano Pound». 12 E prosegue, ricordando che per il poeta ligure è importante tradurre salvando, nei limiti del possibile, «una certa omofonia rispetto all originale». Ancora una volta, si tratta di una tendenza alla fedeltà che investe sia il livello tematico che quello fonico e musicale. Nel rapporto tra metro e sintassi, Giudici usa invece più liberamente l enjembement: tra il penultimo e l ultimo verso della strofa, separa il predicato dal complemento oggetto, concentrando l enfasi del discorso sull attività enunciativa dell io, e spezzando un unità logico-sintattica diversamente concepita nel testo di partenza. E proprio in funzione di tali scelte, Giudici chiama frequentemente in causa, nei suoi saggi teorici e nelle sue riflessioni sulla lingua, quel concetto di distanza che continua, negli anni, a considerare un presupposto della trasposizione poetica: «il traduttore saprà anche che il risultato del suo lavoro sarà comunque, rispetto all originale, qualcosa di meno o di diverso». 13 E se il verso è l unità di base della poesia, le soluzioni autonome e meno fedeli insistono sempre sulla ripetizione cantilenante, come se questa fosse la chiave di lettura di un testo che si sviluppa linearmente, ma ritorna sempre su se stesso. Nella strofa in cui più esplicitamente Eliot esprime il suo atto di fede, Giudici accentua stilisticamente le anafore (aggiungendo la E iniziale al quarto verso, inesistente nell originale), ma mantenendo, a differenza della traduzione di Sanesi, una fedeltà rigorosa dell ordine delle parole nei versi. Cioè, mentre Sanesi tende a una narratività del verso che, spezzato, viene rielaborato in direzione di un discorso più fluido (Queste 12 MASSIMO BACIGALUPO, Giudici e le case strane, cit. p GIOVANNI GIUDICI, Per forza e per amore, cit., p. 26.

8 8 cose che troppo Discuto con me stesso e troppo spiego), Giudici cerca quasi ossessivamente un ritmo parallelo al testo inglese: 14 And pray to God to have mercy upon us And I pray that I may forget These matters that with myself I too much discuss Too much explain Because I do not hope to turn again Let these words answer For what is done, not to be done again May the judgement not be too heavy upon us E prego Iddio d aver pietà di noi E prego di poter dimenticare Queste cose che fra me troppo discuto E troppo spiego Perch io non spero di tornare ancora Rispondano queste parole Per ciò che è fatto e non è da rifare Possa il giudizio non essere troppo grave su noi Le modifiche lessicali si dissolvono, in questa sorta di preghiera e di invocazione, verso la quale Giudici sembra manifestare un reverenziale rispetto, nella trasposizione quasi letterale. Così come avviene anche nella strofa successiva, dove le immagini concentrano la loro forza icastica particolare sulla scansione dei versi. Le ali (che richiamano di nuovo il riferimento allegorico all aquila della prima strofa), l impossibilità del volo, l aria come ostacolo fondamentale sono gli oggetti che circoscrivono lo spazio dell io, reale e simbolico. Infatti, l analogia si stabilisce fra l aria e la volontà dell uomo, arida e fiacca: due termini a confronto, appartenenti a sfere semantiche molto distanti, una spaziale e l altra esistenziale, caricati da un aggettivazione che ne permette, appunto, il rapporto. 15 I versi finali sono allocutivamente declinati sulla seconda persona singolare, e Giudici qui compie una scelta lessicale più estrema di Sanesi, ma probabilmente anche di Eliot, adottando un sostantivo astratto e definitivo, Insegnaci l immobilità. Certo, Giudici ha recepito 14 Scrive GIOVANNI GIOVANNI, a proposito del suo lavoro di traduzione da un altro poeta inglese, Robert Frost: «Però, non so come, forse per un istintivo timor reverentiae di fronte al testo di un poeta famoso, non mi permisi, nemmeno nella prima grezza stesura, di alterare quella che (l avrei imparato più tardi traducendo Il problema del linguaggio poetico di Jurij Tynjanov), è l unità di base della lingua poetica, cioè il verso: tanto che rimasi un poco meravigliato quando, a lavoro finito, Giulio Einaudi ebbe a lodarmi perché le traduzioni contavano lo stesso numero di versi che gli originali», in Per forza e per amore, cit., pp Da notare che Sanesi traduce il termine vans con piume e, ancora una volta, altera l ordine e la disposizione dei versi, che diventano sette in questa strofa originariamente composta da sei versi: «E poi che queste ali più non sono ali Atte a volare ma soltanto piume Che battono nell aria L aria che ora è limitata e secca Più limitata e secca della volontà Insegnaci a aver cura e a non curare Insegnaci a starcene quieti», in THOMAS STEARNS ELIOT, Opere, cit., p. 889.

9 9 l esigenza metafisica di questa poesia, e la sua trasposizione ne vuole implicare valenze e immagini: Because these wings are no longer wings to fly But merely vans to beat the air The air which is now thorughly small and dry Smaller and dryer than the will Teach us to care and not to care Teach us to sit still Perché queste ali non sono più ali da volare Ma solo vagli che scuotono l aria L aria per ogni dove adesso arida e fiacca Più arida e fiacca che la volontà Insegnaci a badare e a non badare Insegnaci l immobilità Ma l esito metricamente più libero è certamente quello dell ultima strofa, dove i due versi lunghi inglesi chiudono la prima sezione del poemetto. Giudici li divide e li sdoppia, cristallizzando in una dimensione temporale indeterminata l invocazione finale. Il tempo storico lascia decisamente il posto a una atemporalità, nella quale la voce poetica prega, invoca, ripete, con le già consuete minime variazioni: Pray for us sinners now and at the hour of our death Pray for us now and at the hour of our death. Prega per noi peccatori Ora e nell ora della nostra morte Prega per noi Ora e nell ora della nostra morte. La sospensione dal tempo comporta la sospensione dallo spazio: traducendo i due versi, già speculari tra loro nell originale, Giudici dà luogo a una forma parallela che ne mette in evidenza la struttura. Nella trasposizione italiana, appare evidente la variazione tra primo e terzo verso, e altrettanto visibilmente efficace è l identità tra il secondo e il quarto. Merita una particolare attenzione quest ultima corrispondenza, costituita da due endecasillabi; la natura più sintetica della lingua inglese, come si diceva precedentemente, è resa in questo caso da una distesa musicalità che trasforma il distico in una strofa a quattro versi. Il principio costruttivo ritmico-metrico, che Giudici legge nel testo di Tynjanov, è in questo caso funzionale all articolazione del discorso che, pur mantenendosi aderente al testo d origine, dà forma a una diversa dispositio. E se nel finale il traduttore ricrea uno schema metrico, non è certo perché intende ipotizzare un interpretazione autonoma rispetto al testo inglese. Piuttosto si tratta di un intento che sorregge il lavoro di Giudici fin dall inizio, e attraversa i decenni del

10 10 secondo novecento: il principio secondo cui tradurre significa rendere accessibile un testo a un pubblico più ampio della ristretta cerchia di lettori che conoscono bene la lingua d origine; significa compiere una scelta possibile, che «può approdare a risultati anche apprezzabili: a qualcosa o a parecchio di meno (quasi sempre), a qualcosa di meglio (quasi mai), a qualcosa di diverso (comunque)». 16 Un intenzione che sembra trovare riscontro in una recentissima iniziativa editoriale: la casa editrice SE ha progettato e programmato una nuova collana, Assonanze, di scrittori tradotti da scrittori. Una difficile operazione letteraria, inaugurata da due titoli importanti: Al faro, di Virginia Woolf, tradotto da Nadia Fusini, e La rima del vecchio marinaio, di Taylor Coleridge, nella versione di Giovanni Giudici. ABSTRACT Un analisi della traduzione della prima sezione di Ash-Wednsday, di Thomas Stearns Eliot, compiuta da Giovanni Giudici, e inclusa in una raccolta di traduzioni del 1997, A una casa non sua. Nuovi versi tradotti ( ). 16 GIOVANNI GIUDICI, Andare in Cina a piedi, cit., p. 83.

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