SETTE FASI PER LA SICUREZZA DEL PAZIENTE NELL AMBITO DELLE CURE PRIMARIE. Pietro Ragni. Risk Manager, Direzione Sanitaria AUSL di Reggio Emilia

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1 SETTE FASI PER LA SICUREZZA DEL PAZIENTE NELL AMBITO DELLE CURE PRIMARIE Pietro Ragni Risk Manager, Direzione Sanitaria AUSL di Reggio Emilia Libera traduzione da National Patient Safety Agency (NPSA), UK

2 Ogni giorno, medici, infermieri, practice managers, assistenti sanitari, personale amministrativo (insieme a tutta la squadra del personale sanitario delle cure primarie) lavorano con impegno per offrire ai loro pazienti un assistenza sanitaria di qualità. Il rischio che emergano problemi per la sicurezza del paziente aumenta di pari passo al fatto che l assistenza più complessa viene fornita sempre più a domicilio, e che i pazienti si muovono fra assistenza primaria, secondaria e settori dell assistenza sociale.

3 Seguire le fasi elencate in questo documento vi aiuterà ad assicurarvi che l assistenza sia la più sicura possibile e, se qualcosa non andasse come pianificato, sapreste come muovervi per realizzare l azione più corretta. Queste fasi vi aiuteranno anche a raggiungere gli standard della Clinical Governance e contrattuali. Invitiamo tutto lo staff della medicina generale ad utilizzare questa guida come mezzo per sviluppare piani d azione per il miglioramento della sicurezza del paziente.

4 Alcuni studi hanno rilevato che l errore medico si verifica fra 5 e 80 volte ogni visite, principalmente in fase di diagnosi e terapia. Si stima che gli errori durante la prescrizione e all interno della prescrizione siano presenti nell 11% di tutte le prescrizioni, soprattutto a causa di errori nella dose.

5 Le 7 fasi per la sicurezza 1. Diffondere la cultura della sicurezza del paziente 2. Guidare e sostenere il vostro gruppo 3. Integrare l attività di risk management 4. Incoraggiare le segnalazioni 5. Collaborare e comunicare con pazienti e pubblico 6. Apprendere e condividere le lezioni sulla sicurezza 7. Realizzare soluzioni che evitino il verificarsi di un danno

6 FASE 1 Diffondere la cultura della sicurezza del paziente

7 FASE 1

8 FASE 1 Una buona cultura della sicurezza è quella in cui lo staff: - è sempre vigile su quante cose possano andare nella maniera indesiderata - è capace di identificare e riconoscere gli errori, imparare da essi e realizzare misure che risolvano la situazione per aumentare la sicurezza del paziente.

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10 FASE 1 Diffondere la cultura della sicurezza del paziente Domanda chiave per la pratica clinica Quanto è solida la mia/nostra cultura della sicurezza e come può essere migliorata?

11 FASE 2 Guidare e sostenere il vostro gruppo

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13 FASE 2 Nell ambito della sicurezza del paziente, i miglioramenti non vengono da sé. Al contrario, richiedono la giusta cultura (vedi fase 1), una buona leadership, uno staff formato ad hoc e sostenuto nel tempo, unitamente a sistemi adeguati

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15 FASE 2 Guidare e sostenere il vostro gruppo Domanda chiave Sono in grado di proporre una leadership chiara e visibile ai fini della sicurezza del paziente?

16 FASE 3 Integrare l attività di risk management

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18 FASE 3 La gestione del rischio nelle cure primarie include: la gestione dei reclami il controllo delle infezioni il monitoraggio dei rischi ambientali la tutela dei bambini la tutela dello staff l assicurazione e la revisione delle prescrizioni prima che vengano firmate.

19 Una professione medica più sicura: (1) prevede una riflessione sulla sicurezza del paziente in occasione di ogni decisione presa dal medico; dispone di cartelle cliniche complete e precise; si avvale del supporto informatico per prendere decisioni e risponde in modo appropriato agli avvisi del computer, il che non impedisce al medico di stare in allerta; utilizza regolarmente la revisione sistematica delle cartelle per identificare e misurare gli eventi avversi (ad esempio, utilizzando un sistema di Trigger Tool);

20 Una professione medica più sicura: (2) conduce sistematicamente delle indagini alla ricerca di ricoveri evitabili (molti dei quali, specie fra gli anziani, sono dovuti all uso dei farmaci), interazioni fra farmaci, e pazienti che non vengono ai controlli (ad esempio in TAO); rivede regolarmente gli eventi in ambito di sicurezza del paziente che sono stati considerati importanti? cerca di prevedere i rischi (es. doppio controllo dei farmaci prima dell iniezione)

21 FASE 3 Integrare l attività di risk management Domande chiave Cosa abbiamo imparato da: l andamento e la tipologia degli eventi avversi la revisione delle cartelle i reclami e gli eventi sulla sicurezza del paziente che ci sono stati segnalati? E come abbiamo usato queste informazioni per migliorare la sicurezza del paziente?

22 FASE 4 Incoraggiare le segnalazioni

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24 FASE 4 Imparare da ciò che succede in un reparto può prevenire un danno a pazienti di altri reparti. Solo se condividiamo l esperienza altri potranno imparare da noi e viceversa.

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26 FASE 4 Incoraggiare le segnalazioni Domanda chiave Quando è stata l ultima volta in cui abbiamo condiviso con qualcuno al di fuori della nostra attività (specialità) ciò che abbiamo imparato da un evento avverso?

27 FASE 5 Collaborare e comunicare con pazienti e pubblico

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29 FASE 5 Il vostro gruppo di cure primarie include esperti nella salute e nell assistenza medica. Tuttavia, ciascun paziente è un esperto della propria salute, di ciò che vuole ottenere, di come desidera vivere e di come vuole garantirsi il benessere e una buona qualità della vita.

30

31 FASE 5 Collaborare e comunicare con pazienti e pubblico Domanda chiave Come risponde la nostra équipe quando un utente propone un suggerimento per il miglioramento della nostra assistenza?

32 FASE 6 Apprendere e condividere le lezioni sulla sicurezza

33 Entrapment

34 FASE 6 Quando qualcosa va storto (o avrebbe potuto andare male) il punto non è ripartire la colpa, quanto piuttosto comprendere cosa potreste fare per evitare che accada ancora. Per fare ciò, dovete sapere cosa è successo, come, perché e cosa può essere fatto per evitare che accada ancora.

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36 FASE 6 Apprendere e condividere le lezioni sulla sicurezza Domanda chiave Quanto siamo certi che le misure concordate durante un incontro SEA vengano effettivamente realizzate?

37 FASE 7 Realizzare soluzioni che evitino il verificarsi di un danno

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39 FASE 7 Ogni medico dovrebbe tradurre nella pratica del proprio lavoro quotidiano ciò che ha appreso nella teoria. Le ragioni per cui ciò non viene fatto potrebbero essere numerose, ad esempio, mancanza di tempo o di una cultura della sicurezza, relazioni anomale.

40 (1) Tutte le azioni, quando possibile, devono essere semplici, appropriate, facile da realizzare, misurabili, sostenibili ed efficaci. Stabilite una tabella di marcia e concordate chi sarà responsabile di farla rispettare. Le azioni concordate dovrebbero essere monitorate per assicurarsi che vengano realizzate.

41 I punti chiave sono: (2) 1. Sensibilizzare sui temi del rischio o sulle varie problematiche. 2. Misurare la gravità del problema, dove possibile. 3. Aumentare la comprensione del problema e della potenziale soluzione. 4. Identificare la miglior soluzione per il problema. 5. Cercare di trovare soluzioni che analizzino il problema in modo tale da rendere difficile l errore.

42 I punti chiave sono: (3) 6. Introdurre la soluzione adatta e spiegare a tutti perché lo è. 7. Testare la soluzione con il metodo dei piccoli cambiamenti e continuate il monitoraggio finché osserverete che la soluzione viene realizzata al 100%. 8. Rivedere le misure dopo un certo periodo di tempo per vedere se hanno funzionato. 9. Continuare a cercare nuove soluzioni finché i dati non mostreranno dei miglioramenti accettabili.te.

43 FASE 7 Realizzare soluzioni che evitino il verificarsi di un danno Domanda chiave Nella nostra esperienza, c è mai stato un evento avverso o un near miss simile ad uno già accaduto in passato, e abbiamo scoperto che dopo il precedente non era cambiato niente?

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