APPARATO URINARIO. Eʼ costituito da: RENI e VIE URINARIE (ureteri, vescica, uretra).

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1 APPARATO URINARIO Eʼ costituito da: RENI e VIE URINARIE (ureteri, vescica, uretra). 1

2 R E N I Dove si trovano? I due reni sono situati a lato della colonna vertebrale, allʼaltezza delle ultime vertebre toraciche e delle prime dorsali. Il rene destro è più basso del sinistro di circa 2 cm., per il rapporto con il fegato che - sviluppandosi - lo spinge più in basso. Alloggiano nelle logge renali e sono retroperitoneali (si trovano, cioè dietro al peritoneo che tappezza la parete posteriore della cavità addominale). 2

3 Come sono fatti? Hanno forma a fagiolo appiattito, colore rosso-bruno e consistenza abbastanza dura. Nellʼadulto, pesano in media g. La lunghezza media è di 12 cm., la larghezza 6.5 cm., lo spessore 3 cm. La superficie è generalmente liscia e regolare, ma può presentare solchi, che delimitano territori corrispondenti ai singoli lobi (rene lobato). Nei reni si distinguono: una faccia anteriore (guarda in avanti ed un poco lateralmente), una faccia posteriore (guarda indietro ed un poco allʼinterno), un polo superiore (arrotondato), un polo inferiore (appuntito), un margine laterale (convesso) ed un margine mediale (concavo). 3

4 Il margine mediale presenta, nel suo mezzo, una sorta di fessura verticale lunga 3-4 cm., che da passaggio a vasi sanguigni e linfatici, ai nervi ed alla pelvi (o bacinetto) renale: prende il nome di ilo renale. Lʼimmagine, in sezione, mostra lʼilo renale (Hilum) ed il bacinetto (Pelvis). Si noti anche, al di sopra del polo superiore, la presenza della ghiandola surrenale. 4

5 Il rene è uno degli organi più altamente differenziati del corpo umano. Alla conclusione dello sviluppo embrionario, sono circa 30 i diversi tipi cellulari che vanno a formare una moltitudine di capillari di filtrazione e di nefroni segmentati con lʼinterstizio che li avvolge. Questa complessità cellulare modula (=regola, controlla) una gran varietà di processi fisiologici. Le funzioni endocrine, la regolazione della pressione sanguigna, il trasporto di acqua e sostanze in essa disciolte, lʼequilibrio acido-base, la eliminazione dei metaboliti dei farmaci sono alcuni esempi del complesso meccanismo di funzione renale. Si rende a questo punto necessario approfondire la conoscenza della struttura interna (e microscopica) del rene, presupposto fondamentale per comprenderne il funzionamento. In sezione, in ogni rene si distinguono 2 porzioni: corticale e midollare. 5

6 La corticale è la più periferica, situata sotto la capsula renale; forma gli archi corticali e si insinua tra le porzioni midollari (piramidi) come colonne renali (vedi figura precedente). Contiene: corpuscoli renali. tubuli contorti raggi midollari (costituiti da anse di Henle e collettori), cioè tubuli a decorso radiale dalla base delle piramidi verso la periferia. La midollare è la porzione più interna, formata da piramidi con base allʼesterno ed apice verso lʼilo. Lʼapice si apre in un calice minore. Contiene: porzioni spesse delle anse di Henle. collettori. La funzione escretoria si esplica attraverso il nefrone (che è lʼunità funzionale renale). Ogni rene contiene circa 1 milione di nefroni. Il rene è un insieme di nefroni che operano in parallelo. 6

7 Dedichiamoci ora alla comprensione di come è fatto e funziona il NEFRONE, che abbiamo definito come lʼunità funzionale del rene e che abbiamo identificato nella figura precedente. IL NEFRONE Ha il compito di formare lʼurina (funzione uropoietica). Ogni nefrone è costituito da: Un corpuscolo renale (di Malpighi): è costituito da 2 elementi principali: la capsula di Bowman (formazione sferica, con un polo vascolare ed un polo urinifero) ed il glomerulo renale (lʼinsieme dei capillari che collegano, avvolti a gomitolo, lʼarteriola afferente a quella efferente). 7

8 Un tubulo renale, che può essere, a sua volta, diviso in tre porzioni e funzioni diverse: il tubulo prossimale (o di 1 ordine), lʼansa di Henle, il tubulo distale (o di 2 ordine). I tubuli renali, lunghi mm., iniziano a fondo cieco con unʼestremità dilatata (disposta come un calice intorno ad un gomitolo di capillari sanguigni) e terminano, dopo un decorso assai complicato, confluendo con altri tubuli, nel sistema dei dotti escretori. 8

9 Ogni nefrone opera mediante processi di filtrazione, riassorbimento, concentrazione e secrezione, che avvengono con caratteristiche specifiche nelle varie sezioni del nefrone: 1. Glomerulo> ultrafiltrazione 2. Tubulo prossimale> riassorbimento (obbligatorio) acqua, sodio, cloro ecc. 3. Ansa di Henle> concentrazione urine 4. Tubulo distale e dotto collettore> riassorbimento (facoltativo) acqua, sodio, cloro ecc. I nefroni si distinguono in: Nefroni corticali: rappresentano lʼ85% di tutti i nefroni. Sono caratterizzati da un corpuscolo renale più piccolo -situato nella parte periferica della corticale- e da un tubulo più breve. Nefroni iuxtamidollari (= vicini alla midollare): sono forniti di un corpuscolo renale più voluminoso e localizzato vicino alla midollare e da un tubulo assai più lungo. Rispetto ai precedenti, presentano unʼarteriola efferente che forma non solo una rete capillare attorno ai tubuli, ma anche una serie di anse vascolari (vasa recta) che discendono nella midollare, circondano i dotti collettori ed i tratti ascendenti dellʼansa di Henle. Questi vasi sono molto importanti perchè, oltre a consentire il ritorno alla corticale del sangue, forniscono ossigeno e nutrienti ai segmenti tubulari, trasportano ai tubuli le sostanze che devono essere secrete, riportano nella circolazione generale lʼacqua ed i soluti che devono essere riassorbiti e partecipano al meccanismo di concentrazione/ diluizione delle urine. 9

10 La figura illustra schematicamente la struttura di un nefrone. Notare la c.d. ansa di Henle: è la porzione del tubulo renale che, formando unʼansa, collega il tubulo contorto prossimale al tubulo contorto distale; si approfonda nella massa renale, attraversando tutta la midollare del rene fino alla sua estremità interna. In ogni ansa si distingue un ramo discendente ed uno ascendente. Insieme ai vasa recta, svolge una parte attiva nella funzione del rene, soprattutto nella concentrazione dellʼurina. 10

11 Riassumendo e schematizzando, abbiamo appreso che lʼunità funzionale del rene è il nefrone, in cui avviene la filtrazione del sangue e la produzione di urina. Il nefrone è costituito da glomerulo, capsula di Bowman, tubulo renale (distinto nei suoi diversi tratti). Il glomerulo è costituito da una fitta rete di capillari, che originano e ricevono sangue arterioso da una arteriola, lʼarteriola afferente. Dopo essere passato attraverso i capillari, il sangue esce dal glomerulo tramite unʼaltra arteriola, lʼarteriola efferente. Il glomerulo è costituito, quindi, da un gomitolo di capillari intercalati tra due arteriole che costituiscono una struttura (rete mirabile arteriosa) caratteristica del glomerulo renale (negli altri tessuti il sistema capillare è sempre interposto tra unʼarteriola ed una venula). Il diametro dellʼarteriola afferente è maggiore di quella efferente, per cui nei capillari che costituiscono il glomerulo il sangue viene ultrafiltrato (filtrato sotto pressione) e dai capillari glomerulari fuoriescono acqua, sali minerali, zuccheri, cataboliti e tutte le sostanze di piccole dimensioni; la parte corpuscolata del sangue (globuli rossi, bianchi e piastrine), la maggior parte delle proteine e le sostanze di grandi dimensioni rimangono nel sangue che rimane nei capillari e giunge allʼarteriola efferente. Tutto il liquido filtrato attraverso la parete dei capillari del glomerulo costituisce lʼurina primitiva, che contiene i cataboliti (= sostanze di rifiuto) ma anche sostanze utili (acqua, sali minerali, zuccheri) e viene raccolto dalla capsula di Bowman e convogliato nel tubulo renale. 11

12 Il primo tratto del tubulo renale, il tubulo contorto prossimale, si trova, insieme con il glomerulo, nella zona corticale del rene. Dal tubulo prossimale il liquido passa nellʼansa di Henle, che si approfonda nella zona midollare. Dopo essere passato attraverso lʼansa di Henle, il liquido entra nel tubulo contorto distale che -come il prossimale- è situato nella zona corticale. A livello del tubulo renale avviene il riassorbimento, attivo e passivo, di molti dei materiali presenti nellʼurina primitiva (acqua, zuccheri, sali minerali), che ritornano quindi nel sangue che scorre nella fitta rete di capillari che circonda il tubulo renale e si forma lʼurina definitiva, che viene inviata nei dotti 12

13 collettori, da qui nei calici renali e quindi, attraverso le pelvi e gli ureteri, nella vescica. Quotidianamente, i nostri reni producono circa 180 litri di urina primitiva, che viene quindi in gran parte riassorbita (oltre il 90%) per portare ad una produzione quotidiana media di urina di 1,5 litri. Lʼurina è costituita per circa il 95% da acqua, per il 2.5% circa da urea e, per il resto, da sali minerali, creatinina, acido urico ed altre sostanze di rifiuto. LA FILTRAZIONE GLOMERULARE La filtrazione glomerulare è determinata essenzialmente dal gradiente di pressione idrostatica attraverso la parete del capillare glomerulare (= differenza di pressione tra i due lati della membrana di parete del capillare). Si oppone invece alla filtrazione la pressione oncotica allʼinterno del lume capillare (determinata dalla concentrazione delle proteine plasmatiche non filtrate). Dal momento che la pressione oncotica aumenta con il progredire nel capillare glomerulare, la forza di filtrazione si riduce a zero al passaggio nellʼarteriola efferente. Molti fattori, in prevalenza emodinamici, intervengono -in condizioni fisiologiche- alla regolazione della filtrazione glomerulare. Esistono, ad esempio, meccanismi di autoregolazione capaci di regolare il tono (muscolare) sia dellʼarteriola afferente che di quella efferente: 13

14 Il riflesso miogenico: è mediato dal sistema neurovegetativo e rappresenta la prima linea difensiva dalle fluttuazioni del flusso sanguigno renale (se stirato dallʼaumento pressorio sistemico, il muscolo liscio delle arteriole afferenti risponde contraendosi; in questo modo aumenta la resistenza al flusso, riducendo la quantità di sangue che attraversa lʼarteriola e con essa la pressione idrostatica esercitata sulle pareti dei capillari glomerulari > si riduce la velocità di filtrazione. Viceversa, se diminuisce la pressione arteriosa sistemica, il muscolo arteriolare si rilassa ed il vaso si dilata in maniera massimale; aumenta così il flusso di sangue allʼinterno del glomerulo e con esso anche la pressione idrostatica glomerulare e la velocità di filtrazione). Il feedback tubulo-glomerulare: le variazioni di flusso del liquido che attraversa il tratto finale dellʼansa di Henle ed il tratto iniziale del tubulo distale influenzano la velocità di filtrazione glomerulare. Nellʼansa di Henle avvengono processi di riassorbimento di acqua, cloro e sodio. La particolare struttura ripiegata del nefrone fa sì che la porzione finale dellʼansa di Henle passi fra le arteriole afferenti ed efferenti. In questa regione, tra le due strutture si stabilisce una relazione strutturale e funzionale tale da costituire un vero e proprio ʻapparatoʼ, definito apparato iuxtaglomerulare. Nei punti in cui vengono in contatto, sia le pareti arteriolari che quelle del tubulo hanno una struttura modificata che permette loro di influenzarsi reciprocamente. In particolare, la struttura tubulare modificata è costituita da una placca di cellule detta macula densa, mentre la parete adiacente dellʼarteriola afferente contiene cellule muscolari lisce specializzate, dette cellule iuxtaglomerulari, capaci di secernere renina, ormone proteolitico con effetti ipertensivi. 14

15 Quando le cellule della macula densa captano un aumento della quantità di cloro (espressione di un aumento della velocità di filtrazione glomerulare) segnalano alle cellule iuxtaglomerulari di ridurre la secrezione di renina e di contrarre lʼarteriola afferente. In questo modo aumenta la resistenza al flusso offerta dallʼarteriola afferente e la pressione idrostatica a valle -cioè nel glomerulo- diminuisce (assieme alla velocità di filtrazione glomerulare). Nella condizione opposta, cioè in caso di riduzione della quantità di cloro a livello della macula densa, tali cellule segnalano alle cellule iuxtaglomerulari di aumentare la quantità di renina, e allʼarteriola afferente di dilatarsi, riducendo le proprie resistenze; di conseguenza, si ha un aumento della velocità di filtrazione. Il controllo della resistenza delle arteriole afferenti ed efferenti è regolato anche da fattori sistemici. Dʼaltronde, una delle principali funzioni del rene è quella di regolare la pressione arteriosa sistemica, per cui è importante che i glomeruli recepiscano eventuali variazioni della pressione arteriosa sistemica ed adeguino la VFG di conseguenza. Tali variazioni vengono trasmesse al rene per via endocrina o nervosa. Il controllo nervoso della velocità di filtrazione glomerulare (VGF) è affidato a neuroni simpatici che innervano sia lʼarteriola afferente che quella efferente. Di conseguenza, una forte attivazione del simpatico, conseguente -per esempio- ad una forte emorragia o ad una severa disidratazione, determina una contrazione delle arteriole afferenti ed efferenti, riducendo sia la VGF che il flusso di sangue ai reni. In questo modo, si cerca di preservare al massimo il volume idrico. Il controllo endocrino della VFG è affidato a diversi ormoni. Oltre allʼadrenalina circolante, i cui effetti vasocostrittori sono stati appena descritti, la resistenza arteriolare viene aumentata anche dallʼangiotensina II. In questʼultimo caso, la vasocostrizione riguarda soprattutto le arteriole efferenti, per cui lʼaumento pressorio nei capillari glomerulari aumenta la VFG. Tra le sostanze vasodilatatorie che si oppongono allʼeffetto vasocostrittore del sistema nervoso simpatico e dellʼangiotensina II, ricordiamo alcune prostaglandine (PGE2, PG12, Bradichinina), che riducono la resistenza al flusso offerta soprattutto dalle arteriole afferenti. Ne consegue un aumento della VFG. \ 15

16 Un rene normalmente funzionante ha come scopo principale, attraverso numerosi processi cellulari, quello di mantenere lʼomeostasi corporea (cioè la condizione dʼequilibrio interno degli organismi, che deve mantenersi anche al variare delle condizioni esterne, attraverso meccanismi autoregolanti). Eʼ intuitivo quanto possa avere importanza, a questo proposito, lʼequilibrio idrosalino, in buona parte di competenza del rene. EQUILIBRIO IDRO- SALINO La quantità di acqua corporea è regolata a 2 livelli: Nel sistema nervoso centrale si trova il centro della sete, stimolato tutte le volte che rischiamo disidratazione. Nel rene: la quantità di urina eliminata dal rene è infatti proporzionale alla percentuale di acqua presente nel plasma e nellʼorganismo. Nella capsula di Bowman scorrono 180 litri di filtrato al giorno, mentre nel tratto finale del tubulo prossimale tale volume scende a 54 litri/die. In questo primo tratto, vengono infatti riassorbite grandi quantità di acqua, così come avviene nelle porzioni successive. Grazie allʼefficace processo di riassorbimento, al termine del dotto collettore esce soltanto 1,5 litri di liquido al giorno (sotto forma di urine). Per capire come il rene interviene nella regolazione del bilancio idrico, occorre considerare un ulteriore fattore, rappresentato dallʼosmolarità del liquido presente nei tubuli. Lʼosmolarità esprime la concentrazione dei soluti in una soluzione (nel nostro caso nel liquido presente in sede tubulare), sottolineando il numero delle particelle in essa disciolte, indipendentemente dalola carica elettrica e dalle dimensioni. Lʼosmolarità dipende pertanto dalla somma dei soluti (sodio, cloro, calcio, glucosio, aminoacidi ecc.) contenuti nella pre-urina. Lʼosmolarità è espressa in osmoli per litro o, quando la soluzione è particolarmente diluita, in milliosmoli per litro: il suo valore esprime la concentrazione della soluzione, ma non dice alcunché sulla natura delle particelle in essa contenute. Di riflesso, due soluzioni con uguale osmolarità avranno lo stesso contenuto numerico di particelle, la stessa pressione osmotica e la stessa temperatura di congelamento ed ebollizione (ph, conducibilità elettrica e densità potrebbero essere differenti, perchè dipendono dalla natura chimica dei soluti e non dal loro numero). 16

17 I liquidi fisiologici, presenti dentro e fuori le cellule, hanno unʼosmolarità pari a 300 milliosmoli, che ritroviamo anche nel filtrato presente nella capsula di Bowman. Alla fine del tubulo contorto prossimale, il volume di liquido si riduce, ma lʼosmolarità rimane invariata poichè lʼacqua segue i soluti riassorbiti ed il loro rapporto rimane inalterato. Nel tubulo prossimale vengono riassorbiti il glucosio, le vitamine, gli aminoacidi, molti sali e quel poʼ di proteine che sono riuscite a passare. Lungo lʼansa di Henle, al contrario, non solo si riduce il volume del filtrato, ma diminuisce sensibilmente anche lʼosmolarità (-66%); di conseguenza, i soluti divengono meno concentrati, o più diluiti che dir si voglia. La branca discendente dellʼansa di Henle è permeabile allʼacqua -che viene riassorbita- ma non ai soluti; è questo il motivo per cui il volume diminuisce e la concentrazione dei soluti aumenta. Nella branca ascendente dellʼansa di Henle, la parete è impermeabile allʼacqua, la cui uscita è quindi impedita, e possiede delle ʻpompeʼ per espellere i sali. Questo sistema è particolarmente efficiente, tanto che alla fine dellʼansa ritroviamo un liquido particolarmente diluito (18 l/die), pronto per entrare nel tubulo distale. Dal tubulo distale in poi, la permeabilità della parete tubulare è regolata attivamente, in base alle richieste fisiologiche, da un ormone, chiamato antidiuretico o vasopressina, il cui nome ci fa già intuire la sua azione: liberato dallʼipofisi posteriore, è in grado di ridurre la diuresi (eliminazione di urina). La vasopressina viene secreta ogni volta che lʼacqua scarseggia, per informare i reni dello stato di disidratazione dellʼorganismo. In risposta allʼormone, il rene interviene attivamente e, rendendo permeabili allʼacqua le pareti degli ultimi tratti del nefrone, riduce i volumi escreti, aumentando quelli riassorbiti. In assenza di vasopressina (diabete insipido), il soggetto è costretto ad eliminare 18 litri di urina al giorno e -di conseguenza- ad assumere almeno 20 litri di liquidi con la dieta. 17

18 Alla fine del dotto collettore, dovʼé presente lʼurina che sarà eliminata, lʼosmolarità varia da 50 a 1200 milliosmoli. Lʼurina, quindi, può essere molto diluita (quando si beve in eccesso) o molto concentrata (quando si é disidratati). Lʼaldosterone ha un effetto analogo sul riassorbimento dei sali minerali (soprattutto del sodio). 18

19 Il sangue che giunge al glomerulo non viene completamente filtrato, ma circa lʼ80% ritorna subito in circolo senza subire alcuna filtrazione. Se così non fosse, lʼimportante quantitativo di sangue, con il suo carico di cellule e di proteine non filtrabili, rischierebbe di intasare il setaccio, compromettendo lʼintera funzionalità renale. Per questo motivo, lʼorganismo preferisce filtrare piccole quantità di sangue alla volta. 19

20 Prendiamo ora in considerazione, a titolo esemplificativo, il ʻpercorsoʼ del glucosio a livello renale. RIASSORBIMENTO DEL GLUCOSIO Il glucosio, in virtù delle sue ridotte dimensioni, viene rapidamente filtrato a livello glomerulare; per questo motivo, la sua concentrazione nel filtrato è identica a quella del plasma. Dopo essere stato filtrato, il glucosio viene prontamente riassorbito nel tubulo prossimale, dove si trovano cellule epiteliali simili a quelle intestinali (dotate di microvilli). Questa operazione è abbastanza complessa: il glucosio viene captato da specifici trasportatori, capaci di legare contemporaneamente una molecola di sodio ed una di glucosio e di trasportarli insieme nel citoplasma delle cellule che costituiscono la membrana esterna del tubulo renale; a questo livello, una pompa sodio-potassio provvede a riportare allʼesterno il sodio, mentre un trasportatore (GLUT 4) compie la medesima operazione con lo zucchero (riversandolo nellʼinterstizio tra tubuli e capillari). In condizioni fisiologiche, questi trasportatori riescono a recuperare tutto il glucosio, ma, dal momento che il loro numero è limitato, quando le concentrazioni dello zucchero nel filtrato salgono eccessivamente, un poʼ di glucosio sfugge al riassorbimento. Quando tutti questi trasportatori sono legati ad una molecola di glucosio (saturati), lʼoriginale e diretta proporzionalità tra glucosio filtrato e glucosio riassorbito viene quindi perduta. Questo fenomeno si manifesta in corrispondenza della cosiddetta soglia renale, che equivale ad una glicemia di 300 mg/dl. Una volta superato tale limite, la concentrazione di glucosio riassorbito non può più aumentare, anche se la concentrazione nel filtrato continua a crescere. Di conseguenza, inizierà ad aumentare la concentrazione dello zucchero nelle urine. Il limite di 300 mg di glucosio per decilitro di sangue é in realtà un valore teorico; in pratica, la soglia renale è molto più bassa (180 mg/dl). Ciò in relazione al fatto che non tutti i nefroni -lavorano singolarmente, sono lʼunità funzionale del rene- sono ugualmente abili nel recuperare il glucosio, a causa della variabilità del numero dei trasportatori. 20

21 Eʼ sufficiente che uno solo dei nefroni perda una molecola di glucosio che questa si ritrovi nelle urine, dando origine ad una condizione nota come glicosuria. La presenza di glucosio nelle urine é molto pericolosa, poichè questo zucchero richiama notevoli quantità dʼacqua, disidratando lʼorganismo; inoltre, facilitando la proliferazione batterica, aumenta lʼincidenza di infezioni delle vie urinarie. 21

22 INVECCHIAMENTO E RENE Il flusso di sangue al rene si riduce gradualmente da 1200 ml/min allʼetà di anni a 600 ml/min allʼetà di 80 anni. Ciò in rapporto alla perdita di massa renale (atrofia) ed a quella -selettiva- dei vasi della corticale. La velocità di filtrazione glomerulare (GFR), misurata con la clearance della creatinina si riduce dopo i anni, di circa 8 ml/min/1.73 mq/decennio, in circa i 2/3 di persone anziane non nefropatiche o non in terapia antipertensiva. Oltre allʼinvecchiamento, avrebbero importanza anche i rialzi pressori. La massa renale si riduce gradualmente ed il peso del rene diminuisce da g. a circa 30 anni, a g. a circa 70 anni. La perdita di massa é soprattutto corticale, mentre la midollare viene relativamente risparmiata. Il numero di glomeruli si riduce più o meno parallelamente alla riduzione del peso del rene. Aumenta la percentuale dei glomeruli sclerotici, provocando la riduzione della superficie disponibile per la filtrazione. A livello dei tubuli renali, compaiono diverticoli nelle porzioni distali del nefrone, che raggiungono il numero di circa 3 per tubulo attorno ai 90 anni. Questi diverticoli possono trasformarsi in cisti da ritenzione, il cui riscontro nellʼanziano è frequente (ed il significato clinico sconosciuto). Le pareti dei vasi renali di grosso calibro subiscono alterazioni sclerotiche, mentre i vasi di calibro inferiore sembrano esserne risparmiati. La funzione tubulare scompare in interi nefroni con il passare degli anni, seguendo il declino della GFR. La soglia renale di glicosuria aumenta con lʼetà: quindi, di solito, in un paziente diabetico più anziano, il glucosio compare nelle urine a un livello di glicemia più elevato rispetto ad un diabetico più giovane. La capacità massima di concentrazione delle urine diminuisce per una incapacità relativa a mantenere il gradiente osmotico nella porzione midollare del rene. 22

23 MALATTIE RENALI Introduzione La funzione di reni normali si manifesta attraverso molteplici meccanismi, il cui scopo è di mantenere lʼomeostasi corporea. Una qualsivoglia alterazione di queste funzioni può condurre ad una costellazione di anomalie addirittura interferenti con la sopravvivenza. Le manifestazioni cliniche di queste alterazioni dipendono dalla fisiopatologia del danno renale e vengono spesso identificate inizialmente come un insieme di sintomi, di riscontri abnormi di dati fisici e di laboratorio che -spesso solo in un secondo tempo- rendono possibile lʼidentificazione di specifiche sindromi o malattie. Queste sindromi renali possono essere espressione di una malattia sistemica o di una specifica e primitiva malattia renale. Sono tipici indicatori di una patologia renale: 1. Azotemia: un suo incremento depone per una riduzione del GFR (filtrazione glomerulare). 2. Alterazioni del sedimento urinario: globuli rossi e bianchi, cilindri e cristalli allʼesame standard delle urine. 23

24 3. Proteinuria: la presenza di proteine nelle urine prova lʼavvenuta -anomalaescrezione di proteine del siero. 4.Alterazioni del volume urinario: oliguria (=poche urine), anuria (=assenza di urine), poliuria (=molte urine). 5.Presenza di ipertensione e/o di espansione del volume liquido corporeo (edema)*. 6.Alterazioni del quadro elettrolitico. 7.In alcuni casi febbre e dolore. * Edema: abnorme aumento della quantità del liquido contenuto nelle cellule e/o negli spazi intercellulari e negli interstizi dei tessuti. Può trattarsi di una condizione locale - limitata cioè ad un determinato distretto dellʼorganismo- oppure di una condizione generalizzata, che si accompagna anche a versamento di liquido nelle cavità sierose (pleure, peritoneo) > in questo caso si parla di anasarca. I tessuti edematosi appaiono tumefatti, pallidi e -nel caso dei tessuti sottocutanei- facilmente identificabili perché, comprimendo la zona con un dito, vi rimane impressa per qualche tempo una fossetta corrispondente alla zona di pressione (segno della fovea). Cominciamo ora ad affrontare la descrizione delle principali patologie renali, cercando di utilizzare i criteri più recentemente proposti -ed approvati- dalla comunità scientifica internazionale. 24

25 Danno renale acuto (Acute Kidney Injury > AKI) Eʼ la nuova dizione di quella che era lʼ insufficienza renale acuta ed indica una improvvisa compromissione della funzionalità renale, che si manifesta con la ritenzione di sostanze azotate (azotemia) e di altre sostanze normalmente eliminate dal rene. LʼAKI non è una singola malattia, bensì raggruppa un gruppo eterogeneo di condizioni con comuni tratti diagnostici (azotemia e creatininemia elevate, spesso associate ad una riduzione di volume delle urine). LʼAKI può presentare gradi differenti di gravità, dallʼasintomatica alla rapidamente fatale. Le ragioni che hanno portato a mutare il nome dellʼinsufficienza renale acuta in AKI sono diverse: Il termine insufficienza riflette solo una parte dei possibili danni clinici di un rene. In più di una situazione, il danno renale non trova riscontro che in una modesta alterazione di funzionalità. Nondimeno, un danno modesto può (e succede spesso) influire negativamente sulla prognosi nel lungo periodo, determinando gravi insufficienze (che spesso richiedono la dialisi). LʼAKI complica il 5-7% dei ricoveri ospedalieri urgenti ed il 30% di quelli in Terapia Intensiva (in cui il rischio di morte supera il 50%). LʼAKI rappresenta pure una delle complicanze più frequenti, nei paesi in via di sviluppo, particolarmente nella correzione delle patologie diarroiche, infettive (come malaria e leptospirosi) e nelle catastrofi naturali (terremoti). LʼAKI è aumentata di incidenza, negli USA, di più di 4 volte dal 1988; è stimata una incidenza annuale di 500 per individui (superiore a quella dellʼictus). Le cause di AKi sono convenzionalmente suddivise in 3 categorie: 1. Azotemia pre-renale 2. Malattia intrinseca renale 3. Ostruzione post-renale 25

26 AZOTEMIA PRE- RENALE Eʼ la più comune. Eʼ identificata da un aumento di azotemia o creatininemia conseguenti ad una riduzione del flusso e della pressione di perfusione renale, che normalmente garantiscono una normale filtrazione a livello del glomerulo. I quadri clinici più comunemente responsabili di azotemia pre-renale sono: Lʼipovolemia: ʻvolemiaʼ è sinonimo di volume sanguigno circolante (quindi della quantità complessiva di sangue presente allʼinterno del sistema circolatorio) che è mediamente di circa 5 litri. ʻIpovolemiaʼ significa riduzione della volemia. Si può verificare per emorragie (interne od esterne), perdite di acqua e sali da reni o intestino o dalla cute (é il caso delle grandi ustioni). La riduzione della gittata cardiaca Farmaci capaci di interferire con i meccanismi di autoregolazione renale: soprattutto i FANS e gli inibitori dellʼangiotensina (usati come anti-ipertensivi). Per definizione, lʼazotemia pre-renale NON implica la presenza di danno renale ed è rapidamente reversibile una volta che si sia ripristinata una normale perfusione. Ciò non significa che non possa coesistere con altre forme di AKI e che, soprattutto se protratta, non possa determinare un danno ischemico al rene (di solito una necrosi tubulare acuta). 26

27 MALATTIA INTRINSECA RENALE Le cause più comuni di danno renale intrinseco sono rappresentate da: Sepsi: é una infezione generalizzata a tutto lʼorganismo, determinata dal passaggio in circolo di batteri provenienti da focolai infettivi localizzati in altre sedi. Nei soli USA si registrano più di casi di sepsi allʼanno; lʼaki intrinseco ne complica più del 50%, aumentando di molto il rischio morte. La sepsi è anche una importante causa di AKI intrinseco nei paesi in via di sviluppo. Il meccanismo attraverso cui la sepsi fa danno è solitamente di tipo emodinamico (ridotta filtrazione glomerulare, anche in assenza di una chiara ipotensione), specie se in presenza di un danno tubulare. La sepsi può causare danno endoteliale (cioè della parete dei vasi capillari), portando a trombosi dei piccoli vasi, ad attivazione di globuli bianchi che -depositandosi- possono danneggiare le cellule tubulari renali. Ischemia: i reni sani, anche se rappresentano solo lo 0.5% della massa corporea, ricevono il 20% della portata cardiaca ed utilizzano il 10% dellʼossigeno. I reni sono anche, nella loro midollare, una delle regioni meno irrorate -a causa dellʼarchitettura dei vasi sanguigni deputati a fornire ossigeno e nutrienti ai tubulie, di conseguenza, più sensibili e vulnerabili da danni ischemici. Sono poi le interazioni tra globuli bianchi ed endotelio dei piccoli vasi a determinare processi infiammatori capaci di ridurre il flusso locale (in strutture metabolicamente assai importanti). Eʼ pur vero che lʼischemia di per sé non è sufficiente, di solito, a causare un signi ficativo danno renale, come testimoniano i casi di clampaggio dellʼaorta sopra-re= nale o di arresto cardiaco. Nella clinica, lʼaki da ischemia é appannaggio di pazienti affetti da malattie renali croniche od in età avanzata; oppure, di casi in cui lʼevento ischemico sia concomi tante a sepsi, farmaci vasoattivi o nefrotossici, traumi, ustioni e pancreatiti.** ** Ustioni e pancreatiti acute: condizionano cospicue perdite di liquidi extravascolari e, di solito, un maggior rischio di sepsi così come di infezioni polmonari. La massiccia somministrazione di liquidi, necessaria nellʼintervento rianimatorio, può aumentare di molto (oltre i 20 mmhg) la pressione allʼinterno dellʼaddome, determinando la compressione della vena renale ed unʼulteriore riduzione del filtrato glomerulare. 27

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29 OSTRUZIONE POST-RENALE Si realizza quando il flusso dellʼurina, normalmente unidirezionale, sia acutamente bloccato (parzialmente o totalmente): la pressione aumenta così in senso retrogrado e può arrivare ad interferire con la filtrazione glomerulare. Lʼostruzione può essere causata da un danno -anatomico o funzionale- a qualsiasi livello, dal bacinetto renale alla punta dellʼuretra. Perché lʼostruzione produca danno, in un individuo sano è necessario sia completa e bilaterale. Eventi classicamente responsabili di ostruzione post-renale sono: A livello di collo vescicale, patologie -benigne o maligne- della prostata. Vescica neurologica ** Coaguli di sangue, calcoli. Cateteri vescicali ostruiti. Infiltrati della parete dellʼuretere (neoplasie). Compressioni estrinseche degli ureteri: ascessi, tumori addominali, sequele di interventi chirurgici. 29

30 * Vescica neurologica: la vescica è un contenitore le cui funzioni sono regolate da precisi meccanismi, che presuppongono lʼinvio di un continuo flusso di informazioni verso strutture nervose (posizionate a livello di midollo spinale, tronco cerebrale e corteccia cerebrale). Da queste strutture nervose partono segnali -eccitatori od inibitori- indirizzati verso le componenti muscolari di vescica, uretra ecc., volti a consentire lo svuotamento (o lʼaccumulo) di urina. Una patologia neurologica che colpisca uno dei centri di controllo ha come conseguenza una incoordinazione del meccanismo, che si riflette in una disfunzione neurogenica dello svuotamento (ritenzione, incontinenza, vascica automatica). Lʼinstaurarsi di un AKI post-renale implica alterazioni emodinamiche scatenate dal brusco innalzarsi della pressione allʼinterno dei tubuli renali. Allʼaumento della pressione nei tubuli, corrisponde inizialmente un periodo di iperemia (per la dilatazione delle arteriole) seguito dalla vasocostrizione intrarenale (per stimolo chimico, da angiotensina, vasopressina ed altri). Ciò induce una ridotta perfusione dei glomeruli e, quindi, una ridotta filtrazione glomerulare. 30

31 MALATTIE CRONICHE DEL RENE (Chronic Kidney Disease) Si comprende, in questa dizione, una grande varietà di situazioni, il cui punto comune è di associarsi ad una funzionalità renale abnorme ed a una progressiva riduzione della filtrazione glomerulare. Fisiopatologia Duplice il meccanismo alla base di una malattia renale cronica: 1. Quello legato alla causa specifica: alterazioni renali geneticamente determinate, deposizione di immunocomplessi ed infiammazione in alcuni tipi di glomerulonefriti, esposizione a tossine in certe malattie dei tubuli ecc.). 2. Quelli conseguenti alla riduzione della massa renale, indipendentemente dalla causa specifica: per esempio, lʼipertrofia e la maggior capacità filtrante dei nefroni sopravvissuti. Con il passar del tempo, questi meccanismi di adattamento iniziale possono divenire controproducenti, dal momento che sia lʼaumento di pressione che di flusso possono sconvolgere lʼarchitettura del glomerulo, condizionandone la sclerosi e la perdita di funzionalità. 31

32 Fattori di rischio Eʼ molto importante identificare i fattori di rischio per CKD, persino in soggetti con normale grado di filtrazione glomerulare (GFR). I principali sono: Ipertensione diabete malattie autoimmuni età avanzata origini Africane * storia famigliare di malattie renali un episodio pregresso di danno renale acuto presenza di proteinuria, sedimento urinario anomalo ed alterazioni strutturali dellʼapparato urinario. * Genetica: nelle popolazioni di origine Africana dellʼovest, alcune patologie renali hanno una frequenza anche di 7 volte superiore a quella degli americani di origine ispanica. Studi recenti hanno consentito di spiegarlo con la presenza di sequenze di DNA varianti nei loci correlati alle suddette malattie. Le malattie renali croniche vengono classificate partendo dal GFR (grado di filtrazione glomerulare). *Il calcolo del GFR avviene utilizzando complesse formule matematiche, che tengono conto di: 1. Creatininemia 2. Età 3. Sesso 4. Razza 5. Peso corporeo Il GFR viene espresso in ml/minuto per 1.73 mq di superficie corporea. 32

33 Il GFR diminuisce di circa 1 ml/min/1.73 mq per anno con lʼavanzare dellʼetà, passando dai valori massimi (circa 120 ml/die/1,73 mq della terza decade) a quelli medi (70 ml) dei 70 anni. Il GFR medio è più basso nelle donne che nei maschi. ** Il dosaggio dellʼalbumina nelle urine delle 24 ore è pure uno strumento utile per controllare il danno a carico dei nefroni ed anche la risposta alla terapia, specie nelle glomerulopatie croniche. La persistenza nelle urine di più di 17 milligrammi di albumina per grammo di creatinina (nel maschio adulto) e di 25 mg (nella femmina adulta) viene solitamente considerata significativa di danno renale cronico. Si chiama microalbuminuria la presenza di minime quantità di albumina nelle urine, che non possono essere misurate secondo le comuni metodiche di laboratorio. Il riscontro di microalbuminuria é un buon test di screening precoce per le malattie renali (ed anche per la presenza di una malattia micro-vascolare, cioè dei piccoli vasi, in generale). Le malattie renali croniche, in base al GFR, vengono classificate in 6 differenti stadi, con crescente grado di gravità e conseguente diversa prognosi. 33

34 Nei primi 2 stadi, di solito mancano sintomi connessi al decremento del GFR. Possono, peraltro, essere presenti sintomi della malattia renale sottostante (edemi in pazienti con sindrome nefrosica, ipertensione in pazienti con rene policistico ecc.). Se il GFR si riduce come negli stadi 3-4, si rendono progressivamente evidenti segni clinici e di laboratorio da CKD. Virtualmente sono interessati tutti gli apparati, ma le complicanze più evidenti sono: Anemia e connessa spiccata faticabilità. Perdita di appetito con progressiva malnutrizione. Alterazioni nel metabolismo di calcio, fosforo, sodio, potassio e nellʼequilibrio acido-base. Se il paziente progredisce sino allo stadio 5, vi è accumulo di sostanze tossiche, che condizionano una significativa interferenza nelle attività quotidiane, nella percezione di benessere, nello stato nutrizionale: via via fino alla c.d. sindrome uremica, che può condurre a morte se non si interviene con dialisi o trapianto. 34

35 Epidemiologia Eʼ stato stimato che almeno il 6% della popolazione USA adulta ha una CKD in Stadio 1 e 2; un ulteriore 4.5% in Stadio 3 e 4. Riportiamo ora le 5 cause più frequenti di danno renale cronico, che -per la popolazione USA ed Europea- comprendono il 90% dei casi: 1. Malattia glomerulare diabetica. 2. Glomerulonefrite. 3. Nefropatia ipertensiva, comprensiva della Glomerulopatia primaria con ipertensione e della malattia renale vascolare ischemica. 4. Rene policistico (autosomico dominante). 5. Altre nefropatie cistiche e tubulointerstiziali. Quadro di nefropatia diabetica Anche se i valori di azotemia e creatininemia vengono usati per quantificare le capacità escretorie del rene, lʼaccumulo di queste due molecole di per sé non da ragione dei molti segni e sintomi che caratterizzano la sindrome uremica degli stadi più avanzati di malattia renale cronica. Sono centinaia le tossine che si accumulano, insieme ad altre categorie di prodotti azotati (composti guanidinici, urati, poliamidi, fenoli ecc.) ed alle cosiddette ʻmolecole medieʼ (in relazione al peso molecolare) che possono aumentare morbilità e mortalità. Nella sindrome uremica, va poi considerato che non viene compromessa solo la funzione escretoria del rene: vengono, ad esempio, alterate o soppresse molte 35

36 delle funzioni endocrine e metaboliche, di normale competenza renale, con il risultato di anemia, malnutrizione, dismetabolismi di grassi, proteine e carboidrati. Anche i livelli di molti ormoni (paratormone, insulina, glucagone, steroidi, vitamina D ed ormoni sessuali) cambiano a seguito della ritenzione urinaria, della minor degradazione e dellʼabnorme regolazione. Potremmo proseguire con numerosi altri esempi. Vale forse la pena di sintetizzare, in 3 punti, le ʻsfereʼ di disfunzione nella sindrome uremica: 1. Quelle conseguenti allʼaccumulo di tossine, che normalmente vengono eliminate dal rene, inclusi i prodotti del metabolismo proteico. 2. Quelle conseguenti alla perdita di altre funzioni renali, come il bilancio idroelettrolitico e la regolazione ormonale. 3. La progressiva infiammazione sistemica e le sue conseguenze vascolari e nutrizionali. Eʼ praticamente impossibile, in questo contesto e con i tempi di cui disponiamo, addentrarci nelle singole problematiche, sia cliniche che di indagine. I pazienti con malattia renale cronica devono essere affidati alle competenze dello specialista (Nefrologo) che orienterà il proprio intervento nel trattamento della malattia di base: correzione dellʼiperglicemia (diabete), farmaci immunomodulanti (glomerulonefrite), nuove terapie ritardanti la citogenesi (rene policistico). nellʼottimizzazione del ʻtimingʼ (= tempo di intervento) terapeutico, specifico o no, in relazione alla diminuzione della filtrazione glomerulare. Basti pensare che il peggioramento del GFR può essere conseguenza di fattori o processi in sovrapposizione (ipertensione non controllata, infezioni delle vie urinarie, esposizione a farmaci nefrotossici od a mezzi di contrasto iodato ecc.), che possono essere reversibili. nel cercare di rallentare la progressione della malattia cronica: riducendo lʼipertensione allʼinterno del glomerulo e la perdita di proteine. nel cercare di rallentare la progressione della malattia renale diabetica: controllo di glicemia ed ipertensione, restrizione proteica. nel contrastare le possibili complicanze: scelta e dosaggio di molti farmaci, anche di uso comune. nella preparazione a dialisi o trapianto. 36

37 Ci occuperemo ora delle principali malattie renali, per comodità concettuale distinguendole in: Glomerulopatie Malattie tubulari o tubulopatie Malattie da infezione delle vie urinarie Malattie vascolari renali Nefrolitiasi Neoplasie 1. Glomerulopatie Con questo nome si indica un gruppo di malattie infiammatorie del rene, che colpiscono le strutture funzionali più importanti del tessuto renale, i glomeruli. Nellʼinsorgenza delle glomerulopatie sono implicati diversi meccanismi immunologici (mezzi che rappresentano il sistema di difesa dellʼorganismo nei confronti di sostanze ʻestraneeʼ) non ancora completamente chiariti. I processi patologici a carico dei glomeruli possono essere innescati: da una abnorme risposta del sistema immunitario a molecole estranee (antigeni) con deposizione nel rene di complessi antigene-anticorpo (i c.d. immunocomplessi).* da una risposta anticorpale dellʼorganismo a certe molecole glomerulari, che sono erroneamente riconosciute come ʻestraneeʼ. ** 37

38 Le glomerulopatie si distinguono in primitive (che si presentano come malattie a sé stanti: é il caso delle glomerulonefriti) oppure secondarie (quando fanno parte di malattie più complesse: ad esempio, diabete, collagenopatie, malattie sistemiche). Acute sono le patologie glomerulari che si instaurano in settimane o pochi mesi, croniche quelle che impiegano mesi od anni. * Immunocomplessi circolanti: gli antigeni nel siero con cui possono combinarsi gli anticorpi possono essere il DNA (ad esempio nel Lupus), prodotti batterici (ad esempio, Streptococchi o Treponema P.), prodotti virali (virus dellʼepatite B e C), antigeni malarici (Plasmodio della Malaria), antigeni tumorali (ad esempio, CEA). **Autoanticorpi: anticorpi diretti contro normali antigeni glomerulari o antigeni che si sono impiantati nel glomerulo, formando complessi immuni ʻin situʼ. 38

39 Gli immunocomplessi, sia quelli che si formano in circolazione che quelli che si formano ʻin situʼ con gli antigeni da impianto, producono aggregati granulari, la cui localizzazione glomerulare dipende da carica, quantità, affinità per lʼantigene, solubilità, dimensione, efficienza dei meccanismi di rimozione e da fattori emodinamici. 39

40 Il sito della reazione anticorpale nel glomerulo é molto importante nella presentazione clinico-patologica della malattia: La deposizione degli antigeni nello spazio sub-endoteliale* o nel mesangio** innesca solitamente una risposta nefritica, richiamando globuli bianchi e piastrine. La deposizione degli antigeni nello spazio subepiteliale innesca una risposta nefrosica, cioé con scarso infiltrato infiammatorio. La risposta infiammatoria é più grave se il deposito é sub-endoteliale, in quanto allʼinfiltrazione leucocitaria fa seguito la proliferazione delle cellule endoteliali e del mesangio. * Spazio subendoteliale: lʼendotelio è una sottilissima lamina che tappezza la parete interna dellʼapparato circolatorio in tutte le sue diverse sezioni (cavità cardiache, arterie, capillari, vene, vasi linfatici) ed é a diretto contatto con il sangue. Eʼ costituito da uno strato di cellule molto appiattite, che poggiano su una membrana a struttura fibroelastica, con funzioni di supporto. Nei vasi capillari di alcuni organi (tra cui il rene), lʼendotelio presenta delle fenestrature, regolarmente distribuite, chiuse da una membrana sottile. Tali fenestrature rappresentano la sede ove avviene la diffusione nei 40

41 tessuti di acqua e sostanze nutritive. Lo spazio al di sotto dellʼendotelio, costituito dal restante spessore della parete vascolare, prende nome di sub-endoteliale. ** Mesangio: allʼinterno del glomerulo, il mesangio é lʼinsieme di particolari cellule (mesangiali), disposte attorno ai capillari, che avvolgono insinuandosi tra endotelio e membrana basale. Hanno capacità contrattile, per cui -contraendosi e rilasciandosi, possono regolare il calibro dei capillari glomerulari: contraendosi, riducono lʼafflusso di sangue allʼinterno del glomerulo, con conseguente riduzione della filtrazione renale e quindi della escrezione di acqua, sodio ed altre sostanze. Queste cellule hanno un ruolo anche nei meccanismi dellʼinfiammazione e dellʼimmunità. In più, sono dotate di attività fagocitaria nei confronti di proteine, immunocomplessi ed altro. Posizione del mesangio allʼinterno del corpuscolo renale 5a indica il mesangio intraglomerulare Rappresentazioneschematica, in sezione, del mesangio (M) e di tre capillari (C). 41

42 Glomerulonefriti acute (Sindromi nefritiche acute) La presentazione clinica classica é fondata su: Ipertensione. Ematuria (=sangue nelle urine). Presenza di cilindri ematici.* Piuria (=globuli bianchi nelle urine). Proteinuria, da lieve a modesta. Se il danno infiammatorio del glomerulo é esteso, si può avere: Riduzione del filtrato glomerulare Aumento dellʼazotemia. Ritenzione idro-salina. * Cilindri ematici: sono strutture di forma cilindrica che si possono osservare al microscopio nel sedimento dellʼurina di persone affette da malattie renali. La forma é dovuta al fatto che cellule (in questo caso globuli rossi), più o meno degenerate, si accumulano nei tubuli renali, producendo formazioni compatte che ricalcano lo stampo interno del tubulo stesso. 42

43 Cause e principali quadri clinici delle glomerulonefriti acute 1. Glomerulonefrite post-streptococcica Eʼ il prototipo delle glomerulonefriti acute proliferative endocapillari (v. sopra). La sua incidenza é drammaticamente diminuita nei paesi sviluppati, ove può ormai essere considerata sporadica e dove colpisce tipicamente lʼetà avanzata, specie se vi sono altre condizioni debilitanti. Nei paesi sottosviluppati di solito colpisce bambini tra i 2 ed i 14 anni, con maggior frequenza maschi. Infezioni di cute o gola da Streptococco beta emolitico, in particolare di tipo M, di solito precedono la malattia glomerulare: di 2-6 settimane quelle cutanee (Impetigine *), di 1-3 settimane quella faringea. *Impetigine: é causata normalmente dalla Stafilococco Aureo, ma anche dallo Streptococco beta emolitico. Eʼ unʼinfezione acuta che colpisce la pelle, generalmente del viso e degli arti. Compaiono inizialmente vesciche ripiene di liquido chiaro su viso, braccia e gambe; le vesciche successivamente si rompono e si forma una crosta gialla o brunogiallastra, che si stacca facilmente. La pelle adiacente alla crosta può arrossarsi e provocare forte prurito. Eʼ una malattia molto comune tra i bambini in età prescolare ed una cattiva igiene é un rilevante fattore di rischio. Il contagio avviene per contatto con le lesioni cutanee o con le secrezioni nasali del malato. Se non adeguatamente curata, lʼimpetigine può provocare infezioni più pericolose a carico degli organi interni, rene su tutti. 43

44 La glomerulonefrite post-streptococcica è una malattia immunomediata, che coinvolge: Antigeni streptococcici. Immunocomplessi circolanti. Attivazione del complemento**. ** Complemento: il sistema del complemento, insieme agli anticorpi, é un elemento essenziale del sistema immunitario di difesa contro gli agenti infettivi. Eʼ costituito da una ventina di proteine circolanti e di membrana, capaci di interagire reciprocamente e con le membrane cellulari. Lʼattivazione a cascata di queste proteine -che convenzionalmente vengono chiamate componenti- è alla base di attività biologiche varie, come la lisi (= distruzione) cellulare, batterica o virale. Le proteine del sistema del complemento si introducono nelle membrane degli agenti patogeni, virus o batteri che siano, bucandole (inducendo la formazione di pori che portano alla lisi). Ogniqualvolta, poi, viene attivato il complemento, si ha anche il reclutamento di varie cellule immunocompetenti, quali monociti, macrofagi, linfociti. 44

45 Lʼattivazione del complemento, secondo la c.d. via classica -cui si riferisce la figuradipende dallʼinterazione di 3 proteine del sistema (C1, C4, C2) con il complesso antigeneanticorpo. Inizia, a questo punto, una cascata di reazioni chimiche -su cui, ovviamente, non ci dilunghiamo- che hanno come tappa ultima la fissazione alla membrana del battere e la sua distruzione. Nelle 2 immagini, schematizzata la formazione dei pori nelle membrane degli agenti infettanti ad opera delle proteine del complemento e la conseguente perdita della capacità di re= golare il passaggio dei liquidi extracellulari. 45

46 La diagnosi di glomerulonefrite post-streptococcica assai raramente richiede il ricorso alla biopsia. Vi sono dati di laboratorio assai caratteristici che bastano a comprovare la diagnosi (accanto, ovviamente, ai dati clinici): Diminuzione (specie nella prima settimana di malattia) delle frazioni C3 del complemento, con C4 normali. Fattori reumatoidi positivi (40%), crioglobuline ed immunocomplessi circolanti (60-70%). Colture positive per lo Streptococco si rinvengono in non più del 10% dei casi, ma altre titolazioni (ad esempio, degli anticorpi anti-dnaasi) pesano nella conferma della diagnosi. La terapia prevede il trattamento antibiotico per le infezioni streptococciche (ai pazienti ed a tutti coloro che vivono accanto) e le eventuali misure di supporto (controllo di ipertensione, edemi ecc.). La prognosi é buona (meno dellʼ1% dei bambini ha problemi renali residui). Maggiori i rischi negli anziani (soprattutto se lʼazotemia è superiore a 60). 46

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